Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Da
Il Tirreno - Ragazzina rom molestata al semaforo. Invitata a salire
in auto e palpeggiata ripetutamente da un anziano automobilista - di
Candida Virgone
PISA 10 settembre 2011: Ieri mattina. Ore 9.30. Al semaforo dopo la grossa
rotatoria di Cisanello, quello in parallelo con l'ospedale, sulla tangenziale
che porta a Ospedaletto e agli svincoli per la superstrada, c'è una
ragazzina rom. Minuta, capelli lunghi, dimostra meno dei 15 anni che dice di
avere. Pantalone blu, maglietta rosa, chiede l'obolo ai passanti, secondo una
tradizione ormai consolidata. È lo stesso semaforo in cui, sedici anni fa, fu
lasciata una sorta di bomba giocattolo fatta in casa che straziò due fratellini
macedoni. La scena è stata seguita da una cronista del Tirreno, in diretta. Alla
ragazzina ferma a chiedere l'elemosina, ieri, si è avvicinato un signore
attempato con una utilitaria bianca. Ha sporto la testa fuori dall'abitacolo, ha
iniziato a chiacchierare con la ragazza, poi le ha chiesto chiesto - lo ha
raccontato lei - di salire in auto con lui.
La ragazza ha rifiutato, ha spiegato che non poteva e, per tutta risposta lui è
sporto ancora di più palpandole i seni ripetutamente, senza tanti complimenti,
quasi aggressivo. La ragazza a quel punto si è sottratta alla stretta con una
smorfia al viso e si è allontanata. È arrivato il verde e la coda è ripartita,
come se niente fosse. La targa dell'automobilista era leggibile. La prima
reazione è quella di non sottovalutare la gravità di questo episodio, di fronte
a una persona che si sente in diritto di mettere le mani su una ragazzina solo
perché è sola e forse anche perché la ritiene un elemento socialmente debole.
«Di episodi del genere mi hanno parlato alcuni operatori - dice Simone Consani,
della Società della salute - ma sarebbero avvenuti molti anni fa. Se riuscissimo
ad avere notizia di quelli che accadono oggi e a registrarli potremmo
intervenire. È importante dunque segnalarli. I molestatori comunque non guardano
in faccia nessuno, avvicinano chiunque, chiaramente si sentono anche più forti
con persone che ritengono socialmente più attaccabili».
«Spesso i genitori nomadi mi raccontano che minorenni, ragazzini dai 10 anni in
su, vengono molestati sessualmente ai semafori». Lo racconta Sergio Bontempelli,
presidente di Africa Insieme. «Capita loro - aggiunge - di ricevere vere e
proprie proposte sessuali. Promettendo di portarli al supermercato a fare la
spesa o in cambio di 10 euro, chiedono loro di salire in auto o di appartarsi
con loro in un parcheggio o in qualche posto isolato. I ragazzi non salgono mai,
però, sulle macchine di sconosciuti. I genitori si infuriano, ma, è chiaro, in
strada può accadere di tutto».
note di Opera Nomadi Toscana:
Nei giorni scorsi nella città di Pisa sono avvenuti 12 sgomberi di campi abusi
rom senza predisporre nessuna alternativa. La stampa locale ha dato ampio
rilievo alla vicenda. Numerosi articoli esaltavano frasi ed espressioni
razziste. Sulla prima pagina della Nazione compariva la foto di una bambina rom
insieme a sua madre. Altri articoli evidenziavano come alcuni rom avrebbero
rubato della frutta dagli alberi.
E' evidente come la stampa tratti spesso l'argomento e la questione rom con toni
di disprezzo e repulsione evidentemente mal celata. Le notizie della politica
rom non vengono pubblicate ed evidenziate. Solo pochissime righe a fondo pagina
sul Summit Europeo pro Rom del 22 settembre a Strasburgo.
L'episodio raccontato dalla cronista Candida Virgone è gravissimo e la invitiamo
a denunciare il numero della targa alla Polizia di Stato.
Opera Nomadi Toscana esprime la piena ed assoluta solidarietà alle famiglie rom,
ai bambini sempre più vittime del razzismo, della violenza, della sopraffazione
di un sistema che non considera i diritti degli esseri umani. Promuoveremo una
denuncia presso la Magistratura Pisana sugli avvenimenti riportati in questo
articolo, sugli abusi subiti dai bambini e dalla giovane ragazza rom.
"Quasi 12 milioni di rom in Europa: 400 mila in Francia, dove Sarkozy ha
inaugurato una politica di espulsioni molto contestata; 150 mila in Italia,
dove a livello locale e nazionale i rom sono considerati giuridicamente
"invisibili" ed emergenza di tipo sociale."
In questo video il prof. Marco Brazzoduro, docente di "Politiche sociali"
nell’ateneo di Roma, fa il punto sulla condizione dei rom nel nostro paese. "In
Italia", dice il professore, "si fa la lotta ai poveri, non alla povertà".
Emerge come, nonostante le richieste avanzate dai rom per l’attribuzione di
alloggi pubblici, il comune di Roma non abbia mai fornito né alloggio né
assistenza, e come i rom contribuiscano, lavorando nella cosiddetta "economia
sommersa" al nostro welfare "senza ricevere nulla in cambio".
Di Fabrizio (del 08/09/2011 @ 09:25:19, in Italia, visitato 1732 volte)
La visita al campo di via Idro il 26 maggio 2011 (foto Dijana Pavlovic)
Ieri è stato reso noto il rapporto della visita in Italia a fine maggio
scorso di Thomas Hammarberg, Alto Commissario del Consiglio d'Europa per i
Diritti Umani.
Questa la
pagina del Consiglio d'Europa, a cui segue il
rapporto dettagliato. Tutto in inglese e pure lunghetto. Purtroppo mi manca
il tempo per tradurlo (ultimamente faccio fatica anche a star dietro alla
posta). Nel caso, aiutatevi con Google Translator.
Di Fabrizio (del 31/08/2011 @ 09:09:26, in Italia, visitato 1976 volte)
Mi è stato suggerito da
Ernesto Rossi un provocatorio esperimento: prendere la seguente notizia di
cronaca e sostituire le parole rifugiati/profughi con zingari. Che
ve ne pare del risultato?
ACCOGLIENZA, NON EMERGENZA Il Comune di Milano primo caso in Italia di
gestione diretta dell'accoglienza degli zingari
Uscire dalla logica dell'emergenza ed offrire un'accoglienza umana ai tanti
disperati che cercano rifugio nella nostra città. Il Comune di Milano fa da
pioniere a livello nazionale nella gestione dell'assistenza zingari, ad oggi
affidata alla Prefettura. Sarà la sede della Protezione civile di via Barzaghi
ad ospitare a turni di 15 giorni fino al 20 settembre i circa 350 zingari- tra
quelli già presenti in città e quelli in arrivo- a costo zero per il Comune (Il
Governo mette a disposizione 46 euro al giorno per persona).
"Potevamo accettare che venissero messi in hotel a spese del governo e far
finta di nulla lasciandoli al loro destino - ha spiegato l'Assessore alla
politiche Sociali Pierfrancesco Majorino - invece abbiamo scelto di farcene
carico governando questo flusso di presenze grazie alla collaborazione con il
terzo settore". Nei 15 giorni di permanenza nel centro, ogni persona accolta,
dopo essersi visto riconosciuto lo status di rifugiato politico da una
commissione territoriale supplementare composta da rappresentanti della
Prefettura, della Questura, dell'assessorato alle politiche sociali e dell'Acnur
(Alto commissariato delle nazioni unite per irifugiati), verrà sottoposto a
visite mediche e colloqui psicologici. Saranno inoltre messi a disposizione
mediatori culturali e linguistici che aiuteranno queste persone nel percorso di
inserimento sociale o nel rimpatrio assistito e le indirizzeranno verso altre
strutture di accoglienza.
Sono diversi i ricoveri in cui gli zingari possono trovare asilo: la Cascina
Monluè, gli appartamenti delle associazioni Arca e Aspi, la casa di accoglienza
di via Ortles, si aggiungono oggi ai ricoveri offerti dalla parrocchia
Pentecoste, dall'associazione missionari Cuore Immacolato di Maria, dalla
Caritas di via Arici, da casa Silvana, da casa del Giovane, da casa Cardinal
Colombo e dal centro di prima accoglienza di via Saponaro. "Fino ad oggi a
Milano c'e' stata una grande assenza di coraggio sulla messa a disposizione dei
posti per gli zingari- ha sottolineato Majorino- è assolutamente necessario
aumentarne il numero perché le emergenze umanitarie non possono essere messe
sotto il tappeto della politica, una città come la nostra deve diventare pronta
per l'imprevedibilità di queste situazioni". Ogni 15 giorni l'assessorato alle
politiche sociali fornirà dati sulla situazione degli arrivi e sulla gestione
delle presenze nei vari quartieri. "Sarà una prima risposta accogliente ed
efficiente- ha affermato l'Assessore alla Sicurezza e Protezione Civile Marco
Granelli- degna di una città moderna europea che si fa carico delle conseguenze
della critica situazione internazionale nel mediterraneo e nel continente
africano".
Di Fabrizio (del 28/08/2011 @ 09:26:48, in Italia, visitato 1899 volte)
Segnalazione di Sara Palli da
PisaNotizie, un giornale che si è seriamente impegnato, sin dalla sua
fondazione, a seguire questa storia. Dopo gli ultimi sgomberi e le proteste dei
"soliti noti", la politica sembra stia riprendendo il suo ruolo. Personalmente
non conosco bene la situazione pisana tanto da fare delle valutazioni, ma giova
ricordare che quella stessa esperienza di
Città Sottili che ora il comune di Pisa vorrebbe azzerare, in passato ha
funzionato bene, grazie al coinvolgimento di diversi soggetti. Forse il sindaco
pensava di poterla cancellare con un colpo di spugna, senza che nessuno degli
attori di allora fiatasse?
Dopo gli sgomberi dei giorni scorsi, prendono parola congiuntamente il
segretario provinciale di Rifondazione, Luca Barbuti, e il coordinatore
provinciale di Sel, Dario Danti. Netta opposizione alle politiche sociali
dell'Amministrazione pisana: "Chiederemo con i nostri amministratori locali di
fare chiarezza su quanto accaduto: occorre un deciso cambio di passo per
affrontare la questione dei bisogni e delle necessità sociali. Subito confronto
fra enti locali e associazioni, volontariato, comunità parrocchiali per valutare
ipotesi di sistemazioni provvisorie, ma non precarie"
Non smette di suscitare polemiche e prese di posizione lo sgombero attuato
dall'Amministrazione Comunale di Pisa delle 27 famiglie rom (un totale di circa
80 persone di cui 30 minori) dal campo alle spalle dell'ospedale di Cisanello.
Dopo l'immediato
intervento dell'assessore alle politiche sociali, Salvatore
Allocca, in cui lo stesso aveva parlato di una scelta "sorprendente e
preoccupante" - anche alla luce di quanto concordato in una riunione della
cabina di regia regionale sui rom a cui il Comune di Pisa era presente - e dopo
la
lettera aperta agli amministratori comunali da parte dei sei sacerdoti della
diocesi pisana, Don Luigi Gabbriellini, Don Agostino Rota Martir, Don Vio Romeo,
Don Roberto Filippini, Don Antonio Cecconi e Don Sergio Prodi, arriva la presa
di posizione da parte di Rifondazione Comunista e Sel, per voce rispettivamente
del segretario provinciale, Luca Barbuti, e del coordinatore provinciale, Dario
Danti.
In un comunicato inviato agli organi di stampa, Barbuti e Danti chiedono la
convocazione un tavolo di area vasta per ovviare al ricorso agli sgomberi.
Un'iniziativa che ha anche un riflesso politico, visto che si tratta della prima
volta che gli organi provinciali dei due partiti prendono pubblica posizione in
maniera congiunta su una questione di carattere sociale, come nel caso degli
sgomberi dei rom dal territorio pisano.
L'incipit della lettera di Barbuti e Danti non lascia dubbi sugli intenti del
documento, uniti in questo specifico caso nella comune opposizione alla
politiche sociali avanzate dal Comune di Pisa: "Abbiamo condannato fermamente lo
sgombero, messo in atto dall'Amministrazione comunale di Pisa, delle 27 famiglie
rom, circa 80 persone di cui 30 minori, dal campo alle spalle dell'ospedale di
Cisanello. Continuiamo a non condividere la politica del sociale della giunta
Filippeschi".
Dopo aver ricordato a loro volta la netta presa di posizione dell'Assessore
Alloca, Danti e Barbuti lanciano la loro proposta, che nei prossimi giorni non
mancherà di sollevare più di una reazione: "Chiederemo con i nostri
amministratori locali di fare chiarezza su quanto accaduto, visto anche il
coinvolgimento dei singoli comuni dell'area pisana, proprio perché occorre un
deciso cambio di passo per affrontare la questione dei bisogni e delle necessità
sociali".
E dopo aver sottoscritto la critica che i sei sacerdoti della diocesi pisana
hanno rivolto all'Amministrazione e a una parte della cittadinanza in merito
alla percezione dei rom come "una realtà fastidiosa da ignorare e/o da
reprimere", e sposando dunque senza eccezioni la visione di "persone con una
loro dignità, soggetti di diritti oltre che di doveri", i due rappresentanti
hanno indicato i prossimi passaggi che intendono assolvere in merito alla
questione: "Convocare un tavolo di area vasta, o meglio riattivare un'esperienza
che in passato proprio nella Società della Salute pisana aveva trovato la sua
positiva attuazione in progetti di accoglienza e integrazione delle famiglie
rom".
"Solo con un confronto fra gli enti locali - continuano Danti e Barbuti - aperto
alle realtà dell'associazionismo, del volontariato, delle organizzazioni laiche
e delle comunità parrocchiali per valutare ipotesi di sistemazioni provvisorie,
ma non precarie, nonché una seria e non allarmistica campagna d'informazione
sulla presenza e le problematiche dei rom sul territorio pisano, può far uscire
la nostra zona da un'emergenza sociale. Sinistra Ecologia Libertà e Rifondazione
Comunista faranno la loro parte come l'hanno sempre fatta per i diritti e
l'accoglienza. Nessuno escluso".
Al di là del "casus" specifico, è lecito domandarsi quanto questa netta presa di
posizione inciderà sugli equilibri politici dei comuni dell'area vasta il cui
intervento in merito alla questione è stato invocato apertamente dai due
rappresentanti. Per quanto concerne la politica pisana, intanto, si registra
l'ennesima presa di distanze sulle politiche sociali condotte dall'attuale
amministrazione, in attesa che l'ormai spinosa vicenda nella quale sono
coinvolti quasi un centinaio di uomini, donne e bambini, possa trovare presto
una sua soluzione.
Di Fabrizio (del 24/08/2011 @ 09:27:03, in Italia, visitato 1436 volte)
Come potete vedere la lettera è di qualche mese fa. Eppure, potrebbe
essere stata scritta ieri o l'anno scorso, come se il tempo nei campi scorresse
immutabile, scandito dal ripetersi di
ricorrenti
tragedie, quasi fossero riti sacrificali all'esclusione sociale. Perché
riproporla adesso? A parte la mia disattenzione nel non averla pubblicata prima
(ma poco importa, come dicevo sopra):
perché non si otterrà molto se certi temi vengono affrontati solo
sull'onda della commozione indotta dalla "pietas" giornalistica o delle
promesse ripetute nell'ennesimo convegno;
e poi perché come scrivevo a inizio mese, soluzioni semplici e
praticabili ci sono, ma vengono costantemente e scientemente ignorate.
Con ciò, non mi convincono tutte le proposte di Antun Blazevic, ma gli
riconosco il merito di saper mantenere i piedi per terra.
Gli ultimi avvenimenti che sono accaduti a Roma mi hanno spinto a scriverLe
questa lettera, nella quale Le vorrei, nel mio piccolo, dare qualche
suggerimento: credo che me lo posso permettere, visto che sono quasi 25 anni che
lavoro come mediatore culturale a Roma.
Entrambi sappiamo che i Rom soffrono una discriminazione sistematica e
combattono contro un livello intollerabile di esclusione e violazioni dei
diritti umani, che non sono stati protetti da nessuna parte politica. Questa
situazione è caratterizzata da segregazione, espressioni di odio, profiling
etnico, sfratti continui ed espulsioni, ma sappiamo anche bene che non è una
cosa successa dall’oggi al domani, bensì è stata ereditata da tutte le giunte
precedenti.
Purtroppo a Lei è rimasto il compito, come primo cittadino, di affrontare la
situazione. Io non intendo criticare il Suo operato, ma credo che Lei non è in
possesso di tutti i dati "veri" sulla questione dei Rom a Roma (non per colpa
Sua, ma per le informazioni errate che sono state fornite ai suoi collaboratori
da persone che si ritengono informate sulla questione).
Non ho mai creduto che la responsabilità di questa situazione sia unilaterale e
coloro che sostengono questa posizione sbagliano. Io mi riferisco esclusivamente
alla situazione dei Rom provenienti dall’ex-Jugoslavia, in quanto non
appartenenti all’Unione Europea.
Lei è sicuramente a conoscenza di quanti sono i Rom che dai tempi del conflitto
bellico sono scappati dall’ex-Jugoslavia e sono venuti a vivere a Roma, e ai
quali non è stata data la possibilità di mettersi in regola, per una delle più
gravi conseguenze di quella guerra, cioè la ridefinizione dei confini
geografici. Durante il conflitto molti archivi istituzionali (nelle città di
Tuzla, Sarajevo, Srebrenica, ecc…) sono stati bombardati e non è rimasta nessuna
traccia dei dati personali; nel frattempo le persone si sono rifugiate in
Italia, scappando attraverso boschi e senza essere in possesso di nessun
documento. Adesso i nostri Consolati e le nostre Ambasciate non sono più in
grado di fornire loro dei documenti, perché non sanno come attribuire loro una
nazionalità, visto che i paesi un tempo situati in Croazia ora sono passati alla
Serbia e viceversa.
Ritengo che il "Piano Nomadi" nel caso dei Rom provenienti dall’ex-Jugoslavia
deve partire da questa impossibilità di attribuire loro una nazionalità di
provenienza. Al fine di favorire l’inserimento di questi Rom nella società
italiana, penso sia necessario dare loro un permesso di soggiorno e quindi
offrire loro la possibilità di lavorare.
Sull'occupazione, la strategia del Comune dovrebbe assicurare un accesso
effettivo al mercato del lavoro, per esempio attraverso lo strumento del
micro-credito per l'impresa e il libero impiego, insieme a misure per combattere
il lavoro sommerso e favorire l'assunzione dei Rom nell'amministrazione
pubblica. Poiché i Rom hanno bisogno di un alloggio e non di assistenzialismo,
anche permettere loro di usufruire delle vecchie caserme (non più di 30 famiglie
per posto), dando l’incarico agli stessi Rom di ricostruirle con l’aiuto del
Comune.
Ogni famiglia Rom dovrebbe essere messa nelle condizioni di portare
autonomamente i figli a scuola. Tutti i cittadini Rom dovrebbero anche essere
soggetti alla registrazione pubblica di nascite, matrimoni e decessi. Gli adulti
dovrebbero poter lavorare in piccole cooperative, appaltati dall’AMA, per la
pulizia delle aree pubbliche, per la raccolta differenziata e il riciclaggio dei
metalli e per la vendita nei mercatini degli oggetti riciclati. Le donne
dovrebbero poter accedere ai Consultori ed essere formate con corsi
professionali.
Quanto all’educazione, la strategia comunale dovrebbe avere come priorità,
l'abolizione della segregazione nelle classi, impiegando mediatori e insegnanti
Rom nelle scuole, proteggendo la loro cultura attraverso l'uso della loro lingua
e garantendo accesso all'educazione infantile e ai programmi d'insegnamento per
adulti.
Riguardo alla situazione dei giovani, propongo inoltre di creare un centro
culturale, dove è possibile offrire dei corsi e delle attività culturali. Tutto
questo dovrebbe essere seguito da una task force composta da persone
istituzionali e mediatori culturali.
Credo che usufruendo dei fondi dell’UE questo lavoro non peserà sul budget del
Comune. Inoltre tutti i presidenti dei municipi che si rifiutano di collaborare
con le locazioni si dovrebbero penalizzare, togliendo loro i benefici se non
permettono la creazione di micro-aree. La sistemazione in queste micro-aree fra
l’altro dovrebbe essere solo temporanea, affinché i Rom stessi non trovino una
sistemazione adeguata in case.
Buon lavoro
Cordiali saluti
Presidente Associazione culturale Theatrerom
Mediatore culturale Rom Antun Blazevic
Di Fabrizio (del 21/08/2011 @ 09:08:28, in Italia, visitato 1819 volte)
Cominciano i rientri dalle ferie. Come augurio di "bentornato"
a chi dopo il mare o la montagna leggerà ancora queste pagine, ho rispolverato
un post di
Pirori del gennaio 2005. Il mese prima c'era stato lo tsunami in estremo
oriente, e le ricche società occidentali si preparavano ad affrontare
fattivamente la situazione. Noterete come l'argomento possa essere discusso in
diverse maniere e punti di vista, a seconda del vostro umore al rientro.
Dimenticavo: auguri anche a chi le ferie non le ha fatte o se le è già
dimenticate!
La carità è un concetto difficile ed antipatico. Ma l'antipatia ha le sue
eccezioni: non ho nessuna voglia di ammollare un Euro a quel giovane
accovacciato davanti alla chiesa, ma se me lo chiede la Vodafone, lo faccio +
volentieri, con un SMS a qualcuno che mai ho conosciuto e mai vedrò. A chi andrà
il mio contributo? Da quelle parti, la metà della popolazione vive di elemosine,
mica sono come i nostri antenati del Polesine!
Apperò! In questi casi si scopre che le popolazioni (lontane) che vivono di
elemosina, hanno una loro dignità, che non riconosciamo ai mendicanti nostrani.
Manghel = [dal verbo Manghe = chiedere] Per i Rom, significa tanto carità, che
fare la carità, che andare in giro a chiedere oboli agli angoli delle strade...
Durante queste vacanze (stranamente) avevo qualche soldo in tasca. Il bello
dell'elemosina sarebbe farlo perché uno ne ha voglia, non perché si senta
obbligato. Così, per mettermi la coscienza in pace, TOT alle vittime dello
Tsunami, e un paio di euro alla Romnì entrata nel negozio del mio amico. In
realtà volevo scambiare con lei due chiacchiere nella sua lingua e vederne la
reazione (alcuni amici mi avevano raccontato di reazioni impensabili). Sono
rimasto deluso: indifferente, la Romnì ha mantenuto il suo occhio spento,
rispondendo solo con un "Grazie" in italiano stentato.
Preciso: neanche a me piace fare la carità: credo che serva solo a radicare la
dipendenza dagli altri. Qualche volta è dannosa (l'alcolizzato che va a spendere
il soldo per un altro bicchiere, il bambino che consegna il ricavato al
capomafia…)
Donando cose è + facile evitare equivoci. Però, anche in questi casi mi è
capitato di girare per campi nomadi e vedere tra i rifiuti (di solito, il campo
è un rifiuto unico) i pacchi di vestiti donati dalla Caritas.
Qualcosa sul donare l'ho imparato parlando con i Rom. Ancora oggi capita che la
famiglia lavori e chieda lo stesso il "manghel". Chiedere la carità è un
retaggio che si portano dietro da quando erano un popolo nomade, e faceva parte
di uno scambio rituale con la popolazione stanziale. Deridono chi gli mette in
mano 20 centesimi e scappa. Apprezzano chi torna a scambiare due chiacchiere o
un caffè, e se capita, saranno loro a prestarti qualcosa.
A questo punto(come un buon padrone di casa),vi presento due ospiti:
Davo:di lontane origini Sinti. Vive nello stato di Washington (estremo NW
degli USA) in mezzo alle foreste. Incrocia poche persone, più frequentemente
orsi e leoni di montagna. Ha simpatie politiche per i Repubblicani. Nonostante
il suo aspetto (una via di mezzo tra il marine in pensione e il boscaiolo
agiato) e la diceria che ai Rom e ai Sinti non piaccia leggere, ha una conoscenza libresca
fenomenale.
Günther:arriva dalla Germania, non è Rom ma li ha sempre frequentati. Da
tempo vive in California e continua a frequentarli anche lì. Politicamente è un
progressista, è appassionato di discipline e religioni orientali.
Discutono della situazione in una città di provincia in Australia: seduti
davanti al supermarket, un gran numero di Aborigeni, che chiedono la carità e si
ubriacano col ricavato della giornata. Per non sembrare razzista, il consiglio
comunale permette loro di bere alcolici per strada, cosa proibita nel resto
della contea.
Davo: …[ho notato che] le capre selvatiche hanno perso il loro istinto… D'inverno,
stazionano nei pressi dei recinti o dei campi da golf, e finché non gli viene
dato il cibo, non migrano.
Da noi si dice: "Un orso ammaestrato è un orso morto". Anche loro si sono
abituati ad infilare il muso nei bidoni dell'immondizia e se per caso non
trovano niente, rimediano devastando gli impianti di condizionamento o
introducendosi nei campeggi (da cui li cacciamo a fucilate…)
Se il clima è favorevole, si possono "raccogliere" diversi $ in una giornata…
Abbastanza da essere tramutati in vino e da permettere di vivere con i rifiuti,
senza alcuna necessità di migliorare.
Mi viene in mente il caso di padre Morebeck e i mendicanti locali o di
passaggio.
Queste prete ha sempre dedicato sforzi e risorse a quello che chiamava "amore
pratico", indirizzato a persone in situazioni particolari…
Li avrebbe aiutati a trovare lavoro, ma giunto a quasi 80 anni di età ha
scoperto che i $ non possono risolvere i problemi…
E' più facile e anche più "popolare" offrire denaro che finirà nelle tasche
degli spacciatori di crack o di mercanti di vino a buon mercato. E ho conosciuto
cristiani praticanti che letteralmente lavavano i piedi e donavano i propri
stivali ai "viandanti" nelle nostre terre (anche se io non sono quel tipo di
persona).
…
Non pretendo di avere "risposte per tutti"… Ma so quale sarebbe la mia risposta.
Baxt!
Davo
—— Günther: Davo,
Secondo te, è bene se ci sono prospettive diverse nella stessa situazione?
Ogni forma di vita è interdipendente con le altre. Esiste l'adattabilità. Per
fare un esempio tratto dagli animali: tempo fa in famiglia abbiamo allevato un
visone per 5 anni. Mio figlio più piccolo (che allora aveva un anno) stava
mangiando dell'uva dalla nostra vigna, e gli si è avvicinato festante questo
cucciolo di visone. Quando hanno finito di dividersi i grappoli, ho riportato
mio figlio in casa, e il visone l'ha seguito. Non abbiamo mai avuto problemi con
le sue ghiandole odorifere, che adoperava soltanto contro i cani e gli estranei.
Arrivato all'età di 5 anni, ha deciso di tornare nel suo mondo, tornando ogni
tanto a farci visita e incrementando di parecchio la popolazione dei visoni nei
nostri dintorni.
Penso che ci debba essere adattabilità, sulla base dei bisogni o delle
circostanze. Non si deve generalizzare, perché ognuno di noi è differente
dall'altro, persino "due piselli nello stesso baccello" lo sono.
"Uccidere l'orso" appartiene a una prospettiva limitata e fascista…
"Se vedi un ubriaco abbandonato sul marciapiede, imitalo, cosicché la tua
arroganza non ti porti a condannarlo, per quanto ti possa sembrare la cosa più
facile da fare."
(L'immagine è tratta da http://www.pewterkingdom.com)
Di Fabrizio (del 20/08/2011 @ 09:32:42, in Italia, visitato 1549 volte)
Breve storia della famiglia Dibran. Uno sfratto per morosità (incolpevole) ancora senza soluzione. 2009:
inizia l'odissea dello sfratto.
C'era una volta il progetto Città Sottili, per l'integrazione dei Rom ed
extracomunitari del territorio pisano, affidato alla COOP Il Cerchio.
C'era ma non c'è più: cinquanta famiglie finiranno in mezzo alla strada, o nei
boschi, non più persone ma animali, a causa del caro affitto e della miopia
istituzionale. Parliamo di sfratti per morosità, incolpevole ancora una volta. E
di un progetto costato una decina di milioni d'euro finiti in crusca e nelle
tasche dei proprietari di casa, mentre si potevano costruire più di 50 alloggi
pubblici (100 in autocostruzione) risolvendo in modo definitivo il problema.
Noi dell'Unione Inquilini conosciamo bene la vicenda di una famiglia integrata
secondo le regole di Città Sottili, e pensiamo sia importante farla conoscere.
Si tratta di una famiglia allargata, 12 persone in tutto: il capofamiglia Dibran
Izeir che è Ulema (guida spirituale), la moglie, il figlio scapolo, l'altro
figlio sposato con nuora e i loro 5 figli, più la figlia e i due minori, che
dividono un difficile cammino d'integrazione nella nostra città.
Eppure in buona parte il progetto ha funzionato, i bambini sono tutti
regolarmente iscritti a scuola e frequentano la materna e la scuola elementare
con regolarità, e rappresentano un futuro migliore per questa famiglia.
Non è stata invece portata a compimento l'inserimento lavorativo, che ha avuto
più di una disavventura. I figli hanno lavorato come muratori e hanno
partecipato materialmente alla costruzione delle nuove case del villaggio Rom di
Coltano, come dipendenti lavoratori della cooperativa (oggi fallita) che ha
avuto l'affidamento dei lavori. Ma non hanno ricevuto stipendi negli ultimi mesi
e ad oggi nessuno di loro ha ricevuto le paghe arretrate: sono dunque
disoccupati entrambi.
Iseir (baba) non ha un locale di culto per la preghiera comune e si arrangia
come può.
La figlia e la nuora cercano, con qualche lavoretto di pulizia, di collaborare
al sostentamento della famiglia lottando per la sopravvivenza, sostenuti dalla
fiducia del progetto Città Sottili che li ha inseriti a Livorno provvisoriamente
prima in Via del Litorale, e poi per tre anni nel palazzo nuovo in Piazza
Cavallotti.
Finché lo sfratto di morosità ha interrotto la loro speranza di una vita
dignitosa, e li ha portati come decine di famiglie livornesi a rivolgersi
all'Unione Inquilini.
Dovevano pagare 1500 euro al mese per l'affitto delle due abitazioni contigue in
cui sono state divisi i membri della famiglia di Baba.
Difficile capire come si possa pensare di inserire in abitazioni private a
prezzi di mercato famiglie di badanti, muratori, colf.
Affitti astronomici per famiglie che al massimo potrebbero pagare 150 - 250 euro
al mese, affitti/insostenibili per lavoratori precari, come tante troppe
famiglie straniere e livornesi: la morosità è sicura e incolpevole. Il tempo
stringe: bisogna che il Sindaco, firmi la proposta degli uffici e si attivi per
le procedure necessarie a consentire la disponibilità dei locali individuati
come alloggio temporaneo per la famiglia in emergenza abitativa, dall'ufficio
casa.
L'inerzia della giunta comunale, di fronte a rischi di sgombero senza soluzione
alternativa è indegno di una città a maggioranza di sinistra e progressista. (dal comunicato stampa dell'ottobre 2009) dell'Unione Inquilini.
Unione Inquilini - Livorno Sez. Mauro Giani
Via Pieroni, 27 – 57123 Livorno
Tel. 0586 884635 - fax 0586 211016
La sede è aperta ogni giorno a mattino o al pomeriggio (escluso il sabato)
E mail:
unioneinquilini.livorno@gmail.com Sito internet:
www.unioneinquilini.it
2010: l'impegno dell'Unione Inquilini per questo caso, contro un'evidente
gravissima discriminazione razziale.
La famiglia Dibran è stata tutelata dal sindacato e ha ricevuto attestati di
solidarietà da molti livornesi, come dimostrano le immagini girate sui siti
dell'Unione Inquilini. Per un anno con picchetti affollati, siamo riusciti a
farli rimanere nella loro abitazione in piazza Cavallotti. Già a aprile 2010
l'ufficio casa comunale aveva individuato una sistemazione provvisoria idonea
che il sindaco di Livorno non ha mai voluto sottoscrivere, perché erano
responsabili gli amministratori pisani dell'alloggio in città della famiglia.
Famiglia che però è residente in città da anni con figli nati a Livorno e
iscritti alle scuole cittadine.
Che sia difficile gestire l'emergenza casa e il sociale in città, lo dimostrano
le dimissioni, in rapida successione, dei due assessori titolari delle
scomodissime deleghe. Così nonostante le sollecitazioni dell'ufficio, il sindaco
ha congelato la questione per mesi. L'esecuzione dello sfratto, in assenza di
soluzioni alternative si è risolta nell'ottobre 2010 con sette bambini sfollati
con la loro famiglia. A seguito delle proteste del comitato sfrattati le donne e
i figli sono stati precariamente alloggiati da affittacamere fino alla farsa
finale: accusati di aver rubato la mobilia (che invece era stata ammassata in
una stanza, su richiesta dell'ufficiale giudiziario) sono stati privati di
qualsiasi tutela dal sindaco di Livorno. Le accuse sono cadute quasi subito, ma
ormai per i Dibran, sfollati e spaventati dalla minaccia di essere separati dai
figli, è rimasta solo la fuga nei boschi. Da parte nostra abbiamo chiesto
l'intervento della protezione civile a causa del gelo invernale in assenza di
abitazioni alternative, ma non abbiamo avuto risposte positive. Siamo a Giugno
2011 ma nulla è cambiato per i piccoli esposti a terribili rischi: due incidenti
sono costati quasi la vita a due di loro, e ignoti criminali hanno tentato di
rapire i figli sotto gli occhi atterriti della giovanissima mamma.
In tutto il territorio livornese non c'è un solo campo autorizzato e
adeguatamente attrezzato con servizi igienici per i rom livornesi (che sono
poche decine) costretti a nascondersi nei boschi. Situazione intollerabile
davvero dopo la tragica morte di quattro bimbi rom nel 2007. Specie dopo le
accorate dichiarazioni del sindaco che ha fatto promesse mai mantenute. Così i
Dibran non possono rientrare in città pur essendo residenti e non possono avere
una sistemazione di cui pure hanno diritto trattandosi di sfratto incolpevole e
avendo a suo tempo fatto domanda di emergenza abitativa. Per questo siamo pronti
a portare il caso di questa famiglia all'attenzione della stampa, per farne un
caso nazionale e ad interessare l'autorità di giustizia internazionale: si
tratta con tutta evidenza di una situazione gravissima di discriminazione
razziale e di omissione di tutela nei confronti di minori.
La legge deve essere uguale per tutti: così non è stato nei confronti di una
famiglia sfrattata, privata di soccorso solo perché è Rom.
La scuola, è stata l'unica istituzione pubblica, rimasta fedele ai valori
democratici costituzionali.
Riteniamo importante divulgare una copia della lettera inviata dalla preside
della scuola al Sindaco, lettera a oggi ancora priva di risposta. Per rispettare
il riserbo dell'istituto scolastico abbiamo omesso nomi e riferimenti personali.
Questa lettera ci ha profondamente commosso. Anche se il sindaco si è dimostrato
sordo e muto. Siamo convinti con l'aiuto della popolazione livornese di riuscire
a sconfiggere il razzismo e la xenofobia: occorre obbligare l'amministrazione
comunale a rispettare la decisione del Consiglio Regionale che impegna i comuni
ad occuparsi dei rom residenti (a Livorno poche decine), per garantire loro il
diritto allo studio, alla salute e al lavoro.
Nel caso della famiglia Dibran sfrattata per morosità incolpevole è inserita
nelle liste dell'emergenza abitativa, la risposta va data come a tutti gli
altri, assegnando loro dei locali, in una residenza temporanea per sfrattati, in
attesa di un'assegnazione definitiva.
Scrivete la vostra opinione al sindaco acosimi@comune.livorno.it e all'
unioneinquilini.livorno@gmail.com. Unione Inquilini – Livorno
Livorno 13 giugno 2011 La lettera della Comunità scolastica inviata al Sindaco Cosimi all'inizio di
aprile 2011.
Relazione sulla situazione della famiglia Dibran
La comunità scolastica delle scuole frequentata dai bambini e bambine della
famiglia Dibran quest'anno si è trovata a fronteggiare l'emergenza relativa al
recupero di 7 bambini Rom, di origine macedone, nati in Italia, (5 a Livorno)
che già frequentavano da diversi anni la scuola e che, avendo perso la casa in
cui erano residenti in Livorno, dal mese di novembre 2010 sono sfollati ai
margini di un campo nomadi di Marina di Pisa.
I bambini appartengono tutti ad un unico nucleo famigliare che risiede
regolarmente a Livorno (in Via dei Cavalieri) ed è iscritta all'anagrafe dal 7
agosto 2004. Pur essendo costretti a vivere nel Campo di Marina di Pisa, sono
tuttora a tutti gli effetti cittadini livornesi.
Gli adulti maschi svolgono lavoretti occasionali, raccolgono rottami di ferro e
altri rottami, ma non hanno risorse sufficienti a provvedere alla propria
autonoma sussistenza e ad un'abitazione decorosa per i bambini. La coppia dei
capostipite (già in salute precaria) vive insieme a 7 figli /nuore che sono a
loro volta genitori di 9 bambini da 1 a 11 anni. I sei bambini più grandi, da
già da alcuni anni frequentavano le scuole elementari e dell'infanzia.
Il clan famigliare è molto protettivo, i genitori fanno del loro meglio e i
bambini sono molto legati a loro, non fanno accattonaggio, ma non riescono a
trovare alcun lavoro stabile. Cercano lavoro attivamente e sono regolarmente
iscritti ai Centri per l'Impiego di Livorno. Anche i lavori più umili nei
cantieri, nei ristoranti e nelle lavanderie non vengono loro affidati, e chi si
prederebbe una zingara in casa per fare i lavori domestici o la badante? Senza
contare che le donne hanno anche degli altri bambini molto piccoli da accudire.
Sono genitori che hanno grandi difficoltà a corrispondere ai bisogni materiali
dei loro figli, ma sono tuttavia pienamente soddisfacenti dal punto di vista
affettivo: amano molto i loro bambini e i bambini sono molto legati a loro.
Pertanto non si possono ipotizzare soluzioni di allontanamento che sarebbero
ingiustamente punitive per i genitori ed eccessivamente dolorose per i bambini.
La famiglia, pur figurando da sette anni nelle anagrafi comunali di Livorno,
dopo aver perso la casa, che non era in condizioni di pagare, in questi ultimi
mesi è vissuta in terra di nessuno, in condizioni igieniche ed economiche
gravemente precarie, sempre nella speranza che qualcuno si muovesse a risolvere
il problema e trovasse loro un'abitazione.
Nel primo mese anche gli operatori scolastici non sapevano cosa fare e si sono
limitati alla mera assistenza, portando loro indumenti e viveri per alleviare lo
stato di necessità, ma nella impossibilità di provvedere ai bisogni di cura e di
educazione dei bambini. Questi bambini non hanno più una scuola di stradario
perché il Comune di Pisa ha ripetutamente intimato loro di lasciare il Campo,
impedisce categoricamente di poter ampliare i ricoveri preesistenti al loro
arrivo e minaccia da un momento all'altro lo sgombero coatto. Perciò le
condizioni dei piccoli, che avevano sempre vissuto in appartamento e avevano
sempre frequentato con grande regolarità le nostre scuole, sono man mano sempre
più degradate, malvisti anche dagli altri bambini del campo che hanno almeno una
baracca, un minimo di servizi igienici e una scuola di riferimento.
Ad un certo punto la scuola, pur comprendendo bene che la sospensione della
frequenza non dipendeva dalla loro volontà, in obbedienza alle norme
sull'adempimento dell'obbligo scolastico si sarebbe trovata nella necessità di
denunciarli e in ogni caso non poteva più tollerare che questi bambini
rimanessero esclusi dal consorzio civile e dai diritti garantiti dalla carta dei
diritti dell'infanzia. Visto che l'unica scuola di competenza era pur sempre la
nostra, che non potevamo semplicemente girarci dall'altra parte o spostare
questo fardello dalla nostra coscienza alla coscienza di qualcun altro, si è
creata una rete di solidarietà che ha mobilitato docenti e genitori che si sono
rivolti a tutte le associazioni di volontariato del territorio per trovare un
qualsiasi mezzo per poter andare a prendere i bambini al campo di Marina di Pisa
e portarli a scuola.
Da due mesi andiamo a prenderli tutte le mattine, così per otto ore vivono in un
ambiente caldo, confortevole ed educativo. I bambini hanno almeno un pasto caldo
al giorno, stanno insieme ai loro compagni che vogliono loro bene, hanno
ritrovato le loro maestre e cercano di recuperare le competenze scolastiche e
uno stile di vita meno selvatico (in un mese era vanificato tutto il bagaglio di
buone maniere che questi bambini avevano acquisito).
L'associazione onlus "Gli Amici della Zizzi" ha messo a disposizione un pulmino
a titolo gratuito, e tutte le mattine vari genitori si alternano nell'impegno di
andare a prendere i bambini al Campo insieme ad un operatore dell'Associazione
disponibile a quell'ora ma non abilitato a guidare il pulmino, mentre tutti i
pomeriggi l'Associazione con il suo pulmino li riaccompagna al Campo a Marina di
Pisa.
Non di meno la situazione appare di difficile gestione perché ogni giorno
bisogna trovare un genitore o un docente con un orario di lavoro compatibile,
capace di guidare il pulmino, oppure bisogna avere due macchine disponibili.
Certamente anche gran parte dei problemi "scolastici" sarebbero risolti se
questa gente avesse un alloggio o un accampamento regolare. In questo caso
l'assolvimento dell'obbligo scolastico e il fardello della responsabilità
passerebbe in capo alla scuola di competenza di quel territorio, ubicata più o
meno nell'arco di un chilometro e comunque nell'ambito dello stesso Comune,
senza dover percorrere 20 chilometri da un Comune a un altro. Certo i bambini (e
anche noi della comunità scolastica) soffrirebbero nel lasciare le loro maestre
e i loro compagni, dovrebbero riguadagnarsi il rispetto e l'affetto di altre
persone, cosa non facile quando un bambino arriva a scuola sporco, con i
pidocchi e con gli abiti incrostati di fango. E' difficile spiegare che non
hanno la lavatrice, non hanno l'acqua calda, che dormono in quattro nello stesso
giaciglio, trasmettendosi irreparabilmente pidocchi ed infezioni batteriche di
vario tipo e che se i vestiti e i cappotti e le scarpe sono pieni di fango,
talvolta è più facile buttarli via che trovare i soldi per portarli in
lavanderia.
Quando piove il campo diventa un acquitrino ma oltre agli inconvenienti igienici
e alle gravi malattie da raffreddamento questi bambini sono esposti anche ad
altri rischi perché, come si è detto, convivono, mal sopportati, con le altre
famiglie già insediate nel Campo, dove ci sono bambini e ragazzi di tutte le età
che formano vere e proprie bande in lotta fra loro. Così, anche se questi
bambini sono molto piccoli, capita spesso che si facciano male, che cadano
accidentalmente nel corso di giochi pericolosi o che vengano colpiti da pietre
come è accaduto al piccolo Rucudi di 6 anni che per poco non ci ha rimesso un
occhio. L'ultima che si è fatta male è Naxije di 11 anni che dovendo raggiungere
al buio la baracca degli zii, per chiedere una medicina per il fratellino con la
febbre, ha ricevuto una spinta ed è caduta su un grosso rottame metallico
lasciato incustodito nel Campo. E' stata prontamente portata in ospedale dove le
hanno messo una trentina di punti fra interni ed esterni ad una coscia. La
ferita molto profonda ha fortunatamente sfiorato per un soffio l'arteria
femorale ma ancora Naxi non ha recuperato la mobilità ordinaria ed è costretta a
rimanere al Campo senza scuola.
Si tratta di famiglie in condizioni di gravissimo disagio, però non rubano e non
fanno accattonaggio e i bambini sono perfettamente integrati nelle nostre
classi. Hanno perso due mesi di scuola tra novembre e dicembre e quindi non
hanno risultati scolastici particolarmente brillanti, ma stanno rapidamente
recuperando. In più, hanno l'affetto dei compagni e delle maestre e ogni tanto
trovano un'altra mamma che li porta a casa per fare un bagno e una pulizia più
accurata dei capelli e degli indumenti. La scuola è la loro opportunità per
riuscire a costruirsi una vita migliore e a sfuggire alla spirale di esclusione
sociale e povertà alla quale sembrano inesorabilmente destinati.
Crediamo che sia dovere di ogni persona ma, soprattutto, delle Istituzioni fare
il possibile perché il percorso di integrazione sociale riprenda dal punto nel
quale, a novembre, si è tristemente interrotto.
Spoleto 1 Aprile 2011 - Sono un giovane Rom Rumeno di 16 anni.
Nella mia vita non ho potuto andare a scuola perché la mia famiglia era molto
povera.
Mio padre era molto malato ed ho dovuto andare a lavorare da quando avevo 11
anni.
Mi dispiaceva non andare a scuola, anche i miei 6 fratelli non hanno potuto
frequentare dei regolari corsi di studio per lavorare, aiutare la nostra
famiglia per mangiare e curare nostro padre.
In Romania negli ospedali bisogna pagare tutto: medicine, mangiare, analisi,
interventi.
Quando ho compiuto 16 anni mi sono trasferito a Firenze. Tutta la mia
famiglia si è trasferita.
Abitavo al Campo Rom all’Osmannoro Ex-Osmatex insieme a 185 miei concittadini
Rumeni.
Dormivo in una baracchina senza luce, acqua e servizi igienici.
Ho iniziato a frequentare la scuola che Suor Julia Bolton Halloway ha
organizzato per noi Rom dentro al Cimitero degli Inglesi in Piazza Donatello a
Firenze.
Per la prima volta potevo studiare ed ho imparato a scrivere il mio nome e
cognome.
Il 16 gennaio 2010 il Sindaco di Sesto Fiorentino Gianni Gianassi ed il
Prefetto di Firenze hanno deciso di sgomberare le nostre baracche. La mattina
all’alba hanno distrutto tutto quello che avevamo senza dare a nessuno una
soluzione alternativa di alloggio o casa.
Era molto freddo, c’era la neve e con la famiglia siamo andati a dormire
sulla strada.
Viviamo da 1 anno e mezzo in Piazza Santissima Annunziata a Firenze e con noi
solo delle coperte.
Una notte, a mezzanotte, la Polizia Municipale, ci strappa le coperte, ci
butta l’acqua fredda addosso e ci dice che dobbiamo andare via. Noi però
resistiamo e continuiamo a cercare di vivere.
La notte senza dormire a prendere il freddo. Alcuni italiani però non sono
razzisti e ci aiutano in ogni modo e ci portano nuove coperte. La Polizia
nuovamente sequestra le nostre coperte.
Io continuo ad andare alla Scuola di Suor Julia. Lei mi insegna a leggere e
scrivere. Anche un altro Professore della Scuola Giorgio La Pira mi insegna. Io
in cambio pulisco l’aula dove altri studenti vanno a Scuola durante la mattina.
Tutto quello che imparo lo insegno ai bambini Rom che frequentano la Scuola al
Cimitero degli Inglesi. Ho 37 piccoli bambini Rom a cui insegno le lettere
dell’alfabeto. Per questo lavoro mi aiuta anche mio fratello Vasile ed un mio
amico Marius.
La mia famiglia lavora con Suor Julia per ristrutturare il Cimitero.
Abbiamo ripulito tutte le tombe grazie agli insegnamenti del Maestro Alberto
Casciani – Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Alberto è molto bravo ed ha
restaurato anche il David di Michelangelo in Piazza della Signoria. Con lui
siamo riusciti a sbiancare i marmi. Abbiamo ricostruito i muri a secco, fatto il
giardinaggio, ricostruito i cancelli e messo le nuove scritte sulle tombe.
Con i soldi guadagnati vorremmo ricostruire le nostre case in Romania ma
purtroppo la Polizia a volte ci ruba il denaro che noi guadagniamo onestamente.
Io vorrei continuare a frequentare la scuola: imparare ed insegnare.
Per scrivere questo articolo mi ha aiutato un gagio, Marcello, perché ancora
non so scrivere bene.
Spero che riuscirò a scrivere da solo un articolo e per questo voglio
imparare ancora tante cose.
Vorrei che la Polizia smettesse di rubarci i soldi e sequestrare le nostre
coperte.
Vorrei che ci rispettassero. Io sono un Rom, tutta la mia famiglia è Rom,
siamo esseri umani.
Di Fabrizio (del 15/08/2011 @ 09:46:20, in Italia, visitato 1829 volte)
Una segnalazione di Agostino Rota Martir da
PisaNotizie, un
video
suggerito da Antonio Cannoletta, un articolo (di segno opposto rispetto a
PisaNotizie, che descrive la situazione vista "dall'altra parte della barricata") della
Nazione e nota finale sempre di Agostino Rota Martir
11/08/11 07:41 | autore: Serena Fondelli Campo rom di Cisanello,
sgomberate 88 persone di cui 30 minori
Ieri mattina un'imponente operazione guidata dalla Polizia Municipale,
sulla base di un'ordinanza del Comune di Pisa. Demolite le abitazioni dove
vivevano 27 famiglie, alcune delle quali avevano già dato la disponibilità per
il rimpatrio in Romania. La disperazione degli sgomberati che questa notte hanno
dormito nei campi: "Ora dove andremo? Lavoriamo ma non ci affittano le case". La
denuncia: "La Polizia Municipale ci ha ripetuto più volte di andare a San
Giuliano. Ma fanno i miracoli lì?"
Dopo l'emanazione lo scorso 4 agosto della
direttiva del Sindaco per la
"garanzia delle regole di convivenza e della sicurezza urbana", dalla giornata
di ieri (mercoledì 10 agosto) si sono iniziati a vedere gli effetti concreti e
il significato di quel documento.
Alle 8.30 è stato il peggiore dei risvegli possibili quello delle 26 famiglie
rom, per la gran parte provenienti da Lipovu, piccola cittadina della Romania,
che da vario tempo abitano lungo le rive dell'Arno a Cisanello.
Con un imponente operazione a cui hanno partecipato Carabinieri, Polizia e
Polizia Municipale, tutti in grande dispiegamento di forze, le 88 persone di cui
30 minori (15 sotto i 10 anni) sono state sgomberate dal luogo dove vivono e le
loro abitazioni abbattute. Presenti all'operazione anche un assistente sociale,
e un'ambulanza della Croce Rossa.
Il primo Agosto a queste stesse famiglie era stata notificata l'ordinanza di
sgombero, con riferimento a un'altra simile notificata risalente a circa un anno
fa; ma non avendo alternative abitative, le famiglie non hanno potuto che
rimanere dove oramai abitavano da anni.
Dopo questa notifica, alcune famiglie hanno accettato la proposta del rimpatrio
in Romania, ma solo in 17 hanno i requisiti per ricevere i 1000 euro per il
viaggio di rientro, che comunque arriveranno non prima di 2-3 settimane; ma nel
frattempo si è deciso lo stesso di procedere al loro sgombero .
All'arrivo delle forze dell'ordine non è stato facile per i genitori
tranquillizzare i propri bambini, mentre cercavano al contempo di mettere al
sicuro le poche cose che possedevano, togliendole alla morsa delle ruspe che
incombevano a tirar giù le baracche, e a schiacciare roulotte come lattine.
Padri e madri di famiglia hanno così accatastato alla meglio, nei campi
antistanti, i loro arredi, la spesa dei frigoriferi, i panni che fino a due
minuti erano stesi ai fili, sedendosi poi sui materassi in mezzo ai campi come
se di nuovo fossero in casa: "Cosa faremo ora, dove andremo?".
Domande che hanno posto più volte allo stesso assistente sociale e alla Polizia
Municipale senza ottenere alcuna risposta, se non: "Ci dovevate pensare prima,
siamo venuti a dirvi dieci giorni fa che qui non potevate più stare".
Alina, donna incinta del terzo bambino, con il marito che ha adesso un contratto
di lavoro a tempo indeterminato, è in Italia da 10 anni. Le sue bambine di 6 e 9
anni sono nate in Italia e frequentano scuole italiane. Ha assistito con le sue
piccole per mano alla ruspa che distruggeva tutto, poi ha iniziato a camminare
tra i mobili accatastati e a controllare di aver preso tutto. Lei con suo marito
non ha chiesto il rimpatrio, ritiene di avere il diritto di stare in Italia,
dove il marito ha un lavoro garantito e dove le figlie possono istruirsi. "Ho
cercato più volte case - spiega - ma nessuno ce l'affitta, pur avendo uno
stipendio. E anche per le case popolari abbiamo ricevuto solo risposte
negative".
Florian, quarantenne, con moglie e un figlio di 10 anni, era presente al campo
perché in ferie. Fa il muratore in una ditta edile, parla ben l'italiano perché
sono anni che abita nel nostro territorio. Ha guardato composto, ma con le
lacrime agli occhi, distruggere la fatica impiegata per rendere una baracca
vivibile tanto da poterla chiamare casa. "Voglio avere una casa, una piccola
casa, pagare l'affitto e le tasse - dichiara Florian - non è possibile che il
Comune di Pisa non ci spieghi come fare per avere le case popolari, io sono un
lavoratore e lavoro sodo".
Mentre le ruspe sono al lavoro, un'altra donna, Teresa, cerca di portare fuori
dalla propria abitazione il minimo indispensabile mentre il marito si carica
sulle spalle il frigorifero e cerca di metterlo al sicuro. Si siede sul letto
con i suoi bambini di uno e 3 anni e aspetta, anche se non sa bene cosa non
sapendo dove andare. Fino alla fine ha cercato di difendere il forno a legna che
aveva costruito dicendo ai Vigili che stavano intervenendo "ma sapete che pane
buono fa quel forno?".
Un altro ragazzo, che non ci rileva il suo nome perché teme ripercussioni dove
lavora, anche lui con un contratto a tempo indeterminato ottenuto dopo anni di
sacrifici, afferma: "Dove dobbiamo andare? Spostarci poco più avanti su questo
stesso argine o forse, come ci hanno detto, andare San Giuliano. Ma cosa c'è a
San Giuliano? E' un Comune che fa i miracoli?".
Molte delle famiglie sgomberate hanno ripetuto, infatti, più volte anche agli
agenti della Polizia Municipale la stessa domanda: "Ci dite sempre di andare lì,
ma cosa c'è a San Giuliano, l'oro?".
Questa non sembra quindi essere la prima volta in cui esponenti della Polizia
municipale fanno simili affermazioni in quanto lo stesso capo della Polizia
Municipale, Massimo Bortoluzzi, fu protagonista di un simile episodio, che gli
costò numerose critiche e prese di distanze, in occasione della notifica di
sgombero di questo stesso campo rom nell'Ottobre del 2010.
Le operazioni di demolizione delle abitazioni di queste numerose famiglie è
durato per diverse ore e nessuna alternativa è stata data a queste persone. Solo
coloro che hanno accettato il rimpatrio sono stati trasportati alla Società
della Salute per firmare i fogli necessari alla procedura.
Donne, uomini e bambini sono così rimasti tutto il giorno a cercare di salvare
il salvabile tra le macerie, mentre materassi, coperte e molti altri oggetti
sono stati portati via e buttati per "scongiurare" che potessero riaccamparsi
nello stesso posto.
E così non avendo nessuna alternativa donne, uomini e bambini hanno dormito
all'aperto, sull'erba, poco distante da dove fino a ieri si trovavano le loro
abitazioni, mentre da ieri notte è stato attivato un presidio permanente della
Polizia Municipale per impedire nuovi insediamenti in quella stessa area.
Si è svolta così l'ennesima operazione di sgombero da parte del comune, senza
che però a queste famiglie sia stata data alcuna prospettiva concreta.
A quattro anni dal rogo di Livorno, il cui anniversario era proprio ieri, in cui
persero la vita quattro bambini rom, Lenuca (6 anni), Eva (12 anni), Danciu (8
anni) e Menji (4 anni), questa operazione appare altrettanto definitiva e senza
speranza per queste famiglie che adesso non hanno un luogo dove stare.
Lungo il confine con le famiglie rom - di Vittorio Gualtieri
I rom 'sfrattati' traslocano a Colignola E il paese si rivolta Dopo l'intervento dei vigili a Cisanello, hanno occupato un'area privata nel
territorio di San Giuliano. Raccolta di firme
Pisa, 13 agosto 2011 - UN NUOVO accampamento rom abusivo sta nascendo a Colignola: circa sessanta nomadi si sono trasferiti in un terreno di proprietà
privata tra via di Cisanello e via dell'Argine, in un'area compresa tra l'argine
e il fiume. L'arrivo non è passato inosservato ai residenti della zona che hanno
raccontato di aver visto una vera e propria carovana con auto cariche di
suppellettili e materassi. Tutto è successo la sera di giovedì e i rom quasi
certamente, come ha confermato anche il sindaco di San Giuliano Terme Paolo
Panattoni, fanno parte dell'accampamento sgomberato nei giorni scorsi dal Comune
di Pisa.
I campi abusivi pisani erano sorti negli ultimi mesi lungo la golena d'Arno di
Cisanello e contavano 85 persone, 45 delle quali avrebbero richiesto di aderire
al programma di rimpatri volontari assistiti. Gli altri con tutta probabilità
hanno semplicemente cercato un altro posto dove accamparsi, e quel terreno non
coltivato nascosto dietro a un canneto dev'essere sembrato perfetto. C'è anche
però chi riferisce che i nomadi non sono arrivati lì da soli e racconta di aver
visto «due persone non rom» accompagnarli e poi andarsene. E la posizione
decentrata del terreno, raggiungibile solo con una strada privata sterrata
sembrerebbe copnfermare l'ipotesi che a guidarli sia stato qualcuno che conosce
bene la zona, come suggerisce anche Panattoni.
«STIAMO concludendo — ha fatto sapere il sindaco sangiulianese — tutti gli
accertamenti rispetto alla migrazione di questo gruppo di persone da Pisa a San
Giuliano. Per quanto ci riguarda, in ruolo e responsabilità, faremo anche noi
tutto quello previsto dalla legge per liberare nel più breve tempo possibile la
zona occupata. Quella — ha concluso Panattoni — non è comunque una zona né
concordata né individuata per questo tipo di utilizzo e non sussistono, tra
l'altro, le minime condizioni igienico sanitarie previste dalle vigenti leggi».
Il proprietario del terreno, l'ingegner Carlo Centurione Scotto, ha
immediatamente sporto denuncia alla polizia municipale, che si occuperà di
inviarla alla Procura con allegata la relazione su quanto visto nei sopralluoghi
di giovedì sera e ieri mattina.
L'ARRIVO dei rom non è passato inosservato neanche in paese: ieri mattina alcuni
di loro hanno approfittato della fontanina in centro a Colignola per fare scorta
d'acqua. E già gli abitanti preparano le barricate, tanto che già ieri
pomeriggio c'era chi parlava di appendere degli striscioni per chiedere lo
sgombero dell'accampamento. «C'è parecchia agitazione in paese — riferisce un
residente —. La gente e i commercianti della zona parlano di promuovere una
raccolta firme e una fiaccolata se entro lunedì il terreno non sarà liberato.
Oltretutto poprio dietro l'argine dove stanno allestendo le prime baracche si
trova la piscina dell'albergo Eden Park: sono separati solo dalla pista
ciclabile». «Nel nostro paese — scrive un rappresentante dei residenti di
Mezzana e Colignola — molto spesso siamo protagonisti di spaccio e furti: circa
1 mese una famiglia è stata narcotizzata e derubata nella notte e stessa
dinamica qualche settimana.
Non ci sentiamo sicuri e per questo abbiamo scritto al Sindaco di San Giuliano e
a quello di Pisa, al Comandante dei Carabinieri e al Prefetto di Pisa affinché
questo campo sia smantellato in pochissimi giorni. Tutto ciò non significa
essere razzisti; si tratta anche di dare dignità a delle persone che non possono
vivere lungo una golena d'Arno piena di ratti e sporcizia. Invitiamo anche i
Carabinieri a rafforzare i controlli nel nostro territorio ormai da tempo
bersaglio di malcapitati». Panattoni e il vicesindaco Juri Sbrana assicurano
tempi brevi per liberare il terreno, ma, come si può immaginare, non è così
semplice. «Lo abbiamo saputo giovedì sera intorno all'ora di cena — dice Sbrana
—.
Il sindaco ha firmato l'ordinanza ma ovviamente da soli non possiamo muoverci:
non abbiamo abbastanza vigili e, oltretutto, molti di loro sono in ferie. E' un
problema generale e come tale sarà affrontato. In quella zona tra l'altro non
possono stare anche per motivi di sicurezza: a settembre cominciano le piogge
più abbondanti e il terreno si allaga, diventando molto pericoloso». Il prossimo
passo sarà quindi tentare un dialogo con i rom che hanno occupato abusivamente
il terreno di proprietà privata. Se non dovessero essere disposti a liberarlo a
quel punto dovrà essere effettuato lo sgombero forzato.
di CECILIA MORELLO
Appello obiezione di coscienza ai Vigili urbani di Pisa Sgomberare campi Rom non è una scampagnata estiva
Così sembra dai giornali (Il Tirreno in primis), leggendo la cronaca dell'ultimo
sgombero fatto a Cisanello, anche con l'intento di "truccare" la realtà dei
fatti e di occultare il dramma che stanno vivendo intere famiglie Rom della
città. I campi "abusivi" sono abitati da persone in carne ed ossa, con un loro
vissuto, fatto di sentimenti, di storie.. come qualsiasi essere umano. E' bene
ricordarlo agli amministratori della Società della "Salute" (??) e al sindaco,
convinto che montare o spostare delle video camere nei punti della città, sia la
stessa cosa di sgomberare Rom da un posto all'altro. No, non sono la stessa
cosa..
Ricuperiamo la forza di indignarci prima che sia troppo tardi, perché Pisa sta
raggiungendo il primato degli sgomberi a danno delle comunità Rom. So che gli
appelli che invitano codesta amministrazione alla tolleranza e al rispetto dei
più deboli servono a ben poco, anzi sembra gettino benzina sul fuoco: si
preferisce far mostra con disinvoltura di una politica del disprezzo verso i Rom
in particolare, che non ha precedenti nella storia cittadina.
Proprie due sere fa a Livorno, abbiamo fatto memoria della tragedia di Pian di
Rota dove morirono 4 bambini Rom, bruciati nelle loro povere baracche. Chi
guidava la preghiera ha ricordato che questo dramma è stato alimentato anche da
una serie di sgomberi, che quelle famiglie Rom Rumene hanno subito, prima a Pisa
e poi a Livorno! Essere costretti a sloggiare da un posto all'altro, dover
ricominciare sempre d'accapo, abbandonati da chi invece li doveva tutelare, per
poi finire a rifugiarsi in posti sempre meno sicuri.
Questi drammi hanno varie responsabilità, ma portano anche le firme delle
ordinanze di sindaci ed assessori, che poi recitano falsi teatrini di ipocrisia
e smielata compassione verso quelle vittime, che a volte loro stessi hanno
contribuito a provocare..
Faccio un appello rivolto al corpo dei vigili urbani di Pisa, riconoscendo il
loro prezioso contributo alla cittadinanza e che spesso non sempre è compreso a
sufficienza, un lavoro difficile e delicato, proprio perché sono spesso a
contatto con situazioni di disagio sociale e di differenti povertà umane, per
questo mi permetto di chiedervi di fare la scelta della obiezione di coscienza,
di fronte all'ordine di attuare quelle ordinanze di sgomberi di accampamenti Rom
che comporterebbero per quest'ultimi un peggioramento delle loro condizioni di
vita. Abbiate il coraggio di rifiutare ad eseguire quegli ordini, fate prevalere
il senso di umanità, fatelo anche in memoria di quelle non poche piccole vittime
Rom che abbiamo pianto in questi anni, a Livorno, a Milano, a Roma e in altre
città Italiane.
Sarebbe un segnale forte di umanità e di democrazia, non solo per la città
intera ma in particolar modo un messaggio di civiltà a chi ci governa.
Don Agostino Rota Martir - Campo Rom Coltano (PI) – 13 Agosto 2011
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