Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 01/05/2013 @ 09:08:13, in lavoro, visitato 1601 volte)
Circa un mese fa, ero in giro col computer portatile. Freddo e pioggia di una
primavera che non arriva. Mi ero seduto nella sala d'aspetto di una stazione
per sfruttare il WiFi e terminare una traduzione (e magari scorrere qualche
inserzione di lavoro). Studenti e famigliole in partenza per il ponte pasquale.
Una signora seduta accanto a me avvisa la sua vicina, una vecchietta malmessa,
di fare attenzione al borsellino, perché ha visto una zingara che si aggira tra
la sala d'aspetto e le macchinette delle bibite.
Esco a fumare, il bar è chiuso. La zingara mi chiede qualche moneta. Le
rispondo in romanes che non ho un soldo. Quella mi guarda curiosa, sorride, e tempo un
minuto ne saltano fuori altri quattro, e mi circondano per vedere uno che parla la loro lingua. Mi
chiedono se sono rom e facciamo le presentazioni.
Loro sono rom rumeni, arrivati da poco dalla Spagna. Mi informo su dove siano
stati e sulla situazione in Spagna. Non c'è più lavoro per nessuno, mi dicono. E
si continua a parlare sul cosa fare, in un misto italiano-spagnolo-romanes. Dato
che il lavoro sembra un tasto dolente per tutti, su youtube cerco qualche brano
musicale rom e rumeno. Si mettono a ballare sul marciapiede, tra i passeggeri che aspettano il
treno. Arriva un loro amico, credo un facchino siciliano.
Poi salta la connessione e ci si saluta.
Di Fabrizio (del 28/03/2013 @ 09:04:22, in lavoro, visitato 1551 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
Centro commerciale chiede la rimozione dei lavoratori rom
Budapest, 21 marzo 2013: Skopje City Mall,
un centro commerciale macedone, ha incaricato l'agenzia che fornisce il
personale addetto alle pulizie di rimuovere tutto lo staff romanì che lavorava
nel reparto alimentare. Skopje City Mall ha inviato una mail il 9 gennaio
2013, richiedendo che i lavoratori romanì fossero lasciati a casa entro il 20
gennaio 2013. La vicenda è venuta alla luce
sui media nazionali solo questa settimana.
L'agenzia di pulizia, Land Service, si è opposta alla richiesta. Secondo
quanto riportato sui mezzi d'informazione, il centro commerciale ha motivato la
richiesta in seguito ai furti di beni alimentari. L'agenzia impiega lavoratori
rom e no nel reparto - soltanto i Rom sono stati stigmatizzati sulla base della
loro etnia.
ERRC respinge in toto l'azione dei manager di City Mall, che viola la
costituzione macedone, i codici del lavoro e quelli anti-discriminazione.
L'azione viola inoltre le norme internazionali sui diritti umani.
"Non è accettabile incolpare collettivamente il personale in base alla sua
origine etnica," ha detto Dezideriu Gergely, direttore esecutivo di ERRC.
"Questo tipo di discriminazione sul posto di lavoro contro i Rom,
presumibilmente sulla base di stereotipi come -la criminalità zingara- non
devono essere tollerati."
ERRC sta sollecitando il corpo macedone sull'uguaglianza ad affrontare il
caso, che sta seguendo con le pertinenti istituzioni UE.
Comunicato stampa disponibile anche in
macedone.
Per ulteriori informazioni, contattare:.
Sinan Goekchen
Media and Communications Officer
European Roma Rights Centre
sinan.gokcen@errc.org
+36.30.500.1324
Daniel Tomescu e i lavoratori di Artezian -
Repubblica di ANTONIO DI
GIACOMO (22 febbraio 2013)
I rom di Japigia: "Basta con l'elemosina"
Il portavoce Daniel Tomescu racconta l'esperienza della cooperativa Artezian
nata nel 2008: "Sogniamo case migliori e un'esistenza dignitosa. Sono i bambini
la nostra speranza"
"Dimenticare di mendicare" non è soltanto lo slogan per promuovere la
cooperativa Artezian, nata a Bari nel 2008 all'interno del campo rom di Japigia.
"Dimenticare di mendicare è il sogno che ci riscalda il cuore" confida Daniel
Tomescu che, da 13 anni nel capoluogo, è il portavoce della comunità che
raccoglie circa 130 persone, oltre un terzo dei quali bambini. "Sono loro la
nostra forza e speranza e - racconta Tomescu - quando siamo con i bimbi
dimentichiamo tutto. Anche la fame e il gelo".
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LA VITA QUOTIDIANA DEL CAMPO
Lo sa bene Daniel che ha 47 anni, 5 figli e 12 nipoti. A Bari è arrivato da
Craiova, in Romania, e da circa 7 anni è l'anima di quello che è l'unico campo
autorizzato sul territorio. È riconosciuto come mediatore culturale europeo e,
giunto in città, ha lavorato per cinque anni come sacrista nella parrocchia di
San Sabino, guidata da don Angelo Cassano. Finché nel 2008 non s'è messo in
testa di dare vita alla cooperativa Artezian che - nata per offrire servizi di
pulizie, piccoli traslochi, facchinaggio,
guardiania e manutenzione del verde - rappresenta un tentativo concreto di
integrazione della comunità rom col territorio. Peccato che la strada sia tutta
in salita, però. "Siamo arrivati anche ad avere 17 operai al lavoro, ma adesso
siamo rimasti soltanto in 5: non c'era la forza per pagare i contributi per
tutti, soprattutto perché stiamo lavorando a fatica".
Non è la voglia di rimboccarsi le maniche a mancare, assicura Daniel che spiega:
"Alcuni dei rom che vivono in questo campo sono costretti a volte a continuare a
frugare nei cassonetti o a fare l'elemosina, pur di portare pochi euro a casa la
sera. Ma succede solo quando non c'è davvero più alternativa". Nel frattempo al
campo arriva uno scuolabus e scendono decine di bambini rom, dopo una giornata
passata fra i banchi. Anche questa, naturalmente, è integrazione ma a caro
prezzo. Non è certo un villaggio turistico il campo di Japigia, i servizi
igienici sono insufficienti, le baracche sono ormai vecchie e quando piove si
allaga tutto.
"Speriamo che un giorno possano arrivare dei fondi per avere delle case
migliori" solleva le spalle Daniel, mentre qui fa buio prima che altrove: i
pannelli fotovoltaici che alimentano l'illuminazione non riescono a erogare
sufficiente energia. "Fino a dicembre, almeno, diversi uomini hanno lavorato
nella raccolta delle olive, dalle 6 del mattino fino a che restava un poco di
luce. E c'è pure chi riesce a fare l'operaio nell'edilizia, ma non basta.
Speriamo che le istituzioni possano darci una mano attraverso l'affidamento di
lavori: non vogliamo mendicare, ma guadagnarci da vivere con il sudore della
fronte".
Il problema, semmai, sono ancora i pregiudizi soprattutto da parte della
committenza privata che "è frenata dalla paura di lasciarci soli in casa a
lavorare, anche se non ci mancano le buone referenze magari". Quando, invece,
una chiamata arriva troppo spesso si tratta di lavori sottopagati. "Se
pensassero di pagarci come gli italiani - dice disilluso Daniel - non ci
chiamerebbero di certo. Ma va bene lo stesso, così almeno possiamo guadagnare
qualcosa. Meglio lavorare per poco che niente e poi, come si dice proprio a
Bari, per avere un lavoro bisogna attaccare il ciuccio lì dove vuole il
padrone". Non importa. L'obiettivo di Daniel Tomescu è che Artezian, e con lei
le braccia dei lavoratori del campo rom, vada avanti. Il gruppo, infatti, si è
strutturato ora nella forma di cooperativa sociale e questo traguardo per Daniel
rappresenta la speranza di nuove opportunità.
A riaccendere presto i riflettori su questa realtà, intanto, in primavera, sarà
il filmaker Giovanni Princigalli che al campo girerà la docufiction breve Testa
e piedi, per protagonisti alcuni bimbi rom. Un ritorno per il regista barese
che, ormai emigrato in Canada, esordì dietro la macchina da presa proprio
raccontando la comunità rom di Japigia filmandola nel suo primo insediamento,
una decina d'anni fa, con il pluripremiato documentario Japigia Gagì. Ed
emblematica appare la vicenda al centro di Testa e piedi: "È la storia vista
dagli occhi di un bambino - anticipa - di una famiglia, la sua, che, venuta in
Italia, non riesce a integrarsi e decide di emigrare altrove".
Di Fabrizio (del 16/02/2013 @ 09:06:39, in lavoro, visitato 1400 volte)
CASTELLI today Polemiche a Frascati per l'assegnazione a una ragazza di
etnia rom di una borsa lavoro del comune - di Francesca Ragno - 13 febbraio
2013
Fa le pulizie al centro anziani del Comune di Frascati ed è assegnatrice di
una borsa lavoro comunale, fin qui non ci sarebbe nulla di male se non fosse che
la ragazza in questione è di etnia rom.
L'etnia della donna ha sollevato un vespaio politico di cui si è fatto paladino
il Popolo delle libertà di Frascati e così il gruppo consigliare pidiellino ha
chiesto un incontro immediato nella giornata del febbraio con il settore servizi
sociali del comune di Frascati: "È nostro intendimento verificare che tutto si
sia svolto secondo legge", scrivono in una nota i consiglieri comunali.
Intanto sui social network il dibattito è acceso e duro, il consigliere Mirko
Fiasco da Facebook intende chiarire che il PDL non è razzista, ma intanto è
meglio non assumere una "zingara": "Non siamo razzisti, siamo per
l'integrazione, ma quanti padri di famiglia frascatani sono senza lavoro?Quanti
attendono un sussidio? Sindaco Di Tommaso l'unica via sono le dimissioni". Il
PDL è sicuro andrà "fino in fondo a questa storia".
Di Fabrizio (del 15/02/2013 @ 09:04:00, in lavoro, visitato 2158 volte)
La Stampa Protesta dei "ferramiu" contro le nuove norme alla presentazione del Piano Città
- di PAOLO COCCORESE
Il "business" del riciclo:
Un'ottantina di persone hanno manifestato contro le nuove norme
del mercato del rottame che dà da mangiare a quasi 5 mila "ferramiu"
"Futuro" è stata la parola d'ordine dell'assemblea pubblica di presentazione del
Piano Città, la serie di interventi da 11 milioni di euro che, a partire dai
prossimi mesi, avvieranno il rilancio di Falchera.
La parola "futuro" l'ha pronunciata il sindaco Piero Fassino, ed è apparsa su
uno dei cartelli di protesta esposti dall'ottantina di persone, nella stragrande
maggioranza nomadi del quartiere, che durante la serata hanno manifestato contro
il blocco del mercato del recupero del rottame. Lavoro, che in tempo di crisi,
dà da mangiare a quasi 5 mila "ferramiu".
Il rilancio del quartiere
Futuro, come sinonimo del recupero della Falchera e Pietra Alta. A gennaio, la
Città si è aggiudicata i fondi statali per i progetti di riqualificazione
urbana. Denaro pubblico che diverrà volano per investimenti privati.
"Falchera è un quartiere che ha enormi potenzialità ambientali che si sono
trasformate in focolare di degrado - dice il presidente della Circoscrizione
Conticelli -. Con il Piano Città si potrà invertire la rotta". Non mancano le
critiche - "porterete solo cemento", la più diffusa -, ma il Piano si svilupperà
su due principi: "Un ridisegno complessivo della zona e un riqualificazione
basata sulla sostenibilità ambientale". Tra i progetti: la bonifica dei
laghetti, la ristrutturazione delle scuole e dei palazzi Atc, il nuovo
cavalcavia per il "secondo accesso" e la sistemazione di piazza Astengo.
La paura
Futuro, invece, inteso come incertezza per chi vive recuperando e vendendo
rottami di rame, acciaio o bronzo. Nelle ultime settimane il mercato si è quasi
fermato. Alle officine specializzate nell'acquisto del metallo di recupero,
centri simili a "compro oro", è stata recapitata una lettera della Provincia
dove si chiedono maggior controlli per arginare il riciclaggio del rame rubato.
Diktat che rischia di affamare migliaia di ferramiu di fortuna, raccoglitori
ambulanti che vivono riciclando rottami dei cantieri e svuotando le cantine.
"Da lunedì non possiamo più lavorare - dice Zajim Halilovic, ferramiu della
Falchera -. Pretendono l'iscrizione alla camere di commercio, autorizzazioni
Inal e Inps, omologare i furgoni. Guadagno 700 euro al mese e ne dovrei pagare
1500". Ma chi vive vendendo rottami? Sono in tanti: ditte specializzate, ma
anche tanti ambulanti. Chi svuota i cassonetti, i pensionati e, soprattutto, i
nomadi. In tanti hanno protestato davanti al sindaco Fassino.
Problema sociale
Il mercato del rottame è un limbo tra chi rispetta le regole e chi vive di furti
e mercato nero. Gli oggetti di metallo (dalle grondaie, ai cavi elettrici) sono
rifiuti e richiedono autorizzazioni particolari che il trasporto. "E' ingiusto
qualificarci come ditte - aggiunge un altro ferramiu, Ottavio Piramide -. Se ci
sequestrano il furgone siamo costretti ad andare a rubare". La lettera della
Provincia rischia di diventare un problema sociale. "La nostra intenzione è
limitare il fenomeno dei furto di rame - dicono dall'Assessorato all'Ambiente -.
La lettera era funzionale a questo scopo, non era nostra intenzione generare il
blocco della vendita".
I nomadi, dopo aver protestato davanti Fassino sono pronti per fare un sit-in
davanti alla sede di corso Inghilterra. "Nei prossimi giorni ci sarà un incontro
con la Regione per trovare una soluzione - aggiungono dalla Provincia -.
Pensiamo a direttive che permettano l'attività per tutti nel rispetto delle
regole".
Di Fabrizio (del 09/02/2013 @ 09:04:54, in lavoro, visitato 1630 volte)
RTV SLO Maribor, il primo ristorante Rom in Europa di
K. S. (Ndr: mi
risulta che in Ungheria ce ne siano già due, uno è
questo)
Projekt Romska gostilna - Romani kafenava
21. januar 2013 ob 17:56 - Maribor - MMC RTV SLO
La capitale della Stiria presto diventerà più ricca per la locanda, unica
non solo in Slovenia ma per l'intera Europa. Infatti entro la fine dell'anno ci
sarà a Maribor il primo ristorante rom.
Štefan Simončič, rappresentante dell'associazione EPeKa di Maribor e capo del
progetto, ha detto che lo scopo è la conservazione e la presentazione della
cultura rom, assieme all'eliminazione dei pregiudizi della maggioranza della
popolazione. Il progetto di 300.000 euro è finanziato all'80% dall'Unione
Europea, mentre il 20% dal Ministero del Lavoro e della Famiglia.
Simončič ha sottolineato a RTV Slovenija è possibile mangiare in una vasta
gamma di ristoranti etnici tranne quelli rom, che pure vivono in Europa dove
sono circa 12 milioni.
In Slovenia la maggior parte dei Rom vive a Maribor, circa 2.000.
Com'è scritto sul sito ufficiale, l'Inn Rom - Romani kafana opera sul
principio dell'imprenditoria sociale per persone appartenenti a gruppi
vulnerabili, se il ristorante risultasse redditizio, si accumulerà per la
creazione di nuovi ristoranti, dove far lavorare altri Rom e Romnià.
clicca per il video (in sloveno)
Piatti tipici nell'ambiente rom
Quali saranno le specialità proposte? Si può anticipare burek e torte, minestre
e zuppe tradizionali. Non mancheranno la grappa ed il caffè tipici, i cui fondi
verranno letti agli ospiti.
Camerieri e cuochi saranno vestiti nei costumi tradizionali romanì, e tale
sarà l'atmosfera e la musica d'accompagnamento. [...]
Tra gli obiettivi dei responsabili del progetto: la conservazione della
cultura romanì, la loro motivazione ed inclusione in materia di occupazione, la
formazione al lavoro per lavorare in un ristorante, l'aumento della fiducia in
se stessi, la promozione di stili di vita sani tra i Rom ed il resto della
popolazione, per ridurre pregiudizi e stereotipi.
Sulla posizione del ristorante non si sa ancora molto, ma dovrebbe essere
verso il centro città.
Di Fabrizio (del 20/01/2013 @ 09:01:32, in lavoro, visitato 1368 volte)
Ve li ricordate? Ne avevo scritto
un po' di tempo fa.
Domenica scorsa se n'è tornato a discutere in
un gruppo su Facebook. Tutti vogliono (o vorrebbero? Non l'ho capito
bene...) denunciare per razzismo gli autori di quella immagine e il gruppo che
li ospita.
Rileggendo quella mia noticina di due mesi fa, vorrei sottolineare due cose
distinte che notavo allora:
- quell'immagine è fatta da gente stupida o ignorante, perché
da la colpa ai Rom (che notoriamente hanno e hanno sempre avuto
un altissimo tenore di vita) della perdita del loro potere
d'acquisto. Ma, insegna l'economia di strada, gli stupidi
saranno sempre ottimi clienti (anche se poi fideizzarli è un
casino!)
- dai Rom ho imparato a prendere in giro la gente (ma non ho
mai imparato a denunciarla). Quale occasione migliore di questa?
Soprattutto, partendo dalla loro stupidità iniziale, perché
perdere un'occasione simile per dimostrare che si è in grado di
insegnare loro qualcosa? Gli affari possono essere persino uno
scambio di natura intellettuale, se si riesce a centrare il
punto: "la perdita del loro potere d'acquisto".
E adesso... parliamo del business.
Chi sono questi stupidi (e pure anonimi) per insegnare a diventare Rom?
Che titolo hanno? Come si svolgono le loro lezioni? Se prendessimo sul
serio la loro "provocazione", sarebbero passibili di truffa.
E, sempre prendendo sul serio la provocazione, l'unico che ha qualche
speranza di insegnare come SI DIVENTA UN ROM, visto la lontananza tra i due
mondi, è solo chi è Rom. I quali Rom, ma anche i Sinti possono metterci del
loro, di fronte a questa RICHIESTA DEL MERCATO IN TEMPO DI CRISI, dovrebbero
proporre agli stessi clienti che cercano quella tessera, la propria consulenza (ovviamente:
a pagamento) e, se si fosse capaci
di ragionare in grande, al termine di un corso di formazione la possibilità di
aprire un FRANCHISING.
FRANCHISING, magari anche solo fornendo intermediazione su come acquistare
una roulotte scassata, come vestirsi alla meno peggio, o fornendo secchielli e
panni agli angoli degli incroci più trafficati. Insomma, lezioni pratiche su
come sopravvivono questi benedetti Rom.
Se questo è il primo livello di studi (dove qualsiasi Rom appena arrivato in
Italia potrebbe proporsi come docente), esiste anche un corso avanzato, che dev'essere
gestito da Rom di più lungo insediamento e che abbiano già ottenuto un minimo
di stabilità: come arrangiare la spesa per una famiglia numerosa, come costruire
e riparare di tutto, corsi di cucito (per le romnià che si cuciono ancora le
gonne da sole), piuttosto che di baysitteraggio (già da giovanissime si
impara a badare a fratelli e cugini più piccoli, altro che rapimenti infantili!
La prima baby sitter dei miei figli è stata una romnì). Roba
pratica, insomma, non cerco i soliti intellettuali da sbarco.
Il tutto, inframmezzato magari da cene comuni (a pagamento per il corsista),
balli, partite a pallone. Perché, e qua torno al cuore del mio articolo di
allora, c'è una dimensione sociale che resiste tra Rom e Sinti (ma non è una
loro esclusiva) che permette, anzi è necessaria, di affrontare le durezze della
vita. E questo, secondo me è il CORE BUSINESS (da una parte) e la domanda
profonda e irrisolta del mondo stupido esterno: non sapere più sorridere e non
sapersi rialzare.
L'altra domanda, più superficiale ma altrettanto reale, è: stiamo
diventando più poveri, a chi diamo la colpa? L'unica risposta che può
dare chi è ancora più povero di loro (e quindi, con la sua sola presenza, è una
minaccia visiva e forse reale) è: io sono povero da generazioni - posso
darti delle dritte per sfangarla. Oppure, quando sarai povero come me, dovrai
purtroppo misurarti con chi sarà molto più allenato di te.
Mi immagino la faccia di chi sta leggendo... si starà domandando se sono serio
o dilo. Rispondo solo che al momento sono piuttosto squattrinato, e chi
per caso pensa che sia serio, sappia che sto cercando capitali e soci.
Visto i Rom sono dappertutto (quasi come i napoletani), potremmo proporre un serio
franchising multinazionale.
Di Fabrizio (del 18/01/2013 @ 09:09:54, in lavoro, visitato 1472 volte)
Lei, Xx, abita in un "campo nomadi". Ha studiato anche dopo le medie ma, visti i tempi,
qualsiasi lavoro che trova va bene. E come i suoi coetanei, tenta di capire con
chi ce l'avesse la Fornero quando ha tirato fuori quel "choosy".
Lui, Zz, è un mio amico d'infanzia e mio vicino di casa, io e lui "rossi" da
sempre. Ha un figlio, quasi coetaneo di Xx. Un ragazzo che, come tanti, alterna una rabbia
sorda contro il mondo a slanci di tenerezza. Non è mai stato un cattivo ragazzo,
ma per un certo periodo era affascinato dalla destra estrema tipo Forza Nuova.
Si somigliano quei due, molto più di quanto non sembrerebbe a prima vista.
E poi c'è Yy e la sua libreria. A fine anno doveva fare l'inventario e mi ha
chiesto se l'aiutavo a cercare dei ragazzotti svegli che potessero dargli una
mano. Pagandoli, ovviamente.
Così, Xx e il figlio di Zz hanno lavorato assieme. Se si siano parlati,
confidati le rispettive paure, o mangiato assieme un panino durante la pausa,
non lo dico. Per il momento, basta così.
Di Fabrizio (del 03/01/2013 @ 09:09:34, in lavoro, visitato 1893 volte)
di Daniel Reichel e Giulio Taurisano
"Per trent'anni non ho mai lavorato. Niente. Ora che ho avuto la possibilità di
farlo, devo ammettere che mi manca. Molto". Giovanni (lo chiameremo così perché
ha chiesto di non mettere il suo nome vero) è un rom napoletano, con alle spalle
una vita in roulotte tra Napoli, Milano, Genova e Torino. Parla piano, con
lunghe e pensierose pause e l'inconfondibile accento partenopeo. La sua vita
nell'ultimo anno è cambiata radicalmente: ha trovato un lavoro, una casa e
guarda con velata fiducia al futuro.
Ma andiamo con ordine. Giovanni è arrivato a Torino con la moglie e le due
bambine piccole da oltre un anno. Vivono in camper e la situazione economica è,
usando un eufemismo, precaria. C'è la crisi e i soldi languono. "Vendevamo rose
in via Garibaldi ma poca roba. Oramai si fa attenzione ad ogni singolo euro".
Un aiuto, nella difficoltà, arriva dall'associazione Idea Rom Onlus. Costituita
nel 2009 da donne Rom delle comunità presenti nel torinese, Idea Rom lavora con
le diverse realtà per promuovere l'integrazione sociale. Tra le tante
iniziative, l'organizzazione ha dato il via nell'ottobre 2011 a "We Can", un
progetto realizzato per favorire l'inserimento nel mondo del lavoro per Rom
privi di occupazione (finanziato dalla Fondazione Compagnia di San Paolo).
Diciotto sono state le borse di lavoro attivate e quattro persone sono state
inserite in modo stabile nelle rispettive aziende o realtà lavorative. Un
successo vista anche la situazione italiana dove il precariato sembra quasi un
privilegio.
"Uno degli scogli da superare - mi spiegano le attiviste di Idea Rom - è la
diffidenza di uomini e donne verso un mondo che li ha abituati a non sentirsi
all'altezza. Talvolta la segregazione ha portato molte di queste persone a
immedesimarsi nella condizione di subumani, una condizione imposta dall'esterno,
dalla società". Questa svalutazione di sé nasce sia dalla crescente intolleranza
(si veda il pogrom della Continassa del dicembre 2011) sia, purtroppo, da un
atteggiamento eccessivamente paternalistico di alcune istituzioni. Per dare una
svolta a una situazione decisamente oltre il sostenibile, sembrerebbe
preferibile adottare un approccio che responsabilizzi i Rom di fronte ai loro
diritti e doveri. Dunque non offrire dei servizi emergenziali ad hoc ma spiegare
alle diverse comunità come usufruire dei servizi accessibili ad ogni cittadino,
senza differenziazioni.
Prigioniero di una sensazione di inadeguatezza, Giovanni in prima battuta
rifiuta la proposta di Idea Rom di lavorare come apprendista per una cooperativa
che lavora nei cimiteri. "Non avevo mai lavorato e non credevo di essere in
grado di alzarmi tutti i giorni e farmi otto ore consecutive. In un cimitero
poi!". Non sarebbe la prima volta che Giovanni rifiuta un lavoro. "Quando ero
ragazzino mi avevano offerto un lavoro da portinaio a Napoli ma non mi sembrava
una vita adatta a me". Vendere penne, raccogliere ferro, fare l'elemosina e
qualche furtarello sono le occupazioni principali di Giovanni. "Ora mi rendo
conto che quella non era vita. Tanti sacrifici pericolosi, torni a casa con la
paura degli sgomberi. Sei sempre in movimento". Nelle sue parole si legge il
rammarico per aver perso anni della sua vita, rincorrendo situazioni che oggi
gli sembrano insostenibili. Non c'è condanna né autocommiserazione, piuttosto la
consapevolezza di aver lasciato per strada delle possibilità che oggi invece
vuole cogliere. "Per fortuna ho cambiato idea sul lavoro al cimitero e ho
accettato. Mi sono detto, posso anche fallire ma almeno ci devo provare".
Non so quanti di noi non si farebbero remore nel decidere di lavorare in un
cimitero. O come direbbe il ministro Fornero, sarebbero choosy nel dover
affrontare un'esumazione. "Non volevo toccare i defunti all'inizio e ammetto che
stare al cimitero quando scendeva il buoi mi faceva paura", ricorda Giovanni.
Poi, gradualmente, tutto entra nella routine quotidiana, ci si abitua e anche un
luogo apparentemente poco ospitale per i vivi, diventa un normale posto di
lavoro. I datori di lavoro apprezzano la dedizione e l'impegno di Giovanni tanto
da nominarlo capo di una squadra. Gli affidano le chiavi del cimitero e si
fidano di lui. "La prima busta paga l'ho incorniciata - racconta sorridente
-
certo quando ho visto quanto trattengono di tasse, ho cominciato a capire perché
la gente si lamenta del fisco".
Non è solo il primo impiego a cambiare la quotidianità di Giovanni. Con l'aiuto
dell'associazione Idea Rom, con la moglie e le bambine riesce a sistemarsi in
una casa. Un'altra prima volta per lui. "I miei parenti hanno delle case giù a
Napoli ma io ho sempre vissuto in roulotte, con tutta la famiglia". All'inizio
le mura dell'appartamento, lo soffocano. "I primi giorni non riuscivo a dormire.
Mi mancava l'aria. Sapevo però che era la cosa migliore per la mia famiglia e
piano piano mi sono abituato". Quando gli chiedo cosa gli manca del suo passato,
risponde la famiglia. "Ero abituato ad avere attorno a me tutti i parenti e mi
piaceva questa sensazione di vivere tutti sempre a contatto. Comunque non
tornerei indietro. Questo è il futuro che voglio per le mie figlie".
Il suo contratto è finito a settembre e a dicembre dovrebbe rinnovarglielo.
Giovanni ha trovato una sua dimensione. "Sento sempre i miei colleghi, il mio
capo. Siamo rimasti in contatto e mi chiedono sempre quand'è che torno a
lavorare con loro". Lui aspetta fiducioso con la volontà di andare avanti sulla
nuova strada che si è costruito.
Di Fabrizio (del 29/12/2012 @ 09:05:43, in lavoro, visitato 1663 volte)
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