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"Vogliamo lavorare, ma i pregiudizi ci fermano"
Di Barbara Breyhan (del 02/03/2013 @ 09:02:59, in lavoro, visitato 1481 volte)

Daniel Tomescu e i lavoratori di Artezian - Repubblica di ANTONIO DI GIACOMO (22 febbraio 2013)
I rom di Japigia: "Basta con l'elemosina" Il portavoce Daniel Tomescu racconta l'esperienza della cooperativa Artezian nata nel 2008: "Sogniamo case migliori e un'esistenza dignitosa. Sono i bambini la nostra speranza"

"Dimenticare di mendicare" non è soltanto lo slogan per promuovere la cooperativa Artezian, nata a Bari nel 2008 all'interno del campo rom di Japigia. "Dimenticare di mendicare è il sogno che ci riscalda il cuore" confida Daniel Tomescu che, da 13 anni nel capoluogo, è il portavoce della comunità che raccoglie circa 130 persone, oltre un terzo dei quali bambini. "Sono loro la nostra forza e speranza e - racconta Tomescu - quando siamo con i bimbi dimentichiamo tutto. Anche la fame e il gelo".

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Lo sa bene Daniel che ha 47 anni, 5 figli e 12 nipoti. A Bari è arrivato da Craiova, in Romania, e da circa 7 anni è l'anima di quello che è l'unico campo autorizzato sul territorio. È riconosciuto come mediatore culturale europeo e, giunto in città, ha lavorato per cinque anni come sacrista nella parrocchia di San Sabino, guidata da don Angelo Cassano. Finché nel 2008 non s'è messo in testa di dare vita alla cooperativa Artezian che - nata per offrire servizi di pulizie, piccoli traslochi, facchinaggio, guardiania e manutenzione del verde - rappresenta un tentativo concreto di integrazione della comunità rom col territorio. Peccato che la strada sia tutta in salita, però. "Siamo arrivati anche ad avere 17 operai al lavoro, ma adesso siamo rimasti soltanto in 5: non c'era la forza per pagare i contributi per tutti, soprattutto perché stiamo lavorando a fatica".

Non è la voglia di rimboccarsi le maniche a mancare, assicura Daniel che spiega: "Alcuni dei rom che vivono in questo campo sono costretti a volte a continuare a frugare nei cassonetti o a fare l'elemosina, pur di portare pochi euro a casa la sera. Ma succede solo quando non c'è davvero più alternativa". Nel frattempo al campo arriva uno scuolabus e scendono decine di bambini rom, dopo una giornata passata fra i banchi. Anche questa, naturalmente, è integrazione ma a caro prezzo. Non è certo un villaggio turistico il campo di Japigia, i servizi igienici sono insufficienti, le baracche sono ormai vecchie e quando piove si allaga tutto.

"Speriamo che un giorno possano arrivare dei fondi per avere delle case migliori" solleva le spalle Daniel, mentre qui fa buio prima che altrove: i pannelli fotovoltaici che alimentano l'illuminazione non riescono a erogare sufficiente energia. "Fino a dicembre, almeno, diversi uomini hanno lavorato nella raccolta delle olive, dalle 6 del mattino fino a che restava un poco di luce. E c'è pure chi riesce a fare l'operaio nell'edilizia, ma non basta. Speriamo che le istituzioni possano darci una mano attraverso l'affidamento di lavori: non vogliamo mendicare, ma guadagnarci da vivere con il sudore della fronte".

Il problema, semmai, sono ancora i pregiudizi soprattutto da parte della committenza privata che "è frenata dalla paura di lasciarci soli in casa a lavorare, anche se non ci mancano le buone referenze magari". Quando, invece, una chiamata arriva troppo spesso si tratta di lavori sottopagati. "Se pensassero di pagarci come gli italiani - dice disilluso Daniel - non ci chiamerebbero di certo. Ma va bene lo stesso, così almeno possiamo guadagnare qualcosa. Meglio lavorare per poco che niente e poi, come si dice proprio a Bari, per avere un lavoro bisogna attaccare il ciuccio lì dove vuole il padrone". Non importa. L'obiettivo di Daniel Tomescu è che Artezian, e con lei le braccia dei lavoratori del campo rom, vada avanti. Il gruppo, infatti, si è strutturato ora nella forma di cooperativa sociale e questo traguardo per Daniel rappresenta la speranza di nuove opportunità.

A riaccendere presto i riflettori su questa realtà, intanto, in primavera, sarà il filmaker Giovanni Princigalli che al campo girerà la docufiction breve Testa e piedi, per protagonisti alcuni bimbi rom. Un ritorno per il regista barese che, ormai emigrato in Canada, esordì dietro la macchina da presa proprio raccontando la comunità rom di Japigia filmandola nel suo primo insediamento, una decina d'anni fa, con il pluripremiato documentario Japigia Gagì. Ed emblematica appare la vicenda al centro di Testa e piedi: "È la storia vista dagli occhi di un bambino - anticipa - di una famiglia, la sua, che, venuta in Italia, non riesce a integrarsi e decide di emigrare altrove".