Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 01/12/2010 @ 09:32:11, in Europa, visitato 1729 volte)
La Voce della Slovacchia
Luník IX, Košice
Nelle elezioni di sabato per il rinnovo dei consigli comunali e distrettuali
di tutta la Slovacchia sono risultati eletti anche un certo numero di
consiglieri e primi cittadini di etnia rom.
Due erano i partiti che li rappresentavano: il Roma Initiative Slovacco (Romská
iniciativa Slovenska-RIS) che è riuscito a far eleggere 52 dei suoi consiglieri
come sindaci ed il Partito di Coalizione Rom (Strana romské koalice-SRK) che ne
ha invece espresso 50.
In 22 località del paese sono stati eletti dei sindaci “zingari”. Cinque di
loro appartengono ad SRK mentre RIS ne ha espresso due.
I due partiti hanno genericamente corso separati, tranne che nella città di
Bystrany dove il candidato comune, František Žiga, ha vinto.
Una grossa sorpresa è venuta fuori dalle urne a Jarovnice, dove il precedente
sindaco (un gentile) sarà rimpiazzato da Florián Giňa di SRK.
E’ una “zingara” anche Mária Oračková (del partito LS-HZDS) che è stata
eletta sindaco di Lomnický.
Nelle comunità Rom. anche quest’anno, si sono paventati brogli e
compravendite di voti. Intimidazioni sarebbero avvenute nel quartiere Luník IX
di Košice mentre a Kráľovský Chlmec i voti dei cittadini Rom sarebbero stati
comprati per 5 euro l’uno.
Il sospetto di brogli riguarderebbe anche le città di Martin e di Žiar, dove
autobus privati avrebbero accompagnato al voto gruppi di Rom.
Questa la lista dei sindaci Rom:
Valkovňa (Brezno): Rudolf Pokoš, SMER
Hubice (Dunajská Streda): Štefan Radics, SMER
Jurské (Kežmarok): Eduard Pompa, NEKA
Podhorany: Jozef Oračko, ĽS – HZDS
Stráne pod Tatrami: Gustav Bačo, MOST – HÍD
Luník IX (Košice): Dioníz Slpečík, SDKÚ-DS, KDH, SMK-MKP
Nitra nad Ipľom (Lučenec): Tivadar Berky, SDKÚ-DS
Blatné Remety (Michalovce): Vladimír Sliško, SRK
Jarovnice (Prešov): Florian Giňa, SRK
Barca (Rimavská Sobota): Richard Szajkó, SRK
Cakov: Karol Bari, SDKÚ-DS
Hodejov: Štefan Illéš, SRK
Hostice: František Rácz, SDKÚ-DS, SMK-MKP, RIS
Kesovce: Aladár Szajkó, SMK-MKP
Martinová – Eugen Radič, RIS
Sútor – Tibor Balog, HZD
Šimonovce – Ernest Lakatoš, HZD
Vieska nad Blhom – Attila Lakatoš, SRK
Bystrany (Spišská Nová Ves): František Žiga, SRK, RIS, SSS
Richnava: Vladimír Pokuta, RIS
Žehra: Ivan Mižigár, NEKA
Lomnička: Mária Oračková, ĽS-HZDS
Di Fabrizio (del 28/11/2010 @ 09:00:47, in Europa, visitato 2148 volte)
Da
Roma_Benelux
Un "consiglio superiore dei Rom" che divide
Il "consiglio superiore dei Rom" non è ancora stato creato, che attira già
critiche da tutte le parti, riportava mercoledì Le Soir. Diverse associazioni
hanno deciso di non partecipare più al processo di creazione di questo
consiglio.
"Si mischia tutto: Rom, Gitani, Gens du voyage. Ma i problemi degli uni non
sono quelli degli altri," sottolinea Manuel Charpentier, del comitato nazionale
della Gens du voyage. Al Congresso nazionale gitano, ci si rammarica che le
questioni di fondo non siano affrontate.
All'ufficio del ministro Milquet, si tenta di sdrammatizzare. "Forniamo un
ascolto, un metodo, un sostegno." I Rom e la gens du voyage lamentano anche che
il Belgio non abbia denunciato ufficialmente l'atteggiamento della Francia verso
di loro. "Ed oggi, le autorità vorrebbero creare un organo consultivo che
assomiglia ad un guscio vuoto. Che prima agiscano, i problemi concreti si
sanno." (belga / mb)
Di Fabrizio (del 27/11/2010 @ 09:19:48, in Europa, visitato 2112 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
Czech Press Agency, translated by Gwendolyn Albert
Skopje, 2010/11/22 09:08 - I residenti del più grande insediamento rom della
Macedonia stanno abbandonando le sue strade sporche e gli alloggi di fortuna per
cercare impiego e prosperità nell'Unione Europea, riporta oggi il portale
informativo BalkanInsight.com. Valijant, tassista 34enne di Shuto Orizari, sta
pensando di vendere la sua Lada arrugginita dell'era sovietica, col parabrezza
incrinato due anni fa - la cui riparazione costerebbe un patrimonio. Dice:
"Userò il mio denaro per andare in Francia dove vive mio fratello. Non ho
intenzione di tornare, a meno che non debba. Farò là tutto ciò che posso."
Valijant spera di iniziare una vita migliore in Europa occidentale. Più o
meno è convinto che anche se le autorità francesi lo prenderanno a lavorare
senza permesso, farà lo stesso abbastanza soldi da comprarsi una nuova macchina.
Ogni giorno, un autobus pieno di persone lascia Shuto Orizari per l'Europa
occidentale. La gente sta vendendo la propria casa e qualsiasi piccola proprietà
posseduta per pagare il viaggio per sé e la propria famiglia. I biglietti verso
la terra promessa costano circa 120 €.
Giovedì scorso, il ministro belga all'immigrazione, Melchior Wathelet, ha
visitato Shuto Orizari per la seconda volta quest'anno, nel tentativo di far
pressione sulle autorità locali perché fermino l'afflusso di emigrati verso il
suo paese. Belgio, Germania, Svezia ed altri paesi UE hanno ammonito per la
seconda volta quest'anno che da quando non sono più richiesti visti da
Macedonia, Montenegro e Serbia dal dicembre 2009, il numero di richiedenti asilo
da questi tre paesi è accresciuto di molto.
Shuto Orizari, tuttavia, è un mondo a sé. E' l'unico comune in Macedonia con
un sindaco rom, radio e televisione in lingua romanes. Dei 20.000 residenti, il
75% è di etnia rom e sono tra i più poveri nel paese.
Vasti settori del quartiere residenziale non sono niente di più di uno slum.
Le case sono coperte con tetti di lamiera, percorsi fangosi funzionano come
strade e non esiste un sistema fognario. Solo la strada principale ha un livello
"adeguato" di asfalto. I marciapiedi sono pieni di bancarelle improvvisate dove
si vendono accessori, vestiti e DVD (quasi tutti piratati).
"Qui ho tutto ciò che voglio, la famiglia, gli amici, la ragazza che ho
sposato, ma ho un bisogno disperato di lavoro. Ho bisogno di un lavoro decente
per dar da mangiare ai miei due bambini e non dover vendere questa spazzatura
tutto il giorno," dice Elvis, 26 anni, che vende DVD. Sostiene di aver lavorato
per sei mesi in una discarica in Germania prima di essere rimpatriato in
Macedonia.
"Molti dei miei amici sono andati e solo qualcuno è ritornato perché è stato
rimandato indietro," spiega Elvis. "Sto programmando un altro viaggio."
I viaggi verso l'Europa occidentale sono organizzati dalla locale agenzia
viaggi, Skay
Wim-Travel. Anche se sulla porta è indicato "aperto", l'ingresso era chiuso e le
luci spente quando ci siamo andati.
Ufficialmente l'agenzia vende biglietti per fare shopping a Bruxelles,
Amburgo, Lione, Malmö, Parigi, Vienna, Stoccarda e altri popolari destinazioni
nell'Europa occidentale. "Piacciono così tanto che la gente decide di fermarsi e
di estendere lo shopping," dice un locale con una risata.
Venerdì il Parlamento macedone ha adottato una risoluzione volta ad aiutare i
Rom e la loro "integrazione nella società". Si suppone che la risoluzione
si volta a convincere Bruxelles che Skopje sta affrontando seriamente la
questione del numero crescente di emigrati dalla Macedonia.
Per Rahipa Muaremovová, madre di quattro figli, simili nobili parole non
significano niente. "Non so cosa significhi integrazione," dice. "Perché non mi
chiedi come vivo, o se sono in grado di mettere cibo sulla tavola ogni giorno?"
Di Fabrizio (del 26/11/2010 @ 09:30:47, in Europa, visitato 2189 volte)
Da
Roma_Francais (nb. i link sono in francese)
La-croix.com Una settimana ordinaria in un campo rom, par Paula BOYER
05/11/2010 18:28 - Tre mesi dopo l'inizio della polemica del luglio 2010
riguardo l'installazione dei Rom in Francia, l'inviata speciale di "La Croix",
Paula Boyer, ha passato cinque giorni in un campo a Ormoy (Essonne) che conta 47
roulotte. Un campo incastrato tra strada, ferrovia e fiume, dove, lontano dai
luoghi comuni, la vita è fatta soprattutto di espedienti, di miseria e
dell'angoscia delle espulsioni.
L'accampamento Rom di Moulin Galant si estende su tre comuni: Corbeil, Ormoy et
Villabé. La parte del campo che si trovava sul territorio del comune di Corbeil
è stata evacuata il 7 ottobre 2010 (photo : Alain Keler/M.Y.O.P)
LUNEDI'
I salici ed i pioppi che costeggiano l'Essone nascondono una sordida realtà.
Un campo s'è installato illegalmente nel 2008, ospitando circa 200 Rom, per la
maggior parte originari di Timisoara e dintorni (Romania), ma la maggior parte
presenti in Francia da tempo. Qui, niente elettricità, o acqua potabile, o
sanitari (la legna serve da WC). All'ingresso, mucchi di rottami. Dentro, un
insieme di mobili, panni stesi sulle corde, vecchi furgoni e una quarantina d
roulotte, della stessa età, formano una sorta di reticolo di stradine.
Sulla destra, una trincea - un buon metro di profondità - accompagnata da un
tumulo di terra: la città di Corbel ha realizzato questo lavoro per impedire ai
Rom di tornare
sul terreno da cui sono stati evacuati nel mese di ottobre 2010. Il campo è
a cavallo di due altri comuni, Ormoy et
Villabé, ed è stato sufficiente spingere le roulotte a 20 metri per sfuggire
provvisoriamente all'espulsione.
Questa mattina, il campo è quasi vuoto. Molti bambini sono a scuola. Qualche
uomo è partito a raccogliere ferraglia da rivendere o per lavorare in nero.
Altri, uomini e donne, sono andati con i bambini a mendicare, sino a Parigi,
prendendo la RER alla vicina stazione di Moulin-Galant.
Nel pomeriggio, il campo si risveglia. Le vetture si accostano alle roulotte.
Le donne, che hanno finito di raccogliere l'acqua (vanno ad un idrante di un
complesso residenziale lì vicino, con un bidone caricato su un carrello), lavano
e pelano le patate. Gli uomini parlano a voce alta. I bambini corrono
dappertutto. Le ragazze chiacchierano.
Pierre Germain e Yves Bouyer, due preti-operai in pensione, membri della Mission de France
e militanti dell'Associazione di Solidarietà di Essonne con le famiglie rumene e
rom, distribuiscono corrieri giuridici o amministrativi ricevuti dalle famiglie
domiciliati presso di loro. Spesso arriva anche Paul Israël, un altro militante.
Vicino alla carovana di Robert, il "capo" (impossibile, malgrado le domande,
sapere il perché di questo titolo), c'è festa. Dolci, frutta, soda e...
preghiere. Un anniversario? O, come sembra, una cerimonia di ringraziamento?
Improvvisamente, una vettura si ferma all'ingresso del campo. Un'infermiera
in pensione ne esce per distribuire vestiti. C'è la corsa, la ressa ed i pianti.
Quelli che, come Roxana, abitano nelle roulotte più lontane, sono arrivati
troppo tardi. Ne nasce una colluttazione, coltello alla mano. Poi la schermaglia
viene evitata per miracolo.
MARTEDI'
Oggi c'è sciopero.; niente trasporti per recarsi ai propri "affari" a Parigi
o altrove. Neanche la scuola. Il campo è animato. Gli uomini riparano le
vetture, altri dividono i rottami. In fondo al campo, Petre brucia l'immondizia
che s'è accumulata. La comunità urbana ha ritirato il cassonetto dopo che
Corbeil aveva fatto evacuare il suo terreno.
Anche dei ratti enormi strisciano a due passi dagli abitanti. Nella sua
minuscola roulotte, Roxana rumina ancora la sua collera: "Non ho avuto niente,
mi manca tutto!" Non ha notizie di suo marito, espulso giovedì scorso. Ha
ricevuto l'ordine di lasciare il territorio francese (in gergo amministrativo,
si parla di ODTF) dove ha vissuto per oltre tre mesi.
Privato del titolo di soggiorno, di domicilio fisso e di risorse,
rappresentava, secondo la prefettura, un "peso irragionevole per lo stato
francese". Cittadino rumeno - e dunque europeo - può, con la sua carta
d'identità, circolare liberamente nell'Unione (1). Quindi
tornare ad Ormoy, dove il viavai Francia-Romania, volontario o forzato, è
frequente.
Suo marito ha i 120 € necessari per l'autobus di ritorno? "No, ma loro te li
anticipano e tu hai due settimane per rimborsare... 150 €", racconta Roxana
senza voler dire chi sono "loro". "Mio marito ha cercato a lungo un vero lavoro,
invano."
"Ora, stava rifacendo una casa, ci permette di mangiare", spiega questa
giovane di 24 anni che ammette di aver mendicato e a volte rubato il mangiare
per le sue tre figlie. Fortunatamente, l'anno scorso, dopo la nascita
dell'ultima, ha potuto trascorrere alcuni mesi in un ostello per famiglie
monoparentali. Come molti Rom, non è sposata col padre dei suoi figli.
"Essere separati è stato terribile, ma i piccoli erano al caldo," insiste
Roxana sull'angoscia per il prossimo inverno. Perché restare in Francia se è
così dura? "E' meno peggio della Romania! Qui, abbiamo la roulotte, questa è la
differenza!"
Poco lontano Ionel, 37 anni, divide con la sua donna e quattro dei cinque
figli due vecchie roulotte. "Se si gonfiano un po' i pneumatici, vanno ancora,"
ride. Lui vende giornali nelle stazioni. Proprietario di un furgone -
"assicurato" insiste -, raccoglie anche oggetti ingombranti e ferraglia. Sua
figlia Carina, 9 anni, sogna di diventare avvocato. "Per proteggerci", dice. E
l'altro figlio? "Vive in Romania, sposato con una Rom che è ricca. La sua
famiglia ha una casa!"
MERCOLEDI'
Appena 4 °C. Questa mattina, c'è un via-vai di furgoni e vetture caricate di
ogni tipo di oggetti. "Qui, non siamo ladri," assicura con forza Robert,
"lavoriamo. Abbiamo imparato a cavarcela. Sicuro, come dappertutto, alcuni ce la
fanno meglio degli altri. La vita, è la seconda scuola."
Vende i rottami a 14 centesimi al Kg. E 2,40 € il rame. Un giorno sale,
l'altro scende... "Quando arrivo ad una tonnellata a settimana, non guadagno 100
€, pagato il diesel." Da Robert ci sono sei bocche da sfamare: la sua compagna
Eugenia e quattro figli.
Per fortuna, Eugenia ha una carta di soggiorno, quindi la CMU (copertura
malattia universale) e l'indennità familiare, contrariamente alle altre donne
furiose di essere "private della CAF, anche dopo dieci anni in Francia!"
Vicino alla sua roulotte, Maria è tutto un sorriso: suo marito, anche lui
espulso giovedì scorso, arriva stasera, ha telefonato! "Vieni a bere un caffè!"
Nella sua roulotte con le finestre rattoppate con lo scotch, l'acqua gocciola
dal soffitto. I quattro bambini giocano sull'unico letto dove la famiglia si
rannicchia la notte.
Maria prepara il caffè alla turca, in un pentolino. Dopo lascia il bruciatore
acceso come calorifero. "La bombola del gas dura appena tre giorni.
Fortunatamente, l'ho comprata da Carrefour a 20 €", sospira. Come molti altri,
Maria fuma e beve caffè su caffè. "Per calmare la fame," spiegherà più tardi
un'attivista delle associazioni.
Nel primo pomeriggio. quattro testimoni di Geova si avvicinano esprimendosi
in rumeno. Vengono qui regolarmente. Per "reclutare"? Esclamano: "Vogliamo
annunciare la buona novella e fare un po' di lavoro sociale."
Al calar della notte, Lazar ed un amico riescono a trasformare un barile in
una stufa a legna. Dai vicini, un'altra stufa raccolta per strada è installata
su un appoggio circolare per proteggere il fragile pavimento della roulotte. Una
piastra metallica buca il tetto per lasciare passare il condotto d'areazione.
Stasera, queste due famiglie avranno caldo. I loro vicini più "ricchi"
faranno funzionare una stufa a petrolio. La maggior parte si accontenterà, come
Maria o Roxana, di un bruciatore a gas, oltre a qualche centimetro di coperte.
Stasera ancora riunione, a Évry, dei militanti delle associazioni. Dopo gli
sgomberi di Fleury-Mérogis, Massy e Sainte-Geneviève-des-Bois, Ormoy è diventato
il più grande campo dell'Essonne. Anche questo sarà sgomberato. Secondo gli uni,
il tribunale si pronuncerà il 23 novembre. Gli altri credono che la procedura
verrà interrotta.
Molti evocano il campo di Athis-Mons, in preda ai traffici di alcool e
sigarette, l'affitto delle baracche gestito dal "capo" e forse prostituzione. "I
militanti sono stanchi", dice una giovane che ha visto partire per la Romania i
bambini che a fatica aveva iscritto a scuola. Segue allora un vivace dibattito e
qualche nome d'uccello viene scambiato sugli "atteggiamenti" dei Rom...
Altri si domandano che fare di fronte alle attività criminose. Goyďta Epaillard,
la presidente, conclude: "Che la polizia faccia il suo lavoro! Il nostro ruolo è
di proteggere i Rom contro le ingiustizie e la negazione dei diritti, non di
gestire la loro vita o quella dell'accampamento."
GIOVEDI'
Il termometro è sceso ancora. Vicino all'ingresso del campo stanno tre uomini
ben vestiti. "Sono i dipendenti della città di Corbeil che vengono ad
assicurarsi che non siamo tornati sul terreno evacuato," spiega Robert, berretto
di pelo canadese sulle orecchie. Stamattina si scaglia contro tutti, compresi "i
Rom che non puliscono" ed i militanti delle associazioni "troppo morbidi".
"Nell'Essonne, nessuno vuol fare qualcosa per noi. Sono dei razzisti. In
Francia, da ventun anni, non ho mai visto un dipartimento come questo," si
adira. Perché restare, allora? "E' il solo terreno che abbiamo trovato dopo
l'espulsione di Créteil (Val-de-Marne). Se Ormoy ci caccia, dovremo alla fine
partire." Dove? "Cercherò." La sua roulotte può muoversi? "Sono meccanico." Al
limite, ne troverà un'altra, tra i 200 e i 400 €.
Sulla provinciale davanti al campo, stamattina non è parcheggiata nessuna
macchina. Sembra che tutti siano in giro per i loro affari. In ogni caso, i
bambini sono a scuola, tranne quelli che non hanno il veicolo paterno ad
accompagnarli. Una frequenza costosa. "Sono 1 € al giorno o 3 litri di
carburante a settimana", sospira una mamma.
Nella sua roulotte, Roxana è felice. Christian è di ritorno e non finisce di
abbracciare le figlie. Cambia loro i pannolini, dona frutta sciroppata dalla
Romania, sorride alla sua donna. Questi cinque si amano, impossibile dubitarne.
Di primo pomeriggio, Caroline, Hélène e Borys, dell'associazione
Intermèdes
Robinson, carichi di giochi, libri, carte, matite, penne si sistemano su
pezzi di cartone e propongono attività curriculari a tutti i piccoli non
scolarizzati. "Fanno progressi, parlano meglio il francese," insiste Hélène. In
un anno una delle sue colleghe, Sophie, è riuscita a mandare a scuola 19 dei 50
bambini del campo.
Poco dopo la loro partenza, si presenta con grandi baffi neri e completo nero
impeccabile, Bibbia alla mano. E' un pastore protestante rumeno installato nella
regione parigina. Chiama cinque persone ad assisterlo nel culto dentro la
"chiesa", in effetti una roulotte per cui i Rom si sono autotassati. Tra i
partecipanti, Mariana, la donna di Lazar, una cattolica imparentata con P.
Germain e anche dei testimoni di Geova.
Sincretismo che non sorprende questa donna, costretta a letto la maggior
parte del tempo (attende una nuova operazione ginecologica): "Se c'è un Dio, ce
n'è uno solo, lo stesso per tutti!" E' più preoccupata per le bollette portate a
casa da scuola da sua figlia: 20 € per la mensa, 40 € per lo studio. "Non ho
soldi, cosa succederà?" s'interroga, ripetendo: "la vita è dura!"
All'ingresso del campo, Robert ha in mano un volantino di Jean-Pierre Bechter,
il sindaco UMP uscente di Corbeil. Attento alle proteste degli abitanti che si
lamentano dei furti in aumento, fa campagna (2) sul tema: "Ho
eliminato le baraccopoli create dai Rom sul nostro territorio."
VENERDI'
La trincea che separa il campo dal territorio di Corbeil s'è riempita
d'immondizia. Attorno, i ratti sono sempre più numerosi. Davanti alla sua
roulotte, Monica spazza le foglie. Sua madre vive in Romania grazie alla piccola
pensione di suo padre, custode statale ai tempi di Ceausescu. "Allora, là per
noi era meglio. Si guadagnava poco, ma tutti lavoravano ed i Rom erano meno
discriminati di oggi."
In Francia da quindici anni, Monica erra da un campo all'altro. "E' dura. Non
voglio più parlare, se no piango," dice. "Vorremmo un lavoro ed un alloggio
stabili," insiste suo marito. Stamattina, il prezzo del rottame è sceso a 9,5
centesimi al kg. Arriva un gruppo di giovani. La conversazione si anima attorno
ad un unico tema: "Anche Ormoy ci caccerà?"
(1) Il progetto di legge sull'immigrazione attualmente in
discussione al Parlamento prevede misure più restrittive.
(2) La giunta comunale è dimissionaria, a Corbeil-Essonne ci
saranno nuove elezioni il 5 e il 12 dicembre.
Di Fabrizio (del 17/11/2010 @ 09:23:11, in Europa, visitato 1745 volte)
Da
Hungarian_Roma
by Tom Mellen
09/11/2010 - Le autorità ungheresi hanno "mancato di registrare, indagare,
perseguire e punire tutti i reati razzialmente motivati contro i Rom," ha
dichiarato oggi Amnesty International.
Il gruppo per i diritti umani chiede all'amministrazione del Primo Ministro
ungherese Viktor Orban di indagare a fondo sui tutti i violenti attacchi a
sfondo razziale contro i Rom e fornire accesso alla giustizia alle vittime.
Uno studio di Amnesty sui violenti attacchi contro i Rom in Ungheria rivela
come le carenze del sistema giudiziario ungherese ostacolino la prevenzione e la
risposti a questi attacchi.
La legge ungherese sancisce l'incitamento all'odio ed ai crimini razziali.
Invece il numero di rinvii a giudizio e di condanne per attacchi a sfondi
razziali appare basso, rispetto al numero di segnalazioni di queste azioni
raccolte dalle OnG.
La polizia ungherese ha affermato che ci sono stati 12 attacchi a sfondo
razziale nel 2008 contro le comunità rom e sei nel 2009. L'OnG ha registrato 25
attacchi nel 2009 e 17 nel 2008.
Amnesty sottolinea il caso di Robert Cs, 27 anni, e suo figlio di quattro
anni, entrambe colpiti a morte mentre tentavano di scappare dalla loro casa che
era stata data alle fiamme da una molotov nel villaggio di Tatarszentgyorgy alle
prime ore del mattino del 23 febbraio 2009.
Anche se sono stati uditi i colpi, inizialmente la polizia aveva trattato il
caso come un incidente.
L'attivista senior Nicola Duckworth di Amnesty, ha dichiarato: "Le mancate
registrazioni, indagini, prosecuzioni e punizioni dei reati a sfondi razziali e
dei rimedi alle vittime, sta spingendo le comunità rom a lasciare l'Ungheria."
"Le autorità ungheresi hanno il dovere di prevenire la discriminazione ed
assicurare la giustizia alle vittime dei crimini d'odio. Ciò include l'obbligo
di indagare se l'odio o il pregiudizio razziali o etnci abbiano giocato un ruolo
in questo o altri attacchi simili."
Jobbik, il terzo partito nel parlamento ungherese, ha cercato di spostare la
rabbia diffusa per i tagli UE e FMI e per la disoccupazione, sui Rom.
La TV di stato ha mandato in onda uno spot di Jobbik che etichetta come
"parassiti" tanto i grandi banchieri che i "criminali zingari".
Tra gennaio 2008 e agosto 2009, i Rom in Ungheria sono stati oggetto di una
serie di attacchi molotov e sparatorie, col bilancio di sei morti e diversi
feriti gravi.
Tra le vittime una coppia sulla quarantina, un anziano, un padre con suo
figlio di 4 anni e una madre con la figlia di 13 anni.
foreigneditor@peoples-press.com
Di Fabrizio (del 15/11/2010 @ 09:15:12, in Europa, visitato 1701 volte)
Da
Bulgarian_Roma
Blog.soros.org 8 novembre 2010 | by Violeta Naydenova
Apparso originariamente in bulgaro su
Dneven
Trud e
24
Chasa.
Siamo contemporaneamente una "tribù nomade" o un "incubatore per generare
crimine". Questi commenti fatti dal primo ministro Boyko Borisov e dal vice
ministro e ministro degli interni Tsvetan Tsvetanov il mese scorso a Bruxelles
danno uno sguardo a come ci sente ad essere Rom nel mio paese. Nonostante
Tsvetanov si sia lamentato che i media abbiano travisato le sue parole, il danno
è fatto per me, per la mia famiglia e per gli 800.000 Rom che vivono in
Bulgaria.
La Commissione Europea ha giudicato il commento del ministro degli interni
"inaccettabile", ma mi chiedo se le sue osservazioni siano inaccettabili anche
per il Bulgaro medio. Ci si rende conto che il modo in cui i Rom sono trattati
nel nostro paese non è giusto? Perché siamo così svelti nel difenderci dagli
attacchi alla nostra identità nazionale e ancora silenti sul trattamento
alla più vasta minoranza etnica del paese? Invece di dibattere sulla validità di
queste dichiarazioni, potremmo semplicemente pensare a come trattiamo i nostri
connazionali Rom?
Nel 2009, gli eletti ed il pubblico di massa bulgari reagirono con
indignazione quando il paese venne ritratto come una "latrina" dall'artista
David Cerny. Ci si sentiva male a sedersi ed accettare un simile stereotipo.
Lo stesso vale per la nostra immagine in Italia. I Bulgari sono ritratti nei
media come criminali e la grande maggioranza delle notizie sui Bulgari si
focalizza sulla criminalità. Naturalmente, il Bulgaro medio mai accetterebbe
questa generalizzazione. Ma quando si tratta dei nostri stereotipi sui Rom, in
qualche modo dimentichiamo cosa vuol dire essere trattati in maniera
dispregiativa. E' facile per noi semplificare i nostri pensieri su di un certo
gruppo di persone quando leggiamo solo brutte notizie su di loro. Ma non è
corretto, semplicemente non è giusto.
Tsvetanov ha fatto le sue dichiarazioni senza pensare alle conseguenze delle
sue parole. In seguito ha anche affermato di essersi basato sui risultati
riguardo al numero dei crimini registrati nel paese. Bene, si potrebbe
facilmente chiedere a Tsvetanov se conosce o meno il numero reale dei Rom in
Bulgaria, così potrebbe fare una buona analisi comparativa sul numero di crimini
commessi da diversi gruppi etnici. Ma ignoriamo questo punto.
Perché quando un Rom commette un reato viene lui solo etichettato come tale,
ma quando vince un campionato europeo di boxe, come Boris Georgiev, viene
etichettato semplicemente come Bulgaro? La criminalità non ha etnia, e gli
stereotipi criminali negativi non servono a nessuno se non ai politici
populisti. Sì, abbiamo bisogno di aprire gli occhi e guardare in faccia i nostri
problemi, ma stigmatizzare i Rom e rimproverare i governi precedenti per aver
fallito nell'integrazione non è una via d'uscita.
Invece, dovremmo cercare soluzioni su come i Rom possano avere le stesse
opportunità, diritti e doveri del resto della società bulgara. I Rom non
dovrebbero vivere come emarginati nei ghetti e/o segregati in quartieri ai
margini delle nostre città. I Rom dovrebbero vivere con la maggioranza, e questo
succederà soltanto quando non sarà più accettabile che i nostri eletti possano
fare questa sorta di dichiarazioni.
Tsvetanov ha mai visto coi suoi occhi come vive una singola famiglia in un
quartiere rom? Ha mai chiesto loro dei loro problemi o sulle opportunità che
hanno avuto nella loro vita, prima di fare simili affermazioni? I Rom, come
molti altri Bulgari, lasciano il paese per ottenere una vita migliore. La
maggioranza delle persone in Bulgaria sono espulsi dal paese a causa della
povertà. Per i Rom la situazione è ancora peggiore dato che il tasso di
disoccupazione è il più alto in tutta la Bulgaria. I Rom lasciano la Bulgaria
perché si trovano di fronte alle discriminazioni e sono in cerca di una vita
migliore.
Dobbiamo svegliarci e guardarci attorno per vedere cosa sta succedendo.
Viviamo in un paese che dal 2007 è membro dell'Unione Europea. Il nostro governo
ha concordato di essere parte di un'Unione sulla base di valori come il rispetto
della dignità umana, libertà ed uguaglianza. Ognuno ha il diritto di vivere con
dignità in condizioni di vita normali e pari accesso ad un'istruzione di
qualità, assistenza sanitaria ed occupazione, ma la maggioranza dei Rom in
Bulgaria non usufruisce di questi diritti.
Insistiamo nello stereotipare i Rom perché sono visti come "stranieri" dalla
popolazione maggioritaria. Questi stessi stereotipi hanno portato i genitori
bulgari di Pazardjik a ritirare i loro figli dalle classi con studenti rom.
Questo non è come immagino la mia vita o quella dei miei figli. Non voglio
cercare opportunità in un altro paese. Voglio godermi i miei diritti e vivere in
dignità come Bulgara, Europea e Rom. Tsvetanov, dovremmo aprire un dialogo e
parlare ai Rom. Sia il governo che i Rom devono lavorare assieme per
un'integrazione di successo ed una strategia inclusiva dove i Rom diventino
cittadini a pieno diritto. Oggi, l'Unione Europea ci sta dando una mano. Tsvetanov,
lavoriamo assieme per costruire una società aperta e giusta, dove il nostro
governo sia responsabile per tutti i Bulgari - Rom e non-Rom.
Di Fabrizio (del 13/11/2010 @ 08:58:03, in Europa, visitato 1629 volte)
Presseurope Una settimana da rom
10 novembre 2010 ADEVĂRUL BUCAREST
Un giornalista si cala nei panni di uno zingaro per comprendere meglio il
"problema" che divide l'Europa. E scopre che il disprezzo per la diversità è
forte, ma la discriminazione è dovuta soprattutto alla povertà.
Cristian Delcea
Mai prima d'ora i rom erano stati tanto al centro del dibattito pubblico.
Quest'anno sono stati espulsi dalla Francia ottomila zingari romeni, anche se la
metà di loro vi ha già fatto ritorno. Quali speranze hanno di essere accolti in
Romania? Io ho cercato di scoprirlo indossando per una settimana i panni dello
zingaro-tipo: cappello, camicia variegata, giacca di pelle, pantaloni di
velluto. Mi sono lasciato crescere i baffi. La pelle scura l'avevo già,
grazie a dio.
Ho iniziato da Piazza dell'Università a Bucarest. C'erano alcuni studenti
ubriachi che si sono fatti beffe di me, gridandomi dietro quegli insulti
arci-noti nella lingua zigana: “mucles” (chiudi il becco!), “bahtalo” (buona
fortuna!), “sokeres” (come va?). Un tipo biondo grande e grosso mi ha scattato
qualche fotografia, poi ha fotografato le bottiglie allineate sul marciapiedi, i
cani, i mendicanti. Probabilmente, sul suo computer in Scandinavia la mia
fotografia sarà etichettata “spazzatura a Bucarest”.
Quella stessa sera, sul tardi, sono andato al Teatro Nazionale. La gente che mi
stava intorno non era in verità lieta della mia presenza, ma nessuno ha detto
nulla. Ho sentito le stesse risate di prima, provenienti da un gruppo di
giovani. Mi è sembrato che siano proprio loro i più cattivi verso gli zingari.
Ti ridacchiano sempre dietro le spalle. Può anche darsi che i loro sguardi
facciano più male ancora dell'occhiata crudele di Nicolas Sarkozy, il presidente
francese.
Vorremmo che gli zingari profumassero
Da noi ci sono campagne per l'integrazione e l'alfabetizzazione dei rom, ma non
ci sono campagne perché la gente eviti di ridere alle spalle di uno zigano per
strada. Ma questa non è discriminazione. Nessuno mi ha cacciato da un bar o da
un ristorante. Finché hanno incassato i miei soldi, mi hanno accolto a braccia
aperte. A esser vittima di discriminazione in Romania non sono gli zingari,
bensì i poveri.
Vorremmo che gli zingari profumassero e amassero l'arte, ma nessun datore di
lavoro vuole assumere uno zingaro. E senza soldi lo zingaro precipita nella
miseria, oppure cerca dei mezzi non convenzionali per procurarseli. Ho cercato
di ricorrere ai mezzi convenzionali, ho fatto tutto quanto era in mio potere per
farmi assumere. Ho consultato la pagina delle offerte di lavoro sui giornali per
operai non qualificati, lavamacchine, autodemolitori.
A telefono mi hanno detto che posti di lavoro ne avevano ancora, ma quando sono
arrivato alcuni mi hanno semplicemente detto “Vattene, zingaro!”, altri mi hanno
scacciato insultandomi e dicendo: “Non assumiamo più nessuno!” Perfino i
netturbini mi hanno respinto. La figlia del capo mi ha guardato dietro gli
occhiali e mi ha detto: "Non assumiamo. Non l'abbiamo mai fatto". Il che
significa, indubbiamente, che gli spazzini che si davano il cambio in cortile
devono essersi tramandati quel lavoro di padre in figlio.
Sulla strada
Pensavo, in ogni caso, che una certa solidarietà esistesse. Se non nella
popolazione, quanto meno tra automobilisti. Alla periferia di Bucarest ho forato
una gomma, più o meno di proposito. Ho trascorso più di tre ore sul ciglio della
strada, gesticolando, facendo segno agli altri automobilisti di passaggio di
aver bisogno di aiuto. Ho letto parolacce e ingiurie sulle labbra di alcuni.
Altri mi hanno suonato dietro il clacson ridendo. Uno ha perfino fatto finta di
venirmi addosso. Ero completamente solo. Centinaia di persone mi sono passate
accanto senza prestare soccorso. In quel preciso momento ho compreso perché gli
zingari si spostano in gruppo: se restassero soli morirebbero.
Alla fine si è fermata una vecchia Skoda Octavia. Ne è sceso un disgraziato
sulla cinquantina, che indossava una salopette sporca. Nei due minuti necessari
ad aiutarmi a sostituire la ruota, mi ha aperto il suo cuore: "Ti avevo visto,
due ore fa, quando mi avevi fatto segno di fermarmi. Ti ho guardato nello
specchietto retrovisore e mi sono pentito di non essermi fermato subito. Mi sono
ripromesso, se tu fossi stato ancora qui al mio ritorno, di fermarmi. Ecco:
credi che abbia fatto una buona azione?" A testa bassa gli ho risposto: "Sì,
signore".
Ripartendo per Bucarest mi sono fermato a fare benzina. Un impiegato della
stazione di servizio è uscito dal gabbiotto un po' impaurito e mi ha chiesto:
"Ti sei rifornito alla pompa 5?" No, alla pompa 4. Alla pompa 5 avevano fatto
benzina alcuni zingari a bordo di un'automobile dalle targhe gialle (quelle
temporanee delle automobili appena acquistate in Germania, difficili – per non
dire impossibili – da rintracciare). Avevano fatto il pieno e si erano
dimenticati di pagare. Mi sono voluto illudere che anche loro fossero
giornalisti alle prese con un esperimento giornalistico.
Questo articolo finisce dove è iniziato, in Piazza dell'Università. Credo di
aver concluso ben poco, di non aver trovato una soluzione al problema dei rom.
Come vuole la società che vada a finire per loro? Dopo essere stato trattato
come uno zingaro per sette giorni, oserei dire che la risposta l'ho trovata
sulla parete di una vecchia casa, dove qualcuno ha riportato un versetto del
vangelo (Giovanni 3,7): “Bisogna che voi siate generati di nuovo”. E in questo
caso non si tratta di una metafora. (traduzione di Anna Bissanti)
Di Fabrizio (del 09/11/2010 @ 09:59:16, in Europa, visitato 1613 volte)
Segnalazione di Sarci Lm
(clicca per vedere le foto)
Tra nostalgia e miseria, ostacolati da criminalità e discriminazione, i
gitani di Mosca faticano ad integrarsi nella società moderna. Russia Oggi è
andata a trovarli
Ve lo dico io: il problema degli zingari, è che non ce n'è uno che lavori".
Un giovane poliziotto russo sta visitando il villaggio rom di Possiolok
Gorodishy, a circa 150 km da Mosca. Uniforme con giacca di pelle, capelli corti
biondi e occhi chiari, assume un'aria sarcastica nel dire la sua a Georgij Šekin,
alias Yalush in lingua rom, che lavora per l'organizzazione interregionale russa
in difesa dei rom, e al vecchio Gendar, l'anziano del villaggio.
Gendar si difende fischiando tra i denti che gli mancano mentre il poliziotto se
ne sta andando: "I gitani non sono istruiti, ecco perché non trovano lavoro
nella società di oggi".
Gendar è il baro, ossia "l'anziano" del villaggio. In questo tabor (parola
antica per "accampamento") nella regione di Vladimir vivono gitani del gruppo
etnico dei Caldarari, uno di quelli che ha meglio conservato i propri usi e
costumi; erano tutti nomadi nel 1956, quando l'Unione Sovietica ha costretto gli
zingari a insediarsi in modo sedentario. I Caldarari, originari dell'Europa
orientale, erano per tradizione mercanti di cavalli o mastri ferrai. In seguito
all'avvento del comunismo alcuni di loro hanno convertito le loro attività in
aziende nel settore del riscaldamento. Ma qui, nel villaggio, nessuno ha avuto
successo. "Non facciamo niente tutto il giorno. Stiamo ad aspettare che il tempo
passi". Una dozzina di uomini vestiti di scuro con giacche di pelle sta in piedi
con le mani in tasca. Dietro di loro corre la ferrovia che costeggia il tabor,
fatto di case in legno allineate lungo la strada centrale, secondo la tradizione
russa. Continua Gendar : "I pochi che hanno la macchina lavorano occasionalmente
come fuochisti e riescono a sfamare la famiglia. Ma quelli che non hanno una
macchina? Beh, rubano. Č semplice, per i bambini".
Entriamo in casa di Gendar. "Tutto quello che c'è di bello qui dentro risale al
comunismo. In quel tempo non c'erano né poveri né ricchi", racconta con
rimpianto. "Quando non si aveva un lavoro si percepiva una disoccupazione". I
muri sono tappezzati con lo splendore dell'epoca sovietica esaltato da tendaggi
rosa e gialli, e i divani sono rivestiti con teli dai colori vivaci. Adagiata su
un divano la madre, in abito blu, fuma e mostra un sorriso sicuro. "Vuoi vedere
il filmato del matrimonio di mia nipote ?". Una bella ragazza di quindici anni
fa una ruota con la sua gonna arancio e fa tintinnare le medaglie di cuoio:
seguo la scena con la coda dell'occhio mentre la donna porta il tè, il burro e
dei funghi marinati. "Dimenticavo… vedi, non abbiamo più corrente".
Pur non rappresentando più, in Russia, una popolazione nomade, l'inoperosità dei
gitani è legata alla loro mancata integrazione nel sistema economico moderno,
urbano e concorrenziale. Sin dai tempi del comunismo alcuni gruppi rom, in
particolare i "Russka Roma", che sotto il regime zarista cantavano per i nobili
e che oggigiorno sono il gruppo più integrato, si erano specializzati nel
commercio di contrabbando, allora attività di nicchia. All'epoca le merci erano
ridotte. Si trattava di un'attività illegale ma non criminale. "Ma in seguito
alla Perestrojka in tutte le nazioni russe si è iniziato a commerciare e i
gitani, per lo più analfabeti, non sono stati al passo", questa la spiegazione
di Marianna Seslavinskaya, una dei dirigenti dell'unione interregionale russa in
difesa dei rom, Roma Union.
Marianna Sleslavinskaya e il marito, Georgij Tzvetkov, vedono nell'istruzione
dei gitani una priorità assoluta per l'integrazione della cultura rom. Entrambi
lavorano in un laboratorio di ricerca presso l'Istituto governativo di lingue di
Mosca, ma i mezzi a loro disposizione sono davvero scarsi: sono solo due per
tutto il territorio russo, su cui si stima la presenza di un numero di gitani
tra i 180.000 e i 400.000. "Non siamo circoscritti a una regione, come la
maggior parte delle minoranze in Russia e nessuno si occupa di finanziare la
trasmissione della nostra cultura. Ai bambini rom che vanno a scuola a sei anni
viene insegnato il russo come se fosse la loro lingua madre, mentre loro parlano
la lingua rom". Nel 1927 le autorità avevano avviato un programma di
insegnamento per i nomadi, ma Stalin l'ha revocato nel 1938 come preludio alla
sua campagna anti-cosmopolita.
Continua Marianna: "Č necessario un programma che insegni ai gitani inizialmente
la loro lingua e, in seguito, la cultura russa. Perché un gitano che perde la
sua cultura non può nemmeno diventare un vero russo. Si trasforma in un escluso.
Istruire i rom salvaguardando la loro identità è l'unica soluzione possibile per
far sì che si adattino alla società attuale. Così potranno trovare lavoro senza
essere ostacolati da problematiche identitarie né cadere nella povertà e nella
criminalità".
Di Fabrizio (del 08/11/2010 @ 09:59:03, in Europa, visitato 1726 volte)
Da
Czech_Roma
European City Ruolo della scena artistica ad Ostrava nel perpetuare gli
stereotipi "Rom", by Kathrin Buhl(1)
Premessa: Questo articolo riguarda la mutua relazione tra gli
stereotipi persistenti e l'esperienza vissuta dei Rom ad Ostrava. L'autrice
esamina aspetti della scena artistica alla ricerca di quale particolare
dimensione sociale contribuisca o si discosti dagli stereotipi, ed in che misura
i componenti delle comunità rom siano coinvolti nel processo della creazione
artistica. Un punto chiave è che quando la popolazione non-Rom presenta i Rom
nell'arte, il prodotto si afferma come arte. Ma quando i Rom, "l'oggetto"
dell'arte, sono attivamente coinvolti nel processo di creazione artistica,
appaiono maggiormente il rifiuto e la discriminazione. Questo paradosso
esistente rivela un meccanismo attraverso il quale vengono mantenuti nei
discorsi pubblici e nelle arti il razzismo e la discriminazione.
La storia dei membri delle comunità rom in Europa(2) è
stata caratterizzata per secoli da persecuzioni, discriminazioni ed esclusione
sociale. Vivendo ai margini della società, in molte nazioni il quadro "dei Rom"
incontra uno stereotipo comune che differisce solo leggermente da regione a
regione. Conosciuti come "Gypsy", "Zigeuner", "Gitans" o "Cíngaros", per molti
questi termini evocano quadri di persone scure in abiti colorati che
continuamente danzano e suonano di fronte alle loro carovane. Ma oltre a queste
spesso distorte immagini romantiche, gli "zingari" sembrano anche avere una
vasta gamma di esperienze sociali negative, come povertà, senza fissa dimora e
criminalità.
Ostrava, come pure un gran numero di altre città nella Repubblica Ceca, ha
una numerosa popolazione rom. Con quasi 320.000 abitanti, la città
post-industriale è la terza città della Repubblica Ceca, ed ha una popolazione
rom stimata tra i 20.000 e i 30.000 abitanti(3), pochi - anche
se il numero non è certo. Questo perché molti di origine rom che vivono ad
Ostrava non intendono identificarsi pubblicamente come tali, ma invece si
considerano e si dichiarano pubblicamente come Cechi. Questo fatto sfida i tempi
"moderni", un periodo apparentemente caratterizzato da democrazia, leggi
anti-discriminazione, la retorica dei diritti umani, ed il molto lodato
arricchimento della popolazione con "diversità" culturale ed un'aperta
conversazione con la storia, si senta ancora la necessità di nascondere le
proprie origini.
Una ragione per cui molti Rom non possono identificarsi come appartenenti
alle comunità rom è che spesso incontrano il rifiuto o la discriminazione nelle
società in cui vivono. Nel passato recente ci sono stati ripetuti esempi di
brutalità contro le famiglie rom, da parte di sconosciuti e talvolta (nei casi
diventati pubblici) da parte della polizia, in tutta Europa. Ma i membri della
comunità rom non sono esclusi dalla società maggioritaria tramite la sola
violenza, o l'aperta discriminazione e le offese. Ci sono anche ragioni più
profondamente radicate per cui i gruppi etnici continuano ad essere socialmente
esclusi(4).
In quanto tale, ritengo che nelle società sia nascosto un sofisticato sistema
di discriminazione che nasconda come lavori o avvenga su base giornaliera la
discriminazione dei componenti delle comunità rom. Tra l'altro, lo scopo di
questo articolo è dimostrare questa tesi. Ciò che farò sarà presentare alcuni
esempi che possano servire a sostanziare la mia affermazione. Questi esempi
offrono modi suggestivi di avvicinarsi alle più ampie - e più difficili da
risolvere - questioni sociali, quali il perché quel popolo con origini
differenti non sia in grado o sia incapace di diventare parte integrata della
società, nonostante le politiche sociali in atto. O, per dirla differentemente,
come le diverse dimensioni della società contribuiscano a perpetrare le
diseguaglianze esistenti tra i gruppi sociali.
Mi avvicino alle questioni con una ricerca nel settore artistico di Ostrava e
come si leghi alla comunità rom. Mi chiedo se ed in quale misura le arti, che
tradizionalmente hanno ricoperto il ruolo di rappresentare le rivendicazioni dei
popoli e dar loro una voce, accendano una luce sulla situazione dei Rom da
prospettive insolite o differenti. Per fare questo, ho tenuto la traccia di
mostre che hanno affrontato ad Ostrava varie questioni dall'anno 2002(5).
Ho trovato che rispetto alla relativamente ricca scena artistica e culturale
di Ostrava, l'arte connessa a "questioni rom" è sottorappresentata. Da un lato,
ciò si applica all'arte "su" o "circa" i componenti delle comunità rom, e
dall'altra all'arte nei cui processi creativi sono coinvolti gli stessi Rom in
quanti artisti, consulenti o registi. Dato che i Rom costituiscono quasi un
decimo della popolazione totale di Ostrava, diventa particolarmente urgente la
ragione di questa sottorappresentazione.
Mentre raccoglievo materiale da esaminare, ho parlato con persone collegate
in differenti contesti con membri delle comunità rom. Tra gli altri, inclusa la
preside di una scuola pubblica, dr. Soňa Tarhoviská, ed un'insegnante, Blanka
Kolářová, della stessa scuola "Církevní základní škola a mateřská škola Přemysla
Pittraand". Con 300 bambini iscritti, di cui solo due non sono rom, la scuola è
unica nel suo concetto artistico pedagogico. Dato che la scuola serve una
comunità che sotto molti aspetti è socialmente svantaggiata, la scuola, sin da
quando è stata fondata nel 1993, ha ospitato o partecipato a diversi progetti
artistici, che vanno dalla pittura alle produzioni teatrali, o spettacoli di
musica e danza.
Poiché il raggio d'influenza della scuola ed il gruppo coinvolto dall'arte
prodotta dai bambini non è il grande pubblico ma le famiglie degli alunni, non
fa parte dell'auto-concezione della scuola di contribuire a formare l'opinione
pubblica sui Rom. Secondo Blanka
Kolářová i progetti artistici, di cui una decina finanziati dalla città o
dall'Unione Europea, hanno più lo scopo di aiutare i bambini invece che dar loro
la possibilità di esprimersi. Un secondo e forse più importante obiettivo dei
progetti artistici è che i bambini, che nei progetti presentano le vite delle
loro famiglie, imparino di essere accettati come figli di famiglie rom. Secondo Blanka
Kolářová, la maggior parte dei bambini si vergogna di se stessi e di essere
parte di famiglie rom. I progetti artistici servono come approccio nel trattare
il concetto di identità e a sviluppare l'accettazione sino ad un certo grado di
autostima.
La scuola non solo si comprende come un contributo al lavoro esplicativo
rivolto ad una sfera di pubblico più vasta. Diventa invece evidente che il suo
approccio si basa sul livello base per un miglioramento dei bambini interessati
e delle loro reali situazioni familiari.
Poiché la scuola non raggiunge il pubblico, la risposta non è esattamente
valutabile. Però la preside stima che, se raggiungessero il pubblico coi loro
progetti, la risposta sarebbe positiva. Sono conclusioni tratte dalle reazioni
del pubblico alle esibizioni dei bambini nelle tradizionali danze e musiche rom
che hanno avuto luogo ad un festival annuale di Ostrava.
Ci fu una motivazione simile nell'aiutare le famiglie dei bambini a
sviluppare e rafforzare il senso di autostima e identità, secondo il direttore
del teatro "Divadlo Jiřího Myrona". Ha fatto recitare i figli delle delle
famiglie rom colpite dall'inondazione di Ostrava nel 1997 per l'esecuzione del
musical "AIDA". La risposta del pubblico fu, come riportata dai media,
abbastanza buona.
In passato, ci sono stati progetti artistici che in qualche modo hanno
coinvolto membri delle comunità rom, non solo come soggetti delle opere
artistiche, ma soprattutto come designer attivi delle mostre o degli spettacoli.
In questi progetti, la risposta del pubblico è stata differente da quella
dei progetti in cui i Rom (soprattutto bambini) hanno partecipato in quanto
persone socialmente svantaggiate o vittime.
Un esempio è un'esposizione che ha avuto luogo nel Museo di Belle Arti "Dům umění"
di Ostrava, nel 1999-2000. Un gruppo di studenti universitari ed una stazione
radio erano responsabili della mostra che presentava fumetti disegnati da
bambini rom. Originariamente era programmata alla Galleria Nazionale di Praga,
ma in seguito il direttore rifiutò di esporre "arte rom" nel suo museo. Soltanto
dopo il forte impegno di persone influenti, il progetto venne finalmente
finanziato ed esposto nel Museo di Belle Arti "Dům umění". Nonostante la
resistenza del direttore, il pubblico ha risposto positivamente alla mostra e le
persone coinvolte hanno detto di sentire un senso di rispetto da questa
esperienza.
L'idea dietro quel progetto era di aprire un sito importante di cultura
pubblica, come un museo, perché i Rom mostrassero i loro lavori come artisti e
come visitatori del museo interessati nel vedere l'arte dei Rom. Le difficoltà
di accesso che gli iniziatori hanno dovuto affrontare per entrare in un campo
come quello del Museo di Belle Arti, rappresenta solo un'idea dell'assenza di
qualsiasi accettazione del livello intellettuale per chi appartiene alla
comunità rom.
Se questi esempi possono essere considerati rappresentativi, confrontando i
differenti approcci all'arte rom ed ai differenti livelli in cui l'arte rom è
rappresentata, diventa ovvio quanto segue:
Quando il progetto artistico viene inquadrato sia per aiutare un
relativamente passivo protagonista (una vittima o un bambino) o inteso come un
progetto più o meno pedagogico, come parte di un festival che ha luogo soltanto
in un determinato periodo, la rappresentazione di una cultura (nel caso dei Rom,
danze e musiche) stereotipata (che arriva assieme agli aspetti "noti") volta
all'intrattenimento, sembra essere accettata. Ma appena il coinvolgimento dei
Rom è trasformato da oggetto di assistenza in soggetto attivo, o quando sono
percepiti come partecipanti alla creazione artistica in quanto artisti o come
parte della popolazione generale - come un potenziale visitatore - che era
antecedentemente riservato ai non rom, i Rom sembrano avere più difficoltà
nell'essere accettati o legittimati. Accettare persone in questa seconda
dimensione sociale, dove ci si incontra in posti come gallerie d'arte,
significherebbe accettarsi come uguali. Fintanto che la società interagisce con
"i Rom" soltanto nel perpetuare gli stereotipi, attraverso questi si mantiene il
controllo. Per esempio, possiamo parlare di loro, ma non con loro. Così, è
facile mantenere una certa immagine, uno stereotipo che ci permette di trattarli
in un certo modo. Fintanto che la società non permette ai Rom di parlare in
prima persona e quindi di poter generare un'(auto)concezione di se stessi, noi
non avremo da temere che possano variare la loro immagine, costruita e
manifestata attraverso discorsi che controllino e giustifichino il modo in cui
la società agisce con i Rom.
Lascerò alla discrezione del lettore considerare se il suggestivo argomento
fatto sull'arte recipiente nel museo, possa essere applicabile alle differenti
sfere della società, quali i luoghi di lavoro, il vicinato, o le istituzioni
educative. Inoltre, rimane la questione di come questa assegnazione di ruolo
manifestata da Rom e non Rom possa risolversi attraverso i discorsi pubblici e
le regole istituzionali.
1) Kathrin Buhl studia scienze culturali e scienze
politiche all'Università di Brema
2) Seguendo l'esempio di Rainer Mattern userò in tutto
questo articolo i termini "comunità rom" o "popolo rom" riguardo a Sinti e Rom,
Askali ed Egizi, citato in Mattern, R. (2009). Swiss-Aid-to-Refugees-Country
analysis, Kosovo: About the Repatriation of Roma. Bern,
Swiss-Aid-to-Refugees-Country Analysis.
3) Agarin, T., Brosig, M. (2009). "Minority integration
in Central Eastern Europe: between ethnic diversity and equality." Editions
Rodopi B.V. Last accessed October 4, 2010 at
http://books.google.de/books?id=182K1gZFAuoC&pg=PA307&dq=ostrava+population+statistics&ei=BuHmS_iUAoyqywSLhNDKCQ&cd=9#v=onepage&q=ostrava%20population%20statistics&f=false
4) Come esempio, è stato pubblicato un documento
sulla discriminazione dei Rom, sulla base di un lavoro sul campo nel 2008 in un
rapporto della Commissione Europea: Discriminazione nell'Unione Europea,
Percezioni, Esperienze ed Atteggiamenti.
5) Informazioni ricevute da Kumar Vishwanathan - Vivere Insieme, OnG di Ostrava sui diritti dei rom.
Di Fabrizio (del 04/11/2010 @ 09:19:49, in Europa, visitato 1712 volte)
Da
Roma_und_Sinti
Berlino, 02/11/2010 - Il premio Nobel per la letteratura Günter Grass,
martedì ha accusato la Germania di "spaventosa violazione dei diritti umani",
dicendo che i rimpatri di Rom kosovari era uno "scandalo" più grande della
deportazione francese degli zingari.
Lo scrittore ha fatto l'accusa in una lettera aperta al ministro degli
interni Thomas
de Maiziere.
La sua protesta riguarda la politica tedesca di rinviare 8.500 Rom in Kosovo,
da cui erano arrivati come rifugiati negli anni'90, ora che i loro permessi sono
scaduti.
Berlino ha negato di pianificare deportazioni di massa, ma dice che
continuerà, come in passato, a rimandarli gradualmente a casa.
Grass a sua volta accusa il governo di pianificare deportazioni che
metterebbero "in ombra" le espulsioni francesi dei Rom verso la Romania.
Scrive nella lettera: "Mentre tutta l'Europa guarda la Francia ed è furiosa
per i Rom ed i profughi espulsi verso la povertà della Romania, è in corso
un'operazione di deportazione su larga scala dalla Germania verso il Kosovo."
Grass, 83 anni, chiama i rimpatri "uno scandalo per la Germania ed una
macchia sulla pace Europea." Aggiunge che la Germania sta mandando in miseria
all'estero, bambini nati sul suo suolo che hanno vissuto nel paese per 15 anni.
"Niente alloggi, cibo, contatti sociali, niente scuole o lavoro: questa è la
realtà per la gente ricacciata in Kosovo," aggiunge.
"E' tempo ormai di agire. Questa ingiustizia cresce di giorno in giorno,"
dice. "Nel nome della fondazione, faccio appello alla Germania Federale ed ai
governi dei Länder perché modifichino questa decisione."
Grass e sua moglie Ute hanno contribuito alla nascita della Fondazione per il
Popolo Rom nel 1997. Grass, autore de Il Tamburo di Latta, ha vinto il Nobel per
la letteratura nel 1999.
Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha innescato una polemica politica a
settembre, quando ha giustificato i rastrellamenti negli accampamenti rom
dicendo che la Germania stava pianificando deportazioni simili. I Rom in
Germania generalmente vivono in appartamenti pubblici piuttosto che in
accampamenti abusivi.
© Deutsche Presse-Agentur
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