Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 06/08/2010 @ 09:44:19, in Regole, visitato 1882 volte)
Segnalazione di Elisabetta Vivaldi
"Per cittadini comunitari valgano le regole europee. Valutare caso per caso"
Roma – 2 agosto 2010 - I rom pericolosi o senza mezzi di sostentamento possono
essere rimandati da un Paese dell’Ue nel loro Paese d’origine, ma solo
valutandone la condizione caso per caso, senza espulsioni di massa.
Diversamente, si infrangerebbero le regole europee sulla libera circolazione dei
cittadini comunitari.
È la linea ricordata oggi dal portavoce della Commissione europea Michele
Cercone, a proposito del giro di vite contro i campi rom annunciato dal governo
francese.
"Tutti i cittadini europei sono liberi di circolare nell'Ue secondo quanto
stabilisce la direttiva sul libero movimento, che fissa però anche una serie di
condizioni in proposito, tra cui la capacità di provvedere a se stessi e il non
costituire una minaccia per la sicurezza del paese", ha detto Cercone.
"Le autorità nazionali responsabili in materia devono però seguire una procedura
di valutazione caso per caso", quindi "non esiste la possibilità di
un'espulsione di gruppo, ma questa e' personale e deve essere valutata
individualmente anche nei casi di situazioni simili", ha sottolineato il
portavoce. Il "semplice fatto di essere iscritti alle liste di disoccupazione,
per esempio, non è un motivo sufficiente" per essere allontanati da un paese
secondo quanto stabilisce la direttiva, ha aggiunto.
Allo stesso tempo, ha ricordato il portavoce, un cittadino Ue può fare appello
ai giudici del paese in questione contro la decisione di espulsione se la
ritiene immotivata, e i magistrati dovranno quindi valutare se l'espulsione
decisa dalle autorità "rispetta il principio di proporzionalità". "Tutti i
cittadini hanno le stesse libertà e gli stessi diritti" ha concluso Cercone.
Di Fabrizio (del 26/07/2010 @ 09:30:13, in Regole, visitato 2087 volte)
A nome della ragazza, autrice di questa protesta rivolta
alla Direzione CPT di Pisa. Ciao, Agostino Rota Martir
Sono una ragazza Rom del campo nomadi di Coltano, sono nata in Italia e vivo
da molti anni con la mia famiglia a Coltano, di origine Bosniaca. Da quando ho
raggiunto la maturità sto facendo di tutto per ottenere la cittadinanza
italiana, benché i miei genitori siano Bosniaci io mi sento Italiana in tutto,
non solo perché questo è il paese in cui sono nata, ma mi sento parte di esso,
penso di rispettare le sue Leggi (mai alcun precedente in fatto di
giustizia), perché sono anche le mie, ma soprattutto perché sento di appartenere
anche alla gente italiana, anche come Rom.
Scrivo per raccontare quello che mi è successo due giorni fà a Pisa all’interno
di un autobus del CPT, un fatto che decido di raccontare, perché non è l’unico
che mi è successo ultimamente e credo sia importante farlo conoscere, perché
ferisce non solo il mio animo, ma anche quello del popolo italiano al quale
sento di appartenere, anche se ancora non ufficialmente.
Ebbene mi è successo questo: l’altro giorno (21 Luglio) sono salita sull’autobus
delle ore 16.40 diretto all’ospedale di Santa Chiara per visitare la mia zia
ricoverata, ero munita di regolare biglietto che ho timbrato nella apposita
macchinetta. Il controllore ad un certo punto si è rivolto a noi, ero in
compagnia di una mia cugina, con un atteggiamento di accusatore, dicendoci:
“ragazze, comportatevi a modo” ad alta voce, davanti a tutta la gente, prima da
lontano, poi anche vicino a noi. Ovviamente per me questo atteggiamento
prevenuto verso di noi era offensivo: primo, perché lui non poteva permettersi
di giudicarci senza conoscerci. Io allora, gli ho fatto presente che avevo il
biglietto timbrato e che suo compito era di verificare se il biglietto fosse in
regola, prima di accusarci di qualcosa.
Lui mi ha risposto, senza nemmeno guardare il biglietto, dicendomi sempre
davanti la gente presente in autobus, che senz’altro era già stato utilizzato
due o tre volte. Io gli ho mostrato il biglietto, che lui non si è degnato di
verificare ma ha continuato a sottintendere che noi stavamo facendo delle
“scenate per niente”.
A noi, ha anche detto che lui neanche voleva vedere il biglietto, ma allora mi
chiedo quale è il suo compito? Quello di giudicare le persone che non conosce?
Mi piacerebbe sapere sulla base di che cosa? Io gli ho risposto che lui non
poteva permettersi di giudicare le persone in quel modo, offensivo e maleducato,
semplicemente per le nostre sembianze e per la nostra apparenza Rom.
Io lo so che diverse persone, (Rom , ma anche Italiani e immigrati) utilizzano
l’autobus per scopi non sempre chiari, esempio per furti e borseggi, ma il
controllore non può fare di ogni erba un fascio, sentendosi autorizzato ad
offendermi davanti a tutti e pretendere che io mi comporti a modo, dopo averci
fatte passare per ladre davanti a tutti.
Con questa lettera voglio augurarmi e sperare che l’atteggiamento dei
controllori del CPT nei confronti delle ragazze e donne Rom, non sia dettato da
pregiudizi o da ignoranza, semplicemente chiedo che sia uguale a tutti gli
altri, e di smetterla di giudicarci a priori, perché questo offende non
solamente noi ma colpisce anche la cittadinanza di Pisa. Lo stesso vale anche
per quegli autisti, che quando vedono dei Rom in attesa alla fermata, decidono
di passare oltre senza fermarsi, non vorrei che diventasse una abitudine
consolidata, sia per gli autobus cittadini e sia quelli extra-urbani.
Se sbagliamo è giusto che i controllori ci riprendano e procedano nel darci ciò
che meritiamo (multa, richiamo, allontanamento dal mezzo, o denuncia), è il loro
compito, ma se il nostro comportamento è corretto e civile esigiamo altrettanto
dai controllori e dagli autisti dei mezzi del CPT di Pisa verso noi Rom, come
verso qualsiasi cittadino italiano o immigrato che sia.
Grazie dell’attenzione e spero che tutto questo non si ripeta mai più.
Una ragazza Rom del campo nomadi di Coltano. 23 Luglio 2010
Di Fabrizio (del 25/07/2010 @ 09:20:01, in Regole, visitato 1851 volte)
|
Neri, extracomunitari, zingari, albanesi, in Toscana sono persone. In Italia
no.
Lo ribadisce la Corte Costituzionale che boccia il ricorso del governo contro la
legge regionale in materia di accoglienza e integrazione degli stranieri che
prevede, tra l’altro, l’erogazione dei servizi socio sanitari anche per gli
immigrati non regolari.
Volevate il federalismo?
Bene, noi vi diciamo che in Toscana siamo tutti uguali.
La legge toscana è stata approvata dal Consiglio regionale il 9 giugno 2009, con
una forte opposizione del Pdl. Dopo poche settimane dell’approvazione il Governo
aveva impugnato la legge regionale per la presunta illegittimità costituzionale
di alcuni articoli. Perchè è chiaro, il governo DEVE distinguere tra italiani e
negri, froci, zingari e quant’altro.
"La Corte costituzionale ha affermato che "la norma regionale in esame non
determina alcuna lesione delle competenze legislative statali e che lo straniero
è titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce
spettanti alla persona"." (da Reuters)
La legge Toscana del 2009, che trovate per intero
qui è quasi grottesca perché,
come lei stessa dice, non fa altro che esprimere ciò che già è insito nella
costituzione. Non per nulla "La nota aggiunge che la Costituzione protegge il
diritto alla salute come "ambito inviolabile della dignità umana": il diritto
alla salute "deve perciò essere riconosciuto anche agli stranieri, qualunque sia
la loro posizione rispetto alle norme che regolano l’ingresso ed il soggiorno
nello Stato"." (da Reuters).
E visto che la matematica non è una opinione, se un clandestino dovesse avere
bisogno di cure ospedaliere, e abitasse in Lombardia, potrebbe morire a causa
dell’applicazione della legge statale. Lo stesso clandestino, abitante in
Toscana, sarebbe salvato, senza mettere in mezzo problemi.
In Lombardia la vita umana cambia a seconda del colore, della provenienza, della
lingua. In Toscana no. Con tanti saluti
alla Lega.
Per cui o le altre regioni cominciano a seguire la Toscana, o faccio la tessera
del movimento per la restaurazione del granducato. Questa è la mia magica
Toscana, e non la Sua Magica Italia.
Di Fabrizio (del 12/07/2010 @ 09:32:22, in Regole, visitato 1845 volte)
Segnalazione di Pierluigi Umbriano
La Corte europea dei diritti umani (CEDU) ha accertato, nel caso Udorovic c.
Italia, la violazione dell'art. 6, par. 1, della Convenzione che garantisce
l'equità della procedura, in relazione ad una domanda giudiziaria di un
cittadino italiano di etnia sinta avverso lo sgombero di un campo nomadi.
Con sentenza del 18 maggio 2010, la Corte europea dei diritti umani (CEDU) ha
accertato, nel caso Udorovic c. Italia, la violazione dell'art. 6, par. 1, della
Convenzione che garantisce l'equità della procedura, in relazione ad una
domanda giudiziaria di un cittadino italiano sinto avverso lo sgombero di un
campo nomadi.
La vicenda riguarda nello specifico un cittadino italiano, appartenente alla
comunità dei Sinti, abitante in un campo nomadi di Roma. Sebbene il campo fosse
stato autorizzato al comune in un primo momento, successivamente ne era stato
ordinato lo sgombero, in quanto il campo non era fornito di acqua potabile e non
era dotato di fognature.
Contro i provvedimenti del Comune, il ricorrente aveva quindi promosso un
ricorso davanti all'autorità giudiziaria amministrativa, per l'annullamento,
previa sospensiva, del provvedimento impugnato, ed altra azione davanti
all'autorità giudiziaria ordinaria, ai sensi degli artt. 43 e 44, D.Lgs. n. 286
del 1998, lamentando il carattere discriminatorio dell'azione amministrativa.
Il giudizio amministrativo si era concluso con la sospensiva del provvedimento
impugnato, confermata dal Consiglio di Stato; il giudizio innanzi al giudice
ordinario aveva invece visto soccombere l'attore, in quanto il tribunale, con
ordinanza del 12 marzo 2001, aveva ritenuto che i provvedimenti impugnati non
erano discriminatori, avendo essi lo scopo di garantire la salute pubblica dei
cittadini residenti vicino al campo nonché quella degli occupanti dello campo
stesso (ed il giudizio dinanzi alla Corte d'Appello di Roma aveva quindi
confermato la decisione di prime cure).
Il ricorrente era però ricorso alla Corte europea dei diritti umani, lamentando
la discriminatorietà del provvedimento, e deducendo l'iniquità della procedura
svoltasi davanti all'autorità giudiziaria ordinaria dato che il processo si era
svolto in camera di consiglio e che la corte non si era pronunciata sul
provvedimento amministrativo del sindaco di Roma, di alcuni anni precedente allo
sgombero, che precisava le regole dei campi nomadi in città (e, in particolare,
prevedeva, per le famiglie di Rom e Sinti, che coloro che avevano figli in età
scolare e frequentanti corsi di istruzione obbligatori avevano il diritto di
risiedere nei campi nomadi collegati alla città).
La Corte europea dei diritti umani (CEDU) ha quindi accertato, con la decisione
in epigrafe, la violazione dell'art. 6, par. 1 della Convenzione, ed il diritto
ad un equo processo, perché la Corte d'Appello non aveva statuito sulla parte
della domanda proposta dal ricorrente riguardante proprio la decisione sindacale
precedente, inerente la regolamentazione dei campi nomadi in città.
Di: Giulia Malinconico
Di Fabrizio (del 25/06/2010 @ 09:42:48, in Regole, visitato 1926 volte)
Da questo articolo di Federico Casabella su
il Giornale, sembra che qualcuno non l'abbia presa bene
Il contributo per il «trasloco» forzato, frutto dei lavori per la Gronda di
ponente toccherà anche ai nomadi più immobili del mondo. Infatti i 108 sinti
residenti nel campo di Bolzaneto (circa 40 famiglie), essendo cittadini italiani
residenti a Genova, otterranno l’indennizzo da 40mila euro che spetta a
tutti gli abitanti delle aree che saranno interessate dai cantieri del futuro
passo autostradale. Fondi che verranno messi a disposizione direttamente dalla
società Autostrade come prevede la legge: conseguenza del fatto che i cantieri
interesseranno anche la zona del campo nato alla fine del 1987 sulla sponda del
Polcevera e sul quale, da qualche (...)
Di Fabrizio (del 12/06/2010 @ 09:21:29, in Regole, visitato 1543 volte)
Da
Roma_Francais (ed una
notizia gemellata)
Mendicare con un bambino: è autorizzato
La mendicità con un bambino, può essere scioccante o commovente. Eppure,
secondo la corte d'appello di Bruxelles, questa pratica non è illegale. La legge
autorizza i mendicanti a prendersi cura dei loro piccoli. E' lo sfruttamento dei
bambini ad essere illegale.
Tendere la mano per chiedere una moneta è autorizzato dalla legge.
L'accattonaggio per strada e negli spazi pubblici quindi non è illegale. E
mendicare con un bambino? Anche se questa pratica può scioccare o commuovere, è
lo stesso autorizzata. Secondo una decisione della corte d'appello di Bruxelles,
in effetti è permesso mendicare con dei bambini, sopratutto con i propri.
Secondo il giornale Le Soir, questo dovrebbe costituire un precedente
giudiziario.
Verbalizzata un giovane rumena
Il caso riguardava una giovane rumena di 20 anni, che chiedeva l'elemosina a
Bruxelles accompagnata dai suoi figli di 3 anni e 7 mesi. Loredana non
beneficiava di alcun reddito fisso e le era stato rifiutato l'aiuto del CPAS.
Come spiegato dai suoi avvocati al giornale "Le madri rom non possono
concepire di separarsi dai loro figli prima che siano scolarizzati". E'
stata sanzionata dalla polizia in varie riprese tra il gennaio 2007 e marzo
2008. Se il delitto di mendicità è stato abrogato nel 1993, nel 2005 è stata
votata una nuova legge per rafforzare la lotta contro la tratta ed il traffico
di esseri umani.
Condannata in prima istanza, assolta in appello
Nella prima istanza, il tribunale l'aveva condannata a 18 mesi di prigione ed
una multa di € 4.125. Giudizio ribaltato in appello. "E' una comprovata
nullatenente che mendicava con uno dei suoi bambini nelle Stazioni du Nord e du
Midi, l'accusata non ha 'assunto', 'esercitato', 'deviato' o 'scelto' nessuno
per 'consegnarlo alla mendicità' o 'incitarlo a mendicare'," indica la
sentenza.
"La circostanza che una giovane mendicante avesse dei bambini di età molto
giovane a cui accudire, ancorché sollecitare la generosità dei passanti, ed
approfittare dei benefici della loro presenza per suscitare pietà, di certo non
è una scusante, ma non costituisce infrazione penale", ha aggiunto la camera
costituzionale, che ha assolto la giovane donna.
Di Fabrizio (del 01/06/2010 @ 09:51:48, in Regole, visitato 2024 volte)
Segnalazione di Dhyan Gandha Emanuela Risari
Le carte false comunali sui Rom di Fossarmato di Giovanni Giovannetti
- da
ilprimoamore.com
«Bluffano sui dati, raccontano balle...» Ricordate? Cominciava così un mio
articolo del dicembre scorso, poco dopo lo sgombero "politico" del Centro
comunale di prima accoglienza a Fossarmato, «uno sporco gioco sulla pelle di
uomini donne e bambini rumeni» cacciati in mezzo a una strada. Quello sgombero
fu un atto di puro arbitrio, senza il supporto di un'ordinanza del sindaco
(obbligatoria in questi casi) preceduta dalla divulgazione di falsi dossier e da
un'infamante campagna di criminalizzazione orchestrata dal sindaco Cattaneo e
dall'assessore Assanelli, due che si dicono cristiani.
I falsi dossier erano opera di Carla Galessi, la superpagata dirigente dei
Servizi sociali (96 mila euro annuali in pubblico denaro), superpagata per
raccontare balle galessiche ai cittadini pavesi e al Prefetto che, fidandosi, ha
poi firmato sette decreti di allontanamento a carico di persone appartenenti a
cinque famiglie (di famiglie il Comune ne ha infine cacciate dieci).
In solitudine, dalle colonne di questo blog, avevo denunciato l'incredibile
misto di razzismo e menzogne; sei mesi dopo, la conferma arriva da una sentenza
del Tribunale di Pavia, a cui Radu Romeo – assistito dalla Cgil e dagli avvocati
Francesca Segagni e Sara Brusoni – unico tra loro, si era fiduciosamente
rivolto: accolto il ricorso, annullato il provvedimento.
La sentenza commenta anche le false carte comunali: in una nota del 7 settembre
2009 la dirigente dei Servizi sociali ha sostenuto che Radu «non è immune da
precedenti penali e di polizia, conduce un tenore di vita non idoneo alla sua
situazione, ha rifiutato una borsa lavoro […] non è integrato nella società
italiana». Dunque «si sospetta che il suddetto possa trarre il proprio
sostentamento da attività illecite». In uno Stato di diritto si sarebbe sentito
il dovere di esibire prove, documentare fatti, invece in Comune «si sospetta...»
e in prefettura nemmeno si sospetta che si tratti di una sòla costruita ad arte,
così come è stato infine accertato: né sugli aggiornatissimi certificati dei
"carichi pendenti" né sul "casellario giudiziale" figurano procedimenti penali a
suo nome, così come non risultano i millantati precedenti penali.
La banda Galessi-Cattaneo-Assanelli infierisce anche sui tre figli di Romeo: «I
maggiorenni non risultano inseriti nel tessuto nazionale. Il Comune di Pavia
ravvisa, per loro, gli estremi di una situazione di "drop-out"» ovvero «il
rifiuto dei predetti di seguire un percorso di integrazione, probabilmente
dettato dall'esempio del padre». Insomma, per i contaballe comunali Romeo è un
mostro. Allora forse stupiranno nell'apprendere che il Tribunale pavese ha
accertato che è vero esattamente il contrario; e bene hanno fatto e fanno i
figli di Romeo a seguire l'esempio del padre: il maggiore frequenta assiduamente
e con profitto un istituto professionale; i voti – recita la sentenza – sono
«spesso al di sopra della sufficienza», dimostrando un costante «impegno,
volontà di apprendere, buona conoscenza della lingua italiana e perfetta
integrazione nel tessuto scolastico e sociale». La secondogenita, pur avendo
perso l'anno «ha in programma di iscriversi a giugno ad un corso serale». Quanto
al più piccolo, la certificazione rilasciata al giudice Confalonieri dal
dirigente scolastico sottolinea «l'ottimo rendimento in tutte le materie» e una
più che «buona disponibilità a relazionarsi con gli altri nel rispetto delle
regole di convivenza». Su rispetto delle regole e della civile convivenza è
dunque il caso che Cattaneo, Assanelli e Galessi prendessero lezioni da questi
piccoli Rom e dai loro genitori: come si legge nella sentenza, «il loro
comportamento dimostra quanto la famiglia li stia educando in maniera corretta,
insegnando loro l'importanza dello studio e il rispetto delle regole di buona
convivenza».
Non è finita: nella sentenza leggiamo che Radu Romeo è un «lavoratore autonomo
integrato nel tessuto socio economico del Paese, dispone per se stesso e per i
propri famigliari di risorse economiche sufficienti per la conduzione di
un'esistenza dignitosa, non è un onere a carico dell'assistenza sociale […] e
non rappresenta un pericolo per la società»: sono motivi sufficienti per
annullare il provvedimento prefettizio, emesso il 12 novembre 2009, dodici
giorni prima che Radu venisse cacciato dal centro di Fossarmato insieme a moglie
e figli.
La prefettura ha perso, Romeo ha "vinto", in forza di una sentenza che
restituisce dignità a lui e credibilità allo Stato di diritto.
Ma quale dignità potrà fingere di avere ora la bugiardissima Carla Galessi? Come
dimenticare quell'altro falso dossier infamante su presunti episodi di
prostituzione minorile tra i Rom ospitati nel Centro di San Carlo? Che dire poi
dell'altrettanto bugiardo sindaco Cattaneo, secondo cui quelli come Romeo «non
si vogliono integrare? E l'assessore Assanelli? Aveva ritagliato su di loro la
menzogna degli «uomini difficilmente difendibili». E ora?
- Parte lesa è la Prefettura, che ha creduto ai falsi dossier di sindaco
e assessorato, esponendosi così a una sonante figuraccia.
- Parte lesa sono i cittadini, di fronte alla sistematica irrisione delle
norme da parte di chi invece ne dovrebbe garantire il rispetto.
- Parte lesa sono le dieci famiglie rumene illecitamente sgomberate da
Fossarmato e da San Carlo, le stesse che, coltivando non infondati pregiudizi
verso istituzioni così profondamente illiberali e antidemocratiche, sfiduciate,
hanno subito la violenza comunale, senza nemmeno provare a far valere i loro
diritti di esseri umani prima che di cittadini.
- Parte lesa sono le istituzioni, quelle rese astratte da chi erige muri
– a Fossarmato come in Borgoticino – di fronte a ogni realtà dinamica e fuori da
coro.
- Parte lesa è la ragione, sistematicamente irrisa da chi coltiva la
cultura dell'odio, chi promuove Pavia come terra di frontiera senza più spazi
sociali né sensibilità umana. E lo fa solo per nascondere l'incapacità di
interazione tra la politica accattona e le esigenze del territorio, oltre che
con la vita delle persone.
Pubblicato da il 27-05-10
Comunque la pensiate serena notte a TUTT* e miglior risveglio
Di Fabrizio (del 25/05/2010 @ 09:55:35, in Regole, visitato 1824 volte)
I testi dei cartelli posti fuori dalle baracche
e delle tende in via Rubattino. Tommaso Vitale
QUESTA TENDA È LA CASA
DELLA FAMIGLIA CHE LA ABITA
ED È UN DONO DELLE FAMIGLIE
DELLE SCUOLE DI LAMBRATE
CHIEDIAMO ALLE FORZE DELL'ORDINE, GARANTI DELLA LEGALITÀ, DI RISPETTARE QUESTA
TENDA E I BENI DELLE PERSONE CHE VI ABITANO, OSSERVANDO COSÌ LA LORO
DIGNITA’ E IL LORO DIRITTO FONDAMENTALE AL DOMICILIO E ALLA VITA FAMILIARE,
PROTETTI DAGLI ARTT. 14 E 29 DELLA COSTITUZIONE, DAGLI ARTT. 7 E 33 DELLA CARTA
DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA, DALL’ART. 8 DELLA CONVENZIONE
EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI E
DALLE PRESCRIZIONI DELLE NAZIONI UNITE IN MATERIA DI SGOMBERI FORZATI.
IN CASO DI SGOMBERO CHIEDIAMO DI CONTATTARE I NUMERI: [numero oscurato] OPPURE
[numero oscurato]
QUESTA TENDA È LA CASA
DELLA FAMIGLIA CHE LA ABITA
ED È UN DONO DEI VOLONTARI
DI RUBATTINO – LAMBRATE
CHIEDIAMO ALLE FORZE DELL'ORDINE, GARANTI DELLA LEGALITÀ, DI RISPETTARE QUESTA
TENDA E I BENI DELLE PERSONE CHE VI ABITANO, OSSERVANDO COSÌ LA LORO DIGNITA’ E
IL LORO DIRITTO FONDAMENTALE AL DOMICILIO E ALLA VITA FAMILIARE, PROTETTI DAGLI
ARTT. 14 E 29 DELLA COSTITUZIONE, DAGLI ARTT. 7 E 33 DELLA CARTA DEI DIRITTI
FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA, DALL’ART. 8 DELLA CONVENZIONE EUROPEA PER LA
SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI E DALLE
PRESCRIZIONI DELLE NAZIONI UNITE IN MATERIA DI SGOMBERI FORZATI.
IN CASO DI SGOMBERO CHIEDIAMO DI CONTATTARE I NUMERI: [numero oscurato] OPPURE
[numero oscurato]
QUESTA TENDA È LA CASA
DELLA FAMIGLIA CHE LA ABITA
CHIEDIAMO ALLE FORZE DELL'ORDINE, GARANTI DELLA LEGALITÀ, DI RISPETTARE QUESTA
TENDA E I BENI DELLE PERSONE CHE VI ABITANO, OSSERVANDO COSÌ LA LORO DIGNITA’ E
IL LORO DIRITTO FONDAMENTALE AL DOMICILIO E ALLA VITA FAMILIARE, PROTETTI DAGLI
ARTT. 14 E 29 DELLA COSTITUZIONE, DAGLI ARTT. 7 E 33 DELLA CARTA DEI DIRITTI
FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA, DALL’ART. 8 DELLA CONVENZIONE EUROPEA PER LA
SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI E DALLE
PRESCRIZIONI DELLE NAZIONI UNITE IN MATERIA DI SGOMBERI FORZATI.
IN CASO DI SGOMBERO CHIEDIAMO DI CONTATTARE I NUMERI: [numero oscurato] OPPURE
[numero oscurato]
Di Fabrizio (del 22/05/2010 @ 09:11:07, in Regole, visitato 1601 volte)
In seguito ad alcuni commenti di amici su Facebook, e a questo articolo del Corriere, volevo fare alcune considerazioni a mente fredda sui fatti del Triboniano di due giorni fa:
La storia di Triboniano, come polveriera sempre pronta ed esplodere, risale indietro negli anni. Non può essere liquidata da un articolo di giornale.
I Rom PROTESTANO, occorre ricordarlo, perché da un anno quegli stessi giornali riportano notizie sul fatto che devono andarsene, ma ancora nessuno ha scritto quando, come e dove. Alcuni di loro sono a Milano da 10/15 anni, abbastanza da NON ACCETTARE di essere trattati come pacchi postali. Magari possono essere stati strumentalizzati, ma che scelta avevano? Interpretando le cronache odierne: ALCUNI COMPONENTI dei centri sociali (metterli tutti nello stesso calderone aumenta la confusione) hanno un rapporto decennale col Triboniano, quasi dello stesso periodo la presenza di Casa della Carità, prima su base volontaria e poi istituzionale. Se Casa della Carità ha da sempre perseguito il rapporto col comune, individuandolo come un interlocutore NECESSARIO per affrontare i problemi, "i centri sociali" individuano nei Rom i soggetti da sempre vittime della VIOLENZA delle istituzione. Quindi, due posizioni tra loro inconciliabili. I Rom di Triboniano vivono queste due spinte opposte in maniera ambivalente, rivolgendosi da sempre ora a questo ora a quello, col rischio perenne di finire come CARNE DA CANNONE dei diversi equilibrismi politici. Nel merito: la proposta che loro hanno fatto al Comune (di cui non trovo traccia nelle recenti cronache), e che era alla base del presidio di ieri, era: "Tramite i fondi europei stanziati per le comunità rom e gestiti dal Comune la concessione di aree abbandonate dentro il territorio del comune di Milano, autorecuperabili a costo zero, e garantendo la continuità scolastica ai bambini." Una proposta che se il Comune volesse mantenere le proposte di chiudere i campi per integrare gli occupanti, POTREBBE TRANQUILLAMENTE DISCUTERE (non ho scritto "accettare", ma "discutere"), e che mi ricordo era già stata avanzata più di 10 anni fa da Carlo Cuomo. Ma evidentemente è più facile sgomberare i campi e caricare gli occupanti se questi protestano. Certo, non si può più pretendere che la cosa passi sotto silenzio, ma bisogna allora fare in modo che gli aggrediti passino per aggressori.
Riguardo alla questione se il presidio avesse o no un'autorizzazione: Secondo me: in seguito a regolare richiesta, è stato fatto intendere (ma non in maniera chiara), che il presidio fosse autorizzato. Visto la risposta di massa, la polizia si è mostrata pronta a caricare (evidentemente allertata) per due ragioni: 1) Un presidio di 4 gatti poteva essere tollerato ed ignorato, non altrettanto centinaia di persone (Rom e gagé uniti) in piazza Scala. Troppe, per la pace sociale che deve regnare su Milano. 2) In questa maniera, non solo ai Rom veniva fatto capire che a loro era vietato manifestare, ma anche che i destinatari delle manganellate erano proprio loro, e non i loro amici gagé dei centri sociali. Insomma, un modo pratico per dividerli.
Cosa può succedere adesso: temo che il comune cercherà un'altra prova di forza (per sgomberare PARZIALMENTE il campo) ad agosto, quando i vari paladini sono al mare. Casa della Carità, nonostante le minacce di ritirarsi dalla gestione del campo, non lo farà e cercherà di alzare il prezzo della propria collaborazione. I "centri sociali" cercheranno nuovi momenti di contrapposizione, ma bisognerà vedere se i Rom li seguiranno ancora: dipende se il comune riuscirà ad uscire dalle parole d'ordine di repressione e sicurezza, per proporre soluzioni magari impopolari ma realistiche.
Rimane il fatto che per tutti il tempo stringe (a giugno potrebbero iniziare i primi trasferimenti) e con un'amministrazione cieca e sorda la soluzione non può risiedere nell'ennesimo convegno.
Di Fabrizio (del 20/05/2010 @ 20:04:48, in Regole, visitato 2193 volte)
Un lungo comunicato (che riporto qua sotto) mi informava che stasera alle
18.00 in piazza Scala c'era un presidio dei Rom. Ero lì per intervistare
qualcuno di loro, ed avere qualche parere dai diretti interessati.
Non ho potuto farlo: in piazza c'erano solo
Ventila (vecchia conoscenza dei
lettori), che in effetti abita nel campo di Triboniano, qualcuno del comitato
antirazzista, una delegazione del comitato di Rubattino e Roberto Malini
del gruppo EveryOne.
Era successo che ai Rom è stato IMPEDITO CON LA FORZA di manifestare,
perché un cordone di polizia ha impedito loro di uscire dal campo di Triboniano,
effettuando una carica che si è conclusa con alcuni Rom contusi.
Una delegazione ha tentato di farsi ricevere in Comune per chiedere la
rimozione del blocco di polizia, ma non è stata neanche fatta entrare nel
palazzo.
A questo punto da piazza Scala si sono spostati verso il campo di Triboniano,
per capire quale fosse la situazione. Io son tornato a casa per darvi almeno
queste scarne notizie, che lascio a voi giudicare. Vi farò sapere appena
possibile se ci son aggiornamenti.
COMUNICATO STAMPATriboniano, i Rom, le Ong e gli operatori umanitari in presidio davanti a
Palazzo Marino Milano, 19 maggio 2010. Domani, giovedì 20 maggio, a partire dalle 18 si
terrà un presidio pacifico davanti a Palazzo Marino, in piazza della Scala.
La manifestazione è stata promossa dalla comunità Rom di via Triboniano, per
protestare contro i continui sfratti che mettono sulla strada famiglie
indigenti e contro il progetto dello smantellamento del campo, programmato a
partire dal 30 giugno, senza alternative abitative e inclusive sufficienti
all'emergenza umanitaria. Organizzazioni per i Diritti Umani e centri
antirazzisti sosterranno il presidio. "E' il primo passo per la difesa del
nostro diritto all'esistenza e alla dignità," affermano senza esitazioni i
rappresentanti delle comunità Rom riunitesi in assemblea domenica scorsa. Il
Gruppo EveryOne, che ha scritto una lettera al vicesindaco e alla Casa della
Carità, chiedendo l'interruzione degli sfratti e l'avvio di politiche in
linea con la Carta dei diritti fondamentali della persona nell'Ue, sarà
presente al presidio. "Negli ultimi anni il Comune di Milano ha perso una
grande opportunità civile," spiegano i leader dell'organizzazione Roberto
Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, "perché ha avuto a disposizione
tanti milioni di euro, ma ha investito tutto quel denaro in una forsennata
caccia all'uomo, attuando sgomberi irresponsabili in estate e in inverno,
mettendo sulla strada bambini, donne e malati. Ha murato case abbandonate,
acquistato centinaia di telecamere di sorveglianza, distolto la polizia
municipale dai suoi compiti utili alla collettività per trasformarla in una
milizia etnica. La Commissione europea e l'Alto Commissario Onu per i
Diritti Umani hanno condannato tali procedure, contro cui sono state aperte
procedure di infrazione. Ora tocca al Triboniano, un campo che sta per
essere sacrificato alla realtà dell'Expo, attorno a cui gravita ogni genere
di malapolitica e malaffare". Vi è una certa preoccupazione, da parte delle
istituzioni locali, dopo i moti di protesta verificatisi al Triboniano
giovedì 13, quando alcuni rappresentanti della comunità di via Triboniano
hanno eretto barricate, dato fuoco a copertoni e a un'auto, messo alcune
bombole in mezzo alla strada. L'Assemblea di via Triboniano e gli
Antirazzisti Milanesi assicurano che il presidio si svolgerà in modo
pacifico: "La manifestazione si prefigge esclusivamente lo scopo di
consegnare e rendere pubblica alla una proposta di soluzione della vicenda
che rappresenta la volontà di tutti gli abitanti del campo. Le famiglie si
rendono infatti disponibili a lasciare l'insediamento purché vengano
salvaguardati i loro diritti fondamentali: un’abitazione degna e sostenibile
per i 100 nuclei familiari; la garanzia di continuità scolastica per tutti i
bambini; la fine di ogni gestione esterna degli interessi e dei diritti
della comunità". La Croce Rossa Italiana e la Croce Rossa Romena visiteranno
il campo nei prossimi giorni con una delegazione, per verificare le
condizioni di salute degli insediati, per accertare che le famiglie verranno
risistemate in alloggi adeguati e che siano previsti dopo il trasferimento
programmi di inclusione, come prevedono gli accordi internazionali. "Al
Triboniano rischia di verificarsi una spaventosa tragedia umanitaria,"
comunica l'ufficio stampa della sezione Diritti Umani del Circolo
"Generazione Italia" di Milano, "ed è importate evitarla. Dopo le proteste
di giovedì, si è parlato dei Rom come di facinorosi e violenti. Chi conosce
la situazione del campo, però, si rende conto che per i 700 esseri umani lì
residenti non esistono più diritti né opportunità di vita. Quando un gruppo
sociale viene perseguitato, è sancito il suo diritto alla ribellione: lo
afferma la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Domani, però, la
protesta si svolgerà in modo tranquillo, anche perché è auspicabile da parte
delle autorità cittadine iniziare finalmente ad ascoltare i Rom del
Triboniano, evitando di delegare le loro scelte e il loro destino ad
associazioni che non hanno motivo di rappresentarli".
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
+39 393 4010237 :: 39 331 3585406
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