Di Sucar Drom (del 13/09/2011 @ 09:12:59, in casa, visitato 1807 volte)
Da due newsletter di Articolo 3:
A Torrazza Coste (Pavia) in pochi accettano che una famiglia rom possa
legittimamente comprare un terreno e stabilirvisi. Le continue lagnanze
dell'opinione pubblica hanno spinto il sindaco a sbilanciarsi: "Stiamo valutando
se ci sono gli estremi per un provvedimento di allontanamento legati a
ragioni di sanità pubblica". Nomadi, domani una decisione. Il sindaco:
"Pressioni per un'ordinanza di allontanamento" (Provincia pavese,
28/8). L'allontanamento della famiglia rom rappresenterebbe una gravissima
discriminazione e creerebbe un precedente pericoloso, incrinando oltretutto la
certezza del diritto. Inoltre, sono le istituzioni che dovrebbero governare i
timori della collettività o i timori della collettività che dovrebbero governare
le istituzioni?
Dopo aver evidentemente scartato la possibilità di allontanare la famiglia rom
attraverso "un provvedimento di allontanamento per ragioni di sanità pubblica",
l'amministrazione comunale di Torrazza Coste, "si sta muovendo con discrezione
per arrivare ad una soluzione pacifica che soddisfi i residenti": Firme
contro l'area nomadi. Residenti in via Moro in rivolta (Provincia pavese,
1/9). La "soluzione pacifica" consisterebbe nel tentativo dell'amministrazione
di convincere i proprietari del terreno a trovare nuovi acquirenti.
Si tratterebbe, se così fosse, di razzismo istituzionale ancora più
pericoloso, perché subdolo, mascherato dietro alle buone intenzioni di 'far
contenti i residenti'. Un tale comportamento da parte di un'istituzione
rappresenterebbe una forma di discriminazione relativamente nuova, e molto
pericolosa. Articolo 3 si impegnerà nelle prossime settimane ad approfondire la
vicenda, cercando di verificarne le dinamiche.
Chiediamo ad amici ed amiche rom un contatto con le famiglie rom bosniache
che hanno acquistato un terreno edificabile a TORRAZZA DI COSTE. Stiamo
valutando la possibilità di intervenire direttamente. QUESTA la nostra mail
Di Fabrizio (del 01/09/2011 @ 09:26:33, in casa, visitato 1558 volte)
Semplice notizia di cronaca. Ho messo in corsivo il secondo
e il terzo paragrafo, che descrivono l'assurdità della situazione che si sta
creando
Lamezia Terme - Tutto legittimo. L'assegnazione delle case popolari ai rom
sfollati da Scordovillo non fa una grinza per il Tribunale amministrativo
regionale di Catanzaro. A cui si sono rivolti dieci residenti di San Pietro
Lametino per arginare la calata degli zingari nel loro quartiere.
Era il 10 maggio scorso quando i residenti di San Pietro Lametino, la
frazione più a Sud della città, hanno protestato davanti ai cancelli delle case
popolari dove stavano per arrivare due famiglie rom, sei persone in tutto,
bambini inclusi. Erano gli assegnatari degli alloggi popolari colpiti dalla
sindrome "nimby": mandateli dove volete, ma non vicino casa nostra.
A mandarli era stato il Comune con decreti ad hoc firmati dalla dirigente
del settore politiche sociali Teresa Bambara. «Se li porti vicino casa sua la
dirigente», dicevano molte delle persone che hanno messo in scena un sit-in
durato qualche ora. Quando già i furgoni degli zingari, pochi mobili poveri
ammassati l'uno sull'altro, erano arrivati davanti al cancello trovandolo
chiuso. Anzi occupato dagli abitanti del posto.
L'iniziativa municipale è stata forzata. C'è un decreto di sgombero di
Scordovillo firmato dal procuratore della Repubblica Salvatore Vitello e dal
sostituto Domenico Galletta. Per i magistrati il campo rom è malsano, inquinato,
e ad alta densità criminale. Si trova nel cuore della città ed è una bomba
sociale innescata quotidianamente. Una situazione che conosce bene ogni
lametino, ma sulla quale finora era stato fatto ben poco. Tanto che da
quarant'anni Scordovillo è lì e cresce a dismisura. Fino a diventare una "città
proibita" di oltre 500 abitanti, tutti cittadini lametini registrati
all'anagrafe. Che votano.
Il Tar presieduto da Giuseppe Romeo, con relatore Daniele Burzichelli, è
stato chiarissimo. «I provvedimenti impugnati, a differenza di quanto sembra
riteere il ricorrente, non dispongono l'approvazione di un progetto per
villaggio nomadi, ma semplicemente l'assegnazione di quattro alloggi Aterp a
distinti nuclei familiari». Solo due di questi sono stati trasferiti. Sempre il
giudice amministrativo sottolinea che gli immobili sono stati resi abitabili dai
lavori eseguiti dall'Aterp. Da qui il rigetto del ricorso presentato da dieci
cittadini patrocinati dagli avvocati Bernardo e Lelio Marasco. A rappresentare
il Comune è stato l'avvocato Alessandra Belvedere, capo dell'ufficio legale
municipale.
Le prime notizie da Dale Farm, le tradussi dall'inglese in italiano circa 10
anni fa. La storia di questa lunga vertenza l'ho già indicata
altre volte, oppure le trovate sul
blog di Dale Farm in inglese.
Dopo tanto tempo di conoscenza solo virtuale era ora di conoscersi
personalmente, ed il
Big Weekend è stata l'occasione.
Ma, come mi sono poi reso conto quando ho cominciato a respirarne l'atmosfera,
la solidarietà è una comunicazione a due vie: la situazione per i Rom e i Sinti
in Italia è altrettanto difficile di quella dei fratelli Travellers in Gran
Bretagna, ed allora, quale posto migliore per imparare qualcosa, se non dove
resistono da 10 anni ai tentativi di sgombero?
Qualche particolare utile: la lunga lotta dei Travellers nella difesa dei loro
terreni sta vivendo una nuova fase. Circola voce (ma manca qualsiasi
comunicazione scritta) che venerdì 2 settembre
verranno chiuse le strade circostanti e che si taglieranno i rifornimenti di
acqua e di elettricità, mentre lo sgombero vero e proprio di 400 persone su
1.000 abitanti potrebbe avvenire attorno a metà settembre, con l'impiego della
compagnia privata
Constant & co.
che già in passato è stata messa sotto accusa per i metodi inumani impiegati.
Nel fine settimana ci sono stati incontri, aperti anche alla cittadinanza, in
cui sono state presentate la storia e la lunga lotta per i diritti dei
Travellers. Poi si sono susseguite innumerevoli riunioni e laboratori, che hanno
visto la partecipazione di molti dei residenti di Dale Farm, volte ad
organizzare la resistenza nella prossime settimane. I punti principali sono
stati le varie tecniche di resistenza non-violenta, la ricerca di posti
alternativi dove si riverseranno gli sfrattati, i vari aspetti legali e
giuridici della vicenda.
Molto interessanti, per chi segue vicende simili in Italia, i seminari legati
alla figura dell'Osservatore Legale. Su
Ldmg.org.uk potete trovare
informazioni in inglese, altrimenti ho intenzione di tradurre appena possibile
alcuni loro documenti in italiano.
Più complicata la questione, anche questa dibattuta a lungo, del rapporto coi
media (locali e nazionali) e i social network. Da una parte emerge la necessità
di aprirsi all'esterno, dall'altra nei fatti prevale la paura per quanto
potrebbe succedere, sia agli abitanti che ai sostenitori, per cui tutte le
comunicazioni verso l'esterno vengono molto accentrate. A tal proposito ho ripreso pochissime persone, proprio per proteggerne la sicurezza,
chiedendo loro permesso prima di scattare ogni foto. Ciononostante i giornali
locali hanno riempito le loro pagine di immagini riprese senza alcuna
autorizzazione.
Ulteriori notizie in questo
.pdf
Di Fabrizio (del 19/08/2011 @ 09:47:36, in casa, visitato 2503 volte)
Da
British_Roma un suggerimento per una vacanza fuori dai soliti canoni.
Ulteriori informazioni su una lunghissima vertenza. Se qualcuno avesse la
pallida idea di andarci,
me lo faccia
sapere al più presto, che anch'io sto facendoci un pensierino...
SOLIDARIETA' A DALE FARM - PREPARAZIONI PER IL "GRANDE FINE SETTIMANA"
[prego far circolare ampliamente]
1. Camp Constant: un raduno di massa di sostenitori nazionali ed
internazionali della comunità di Dale Farm, per un "Grande fine settimana",
da sabato 27 a lunedì 29 agosto, che sarà il weekend finale prima della
scadenza in cui i Viaggianti dovrebbero abbandonare le loro case ed affrontare
le ruspe. I residenti di Dale Farm hanno invitato i sostenitori ad un weekend
lungo di condivisione di festa e cultura. Unisciti a noi per:
Formazione degli osservatori legali e dei diritti umani
Laboratorio pratico di simulazione sgombero
Sabato notte: musica acustica
Formazione per i media
Storia e celebrazione dei Viaggianti
Disponibili posti letto in roulotte o bungalow, o meglio se portate una
tenda, sarete i benvenuti già dalla notte di venerdì 26 agosto. Ulteriori
informazioni su
http://dalefarm.wordpress.com/activity. Cerchiamo chi possa darci una mano,
in particolare:
Laboratori: stiamo pianificando un ricco programma di laboratori per
il fine settimana. Abbiamo spazio per laboratori aggiuntivi se avete idee
ispiratrici/costruttive, importanti per la resistenza e la testimonianza dei
Viaggianti. Cerchiamo anche persone con buone idee/energie/capacità per
laboratori per giovani e bambini. Ci sono oltre 100 bambini che affronteranno lo
sgombero a Dale Farm ed i residenti hanno chiesto laboratori per giovani, che
possano usufruirne. Se potete essere d'aiuto:
savedalefarm@gmail.com
Musica: i residenti sono pronti per la musica acustica al sabato sera,
per allietare tutti noi, senza che si disturbino anziani e malati. Ci saranno
probabilmente diversi piccole tende musicali il sabato sera ed alcuni spazi
all'aperto. Estremamente gradita la musica tradizionale irlandese, ma se avete
una band che può suonare degnamente in acustico, vi terremo uno spazio
riservato, fatevi vivi: savedalefarm@gmail.com
2. Non siete ancora stati a Dale Farm? Bene, basta attendere il
"Grande fine settimana" dal 27 al 29 agosto o dare un occhio al posto già questo
fine settimana. C'è molto da fare, quindi veniteci a trovare dalle 11.00 per una
riunione mattutina e date un occhio a
http://dalefarm.wordpress.com/activity/
4. Invitate i vostri amici al
gruppo Facebook per passare una notte a Dale Farm e per il grande fine
settimana. O se volete distribuire i nostri volantini, chiedeteli a
savedalefarm@gmail.com
5. Amnesty International ha inviato un
appello
a tutte le sue migliaia di sostenitori, condannando uno sgombero forzato che
lascerebbe le famiglie senza una dimora, se non fosse reso disponibile un sito
culturalmente alternativo. Questo segue la lettera di settimana scorsa del
relatore speciale dell'ONU al governo del regno Unito, in cui si si
esprimeva preoccupazione che il progettato sgombero forzato potesse essere una
chiara violazione della legislazione sui diritti umani, quando alle famiglie non
fosse offerto un sito alternativo prima che avvenisse lo sgombero. Vedere
Essex University Human Rights Clinic
per ulteriori informazioni.
6. Aggiornamento: cercando una soluzione pacifica, vedi
RomaBuzzMonitor.
7. Memo per la Demo: sabato 10 settembre, h. 13.00. Per ulteriori
informazioni ed aggiungersi alla mailing list del gruppo di supporto:
savedalefarm@gmail.com
8. Info per la notte a Cambridge: lunedì 22 agosto, h. 19.30, retro di St Barnabas
church, Mill Road, per ulteriori informazioni, qui (pdf),
qui (odt)
o qui
(word doc).
Di Fabrizio (del 11/08/2011 @ 09:32:17, in casa, visitato 1883 volte)
Morale da
Libero: (se non ho capito male) le famiglie rom non hanno difficoltà.
Cito sempre dall'articolo:
Secondo Boni, "le stesse cascine, che sono patrimonio della nostra
cultura e della nostra identita', non possono diventare il rifugio di
disperati, ma vanno recuperate e fatte rivivere in maniera dignitosa.
L'unica soluzione ragionevole e' quella che vede i nomadi compiere un
percorso di integrazione serio, senza godere di corsie preferenziali. Chi
vuole restare sul nostro territorio deve trovare un lavoro e una casa,
compiendo gli stessi sacrifici che in tutti questi anni hanno accomunato
migliaia di famiglie milanesi e lombarde''.
Quindi, sempre se non ho capito male, per integrarsi devono fare un
percorso di integrazione, trovarsi un lavoro e una casa, che tanto NOI
gli risponderemo picche.
"[...] Sono così maledettamente fuori luogo, in questo mondo. Scandalosi.
"Sai cosa vorrei io come casa?" mi chiede, all'improvviso. "Sai queste
cascine abbandonate che mettono all'asta? Va bene i campi rom, va bene i
villaggi, ma questa non è vita. I nostri bambini sono abituati a stare
all'aria aperta, una bella cascina, con gli animali... i bambini italiani
nelle case sono carcerati, io li vedo quando vado a scuola, mi fanno pena."
Mi indica Laura: "Se la lasci qui vedi come cambia, prende colore... è come
avere una villa, ma non per essere ricchi, ma per stare fuori, all'aria".
Questo è quello che vuole Franca. Il suo sogno irrealizzabile. Un sogno
così passatista, così fuori tempo massimo. Cambia all'improvviso argomento:
"I miei sono di Foggia" mi dice. "I meridionali sono come gli zingari. Ce lo
siamo dimenticati ma quando sono venuti i qui venivano trattati come gli
zingari." Lei non dimentica. Io neppure.
Forse neanche Biondillo sa com'è continuata la storia: Franca lavora, suo marito pure, e così anche altri parenti. Allora due anni fa
aprirono un mutuo per acquistare una cascina nel pavese. Si cominciava a
parlare del "Piano Maroni", che stanziava allora circa 13 milioni di euro per le
"soluzioni di uscita dai campi". Franca ed i suoi chiesero una parte di quei
soldi perché, prima di andare ad abitarci, dovevano ristrutturare la cascina
(precisazione: i contributi non erano a fondo perso, andavano restituiti col
tempo). I soldi vennero concessi, ma ancora nessuno li ha visti. Franca abita
ancora al campo, ora c'è anche il mutuo da rimborsare.
Di Fabrizio (del 08/08/2011 @ 09:36:10, in casa, visitato 1840 volte)
Italia: ennesimo corto circuito informativo. Per
qualche strano caso (no, vabbè, non è così strano a pensarci bene ) ne
sappiamo di più su un muro che si vuole costruire in Romania nella città di Baia Mare per dividere Rom da
gagé (circa
101.000 risultati su Google), rispetto ad un identico progetto in Campania
(circa
37.100 risultati, sempre Google). Visto che in passato
se n'è già scritto, torniamo sull'argomento con uno degli ultimi articoli
usciti su internet, che riporto senza ulteriori commenti.
Il LevanteGIOVEDÌ 04 AGOSTO 2011 14:39 DI LILIA LOMBARDO
L'idea è quella di dividere e proteggere la zona industriale Asi di Giugliano
dai campi rom confinanti: è per questo che gli industriali hanno progettato un
muro alto 3 metri e lungo 450, inaugurato ieri presso la sede del Cig
(consorzio che raggruppa gli imprenditori di Giugliano), che comprende in tutto
45 aziende dei settori elettronica, farmaceutica ed abbigliamento. Alla
cerimonia di presentazione erano presenti rappresentanti delle istituzioni e il
presidente degli imprenditori giuglianesi, Dott. Angelo Punzi.
Gli stessi industriali tengono a precisare che non si tratta di una forma di
razzismo, ma rappresenta una sorta di protezione dai furti di acqua, cavi della
rete elettrica, la manomissione delle cabine elettriche e la distruzione delle
varie linee telefoniche per rubare il rame, che per anni si sono verificati
senza che nessuno se ne preoccupasse o prendesse provvedimenti.
Lo stesso Punzi ha tra l'altro precisato che con questa creazione non si auspica
la completa risoluzione dei problemi derivanti da una convivenza obbligata, né
si vuole far credere che tutti gli atti di vandalismo siano attribuibili ai soli
rom (perchè ci sarà certamente chi si fa scudo con questo alibi), ma che tale
iniziativa serve principalmente a rilanciare un'area industriale degradata.
<>, ha affermato il
presidente.
Da anni ormai la situazione era questa: industria da una parte, rifiuti di ogni
tipo dall'altra, ed in mezzo decine e decine di rom accampati. Dopo
l'abbattimento della baraccopoli di Giugliano alcuni gruppi ( si parla di 120
persone su 600), sono stati trasferiti per iniziativa del Comune in alloggi
vicini alla suddetta area ed infatti da quel momento si sono ridotti, insieme ai
rom, anche gli spiacevoli episodi, che non sono tuttavia spariti del tutto.
Ad essere invece sempre presente è l'immondizia e gli sversamenti di rifiuti che
la creazione del muro di propone di fronteggiare.
Non sono certo mancate le polemiche intorno a questa decisione: l'associazione
"Opera Nomadi" ha infatti affermato: << Li segregano per stare tranquilli, è
una cosa vergognosa>>, e non è la sola a dirsi indignata; anche altre
associazioni di Giugliano non hanno visto di buon occhio questo progetto
ritenendolo <>.
Di Fabrizio (del 07/08/2011 @ 09:06:34, in casa, visitato 1668 volte)
Facendo ogni sorta di scongiuri, leggevo qualche giorno fa questa notizia su
Repubblica.
Riflettevo sulla sottile differenza che passa tra un campo "tollerato" come
quello e i campi cosiddetti "regolari".
Succede al campo "regolare" di via Idro a Milano, che
vigili e polizia si presentino in forze e "...una ruspa ha demolito
la cabina elettrica che serviva tutto il campo, a causa di alcuni allacciamenti
non regolari; col risultato che ora tutto il campo è senza elettricità (anche
chi aveva un regolare contatore)" così "Ora tutte le famiglie hanno
allacci elettrici volanti, e naturalmente abusivi."
(leggi QUI, ndr).
Non si tratta di un caso isolato. Per il momento è estate, ma con l'arrivo della
brutta stagione la situazione potrebbe diventare davvero pericolosa. Inutilmente
i Rom che vi abitano (e sanno cosa significhi abitare in un campo), stanno
tentando di far capire che tra tutti gli interventi che si vorrebbero fare,
quello sarebbe il più urgente.
Nel contempo, quando il Comune attrezzò il campo, decise di installare per
ogni piazzola sulla medesima colonnina tanto l'allaccio dell'acqua che l'attacco
della corrente elettrica. Per qualche miracolo, ancora nessuno è rimasto
folgorato. Nel frattempo i più prudenti, sempre in maniera abusiva per la legge,
hanno provveduto a farsi allacci propri. Una delegazione di Amnesty
International in visita in via Idro, ci raccontava che in alcuni campi a Roma
aveva visto la stessa situazione.
Forse sarebbe il caso che i vari gestori, associazioni dal grande cuore,
tavoli e consulte rom, oltre a discutere dei massimi sistemi, prevedessero che
chi abiti in un campo venga consultato anche nella fase di progettazione. Lo
dico senza alcuna malizia verso questo o quello. La democrazia si costruisce
soprattutto sulle piccole cose, "al limite" si sarà evitata un'altra piccola stupida morte.
Di Fabrizio (del 06/08/2011 @ 09:54:55, in casa, visitato 1405 volte)
Storia estiva di una periferia senza buoni ed eroi
Al confine dell'area che dovrebbe attrarre milioni di visitatori c'è l'Ecoltecnica,
uno dei più grandi impianti di smaltimento del Nord Italia, che tratta
"materiale pericoloso, contaminante, esplosivo". Di fronte, un insediamento di
nomadi impregnato di veleni. Ma il Comune di Milano forse ha usato vecchie mappe
catastali e non se n'è accorto. Intanto spunta Bonifichexpo, un gruppo di
aziende del settore che ha fiutato l'affare.
Sono pronti a incatenarsi alle
rispettive proprietà. Imprenditore e nomadi, tutti allertati per impedire alle
ruspe di cancellare ogni cosa in nome dell'Expo. Per una volta sullo stesso
piano, il titolare di una grande azienda che smaltisce rifiuti tossici e i rom
che vivono d'espedienti su terreni ancor più inquinati. A rovinare questa
originale fusione d'interessi per "contaminazione chimica" ci si mettono i
signori delle bonifiche, pronti a fare lobby e a entrare in azione al primo
segno di cedimento. Sono già qui, alle porte dell'area che nel 2015 ospiterà
milioni di visitatori da tutto il mondo. Sulla carta si presentano con il volto
benevolo di un'associazione "senza fini di lucro", in realtà hanno l'appetito di
chi ha una torta davanti che non ha mai visto.
Tutto questo succede sui terreni dell'Expo ma la città di Milano è distratta. Li
ha comprati a peso d'oro e deve pensare a un ritorno economico. Non sogna più
Parigi, il Bie, la valle degli orti della biodiversità ma va avanti a testa
bassa, tiene il capo chino sui conti. Non guarda neppure davanti, non vede per
terra. Ma è proprio lì, lungo il perimetro di tre campi, che sono già impressi
tutti i segni premonitori di nuovi, funestissimi, guai. Lo sa bene
l'imprenditore che difende con le unghie la sua fabbrica macina-veleni che i
tecnici del Comune non hanno notato ma sta lì, lungo il muro perimetrale del
futuro villaggio residenziale Expo dal 1985. E oggi la signora Marelli,
esasperata, minaccia apertamente il Comune: "Sono pronta a incatenarmi ai
cancelli e a ricorrere in tutte le sedi. Se chiudiamo mettano in conto altri 30
milioni".
Là dove c'era l'erba
Si chiama Adele Marelli ed è il presidente di uno dei quattro impianti di
smaltimento di rifiuti tossici più grandi del nord Italia, la prima ed unica ad
aver adottato la recente normativa Seveso imposta dall'Europa. L'azienda fattura
30 milioni di euro l'anno e toglie le grane a mezza Italia raccogliendone le
scorie e gli scarti industriali per trattarli e portarli all'estero, dove
vengono smaltiti. Quando ha visto le cartografie del progetto Expo, la signora
quasi cadeva dalla sedia. La sua fabbrica prima non c'era, a causa di un errore
dei tecnici che hanno fatto il masterplan usando vecchi rilievi fotografici non
aggiornati. "Gli risultava un'area a verde agricolo nonostante la fabbrica sia
qui da molti anni e i dati catastali fossero correttamente aggiornati". Una
superficialità che non promette nulla di buono. Infatti il primo progetto su
carta di Expo, una volta scoperta l'esistenza dell'impianto, ne prevedeva lo
smembramento in due. "Una cosa impossibile per qualsiasi industria, figuriamoci
per chi tratta materiale pericoloso, contaminante, tossico ed esplosivo".
Tanti incontri con i tecnici, mai un'udienza dalla Moratti. "Tutti gentili ma
abbiamo capito che a Palazzo Marino sfuggiva il problema. La fabbrica esiste e
non si può ignorare, non puoi pianificare un villaggio residenziale a pochi
metri dall'impianto di trattamento dell'amianto, non puoi progettare l'area
"Lake Arena" per giochi d'acqua e fuochi d'artificio lungo il muro perimetrale
dei depositi gassosi a rischio esplosivo". La titolare a un certo punto ha perso
la pazienza e ha opzionato un'area alternativa dove fosse possibile il
trasferimento. Ma spostare impianti, sistemi di sicurezza e licenze è un'impresa
costosissima.
Così non resta che calare l'asso della vendita. La Ecoltecnica, mettendo insieme
stato patrimoniale e tutto il resto, sulla carta vale 30 milioni di euro che il
Comune rischia di dover aggiungere ai 120 che ancora fatica a trovare per
onorare l'impegno con i proprietari delle aree. "A questo punto noi abbiamo
manifestato ogni disponibilità. Abbiamo detto che le due attività, antropica e
industriale, sono incompatibili e che lo si vede anche dalle ipotesi di variante
che di fatto bloccherebbe per sei mesi l'accesso all'area da parte dei camion
con un danno di 15 milioni di euro. Ha anche proposto al Comune di vendere solo
gli immobili al valore grezzo per dieci milioni, ma niente. O sei un Cabassi o
niente. Così il destino di questa impresa che occupa 43 dipendenti e smaltisce
le tossicità nazionali finisce per essere i bilico proprio come quello dei
dirimpettai.
Campo rom sui veleni
Sono i rom jugoslavi, montenegrini, che hanno eretto un campo abusivo con le
caratteristiche del villaggio, con casette quasi lussuose ricche di elementi
ornamentali, box e così via. La Milano2 degli zingari. Sono lì dal 1994 quando i
titolari di una cava - la famiglia Ronchi - hanno preferito liberarsi dei
terreni che hanno usato come sversatoio a pagamento per tutte industrie chimiche
della zona dagli anni Cinquanta in poi. Processi, ricorsi al Tar. Niente. I
titolari ne escono puliti, i terreni sono peggio che sporchi. Sono una bomba
ecologica con la miccia sempre accesa e pronta esplodere. Nessuno ci vivrebbe,
forse gli zingari che non vanno troppo per il sottile e per due lire si comprano
un ettaro di terra contaminata.
Sarebbe tutto da bonificare ma quelli di Expo non hanno soldi. Già hanno
problemi con le infiltrazioni di trielina nelle aree di sedime dell'evento,
figuriamoci appena fuori che cosa c'è, in quell'ambito industriale mai risanato
che con un tratto di penna si rende area residenziale. I rom, puoi scommetterci,
sono più preoccupati di vedersi sgomberare che delle condizioni del terreno su
cui dormono. Ma le ruspe non avranno gioco facile. Al limite gru e caterpillar
potranno abbattere le costruzioni che risulteranno abusive. Loro hanno un
contratto in mano e sono pronti a farlo valere in sede legale. "Che la comprino
ai prezzi che hanno fatto ai ricchi proprietari del campo di fronte", dice uno
di loro con tono ironico.
Non ci sono altre forme di vita parlanti lungo il perimetro del triangolo d'oro
dell'expo, oltre all'imprenditrice milionaria e ai rom dirimpettai che
elemosinano un lavoro in edilizia o stanno ai semafori. Di qui è passato durante
la sua campagna elettorale l'attuale presidente della Provincia Guido Podestà.
"Si è rifugiato da me dopo che la sua auto blu è stata presa a sassate dai bimbi
rom", racconta lo sfasciacarrozze che sta proprio al centro del villaggio
abusivo e dicono stia più a San Vittore che al lavoro. "Scende e mi dice che era
venuto a fare un sopralluogo. Io gli spiego come stanno le cose e lui giura che
se sarà eletto entro tre mesi procederà a sgombero e bonifica". Podestà siederà
sulla poltrona di presidente mentre dopo due anni villette abusive e inquinanti
sono ancora lì ad aspettarlo.
I lobbisti delle bonifiche
In questo silenzio fa più rumore l'iniziativa di 14 grandi aziende del ramo
bonifiche che pochi giorni fa hanno indetto una conferenza stampa in Provincia
per presentare alcune proposte di intervento sul tema del recupero ambientale.
Le aziende della filiera si presentano come associazione senza fini di lucro. Il
nome di "Bonifichexpo" richiama l'evento del 2015 ma fin da subito
l'associazione chiarisce che non guarda a quella piccola area ma ragiona su
scala quanto meno provinciale, dove ci sono 10 milioni di mq da bonificare con
un business che vale 11 miliardi. Il ragionamento è semplice: il pubblico
dovrebbe provvedere ai costi di bonifica ma non fa partire neppure progetti e
gare per mancanza di soldi. Così i terreni restano contaminati o dismessi e i
signori delle bonifiche si devono accontentare delle briciole anziché del piatto
forte.
Tutto fila finché non si nota quanto poco spessa sia la vernice da benefattori
data all'associazione: curiosamente ha sede nella stessa società di
ingegnerizzazione che ha fatto la Valutazione ambientale strategica (Vas) e il
vicepresidente di Bonifichexpo ne è addirittura presidente. Il discorso
bonifiche è di per sé scottante, ma diventa insidioso se a promuoverlo è un
pezzo da novanta della politica locale come Gianpiero Borghini, oggi nei panni
del presidente di Bonifichexpo e solo ieri direttore generale del Comune di
Milano (e prima ancora sindaco e consigliere regionale).
Che non si tratti di non profit lo certifica anche il fatto che l'associazione
abbia commissionato all'università Bocconi uno studio di sostenibilità economica
delle bonifiche in provincia di Milano che è costato circa 200mila euro. Non c'è
una mappa inedita delle aree, un censimento o altro d'utile allo scopo ma una
raffinata disamina dei modelli di sostenibilità finanziaria. E che dice la
Bocconi? Che prima di tutto si tratta di affari ad alto rischio. Chi ci entra
deve avere alti capitali e prevedere ritorni incerti e lontani nel tempo. Si
parla di venture capital, project financing, ma la strada del pubblico rispunta
fuori. Perché parlare di queste cose in Provincia? Perché è azionista della
società di gestione Expo2015 ma soprattutto perché il suo presidente Podestà ha
una poltrona strategica nella Cassa Depositi e Prestiti.
Mica dietrologia, Borghini parla chiaro: "Sarebbe utile un interessamento per
verificare la possibilità per parte pubblica di accedere a mutui a lungo termine
così da poter aprire i cantieri, con la ritrovata edificabilità dei terreni
recuperati l'operazione potrebbe prefigurare un rientro positivo". Insomma, il
pubblico dovrebbe indebitarsi fino al collo per spianare la strada alle ruspe
dei signori della bonifica. Per fare cosa? La Bocconi prospetta tre soluzioni di
riuso: creare residenze per anziani, residenze per universitari, alberghi low
cost. Insomma, niente di più speculativo sotto il sole. E tutto, ancora una
volta, all'ombra di Expo.
Di Fabrizio (del 04/08/2011 @ 09:08:09, in casa, visitato 1340 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
Alla fine ce l'hanno fatta.
Il pressing sulla comunità rom, che aveva resistito nella Basilica San Paolo
ed era stata successivamente trasferita a Tor Fiscale in attesa di una soluzione
dignitosa, é riuscito!
Il Comune di Roma e la Caritas hanno messo in campo tutte le loro risorse per
consegnare questa comunità al Centro di via Salaria, un CIE camuffato, un ghetto
lontanissimo dal territorio e dalle scuole, un luogo di segregazione ed
emarginazione, già denunciato dai dossier dell'Associazione 21 luglio (vedi
QUI ndr).
Probabilmente la "soluzione" punitiva di via Salaria vuole essere un monito
per quanti in questi mesi, rom e non rom, hanno deciso di rivendicare i propri
inalienabili diritti umani. Forse qualcuno vuole dimostrare che oltre
assistenzialismo ed emergenze milionarie nient'altro può essere ammesso in
questa città.
E invece le giornate di San Paolo restano un segnale per chi amministra e per
chi mentre con una mano firma accordi di solidarietà, con l'altra consegna i rom
a ghettizzazione certa.
Resta il fatto che non potremo mai obbligarli ad essere davvero solidali, ma
possiamo costringerli ad umiliarsi al punto di operare esclusivamente di
nascosto, in piena estate, lontani dai riflettori.
Di Fabrizio (del 02/08/2011 @ 09:57:54, in casa, visitato 1531 volte)
Il presidente del consiglio comunale richiede una motivazione scritta da
allegare alla proposta presentata dall'opposizione - Ven, 29/07/2011 - 09:11 —
La Redazione
Alla fine si è conclusa con un nulla di fatto la richiesta dei gruppi
d'opposizione (Pdl, Lega, Rilanciare Montemurlo e La Destra) per l'istituzione
di una commissione d'indagine sull'occupazione del "villaggio per la residenza
dei Sinti" in via Prato a Montemurlo. Il consiglio comunale, infatti, non ha
votato il punto per la totale mancanza di motivazioni a corredo della proposta.
Il gruppo del Pd ha lasciato la sala consiliare facendo venir meno il numero
legale: "non si può votare contro il nulla", ha spiegato Antonio Russo,
capogruppo del Pd, che più volte durante la discussione del punto ha invitato i
colleghi dell'opposizione a motivare la richiesta dell'istituzione di una
commissione d'indagine in modo tale da poter esprimere un voto. Già alcune
settimane fa il presidente del consiglio comunale, Giuseppe Forastiero, aveva
scritto ai proponenti dell'ordine del giorno, facendo rilevar loro che nella
richiesta mancava del tutto "la parte istruttoria e la proposta deliberativa",
una mancanza che di fatto impediva la sua votazione in consiglio. Elementi che,
però, non sono stati forniti dal capogruppo della Destra, Roberto Ulivi che ha
precisato"La richiesta ha lo scopo di far chiarezza- in maniera riservata-
sull'eventuale responsabilità di dipendenti e politici sull'occupazione abusiva
del campo di via Prato. In un primo momento pensavo che la responsabilità fosse
da attribuire tutta ai Sinti, ma successivamente ho ritenuto opportuno accertare
altre responsabilità. Da qui la richiesta di una commissione d'indagine." Anche
il sindaco nel suo intervento ha sottolineato che "la richiesta non possa essere
accettata per la mancanza di motivazioni" ed ha poi ricordato come i Sinti si
siano assunti pubblicamente e pienamente la responsabilità del gesto
dell'occupazione del campo di via Prato.
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