Morale da
Libero: (se non ho capito male) le famiglie rom non hanno difficoltà.
Cito sempre dall'articolo:
Secondo Boni, "le stesse cascine, che sono patrimonio della nostra
cultura e della nostra identita', non possono diventare il rifugio di
disperati, ma vanno recuperate e fatte rivivere in maniera dignitosa.
L'unica soluzione ragionevole e' quella che vede i nomadi compiere un
percorso di integrazione serio, senza godere di corsie preferenziali. Chi
vuole restare sul nostro territorio deve trovare un lavoro e una casa,
compiendo gli stessi sacrifici che in tutti questi anni hanno accomunato
migliaia di famiglie milanesi e lombarde''.
Quindi, sempre se non ho capito male, per integrarsi devono fare un
percorso di integrazione, trovarsi un lavoro e una casa, che tanto NOI
gli risponderemo picche.
Mi è venuto in mente un pezzo apparso su
Metropoli per principianti. L'autore a pag. 187 intervista Franca:
"[...] Sono così maledettamente fuori luogo, in questo mondo. Scandalosi.
"Sai cosa vorrei io come casa?" mi chiede, all'improvviso. "Sai queste
cascine abbandonate che mettono all'asta? Va bene i campi rom, va bene i
villaggi, ma questa non è vita. I nostri bambini sono abituati a stare
all'aria aperta, una bella cascina, con gli animali... i bambini italiani
nelle case sono carcerati, io li vedo quando vado a scuola, mi fanno pena."
Mi indica Laura: "Se la lasci qui vedi come cambia, prende colore... è come
avere una villa, ma non per essere ricchi, ma per stare fuori, all'aria".
Questo è quello che vuole Franca. Il suo sogno irrealizzabile. Un sogno
così passatista, così fuori tempo massimo. Cambia all'improvviso argomento:
"I miei sono di Foggia" mi dice. "I meridionali sono come gli zingari. Ce lo
siamo dimenticati ma quando sono venuti i qui venivano trattati come gli
zingari." Lei non dimentica. Io neppure.
Forse neanche Biondillo sa com'è continuata la storia: Franca lavora, suo marito pure, e così anche altri parenti. Allora due anni fa
aprirono un mutuo per acquistare una cascina nel pavese. Si cominciava a
parlare del "Piano Maroni", che stanziava allora circa 13 milioni di euro per le
"soluzioni di uscita dai campi". Franca ed i suoi chiesero una parte di quei
soldi perché, prima di andare ad abitarci, dovevano ristrutturare la cascina
(precisazione: i contributi non erano a fondo perso, andavano restituiti col
tempo). I soldi vennero concessi, ma ancora nessuno li ha visti. Franca abita
ancora al campo, ora c'è anche il mutuo da rimborsare.