Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 18/01/2012 @ 09:00:27, in Regole, visitato 1476 volte)
Il campo della Barbuta (Omniroma)
Corriere della Sera - «Le operazioni di raccolta delle impronte
effettuate negli insediamenti romani hanno riguardato esclusivamente rom e sinti»
ROMA - Oltre 30 pagine di Memorandum il cui senso è tutto nel titolo:
«Violazione della normativa nazionale, internazionale e dei diritti fondamentali
dei rom e dei sinti da parte delle autorità italiane nella procedura di
richiesta protezione internazionale e nella raccolta di rilievi dattiloscopici e
fotografici nella città di Roma». Sotto accusa, in altre parole, è il censimento
delle comunità rom avviato sul territorio capitolino. A lanciare l'allarme è
l'associazione 21 luglio: «Le operazioni di raccolta delle impronte effettuate
negli insediamenti romani – denuncia l'associazione – hanno riguardato
esclusivamente rom e sinti al di là del loro status giuridico. Sotto la
copertura fornita dalla definizione di "nomadi" – proseguono dall'associazione –
sono stati interessati dalla procedura tutti e solo i componenti della comunità
rom e sinti presenti nei campi».
«DIRITTI VIOLATI» – Secondo alcune testimonianze raccolte nel Memorandum, che
l'associazione 21 luglio consegnerà al Comitato per l'eliminazione della
discriminazione razziale dell'Onu, sarebbero stati schedati «anche cittadini rom
con carta d'identità italiana». L'associazione evidenzia inoltre il "vuoto
normativo seguito alla illegittimità dello stato di emergenza legato alle
comunità rom e alla questione sicurezza». Anche per questo l'associazione chiede
lo «stop delcensimento nel campo de La Barbuta»: «Il Piano nomadi del Comune è
una azienda che dà lavoro a 450 persone e costa all'amministrazione 500 euro per
ogni persona rom presente nei campi che sono una aberrazione tutta italiana».
Barbacche a La Barbuta (Proto)
CLASS ACTION DEI ROM – «Da martedì una task force sarà inviata nei campi rom –
annunciano i responsabili dell'associazione – per verificare se altri cittadini
italiani di origine rom hanno avuto lo stesso trattamento: avvieremo una azione
legale con carattere risarcitorio». Mentre già dallo scorso 14 novembre,
l'associazione ha avviato un'azione penale nei confronti dell'ex
prefetto-commissario straordinario per l'emergenza nomadi nel Lazio, promossa da
un cittadino rom italiano sottoposto alla procedura di fotosegnalamento. Il
legale dell'associazione, Aurora Sordini, elenca «le violazioni contestate alle
autorità»: «In primis la violazione del diritto al rispetto della vita privata e
famigliare e del diritto di non discriminazione».
PIANO NOMADI E CENSIMENTO – A fronte delle 5 mila persone rom sottoposte alle
procedure di identificazione, si legge nel report, al 31 luglio del 2011 sono
stati 119 i permessi di soggiorno rilasciati dalla Questura per motivi
umanitari. «Secondo i riscontri effettuati – sostengono ancora dall'associazione
21 luglio – al termine della procedura di richiesta protezione internazionale
molti rom, apolidi di fatto, non hanno potuto ottenere il permesso di soggiorno
perché privi di passaporto». Durante la presentazione del Memorandum
l'associazione ha inoltre chiesto alle autorità competenti «la chiusura dello
sportello, ubicato nei locali della Questura di Roma, dedicato esclusivamente
alla procedura di raccolta di foto e impronte che ha coinvolto la comunità rom e sinti» e la «cancellazione di tutti i dati raccolti in base alla dichiarazione
dello stato di emergenza», dati «la cui raccolta non è legittimata» e che
comprendono «foto con interi gruppi familiari o minori di 14 anni con i
genitori».
LA REPLICA DELLA QUESTURA - Nessun database solo per i rom, l'ufficio «Nomadi» è
solo «una comodità». Così Maurizio Improta, dirigente dell'Ufficio immigrazione
rigetta le accuse della «21 luglio». «L'attività di prefettura e questura è
stata corretta. Abbiamo anche chiuso un occhio su furto e ricettazione» Secondo
Improta, però, non c'è nessuna schedatura su base etnica. «Il rilascio del
permesso di soggiorno per lavoro, o per studio, presuppone il rilascio delle
impronte - ha aggiunto - e il fotosegnalamento. L'identificazione presso la
scientifica indica l'altezza, tutti dati biometrici che sono previsti. Noi
italiani per avere il passaporto ormai lasciamo le impronte digitali, ma non è
stata fatta una banca dati a parte. Tutti i dati vanno a confluire in una banca
dati centrale dei richiedenti asilo». Per Improta, quindi, le accuse della «21
luglio» sono «una lettura non corretta di quella che è stata una corretta
attività di assistenza, una procedura prevista dall'Unione con la valutazione in
alcuni casi di eventuali precedenti ostativi».
Simona De Santis - 16 gennaio 2012 | 19:18
Nota della redazione: Insomma: lettura corretta o no?
QUI scaricate il rapporto e ve ne fate un'idea
Di Fabrizio (del 17/01/2012 @ 09:54:04, in media, visitato 3101 volte)
Immagine da
chupacabramania.com. Precisazione necessaria: le indagini sono
ancora in corso e lo scritto che segue è di ieri pomeriggio.
La storiaccia dell'omicidio del vigile Nicolò Savarino l'ho
seguita sin dall'inizio: troppo fresco il ricordo del
rogo alle Vallette solo un mese fa; confesso che la mia paura era che si
ripetesse quel meccanismo che aveva trasformato un articolo di giornale in
una
miccia accesa gettata in quartiere periferico, probabilmente non più brutto
di molti altri ma pronto a trasformarsi in polveriera sociale.
Responsabilità giornalistiche a parte (le vedremo in seguito), la mia
disillusa conclusione era che tra carta stampata e lettori non ci fossero
differenze: uno alimenta l'altro complici nel linguaggio, nelle ripetizioni, nei
luoghi comuni, nella voglia di distinguersi... nel mostrare e richiedere
INDIGNAZIONE a breve termine.
I giornali di per sé, non farebbero più danno di tanto, ma avevo assistito
(praticamente in presa diretta) allo schierarsi dei vari lettori, nei commenti
alle testate e sui social network. Da lì è iniziato tutto: i primi due giorni
sono stati una cartina di tornasole per chi fa informazione, è emerso cosa si
voleva ottenere da questa vicenda, dove in seguito tutti si sono scatenati.
Ammesso che vogliate continuare la lettura, ricordate quella che è stata una
costante di tutte queste indagini: NON SAPPIAMO ANCORA CHI SIA L'ASSASSINO. E'
stata fermata una persona, la cui reale identità è TUTTORA IGNOTA.
La certezza è che è stato commesso il crimine. Che in una maniera o
nell'altra erano coinvolti degli ZINGARI. Ho usato apposta quella parola, perché
da sola è bastata a scatenare una reazione simile in due fasce opposte di
lettori: chi si batte per il miglioramento delle condizioni di vita di Rom e
Sinti, e chi all'opposto è razzista a prescindere. La reazione possiamo
sintetizzarla in poche parole: "E' INUTILE DARSI DA FARE! C'E SEMPRE QUALCUNO
CHE ROVINERA' TUTTO IL LAVORO FATTO IN PRECEDENZA!"(1) e a qualcun altro non parrà
vero di poter ripetere "VOI ZINGARI..."
Purtroppo, sono i razzisti e gli intolleranti a nutrirsi di certezze, di
solito chi è antirazzista vive continuamente nei dubbi. A tutti e due,
risponderei con quello che ha scritto sabato un giornale che non è certo
sospetto di simpatie per i rom:
"L’uccisione di ieri è il terzo caso in pochi mesi di follia al volante in
Lombardia. Il 19 novembre, a Cremona, un pensionato di 76 anni, Guido Gremmi,
era stato travolto e ucciso dopo una lite per un parcheggio destinato alla sua
compagna disabile, Bruna Dondi, 79 anni. L’investitore, Angelo Pelucchi, ex
imprenditore di Bassano Bresciano, incensurato, si era costituito l’indomani ai
carabinieri.
Cinque giorni dopo, il 24 novembre, è stato condannato a sedici anni di
carcere per omicidio volontario Vittorio Petronella, il 71enne pensionato che,
il 25 luglio scorso inseguì, travolse e uccise il 35enne Alessandro Mosele. I
due litigarono a un semaforo in Via Andrea Doria per motivi di viabilità, e
Petronella, ex direttore commerciale di un’azienda, si gettò all’inseguimento di
Mosele che era in sella al suo scooter. Il pensionato ha sempre detto di non
aver avuto intenzione di uccidere e di non avere urtato il 35enne, a differenza
di quanto dichiarato dai testimoni sentiti dalla Procura." vedi
IL GIORNALE Insomma, chi è rom e chi non lo è, sembra
"integrato" allo stesso livello, senza differenze di razza o nazionalità. Può
non piacere, ma questo è un altro discorso. Le indagini proseguono e, ripeto, comprendo il riserbo degli inquirenti nel
far trapelare le notizie. Ma come fare, in assenza di dati certi, a vendere
giornali? Provate a pensare, sapendo quante poche copie si vendono in Italia, se
voi foste un redattore rinuncereste a sguazzare nel fango con una storia simile?
E' così che la nazionalità e la razza dei presunti colpevoli sono diventate un
ingrediente indispensabile di ogni articolo: di volta in volta: rom, sinti (a
volta assieme, oppure separati), tedeschi, slavi, italiani...
E qua comincia il gioco sporco, a cui hanno partecipato TUTTI i quotidiani,
ben sintetizzato in questo pezzo di
Giornalismi.info. Nel frattempo, il
maggior giornale italiano ieri esordiva così:
Vigile ucciso, le mille identità del serbo fermato in Ungheria per omicidio
MILANO - Goico Jovanovic, tedesco di 24 anni o Reni Nicolic, di 17 anni
francese? O forse Goico Nicolic di 21 anni? O invece si tratta del palermitano
Davide Jovanovic di 26 anni?...
C'è un'evidente contraddizione tra titolo ed apertura. Questo SIGNOR
NESSUNO potrebbe essere contemporaneamente tedesco, francese o palermitano, ma
nel titolo chissà come, diventa serbo. Altri giornali, dopo le iniziali
incertezze, hanno invece martellato sul fatto che la sua identità sarebbe
tedesca, ma di origine "slava".
C'è dietro tutto un gioco per dipingerlo differente da "noi": ma allora
denominiamolo pregiudicato, europeo, di nazionalità non ancora identificata...
Sfugge a molti la natura CULTURALE (nel senso più ideologico del termine)
di un'operazione simile: per questioni di "correttezza politica" nessuno vuole
usare la tanto disprezzata parola ZINGARO (quella viene lasciata ai commentatori
plebei), però si vuole lasciarne il senso di alterità, di estraneità: uno
zingaro non può essere italiano, tedesco, francese (o palermitano); e visto che
stavolta la
Romania non può essere tirata in ballo, dev'essere slavo per forza, anche se
non sappiamo ancora chi sia.
Dico CULTURALE per diverse ragioni: zingari (continuo apposta ad usare un
termine dispregiativo) italiani esistono da secoli, lo stesso vale per quelli
tedeschi e francesi. La loro continua richiesta dal II dopoguerra è stata di
essere "integrati" (termine alquanto ambiguo) come qualsiasi altro cittadino.
No, ci dicono le cronache, se si tratta di delinquenti noi MEZZI DI
INFORMAZIONE, smetteremo di essere buoni, e torneremo ai vecchi stereotipi come
nel fascismo, dello slavo, rumeno, albanese che per forza è sanguinario,
irrecuperabile e di sangue zingaro.
Ma visto che da allora è passato qualche decennio, cambiano i termini:
zingaro è diventata una parola tabù, come ebreo. E difatti le prime cronache
parlavano di due persone di etnia rom-sinti. Molti sono insorti dicendo che o si
uno o si è l'altro e che era come descrivere una persona come un
tunisino-peruviano. Io invece credo che rom-sinti sia stato usato in piena
coscienza, sapendo che i due termini assieme avrebbero richiamato la parola
proibita: ZINGARO.
Ad un certo punto, per non destare più dubbi, accanto a "tedesco di origine
slava" appare un terzo termine: "nomade", che tra tutti è il più ipocrita. Che
significa? Che nazionalità o razza è? E se il colpevole avesse per caso una casa
(è probabile, ancora non siamo certi chi sia in realtà, l'unica cosa che
sappiamo di lui è che i soldi gli girano e di case può permettersene più di
una), perché usare "nomade"?
Abbiamo poche certezze, in questa storia, una di queste è che comunque la
persona fermata è "un poco di buono". Non lo difendo di sicuro, mi spaventa però
questo AUTOMATISMO MEDIATICO per cui se sei un malfattore, ancora prima di
essere identificato sarai rom o sinto (quindi perderai il diritto a vederti
riconosciuta una nazionalità) e se lo sei sarai per forza un "nomade"
(sorvolando sul fatto che rom e sinti in Germania da decenni hanno riconosciuto
il diritto alla casa). Dimenticando in un sol colpo, prima della deontologia
professionale, che gli assassini esistono dappertutto, spesso abitano in case
del tutto simili alle nostre, senza simili processi di stigmatizzazione.
Mi capita sempre, a questo punto, qualche anima candida che dice che la mia è
una difesa ad oltranza di chi fa di tutto per meritarsi una cattiva fama. Se
anche fosse, non vi sentireste presi in giro da chi invece di ragionare a fatica
(e sapeste che fatica...) vi sta sfruttando come cavie mediatiche da
laboratorio, sapendo quali sono i vostri punti deboli e volendo a forza
solleticare i vostri peggiori istinti?
1: sempre ieri un grande ha compiuto 70
anni. Me lo ricordo a Kinshasa, un'intervista prima della sfida contro un
campione più giovane e potente: "Io," diceva pressappoco così,
"sono già andato al tappeto altre volte, lui mai. Io so rialzarmi, lui non si
sa. E' per questo che penso di avere un'arma in più di Foreman."
Di Fabrizio (del 16/01/2012 @ 09:58:00, in scuola, visitato 1504 volte)
Segnalazione di Luca Klobas. Scrivevo
quest'estate, sempre a proposito di un articolo del medesimo
giornalista (credo): Un altro fenomeno preoccupante di razzismo istituzionale, che
riguarda diversi paesi dell'Europa centro-orientale, è quello della segregazione
scolastica dei bambini rom posti, senza ragione alcuna, in classi differenziali.
Sarebbe un discorso molto lungo, che si potrebbe riprendere in seguito (magari
prima di farvi stupire da un ennesimo articolo che troverete in rete), se nel
frattempo volete informarvi leggete, prendendovi il tempo che vi necessita,
QUI.
Il Piccolo - Classi solo per rom, scontro in Slovacchia Per la prima volta una sentenza impone di eliminare la separazione tra i banchi.
La scuola si oppone
BELGRADO
I contendenti: le autorità scolastiche e un tribunale. Il pomo della discordia:
gli alunni rom di una scuola elementare in Slovacchia, quella del paesino di
Sarisske Michalany. Sarà una questione che farà discutere ancora a lungo quella
nata nel distretto di Presov, nel Nordest del Paese. Il caso è scoppiato con la
decisione di una Corte distrettuale locale di sanzionare, per la prima volta
nella storia slovacca, la pratica di un istituto scolastico di separare gli
alunni di etnia rom da quelli slovacchi "puri". Alla scuola sono iscritti 430
studenti, di cui più della metà rom. Delle 22 classi attive, ben 12 sono
riservate ai soli zingari. Tutte collocate su un piano diverso da quelle degli
altri ragazzi, per aumentarne ancor più la distanza e l'esclusione.
Secondo la sentenza, i dirigenti scolastici hanno 30 giorni per creare classi
miste ma la scuola si oppone. «Stiamo preparando un appello contro la decisione
della Corte», ha dichiarato la direttrice Maria Cvancigerova al quotidiano
slovacco d'indirizzo liberale "Sme". «Non discriminiamo nessuno, al contrario.
Cerchiamo di aiutare i bambini rom» ha rincarato, giustificandosi col fatto che
le classi "speciali" consentono di seguire meglio i rom, che spesso «non parlano
slovacco, non rispettano le norme basilari d'igiene e non sono assistiti dai
genitori, fattori che li condannerebbero a fallire se inseriti in classi miste»,
ha spiegato un'altra insegnante al giornale. La questione ora ritornerà nelle
mani dei giudici – e il rappresentante del governo per la questione rom si è già
schierato dalla loro parte – ma intanto i residenti "non-rom" del villaggio
parteggiano compatti a favore della separazione. Minacciano di togliere i propri
figli dall'istituto e di costringerli al pendolarismo pur di evitare le classi
miste. Malgrado le promesse e gli sforzi delle autorità nazionali, la
segregazione dei rom nel sistema educativo in Slovacchia è una consuetudine
ancora molto diffusa. Secondo il commissario per i diritti umani del Consiglio
d'Europa Thomas Hammarberg, che ha pubblicato a fine dicembre un nuovo rapporto
sulla Slovacchia, la segregazione prende forma attraverso «l'assegnazione
sproporzionata di bambini rom a scuole speciali per bimbi con disabilità mentali
o con l'inserimento degli alunni rom in classi o scuole solo per rom».
Un'abitudine, come dimostra il caso di Sarisske Michalany, difficile da
estirpare.
(s.g.) -
13 gennaio 2012
Di Fabrizio (del 16/01/2012 @ 09:19:53, in blog, visitato 1439 volte)
Da
Roma_Francais
Salve,
Con l'inizio dell'anno nuovo, vi informiamo sulla pubblicazione del sito di
Gérard Gartner,
scrittore e scultore rrom.
Mutsa (gatto in lingua rromanì) Si
dice di un gatto... che abbia molte vite, calderaio, e poi pugile dilettante e
professionista, attore, ti assicurerà la protezione di un ministro alla cultura,
sarà barista, facchino alle halles, imbalsamatore, poi il suo vagare vi
porterà nell'ambito artistico, verso l'impegno nell'ambiente rrom e finalmente
alla scrittura.
Un sito con molte foto, video e testi che raccontano la storia di Rrom
illustri, artisti ed attivisti in Francia. [...]
Gérard Gartner ha inteso creare un sito per riunire le informazioni relative
al suo percorso familiare, professionale, artistico e di attivista.
Questa raccolta di documentazione è ricca di insegnamenti su soggetti tanto
differenti come l'identità rromanì, l'arte e la creazione, l'attivismo dei Rrom
nei campi culturali ed artistici.
C'è un catalogo di
alcune opere.
[...] Qui è
possibile contattarlo.
Association "La voix des Rroms"
50, rue des Tournelles
75003 PARIS
http://www.lavoixdesrroms.org
Di Fabrizio (del 15/01/2012 @ 09:10:33, in Italia, visitato 1387 volte)
Segnalazione di Alberto Maria Melis
Nuovo Corriere BARISERA 10 gen 2012 - Un primo piano di una delle protagoniste della performance di Teadrom su gli
autobus baresi
BARI – "No, grazie non vogliamo nulla da voi, non abbiamo spiccioli".
Sembra proprio che il pregiudizio nei confronti dei Rom sia ancora presente
nella comunità barese, almeno tastando le reazioni su autobus e ai semafori
delle persone che involontariamente sono stati coinvolti nel progetto 'Teadrom'. Le
reazioni sono state immortalate in un video conclusivo dell'iniziativa messa in
campo dall'associazione Ri-belle di Bari che a partire da questa estate ha
organizzato seminari e spettacoli con la forma espressiva del teatro di strada
(in lingua romanès "drom" significa strada). "La collaborazione fra ragazzi rom
(sette) e gadjè (non rom, una ventina in tutto) – spiega uno dei responsabili
delle attività Gabriele Di Palma – ha favorito il dialogo e la conoscenza
reciproca, ha potenziato le capacità espressive e immaginifiche di ciascuno e la
fiducia in sé stessi. A rotazione i ragazzi coinvolti (i rom fanno parte di un
interno nucleo familiare di 11 persone, ndr) hanno realizzato un esperimento di
teatro invisibile. Sono saliti sugli autobus cittadini facendo finta di non
conoscersi. Hanno cercato di regalare un portaoggetti in plastica (realizzato
con bottigliette di plastica tagliate e chiuse con una zip, ndr) contenente un
fiore di stoffa e un volantino che spiegava il progetto. Durante lo spettacolo
le persone si spostavano e quando io fingendomi un ragazzo italiano precario ho
chiesto denaro ai rom, sono rimasti a bocca aperta. Anche ai semafori nessuno
voleva accettare il dono". Ora il nucleo familiare (11 persone con bambini dai
20 ai 2 anni) cerca una casa. "Ora vivono in condizioni precarie a Foggia –
conclude Di Palma – ma stiamo trattando con la Chiesa di San Sabino per una
casetta a Sannicandro. Speriamo che così possano riprendere a vivere".
Fiorella Barile
Di Fabrizio (del 14/01/2012 @ 09:11:36, in media, visitato 2416 volte)
Foto ANSA
Qualcuno potrebbe spiegare a questo
Michele Focarete, redattore del più importante quotidiano italiano, che
"rom" e "sinti" non sono due sinonimi intercambiabili da usare a cazzo?
Letto su Facebook
Le distinzioni non sono per i giornali, che si chiamino Libero, Corriere
oppure Repubblica. A fare distinzioni c'è sempre il rischio che qualcuno si
faccia domande, ed allora meglio vendere certezze.
Se poi qualche lettore esaltato si fa prendere la mano, come il mese scorso nel
rogo torinese, allora ci si spargerà il capo di cenere e si farà i bravi per
qualche mese; così nel nome della "libera concorrenza in libera informazione" ci
sarà qualche
altro foglio a scrivere articoli altrettanto irresponsabili. Magari,
basterebbe poco, ad esempio riscoprire la vecchia regoletta "le notizie separate
dai commenti".
Ma in fondo i giornali in Italia li leggono in pochi, e la maggior parte dei
lettori si fermano al titolo.
E questi lettori, che sono pure democratici, istruiti ecc. assomigliano molto ad
un titolista: solo un po' più frustrati di non essere un giornalista, anche se
sfruttato e sottopagato. Cercano titoli da ripetere: alla suocera, al bar, su
Facebook o su Twitter... dove mostrare quanto siano sensibili, aggiornati,
attenti (insomma: esattamente il contrario di ciò che sono in realtà).
Vogliono mostrarsi indignati, non importa per che cosa. I primi lanci della
notizia li ho letti giovedì sera tardi: a molti non è sembrato vero di avere un
motivo per prendersela contro gli odiati SUV che occupano la città. Questo il
commento alla notizia di una persona che conosco come molto civile ed impegnata:
"Prima di metterlo in galera e buttare la chiave, lo farei anche rotolare
nudo in un campo di ortiche, lo porterei al ponte sull'Adda e lo appenderei a
quell'elastico, lo lascerei così a testa in giù una notte intera....e molto,
molto altro ancora, si lo torturerei, ecco!"
Il giorno dopo salta fuori quello che molti nei campi temevano: sono
coinvolti degli "zingari". Cambia il "focus", ma resta l'indignazione
artificiale di avere qualcosa contro cui scagliarsi. Basta scorrere i commenti
su
Il Giornale o anche sul
Corriere, altrettanto superficiali ed uniformati di quelli del giorno prima,
anche se di segno opposto.
Insomma: SUV e ZINGARI come monete intercambiali di indignazione.
La ricerca di un nemico necessario per ribadire la propria presenza.
Di Fabrizio (del 13/01/2012 @ 09:59:33, in casa, visitato 1259 volte)
Repubblica.it Dove da quattro anni vivono famiglie di ex nomadi
strappate alla miseria dei campi abusivi. Nessuna roulotte o alloggi di fortuna,
stufe a gas e letti improvvisati. Qui tutti hanno il loro appartamento. E una
serie di regole da rispettare: i figli a scuola, un lavoro, essere alla larga
della criminalità. Un patto di cittadinanza con i volontari dell'Associazione
Terra del Fuoco
di LORENZA CASTAGNERI
TORINO - Un condominio dalla facciata gialla alla periferia di Settimo
Torinese. Un'altalena, uno scivolo e qualche altra giostrina per bambini nel
piazzale davanti all'ingresso. Qui, da quattro anni, vivono famiglie Rom
strappate alla miseria dei campi abusivi. Niente più roulotte o alloggi di
fortuna, stufe a gas e letti improvvisati. Qui tutti hanno il loro appartamento.
E una serie di regole da rispettare: mandare i figli a scuola, trovare un
lavoro, tenersi lontani dalla criminalità, pulire gli spazi comuni. Diritti e
doveri. E' questo il patto di cittadinanza con i volontari dell'Associazione
Terra del Fuoco.
L'inizio della storia. Tutto comincia poco più di cinque anni fa a Borgaro,
altro centro della cintura torinese a pochi chilometri da Settimo. In una fredda
giornata di metà novembre, va a fuoco un campo nomadi. Centinaia di persone si
ritrovano senza un posto in cui andare. Di loro si prende cura Terra del Fuoco.
E' allora che nasce l'idea del Dado. I volontari bussano alle porte dei Comuni
della zona: serve uno stabile non utilizzato che i rom possano ristrutturare per
poi andarci a vivere. Si chiama autorecupero. E' una soluzione abitativa
sostenibile molto diffusa all'estero ma poco in Italia. Dopo tanti no, arriva la
prima risposta affermativa: è quella del sindaco di Settimo Aldo Corgiat.
L'edificio di via Milano viene dato in concessione ai volontari. Il sogno
diventa realtà e per tanti inizia una nuova vita. Oggi al Dado vivono 5 famiglie
rom e 9 rifugiati politici.
Le testimonianze. Violeta, 22 anni, è lì da quattro. Con lei ci sono il padre,
la madre, i due fratelli e la figlia più piccola. Prima stavano al campo di
Borgaro. "Io non c'ero il giorno dell'incendio - ricorda - mi telefonò mia
madre. Piangeva. Avevamo perso tutto". I suoi genitori ora sono commercianti
ambulanti, i fratelli adolescenti vanno a scuola. Anche lei studia: "Sto
cercando di prendere la licenza media". Nel frattempo si occupa della casa e
della sua piccola di un anno e mezzo. L'altra, tre anni, è rimasta in Romania.
"La lontananza è terribile ma qui mi trovo bene - continua - siamo perfettamente
integrati". E' tranquilla Violeta, anche se sa che non potrà rimanere al Dado
per sempre. Una volta raggiunta la stabilità economica il regolamento prevede
infatti che le famiglie trovino un'altra sistemazione per permettere a nuovi
inquilini di intraprendere il percorso di allontanamento dalle baraccopoli.
Si è riacceso il dibattito. Da qualche settimana a Torino si è riacceso il
dibattito sulla condizione dei nomadi in città. Una ragazzina inventa di essere
stata violentata da due Rom. E una fiaccolata di solidarietà si trasforma in un
raid punitivo contro gli abitanti del campo della Continassa. Roulotte, tende,
vestiti. Tutto viene dato alle fiamme. Un fatto di cronaca che ha riproposto il
Dado come un esempio di buona integrazione. "All'inizio non è stato facile.
Abbiamo dovuto affrontare le reticenze dei cittadini di Settimo. La gente non
riusciva ad accettare che una parte di città venisse regalata agli zingari",
spiega Oliviero Alotto, presidente di Terra del Fuoco. Ma loro, i volontari, non
si sono arresi. E per fare breccia nel muro di ostilità che si sono trovati di
fronte hanno chiesto aiuto alla vicina parrocchia di san Vincenzo Dè Paoli e
alle insegnanti delle scuole cittadine. I bambini del Dado sono stati seguiti
nell'apprendimento e per loro si sono aperte le porte dell'oratorio. "Poco a
poco siamo riusciti a dimostrare che i rom non sono un problema ma una risorsa.
Il clima è cambiato. Oggi c'è davvero integrazione".
Il Dado un modello replicabile? "Io credo di sì - risponde Alotto - E' l'unico
modo per superare il problema dei campi rom abusivi. A Torino se ne parla da
anni. Edifici non più utilizzati che si potrebbero ristrutturare usando l'autorecupero
ce ne sono. Quello che serve è una forte volontà politica". Ma anche il coraggio
di fare scelte criticabili dai cittadini può non bastare. "Perché progetti di
questo tipo abbiano successo e il rispetto della legalità si accompagni alla
pura integrazione servono grandi risorse economiche e una forte collaborazione
tra più soggetti istituzionali. Gli enti locali non possono agire da soli",
spiega Elide Tisi, assessore alle Politiche Sociali del Comune di Torino.
Questioni complesse. Che, chi vive al Dado non conosce. Qui però miracolo di
un'integrazione possibile continua.
(09 gennaio 2012)
Di Fabrizio (del 13/01/2012 @ 09:45:01, in Italia, visitato 1617 volte)
Di quello che è successo a Torino il mese scorso: dallo
stupro inventato al pogrom, sino alle
recenti omertà, sappiamo parecchio. Sembra che qualcuno ci
abbia preso gusto. Ora è il turno di Vicenza... c'è un brutto
mondo là fuori!
VicenzaToday Torri: "Mi hanno rapito gli zingari" ma era una scusa per i compiti
Un ragazzino di 11 anni si è inventato un tentativo di sequestro per non andare
a scuola senza aver fatto i compiti. Dopo tre ore confessa: aveva gettato lo
zaino nel fiume
di Redazione 10/01/2012
E' tornato a casa in lacrime raccontando alla mamma che, mentre andava a scuola,
gli "zingari" avevano tentato di rapirlo, riuscendo a prendergli però solo lo
zaino. E' la storia inventata da un ragazzino undicenne di Torri di Quartesolo
per non dover presentarsi in classe senza aver fatto i compiti. Dopo tre ore,
spese da parte della polizia locale a cercare riscontri, lo studente ha
"confessato": lo zaino era stato gettato nel fiume.
Mattinata movimentata a Torri, per una mamma terrorizzata che il figlio potesse
finire nelle mani di pericolosi nomadi, per i vigili che per ore hanno cercato
prove sul racconto di un ragazzino e per il protagonista, che non ha trovato di
meglio per giustificarsi di non avere fatto i compiti a casa. Man mano che la
mattina trascorreva, l'inverosimiglianza del racconto cominciava a farsi netta e
l'undicenne ha confessato: mentre andava a scuola, ha gettato lo zaino dal ponte
di via Marconi ed è corso a casa, inventandosi il drammatico evento. I genitori
hanno promesso sonore punizioni.
Di Fabrizio (del 12/01/2012 @ 09:51:13, in Italia, visitato 1269 volte)
GIOVEDÍ 19 GENNAIO ALLE ORE 11.00 - presso il NAGA, in Via Zamenhof 7/A -
Milano
CONFERENZA STAMPA
Come vivono i rom a Milano:
analisi delle condizioni di vita e di salute delle persone
che abitano le aree dismesse e i campi irregolari
Uno studio a cura dei volontari di Medicina di Strada del Naga, pubblicato sulla
rivista Epidemiologia & Prevenzione, analizza i dati sociodemografici e sanitari
raccolti in 14 aree dismesse e campi sul territorio milanese tra gennaio 2009 e
dicembre 2010.
In questi due anni di attività, i volontari del Naga hanno visitato 1.142
persone - circa la metà delle persone rom presenti a Milano secondo le stime
ufficiali: sono stati raccolti e analizzati dati su condizioni di salute,
scolarità, lavoro, abitudine al fumo e altre informazioni sociodemografiche che
determinano le condizioni di vita e di salute dei rom sul territorio cittadino.
Durante la conferenza stampa i volontari di Medicina di strada del Naga
illustreranno i principali risultati dell'indagine, portando alla luce dati
inediti che delineano una situazione di rischio e discriminazione.
Saranno disponibili copie della rivista.
Info: Naga - 349 1603305 - 02 58102599 -
naga@naga.it
Scarica l'invito alla conferenza stampa
Spazio Gloria - via Varesina 72, Como
GIOVEDI' 19 GENNAIO - Alle ore 21:00
proiezione del film LATCHO DROM di TONY GATLIF
Intenso e travolgente documentario di Tony Gatlif sui viaggi, le musiche e le
danze dei gruppi Gipsy provenienti da Rajastan (India), Egitto, Turchia,
Romania, Ungheria, Slovacchia, Francia e Spagna. Racconta il lungo percorso che
dall'anno 1000 c.a. fino alla fine del 1900 il popolo zingaro ha intrapreso dal
nord dell'India fino alla Spagna e la relativa evoluzione musicale che,
raccogliendo tradizioni culturali musicali, trasforma la musica zingara,
sfociando, alla fine, con il flamenco. Secondo film della trilogia che Gatlif ha
dedicato ai gitani iniziata nel 1983 con 'Les Princes - L'uomo spezzato' e
conclusasi con 'Gadjo Dilo - Lo straniero pazzo' del 1997.
A seguire CONCERTO acustico dei MUZIKANTI DI BALVAL, una piccola orkestra
balcanica, eterogenea, multiforme che raccoglie in sé musicisti di diverse
origini e bagagli culturali di lontane provenienze. Fonte d'ispirazione primaria
del loro genere è la musica Rom, espressione artistica di un popolo che sa
riunire in una voce sola i diversi caratteri dell'Europa balcanica. I Muzikanti
sono la realizzazione di un autentico incontro di culture, che si esprime in un
linguaggio musicale originale, fantasioso, libero, vitale. Ritmi incalzanti,
intervalli orientaleggianti e virtuosismi si alternano a melodie struggenti dal
potere evocativo, in una combinazione di esotismo ed energia che emoziona ogni
tipo di pubblico. Presentano per l'occasione il loro nuovo album 'TUTTIFRUTTI',
una raccolta di pezzi della tradizione Rom riarrangiati.
INGRESSO 8€ CON CONSUMAZIONE
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