Il campo della Barbuta (Omniroma)
Corriere della Sera - «Le operazioni di raccolta delle impronte
effettuate negli insediamenti romani hanno riguardato esclusivamente rom e sinti»
ROMA - Oltre 30 pagine di Memorandum il cui senso è tutto nel titolo:
«Violazione della normativa nazionale, internazionale e dei diritti fondamentali
dei rom e dei sinti da parte delle autorità italiane nella procedura di
richiesta protezione internazionale e nella raccolta di rilievi dattiloscopici e
fotografici nella città di Roma». Sotto accusa, in altre parole, è il censimento
delle comunità rom avviato sul territorio capitolino. A lanciare l'allarme è
l'associazione 21 luglio: «Le operazioni di raccolta delle impronte effettuate
negli insediamenti romani – denuncia l'associazione – hanno riguardato
esclusivamente rom e sinti al di là del loro status giuridico. Sotto la
copertura fornita dalla definizione di "nomadi" – proseguono dall'associazione –
sono stati interessati dalla procedura tutti e solo i componenti della comunità
rom e sinti presenti nei campi».
«DIRITTI VIOLATI» – Secondo alcune testimonianze raccolte nel Memorandum, che
l'associazione 21 luglio consegnerà al Comitato per l'eliminazione della
discriminazione razziale dell'Onu, sarebbero stati schedati «anche cittadini rom
con carta d'identità italiana». L'associazione evidenzia inoltre il "vuoto
normativo seguito alla illegittimità dello stato di emergenza legato alle
comunità rom e alla questione sicurezza». Anche per questo l'associazione chiede
lo «stop delcensimento nel campo de La Barbuta»: «Il Piano nomadi del Comune è
una azienda che dà lavoro a 450 persone e costa all'amministrazione 500 euro per
ogni persona rom presente nei campi che sono una aberrazione tutta italiana».
Barbacche a La Barbuta (Proto)
CLASS ACTION DEI ROM – «Da martedì una task force sarà inviata nei campi rom –
annunciano i responsabili dell'associazione – per verificare se altri cittadini
italiani di origine rom hanno avuto lo stesso trattamento: avvieremo una azione
legale con carattere risarcitorio». Mentre già dallo scorso 14 novembre,
l'associazione ha avviato un'azione penale nei confronti dell'ex
prefetto-commissario straordinario per l'emergenza nomadi nel Lazio, promossa da
un cittadino rom italiano sottoposto alla procedura di fotosegnalamento. Il
legale dell'associazione, Aurora Sordini, elenca «le violazioni contestate alle
autorità»: «In primis la violazione del diritto al rispetto della vita privata e
famigliare e del diritto di non discriminazione».
PIANO NOMADI E CENSIMENTO – A fronte delle 5 mila persone rom sottoposte alle
procedure di identificazione, si legge nel report, al 31 luglio del 2011 sono
stati 119 i permessi di soggiorno rilasciati dalla Questura per motivi
umanitari. «Secondo i riscontri effettuati – sostengono ancora dall'associazione
21 luglio – al termine della procedura di richiesta protezione internazionale
molti rom, apolidi di fatto, non hanno potuto ottenere il permesso di soggiorno
perché privi di passaporto». Durante la presentazione del Memorandum
l'associazione ha inoltre chiesto alle autorità competenti «la chiusura dello
sportello, ubicato nei locali della Questura di Roma, dedicato esclusivamente
alla procedura di raccolta di foto e impronte che ha coinvolto la comunità rom e sinti» e la «cancellazione di tutti i dati raccolti in base alla dichiarazione
dello stato di emergenza», dati «la cui raccolta non è legittimata» e che
comprendono «foto con interi gruppi familiari o minori di 14 anni con i
genitori».
LA REPLICA DELLA QUESTURA - Nessun database solo per i rom, l'ufficio «Nomadi» è
solo «una comodità». Così Maurizio Improta, dirigente dell'Ufficio immigrazione
rigetta le accuse della «21 luglio». «L'attività di prefettura e questura è
stata corretta. Abbiamo anche chiuso un occhio su furto e ricettazione» Secondo
Improta, però, non c'è nessuna schedatura su base etnica. «Il rilascio del
permesso di soggiorno per lavoro, o per studio, presuppone il rilascio delle
impronte - ha aggiunto - e il fotosegnalamento. L'identificazione presso la
scientifica indica l'altezza, tutti dati biometrici che sono previsti. Noi
italiani per avere il passaporto ormai lasciamo le impronte digitali, ma non è
stata fatta una banca dati a parte. Tutti i dati vanno a confluire in una banca
dati centrale dei richiedenti asilo». Per Improta, quindi, le accuse della «21
luglio» sono «una lettura non corretta di quella che è stata una corretta
attività di assistenza, una procedura prevista dall'Unione con la valutazione in
alcuni casi di eventuali precedenti ostativi».
Simona De Santis - 16 gennaio 2012 | 19:18
Nota della redazione: Insomma: lettura corretta o no?
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