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Il censimento capitolino sui nomadi viola il diritto internazionale
Di Fabrizio (del 18/01/2012 @ 09:00:27, in Regole, visitato 1477 volte)

Il campo della Barbuta (Omniroma) Corriere della Sera - «Le operazioni di raccolta delle impronte effettuate negli insediamenti romani hanno riguardato esclusivamente rom e sinti»

ROMA - Oltre 30 pagine di Memorandum il cui senso è tutto nel titolo: «Violazione della normativa nazionale, internazionale e dei diritti fondamentali dei rom e dei sinti da parte delle autorità italiane nella procedura di richiesta protezione internazionale e nella raccolta di rilievi dattiloscopici e fotografici nella città di Roma». Sotto accusa, in altre parole, è il censimento delle comunità rom avviato sul territorio capitolino. A lanciare l'allarme è l'associazione 21 luglio: «Le operazioni di raccolta delle impronte effettuate negli insediamenti romani – denuncia l'associazione – hanno riguardato esclusivamente rom e sinti al di là del loro status giuridico. Sotto la copertura fornita dalla definizione di "nomadi" – proseguono dall'associazione – sono stati interessati dalla procedura tutti e solo i componenti della comunità rom e sinti presenti nei campi».

«DIRITTI VIOLATI» – Secondo alcune testimonianze raccolte nel Memorandum, che l'associazione 21 luglio consegnerà al Comitato per l'eliminazione della discriminazione razziale dell'Onu, sarebbero stati schedati «anche cittadini rom con carta d'identità italiana». L'associazione evidenzia inoltre il "vuoto normativo seguito alla illegittimità dello stato di emergenza legato alle comunità rom e alla questione sicurezza». Anche per questo l'associazione chiede lo «stop delcensimento nel campo de La Barbuta»: «Il Piano nomadi del Comune è una azienda che dà lavoro a 450 persone e costa all'amministrazione 500 euro per ogni persona rom presente nei campi che sono una aberrazione tutta italiana».

Barbacche a La Barbuta (Proto)

CLASS ACTION DEI ROM – «Da martedì una task force sarà inviata nei campi rom – annunciano i responsabili dell'associazione – per verificare se altri cittadini italiani di origine rom hanno avuto lo stesso trattamento: avvieremo una azione legale con carattere risarcitorio». Mentre già dallo scorso 14 novembre, l'associazione ha avviato un'azione penale nei confronti dell'ex prefetto-commissario straordinario per l'emergenza nomadi nel Lazio, promossa da un cittadino rom italiano sottoposto alla procedura di fotosegnalamento. Il legale dell'associazione, Aurora Sordini, elenca «le violazioni contestate alle autorità»: «In primis la violazione del diritto al rispetto della vita privata e famigliare e del diritto di non discriminazione».

PIANO NOMADI E CENSIMENTO – A fronte delle 5 mila persone rom sottoposte alle procedure di identificazione, si legge nel report, al 31 luglio del 2011 sono stati 119 i permessi di soggiorno rilasciati dalla Questura per motivi umanitari. «Secondo i riscontri effettuati – sostengono ancora dall'associazione 21 luglio – al termine della procedura di richiesta protezione internazionale molti rom, apolidi di fatto, non hanno potuto ottenere il permesso di soggiorno perché privi di passaporto». Durante la presentazione del Memorandum l'associazione ha inoltre chiesto alle autorità competenti «la chiusura dello sportello, ubicato nei locali della Questura di Roma, dedicato esclusivamente alla procedura di raccolta di foto e impronte che ha coinvolto la comunità rom e sinti» e la «cancellazione di tutti i dati raccolti in base alla dichiarazione dello stato di emergenza», dati «la cui raccolta non è legittimata» e che comprendono «foto con interi gruppi familiari o minori di 14 anni con i genitori».

LA REPLICA DELLA QUESTURA - Nessun database solo per i rom, l'ufficio «Nomadi» è solo «una comodità». Così Maurizio Improta, dirigente dell'Ufficio immigrazione rigetta le accuse della «21 luglio». «L'attività di prefettura e questura è stata corretta. Abbiamo anche chiuso un occhio su furto e ricettazione» Secondo Improta, però, non c'è nessuna schedatura su base etnica. «Il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro, o per studio, presuppone il rilascio delle impronte - ha aggiunto - e il fotosegnalamento. L'identificazione presso la scientifica indica l'altezza, tutti dati biometrici che sono previsti. Noi italiani per avere il passaporto ormai lasciamo le impronte digitali, ma non è stata fatta una banca dati a parte. Tutti i dati vanno a confluire in una banca dati centrale dei richiedenti asilo». Per Improta, quindi, le accuse della «21 luglio» sono «una lettura non corretta di quella che è stata una corretta attività di assistenza, una procedura prevista dall'Unione con la valutazione in alcuni casi di eventuali precedenti ostativi».

Simona De Santis - 16 gennaio 2012 | 19:18


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