Immagine da
chupacabramania.com. Precisazione necessaria: le indagini sono
ancora in corso e lo scritto che segue è di ieri pomeriggio.
La storiaccia dell'omicidio del vigile Nicolò Savarino l'ho
seguita sin dall'inizio: troppo fresco il ricordo del
rogo alle Vallette solo un mese fa; confesso che la mia paura era che si
ripetesse quel meccanismo che aveva trasformato un articolo di giornale in
una
miccia accesa gettata in quartiere periferico, probabilmente non più brutto
di molti altri ma pronto a trasformarsi in polveriera sociale.
Responsabilità giornalistiche a parte (le vedremo in seguito), la mia
disillusa conclusione era che tra carta stampata e lettori non ci fossero
differenze: uno alimenta l'altro complici nel linguaggio, nelle ripetizioni, nei
luoghi comuni, nella voglia di distinguersi... nel mostrare e richiedere
INDIGNAZIONE a breve termine.
I giornali di per sé, non farebbero più danno di tanto, ma avevo assistito
(praticamente in presa diretta) allo schierarsi dei vari lettori, nei commenti
alle testate e sui social network. Da lì è iniziato tutto: i primi due giorni
sono stati una cartina di tornasole per chi fa informazione, è emerso cosa si
voleva ottenere da questa vicenda, dove in seguito tutti si sono scatenati.
Ammesso che vogliate continuare la lettura, ricordate quella che è stata una
costante di tutte queste indagini: NON SAPPIAMO ANCORA CHI SIA L'ASSASSINO. E'
stata fermata una persona, la cui reale identità è TUTTORA IGNOTA.
La certezza è che è stato commesso il crimine. Che in una maniera o
nell'altra erano coinvolti degli ZINGARI. Ho usato apposta quella parola, perché
da sola è bastata a scatenare una reazione simile in due fasce opposte di
lettori: chi si batte per il miglioramento delle condizioni di vita di Rom e
Sinti, e chi all'opposto è razzista a prescindere. La reazione possiamo
sintetizzarla in poche parole: "E' INUTILE DARSI DA FARE! C'E SEMPRE QUALCUNO
CHE ROVINERA' TUTTO IL LAVORO FATTO IN PRECEDENZA!"(1) e a qualcun altro non parrà
vero di poter ripetere "VOI ZINGARI..."
Purtroppo, sono i razzisti e gli intolleranti a nutrirsi di certezze, di
solito chi è antirazzista vive continuamente nei dubbi. A tutti e due,
risponderei con quello che ha scritto sabato un giornale che non è certo
sospetto di simpatie per i rom:
"L’uccisione di ieri è il terzo caso in pochi mesi di follia al volante in
Lombardia. Il 19 novembre, a Cremona, un pensionato di 76 anni, Guido Gremmi,
era stato travolto e ucciso dopo una lite per un parcheggio destinato alla sua
compagna disabile, Bruna Dondi, 79 anni. L’investitore, Angelo Pelucchi, ex
imprenditore di Bassano Bresciano, incensurato, si era costituito l’indomani ai
carabinieri.
Cinque giorni dopo, il 24 novembre, è stato condannato a sedici anni di
carcere per omicidio volontario Vittorio Petronella, il 71enne pensionato che,
il 25 luglio scorso inseguì, travolse e uccise il 35enne Alessandro Mosele. I
due litigarono a un semaforo in Via Andrea Doria per motivi di viabilità, e
Petronella, ex direttore commerciale di un’azienda, si gettò all’inseguimento di
Mosele che era in sella al suo scooter. Il pensionato ha sempre detto di non
aver avuto intenzione di uccidere e di non avere urtato il 35enne, a differenza
di quanto dichiarato dai testimoni sentiti dalla Procura." vedi
IL GIORNALE
Insomma, chi è rom e chi non lo è, sembra
"integrato" allo stesso livello, senza differenze di razza o nazionalità. Può
non piacere, ma questo è un altro discorso.
Le indagini proseguono e, ripeto, comprendo il riserbo degli inquirenti nel
far trapelare le notizie. Ma come fare, in assenza di dati certi, a vendere
giornali? Provate a pensare, sapendo quante poche copie si vendono in Italia, se
voi foste un redattore rinuncereste a sguazzare nel fango con una storia simile?
E' così che la nazionalità e la razza dei presunti colpevoli sono diventate un
ingrediente indispensabile di ogni articolo: di volta in volta: rom, sinti (a
volta assieme, oppure separati), tedeschi, slavi, italiani...
E qua comincia il gioco sporco, a cui hanno partecipato TUTTI i quotidiani,
ben sintetizzato in questo pezzo di
Giornalismi.info. Nel frattempo, il
maggior giornale italiano ieri esordiva così:
Vigile ucciso, le mille identità del serbo fermato in Ungheria per omicidio
MILANO - Goico Jovanovic, tedesco di 24 anni o Reni Nicolic, di 17 anni
francese? O forse Goico Nicolic di 21 anni? O invece si tratta del palermitano
Davide Jovanovic di 26 anni?...
C'è un'evidente contraddizione tra titolo ed apertura. Questo SIGNOR
NESSUNO potrebbe essere contemporaneamente tedesco, francese o palermitano, ma
nel titolo chissà come, diventa serbo. Altri giornali, dopo le iniziali
incertezze, hanno invece martellato sul fatto che la sua identità sarebbe
tedesca, ma di origine "slava".
C'è dietro tutto un gioco per dipingerlo differente da "noi": ma allora
denominiamolo pregiudicato, europeo, di nazionalità non ancora identificata...
Sfugge a molti la natura CULTURALE (nel senso più ideologico del termine)
di un'operazione simile: per questioni di "correttezza politica" nessuno vuole
usare la tanto disprezzata parola ZINGARO (quella viene lasciata ai commentatori
plebei), però si vuole lasciarne il senso di alterità, di estraneità: uno
zingaro non può essere italiano, tedesco, francese (o palermitano); e visto che
stavolta la
Romania non può essere tirata in ballo, dev'essere slavo per forza, anche se
non sappiamo ancora chi sia.
Dico CULTURALE per diverse ragioni: zingari (continuo apposta ad usare un
termine dispregiativo) italiani esistono da secoli, lo stesso vale per quelli
tedeschi e francesi. La loro continua richiesta dal II dopoguerra è stata di
essere "integrati" (termine alquanto ambiguo) come qualsiasi altro cittadino.
No, ci dicono le cronache, se si tratta di delinquenti noi MEZZI DI
INFORMAZIONE, smetteremo di essere buoni, e torneremo ai vecchi stereotipi come
nel fascismo, dello slavo, rumeno, albanese che per forza è sanguinario,
irrecuperabile e di sangue zingaro.
Ma visto che da allora è passato qualche decennio, cambiano i termini:
zingaro è diventata una parola tabù, come ebreo. E difatti le prime cronache
parlavano di due persone di etnia rom-sinti. Molti sono insorti dicendo che o si
uno o si è l'altro e che era come descrivere una persona come un
tunisino-peruviano. Io invece credo che rom-sinti sia stato usato in piena
coscienza, sapendo che i due termini assieme avrebbero richiamato la parola
proibita: ZINGARO.
Ad un certo punto, per non destare più dubbi, accanto a "tedesco di origine
slava" appare un terzo termine: "nomade", che tra tutti è il più ipocrita. Che
significa? Che nazionalità o razza è? E se il colpevole avesse per caso una casa
(è probabile, ancora non siamo certi chi sia in realtà, l'unica cosa che
sappiamo di lui è che i soldi gli girano e di case può permettersene più di
una), perché usare "nomade"?
Abbiamo poche certezze, in questa storia, una di queste è che comunque la
persona fermata è "un poco di buono". Non lo difendo di sicuro, mi spaventa però
questo AUTOMATISMO MEDIATICO per cui se sei un malfattore, ancora prima di
essere identificato sarai rom o sinto (quindi perderai il diritto a vederti
riconosciuta una nazionalità) e se lo sei sarai per forza un "nomade"
(sorvolando sul fatto che rom e sinti in Germania da decenni hanno riconosciuto
il diritto alla casa). Dimenticando in un sol colpo, prima della deontologia
professionale, che gli assassini esistono dappertutto, spesso abitano in case
del tutto simili alle nostre, senza simili processi di stigmatizzazione.
Mi capita sempre, a questo punto, qualche anima candida che dice che la mia è
una difesa ad oltranza di chi fa di tutto per meritarsi una cattiva fama. Se
anche fosse, non vi sentireste presi in giro da chi invece di ragionare a fatica
(e sapeste che fatica...) vi sta sfruttando come cavie mediatiche da
laboratorio, sapendo quali sono i vostri punti deboli e volendo a forza
solleticare i vostri peggiori istinti?
1: sempre ieri un grande ha compiuto 70
anni. Me lo ricordo a Kinshasa, un'intervista prima della sfida contro un
campione più giovane e potente: "Io," diceva pressappoco così,
"sono già andato al tappeto altre volte, lui mai. Io so rialzarmi, lui non si
sa. E' per questo che penso di avere un'arma in più di Foreman."