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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 24/07/2009 @ 08:55:32, in Europa, visitato 1323 volte)

Da Roma_Francais

Rigettata la domanda di espulsione dei Rom di un accampamento gestito da MDM

BOBIGNY - Si apprende da diverse fonti che il tribunale delle grandi istanze (TGI) di Bobigny ha rigettato lunedì la domanda d'espulsione dei Rom che occupano un terreno dello Stato, sul quale l'OnG Médecins du Monde (MDM) ha installato delle tende.

MDM aveva preparato il 26 maggio a Saint-Ouen (Saine-Saint- Denis) sette tende d'urgenza per alloggiare 116 Rom, tra cui 41 bambini e 5 donne incinte, dopo la distruzione di un hangar che serviva loro da abitazione, in un incendio che era costato la vita ad un bambino di 10 anni qualche giorno prima a Bobigny.

Avevano ugualmente subito diversi sgomberi dai luoghi dove avevano tentato di trovar rifugio dopo questo trauma.

La prefettura di Seine-Saint- Denis aveva allora nominato l'OnG davanti al TGI di Bobigny per occupazione di un terreno di proprietà dello Stato, reclamando l'espulsione dei Rom che vi erano accampati.

"La domanda è stata rigettata. La prefettura ha visto respingere l'istanza, considerando il tribunale che l'associazione Médecins du Monde non poteva essere considerata come rappresentante degli occupanti", ha dichiarato ad AFP un fonte che ha richiesto l'anonimato.

Interrogata da AFP, la prefettura di Seine-Saint- Denis ha dichiarato che "è allo studio il seguito da dare a questa decisione".

"Il tribunale ha riconosciuto che MDM ha avuto ragione d'agire nell'urgenza", s'è rallegrato un portavoce dell'OnG raggiunto da AFP. Per il dottor Olivier Bernard, presidente di MDM, con questa decisione, il giudice "domanda allo Stato di sedersi ad un tavolo con le associazioni e gli eletti per trovare una solazione di alloggio permanente ai Rom".

I "villaggi d'inserimento", sperimentati dal 2007 in tre municipalità di Seine-Saint- Denis, che accolgono essenzialmente delle famiglie rom desiderose di cercare un impiego e di scolarizzare i bambini, "sono una soluzione efficace", avanza il dottor Bernard.

Circa 2.300 Rom sono installati a Seine-Saint- Denis, di cui secondo la prefettura circa la metà Rom della regione dell'Ile-de-France.

Altre notizie (in francese ndr)

 
Di Fabrizio (del 27/07/2009 @ 09:46:03, in Europa, visitato 2564 volte)

Da Slovak_Roma. Spesso, sull'onda di fatti di cronaca e delle emozioni che suscitano, quando si parla di Rom si finisce nei massimi sistemi, o peggio nelle tragedie interminabili. Viene data poca attenzione alla conoscenza, al come si viva la vita di tutti i giorni, ai sentimenti e alle loro aspettative. Il brano che segue (lunghetto) fa parte di una serie di interviste che Kristína Magdolenová ha compiuto per presentare le donne rom come sono, con i loro problemi e speranze. Individuando dei modelli positivi in cui le altre romnià possano identificarsi o replicare. Cercando di smontare quell'aurea di mito (positiva o negativa) che sempre le ha circondate. Un'altra intervista, che avrei voluto tradurre ma non ho trovato il tempo, su Roma Press Agency

The Slovak Spectator

20 luglio 2009 Abbiamo il diritto di essere chiamati Rom By Kristína Magdolenová & Jarmila Vaňová

Margita Damová Source: Courtesy of Roma Press Agency

Margita Damová non ha mai lasciato il villaggio di Rankovce nella regione di Košice. E' nata terza di 11 figli in una casa di muratori. Ha terminato il nono grado delle scuole primarie, ma dice che avrebbe sempre voluto andare a scuola ed imparare di più. Oggi, a 50 anni di età, crede di avere ancora il tempo per cambiare la sua vita.

Quante ragazze eravate in famiglia?

Eravamo undici figli. Sette ragazze e quattro ragazzi.

Quanti di voi hanno terminato la scuola?

Sei in tutto. I miei quattro fratelli e due sorelle.

Che tipo di scuola hanno frequentato? Cos'hanno studiato?

Mio fratello più giovane si è formato meccanico per auto e altri due sono muratori. L'altro mio fratello è un saldatore. Tutte e due le sorelle hanno terminato l'istituto tecnico.

Lavorano?

Uno dei miei fratelli vive nella Repubblica Ceca. Ha un lavoro, ed un fratello in Slovacchia ha un lavoro.

Perché non hai completato gli studi?

Ero la ragazza più grande ed era necessario aiutare mia madre, perché c'erano sorelle e un fratello più giovani. Lui era ammalato e mamma spesso lo portava dal dottore, così dovevamo aiutarla a casa.

Per te non è stato difficile rimanere a casa e non continuare i tuoi studi? E' stato un bene per te?

E' stato difficile. Io volevo fare la parrucchiera. Era il mio desiderio, ma non sono stata fortunata nella vita. Ma in ogni modo, taglio i capelli. Sia alle donne che agli uomini.

I tuoi genitori cosa vi hanno incoraggiato a fare?

Volevano che facessimo le cose bene, fare qualcosa per noi stessi. Ma non ne ho avuto la possibilità.

Si sono curati adeguatamente di voi? Avevate abbastanza da mangiare, di che vestirvi e tutto ciò di cui avevate bisogno?

Sì, si prendevano cura di noi, ed avevamo tutto di cui ci fosse bisogno. Mio padre lavorava duro. A volte portava a casa una sola corona del suo stipendio, perché aveva saldato un grande conto per gli alimenti.

Ha avuto altri figli?

Ha avuto altri quattro figli che ha mantenuto.

Quindi avete avuto una vita difficile?

Non penso. Mio padre è stato comunque premuroso.

Tu non hai completato gli studi, Vostra madre ha incoraggiato tu e le tue sorelle a rimanere a casa e a curarla?

No, no, no. Ero io che volevo aiutarla, perché vedevo che era troppo per lei.

Come ti ha detto tua madre che non avresti terminato gli studi?

Ma i miei genitori volevano che andassi a scuola. Lo volevano. Volevano che studiassi, perché mi piaceva. E mi piace ancora.

Quindi è stata una tua decisione di non andare a scuola e rimanere a casa per aiutare tua madre con i più piccoli?

Sì, volevo aiutarla. Le ho detto che non sarei più a scuola, ma che mia sorella avrebbe continuato a farlo.

Quindi hai abbandonato il tuo grande sogno per la tua famiglia?

Sì, ho lasciato per la famiglia.

Quanti anni avevi quando ti sei sposata?

20 anni. Per un po' avevo lavorato in un ospedale. Aiutavo mia madre in questo modo, perché stavamo costruendo una casa, così andai a lavorare.

Come hai incontrato tuo marito?

Lo incontrai qui a casa, nel villaggio. Avevo quattro anni più di lui. Prima non mi ero mai sognata una cosa simile. Lavoravo, e lui vide che guadagnavo bene e che ero una persona onesta, così iniziammo ad uscire assieme.

Lo amavi?

Non del tutto, no, perché i miei genitori non lo volevano.

Perché?

Era un orfano. Aveva solo 10 anni quando morì sua madre. E' per questo che non lo volevano. Perché era un orfano e con lui non avrei avuto una buona vita.

Avevano ragione?

Sì, l'avevano. Ora mi spiace, anche se viviamo insieme. Lavora di tanto in tanto, porta a casa un po' di soldi... ama i nostri figli... ma penso che non sia quello che voglio.

E cosa vuoi?

Qualcosa di meglio. Non mi impedisce di fare le cose; frequento dei corsi, vado in giro, e mi appoggia e i miei bambini anche mi appoggiano. Ma non mi aspetto niente di buono da lui...

Quanti figli avete?

Sette.

A che età hai avuto il primo figlio?

Ho avuto il primo figlio a 22 anni. Il secondo a 24 anni. Ho sette figli, sei ragazzi e una ragazza.

Se tu potessi tirare indietro l'orologio, vorresti avere così tanti bambini con tuo marito?

No. Non lo vorrei, perché viviamo tempi difficili.

Quando ti sei sposata, pensavi che la tua vita sarebbe stata così?

Pensavo che avrei avuto una bella vita, perché lui è orfano e sarebbe stato più gentile con me. Ma non è così. Al contrario, è umano, ha solo un aspetto negativo. Preferirei non parlarne.

Quale aspetto? Beve?

Gli piace bere. E' il suo lato cattivo.

E i vostri figli a che punto sono? Cosa vorreste per loro?

Cosa vorrei per i miei figli? Qualcosa di meglio. Una vita migliore di quella che hanno adesso. Che vivano come facevo io con mia madre, avevo tutto il necessario. Ma forse a loro non manca niente di significativo, perché do loro tutto l'amore che ho in me e ogni cosa che posso. Proprio come faceva mia madre.

Hai avuto l'opportunità di offrire loro una vita migliore?

No, non l'ho avuta.

Cosa non hai avuto?

Cosa non ho?! Non ho una casa. L'ho desiderata per tutta la vita.

Hai mandato i tuoi bambini a scuola?

No. Mia figlia, che ora va alla scuola primaria, voleva studiare. Ma ora ha solo 13 anni. Ma io continuo a ripeterle sempre: io non ho studiato, e neanche i tuoi fratelli, ma almeno tu puoi. Lei mi ascolta, e mi dice che studierà, che vuole farlo. Vorrebbe andare ad un istituto d'arte, lo spera. Mi dice sempre che andrà ad una scuola artistica.

Cosa la incoraggi a fare?

Ho solo una figlia e vorrei che avesse una vita migliore della mia.

Ed i ragazzi?

Ora solo tre sono con me. Gli altri vivono con le mogli; tre sono single.

Pensi di essere stata felice nella tua vita?

A volte sono felice e a volte no. Non mi sento così bene come vorrei.

Quando sei felice?

Quando vado ai corsi di formazione. Lì sono contenta con tutto e sono felice. E quando ho soldi.

Quando sei triste?

Sono felice. Perché no? Lo sono.

Nella tua opinione cos'è la felicità?

Cos'è la felicità per me?! Non so dirlo. Soldi? I mie figli, penso. Perché sono tutto quel che ho. E mia madre. Mia madre è tutto quel che mi rimane. Mio padre è morto.

Come ti vestivi quando ci sono i tuoi genitori?

Con mia madre? Come gli altri giorni, forse un po' meglio. Compravo le cose che volevo.

Indossavi pantaloni?

Sì, pantaloni moderni. Li facevo da me. E per questo guadagnavo un po' di soldi.

Il tuo modo di vestire è cambiato con tuo marito?

All'inizio era più povero, ma ora mi permette di più. Ha solo un difetto ed è il bere. Non tutti i giorni, ma davvero non sopporto l'alcool.

Quando beve, ti picchia o picchia i bambini?

No. Non posso dirlo. Non mi picchia. Piuttosto finisce che piange su di noi. Dice che sua madre gli manca davvero. Non picchia me o i bambini.

Chi ha cresciuto tuo marito?

La sua matrigna. Avevano una matrigna cattiva. Penso che dipenda da quello.

E' andato a scuola?

Ha studiato due anni come carpentiere, ma non ha potuto finire con la sua matrigna. Poteva avere, ed ha avuto un'opportunità all'inizio. Sa leggere e scrivere, ma ha perso questa possibilità di completare la scuola. Lei non le dava i soldi per il biglietto del bus.

Quando pensi alla tua vita, ne sei soddisfatta? Ti va bene come stanno le cose?

Beh, devo esserne soddisfatta. Cos'altro posso fare?

Quando qualcuno è vivo, vuole sempre qualcosa. Non ti aspetti nient'altro dalla vita?

Sono soddisfatta della mia vita. Tutto ciò che ho fatto, l'ho terminato. Non sono soddisfatta del fatto di vivere con i miei figli. Vorrei una vita migliore per loro. Vorrei una casa per loro. Se vincessi alla lotteria, comprerei una casa e farei qualcosa anche per mia madre. Allora sarei più soddisfatta.

Cosa vorresti fare per tua madre?

Che ne so? Farei qualcosa per lei.

Lei manca di qualcosa?

Realmente no. Non le manca niente, perché l'aiuto in tutto, anche se forse sarei più contenta se avesse legna per l'inverno.

Chi vive con tua madre?

Vive in una casa con mio fratello, ma ha una casa sua. Ma... una figlia è una figlia.

Perché? E' meglio per i Rom se una figlia più grande si prende cura di loro?

Sì. E' meglio perché una nuora non curerà una suocera come può farlo una figlia. Le spiacerà.

Allora tua madre non ti lascerà la sua casa, ma lo farà con sua nuora.

Non importa. Ho portato a termine ogni cosa. Non sono invidiosa. Non invidio mio fratello. Nostro padre si prese cura di noi, ma non gli obbedivamo. Avremmo dovuto maritarci meglio. Avremmo dovuto fare come mio fratello.

Quando tua figlia crescerà, le dirai di ascoltarti perché sennò finirà come te, una persona che non obbediva ai suoi genitori?

Ecco cosa le dico tutto il tempo: di obbedirmi come io obbedivo a mia madre.

Come vuoi migliorare la tua vita? Cosa vuoi fare?

Cosa voglio fare? Come cambierei la mia vita? Come posso risponderti? Beh, per mia figlia, voglio che stia a scuola. Cambierei questo. Anche se non ho terminato gli studi, che almeno lei lo possa fare.

E se lei non volesse, la obbligheresti?

No, perché anche lei lo desidera. Mi dice sempre che finirà la scuola e che vuole continuare gli studi. Vuole andare ad un istituto artistico, come me.

Secondo te, la vita di una donna rom è differente da quella di una non-rom?

Sì, perché hanno una condizione generale migliore delle donne rom. Ma se una donna rom diventa più saggia, può ottenere tutto ciò che ottiene una donna non-rom.

Pensi che le ragazze non-rom obbediscano alle loro madri più di quelle rom?

Obbediscono, sì. Le donne non-rom obbediscono alle loro madri perché vanno a scuola e la finiscono e così hanno una vita migliore.

Tu non hai un'istruzione; non hai terminato la scuola, ma ora stai frequentando dei corsi di formazione, non solo a Košice o qui a Rankovce, ma talvolta vai anche più lontano. Cosa vi hai trovato di così interessante. Perché ci vai?

Perché ho iniziato ad andarci? Perché me l'ha chiesto Kveta. Aveva bisogno di un'altra donna. Me ne ha parlato e le ho detto che sarei andata con lei. La prima volta che ci sono andata mi è piaciuto veramente. Sono due anni che frequento. Lì ho incontrato altre donne e abbiamo portato avanti due progetti, così adesso so come fare tutte queste cose e voglio imparare di più.

Cosa ne dicono in famiglia o i tuoi figli?

Mio marito è orgoglioso del fatto che ci vada. Sa che avrei sempre voluto studiare ed imparare qualcosa e che non è stato possibile. Così da quando ho iniziato mi dice che dovrei continuare e che lui ed i figli mi appoggiano.

Spesso sei lontana da casa ed i bambini hanno bisogno di qualcuno che li curi. Chi lo fa per te?

Lo fa mio marito. Porta nostra figlia a scuola, perché è l'unica che la frequenta, ed i tre ragazzi l'aiutano in ogni cosa. Gli sto insegnando a cucinare. Lui sa fare soltanto piatti semplici, ma vuole imparare a fare cose più complicate. Ne sarà capace. Molte volte torno a casa e mia figlia mi dice: "Mamma, papà cucina meglio di te". Così mi da supporto in questa maniera.

Tuo marito ed i bambini sono orgogliosi di te?

Sono orgogliosi di me. Spesso mio marito va da un non-rom a lavorare e là mi elogia, gli racconta tutto quello che ho ottenuto, e come vorrebbe che usassi le cose che ho imparato altrove. Lui non è stato capace di farlo e sa che è il mio sogno, questo desiderio di essere istruita, così è orgoglioso di me.

Cosa dicono di questo gli altri Rom?

Cosa dicono i Rom? Tu sai com'è tra di noi. Talvolta ne parlano bene, altre volte dicono cose cattive. A volte sono orgogliosi che due donne del villaggio frequentano dei corsi e a volte ci sottovalutano. Noi, d'altra parte, non ce ne preoccupiamo. Siamo orgogliose di quel che facciamo. Succede nella vita, che gli altri ti tirino giù, ma avevamo previsto che accadesse, perché vedono solo il fatto che ci dirigiamo altrove.

Tu hai familiarità con la difficile vita delle donne negli insediamenti rom. Cosa c'è bisogno che cambi? Cosa dovrebbero essere in grado di fare?

Cosa dovrebbero fare le donne? Non c'è acqua. L'acqua ti permette di fare molte cose, è per questo che usciamo per procurarcela. A volte il pozzo funziona, altre no. L'acqua corrente a disposizione ci manca davvero.

Pensi che sia bene che le donne rom non lavorino e si prendano cura della famiglia?

No, questo non è giusto. Ora si stanno aprendo nuove opportunità di lavoro. Non sarebbe per niente un problema, visto che ho perso il lavoro e c'è sempre bisogno di soldi.

Riesci ad immaginarti in politica?

Perché non dovrei? Sono una donna abbastanza saggia su queste cose, sul cosa fare nel mondo. Mi piacerebbe essere coinvolta; ogni donna lo sarebbe.

Hai mai incontrato donne non-rom?

Sì, ci incontriamo. Ci incontriamo anche con alcune donne della Grecia. Erano qui per insegnarci. Molte volte vengono donne da Bratislava. Ora torniamo a Bratislava.

Le donne non-rom come vi percepiscono?

Intendi qui in Slovacchia. Bene. Sono orgogliose di noi, orgogliose del fatto che hanno trovato almeno due donne rom di buonsenso, e anche se non abbiamo studiato a scuola, sappiamo come andare avanti, che è anche ciò che vogliamo.

La maggioranza dei Rom dice che prima del 1989 i Rom vivevano meglio. Com'è cambiata la vostra vita?

Com'è cambiata... prima tutti avevano da lavorare. Ora molti Rom dipendono dai benefici sociali, ma ci sono opportunità... anche per i Rom, di lavorare. Forse quattro di noi lavorano regolarmente a contratto. Anch'o vorrei trovare un lavoro.

La tua famiglia viveva meglio prima o dopo la Rivoluzione?

Forse è lo stesso. Non importa. Mio fratello ora guadagna abbastanza bene. Io penso che non importi, prima o adesso. Solo, prima della Rivoluzione il cibo costava parecchio di meno, ora è più caro. Ma una persona deve vivere sempre.

Si possono cambiare la posizione e le vite delle donne rom?

Si può se le donne rom vogliono cambiare. Perché no? E' pieno di donne rom capaci, Queste cose possono cambiare.

Nella famiglia chi è il cosiddetto "capofamiglia"? La donna o l'uomo?

In casa nostra lo siamo tutti e due su basi di parità. Lui porta a casa i soldi e io mi prendo cura della casa.

Hai detto che la politica per te è interessante. Come vorresti essere coinvolta, per esempio, come rappresentante o cosa?

E' una domanda molto difficile, ma penso probabilmente in qualche tipo di rappresentanza. Se lo fossi allora tornerei a casa, sarei capace di dire agli altri cosa c'è di nuovo sulla scena politica. Mi piacerebbe.

La vita di una donna è più difficile di quella di un uomo?

Penso che gli uomini abbiano una vita più dura, perché trovare un lavoro e viaggiare per avere uno stipendio e poi le donne spendono questi soldi guadagnati con fatica. Lei deve essere una brava donna di casa e considerare seriamente ogni corona che suo marito ha guadagnato duramente.

La donna non ha una vita difficile?

Anche la sua è dura, perché oltre a tutto, deve anche lavorare. Non può sedersi a casa e aspettare suo marito. Ora c'è un programma di attivazione al lavoro e lavoro volontario. Se fa lavoro volontario, ha da fare sempre di più. Ti offrono il lavoro che svolgi di più degli altri nell'attivazione al lavoro. Lavoro duro.

Se tornassimo tra cinque anni, cosa pensi che sarebbe cambiato nella tua vita rispetto a oggi?

Penso che vivrò meglio di adesso. A dire il vero, anche adesso non vivo così male, ma forse ciò andrà meglio se mi impegno.

Per cosa ti stai impegnando? Tua figlia ha ora 13 anni, tra cinque anni ne avrà18. Che sarà di lei?

Allora, che si sposi presto - non lo vorrei. Non voglio questo. Voglio che impari e che vada a lavorare da qualche parte. Non dovrebbe lavorare all'aperto, è meglio dentro, perché ora ci sono più opportunità. Anch'io ho lavorato dentro un edificio. Stavo al caldo e facevo il lavoro degli uomini.

Se tu potessi dire qualcosa ai membri del Parlamento Europeo riguardo i Rom in Slovacchia, cosa sarebbe?

Che è una questione abbastanza importante.

Cosa dovrebbero conoscere questi rappresentanti sui Rom in Slovacchia? Cosa vorresti dirgli sulla vita dei Rom?

Non so di come vivano i Rom altrove nel mondo, ma ci sono Rom poveri e Rom ricchi. Sarebbe tutto se i Rom avessero pari diritti agli altri, perché i Rom non hanno mai diritti.

Cosa vorresti cambiare nella vita dei Rom per i prossimi cinque anni?

Cosa vorrei che cambiasse? Tutto: la loro vita, così che non vivano come adesso, ma come deve vivere una persona; così che non fossero tanto poveri, che la disoccupazione non fosse così alta. Vorrei che i Rom potessero vivere come gli altri.

La tua famiglia mantiene qualche tradizione rom?

Non penso. Io non so nemmeno che tipo di tradizioni siano le tradizioni rom.

Parli il romanés?

Sì, parlo romanés. E' la lingua che mi ha  insegnato mia madre.

Quando sei tra i non-rom cosa ti offende o ti avvilisce di più nel loro approccio verso di te o verso gli altri Rom?

 Se sono lavoro, non mi importa degli impedimenti. Faccio lavoro volontario e lì mi chiamano zingara. I dico: zingari non ce ne sono più, ci sono solo Rom. Prima, apparentemente "ingannavamo" la gente, mentivamo, ma ora siamo Rom. Quindi questo mi offendeva, così dovetti rispondere ad una donna. Anche tu sei una "zingara", dissi, perché anche tu "inganni", tu menti, e sei una non-rom. Ora abbiamo il diritto di essere chiamati Rom.

Interviews with Roma women are part of a project by the Roma Press Agency and will be published in a forthcoming book.

 
Di Fabrizio (del 29/07/2009 @ 09:39:34, in Europa, visitato 2197 volte)

Vi invito a leggere l'articolo del nostro presidente Juan de Dios Ramírez Heredia, pubblicato il 28 luglio sul giornale spagnolo "El Mundo". [...]

Questo testo contiene chiaramente la filosofia e gli obiettivi della nostra organizzazione, condivisi dalla maggioranza delle entità che lavorano per la promozione, sviluppo e progresso del nostro popolo.

But baxt, Sastipen thaj Mestipen

Manuel García Rondón - Segretario Generale di Unión Romaní

UNION ROMANI
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URL: http://www.unionromani.org

GIPSY POWER 

Sicuramente il presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, occuperà un posto di rilievo nella storia del suo paese non solo per essere il primo presidente negro della nazione più grande del mondo, ma anche per aver preso ieri decisioni politiche inimmaginabili che segneranno il suo mandato come uno dei più innovatori in un paese abituato a sentirsi, forse a ragione, l'ombelico del mondo. 

Ho letto con ammirazione il suo discorso pronunciato giorni fa durante il congresso dell'Associazione Nazionale per il Progresso delle Persone di Colore, che celebrava il primo centenario della sua esistenza, e non ho potuto sfuggire alla sensazione di sentirmi direttamente rappresentato dalle sue parole. Anzi, ho fatto l'esercizio di sostituire semplicemente la parola "negro", ogni volta che appariva nel testo, con la parola "gitano" e il discorso si trasformava in un messaggio assolutamente adeguato alla nostra realtà. Per questo oggi mi sento confortato nel constatare che l'uomo più potente della terra sia un negro che ha detto alle persone della propria etnia quello che alcuni di noi gitani andiamo dicendo ai nostri simili da più di trenta anni. Da domani, quando ripeterò alla mia gente quello che vado dicendo da molto tempo, dirò loro che non sono parole mie, ma che è lo stesso presidente degli Stati Uniti a pronunciarle: " Si, se sei gitano, le possibilità di crescere tra la delinquenza e le bande sono maggiori; si, se vivi in un quartiere povero, affronterai difficoltà che coloro che vivono nei quartieri residenziali ricchi non devono fronteggiare. Ma queste non sono ragioni sufficienti per ottenere note negative, queste non sono motivazioni esaurienti per non andare a scuola o per abbandonare gli studi. Basta con le scuse! Nessuno ha scritto il tuo destino al posto tuo. Il tuo destino è nelle tue mani. Non ci sono scuse!".  

Noi gitani spagnoli, - che senza dubbio siamo un collettivo privilegiato se paragonato ai nostri fratelli nel resto d'Europa, - patiamo ancora un altissimo tasso di analfabetismo e le condizioni di vita di buona parte della nostra popolazione sono quelle proprie di coloro che formano i gruppi di esclusione e "lumen" sociale. Per questo acquistano maggior valore le parole del presidente gitano degli Stati Uniti che a due mesi dal giuramento sul suo mandato si dovette confrontare con un rapporto che sosteneva che "i negri negli Stati Uniti possiedono il doppio delle possibilità di restare disoccupati, il triplo delle possibilità di vivere in povertà, e sei volte di più quella di andare in carcere rispetto ai bianchi". 

E´vero che, come dice il saggio proverbio castigliano, "la casa di Santa Maria non è stata costruita in un giorno", ma non è meno certo che il ritmo frenetico delle trasformazioni che sta sperimentando la società maggioritaria da poco più di mezzo secolo, obbliga noi gitani europei a fare uno sforzo supremo affinché il cambiamento che auspichiamo sia efficace e che possiamo essere, una volta per tutte, artefici del nostro destino e amministratori della nostra libertà. E il presidente Obama ci ha detto che "in ultima istanza, siamo noi che dobbiamo coltivare il nostro destino giorno per giorno". Questo mi porta a formulare, in linea con il pensiero del presidente statunitense, alcune proposte per i gitani spagnoli. 

Prima: Non riponiamo troppa fiducia nei sovvenzionamenti del Governo. Le sovvenzioni devono essere un mezzo, mai un fine. Anzi, quando le sovvenzioni non sono pienamente giustificate, o si concedono con criteri presumibilmente estranei alla volontà degli stessi gitani, possono essere una remora che ci condannerà irrimediabilmente al clientelismo e alla dipendenza dalla mano che ci alimenta. "I programmi di governo – ha detto Obama - non otterranno da soli che i nostri figli giungano nella terra promessa. E il Governo deve essere una forza per fornire opportunità e una forza per munire di libertà." 

Seconda: E´necessario che siamo noi stessi gitani a essere coinvolti direttamente nella trasformazione della nostra realtà. Nessun popolo ha raggiunto la prosperità a partire dal colonialismo politico, culturale e caritatevole. Finché il Parlamento Europeo si è espresso nella Risoluzione approvata lo scorso 11 marzo intimando che noi gitani partecipiamo a tutte le decisioni previste dai governi e dirette alla nostra comunità. E chiede che si rispetti la nostra capacità e la nostra responsabilità di organizzarci autonomamente. Ma non ci inganniamo. A nulla serviranno i buoni propositi dei governanti se non siamo noi, i gitani stessi, coloro che lottano per progettare il proprio destino. Lo ha detto Obama: "Nei gitani si deve operare un cambio di mentalità, un nuovo insieme di attitudini al fine di prendere le redini della propria vita". 

Terza: Dobbiamo aspirare a ottenere un autentico potere gitano. Ormai non basta che i governi mettano nelle nostre mani le risorse destinate a realizzare la nostra emancipazione e con quella l'uscita dall'esclusione sociale a cui siamo sottomessi. Il presidente degli Stati Uniti, che è negro, figlio di padre negro e di madre bianca, ha conosciuto e sofferto le ferite dell'emarginazione, che lo hanno portato a dire "si continua ad avere ingiustizia nei confronti dei negri, che si vedono relegati all'ultima posizione in tutte le scale del benessere". Le sue parole sono perfettamente applicabili ai gitani spagnoli quando dice che:

 "Il dolore della discriminazione si sente ancora tra di noi, ma questo non giustifica che (...) vengano condannati alla disperazione o a ruoli secondari in questo paese. (...) Desidero che aspirino a diventare scienziati e ingegneri, dottori e maestri, non solo giocatori di pallacanestro o rapper". 

Sono stato un'eccezione privilegiata nella vita politica spagnola. Avendo avuto le stesse umili origini di Obama, sono stato Deputato nel Parlamento spagnolo e nel Parlamento Europeo per 23 anni consecutivi della mia vita. Ma con me si è spezzata tristemente la continuità. Nessuno ha più occupato il posto che ricoprivo a Madrid o a Strasburgo. E´vero che in Spagna attualmente ci sono due deputati autonomisti gitani: uno è il mio carissimo amico Manuel Bustamante che si trova nella Corte Valenciana come rappresentante del Partito Popolare, e l'altro è il mio compagno del Partito Socialista Francisco Saavedra, che si trova nell'Assemblea Extremadura.

Ma è  vergognoso che non ci sia rappresentanza gitana nel Parlamento dell'Andalucia, regione in cui vive la metà dei gitani spagnoli, né nel resto delle istituzioni di rappresentanza democratica del paese. 

Il vero potere gitano si attuerà il giorno in cui accumuleremo meriti affinché il presidente del Governo, consapevole della forza che rappresentano più di 700.000 gitani spagnoli, nomini un ministro o una ministra, Segretario di Stato o Direttore generale che siano gitani. E in più ci si potrebbe aspettare, perché no? che il prossimo Direttore generale della Guardia Civile sia un gitano. Questo sarebbe Gipsy Power!  

Quarta: Infine desidero rivolgermi proprio a quei gitani che bandiscono la propria gitanità. Conosco molti gitani che sono professori universitari, cattedratici, medici, ingegneri, economisti, avvocati, così come piccoli e medi imprenditori, etc. Devono rendere pubblica la loro condizione di gitani. Questo ci dà prestigio e contribuisce in modo positivo alla rivendicazione del nostro buon nome. Sono convinto che quando qualcuno viene nel mio ufficio di avvocato per essere difeso, collega alla mia condizione di gitano la fiducia nel fatto che professionalmente io sia chi di meglio gli possa far vincere una causa. 

Nessuno lo ha detto meglio di Barak Obama, delle cui parole ci appropriamo e andiamo a scolpire sul frontespizio di tutte le nostre organizzazioni: "È ora che i bimbi gitani aspirino a diventare scienziati, ingegneri, giudici del Tribunale Supremo e presidenti del Governo della nazione".

 
Di Fabrizio (del 01/08/2009 @ 09:15:21, in Europa, visitato 2043 volte)

Da Roma_Daily_News

Circa 150 bambini rom nella regione della Tracia (Turchia occidentale) stanno affrontando l'esclusione dalla scuola dopo che le loro dimore sono state demolite dalle autorità municipali locali, in quello che è un piano di riorganizzazione urbana rivolto contro i quartieri rom, la legge 5366. La collezione di misure di rinnovamento dei centri urbani, molte delle quali sono chiaramente in violazione degli articoli della Costituzione turca che garantiscono ai cittadini i loro diritti, misure implementate in Turchia dal 2006, sono state al cuore della demolizione di molti quartieri rom nelle città turche, tra cui il tristemente famoso quartiere di Sulukule nel centro storico di Istanbul. La distruzione dell'insediamento di Sulukule ha seguito azioni di demolizioni simili, che hanno visto negli anni recenti la distruzione dei quartieri Kucukbakkalkoy e Kagithane a Istanbul, parte del quartiere di Turgut Reis a Mersin e quello di Sur a Diyarbakir. Queste demolizioni diffuse di quartieri rom sono anche una caratteristica della vita delle comunità dei Rom turchi in buona parte del paese. Queste azioni sono spesso intraprese senza le dovute autorizzazioni, preavviso breve o inesistente (senza il tempo adeguato per i residenti di impacchettare i propri beni prima che siano distrutti assieme alle case), quasi nessun indennizzo e scarse alternative offerte ad inquilini e proprietari di questi quartieri. Le famiglie sono costrette a vivere in condizioni terribili, in container temporanei senza servizi igienici, e dove bambini, anziani e malati sono estremamente vulnerabili

La situazione in generale è catastrofica per le comunità coinvolte in questa maniera e una piccola indagine riguardo i continui sgomberi forzati e le distruzioni illegali delle case rom, assieme con il diniego basico di una serie di diritti umani, è stata prossima per i principali attivisti legali dei Rom e attivisti dei diritti umani. L'interesse verso Sulukule è stato ampiamente dibattuto riguardo gli aspetti culturali della comunità in quanto centro della musica e della danza rom negli ultimi dieci secoli, ma le principali implicazioni politiche della situazione a Sulukule ed altrove raramente è stato esaminato con alacrità e consistenza. Cin-cin Baglari, Sulukule, Kucukbakkalkoy e Kagithane sono andati persi, demoliti per far strada ai programmi di rinnovamento urbano, che prevedono la costruzione di lotti per la classe media (spesso complessi esclusivi recintati) e la rovina dei quartieri rom una volta prosperi e vitali. Il fatto che la maggioranza di questi piani di rigenerazione siano rivolti ai quartieri rom, indica chiaramente che sono volti ad espropriare le sezioni più deboli e vulnerabili della società, il popolo Rom turco. Il compenso in termini finanziari, assieme alle implicazioni politiche di queste azioni sono trascurabili per quanti conducono queste azioni, ed i profitti (per non dire dei dubbi e delle ombre che sono stati dimostrati accompagnare questi progetti di rinnovamento in Turchia) per gli investitori sono enormi.

Per terminare un lungo elenco di espropriazioni e distruzioni forzate dei quartieri rom in Turchia, la comunità rom di Dikili nella Turchia occidentale è stata obbligata a lasciare le proprie dimore e a rifugiarsi in tende e baracche nella foresta a parecchi km. di distanza. Circa 100 famiglie sono state recentemente allontanate dalle loro abitazioni, lasciando i loro figli esclusi dalla scuola che frequentavano sia per la distanza che dovrebbero percorrere che per la perdita della residenza locale, necessaria in Turchia per iscriversi a scuola. 150 bambini ora affrontano un viaggio giornaliero di due ore per raggiungere la loro scuola, ed i costi del viaggio senza alcun supporto aggiuntivo sono eccessivi per famiglie già così impoverite. La questione della sicurezza dei bambini in queste circostanze è stata crudelmente illustrata quando una ragazzina rom di 8 anni è stata rapita nella foresta e violentata mentre tornava a casa, secondo le cronache locali. Il colpevole è stato rintracciato ed imprigionato, ma la vita della ragazzina è rimasta traumatizzata da questa terribile esperienza e la sua famiglia è a pezzi per quello che ha passato, e con ogni probabilità poco o nessun supporto sarà offerto dai servizi sociali o infantili alla figlia di uno dei gruppi più disprezzati nella società turca. Secondo una recente ricerca, sovraccarichi di lavoro e a corto di personale, questi servizi sono stati manifestamente indicati per un approccio meno che positivo ai bambini rom e alle loro famiglie.

Più attenzione è stata giustamente focalizzata alla persecuzione e discriminazione che sono cresciute in maniera allarmante nella Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia e altrove nell'Europa centrale e orientale. La sofferenza delle comunità rom in tutti questi paesi ed anche altri, come ad esempio il tentativo di impedire la demolizione della comunità di Dale Farm in GB, e la partenza dei Rom rumeni dall'Irlanda del Nord, sono indicative della crescita di sentimenti xenofobi ed ultra-nazionalisti e della nuova crescita dei partiti di estrema destra in Europa, come evidenziato dai recenti risultati delle elezioni UE. La continuata ed assolutamente inaccettabile situazione delle comunità Rom ed Egizia nei campi di Mitrovica nel Kosovo, atrocemente avvelenate dai depositi di metalli pesanti delle vecchie miniere di Trpca e la negligenza delle agenzie internazionali, è un'altra caratteristica di questa spensierata negligenza sui diritti, benessere ed esistenza reale del popolo rom. I sempre-troppo-frequenti richiami alle istituzioni sovranazionali ed ai governi nazionali di affrontare questi temi apparentemente cadono in orecchie sorde, come i rapporti di rispettate agenzie internazionali, OnG ed attivisti rom locali e persino del Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa sono apparentemente poco utili, nonostante i chiari, persuasivi e validi argomenti portati in ogni rapporto da questi individui ed organizzazioni coinvolti.

La domanda su quanto possa ancora continuare il diniego dei più basici diritti dei cittadini più vulnerabili negli stati europei, sembra non avere risposta, dato che l'alienazione dei cittadini rom in Italia, GB, Ungheria, Slovacchia e Turchia - la maggior parte firmatari di diversi convenzioni esistenti per proteggere i più vulnerabili, come stati membri e stati candidati ad esserlo - e sembra destinata a continuare, siamo "altri" e stiamo diventando apparentemente non-persone davanti alla legge, letteralmente alieni in patria. La strada verso l'inferno per il popolo rom in questi ed altri stati europei è pavimentata con le rovine delle loro comunità, persino le loro stesse vite che hanno ricoperto tutte le buone intenzioni. La retorica dei diritti rom da parte dei governi, degli stati e delle istituzioni sovranazionali è pura sofisticheria e semantica, un "paravento" per assicurarsi i benefici dell'appartenenza alla UE, a spese dei più poveri e dei più espropriati, i Rom. Il catastrofico fallimento della politica che è il risultato della quasi completa mancanza di volontà politica di realizzare le misure per un cambiamento reale e durevole verso le comunità rom, sembra a questo punto sempre meno mancanza di capacità e di più una scelta deliberata e cinica.

Per le comunità rom di Turchia, l'edificazione di eventi che sanciranno Istanbul come Città della Cultura Europea 2010 hanno poco significato. Sono stati rigettati da Istanbul e altrove dalle autorità municipali che intendono sradicare la loro presenza e la loro storia - Sulukule per esempio è stata rinominata Karagumruk, cancellando così il reale punto di origine per le migrazioni verso l'occidente nel resto d'Europa a partire dal XII secolo. Se, come argomenta il filosofo Avishai Margalit (The Ethics of Memory, Harvard University Press, 2004) la memoria condivisa è il ricordo che gli individui hanno in comune per assicurare la perpetuazione delle comunità e che queste comunità richiedono che la memoria sia istituzionalizzata in qualche modo nei luoghi, edifici, monumenti e storie, allora la distruzione di questi quartieri rom è un esercizio nel cancellare la reale esistenza di noi come popolo rom dalle mappe topografiche e mnemoniche di panorama urbano come è stato costituito per quasi un migliaio di anni in queste terre. L'abusata nozione dei Rom come popolo "dimenticato" in Europa deve anche vedersi nella stessa luce, meno di uno slittamento della mente e più di una cancellatura continuata e intenzionale…

Dr. Adrian R. Marsh, PhD International Romani Studies Network

 
Di Fabrizio (del 04/08/2009 @ 13:44:34, in Europa, visitato 1441 volte)

Da British_Roma

Clicca sull'immagine per vederla a grandezza naturale e leggere l'intera storia  - Taken with Nikon F75: 50mm f/1.4D lens: Y44 Filter. Fomapan 200 film: Developed in Xtol Stock @21C for 6'30'' at 5'' Agitation/30' '

... Stavo camminando lungo Moore Street a Dublino, domenica 27/07/08, quando passò vicino a me una famiglia rom. Poi sentii dietro di me un gruppo di giovani irlandesi che le urlavano delle offese, pensando che fosse divertente.

Allora presero della frutta da un chiosco e la gettarono contro questi Rom, aumentando quando i Rom risposero verbalmente. A questo punto un'adolescente ha trovato una vecchia sedia di plastica dalla rastrelliera del chiosco ed è corsa verso i Rom colpendo la donna ritratta nella foto. La donna ha tentato di proteggere il suo bambino spostandolo sull'altro braccio coprendolo con delle coperte. Fortunatamente la situazione a questo punto si è risolta.

 
Di Fabrizio (del 05/08/2009 @ 09:12:06, in Europa, visitato 1684 volte)

Da Roma_Francais

Nordéclair.fr VILLENEUVE D ASCQ / UN GIORNO CON (3/6): Fine dei viaggi per la gens du voyage - Publié le lundi 03 août 2009 à 06h00 MARIE GOUDESEUNE villeneuvedascq@nordeclair.fr

Goya, Anne e Marc sperano che sia assicurata l'area di accoglienza dei 4 Cantoni e che i loro caravan vengano sostituiti da case mobili

Si scorgono i loro caravan quando, lasciando il parco scientifico dell'Haute Borne, ci si dirige verso la A22. Di fronte alla discoteca Fabrik, i "Rom francesi" ci hanno aperto le porte. Ritratto di famiglie sempre più sedentarie.

"Non si viaggia più. Si resta qui". Al nostro arrivo sono le prime parole di Goya - Robert, dal suo nome francese -, "il patriarca". Nel campo tranquillo, i bambini camminano qua e là, delle giovani con dei carrelli. Ci si crederebbe in un villaggio. E negli occhi di Goya, difficile sapere se quest'installazione duratura è un male o un bene.

"Ci vorrebbero delle piccole case al posto dei nostri caravan. Perché resteranno qui di padre in figlio. Il viaggio ci interessava perché non si sapeva che c'era la scuola. E tutto d'un colpo, hanno fatto questo terreno".

Chiusi come sardine

Dopo la legge Besson votata nel 1990, ogni comune con più di 5.000 abitanti ha, di fatto, l'obbligo di sistemare un'area d'accoglienza per la gens du voyage. Quella dei 4 Cantoni ha visto la luce nel 1998. "Siamo rimasti più di 20 anni pigiati come sardine su un piccolo terreno, là. C'era una toilette per cento persone. Ora va meglio" ritiene Goya, che mostra col dito il terrene vicino del futuro grande Stadio.

Presto avrà 60 anni. Ed ormai, il termine viaggio ha fatto il suo buco nella categoria del souvenir. "Prima, non c'erano frontiere. Andavamo dove ci piaceva. Spagna, Italia, l'Europa intera. Faceva bello a Parigi? Si andava a Parigi. Era formidabile". Ma portando l'istruzione ed un'igiene di vita più comoda, l'area di accoglienza ha finito per fissare i piedi dei viaggianti. La gens du voyage si muove ormai come i sedentari, o al massimo per andare fare le vendemmie, come a settembre prossimo.

Oggi, le loro preoccupazioni riguardano soprattutto la loro vita qui: che venga aggiunto un passaggio pedonale all'ingresso dell'area, che intorno venga tagliata l'erba alta, ridipinti i muri, dei giochi per i bambini e che sia installato un terreno di pallone. "Qui, è tenuto male e non in sicurezza. Ma tutto dipende dalla buona volontà del sindaco. Da quando si è là, non è mai venuto, rilevano Goya ed i suoi amici. E quindi soprattutto si chiedono case o case mobili, perché nelle roulotte non c'è veramente spazio.

"Se la figlia di Goya è insegnante ed uno dei suoi figli operatore del verde, molti vivono senza un lavoro fisso, con la RMI. Quella mattina, qualche giovane è occupato a separare ferraglia: "La recuperano davanti alle case. Mettono il rame da parte: è il più caro. Ma ormai ci si sono messi tutti, anche i rumeni e gli arabi, perché non hanno più lavoro".

Francesi e SDF (Senza fissa dimora)

Nate per la maggior parte in Francia, le famiglie che incontriamo parlano allo stesso tempo francesi e romanès. "Si è nati in Francia. I Rom della Romania, loro, non è da molto che sono lì. Hanno tutto, noi solo la fame," si rammarica di Marc. Sua moglie Anne ci mostra la sua carta d'identità, sulla quale appare uno spazio vuoto: "Si rifiutano di darci un indirizzo. Ci considerano come SDF: come fare con le banche e le assicurazioni?" Il 10 agosto prossimo, le tre famiglie dovranno lasciare la superficie, per quattro giorni, il tempo della pulizia annuale del terreno. Frattanto si preoccupano di sapere dove andranno: sarà il "sistema D". Ma non appena possibile, ritorneranno all'area d'accoglienza, dove ormai sono bene installate.

 
Di Fabrizio (del 08/08/2009 @ 09:42:44, in Europa, visitato 1432 volte)

Da Nordic_Roma, per quanto possa sembrare strano leggendo le prime righe, non si parla dell'Italia

"La disoccupazione è alta, le infrastrutture carenti, la disponibilità di energia antiquata ed insufficiente, deficiente la sanità ed inefficienti i tribunali."

Il 15-20% dell'economia consiste di "crimine organizzato". Strutture interne all'establishment politico "usano la loro posizione per ottenere vantaggi pubblici". Il paese è "una base per il contrabbando internazionale (Narcotici, armi, tabacco, traffici)".

Per i gruppi rom la situazione è "tuttora problematica". Sono esposti a "discriminazione sistematica" e "disordini etnici" possono verificarsi ancora. E allora "ci sarà bisogno di assistenza internazionale (KFOR)".

Questi fatti allarmanti possono essere trovati in un nuovo rapporto nazionale del Tavolo Migrazione Svedese, rilasciato poco prima dell'estate.

Nel febbraio 2008 il Kosovo ha dichiarato l'indipendenza dalla Serbia. Molti dei paesi UE hanno riconosciuto l'indipendenza, ma non tutti, e sicuramente non la Serbia. L'indipendenza porterà qualche miglioramento alla minoranza rom in Kosovo? Loro temono di no. Nonostante le loro richieste, non sono mai stati coinvolti nelle negoziazioni di Ahtisaari che hanno portato a quella decisione.

200.000 persone dal Kosovo, la maggioranza di loro Rom, vivono ancora in esilio, nei confinanti paesi dei Balcani e in Occidente. Hanno terrore di ritornare in Kosovo, da cui furono cacciati dieci anni fa in un crudele esempio di pulizia etnica. La maggioranza albanese accusa i Rom di collaborazionismo con i Serbi durante la guerra.

Quali conclusioni trae il Tavolo Migrazione dal suo stesso rapporto? La Svezia vanta alti standard di diritti umani, un eccellente sistema democratico, ed una generosa politica di asilo. Così i Rom del Kosovo troveranno finalmente protezione in Svezia?

La risposta è no. Al contrario il Tavolo ha iniziato segretamente una serie di deportazioni di massa dei Rom in Kosovo, nonostante gli ammonimenti dell'UNHCR, di Thomas Hammarberg - commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa, e le raccomandazioni di numerose OnG.

Fino al 2009, 29 kosovari sono stati rispediti a forza dalla Svezia al Kosovo, secondo il Tavolo Migrazione Svedese. Ma dato che agli incaricati del Tavolo non è permesso registrane l'etnia, non sanno dire se fossero Rom.

Ma io lo so. Attraverso i miei contatti, so che i 29 deportati corrispondono esattamente alla lista di nomi rom in mio possesso. Ad agosto, altri 14 Rom saranno deportati mentre in 20 stanno ancora attendendo dopo aver fatto appello contro l'ordine di deportazione. So i loro nomi. I miei informatori mi hanno detto che molti altri nella stessa situazione non vogliono sia rivelato il loro nome.

Tra quanti saranno deportati c'è una famiglia che ha vissuto in Svezia per due anni. L'uomo era presidente di un'organizzazione rom ed era perennemente minacciato in Kosovo. In un'occasione, gli assalitori albanesi ferirono suo figlio di tre anni, che perse la vista da un occhio. La famiglia ha anche una figlia, nata durante l'esilio in Svezia.

Il Tavolo Migrazione Svedese si aspetta che la famiglia firmi un documento in cui afferma di voler tornare in Kosovo di propria volontà. Ora la famiglia si appella al popolo svedese per un aiuto.

In un intervista al giornale tedesco Frankfurter Rundschau, Thomas Hammarberg, commissario per i Diritti Umani, ha detto che è totalmente sbagliato deportare i Rom in Kosovo. Hammarberg ritiene che i governi europei stiano tenendo un approccio puramente tecnico, firmando un accordo col Kosovo. Il Kosovo ora è indipendente, ma questo non significa automaticamente che abbia la capacità di riammettere i Rom di ritorno.

La Germania, il paese che dai tempi del nazismo ha il debito più grande con i Rom, ora, proprio come la Svezia, li sta rimandando nei loro tormenti in Kosovo. L'Europa tiene gli occhi chiusi sul suo debito plurisecolare versoi Rom.

In Germania, almeno, c'è una forte e vivida opinione contro le deportazioni forzate.

Ma nessuno sembra ascoltare il commissario svedese del Consiglio d'Europa. E la presidenza svedese dell'Unione Europea mantiene il silenzio. La persecuzione dei Rom nella UE - Italia, Ungheria, Repubblica Ceca - non è nell'agenda del Primo Ministro Fredrik Reinfeldt.

Mi vergogno del mio paese!

Irka Cederberg
Journalist
Davidshallsgatan 25 A S-21145 Malmö Sweden
Tel. +46-40-232402
GSM: +4670-6368817

 
Di Fabrizio (del 09/08/2009 @ 00:45:24, in Europa, visitato 2070 volte)

Da Slovak_Roma Continua la raccolta di testimonianze femminili dal vivo, da parte di Kristína Magdolenová. E' la ripresa di una vecchia intervista che non avevo fatto in tempo a tradurre. Puntata precedente

Ingrid Lukáčová Source: Courtesy of Mecem

The Slovak Spectator 3 agosto 2009 Il razzismo è un problema degli adulti
By Kristína Magdolenová & Jarmila Vaňová - Politics & Society

Ingrid Lukáčová viene da Prešov ed attualmente vive a Košice dove lavora come direttrice di una scuola secondaria d'arte.

I tuoi cosa ti hanno incoraggiato a fare?

Soprattutto ad avere un'istruzione. Mi hanno sempre incoraggiato in questa direzione. Mi ricordo che ci sedevamo assieme in famiglia e mia madre e mio padre parlavano su cosa avremmo fatto. Mia sorella sarebbe stato dottore o avvocato, perché era la più brava. Sapeva leggere all'età di 5 anni e anche riconoscere l'alfabeto cirillico. Dato che ero più grande e studiavo il russo, lei imparava con me. Sin da subito ci si aspettava che diventassi insegnante. Mio padre voleva che mio fratello diventasse un musicista.

Perché pensi che vostra madre permetteva a te e tua sorella di studiare?

Dico sempre che mia madre ha un'intelligenza naturale, anche se non ha studiato. Ha vissuto tutta la sua vita come la gente moderna, ma non ha mai dimenticato di essere una donna rom e di vivere la vita rom tradizionale; ha mantenuto le tradizioni. Ha lavorato per tutta la vita e lavora tuttora, l'ha fatto tra i non-Rom. Si è assicurata che andassimo a prescuola e a scuola. L'ha imparato a casa sua, perché suo fratello è andato all'università, così ha imparato che l'istruzione è l'unico modo per cambiare la propria vita.

Nei tuoi studi, sia alla scuola primaria, che a quella secondaria o all'università, c'è stata qualcosa che t'ha fatto sentire che eri differente, che eri una Rom?

Si può dire che forse sono stata fortunata. Non ho mai avuto problemi simili. Mi sono capitate, ma non con le mie compagne di scuola. Anche alla scuola secondaria non ho avuto problemi perché ero tra le migliori studentesse. Anche lì, ero la sola alunna rom dell'intera scuola, e alla fine ero capoclasse. La mia insegnante era sorpresa il primo anno che 36 studenti votassero me come capoclasse.

Quindi secondo te è importante che una madre rom sia quella che guida la famiglia e garantisca l'istruzione dei bambini?

Penso che la madre sia la persona più importante. Questi mi è confermato dal fatto che anche se ho avuto un padre che aveva studiato molto, e a cui cono molto grata, se mia madre fosse stata differente da ciò che era, non sarei mai arrivata dove sono. Ed è per questo che dico che le madri rom dovrebbero essere al fondamento. Sappiamo come va tra i Rom: un uomo, se aveva lavoro, usciva di casa la mattina per andare a lavoro, tornava a casa per mangiare e questo è tutto. Portava a casa i soldi. E, sfortunatamente, le comunità rom funzionano così che il padre non si prende cura di niente.

Di dov'è tuo marito?

Mio marito è di Michalovce. E' un Rom, anche se non ne parla la lingua e non assomiglia a un Rom. E' stato un grande amore, perché ci siamo incontrati quando avevamo 18 anni. Ma mia madre subito gli disse che io studiavo e semplicemente che se mi voleva, doveva aspettare. Così aspettò, anche se nel frattempo non ci vedevamo. Ero all'università e dopo, a giugno feci gli esami di stato e ad agosto ci sposammo. Più tardi divorziammo.

Perché?

Avevo 23 anni quando mi sposai. Quell'anno nacque mia figlia. Vivevamo in casa di mia suocera. Avevo opinioni differenti sulla vita dai miei suoceri e semplicemente non andavamo d'accordo. Là successe qualcosa e mio marito perse il lavoro a Michalovce e decidemmo che si doveva tornare a Prešov o andare a Košice dove c'erano migliori opportunità. Così insegnavo a scuola anche se ero in maternità e cercavamo lavoro qui a Košice. Per mio marito questo cambio era inconcepibile. Così lasciai. Non ho mai voluto tornare indietro. Sarei potuta tornare nella casa di mia suocera. Lì avrei avuto una casa, avrei cucinato, pulito e forse avrei insegnato a bambini non-Rom in qualche villaggio. Ed allora tutto quanto d'altro sarebbe andato per quella strada. Era una decisione difficile: carriera o famiglia. Dico che trionfò la "romanipé" in me.

Di sicuro per te non è stato un periodo facile, ma la vita cambiò per te e sei di nuovo con tuo marito. Oggi come va?

Non mi spiace di essere rimasta sola per quei sette anni. Mi hanno insegnato ad essere forte, a seguire le mie mete. E realmente a passare attraverso quei momenti difficili e mostrare a me stessa che posso farcela senza un uomo attorno.  Ma d'altra parte, devo dire che siamo ancora assieme. Viviamo assieme in una famiglia anche se non siamo più sposati legalmente. Ma è una piccola differenza, siamo una famiglia completa. Questo è molto importante soprattutto tra i Rom perché quello che dirò ora, forse farà ridere, ma mi è stato confermato: Se non hai un marito, non hai la verità. Molte volte, e non solo tra i Rom, ma anche tra i non-Rom. Significa essere una donna cattiva, una donna facile o sciatta.

Questo significa che quando una donna è senza marito, perde di valore?

Certamente. Tanto tra i Rom che i non-Rom. Occorre una donna molto forte per smentirlo. Parlo per esperienza.

La maggioranza delle donne rom che raggiungono il successo o la laurea e si costruiscono una loro carriera, scelgono un partner non-Rom. Tu hai scelto un Rom. Pensavi a tutto questo sul suo essere o no un Rom?

No, non ci ho mai pensato. Ci incontravamo con non-Rom ed eravamo amici; i nostri vicini ci venivano a trovare a casa. Ma tra di noi c'era qualcosa di differente; oggi questo è difatti una situazione più estrema, e ciò non è bene.

Ho avuto molte opportunità, soprattutto all'università. Non mi importava se fossero Rom o no. Ma in me c'era sempre una barriera che mi diceva no. Non può essere. Potevamo essere amici, capirci l'un l'altra come fratello e sorella, ma niente di più intimo.

Ed ancora, d'altra parte capisco le donne che sposano un non-Rom, perché ho studiato in un'università dove c'erano studenti rom. Ma non è che le ragazze non volessero un Rom; vedevo i ragazzi rom, i miei colleghi di studio, nessuno di loro voleva una ragazza rom. Può essere triste il fatto che loro avessero un'istruzione significa che pensavano che se sposavano una non-Rom, loro stessi non sarebbero più stati Rom. Lo penso ancora. Molto pochi di quei ragazzi che hanno completato l'università hanno sposato ragazze rom, e quando l'hanno fatto, hanno sposato ragazze rom che avevano un'istruzione, perché ci sono coppie simili che non hanno niente in comune con i Rom.

Gli uomini rom hanno paura delle donne sagge e non vogliono donne intelligenti. Vogliono donne che faranno quello che dicono loro di fare. O poi ci sono quelli che vogliono donne non-Rom per stare tra i non-Rom. Quanto alla nostra famiglia, ci sono anche dei matrimoni misti.

Cosa incoraggi tua figlia a fare? Come cerchi di crescerla?

Ad avere un'istruzione. A casa parliamo il romanés, così lei sa di essere Rom [...]. Soprattutto da me ha questo sentirsi Rom. E penso di avercela fatta. Perché lei ha vissuto in un ambiente non-Rom e non ha vissuto con i Rom. A parte la sua famiglia, non conosce davvero la loro mentalità. Sto cercando di instillarle tante cose, ma in modo naturale. D'abitudine viene con me agli spettacoli, matrimoni, battesimi, sa ballare come una Romnì. Messa semplicemente, ha questa gioia con lei.

Pensi che la romanipé, così com'è, arricchisca le persone?

Sì, per me certamente. Noi non neghiamo la nostra identità come quelli che vogliono ed hanno mariti e mogli non-Rom. Ho anche amici da matrimoni misti, anche se vivono differentemente. Non posso immaginare di vergognarmi di ciò che siamo. Così non neghiamo questa identità, cerco di crescere mia figlia e provare anche a cambiare mio marito, anche quando a volte sembra impossibile. Mio marito, anche se è cresciuto in quella famiglia, ora dice che gli dispiace di non sapere il romanés. Mette musica rom più di quanto ora faccia io. Dico che questo è perché la sua famiglia ed i genitori hanno negato la loro identità. E' interessante, mi pare, che quando ci sono matrimoni o battesimi, cantano in romanés e ballano la musica rom. E per ciò che dico che questo è rinunciare e negare se stessi. Perché è lampante che siano Rom. Penso che sia importante, e che è un peccato se i Rom istruiti rinunciano alla loro identità. Ma succede ad ogni tipo di gente.

Abbiamo accennato alle tradizioni rom. Quali sono le più importanti impresse nella tua memoria? Ci sono ancora tradizioni rom?

Certamente ci sono. Le insegno a mia figlia e a mio marito, perché lui non le conosce. Natale, per esempio. Di solito, abbiamo cibo rom per cena. Dev'esserci un pezzo di gója (un tipo di salsiccia), un pezzo di pašváre (nervi di porco affumicati). Non tanto, ma abbastanza perché con questo cibo manteniamo le nostre tradizioni rom. Ci piace di più così; ne vogliamo più di una certa cotoletta, dell'insalata, dei pesci e di queste cose. Dopo, per esempio, la nascita di un bambino - una pittura sacra, un nastro, una croce, viene messo sugli occhi. E' qualcosa che faccio regolarmente. Poi gli impegni in casa di mia mamma, il mangavipen (la cerimonia)... I miei cugini, quando hanno una cerimonia rom, si legano tra loro le mani con un foulard. L'ho sempre ritenuto adeguato... Mi è sempre piaciuto.

Come si manifestava l'amore nella vostra famiglia?

Questo è un problema con i Rom. Nella nostra famiglia, non era un problema quando eravamo ancora insieme. Ma dopo che i miei genitori divorziarono, mamma aveva sempre da fare. Anche se posso dire che ha saputo sempre elogiarci. Ma non era sempre così. Forse perché eravamo cresciuti... non ci ha più coccolati come da piccoli. Posso dire che dei suoi fratelli e sorelle - erano in nove - lei era la più capace di esprimere affetto.

Si dice dei Rom che siano genitori davvero affettuosi e che siano basati sulla famiglia, ma è vero che noi, come Rom, apriamo questa comunità attorno a noi in modo che questo amore in queste famiglie non sia ben espresso?

Dico che è nascosto. Perché so per certo che questi genitori amano i loro figli. Ma non sono capaci di esprimerlo. L'hanno in qualche modo codificato. Io, per esempio, non sono di questo tipo.

Forse perché sono condizionati dal ritenere che i figli dovranno iniziare presto a prendersi cura di sé - e così i genitori inconsapevolmente li preparano per una vita difficile?

Forse sì. Se guardo indietro, la maggioranza dei Rom vizia i bambini piccoli. Da un anno di età ai tre. E poi basta. Non li accarezzano più, non esprimono più amore.

Stiamo parlando di linguaggio ed educazione. I bambini rom a scuola hanno bisogno di qualcosa a differenza dei non-Rom? Penso alla scuola primaria.

Ho studiato educazione dal primo al quarto grado. Ho insegnato per sette anni in una classe ponte, dove c'erano bambini rom e dico che è differente. Dipende dal tipo di comunità da cui arriva il bambino, ma io dico sempre che i bambini rom sono differenti nella testa dai non-Rom, in quanto vengono in un ambiente completamente estraneo di cui hanno paura. Non capiscono la lingua della maggioranza, non ne hanno le capacità comunicative ed hanno un vocabolario molto povero. Comprendono bene il romanés, che è la loro lingua madre, ma neanche tutti. In questo sono differenti. Alle scuole primarie hanno soprattutto di qualcuno che capisca il romanés e sia Rom e di cui fidarsi.

E' quindi una questione di barriera linguistica?

Sì, ma è anche culturale. I bambini non vanno a prescuola, così non ne conoscono l'ambiente. Arrivano in un ambiente completamente da quello familiare. Non lo capiscono e non capiscono cosa è loro richiesto.

Sfortunatamente, non tutti sono insegnanti nel vero senso del termine e molti dei miei colleghi non permettono ai bambini di svilupparsi. Li fanno sedere agli ultimi banchi e sono esclusi da tutto. Quindi questo è un problema, un grosso problema nella scuola primaria. Quando, per esempio, sostituivo una collega, la mia classe ponte veniva divisa ed io andavo a sostituire un'altra insegnante. Soltanto che io volevo avere i miei scolari nella classe, perché altrimenti non sarebbero venuti a scuola. Così succedeva che i bambini non-Rom non volevano sedersi con un bambino rom vicino e piangevano. Ho fatto la sostituzione per un mese intero. Insegnavo loro a lavorare assieme, a giocare assieme, a parlare assieme. I bambini non-rom vedevano che ero una donna rom e che parlavo il romanés. La relazione era totalmente differente. Tutti i bambini sono uguali; non hanno problemi nel stare assieme. Il razzismo è un problema degli adulti. Quei bambini in un mese erano capaci di lavorare assieme. I colleghi osservavano: 40 bambini in classe e non c'erano problemi!

Come dovrebbe essere un sistema di istruzione ideale dal grado 1 al 4 per i bambini rom?

Almeno sino alle quattro del pomeriggio, con un buon insegnante che abbia intesa e conoscenza sui Rom, ovviamente un assistente all'insegnamento andrebbe benissimo, se l'insegnante non è Rom. Il processo dovrebbe durare tutta la giornata, perché i bambini devono essere molto coinvolti in questa scuola. Ovviamente dovrebbe esserci una buona mensa, tutte le attrezzature di cui c'è bisogno a scuola. Così possono preparare e fare i loro compiti.

Cosa dici di quei genitori che vogliono i loro bambini nelle scuole speciali, solo perché è più vantaggioso per loro?

Prima di tutto, non permetterlo. Perché i genitori fanno così, si può dire, per una specie di calcolo o per rendere più facili le cose. Se c'è una scuola speciale proprio qui nell'insediamento o nel villaggio, perché dovrei prendere il bus la mattina per portarlo alla scuola regolare? Siamo andati tutti là e là andranno i miei figli. Com'è possibile prevenire ciò? Penso che dovrebbe esserci un esame psicologico per le scuole speciali, perché sono certa che metà dei bambini sono lì e non dovrebbero esserlo.

Si potrebbe dire che una simile indifferenza dello stato verso l'educazione speciale ed il numero di Rom in queste scuole in realtà demanda il problema nel futuro alle cosiddette comunità rom?

Sì, certamente. E' un tema di cui si è parlato a lungo e niente è stato fatto. E come dico, molto denaro va ancora alle scuole speciali. Non dico che ora bisognerebbe abolirle, perché ci sono alcuni bambini, sia Rom che no, che ne hanno bisogno. Ma sinora non è stato fatto niente per impedire che bambini sani vi vadano.

Sarebbe d'aiuto se i Rom avessero una propria rappresentanza politica?

Certamente. E spero che accada e che avremo un buon partito politico, perché senza di questo non succederà niente. Ne sentiamo un gran bisogno. La cosiddetta intelligentsia rom può avere 100 laureati, ma senza volontà politica non cambierà niente.

Forse il problema è anche nel fatto che molta di questa gente che formalmente agisce per i Rom e li rappresenta, non è realmente cresciuta in un ambiente rom, non ne parla la lingua, non ne conosce la storia, non conosce la cultura rom e realmente non ha sensibilità per i Rom. Ma il fatto che siano un po' più scuri di pelle, significa che questo li qualifica a sufficienza per essere percepiti come rappresentanti della comunità rom...

E' così. Quanti Rom vivono a Bratislava? O che tipo di Rom? [...] Musicisti che non vogliono avere niente a che fare con i Rom. E poi c'è un gruppo, i cosiddetti pesci grossi che non parlano romanés, come hai detto. Non sanno chi sono, ma vedono dietro questo qualcosa di differente. Soldi. Dovrebbe essere detto apertamente. O non è adatto per loro a causa della gran distanza per cui dovrebbero lasciarsi dietro la loro famiglia e tutti gli altri. Forse l'inganno risiede nel fatto che la più grande concentrazione di Rom è nella Slovacchia orientale. E allora perché tutto si trova a Bratislava?

Quindi gli uffici ed il governo plenipotenziario dovrebbero essere qui?

Beh, naturalmente. L'ufficio del plenipotenziario, i dipendenti, le cosiddette commissioni che dovrebbero essere in ogni ministero? Perché non potrebbero essere qui? Lasciatele qui nell'est, dove vivono i Rom. Lasciatele andare sul campo. Non solo noi, quelli che operano giorno a giorno, ma anche i cosiddetti pesci grossi di Bratislava che risolvono tutto a tavolino. Non sono mai stati in un insediamento rom. La penso così.

Tu sei membro del consiglio governativo per le minoranze nazionali. In passato la Slovacchia è stata spesso criticata proprio per non risolvere il problema rom. La situazione è cambiata negli anni recenti?

Ho la sensazione che si sia fatto qualche passo avanti. Anche se mi aspettavo di più. Ma con l'ultimo governo personalmente non ho avuto una buona impressione. Ed è giusto dire che ora siamo fermi. Un certo gruppo ne ha approfittato. Ma riguardo all'istruzione e altre cose, tutto si è fermato.

Il problema che si presenta spesso con queste strategie, concezioni, progetti, è il fatto che non sappiamo quanti Rom ci siano qui in Slovacchia...

Non lo sappiamo perché il censimento funziona in maniera che i Rom non dichiarano il loro status di minoranza nazionale. Questo ha certamente un retroterra storico, il perché lo sappiamo, ed ovviamente molti Rom si dichiarano Ungheresi. In questo caso la maggioranza può ostruire, dicendo che non siamo in molti quando in realtà sanno quanti siamo.

Il fatto che non esistano statistiche significa che il numero dei Rom può variare, così quando riguarda i soldi del Ministro della Cultura ci sono meno Rom e quando riguarda i soldi dell'Unione Europea ce ne sono di più.

E' così che funziona. E si continuerà ad operare così perché non cambi niente. Ognuno utilizza quel che sa. Ed, ovviamente dico io, i Rom sono un buon oggetto per ottenere soldi ed è perciò che qualcuno può arricchirsi.

Se tu potessi dire ai membri del Parlamento Europeo qualcosa sui Rom in Slovacchia, cosa sarebbe?

Vorrei solo mostrare che ci sono Rom in Slovacchia che mantengono la loro cultura, tradizioni, identità e che usano la loro lingua, sono in tanti, ed è importante dire ai membri del parlamento di venire e vedere le condizioni in cui vivono i Rom, e che dovrebbero incontrare le elite rom e non le organizzazioni di non-Rom, coi non-Rom, ma con i Rom che lavorano per i Rom e che vogliono cambiare le cose in questa nazionalità, in questa nazione, così che abbiano l'opportunità di sentire i Rom stessi.

Se ci reincontrassimo tra cinque anni, proprio qui a questo tavolo, cosa vorresti che fosse differente?

Bene, spero che la posizione dei Rom sia differente: di non avere problemi con l'istruzione, che ci siano più Rom acculturati e di poter dire che il numero di persone istruite che già abbiamo eguagli quello di chi frequenterà la scuola secondaria e l'università, potendo dire con certezza che il governo ci ha aiutato. E di avere un partito politico.

Oltre ad insegnare per tre scuole in lingua romanés, sei soprattutto attiva nel terzo settore. Perché ha questo bisogno di fare qualcosa, quando già insegnare in tre scuole richiede certamente abbastanza?

Ho iniziato essendo coinvolta nelle comunità rom. Ed ora è difficile dire a queste donne, con l'occupata che sono, che non voglio più lavorare con loro, quando queste stesse donne mi chiamano per chiedermi: quando si fa qualcosa e quando ci incontriamo?

Realmente cosa fai?

Questo è davvero il network delle donne rom, Fórum pale romňa. Queste sono attività per le donne rom della comunità. Cerchiamo di aiutarle a diventare leader. A casa, nella comunità. E così si coinvolgono nelle elezioni locali. Stiamo provando a cambiare la posizione delle donne rom, almeno nella società.

In questi anni hai visto un cambiamento in queste donne?

Sicuramente. Queste donne viaggiano sino a Detva, nella Slovacchia centrale, è qualcosa di nuovo per loro. Quello ed il fatto che loro marito le lasci andare fuori di casa e famiglia e figli per due giorni. Tutto questo diverte ed ora è normale.

La società dovrebbe sapere di più sulla vita di queste donne?

Sì, naturalmente. Abbiamo fatto una piccola campagna per aiutare la gente a conoscere queste donne. Ma non era sufficiente. C'è bisogno di soldi. Anche per queste donne e soprattutto perché possano fare nella società quello che fanno così bene a casa.

Interviews with Roma women are part of a project by the Roma Press Agency and will be published in a forthcoming book.

 
Di Fabrizio (del 11/08/2009 @ 09:09:21, in Europa, visitato 1468 volte)

Da Roma_Daily_news

Cari amici,

Ecco uno spettacolo unico tenutosi lo scorso maggio. L'iniziativa Roma Fashion presenta la bellezza e la dignità della cultura rom attraverso una performance unica ed emozionalmente espressiva. La performance è l'esibizione di autentici vestiti femminili rom da tutto il mondo, come pure la loro interpretazione contemporanea, accompagnata dalle voci della musica e della poesia rom internazionale.

L'idea è un'espressione di un nuovo modo di comunicazione nel contesto della società contemporanea ed una ricerca per significati di presentazione costruttivi e creativi sul tema della diversità culturale in Bulgaria.

Più informazioni (in lingua bulgara ed inglese) a: www.romafashion.net

Video dello Spettacolo:

  • Prima parte
  • Seconda parte (questo secondo me è il più interessante: mostra la moda femminile rom vista attraverso i tanti paesi della diaspora. Ma ci sono anche i video sulla preparazione della sfilata finale e il "dietro le scene" ndr)
  • Terza parte

I migliori saluti,

Roma Fashion Team
info@romafashion.net

 
Di Fabrizio (del 15/08/2009 @ 09:40:19, in Europa, visitato 1303 volte)

Da Roma_Francais

Territorio Gens du voyage: una grande riunione annunciata a Fontaine par Céline Mazeau

[...] Secondo Christian Proust,  presidente del sindacato dell'Aeroparco di Fontaine (Territorio di Belfort) "le voci crescono da parecchi giorni" e ci sarebbero elementi precisi per confermarle: secondo le sue informazioni, tra le 500 e le 1.000 carovane potrebbero riunirsi questo fine settimana nei settori di Fontaine, Foussemagne e Reppe per una convention religiosa.  "Se dovesse succedere, si tratterebbe di un assembramento totalmente inatteso, non preparato ed organizzato in condizioni illegali".

Al momento, è previsto l'arrivo di un gruppo tra le 200 e le 250 carovane: una missione evangelica condotta da tre pastori rom ha riservato, nelle regole, l'area di Fontaine dal 17 al 30 agosto. A questo punto, ufficialmente, non ci sarebbero problemi: l'area è dimensionata per ricevere le 250 carovane attese.

"Abbiamo ricevuto i pastori in prefettura stamattina, spiega Rémi Darroux, direttore dell'ufficio del prefetto. Gli abbiamo chiesto di controllare l'afflusso per quanto possibile per non eccedere la capacità di accoglienza. Siamo stati chiari. Ci hanno risposto che l'area era molto grande e che tutti avrebbero potuto installarvisi".

Restano gli echi intesi qua e là, ed in particolare da parte di Bessoncourt dove la gens du voyage si è installata da giovedì scorso su terreni privati (...). Loro dicono, secondo Guy Mouilleseaux, sindaco del comune, che la riunione di Fontaine questo fine settimana potrebbe riguardare almeno 700 carovane. Thierry Baille amministratore tecnico del sindacato dell'Aeroparco, parla di molti gruppi già presenti nella regione che avrebbero previsto di convergere verso Fontaine: evoca un centinaio di gens du voyage arrivato a Montbéliard (...), 150 carovane a Strasburgo, un centinaio nel Nord e di altri che "secondo due fonti", arriverebbe dal Belgio, dalla Germania, dalla Spagna, dalla Svizzera e dall'Italia.

Se ciò dovesse succedere, la superficie di grande passaggio di Fontaine non potrebbe accogliere altrettante persone e la gens du voyage, allora, si installerebbe nei dintorni, ed in particolare sul sito dell'Aeroparco. È ciò che preoccupa Christian Proust.

"Esemplare"

Il presidente del sindacato dell'Aeroparco dice di non volere "fare processi a priori", ma si ricorda dell'estate 2004, dell'arrivo di centinaia di carovane e dei problemi che ne erano seguiti.

Mette l'accento sulle sfide economiche: l'Aeroparco dice, conta 800 posti di lavoro, imprese che investono e "due dossier in corso": la costruzione di un edificio di 2000 m2 ed la ristrutturazione di un'impresa in un edificio di 4.000 m2.

Ai suoi occhi, la palla è ora chiaramente nel campo dei poteri pubblici: allo Stato, chiede, "di prendersi le sue responsabilità". La soluzione? Secondo lui consisterebbe nel indurre la gens du voyage a restare là dov'è attualmente.

"La questione deve essere gestita a livello interregionale. Dopo tutto, per i manifestazioni e le visite del presidente della repubblica, i pubblici poteri sono capaci di agire e prevenire. Se si attende che la gens du voyage converga verso Fontaine, non ci saranno che cattive soluzioni".

Difficile, tuttavia, andare contro la libertà di movimento, come sottolinea Rémi Darroux. Il direttore dell'ufficio del prefetto sottolinea d'altra parte che delle disposizioni sono state adottate: un'altra superficie di grande passaggio è stata contattata qualora fosse necessario ed è stata chiesta la sorveglianza alle forze di polizia.

Il dipartimento del Territorio di Belfort è "esemplare", sottolinea: oltre alla superficie d'accoglienza di Fontaine, molte piccole superfici sono state realizzate in questi ultimi anni.

Giustamente, risponde Christian Proust, consigliere il generale (MRC): "Il dipartimento ha fatto in modo di realizzare aree, conformemente alla legge, e non è in questione ritornare su questa politica. Ma se la gens du voyage sceglie oggi Fontaine, è forse perché c'è l'area di grande passaggio. E se lo Stato lascia fare, ciò vuole dire che qualsiasi dipartimento che realizza un dispositivo si mette una rivoltella sulla tempia".

 

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