Vi invito a leggere
l'articolo del nostro presidente Juan de Dios Ramírez Heredia, pubblicato il 28 luglio sul giornale spagnolo "El
Mundo". [...]
Questo testo
contiene chiaramente la filosofia e gli obiettivi della nostra organizzazione,
condivisi dalla maggioranza delle entità che lavorano per la promozione,
sviluppo e progresso del nostro popolo.
But baxt, Sastipen thaj Mestipen
Manuel
García Rondón - Segretario Generale di
Unión
Romaní
UNION
ROMANI
Dirección Postal/Postal Address:
Apartado de Correos 202
E-08080 BARCELONA (Spain)
Tel. +34 934127745
Fax. +34 934127040
E-mail:
u-romani@pangea.org
URL:
http://www.unionromani.org
GIPSY POWER Sicuramente il
presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, occuperà un posto di rilievo nella
storia del suo paese non solo per essere il primo presidente negro della nazione
più grande del mondo, ma anche per aver preso ieri decisioni politiche
inimmaginabili che segneranno il suo mandato come uno dei più innovatori in un
paese abituato a sentirsi, forse a ragione, l'ombelico del mondo.
Ho letto con
ammirazione il suo discorso pronunciato giorni fa durante il congresso
dell'Associazione Nazionale per il Progresso delle Persone di Colore, che
celebrava il primo centenario della sua esistenza, e non ho potuto sfuggire alla
sensazione di sentirmi direttamente rappresentato dalle sue parole. Anzi, ho
fatto l'esercizio di sostituire semplicemente la parola "negro", ogni volta che
appariva nel testo, con la parola "gitano" e il discorso si trasformava in un
messaggio assolutamente adeguato alla nostra realtà. Per questo oggi mi sento
confortato nel constatare che l'uomo più potente della terra sia un negro che ha
detto alle persone della propria etnia quello che alcuni di noi gitani andiamo
dicendo ai nostri simili da più di trenta anni. Da domani, quando ripeterò alla
mia gente quello che vado dicendo da molto tempo, dirò loro che non sono parole
mie, ma che è lo stesso presidente degli Stati Uniti a pronunciarle: " Si, se
sei gitano, le possibilità di crescere tra la delinquenza e le bande sono
maggiori; si, se vivi in un quartiere povero, affronterai difficoltà che coloro
che vivono nei quartieri residenziali ricchi non devono fronteggiare. Ma queste
non sono ragioni sufficienti per ottenere note negative, queste non sono
motivazioni esaurienti per non andare a scuola o per abbandonare gli studi.
Basta con le scuse! Nessuno ha scritto il tuo destino al posto tuo. Il tuo
destino è nelle tue mani. Non ci sono scuse!".
Noi gitani
spagnoli, - che senza dubbio siamo un collettivo privilegiato se paragonato ai
nostri fratelli nel resto d'Europa, - patiamo ancora un altissimo tasso di
analfabetismo e le condizioni di vita di buona parte della nostra popolazione
sono quelle proprie di coloro che
formano i gruppi di esclusione e "lumen" sociale. Per questo acquistano maggior
valore le parole del presidente gitano degli Stati Uniti che a due mesi
dal giuramento sul suo mandato si dovette confrontare con un rapporto che
sosteneva che "i negri negli Stati Uniti possiedono il doppio delle possibilità
di restare disoccupati, il triplo delle possibilità di vivere in povertà, e sei
volte di più quella di andare in carcere rispetto ai bianchi".
E´vero che, come
dice il saggio proverbio castigliano, "la casa di Santa Maria non è stata
costruita in un giorno", ma non è meno certo che il ritmo frenetico delle
trasformazioni che sta sperimentando la società maggioritaria da poco più di
mezzo secolo, obbliga noi gitani europei a fare uno sforzo supremo affinché il
cambiamento che auspichiamo sia efficace e che possiamo essere, una volta per
tutte, artefici del nostro destino e amministratori della nostra libertà. E il
presidente Obama ci ha detto che "in ultima istanza, siamo noi che dobbiamo
coltivare il nostro destino giorno per giorno". Questo mi porta a formulare, in
linea con il pensiero del presidente statunitense, alcune proposte per i gitani
spagnoli.
Prima: Non
riponiamo troppa fiducia nei sovvenzionamenti del Governo. Le sovvenzioni devono
essere un mezzo, mai un fine. Anzi, quando le sovvenzioni non sono pienamente
giustificate, o si concedono con criteri presumibilmente estranei alla volontà
degli stessi gitani, possono essere una remora che ci condannerà
irrimediabilmente al clientelismo e alla dipendenza dalla mano che ci alimenta.
"I programmi di governo – ha detto Obama - non otterranno da soli che i nostri
figli giungano nella terra promessa. E il Governo deve essere una forza per
fornire opportunità e una forza per munire di libertà."
Seconda:
E´necessario che siamo noi stessi gitani a essere coinvolti direttamente nella
trasformazione della nostra realtà. Nessun popolo ha raggiunto la prosperità a
partire dal colonialismo politico, culturale e caritatevole. Finché il
Parlamento Europeo si è espresso nella Risoluzione approvata lo scorso 11 marzo
intimando che noi gitani partecipiamo a tutte le decisioni previste dai governi
e dirette alla nostra comunità. E chiede che si rispetti la nostra capacità e la
nostra responsabilità di organizzarci autonomamente. Ma non ci inganniamo. A
nulla serviranno i buoni propositi dei governanti se non siamo noi, i gitani
stessi, coloro che lottano per progettare il proprio destino. Lo ha detto Obama:
"Nei gitani si deve operare un cambio di mentalità, un nuovo insieme di
attitudini al fine di prendere le redini della propria vita".
Terza: Dobbiamo
aspirare a ottenere un autentico potere gitano. Ormai non basta che i governi
mettano nelle nostre mani le risorse destinate a realizzare la nostra
emancipazione e con quella l'uscita dall'esclusione sociale a cui siamo
sottomessi. Il presidente degli Stati Uniti, che è negro, figlio di padre negro
e di madre bianca, ha conosciuto e sofferto le ferite dell'emarginazione, che lo
hanno portato a dire "si continua ad avere ingiustizia nei confronti dei negri,
che si vedono relegati all'ultima posizione in tutte le scale del benessere". Le
sue parole sono perfettamente applicabili ai gitani spagnoli quando dice che:
"Il dolore della
discriminazione si sente ancora tra di noi, ma questo non giustifica che (...)
vengano condannati alla disperazione o a ruoli secondari in questo paese. (...)
Desidero che aspirino a diventare scienziati e ingegneri, dottori e maestri, non
solo giocatori di pallacanestro o rapper".
Sono stato
un'eccezione privilegiata nella vita politica spagnola. Avendo avuto le stesse
umili origini di Obama, sono stato Deputato nel Parlamento spagnolo e nel
Parlamento Europeo per 23 anni consecutivi della mia vita. Ma con me si è
spezzata tristemente la continuità. Nessuno ha più occupato il posto che
ricoprivo a Madrid o a Strasburgo. E´vero che in Spagna attualmente ci sono due
deputati autonomisti gitani: uno è il mio carissimo amico Manuel Bustamante che
si trova nella Corte Valenciana come rappresentante del Partito Popolare, e
l'altro è il mio compagno del Partito Socialista Francisco Saavedra, che si
trova nell'Assemblea Extremadura.
Ma è vergognoso che non ci sia rappresentanza gitana nel Parlamento
dell'Andalucia, regione in cui
vive la metà dei gitani spagnoli, né nel resto delle istituzioni di
rappresentanza democratica del paese.
Il vero potere
gitano si attuerà il giorno in cui accumuleremo meriti affinché il presidente
del Governo, consapevole della forza che rappresentano più di 700.000 gitani
spagnoli, nomini un ministro o una ministra, Segretario di Stato o Direttore
generale che siano gitani. E in più ci si potrebbe aspettare, perché no? che il
prossimo Direttore generale della Guardia Civile sia un gitano. Questo sarebbe Gipsy Power!
Quarta: Infine
desidero rivolgermi proprio a quei gitani che bandiscono la propria gitanità.
Conosco molti gitani che sono professori universitari, cattedratici, medici,
ingegneri, economisti, avvocati, così come piccoli e medi imprenditori, etc.
Devono rendere pubblica la loro condizione di gitani. Questo ci dà prestigio e
contribuisce in modo positivo alla rivendicazione del nostro buon nome. Sono
convinto che quando qualcuno viene nel mio ufficio di avvocato per essere
difeso, collega alla mia condizione di gitano la fiducia nel fatto che
professionalmente io sia chi di meglio gli possa far vincere una causa.
Nessuno lo ha
detto meglio di Barak Obama, delle cui parole ci appropriamo e andiamo a
scolpire sul frontespizio di tutte le nostre organizzazioni: "È ora che i bimbi gitani aspirino a diventare scienziati, ingegneri, giudici del Tribunale
Supremo e presidenti del Governo della nazione".