Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 17/03/2009 @ 08:30:54, in Italia, visitato 2247 volte)
Ivana K Roman su Facebook mi ha rimproverato per questo
articolo sulla
Serbia, scrivendomi che l'Italia ha molto da imparare da quel paese sulla
tutela dei Rom... Probabilmente ha ragione, ecco che proprio la Milano dell'Expo
è finita sotto le critiche di
Amnesty International (file PDF). Per il momento sta circolando in inglese,
provo a tradurlo
Le autorità di Milano stanno preparandosi a sgomberare di forza una comunità
di circa 150 Rom che vivono sotto un cavalcavia a nord nella città. Secondo i
giornali locali, hanno annunciato che lo sgombero avverrà tra il 13 e il 30
marzo.
Per la legge italiana, le autorità pertinenti dovrebbero notificare ad ogni
individuo, o pubblicare nei modi previsti dalla legge un ordine o un avviso ma,
secondo le informazioni disponibili ad Amnesty International, non l'hanno fatto.
Dato che l'ordine non è stato formalizzato, la comunità non può ricorrere
attraverso i tribunali e fermare o posporre lo sgombero.
Non ci sono state consultazioni con la comunità sul minacciato sgombero, o
alcun tentativo di identificare assieme qualsiasi alternativa attuabile. Appare
che le autorità non hanno preparato nessun piano per un'adeguata sistemazione
alternativa o ne hanno discusso con i diretti interessati. L'atteggiamento della
municipalità nelle occasioni precedenti è stato di offrire qualche forma di
riparo nel breve termine (settimane o pochi mesi), e soltanto per le donne e i
bambini piccoli, nei dormitori per senzatetto. In alcuni casi sembra che
neanche questa offerta sia stata fatta. Attualmente la comunità sta vivendo in
tende e baracche autoprodotte sotto il ponte di Bacula, senza acqua corrente,
fognature o elettricità. Senza una sistemazione alternativa, le famiglie
dovranno spostarsi in un altro accampamento improvvisato o restare senza riparo.
La maggior parte dei Rom che vivono nel campo di Bacula hanno precedentemente
sperimentato almeno uno sgombero forzato. Si ritiene che circa 110 di loro siano
stati sgomberati nell'aprile 2008 da un altro campo non autorizzato, in via
Bovisasca. Di questi 110, almeno 100 sono stati sgomberati nell'ottobre 2007,
dallo stesso campo Bacula dove stanno vivendo adesso. Diversi degli sgomberi
precedenti sono degenerati in distruzioni di proprietà, inclusi i ripari,
vestiti, materassi ed, in qualche caso, medicine e documenti. Si ritiene che
tutti questi sgomberi siano stati portati avanti senza le procedure di
salvaguardia richieste dagli standard dei diritti umani regionali ed
internazionali, incluso un tempo di preavviso adeguato e ragionevole,
un'opportunità di un'autentica consultazione, fornitura di rimedi legali incluso
se necessario l'aiuto legale, soluzioni abitative alternative adeguate e
compensazione per tutte le perdite. L'Italia è anche sotto l'obbligo di
assicurare che gli sgomberi non rendano gli individui senza riparo o vulnerabili
alla violazione degli altri diritti umani.
Almeno in 35 a rischio di sgombero hanno meno di 18 anni, e 15 meno di 5.
Dieci bambini frequentano la scuola vicino al campo Bacula, nonostante le
condizioni di vita davvero difficili; le minacce di sgombero di interrompere la
loro scolarizzazione e disturbare seriamente la loro istruzione.
Se la comunità di Bacula fosse sgomberata a forza, sarebbero a rischio di
vivere in condizioni considerevolmente peggiori di quelle che affrontano oggi,
che sono già estremamente difficili, senza un semplice riparo vivrebbero
all'aperto esposti alle intemperie. L'interruzione renderebbe difficile per gli
adulti, di cui almeno 14 si ritiene abbiano un impiego regolare, di andare a
lavoro.
Per la legge internazionale gli sgomberi forzati - cioè sgomberi portati
avanti senza appropriate garanzie procedurali, inclusa la possibilità di
indennizzo giudiziario e senza assicurazione di sistemazione alternativa
adeguata - sono una grande violazione di diversi diritti umani, incluso il
diritto ad un alloggio adeguato. Lo sgombero può avvenire soltanto come ultima
possibilità, una volta che tutte le possibili alternative siano state esplorate
e soltanto con tutte le adeguate protezioni procedurali, in accordo con gli
standard internazionali e regionali dei diritti umani. L'Italia è stata
sottoposta a severe critiche dalle associazioni dei diritti umani internazionali
e locali, incluso il Comitato Europeo per i Diritti Sociali, che hanno trovato
l'Italia in violazione della Carta Sociale Europea. Tuttavia l'Italia ha mancato
di implementare queste raccomandazioni ed al contrario ha continuato ed in
determinati casi aumentato gli sgomberi forzati di comunità rom.
INFORMAZIONI DI SFONDO
Per almeno gli ultimi10 anni, sono stati compiuti in Italia numerosi sgomberi
forzati di comunità rom. Gli sgomberi sono diventati più frequenti dopo che il
18 maggio 2007 sono stati firmati accordi speciali (i Patti per la Sicurezza)
tra il governo nazionale e le autorità locali, inclusa quella di Milano. Con
questi accordi alcuni poteri sono stati trasferiti dal Ministero degli Interni
alle autorità locali, allo scopo di indirizzare le minacce percepite alla
sicurezza, incluse quelle che si suppone siano poste dalla presenza di comunità
rom in queste città. Nel maggio 2008, un decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri (DCPM 21 maggio 2008) ha conferito poteri emergenziali ai Prefetti
(i rappresentanti permanenti del governo nazionale sul territorio) per un anno,
perché risolvessero "l'emergenza nomade" adoperando una legge del 1992 emanata
per fornire poteri d'emergenza in caso di disastri naturali. Il decreto da
potere ai Prefetti di derogare da un numero di leggi, compreso quelli che
conferiscono diritti a tutta la gente rispetto ai poteri delle autorità. Il
potere può essere esercitato contro chi di qualsiasi nazionalità sia ritenuto
"nomade". Sembra riguarda sproporzionatamente i Rom.
AZIONI RACCOMANDATE (questa è la parte più importante ndr): Vi
preghiamo di inviare appelli che arrivino il prima possibile, in italiano,
inglese o nella vostra lingua:
- per far pressione alle autorità che non sgomberino forzatamente le
famiglie rom che vivono sotto il cavalcavia Bacula;
- che ricordino alle autorità che gli sgomberi forzati, portati avanti
senza protezioni legali, sono proibiti dalla legge internazionale e una
grande violazione di diversi diritti umani; in particolare quello ad una
sistemazione adeguata;
- per fare pressione che gli sgomberi avvengano solo come ultima
possibilità, e soltanto in piena conformità con le garanzie richieste dagli
standard locali ed internazionali dei diritti umani, incluso attraverso una
reale consultazione coi residenti interessati dell'area e per esplorare le
possibili alternative; fornire loro una notifica adeguata e ragionevole;
garantire il diritto al risarcimento legale, inclusa la possibilità di
ricorrere in tribunale e di avere aiuto legale, fornire una sistemazione
alternativa adeguata e una compensazione per tutte le perdite ed assicurare
nessun maltrattamento ai Rom.
APPELLI DA INVIARE A:
Prefetto di Milano: Dott. Valerio Lombardi, Prefetto di Milano, Palazzo Diotti - Corso Monforte, 31
- 20122 Milano, ITALY Email
prefettura.milano@interno.it Fax: +39 02775 84170 Saluto: Egregio sig. Prefetto
Sindaco di Milano: Sindaco Letizia Moratti, Comune di Milano, Palazzo Marino, Piazza della Scala 2,
20121 Milano, ITALY Saluto: Egregio Sindaco
Vice Sindaco: Vice Sindaco Riccardo De Corato, Piazza Scala, 2 – 20121, Milano, Italy Fax: +3902884 50059 Email:
vicesindaco.decorato@comune.milano.it
Saluto: Egregio Vicesindaco
Assessore alle Politiche Sociali:
Assessore Politiche Sociali Mariolina Moioli, Largo Treves, 1 – 20121 Fax: +3902884 53391 Email:
assessore.moioli@comune.milano.it
Saluto: Egregio
Assessore
INVIATELE IMMEDIATAMENTE. Controllate con il Segretariato
Internazionale, o l'ufficio della vostra sezione, se inviare gli appelli dopo il
1 aprile 2009.
Di Fabrizio (del 17/03/2009 @ 09:11:27, in Italia, visitato 1499 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Il Manifesto, 14 marzo 2009 - Politica e società di Cinzia Gubbini
Sta bene, sta imparando a leggere e scrivere e ormai parla un buon italiano.
Angelica V. compirà 17 anni a novembre, e da più di un anno ormai è rinchiusa
nel carcere minorile di Nisida, Napoli: è lei la prima rom ad essere stata
condannata in Italia per aver tentato di rapire un bambino, il pregiudizio che
da sempre insegue i rom in tutto il mondo. E' dal suo caso - che secondo il suo
avvocato difensore, secondo le associazioni che hanno seguito il processo di
primo grado, è ancora tutto da chiarire - che partirono i pogrom di Ponticelli,
capaci di far sparire in un paio di giorni i rom da quell'area, come da anni i
comitati cittadini tentavano di fare.
Angelica è rimasta sullo sfondo di una storia molto più grande e complicata,
che mette insieme razzismo, camorra, politica. A lei sono rimasti tre anni e
otto mesi di carcere da scontare, secondo la sentenza del Tribunale dei minori
del 13 gennaio scorso. Ieri è andata a trovarla un'attivista dell'associazione
Everyone, Giancarlo Ranaldi: "Angelica è tranquilla, e finalmente è riuscita a
tornare in contatto con un membro della sua famiglia, così può informarsi sulla
sua bambina". Perché anche Angelica è mamma. Sua figlia ha un anno e mezzo e
vive in Romania con i nonni, in una cittadina vicino Bistrita, nel nord-ovest
del paese. Anche Angelica viveva lì fino ad aprile, quando è venuta in Italia
con il marito e altri due parenti e si è stabilita a Ponticelli. Viveva di
elemosina, ma anche di furti. Giusto due giorni prima del presunto tentativo di
rapimento aveva già rischiato di essere linciata da un gruppo di abitanti,
perché era stata sorpresa in un appartamento. L'aveva salvata una pattuglia
della polizia. "Possibile che dopo due giorni da quell'episodio si sia andata a
ficcare in una situazione tanto pericolosa come il tentativo di rapire un
bambino?", si chiede Giancarlo. Lui che ci ha parlato ha avuto l'impressione che
sia una ragazzina come tante, allegra ieri perché era venerdì, il giorno della
telefonata. "Mi ha detto che vive aspettando il venerdì, quando può chiamare a
casa. Ma è ancora molto spaventata e mi ha detto di soffrire molto per la
lontananza di sua figlia e di suo marito". Giancarlo le ha anche chiesto se le
servissero soldi "ma mi ha risposto di no - racconta - perché in carcere le
hanno dato un lavoro e riceve una piccola paga. Me lo ha detto con orgoglio".
Il 7 maggio l'appello. L'avvocato Chirsitian Valle aveva denunciato la
parzialità del processo di primo grado. "Stiamo seguendo da vicino il caso -
dice Roberto Malini di Everyone - e anche il presidente dell'Union Romanì, Juan
De Dios Ramirez Heredia, che è avvocato, e potrebbe indossare di nuovo la toga
per difenderla".
Di Fabrizio (del 17/03/2009 @ 09:26:30, in Italia, visitato 2203 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
Liceo Scientifico St. “M. Malpighi”
Via Silvestri, 301, Roma
Progetto Intercultura / Diritti umani
CORSO DI AGGIORNAMENTO SULLE CULTURE ROM-SINTI
Con il patrocinio della Provincia di Roma
L'estrema tensione che si riscontra attualmente nel nostro Paese in merito alla
convivenza con le comunità Rom-Sinti richiede innanzi tutto l'avvio di un
percorso di conoscenza di quella realtà. Il nostro Liceo, che ha come linee
portanti del POF l'educazione all'intercultura, al rispetto dei diritti e alla
convivenza civile, basata sul reciproco rispetto e sulla solidarietà, si fa
promotore di una qualificata occasione di studio.
Il corso è rivolto non solo ai docenti interni, ma anche ai docenti delle scuole
di zona e in generale al territorio, perché in questa fase potrebbe risultare
interessante anche per altri operatori o semplicemente come momento di
approfondimento culturale su un tema molto caldo e sul quale l'informazione è
assolutamente carente.
Il corso si articolerà su tre incontri pomeridiani di tre ore ciascuno
(dalle 15.00 alle 18.30), articolati su moduli tematici e un pomeriggio finale dedicato
alla presentazione di espressioni artistiche, inteso come iniziativa aperta al
territorio.
Sarà possibile frequentare anche soltanto uno o due moduli.
Sarà disponibile la bibliografia raccolta dal Progetto Intercultura e a tutti i
partecipanti verranno distribuiti alcuni materiali di base.
Coordinatori del Corso:
Francesca Ferrari (Referente Progetto Intecultura/Diritti umani Liceo Sc. St.
Malpighi)
Cristina Mattiello (Liceo Sc. St. M. Malpighi)
Per informazioni e iscrizioni: cristinam@mclink.it
Programma
I giornata: tra storia e immaginario
Giovedì 19 marzo, ore 15.00-18.30
1 Quadro storico di base (con un'attenzione specifica allo sterminio nei lager
nazisti e alla creazione dei “campi nomadi”): Prof. Luca Bravi (Univ. di
Firenze)
2 La costruzione dello stereotipo: Pino Petruzzelli (regista, attore, autore di
“Non chiamarmi zingaro”)
3 L'immagine dello zingaro in letteratura: Cinzia Di Cicco (Liceo Sc. Malpighi)
II giornata: la scuola
Venerdì 17 aprile, ore 15.00-18.30
1 Problematiche della scolarizzazione: linee teoriche: Prof. Marco Brazzoduro
(Docente di Politiche Sociali e Sanitarie, Università "La Sapienza", Roma “)
2 Tavola rotonda. Gli operatori: Rocco Mangiavillani (Comunità di Capodarco),
Sabina Milani (Arci), un operatore di Sant'Egidio, un operatore dell'Opera
Nomadi
3 Interventi di insegnanti delle scuole elementari e medie limitrofe con
presenza di bambini Rom e di una maestra della Sc. Element. Iqbal Masih.
III giornata: la situazione attuale (diritti, cultura, interventi possibili)
Lunedì 11 maggio, ore 15.00-18.30
Laboratorio a cura di Eva Rizzin (sinta, Dottorato di ricerca in Geopolitica,
Istituto di cultura sinta, ricercatrice ed esperta per il Parlamento europeo);
presentazione di filmati e materiali vari sulle problematiche giuridiche e la
situazione politica e sociale in Italia e in Europa.
IV giornata: cultura e arte. Pomeriggio aperto al territorio
Venerdì 15 maggio
1 Quadro culturale generale: Cristina Formica, operatrice sociale, redattrice di
Carta
2 Gli zingari e il cinema: Cristina Formica
3 Musica dal vivo: un musicista Rom; Lucilla Galeazzi (cantante di fama
internazionale nel campo della musica popolare)
Verranno proposti assaggi di cucina Rom.
Di Fabrizio (del 18/03/2009 @ 09:00:41, in Italia, visitato 1496 volte)
INT. Cesare Alzati - sabato 14 marzo 2009
Quali sono, a suo avviso, le principali cause della difficile integrazione
dei rumeni in Italia?
Non credo sia corretto parlare di “difficile integrazione”. È significativo il
caso di Romeni che, dopo aver conosciuto situazioni di vita dura in Italia,
avendo trovato sistemazione in altri Paesi europei, intervistati, hanno
dichiarato che l’ambiente in cui meglio si erano sentiti era comunque l’Italia.
Nei mesi scorsi ho incontrato un imprenditore romeno, stabilitosi e operante da
tempo nel nostro Paese, che pubblicamente ha testimoniato di non essersi mai
sentito discriminato per la sua origine. Quando si parla di cittadini romeni
presenti in Italia, non si può non considerare il fatto che tra loro vi sono
appartenenti al popolo romeno e appartenenti ai gruppi Rom (ossia, Zigani; in
lingua italiana: Zingari). Il problema dell’integrazione e della marginalità nei
due casi si pone ovviamente in termini diversi. Se già esistono problemi di
integrazione e di tutela nei confronti degli Zingari italiani, è oltremodo
comprensibile che tali problemi si presentino in forma esasperata per gli
Zingari non italiani, tra i quali non pochi sono i romeni. Ma in questo caso
la questione non è legata alla cittadinanza (romena), ma alle consuetudini e
alle forme di vita (zingaresche), sicché non è questione specifica ‘romena’.
Merita comunque ricordare che nel ‘Vecchio Regno’, ossia nei territori romeni
rimasti vassalli del Sultano – almeno formalmente – fino al 1878, gli Zingari
erano schiavi, con relativo mercato, e sono stati emancipati nel 1855. Vi è
dunque in questo gruppo etnico una sedimentazione di esperienze storiche, che ne
rende il processo d’integrazione oltremodo complesso. Discorso profondamente
diverso s’impone per quanti, appartenenti al popolo romeno, sono oggi presenti
in Italia. E non sono soltanto cittadini romeni, ma anche Romeni con
cittadinanza ucraina e – in misura assai più ridotta – moldovena. Tra costoro vi
sono anche persone con elevati titoli di studio e ottima qualificazione
professionale; vi sono validi studiosi perfettamente inseriti in organismi di
ricerca, vi sono imprenditori e, naturalmente, come tutti sappiamo, ottimi
manovali, infermiere e collaboratrici domestiche, talvolta con titoli di studio
di alto livello. Nel contesto di una migrazione selvaggia, quale si è avuta, vi
sono anche disperati, con precedenti penali e condanne nel loro Paese, che –
venendo clandestinamente in Italia – vi portano la loro disperazione e la loro
marginalità. Per renderci conto del fenomeno si pensi alla migrazione dalla
Sicilia negli Stati Uniti all’inizio del Novecento e all’esportazione della
delinquenza organizzata, che allora si determinò. Fu quello certamente un
fenomeno legato all’immigrazione italiana, ma non sarebbe legittimo identificare
l’Italia con quel fenomeno. L’equiparazione ‘Italiano-mafioso’ non è soltanto
sgradevole a udirsi, soprattutto non è, e non era, rispondente alla realtà.
Non conosciamo quasi nulla della cultura romena, che pure anche
linguisticamente è vicina alla nostra. Come mai? Come valuta la situazione
culturale di quel paese, che ha vissuto un regime comunista particolarmente
feroce ed è infine approdato nell’Unione Europea?
Sembra che la moltiplicazione smisurata degli strumenti di comunicazione
paradossalmente ci renda in ugual misura ignoranti delle realtà con cui veniamo
in contatto. L’intensità degli scambi culturali che si ebbe tra i due Paesi nel
periodo interbellico è ben attestata dallo splendido edificio dell’Accademia di
Romania in Roma a Valle Giulia. Nei manuali di Storia lo spazio romeno è
peraltro quasi ignorato: colpevolmente, trattandosi di uno spazio cerniera, dove
si è realizzato un interessantissimo interscambio tra le grandi tradizioni
culturali, religiose, istituzionali dell’Europa. Questa ricca vicenda storica è
ben espressa dall’Università di Cluj, in Transilvania. Le sue radici affondano
nel Collegio gesuitico creato nel 1581, che nel secolo XVII divenne una
prestigiosa Scuola superiore protestante (unitariana), nella seconda metà del
Settecento conobbe la propria rifondazione quale Università tedesca e, un secolo
più tardi, nel quadro del Regno d’Ungheria, fu trasformata in Università
ungherese, per divenire infine, dopo la formazione del Regno della Grande
Romania nel 1918, importante ateneo del sistema universitario romeno. Tale
Università ha attualmente tre linee d’insegnamento: romena, ungherese e tedesca;
ha quattro Facoltà teologiche: Ortodossa, Greco-Cattolica, Riformata,
Romano-Cattolica; ha una Facoltà di Economia caratterizzata da linee di
formazione specializzate per le diverse aree economiche europee, con corsi
interamente in lingua inglese, tedesca, francese (è in fase progettuale anche
una linea italiana); ha istituito con la collaborazione di Università
dell’Unione Europea una dinamica Facoltà di Studi Europei ed è impegnata in una
fitta rete di scambi internazionali. Chi visiti quell’Università non può
sottrarsi all’impressione di un Paese che ha seriamente investito sulla
formazione e sulla cultura, e che sta preparando con impegno il suo futuro, dopo
la devastazione e il più che quarantennale isolamento imposto dal regime
ideocratico e totalitario comunista. Siffatta impressione trova conferma nelle
borse di studio che annualmente il Governo romeno pone a disposizione di propri
giovani laureati in discipline umanistiche per soggiorni biennali di studio e di
specializzazione in Italia, presso l’Accademia di Romania in Roma e a Venezia
presso l’Istituto Romeno di cultura e ricerca umanistica.
Qual è la situazione religiosa della Romania?
La storia religiosa dello spazio romeno è la più marcatamente europea
dell’intero continente! Ciò che altrove è polarizzazione dialettica (Ortodossia
/ Protestantesimo; Atene / Ginevra) qui, e segnatamente in Transilvania, è
compresenza storica e complementarietà vissuta: nella stessa località chiesa
protestante e chiesa ortodossa si trovano l’una presso l’altra. Ma anche in
rapporto alla tradizione ortodossa, non si deve dimenticare che questo popolo,
che ha sempre parlato lingua (neo)latina, ha utilizzato per secoli quale lingua
di culto e di cultura la lingua slavona, sostituita nel Sei-Settecento dal
greco, soprattutto in Valacchia e Moldavia (presso le Corti, nelle sedi
episcopali e nei grandi monasteri). In tal modo anche quella che nell’ambito
ortodosso può considerarsi una polarizzazione non priva di tensioni tra Slavia
ed Ellenismo romeo (ossia, tra Mosca e Costantinopoli) nello spazio romeno è
divenuto patrimonio analogamente compartecipato e armonicamente metabolizzato.
Inoltre nella Transilvania, se il popolo romeno era di tradizione ortodossa, le
egemoni componenti ungheresi e tedesche (Sassoni), di tradizione cattolica, col
secolo XVI divennero protestanti: luterani i Sassoni, riformati gli ungheresi,
in notevole misura acquisiti nel Seicento alla Chiesa unitariana
(antitrinitaria). Solo a partire dalla fine del Seicento, con l’inserimento del
Principato nel sistema imperiale asburgico, fu possibile un parziale recupero
delle popolazioni ungheresi alla fede cattolica. Quanto ai Romeni negli anni
1697-1701 la loro Chiesa, pur conservando la tradizione ecclesiastica ortodossa,
si dichiarò Unita con Roma. L’inserimento alla metà del Settecento di missionari
confessionali serbi provocò la frattura all’interno di tale Chiesa col formarsi
di una comunità ortodossa ‘non unita’ divenuta rapidamente maggioritaria.
All’avvento del regime comunista la Chiesa Unita (o greco-cattolica, secondo il
lessico cancelleresco asburgico) era comunità ancora molto consistente (oltre
1.500.000 fedeli) e caratterizzava centri urbani, come la stessa Cluj. Il 1°
Dicembre 1948 tale Chiesa è stata dichiarata non più esistente dal potere ateo:
tutti i suoi vescovi e un gran numero di suoi preti e laici sono stati posti in
carcere (dove molti hanno trovato la morte) e i suoi luoghi di culto sono stati
dati alla Chiesa ortodossa. Questo ha voluto dire nei villaggi cancellare
totalmente la Chiesa unita, nelle città determinare nelle chiese
cattolico-romane ungheresi una frequentazione da parte di fedeli romeni uniti,
che vi cercavano ospitalità per confermare la propria fedeltà alla comunione con
Roma. Uno dei primi atti istituzionali della Romania libera, dopo la caduta del
regime, è stata la restituzione della legittimità legale alla Chiesa Unita, cui
peraltro la Chiesa ortodossa non ha voluto restituire gli edifici di culto a lei
conferiti dal passato potere (con l’unica eccezione dell’Arcidiocesi di
Timisoara, retta dal metropolita del Banato Nicolae Corneanu, che al riguardo ha
offerto e sta offrendo una straordinaria, coraggiosa e sofferta testimonianza di
fraternità cristiana). Mentre in tutto il Paese vengono resi agli antichi
proprietari i beni confiscati dalla collettivizzazione comunista, un recente
disegno di legge intende escludere da tale restituzione unicamente la Chiesa
Unita, assegnando gli edifici di culto (e non solo) a lei appartenuti, non in
base al titolo di proprietà originario, ma in base alla maggioranza numerica dei
fedeli: sicché, dopo la decimazione prodotta dalla persecuzione, la Chiesa Unita
sarebbe privata di ogni suo legittimo bene proprio perché decimata. La
situazione, paradossale, non può non creare tensioni: assolutamente assurde in
un tempo come l’attuale, in cui le Chiese hanno problemi fondamentali con cui
confrontarsi e sui quali offrire una concorde testimonianza. Per arricchire
ulteriormente il quadro religioso di questo spazio va altresì ricordato che,
segnatamente in Moldavia, fin dall’inizio del secolo XV anche gli Armeni ebbero
una propria sede episcopale e che nell’Ottocento qui si insediarono pure i
vecchio ritualisti russi. In età moderna e fino all’ultima guerra grande rilievo
ebbe anche la comunità ebraica. Dal punto di vista religioso, dunque, lo spazio
romeno, confessionalmente a prevalenza ortodossa, si presenta quale spazio
eminentemente europeo, ed anche per questo aspetto trova nella Unione Europea la
sua collocazione più consona e il contesto nel quale far crescere i germi di
‘unità nella diversità’ in esso presenti: sono germi profondamente in sintonia
con il principio ideale ispiratore dell’Unione (in varietate concordia),
dall’Unione stessa additato quale criterio istituzionale ai propri popoli e
offerto quale messaggio al mondo.
Di Fabrizio (del 18/03/2009 @ 09:01:50, in Italia, visitato 1535 volte)
Busto Arsizio (15 Mar 2009) Nei giorni scorsi il quartiere del Redentore è stato
messo in subbuglio dalla notizia della realizzazione di un campo nomadi in via
Vesuvio. Sono girati anche fogli di raccolta di firme per chiedere al Sindaco di
impedirne la realizzazione. Forte l'emozione tra la gente del quartiere, ma
durante le messe domenicali è accaduto qualche cosa che dà un quadro nuovo alla
questione.
Don Giorgio, parroco del Redentore, alla fine delle messe di sabato e domenica
ha voluto riferire ai propri fedeli che non vi è nulla di cui aver timore. "Non
voglio prendere le parti della politica, lo dico solo per giustizia e rispetto
delle persone", afferma don Giorgio, "ma la questione non sta nei termini in cui
è stata posta. Non si tratta di un campo nomadi, ma della richiesta di una
famiglia di giostrai italiani che da anni è presente nella nostra parrocchia, di
poter acquisire un lotto di terreno (700 metri quadrati) che permetta di
insediare in modo non precario, ma soprattutto non abusivo, le loro roulotte".
In effetti, risulta che la famiglia in questione ha pagato già da un anno
l'affitto anticipato; la Giunta aveva concesso l'area con una delibera assunta
due anni fa, ma poi non aveva dato seguito alla propria decisione, e sulla base
di questi documenti essa ha potuto fare ricorso al Giudice di Pace, che ha dato
torto al Comune, chiedendo di dare luogo alle decisioni assunte.
Chiaro che la politica ha avuto il suo ruolo e le sue responsabilità, tanto che
questa mattina alcuni attivisti della Lega Nord erano davanti alla Chiesa del
Redentore per volantinare sull'argomento, ma le dichiarazioni del parroco hanno
sicuramente spiazzato la situazione: molte persone hanno infatti rifiutato il
volantino o lo hanno gettato senza nemmeno leggerlo, dopo aver dato appena
un'occhiata.
Un vero autogol per la Lega Nord.
Alessandro Berteotti
Di Fabrizio (del 18/03/2009 @ 09:06:04, in Italia, visitato 1814 volte)
Da
Tarantolati Sud Magazine
Caserta 17-03-09 NB. la mamma rom della foto, da 20 anni in Italia, ha
trovato ottima ospitalità in Francia.
Caserta. La persecuzione del popolo rom continua. L'Opera Nomadi denuncia: "I
sindaci sgomberano le comunità rom non seguendo le direttive inviate dal
prefetto commissario straordinario per i rom della regione Campania Alessando
Pansa".
La comunità rom di Teverola, proveniente da Giugliano, nei giorni scorsi si è
spostata nuovamente dopo l'intimazione di sgombero. In realtà alcune visite di
poliziotti alla comunità con l'invito di sgomberare il terreno, all'insaputa
della prefettura di Caserta, avrebbero portato i rom ad andare via spaventati e
a spostarsi in altro Comune, sotto un altro ponte. Terrorismo psicologico molto
efficace. Il giallo sullo sgombero porta a credere che sotto ci sia una regia
del tipo "scaricabarile" da parte dei sindaci che agiscono facendo pressioni per
sgomberi nonostante l'ordinanza da parte del prefetto Pansa indichi
l'individuazione dei terreni comunali per ospitare i rom e migliorare le loro
condizioni di vita. I numerosi bambini, per i quali il prefetto Pansa chiede di
progettare in scolarizzazione, sono privati dei loro diritti elementari,
sballottati da un luogo all'altro (proprio a Teverola il caso di una bambina di
soli 4 anni malata di cancro all'utero che è stata in chemioterapia, ora fuori
pericolo). L'Opera Nomadi, nel ringraziare la prefettura di Caserta (il
prefetto Ezio Monaco, il vicario Francesco Provolo e lo staff presieduto da
Emilia Tarantino) e il prefetto Alessandro Pansa (ottime anche le intenzioni per
l'impiego dei rom nella raccolta rifiuti) che si adoperano per sollecitare
progettazione per campi attrezzati e scolarizzazione, stigmatizza il
comportamento di alcuni sindaci che ostacolano l'integrazione mediante la non
osservanza delle circolari. Il prefetto, nominato per i rom, infatti ha disposto
l'individuazione di aree idonee alla realizzazione di nuovi insediamenti per
porre fine allo stato di emergenza in cui si trovano le comunità, chiedendo ai
Comuni di indicare il numero di persone che sarebbe possibile accogliere. La
presidente dell'Opera Nomadi Nadia Marino spiega: "Resta un abissale scollamento
tra le intenzioni del prefetto Pansa (che a Napoli si è mostrato solerte umano e
disponibile) esposte nelle interviste in tv e i fatti, che, purtroppo, a causa
di una politica ottusa e poco lungimirante da parte delle amministrazioni
comunali, porta ad una condizione di vita peggiorativa delle comunità presenti.
Ciò vanifica gli sforzi delle associazioni di volontariato e del coordinamento
di enti che hanno partecipato alla tavola in prefettura per la progettazione in
politiche d'integrazione". Ad oggi nulla si è fatto nonostante un decreto del
Ministero della Pubblica Istruzione inviti a inserire i rom nel mondo della
scuola: "E' costituito presso la Direzione Generale per lo Studente, per le
finalità espresse in premessa, un Gruppo di lavoro con il compito di formulare
proposte e pareri sul programma di iniziative per contrastare il fenomeno
dell'abbandono e della dispersione scolastica per i minori Rom, Sinti e
Camminanti, da realizzare nell'ambito del sistema nazionale d'istruzione, al
fine di consentire un efficace coordinamento e di evitare la duplicazione con
consequenziale spreco di risorse umane e finanziarie". Secondo quanto scritto
nel protocollo d'intesa della prefettura di Caserta, quest'ultima "curerà il
coordinamento delle attività che fanno capo a ciascun ente ivi comprese
eventuali attività di bonifica dai rifiuti presenti nei campi e in prossimità
degli insediamenti e l'assegnazione di container da parte della Protezione
Civile della regione Campania". La Regione Campania inoltre dovrebbe impegnarsi
"ad individuare i fondi per l'attuazione delle finalità del protocollo anche
sotto forma di cofinanziamento agli enti locali aderenti. Curerà, inoltre, il
reperimento di container e roulotte da parte della Protezione civile regionale
per la sistemazione dignitosa delle famiglie destinatarie degli interventi".
Nella provincia di Caserta sono stati censiti i campi nelle seguenti zone: S.
Arpino, S. Maria C.V., Teverola. e Capua (ex campo profughi), S. Maria a Vico,
Maddaloni. L'Opera Nomadi chiede che ciascun Comune individui microaree da
attrezzare che dovranno ospitare non più di una decina di famiglie. Dovranno
essere assicurati: l'energia elettrica, l'acqua potabile, i servizi igienici, il
trasporto scolastico, le vaccinazioni obbligatorie mediante un'Unità di strada
della Asl. L'Opera Nomadi s'impegna a svolgere attività di consulenza,
progettazione, sensibilizzazione. Anche attraverso l'ausilio del volontariato si
impegna, altresì, a collaborare per la buona riuscita delle attività di
scolarizzazione, assistenza sanitaria, con particolare riguardo al programma di
vaccinazioni, a rendere operativo uno sportello legale e sanitario. La
collaborazione con i Comuni è necessaria, in quanto dovranno impegnarsi a
rendere disponibile un pulmino per l'accompagnamento di 20 bambini (o più in
base all'esigenza), provvisto di due autisti coadiuvati da un assistente sociale
che, in collaborazione con gli operatori sociali dell'associazionismo,
provvederanno alla risoluzione dei problemi che ostano alla assidua e proficua
frequenza scolastica dei minori rom. Intanto in Sardegna qualche mesi fa: "La
Giunta regionale ha approvato una proposta normativa, in linea con le più
recenti politiche dell'Unione europea sui Rom, che riconosce Rom e Sinti quali
minoranza linguistica regionale".
Di Fabrizio (del 19/03/2009 @ 09:13:30, in Italia, visitato 1480 volte)
Scrive la Cooperativa Pralipé di Pescara
E' la volta di Montesilvano e dell'ennesima strumentazione di un fatto di
cronaca che si trasforma in atto di razzismo.
E' il trionfo della sopraffazione che usa la finta causa sociale per far presa
sul malcontento comune.
Sequestrate e confiscate tutto ai Rom!
Uno slogan che presuppone l'analisi di due questioni fondamentali:
- il diritto di proprietà
- il relativismo culturale
Sulla prima questione c'è molto da dire, se non altro perché è sulla proprietà
privata che, nei secoli, i popoli conquistatori hanno giocato il loro ruolo ed
esercitato il potere.
Chiedete a un pescarese chi sono i Rom e vi diranno che sono "nomadi che hanno
le ville". Un ossimoro che continua a rappresentare il pregiudizio secondo cui
un Rom, se proprietario, ha costruito la sua casa con proventi illeciti.
Una generalizzazione che non tiene conto di coloro che lavorano e che hanno
ristrutturato, nel corso degli anni, gli alloggi avuti in eredità dai padri.
Inoltre, ed è atteggiamento maggioritario in uso anche per tutte le comunità
escluse, si colpevolizza il "possedimento" come rappresentazione di un avere che
non compete, enfatizzando che "se sei povero, come hai fatto a farti la casa?".
Potremmo chiederlo a milioni di persone che, con i sacrifici che ognuno di noi
conosce, sono riuscite ad avere una casa, grande o piccola che sia.
Sequestrate e confiscate tutto ai Rom!
Sul relativismo culturale e il riferimento all'appartenenza etnica possiamo dire
molto di più: il fatto di appartenere alla comunità Rom ci pone davanti
all'annosa questione del "non sono persona ma popolo", pur considerando che si è
persona in un contesto in cui quel popolo si esprime. Allora, come si esprime il
popolo Rom e come viene "espresso", dipinto e raccontato, dalla società che quel
popolo accoglie?
Nell'ultima settimana i giornali locali hanno dipinto un fatto di cronaca
rendendolo eclatante: l'entità della somma confiscata, il coinvolgimento della
figura dei minori - che tanto fa presa sull'opinione pubblica - e la
convenzionale ripresa dei caratteri "culturali", forzatura che tende a ribadire
il concetto secondo cui tutto un popolo possiede determinate caratteristiche.
Criteri che rafforzano la discriminazione razziale, ribadendo che se uno è Rom è
"culturalmente" dedito all'illecito.
Questo relativismo, che colpisce ogni straniero in terra straniera, rappresenta
in questo caso un pericoloso strumento che ha come obiettivo quello di rendere
lo stereotipo il canale preferenziale per arrivare alla "gente".
Più che uno slogan populista è uno slogan fascista che, in nome dello sviluppo
dello stato sociale (più caserme e case popolari, sic!) gioca sull'annientamento
del diritto di cittadinanza in nome del nazionalismo garantito dal senso di
appartenenza etnica.
Dal relativismo culturale al concetto di razza superiore, quindi, il passo è
veramente breve.
Mi chiedo quale risposta pubblica darà il territorio (non solo Montesilvano ma
anche la provincia pescarese e, perchè no? tutta la regione) a questo gravissimo
atto di razzismo.
Julia Prestia
Cooperativa Sociale Pralipé
Di Fabrizio (del 20/03/2009 @ 09:19:57, in Italia, visitato 2574 volte)
LABORATORIO DI SVILUPPO LOCALE PARTECIPATIVO IV Edizione – Marzo-Giugno 2009
Organizzazione e Coordinamento: Prof. Andrea Membretti
Supervisione: Prof. Angelo Bugatti
Informazioni e contatti:
andrea.membretti@unipv.it
Comune di Pavia Settore Servizi Sociali
Università di Pavia - Facoltà di Ingegneria
CdL Ingegneria Edile/Architettura
Corso di Sociologia Urbana e del Territorio
Il Laboratorio di Sviluppo Locale Partecipativo
Il Laboratorio - a cui partecipano gli studenti del 4° anno del CdL in
Ingegneria Edile/Architettura, unitamente ad alcuni esperti esterni - è una
attività correlata al Corso di Sociologia Urbana e del Territorio; le sue
attività di studio e di ricerca progettuale si focalizzano sui temi dello
sviluppo socio-economico e territoriale di Pavia e provincia, con particolare
attenzione al rapporto tra dinamiche partecipative, qualità della vita e
dimensioni dell’abitare.
I Sinti abitano Pavia.
La quarta edizione del Laboratorio è dedicata al tema dell’abitare in
riferimento alle comunità di Sinti che vivono stabilmente nella città di Pavia,
all’interno dei cosiddetti “campi nomadi”. L’obiettivo generale del Laboratorio
è quello di contribuire, tramite uno studio partecipativo di natura progettuale
che coinvolga direttamente i Sinti pavesi, a fare emergere possibili soluzioni
insediative in alternativa al modello dei “campi”: soluzioni che siano in grado
di coniugare il rispetto della norme vigenti con le esigenze e la cultura di cui
sono portatori i destinatari dell’intervento, favorendo nel contempo una
dialettica costruttiva con il resto della città e della popolazione in essa
residente.
I seminari pubblici
Il Laboratorio prevede, come inquadramento generale del tema trattato, la
realizzazione dei seguenti incontri:
• 26 marzo, ore 18: Presentazione del Laboratorio presso
l’insediamento sinti di P.le Europa (sulla destra del Palazzo Esposizioni), con
la partecipazione degli studenti, della comunità sinta e del Comune di Pavia
• 30 marzo, ore 14: Lezione aperta sull’antiziganismo
presso l’insediamento sinti di Via Bramante (Borgo Ticino), con Andrea Membretti
(sociologo) e con Erasmo Formica (Associazione Sinti Italiani di Pavia)
• 6 aprile, ore 18, Sala Conferenze della Prefettura (p.zza Guicciardi):
Zingari: storia di un’emergenza annunciata, presentazione - in
anteprima pavese, con la partecipazione dell’autrice e del Prefetto di Pavia –
dell’omonimo volume (Liguori, 2008) di Anna Rita Calabrò, docente di Sociologia,
Università di Pavia
• 15 aprile, ore 14, aula A2 di Ingegneria: Politiche locali per i
rom e per i sinti in Italia, presentazione (in anteprima pavese e con la
partecipazione di alcuni degli autori) del volume collettivo (a cura di T.
Vitale): Politiche possibili. Abitare la città con i rom e con i sinti (Carocci,
2009)
• 20 aprile, ore 14, aula 8 di Ingegneria: Tra ghettizzazione,
persecuzione ed espulsione: il difficile rapporto tra comunità zigane e
territorio. Confronto con il regista e sceneggiatore Francesco Scarpelli,
a partire dalla visione di alcuni estratti dai suoi documentari su Rom e Sinti
nell’area milanese
• 22 aprile, ore 14, aula A2 di Ingegneria: Partecipazione
collettiva e gestione degli insediamenti sinti e rom: il caso di Buccinasco e il
caso di Voghera, con Ernesto Rossi e Augusto Luisi, dell’Associazione
ApertaMente di Buccinasco (Milano) e con Laura Giusti, volontaria Opera Nomadi
di Voghera
• 27 aprile, ore 14, aula 8 di Ingegneria: Realizzare insediamenti
con i Sinti e con i Rom: esperienze a confronto, con Armando de
Salvatore, associazione Architettura delle Convivenze (Milano)
Di Fabrizio (del 20/03/2009 @ 09:31:59, in Italia, visitato 1426 volte)
Segnalazione di Consuelo Pollini
Da
corriere.it - I nomadi al cavalcavia Bacula: l'ennesimo blitz, a giorni, è già
deciso. L'appello: alcuni vogliono integrarsi
Il campo rom al cavalcavia Bacula (Fotogramma)
MILANO - Prima che "quelli di Bacula", nella geografia delle migrazioni
metropolitane dei rom loro sono conosciuti come "quelli della Bovisasca".
Attorno alle 150 unità, questi nomadi, romeni, l'anno scorso vennero sgomberati
da un prato di via Bovisasca in una giornata calda e tesa che fece arrabbiare e
in certi frangenti vergognare — "Violati i diritti umani" disse la Curia —,
dopodiché gran parte degli immigrati finì appunto sotto il cavalcavia Bacula.
Là, nel sottosuolo, c'era l'arsenico regalo delle vecchie fabbriche chimiche,
mentre sul suolo galoppavano i topi; qui, è pure peggio. Per com'è posto, in
campo aperto, sotto il cavalcavia il vento arriva con raffiche che gelano e
spengono i fuocherelli. Ci son tanti bimbi. E adulti che spesso non lavorano,
campano di elemosina, si lasciano andare.
Nell'insieme, per la Diocesi, "la situazione non è degna di una città
civile". Milano, a sentire il Comune, agirà con l'ennesimo blitz. A giorni. È
già deciso. Sostiene la Diocesi, nello specifico con un cartello che unisce
Caritas, Casa della Carità, Acli e Padri somaschi: "L'esperienza dovrebbe
insegnare che se ci limiterà all'azione di forza i rom se ne andranno da questo
precario insediamento ma — poco dopo — troveranno un altro posto ancora più
nascosto, ancora più indecente, ancora più inumano, dove tentare di
sopravvivere". Ora, non si dice che debbano rimanere dove sono. Anzi: "In quelle
condizioni non possono più stare". Si dice, piuttosto, che non "bisogna
vanificare il lavoro svolto", non "bisogna far cadere queste disponibilità". Il
riferimento è alle stesse quattro realtà elencate prima, che sotto il cavalcavia
hanno quasi quotidianamente inviato operatori e volontari, e non soltanto
coperte e generi di prima necessità.
È un appello, quello della Diocesi. Un invito. Non è un monito, almeno a
leggerlo così come è scritto. Ecco un altro passaggio: "Parte delle persone
accampate ha mostrato la volontà di integrarsi. Vanno riconosciuti e
incoraggiati i comportamenti civili e virtuosi di chi non delinque". Per vedere
baracchette e tende, dovete scendere di sotto, dal ponte si vede poco; si
vedono, questo sì, i panni stesi sulla massicciata che costeggia i binari delle
Nord, e chi di voi è pendolare non può non averci fatto caso. Davanti alle
baracchette e alle tende, c'è un campo, non piano. Attorno al prato, cespugli
usati come bagni. A inizio mese, c'era stato un corteo della Lega, nel
quartiere. Lungo il tragitto, erano comparsi ragazzi dei centri sociali e del
Naga, i medici e gli infermieri che nel dopolavoro curano i clandestini. Avevano
gridato: "razzisti"; "fascisti". Nulla di che, ma leggere tensioni c'erano
comunque state. "Tutte tensioni inutili", aveva comunque detto il vicesindaco
Riccardo De Corato, "perché entro marzo i nomadi saranno allontanati. Sono già
previsti gli interventi per la impedire la rioccupazione attraverso la
realizzazione di una recinzione di tre metri e mezzo".
Andrea Galli
19 marzo 2009
Di Fabrizio (del 21/03/2009 @ 09:40:01, in Italia, visitato 2799 volte)
Ricevo da Ernesto Rossi
Atto di diffida e messa in mora
delle seguenti associazioni, facenti parte del coordinamento Tavolo Rom:
ARCI, Aven Amentza, CGIL, Comitato per le libertà e i diritti sociali,
Federazione rom e sinti insieme, NAGA, Nocetum, Opera Nomadi, Avvocati per
niente, Asgi, in persona del loro legale rappresentante pro-tempore,
tutte elettivamente domiciliate presso lo studio degli avv.ti Alberto Guariso e
Livio Neri, in Milano, Viale Regina Margherita 30
Premesso che
- Nei giorni scorsi diversi organi di stampa hanno riportato la notizia
dell’intenzione del Comune di Milano di procedere in tempi brevi allo
sgombero forzato del campo nomadi situato nelle aree del cavalcavia Bacula e
di via della Pecetta;
- Nel suddetto campo nomadi al momento vivono circa 150 persone, per lo
più cittadini comunitari di nazionalità rumena e di etnia rom, in condizioni
di gravissimo disagio abitativo e sociale;
- Fra loro vi sono numerosi minori (alcuni dei quali frequentano la scuola
dell’obbligo); donne in gravidanza o in puerperio; individui affetti da
varie infermità, riscontrate nel corso delle visite mediche effettuate da
medici appartenenti alle suddette associazioni;
- L’annunciato sgombero avverrà secondo modalità e in data non conosciute
agli interessati, senza alcuna preventiva consultazione e possibilità di
contraddittorio, senza che ai nuclei familiari che vivono nel campo sia
stata prospettata alcuna alternativa abitativa e senza che si siano adottate
misure atte a proteggere il diritto all’abitazione, all’istruzione e alla
salute delle persone;
- I nuclei familiari in questione sono stati oggetto nell’ultimo anno di
altri interventi di sgombero forzato, e in particolare dello sgombero
dall’area dismessa della Bovisasca effettuato nel mese di marzo del 2008,
con distruzione delle loro abitazioni e dei loro beni personali, con
l’allontanamento dei minori dalle scuole frequentate, con nessun supporto
sociale e abitativo e nessuna garanzia di accesso alle cure mediche
essenziali;
- Un ulteriore sgombero dei suddetti nuclei familiari sarebbe illegittimo,
in quanto costituirebbe una violazione del diritto di partecipazione al
procedimento amministrativo e del diritto al contraddittorio del
destinatario dei provvedimenti amministrativi; nonché una violazione del
diritto alla privacy, al domicilio e alla vita familiare, protetti,
oltre che dagli artt. 14 e 29 Cost., e dagli artt. 7 e 33 della Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione Europea, dall’art. 8 della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali (CEDU), dall’art. 12 della Dichiarazione Universale dei diritti
dell’uomo, dall’art. 17 del Patto internazionale sui diritti civili e
politici e dalle relative leggi di ratifica; una del diritto a
un’abitazione tutelato, oltre che dall’art. 2 Cost., dall’art. 34 della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, dall’art.11 del Patto
internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, dall’art. 25
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, dall’art. 5 della
Convenzione Internazionale per l'Eliminazione di Tutte le Forme di
Discriminazione Razziale, dall’art. 14 della Convenzione per l'eliminazione
di tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne e dall’art. 27 della
Convenzione sui Diritti dell'Infanzia e dalle relative leggi di ratifica;
del diritto all’istruzione dei minori, tutelato, oltre che dall’art.
34 Cost., dall’art. 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea, dall’art. 13 del Patto Internazionale sui diritti economici,
sociali e culturali,dagli artt. 28 e 29 della Convenzione sui Diritti
dell'Infanzia e dalle relative leggi di ratifica; del diritto alla salute,
tutelato dall’art. 32 della Cost., dall’art. 35 Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione Europea, dall’art. 12 del Patto Internazionale sui
diritti economici, sociali e culturali,dall’art. 24 della Convenzione sui
Diritti dell'Infanzia e dalle relative leggi di ratifica;
- La violazione delle sopra citate disposizioni di diritto internazionale
(come ha chiarito di recente la Corte Costituzionale nelle importanti
sentenze n. 348 e 349 del 2007) vanno considerate una violazione anche del
limite previsto dall'art. 117, comma 1 Cost., che impone ai poteri pubblici
di rispettare gli obblighi internazionali;
- Detti parametri di legittimità sono costituiti non soltanto dalle norme
di diritto internazionali in sé, ma anche dalle norme come interpretate
dagli organismi cui è deputato il compito di garantirne l’applicazione;
- Le Prescrizioni delle Nazioni Unite in materia di sgomberi forzati,
stabilite nelle Linee guida sugli sgomberi forzati del 20 maggio 1997 del
CESCR (Comitato per l’osservanza dei diritti economici, sociali e
culturali), e la Raccomandazione 2005 (4) adottata il 23 febbraio 2005
dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa stabiliscono precise
e cogenti garanzie procedurali e sostanziali, relative fra l’altro a
dettagliati obblighi di: (a) consultazione genuina delle persone e dei
gruppi interessati; (b) adeguata e preventiva notifica a tutte le persone
interessate della data e delle modalità dello sgombero; c) identificazione
dei soggetti istituzionali incaricati di eseguire lo sgombero; d) garanzia
del contraddittorio e di accesso alla tutela in giudizio dei propri diritti;
f) predisposizione di adeguate alternative abitative per i nuclei familiari
affetti; g) garanzia della vita familiare e dei diritti fondamentali delle
persone;
- Il mancato rispetto di tali norme a danno dei nuclei familiari
soggiornanti nell’area affetta dagli annunciati sgomberi, in considerazione
della loro appartenenza all’etnia Rom, deve considerarsi anche una
violazione del divieto di discriminazioni razziali ed etniche, stabilito
da numerose norme di diritto internazionale, comunitario e nazionale, ed in
particolare dall'art. 43 D.Lgs. 286/1998 (T.U. immigrazione) e dall’art.
2 D.Lgs. 215/03, di recepimento della direttiva CE 2000/43 sul divieto di
discriminazioni basate sulla razza e l’origine etnica;
- Sia il T.U. 286/1998 che il D.lgs. 215/03 assegnano alle associazioni
che operano a tutela dei diritti degli immigrati e delle persone affette da
discriminazioni razziali ed etniche la facoltà di agire a difesa degli
interessi delle persone lese e dell’interesse collettivo alla non
discriminazione;
- Il Prefetto di Milano è stato nominato Commissario per l’emergenza Rom
in forza del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 maggio
2008, con cui è stato dichiarato, fino al 31 maggio 2009, lo stato di
emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio
delle regioni Campania, Lazio e Lombardia, e dell’Ordinanza del Presidente
del Consiglio dei Ministri 30 maggio 2008, n. 3677;
- Con detti provvedimenti il Prefetto è stato delegato, fra l’altro, alla
“realizzazione dei primi interventi idonei a ripristinare i livelli minimi
delle prestazioni sociali e sanitarie”;
- Per l'avvio dei primi interventi di cui alla suddetta ordinanza, è stato
assegnato al Commissario delegato un primo stanziamento di euro 1.000.000;
Tutto ciò premesso, le Associazioni in epigrafe
INTIMANO
Al Prefetto di Milano, …..e al Comune di Milano, in persona del Sindaco Letizia
Moratti,
- di astenersi dal compiere o dal far compiere lo sgombero annunciato a
danno degli abitanti del campo nomadi dell’area del cavalcavia Bacula
- di adottare i provvedimenti indicati dalle Prescrizioni del CESCR del 20
marzo 2007 e dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 23 Febbraio
2005, ed in particolare, di individuare idonee alternative abitative ed
interventi idonei a ripristinare i livelli minimi delle prestazioni sociali
e sanitarie a favore degli abitanti del suddetto campo nomadi, come
prescritto dall’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 30
maggio 2008, n. 3677
AVVERTONO
Che in mancanza adempimento agiranno in giudizio, anche nella loro qualità di
associazioni iscritte nel registro di cui al Dlgs 215/03, ai sensi degli
articoli 44 Dlgs 296/98 e art. 2 Dlgs 215/03.
Milano 12 marzo 2008
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