Ricevo da Roberto Malini
Il Manifesto, 14 marzo 2009 - Politica e società di Cinzia Gubbini
Sta bene, sta imparando a leggere e scrivere e ormai parla un buon italiano.
Angelica V. compirà 17 anni a novembre, e da più di un anno ormai è rinchiusa
nel carcere minorile di Nisida, Napoli: è lei la prima rom ad essere stata
condannata in Italia per aver tentato di rapire un bambino, il pregiudizio che
da sempre insegue i rom in tutto il mondo. E' dal suo caso - che secondo il suo
avvocato difensore, secondo le associazioni che hanno seguito il processo di
primo grado, è ancora tutto da chiarire - che partirono i pogrom di Ponticelli,
capaci di far sparire in un paio di giorni i rom da quell'area, come da anni i
comitati cittadini tentavano di fare.
Angelica è rimasta sullo sfondo di una storia molto più grande e complicata,
che mette insieme razzismo, camorra, politica. A lei sono rimasti tre anni e
otto mesi di carcere da scontare, secondo la sentenza del Tribunale dei minori
del 13 gennaio scorso. Ieri è andata a trovarla un'attivista dell'associazione
Everyone, Giancarlo Ranaldi: "Angelica è tranquilla, e finalmente è riuscita a
tornare in contatto con un membro della sua famiglia, così può informarsi sulla
sua bambina". Perché anche Angelica è mamma. Sua figlia ha un anno e mezzo e
vive in Romania con i nonni, in una cittadina vicino Bistrita, nel nord-ovest
del paese. Anche Angelica viveva lì fino ad aprile, quando è venuta in Italia
con il marito e altri due parenti e si è stabilita a Ponticelli. Viveva di
elemosina, ma anche di furti. Giusto due giorni prima del presunto tentativo di
rapimento aveva già rischiato di essere linciata da un gruppo di abitanti,
perché era stata sorpresa in un appartamento. L'aveva salvata una pattuglia
della polizia. "Possibile che dopo due giorni da quell'episodio si sia andata a
ficcare in una situazione tanto pericolosa come il tentativo di rapire un
bambino?", si chiede Giancarlo. Lui che ci ha parlato ha avuto l'impressione che
sia una ragazzina come tante, allegra ieri perché era venerdì, il giorno della
telefonata. "Mi ha detto che vive aspettando il venerdì, quando può chiamare a
casa. Ma è ancora molto spaventata e mi ha detto di soffrire molto per la
lontananza di sua figlia e di suo marito". Giancarlo le ha anche chiesto se le
servissero soldi "ma mi ha risposto di no - racconta - perché in carcere le
hanno dato un lavoro e riceve una piccola paga. Me lo ha detto con orgoglio".
Il 7 maggio l'appello. L'avvocato Chirsitian Valle aveva denunciato la
parzialità del processo di primo grado. "Stiamo seguendo da vicino il caso -
dice Roberto Malini di Everyone - e anche il presidente dell'Union Romanì, Juan
De Dios Ramirez Heredia, che è avvocato, e potrebbe indossare di nuovo la toga
per difenderla".