Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 28/03/2014 @ 09:05:18, in Italia, visitato 1620 volte)

Conversazioni con i rom. Incontri da intuire, da pensare, da narrare e da riscrivere
Venerdì 4 aprile h. 20.45, Libreria Popolare via Tadino 18 - Milano

Presentazione del volume Spigolare parole Rubare sguardi - Edizioni Polistampa - 2013 - pp. 249 - € 18,00
Incontro con l'autore Dimitris Argiropoulos
Con
Fabrizio Casavola - MAHALLA

"Conversare scioglie i nodi delle parole, e snoda silenzi trascorsi nei luoghi dell'esclusione, conversare veicola futuro. Conversare è dare senso ai silenzi. Conversare è intreccio di sguardi di umanità, è sentire il respiro dell'altro, è attesa per sintonizzarsi, è intesa. Conversare rende la solitudine più passionale e le restituisce unicità in quella moltitudine che resiste all'omologazione e che desidera essere letta, accolta."

A volte, parlare la medesima lingua, usare le stesse parole dell'altro, non basta a comprendersi e a conoscersi.
Perché qualcuno della lingua è padrone, altri ne sono ancora schiavi.
E perché le parole nascondono mondi, concetti, spazi e aspettative differenti.
Occorre allora, più che parlare, avere la capacità di ascoltare, di dare tempo, di bersi assieme un caffè. Non dare niente per scontato prima di rispondere.
E' la sfida di questo libro che vede, dallo stesso lato della barricata, uno studioso e chi ha sempre lottato per poter studiare.

Dimitris Argiropoulos è docente a contratto di Pedagogia all'Università di Bologna, città dove vive e lavora a partire dagli anni '80.
Educatore, si occupa di pedagogia della marginalità e delle emergenze e di pedagogia speciale. E' particolarmente interessato ai contesti della marginalità estrema relativamente alle migrazioni, alla profuganza e alle minoranze etniche. Ha condotto ricerche riguardanti le condizioni di vita e la riduzione della partecipazione e delle attività dei rom in situazioni residenziali di campi “nomadi” e ha indagato il rapporto tra immigrazione e disabilità.
Attivista e membro della Fondazione Romanì, ne coordina il Comitato Scientifico ed è coinvolto in attività di cooperazione educativa internazionale. Si occupa di schiavizzazione e traffico di esseri umani e si interessa della formazione degli Educatori di Strada.

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Di Sucar Drom (del 29/03/2014 @ 09:04:43, in media, visitato 1874 volte)

GAZZETTA DI MANTOVA I risultati dello studio dello Sportello Antidiscriminazioni. I più bersagliati sono i Rom e i Sinti

I dati raccolti nel 2013 dallo Sportello Antidiscriminazioni di Articolo 3 portano a tenere alta la guardia, perché la supremazia diretta o indiretta verso le fasce della società più deboli o indifese è sempre in agguato. Trenta i casi di discriminazione presi in esame lo scorso anno, tra cui 13 a Mantova, 11 in Italia, 4 in Lombardia e 2 sul web. Il problema di solito viene risolto con la mediazione. Soltanto in un caso, in cui è coinvolto un politico mantovano, ritenuto responsabile di discriminazione verso Rom e Sinti, si è arrivati alle vie legali. I più esposti verso intolleranza e soprusi sono proprio i cittadini Rom e i Sinti (16 casi), seguono di poco le discriminazioni etnico- razziali (13) e quelle contro la comunità Lgbt (3). Gli ambiti in cui questi 30 casi sono stati rinvenuti riguardano quello pubblico, seguito da istituzionale, lavoro, scuola e servizi. Lo Sportello ha contrastato 4 proposte di legge regionale che introducevano paletti verso gli immigrati nell'assegnazione degli alloggi popolari, nella fruizione dei servizi socio-assistenziali e nel diritto allo studio. Esaminate anche le segnalazioni di documenti e dichiarazioni discriminatorie pubblicate su Facebook: 14 i casi evidenziati (alcune pagine sono state chiuse). L'attività di Articolo 3 si allarga sempre di più. Ieri è stato sottoscritto un protocollo d'intesa antidiscriminazioni con il Comune di Cremona. Il bilancio 2013 è stato presentato dal responsabile dello Sportello, Carlo Berini, insieme al presidente Davide Provenzano con il coordinatore Emanuele Nitri. Oggi, nella sede di Te Brunetti, dalle 14 alle 20, Open Day sulle discriminazioni. Per segnalazioni 3456123932. (g.s.)

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Di Fabrizio (del 30/03/2014 @ 09:03:25, in sport, visitato 1704 volte)

Per il match contro Rubio, valido per il Mondiale dei pesi medi, il pugile romano rinuncia per protesta ai simboli dell'Italia: "E' il terzo mondiale che faccio, e sempre all'estero. Mai una parola da un ministro dello sport, la federazione non sta dalla parte dei professionisti, e neanche la tv ha acquistato i diritti. Che combatto a fare per questo paese?"
di LUIGI PANELLA su Repubblica, 28 marzo 2014

ROMA - La voce assonnata ("Qui sono le cinque e mezzo del mattino") si ravviva in un lampo quando Domenico Spada urla dal Messico tutta la sua protesta. "Salgo sul ring, ma stavolta non sventolerà nessuna bandiera italiana e non suonerà l'inno di Mameli. Stavolta combatto solo per la mia gente, salirò sul quadrato con la bandiera rom..." Sabato 5 aprile, il pugile romano di etnia rom sarà al suo terzo tentativo mondiale: i primi due, falliti per poco (il primo per un arbitraggio casalingo), contro Zbik in Germania. Ora il viaggio è ancora più lungo: il match al Gran Estadio di Ciudad Delicias, una località dello stato di Chihuahua, contro l'idolo di casa Marco Antonio Rubio. Un caso dunque. Vero che la boxe italiana a livello professionistico soffre a livello organizzativo (ci sono pochi soldi), ma va anche sottolineato che in un passato neanche troppo remoto pugili che non valgono Spada (parere dello scrivente) hanno avuto le loro chance davanti ai propri tifosi.

E allora Spada si sfoga: "Combatto all'estero, dovrei rappresentare l'Italia. Quando il match conta sono sempre costretto ad andare all'estero. Non solo. Mai una telefonata, un messaggio, una parola d'incoraggiamento da un ministro dello sport qualsiasi...". Non solo. La televisione, solitamente presente in modo dignitoso tra Rai, Mediaset e pay per view, nel coprire il panorama, stavolta... "Nessuno ha acquistato i diritti del match, quindi in Italia non mi vedranno. Ai mass media fa comodo parlare del pugile solo quando è coinvolto in qualche caso di cronaca"

Ce n'è anche per la federazione: "Ormai sta abbandonando il professionismo, se ne frega di quelli come me che fanno il vero pugilato. Il mio è un gesto di protesta contro tutto questo sistema. Dico basta, perché io perchè dovrei combattere per questo paese?". Marco Antonio Rubio, messicano dal pugno di pietra (50 incontri su 58 vinti prima del limite) è avvertito. Avrà dalla sua il pubblico, probabilmente una giuria pronta a dargli il verdetto in caso di match equilibrato. Ma avrà anche di fronte un uomo ferito, solo contro tutti, dalla grinta feroce.

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Di Fabrizio (del 31/03/2014 @ 09:07:57, in media, visitato 2230 volte)

Immagine da deviantart.net

Questo è' un post difficile da leggere, ma ancora di più da scrivere. ROMA DAILY NEWS è un blog su Wordpress, ma non solo... leggo:

    è una testata telematica quotidiana dedicata a Roma e al suo territorio. Ogni giorno una redazione giovane e dinamica alimenta una piattaforma estremamente sofisticata che permette al quotidiano online di essere tra i primi giornali del mattino a rilasciare le notizie più aggiornate.

Sta di fatto che qualche giorno fa ha sconfinato sino a Genova:

    GENOVA, RAGAZZA PICCHIA RAGAZZINA: INCASSAVA TROPPO POCHE ELEMOSINE SCRITTO DA ARRIGO D'ARMIENTO ON 29 MARZO 2014. POSTATO IN CRONACA
    Leggete questa notizia e chiedetevi se si tratta di un fatto isolato. Chissà, forse è la regola. Ma stavolta qualcuno se n’è accorto e ha provveduto, nei limiti che la legge gli consente in casi del genere...

E così conclude:

    ...Da domani ricomincerà a chiedere l’elemosina, e a prendere botte. Ma non la picchieranno più in pubblico.

Il fatto è "probabilmente" vero, resto a chiedermi perché lo debba leggere su una testata "dedicata a Roma e al suo territorio". Storie simili, STORIE DI MISERIA E DI ABIEZIONE, sono quanto di più comune accada a chi vive per strada, quindi non voglio neanche chiedermi se l'acredine dell'articolo possa essere voluta o spontanea. Considero il tutto pura cronaca.

Una domanda vorrei fare alla testata, MA SOPRATTUTTO A VOI LETTORI DI MAHALLA: in questo mondo di miseria e spazzatura, chi avrebbe scritto, chi avrebbe letto, se quella medesima ragazzina fosse stata presa a sputi o a calci DA NOI, fosse stata semplicemente allontanata in malo modo da un negozio DA NOI, fosse stata minacciata durante un controllo o semplicemente mentre girava, che chiedesse l'elemosina o meno, che fosse o meno sottoposta ad un aguzzino rom? EPPURE E' LA STESSA QUOTIDIANA E PERDURANTE VIOLENZA. O sbaglio?

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Di Fabrizio (del 01/04/2014 @ 09:03:15, in blog, visitato 2119 volte)

Ignoro quanti miliardi di persone, per le ragioni più varie, siano iscritti a Facebook. Forse la mia è una domanda da aristocratico, ma quando le cifre sono simili, esiste una buona parte di gente iscritta che si immagina il suo momento di visibilità, da raggiungere, vuoi con accurate strategie di marketing, o viceversa con l'idiozia espressa ai massimi livelli. Tutto fa brodo nella corsa versa la celebrità di plastica.

Ignoro se sia da incolpare Facebook, o la volgarità che ogni giorno riempie i più seguiti talkshow televisivi, le cronache parlamentari di chi dovrebbe dare un esempio ai propri elettori, il becerume che impera ovunque e rende simili chi afferma una cosa e chi quella opposta.

Si discute da qualche giorno (sempre su Facebook, ovviamente) sulla natura del gruppo MEGLIO ZINGARA CHE ITALIANA dove i soliti stereotipi e il medesimo linguaggio razzista sono capovolti e usati da "presunte" romnià contro le italiane (se qualcuno si ricorda, l'ex onorevole Dacia Valent si esprimeva in maniera simile sino a qualche anno fa, generando grande scandalo tra razzisti e antirazzisti). L'assurdo di quel gruppo che nominavo prima, è che alla fine, pur riciclando intelligentemente tutto l'armamentario verbale razzista che quotidianamente viene rivolto a rom e sinti, finisce per figurare come un gruppo di povere sfigate analfabeti e impotenti. Insomma: se di provocazione si tratta, non funziona. La vittima che assume le vesti di provocatrice, mantiene l'aspetto sguaiato della pescivendola (che si tratti della Loren o della Mussolini, lo dico senz offesa).

L'altra cosa assurda (ma questa è una mia nota personale), è che non capisco se le autrici siano gagì (italiane) che vogliono prendersela con i rom, o viceversa romnià (italiane) che vogliano prendersela con le gagì.

Insomma, il tipo di linguaggio e la modalità comunicativa hanno generato un conflitto a risultato ZERO, cioè (provo a tradurre) dove l'importante non è affermare una tesi o il suo opposto, ma partecipare ad una gara per stabilire lo stornellatore (il twittatore) più in gamba.

Sarà per questo che mi sfuggono il senso e l'importanza della discussione su Facebook.

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Di Fabrizio (del 02/04/2014 @ 09:02:05, in Regole, visitato 1580 volte)

26.03.2014 - Sul Corriere della Sera pubblicata la prima sentenza italiana in cui si riconosce espressamente il carattere discriminatorio del c.d. "censimento Rom" da parte dello Stato italiano

A distanza di più di 10 mesi dalla decisione del Tribunale Civile di Roma che aveva accolto il ricorso per discriminazione proposto dal sig. Salkanovic, con il supporto di Asgi, Associazione 21 Luglio e Open Society Justice Initiative, finalmente arriva la pubblicazione dell'ordinanza sul quotidiano nazionale "Il Corriere della Sera" del 19 Marzo 2014.

"Sono stati necessari oltre dieci mesi e molteplici solleciti affinché questa importante decisione giurisprudenziale trovasse oggi adeguata pubblicità sugli organi di informazione, così come ordinato dal Tribunale" affermano le associazioni ASGI e Associazione 21 Luglio che hanno seguito il caso " Ci auguriamo che la diffusione dei contenuti di questa azione aiuti a rafforzare la lotta per il rispetto della dignità umana verso una comunità che continua a rappresentare troppo spesso un capro espiatorio, vittima di una mancata e seria attuazione di una strategia d'integrazione come dimostrano i recenti fatti di intolleranza verso la comunità rom a Poggioreale(Napoli) e la continua e insensata politica degli sgomberi".

IL CASO: Nel maggio del 2008, il Governo italiano adottava la "Dichiarazione sullo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia" con cui si conferivano ai prefetti delle città di Roma, Milano e Napoli poteri straordinari "in deroga alle disposizioni di legge in vigore", tra cui l'identificazione e il censimento delle persone (minori inclusi), per adottare misure indirizzate, direttamente o indirettamente, ai Rom, Sinti e ai cittadini di paesi terzi, residenti nei c.d. 'campi nomadi'.
A seguito dell'intervento del Tribunale di Roma (ordinanza del 24.05.3012 della seconda sezione civile), i dati sensibili illegittimamente raccolti e conservati presso la banca dati del Ministero dell'Interno sono stati distrutti ed è stato liquidato il danno - determinato in via equitativa in 8.000 euro - in favore della vittima della discriminazione.
Nonostante in Italia siano spesso proprio le istituzioni a mettere in atto comportamenti discriminatori, l'ordinanza Salkanovic rappresenta, ad oggi, uno dei rari casi in cui è stato ordinato ad una Pubblica Amministrazione di risarcire il danno non patrimoniale in favore di una vittima di discriminazione in applicazione della direttiva 2000/43/CE che impone la previsione di sanzioni effettive proporzionate dissuasive - .
L'ordinanza Salkanovic rappresenta, altresì, il primo caso in cui si riconosce espressamente il carattere discriminatorio del c.d. "censimento Rom", anche se successivamente è anche intervenuta la Corte di Cassazione che ha confermato quanto disposto dal Consiglio di Stato in merito all'illegittimità ab origine dell'"emergenza nomadi" sul territorio italiano.
Secondo il Tribunale di Roma, la generale previsione di identificare tutte le persone rinvenute negli insediamenti mediante rilievi segnaletici ha determinato una discriminazione basata sulla provenienza etnica. Nello specifico, "é stata violata la dignità del ricorrente ed è stato creato un clima ostile".

Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione
Associazione 21 Luglio

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Di Fabrizio (del 03/04/2014 @ 09:01:40, in Europa, visitato 1918 volte)

March 31, 2014 di Maurizio Stefanini - nota a margine di Mahalla

Il governo svedese chiede scusa agli zingari per un secolo di discriminazioni, vessazioni e abusi che sono arrivati fino all'estremo delle sterilizzazioni di massa, per impedire che crescesse troppo una minoranza classificata come "incapacitati sociali". Non solo è una bella botta allo stereotipo sulla multiculturalità e sulla tolleranza scandinava: anche se probabilmente cose anche peggiori sono accadute e accadono in tanti altri Paesi, senza che nessuno chieda scusa allo stesso modo. Il dato ancora più spiazzante, appunto dando retta agli stereotipi, e che è il governo di centrodestra del premier Fredrik Reinfeldt a chiedere scusa per abusi che furono compiuti soprattutto dai governi socialdemocratici, secondo i quali l'intervento eugenetico per ridurre il peso degli elementi "parassitari" era una condicio sine qua non irrinunciabile dello Stato sociale, per abbatterne i costi.
"La situazione che vivono gli zingari oggi ha a che vedere con la discriminazione storica cui sono stati sottomessi", afferma il Libro Bianco sulle violazioni dei diritti di questa minoranza dal 1900 in poi che è stato presentato a Stoccolma.

"Un periodo oscuro e vergognoso della storia svedese", è stato definito dal ministro dell'Integrazione, il liberale Erik Ullenhag. Forse non conclusosi del tutto, visto che una delle testimoni rom invitata a dare testimonianza si è vista negare l'ingresso dal personale di quell'Hotel Sheraton dove il rapporto veniva presentato. E lo scorso settembre ci fu lo scandalo della polizia della Scania che aveva schedato una lista di 4000 rom. Ma il clou fu tra 1934 e il 1974: cioè, quasi l'intero periodo di quel lungo predominio socialdemocratico al governo che durò dal 1932 al 1976. Non ci sono cifre ufficiali, ma secondo le testimonianze almeno una famiglia consultata su quattro era a conoscenza di casi di sterilizzazione o aborto forzato. Inoltre i bambini venivano spesso sottratti alle famiglie: neanche qui ci sono cifre ufficiali, ma secondo il Ministero durante i freddi inverni svedesi la pratica era sistematica, con il pretesto di sottrarre i piccoli ai rigori del clima.

Sempre durante i governi socialdemocratici, fino al 1964 fu proibito agli zingari di entrare in Svezia. Anche durante quegli anni della Seconda Guerra Mondiale in cui rom e sinti nell'Europa occupata dai nazisti venivano sistematicamente mandati nei campi di sterminio. Porajmos, "devastazione", è chiamata quella versione zingara della Shoà in cui morirono oltre 600.000 persone. Anche per chi risiedeva in Svezia in molti municipi era inoltre proibito agli zingari insediarsi in modo permanente, nelle scuole i bambini erano segretati in aule speciali e in generale i servizi sociali erano loro preclusi. Come ha spiegato il Ministero, "l'idea era di rendere loro la vita impossibile perché se ne andassero dal Paese". Per il momento, il Libro Bianco non contempla la possibilità di risarcimenti agli zingari, che in Svezia sono 50.000 su una popolazione di 9 milioni e mezzo di persone. Però l'apertura degli archivi e le scuse ufficiali ne pongono probabilmente le premesse.


Nota

Occorreva un quotidiano di destra perché sulla stampa emergesse questa storia. Che è ancora incompleta: non fu soltanto la Germania nazista a perseguire quelle politiche - i colpevoli sono da tutte le sponde politico-ideologiche - ci fu la democratica Svizzera tra gli anni '50 e gli anni '70, ma anche la comunistissima Cecoslovacchia del dopo Dubcek, con processi di risarcimento che si trascinano ancora oggi. E la Svezia socialdemocratica.

Cosa può legare tra loro regimi così diversi? Direi, il tentativo di stabilire il primato dello stato, che deve essere non solo forte (anche se ogni stato intende la forza in una sua maniera diversa), ma deve anche intervenire nel "plasmare" l'identità dei propri popoli. Qualcuno con la forza, altri con una sorta di "moral suasion". Facendo valere la forza soprattutto sulle fasce più deboli ed esposte della popolazione.

Cosa aggiungere sulla socialdemocrazia (svedese)? Che nei medesimi anni, i Rom e Sinti venivano schedati e i dati raccolti in schedari segreti di cui solo l'anno scorso si è venuto a conoscenza. Nel frattempo, la Svezia ha virato a destra, e questi episodi di chiarezza sul suo passato vanno in corto circuito con pulsioni che prima erano più rare: è di settimana scorsa la notizia, lanciata dalla testata THE LOCAL e ripresa anche all'estero, di un ristorante della catena Sheraton ha rifiutato di servire un proprio cliente perché di etnia rom.

Nel contempo, nella Serbia che per gli "occidentali" rimane un posto esotico e selvaggio, si è concluso il processo contro un Mc Donald che si era reso colpevole di un comportamento simile a quello svedese.

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Di Fabrizio (del 04/04/2014 @ 09:05:20, in Regole, visitato 1874 volte)

La prima volta che vidi, ero seduto accanto a loro, dei Rom durante lo svolgimento di un Consiglio di Zona fu nei primissimi anni '90, e la cosa mi fece un effetto strano: beceri, urlanti e litigiosi i consiglieri, calmi ed educati i Rom presenti in sala. Quella sera ci furono anche risvolti comici, ma non è questo il momento di scriverne.

Martedì sera, ho rivissuto la stessa sensazione, purtroppo senza gli effetti comici di allora. Per capire qual era il contendere della serata, potete leggere questo intervento che alcuni cittadini hanno letto prima dell'inizio del consiglio.

    Mercoledì sera ne ho riparlato con un rom che era presente, mentre in televisione sbirciavamo distrattamente una partita che non interessava a nessuno dei due. Lui è A.B., lo conosco da anni, incensurato, lavora e ha la fortuna di un contratto a tempo indeterminato, con la sfortuna di fare dei turni micidiali; ha anche una bella famiglia e da tempo (come molti) vorrebbe uscire dal campo. Per seguire i nostri ragionamenti, le sue parti saranno in corsivo.

Non c'era alcuna certezza che l'argomento venisse discusso, sino all'ultimo avevo anche il timore che dal campo non si presentasse nessuno - e sarebbe stato abbastanza incongruente discutere un argomento che i rom ritengono molto urgente quando loro per primi non si facevano vivi.

Ma poi, puliti e ordinati, abbiamo fatto fatto ingresso in sala.

La maggioranza in CdZ, a fatica, era dalla nostra parte; l'opposizione, con altrettanta fatica e stanchezza, del tutto contraria, per cui sin dall'inizio si assisteva a varie comunicazioni in codice. Il dibattito prosegue lentamente, i due fronti sembrano squadre che si studiano in attesa della mossa altrui. L'opposizione traccheggia, insomma tira per le lunghe, fa intendere che sul punto che ci interessa non intende arrivare alla discussione.

I cittadini possono intervenire solo a inizio seduta, non a consiglio in corso. Non è piacevole rimanere seduti in fondo senza niente da fare. Ogni tanto qualcuno dai banchi della maggioranza veniva a salutarci, o solo a controllare che non ci fossimo addormentati.

Nonostante i tentativi di tirare per le lunghe, alla fine la minoranza soccombe e deve accettare di discutere sulla mozione presentata dalla maggioranza. Ma prima di votare la mozione, c'è ancora da affrontare il dibattito: tirare nuovamente per le lunghe o tentare un assalto alla baionetta?

Le opinioni le rispetto, anche quelle diverse, ma mentre che parlavano di noi sentivo inesattezze una dopo l'altra: c'era chi parlava di scontri tra bande e con lo stesso cognome mischiava vittime e colpevoli.

Come se io mi chiamassi Provenzano e dovessi per forza essere affiliato ad un clan o condividerne le colpe.

E poi c'era una che era fissata che nei campi rom ci fosse l'aria condizionata.

Neanch'io ho mai saputo di un campo con l'aria condizionata. Qualche tempo fa nel centro di via Lombroso i rom si lamentarono che nei container d'estate si sarebbe morti di caldo, e il Giornale titolò che volevano l'aria condizionata. Da lì la voce è circolata ed è stata stravolta sino a ieri sera.

Ma io ricordo che quei consiglieri sono stai qui. Hanno visto in che condizioni viviamo. Non possono far finta di non sapere e inventarsi queste cose.

Credo che allora l'abbiano fatto apposta.

Perché mentre li stavo ad ascoltare, alle cose inventate si aggiungevano, qualcuno sottovoce e altri molto sfacciatamente, sempre più provocazioni. Tanto noi dovevamo ascoltare in silenzio.

Ad esempio, c'era uno spilungone che continuava a ripetere che chi abita nel vostro campo (tutti, indistintamente) vive nell'illegalità, e se vuole può uscirne. Ma io non capisco come si possa essere nell'illegalità, solo perché si abita in un campo comunale, assegnato dallo stesso comune. Bisogna vivere in un campo abusivo? Comunque, non ho problema a farvi leggere cosa scrive chi la pensa in quella maniera.

Sembra che per essere illegale basti essere rom. Qualcuno provava a rispondere con un semplice ragionamento: anche noi siamo persone, individui, non una cosa o una categoria politica.

Ci sono stati interventi (anche nella minoranza) che erano più ragionevoli, e man mano crescevano i toni, il presidente del consiglio (non lo invidio) provava a sanzionare gli interventi e riportare un tono civile.

Finché non ha convocato i capigruppo, forse per calmare il dibattito, ma a questo punto i provocatori hanno alzato ancora di più la voce.

Avevano capito che stavano perdendo la partita e non sapevano più cosa fare. Così hanno provato a buttarla in caciara, sperando di fare la figura delle povere vittime. Ma a quel punto hai perso la pazienza.

Non ce l'ho fatta più. Ognuno può pensarla come crede, ma il rispetto è dovuto a tutti. Così ho risposto a voce alta che io ero più italiano di loro.

Ma è stato quello che hanno detto, o per tutto quello che avevi ascoltato prima?

Non ho neanche capito cosa avessero detto in quel momento. So che ad un certo punto anche gli altri consiglieri dicevano che era troppo, che si stava esagerando e che frasi simili non dovevano essere accettate. Ecco, è stata la goccia che ha fatto traboccare il bicchiere.

A quel punto, ti abbiamo gentilmente accompagnato fuori (A.B. è la persona più pacifica del mondo, ma se perde la pazienza sono 140 kg. scatenati. Chi lo ferma? ndr.)

Avete fatto bene. Anche se sono convinto che avevo ragione, poi mi sono fermato fuori ad aspettare. C'era un consigliere che continuava a ripetere a me e gli altri di rientrare, ma non volevamo cadere nelle provocazioni.

Devo dirti, non mi è spiaciuto sentirti rispondere a quel modo. Ma ormai mancava pochissimo ad approvare la mozione, e il rischio era di rovinare tutto all'ultimo momento. Era quello che volevano.

Insomma, alla fine la mozione è passata.

Il Consiglio di Zona ha fatto tutto il possibile, ma non ha potere in merito, può solo fare pressione in Comune, che in questi mesi è stato il vero collo di bottiglia della vostra vicenda.

Allora siamo a posto! Vero...???

Come si dice "Stai sereno".

Va bene. Domenica passi ancora a trovarci, così posso salutarti nello stesso modo?


Milano 1° aprile 2014

Al Presidente e ai Consiglieri del Consiglio di Zona 2 di Milano

Non è la prima volta che interveniamo in questa sede sulla questione di via Idro e sappiamo che potrebbe non essere l'ultima. Siamo del tutto consci che i problemi complessi non si risolvono con i proclami militareschi alla De Corato, con i continui trasferimenti di persone da un capo all'altro della città e nemmeno con gli atti amministrativi, se questi non sono sostenuti da un progetto politico e da risorse economiche e umane. E sappiamo che ci vuole del tempo.

Ma non possiamo fare a meno di segnalare, appunto, che il tempo sta passando e le misure prese finora sono lontane dall'essere adeguate. Aspettiamo che il Piano rom sinti e caminanti decolli e ci auguriamo che produca effetti positivi, sia per le comunità rom, sinti e caminanti, sia per quelle che sono maggiormente investite dalle problematiche connesse, per questioni diverse tra le quali, innanzitutto, la prossimità.

Stasera interveniamo proprio per sollecitare questo Consiglio ad affrontare, con le misure che gli sono proprie, con maggiore determinazione la situazione che si va creando anche a causa della crisi economica e nello specifico quella di via Idro, di cui stiamo segnalando da tempo i problemi. E ci permettiamo di sollecitarlo ad approvare senza esitazioni la delibera all'ordine del giorno, che riteniamo coerente con gli obiettivi che questo Consiglio ha finora perseguito.

Non avremmo altro da aggiungere se nei giorni scorsi non fosse stata qui approvata una mozione che non investe direttamente la questione in oggetto, ma la evoca, secondo il nostro parere, con ambiguità. Ci riferiamo a quella presentata dalla consigliera Sardone, che ha ottenuto un consenso molto ampio. Noi comprendiamo il disagio e i timori dei cittadini di fronte a situazioni di degrado e di devianza e comprendiamo anche le preoccupazioni del Consiglio di zona, che a quei cittadini deve cercare di rendere conto. Non è pertanto nostra intenzione sindacare la decisione di installare una barriera antiroulotte in via Trasimeno. Ma non è un caso che su questa decisione si siano gettate con un interesse sorprendente, e sospetto, la stampa e la televisione, forse opportunamente messe al corrente della vicenda. Raramente una barriera antiroulotte ha avuto tanto risalto mediatico.

D'altronde, si va verso le elezioni e non c'è da stupirsi se forze politiche travolte da ripetuti scandali e a corto di argomenti si apprestano nuovamente a giocarsi il jolly degli "zingari", rivolgendosi non alle teste ma alle pance dei cittadini. Sappiamo bene che c'è sempre chi è disposto, pur di guadagnare qualche voto, a usare queste furbizie, senza badare ai danni che producono nel corpo vivo delle comunità, nella loro cultura. E non ci meraviglia se a farlo con più sistematicità e spregiudicatezza sono quelli che pretendono di essere i migliori italiani e i migliori cristiani. Sono vent'anni che governano, qui e altrove, e abbiamo imparato a conoscerli bene: sappiamo che è la povertà a disturbarli, non la corruzione, né, è ormai risaputo, la mafia.

E non ci meraviglia nemmeno che certa informazione, in questo caso quella incarnata dal giornalista Capuozzo, sia sempre alla ricerca di "sangue" (lo diciamo usando le virgolette), e scelga di accompagnare un'intervista a due consiglieri di una zona di Milano con immagini riprese non importa dove purché allarmanti. In Zona 2 ci saranno anche tantissime situazioni di degrado, come sostiene la consigliera Sardone, ma non è ancora la periferia di una megalopoli del sud del mondo, nonostante sia molto colorata: e se è un male o un bene ce lo diranno la storia e la demografia.

Amici di via Idro


#viaidro

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Di Fabrizio (del 05/04/2014 @ 09:03:04, in Italia, visitato 1401 volte)

Sergio Bontempelli - 31 marzo 2014 su Corriere delle migrazioni

Andrea è un giovane rom italiano. E' nato e cresciuto a Roma, e non ha mai vissuto in un "campo nomadi": ci tiene a dirlo, perché il "campo" - spiega - non è l'abitazione "naturale" dei rom e dei sinti, ma un luogo di segregazione imposto dalle istituzioni. Andrea è stato scelto come testimonial della campagna "Per i diritti, contro la xenofobia", promossa da Associazione 21 Luglio, Antigone, Lunaria e Associazione Studi Giuridici Immigrazione.

La Campagna - scrivono i promotori sul loro sito, lanciato proprio in questi giorni - "nasce, alla vigilia delle elezioni europee, dall'urgenza di arginare il rigurgito razzista e xenofobo che rischia di investire molti paesi e orientare il discorso pubblico verso una progressiva marginalizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali".

Per questo, i promotori intendono avviare iniziative di informazione e di denuncia sulla segregazione di rom, migranti e detenuti. Lavoreranno, già nelle prossime settimane, per "riportare i diritti e la loro violazione al centro del dibattito nella campagna elettorale", e proporranno ai candidati e alle candidate italiane di sottoscrivere "un impegno diretto presso il Parlamento europeo" su questi temi.

Il video che trovate qui sotto rappresenta - appunto - una delle prime iniziative si sensibilizzazione, specificamente dedicata al tema dei rom. In pochi e densi minuti, con un linguaggio semplice e diretto, Andrea racconta la condizione di questa minoranza in Italia. "Moltissimi rom - dice Andrea - vivono nei campi attrezzati: sono degli spazi asfaltati, senza vegetazione, circondati dai muri e monitorati costantemente da telecamere. Ogni "ospite" è numerato, e deve indossare un "badge" con il suo numero".

Emarginati, etichettati e persino "marchiati", i rom non sono messi nelle condizioni di uscire dal loro isolamento. "Quando vanno a cercare un lavoro per poi pagarsi un affitto e avere una vita dignitosa, vengono spesso discriminati. Molti cercano di nascondere la loro identità, l'appartenenza all'etnia rom". Il quadro che emerge da queste brevi e dense pennellate è quello di un gruppo costretto a vivere in veri e propri ghetti, condannato alla marginalità abitativa e sociale. "Quello che proporrei a un candidato europeo", conclude Andrea, "è di chiudere i campi".

Una proposta - ci viene da dire - di disarmante semplicità. Come di disarmante semplicità è il video: da vedere, da rivedere e da diffondere.

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Di Fabrizio (del 06/04/2014 @ 09:06:53, in Italia, visitato 2225 volte)

Don Mario, "nomade tra i nomadi". Foto di Diego Zanetti - CREDERE, Testo di Stefano Pasta

Da oltre quarant'anni vive in una roulotte e percorre l'Italia per evangelizzare rom e sinti: condivide le usanze dei nomadi e ha tradotto il Vangelo nella loro lingua. Assicura: "Sono un popolo molto religioso"

"Ero prete da un mese e stavo andando in bici a confessarmi, quando ho visto un gruppo di zingari e mi sono chiesto: chi porta il Vangelo a questo popolo? Sono passati 60 anni ed eccomi qua". "Qua" è un piccolo campo di Brugherio (in provincia di Monza), dove monsignor Mario Riboldi, che qualcuno chiama "Mario degli zingari", vive da vent'anni insieme ad alcune famiglie di sinti tedeschi e italiani e di rom ungheresi. Con lui - cappellaccio nero in testa e baffetti tagliati corti - vive il padre barnabita Luigi Pieraboni, in una roulotte piccola ma accogliente.

All'interno del campo, un container di circa cinque metri per due è stato trasformato in una vera chiesetta. Il tabernacolo richiama la tradizione nomade: è una piccola tenda in stoffa, con i colori del tempo liturgico, mentre la Bibbia è sul trincast, un supporto di tre legni sul quale i rom in passato appoggiavano la padella per cucinare. Qui don Mario e padre Luigi celebrano tutti i giorni la Messa e recitano il Rosario con alcuni abitanti del villaggio di case in legno e roulotte. "Tra pochi giorni partiamo per Salerno, dove seguiamo un gruppo di rom italiani, poi andremo a Cuneo dai sinti piemontesi", mi raccontano. Da decenni, don Mario, brianzolo di 85 anni, gira l'Italia e l'Europa per dedicarsi alla pastorale dei rom e sinti, di cui a lungo è stato l'incaricato nazionale: "Mi presento con la Bibbia in mano e così si cammina".

Il primo a sostenerlo fu l'allora cardinale di Milano Giovanni Battista Montini: "Gli scrissi che avevo conosciuto un gruppo di sinti e si entusiasmò. Nel 1962, lo accompagnai a incontrare un gruppo di zingari croati e abruzzesi che vivevano in tende in un bosco vicino alla mia parrocchia. Disse: "Vi chiederete: cosa viene a fare quest'uomo vestito di rosso in mezzo a voi?". Poi recitammo l'Ave Maria davanti a un piccolo altare alla Madonna del Rosario, allestito con un tappeto persiano". In quell'occasione, Montini disse a don Mario: "Tra due anni, ti lascio partire". Ma poi accadde l'imprevisto: Montini divenne papa Paolo VI. La faccenda si arenò fino al 1969, quando il cardinal Colombo gli disse: "Va bene, posso lasciarti andare. Vediamo cosa combini". Don Mario lasciò la parrocchia e divenne il primo prete ad andare a vivere tra gli zingari.

Racconta: "Sono un popolo a cui, pur vivendo in Europa, è spesso mancata un'evangelizzazione; ma gli zingari sono profondamente religiosi. Lo vedo ad esempio nel culto verso i defunti. Ho dovuto "superare" la mia mentalità, per penetrare nella cultura di questo popolo così strano, sparso un po' ovunque in tutto il mondo".

Don Mario ha imparato le usanze degli zingari e la loro lingua, il romanès, per riuscire ad andare fino in fondo nei rapporti. Ha inventato canzoni religiose, ha tradotto i Salmi e il Vangelo di Marco in cinque differenti lingue dei rom e sinti. Spiega: "Dedico grande attenzione alla conoscenza dell'Antico Testamento. Nell'esilio e nelle vicissitudini del popolo ebraico, si possono trovare molti parallelismi con la storia degli zingari, spesso cacciati dai Paesi europei. C'è poi una grande domanda sulla vita dopo la morte, che si accompagna all'idea che i defunti continuino a proteggere i loro cari. Spesso dicono: "Se non ci fossero stati i miei morti e Dio, sarei morto in quell'incidente"".

"Non solo il missionario porta, ma riceve molto. L'incontro profondo ti mette in crisi, perché non ti senti più l'uomo perfetto che arriva e spiega tutto. Avvicinando popolazioni diverse dalla propria, si impara a essere un po' più universali, un po' più "cattolici". Un pizzico, perché in realtà si rimane sempre troppo concentrati su se stessi". Per esempio, si impara ad avere una vita meno frenetica, con meno ansia del risultato: "Ricordo di aver accompagnato un prete in un campo per degli incontri: la prima volta c'erano 40 rom, la seconda 20 e poi 4. Se ne andò sconsolato. Errore! Perché i 40 volevano il prete, mentre i 4 cercavano Dio: non sempre la ricerca coincide...".

In Italia, ci sono una quindicina di preti e suore che vivono tra gli zingari, ma don Mario sottolinea un'altra realtà importante, quella delle vocazioni tra i sinti e i rom: "Fra preti, suore e diaconi permanenti zingari, ne conosciamo 170, di cui ben 40 in India".

Tra i gitani c'è anche un martire della fede: Zeffirino Jiménez Malla, ucciso durante la Guerra civile spagnola (vedi box in alto). Anche qui, c'è lo zampino di don Mario: "Ne avevo sentito parlare nel 1975, ma le cose da fare erano tante. Ne parlai con il cardinal Martini, che mi disse: "Datti da fare". Con padre Luigi andammo in Spagna per raccogliere la sua storia, ma il vescovo della diocesi spagnola ci disse che mancava tutto: il postulatore, i soldi per sostenere le spese della causa... Anche se non avevo né l'uno, né gli altri, gli dissi: "Andiamo avanti, ci pensiamo noi". Così, nel 1997, Zeffirino fu proclamato beato e a lui sono ora dedicate chiese in tutta Europa".

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