Boxe, Spada: "Salirò sul ring con la bandiera rom, niente tricolore e inno di Mameli"
Di
Fabrizio (del 30/03/2014 @ 09:03:25, in
sport, visitato 1705 volte)
Per il match contro Rubio, valido per il Mondiale dei pesi medi, il pugile
romano rinuncia per protesta ai simboli dell'Italia: "E' il terzo mondiale che
faccio, e sempre all'estero. Mai una parola da un ministro dello sport, la
federazione non sta dalla parte dei professionisti, e neanche la tv ha
acquistato i diritti. Che combatto a fare per questo paese?"
di LUIGI PANELLA su
Repubblica, 28 marzo 2014
ROMA - La voce assonnata ("Qui sono le cinque e mezzo del mattino") si ravviva
in un lampo quando Domenico Spada urla dal Messico tutta la sua protesta. "Salgo
sul ring, ma stavolta non sventolerà nessuna bandiera italiana e non suonerà
l'inno di Mameli. Stavolta combatto solo per la mia gente, salirò sul quadrato
con la bandiera rom..." Sabato 5 aprile, il pugile romano di etnia rom sarà al
suo terzo tentativo mondiale: i primi due, falliti per poco (il primo per un
arbitraggio casalingo), contro Zbik in Germania. Ora il viaggio è ancora più
lungo: il match al Gran Estadio di Ciudad Delicias, una località dello stato di
Chihuahua, contro l'idolo di casa Marco Antonio Rubio. Un caso dunque. Vero che
la boxe italiana a livello professionistico soffre a livello organizzativo (ci
sono pochi soldi), ma va anche sottolineato che in un passato neanche troppo
remoto pugili che non valgono Spada (parere dello scrivente) hanno avuto le loro
chance davanti ai propri tifosi.
E allora Spada si sfoga: "Combatto all'estero, dovrei rappresentare l'Italia.
Quando il match conta sono sempre costretto ad andare all'estero. Non solo. Mai
una telefonata, un messaggio, una parola d'incoraggiamento da un ministro dello
sport qualsiasi...". Non solo. La televisione, solitamente presente in modo
dignitoso tra Rai, Mediaset e pay per view, nel coprire il panorama, stavolta...
"Nessuno ha acquistato i diritti del match, quindi in Italia non mi vedranno. Ai
mass media fa comodo parlare del pugile solo quando è coinvolto in qualche caso
di cronaca"
Ce n'è anche per la federazione: "Ormai sta abbandonando il professionismo, se
ne frega di quelli come me che fanno il vero pugilato. Il mio è un gesto di
protesta contro tutto questo sistema. Dico basta, perché io perchè dovrei
combattere per questo paese?". Marco Antonio Rubio, messicano dal pugno di
pietra (50 incontri su 58 vinti prima del limite) è avvertito. Avrà dalla sua il
pubblico, probabilmente una giuria pronta a dargli il verdetto in caso di match
equilibrato. Ma avrà anche di fronte un uomo ferito, solo contro tutti, dalla
grinta feroce.