Martedì, 22 ottobre, 2013 -
Talvolta basta un incontro, uno sguardo, una parola per abbattere le spesse
barriere che ci separano fisicamente e idealmente dalle famiglie rom che abitano
le periferie delle nostre città.
Il Calendario 2014 "Un anno contro l'antiziganismo" ci aiuta, con
gli scatti di Davide Bozzalla e la poesia di Paul Polansky, a combattere, mese dopo mese, l'antiziganismo
che abbiamo ereditato dalla storia, che scorre nelle vene della società e che ne
condiziona i pensieri, alimentando stereotipi e pregiudizi diffusi.
Acquista il Calendario 2014 dell'Associazione 21 luglio e trascorri con noi
dodici mesi all'insegna dei diritti umani!
Il ricavato della vendita servirà a finanziare la ristrutturazione e le attività
del Theatre Roma (Teatro Rom) di Shuto Orizari, quartiere alla periferia di
Skopje, in Macedonia, e unica municipalità rom al mondo.
Riconosciuto ufficialmente nel 2000, il teatro debutta con Dog Years di Günter
Grass, spettacolo teatrale pluripremiato messo in scena nel 2001 a Stenkovec 2 e
Dare Bombol, campi profughi per rifugiati rom ai confini con il Kosovo. Un
teatro di impegno civile che attraverso la promozione della cultura e della
lingua romanes intende "parlare dei rom parlando dell'uomo".
Pratica teatrale autofinanziata e forma di resistenza culturale in direzione
ostinata e contraria, verso il sogno di un Teatro Nazionale Rom. Nel 2009
l'incontro fra la comunità di Shuto Orizari, il Theatre Roma e la compagnia
italiana Teatrino Clandestino porterà in scena il progetto OpenOption,
esperienza umana e teatrale raccolta in Confini Diamanti. Viaggio ai Margini
d'Europa, ospiti dei rom, reportage narrativo di Andrea Mochi Sismondi.
Da oltre due anni, tutte le attività sono ferme per mancanza di fondi. Insieme
potremo far sì che il Theatre Roma torni a vivere e continui a esercitare la sua
necessaria funzione civile, culturale e sociale! GUARDA LE FOTO DEL TEATRO
(COM'ERA PRIMA E COM'È OGGI)
DONAZIONI MINIME:
1 calendario: 7 euro, con consegna a mano
1 calendario 10 euro, con spedizione postale
5 calendari: 30 euro, con consegna a mano
5 calendari: 40 euro, con spedizione postale
10 calendari: 50 euro, con consegna a mano
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Puoi scaricare una versione digitale in pdf del calendario a 3,5 euro su
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COME ACQUISTARE IL CALENDARIO:
Invia una email a segreteria@21luglio.org, specifica il numero di calendari
richiesti e i dati per la consegna postale (nome, cognome, indirizzo). Oppure,
se sei a Roma, ti consegneremo il calendario direttamente di persona!
Per effettuare il pagamento, puoi utilizzare le seguenti modalità:
Bollettino postale al conto n. 3589968 intestato ad Associazione 21 luglio; Paypal
Di Fabrizio (del 09/11/2013 @ 09:07:37, in conflitti, visitato 2196 volte)
Domanda oziosa: perché non avevo scritto niente sul "regolamento di conti"
avvenuto davanti all'ospedale san Raffaele mercoledì scorso? Eppure, conosco e
frequento quella comunità dalla fine degli '80. Conoscevo bene tanto la vittima
che chi ha mollato il colpo di spranga mortale.
A parte il dolore che mi ha toccato personalmente, son rimasto zitto per due
ragioni:
perché c'è tuttora il rischio per altre famiglie (donne, anziani e bambini,
intendo);
perché ancora, nonostante oltre vent'anni di conoscenza, ho il timore di non
aver capito bene cosa sia successo e cosa possa succedere.
Per questo, quando venerdì ho letto su il Giornale:
Rom ucciso all'ospedale Ecco come è nata la faida mi son stupito che
qualcuno potesse spiegarmi tutto ciò. Tanto più perché l'autore, un certo
Enrico Silvestri, in via Idro è un perfetto sconosciuto, e quindi immagino
abbia delle fonti riservate e sorprendenti.
Purtroppo, la ricostruzione del giornale è una delle cose più orribili (e
forse in malafede) che mi sia mai capitato di leggere. Partendo da un fatto di
cronaca quel foglio aggiunge tutta una serie di particolari senza verità e senza
uno straccio di prova. Vediamone solo alcuni:
Motivo del contendere... si parte dal descrivere la
situazione come generata da rivalità tra clan. Che esisteva, ma
non aveva impedito che le due famiglie vivessero fianco a fianco
da anni, e che addirittura la vittima fosse il padrino del
ragazzo che l'ha colpito. Insomma, qualcosa si è guastato nel
tempo e Enrico Silvestri ignora cosa sia successo. Posso
dirlo io: la famiglia di Marco De Ragna (che forse
hanno aggredito Luca e i suoi) aveva sì subito un altro attacco
ad inizio anno, sempre da alcuni Braidic, ma di un altro gruppo.
Scappato in fretta e furia, aveva perso i risparmi di una vita.
Ha vissuto quasi un anno in una roulotte scassata, col comune
che continuava a ripetere che l'avrebbe aiutato, senza fare
assolutamente niente. Non lo giustifico, neanche se è un amico,
ma capisco che vivere in quella situazione può portare ad un
epilogo tragico come quello di mercoledì scorso.
La convivenza sempre più difficile, gli interventi non fatti
in via Idro, risalgono e sono stati denunciati da una decina
d'anni, passando tra diverse amministrazioni. L'ultimo
intervento, lo ricordava proprio
Il Giornale, fu nel 2005, a cui segui un lento abbandono
bipartisan. Come quando si lascia degradare un condominio,
l'abbandono si è tradotto in condizioni sempre più bestiali, in
quello che sino alla fine degli anni '90 era un campo
considerato modello di convivenza. Singolarmente, nel capitolo
precedente (e viene ripetuto alla fine) sembra che l'articolista
in questa storia veda un'irresponsabilità della Consulta Rom e
Sinti. quando questa accusa le varie amministrazioni di
abbandono. D'altronde, è più facile accusare i Rom di essere
bestiali, piuttosto che di essere tenuti in bestiali condizioni
di vita.
Continuo a chiedermi quale siano le fonti di questo Enrico
Silvestri, perché volendo mostrare di conoscere la questione,
inanella una serie di errori descrivendo particolari che non
c'entrano con la cronaca. Via Idro ... nato oltre trent'anni
fa è dell'estate 1989 (24 anni), è sempre stato abitato da
Rom Harvati (e non da Sinti) e non hai mai visto 600
presenze, attestatesi negli anni tra le 100 e le 200, in
maniera piuttosto stabile. Ma 600 presenze è un numero
(inventato di sana pianta) che fa paura.
Perché, subito dopo, arrivano le affermazioni forti: I
Braidic odiano i De Ragna a cui seguirà E adesso la
vendetta: la morte di Luca deve essere pagata con la morte di
Marco. Lo so, ve lo dico chiaramente, lo temo, ma so anche
che ci sono quelli imparentati tanto con i Braidic che con i De
Ragna. E proprio in questi giorni, vedo che al campo qualcuno si
lascia andare a parole di vendetta, altri (che di cognome
facciano Braidic o De Ragna) in silenzio e fatica stanno
provando a calmare gli animi.
Per il Giornale e per quelli che sono i suoi giornalisti, non esiste niente
di peggio che un Rom che provi a portare pace. Bisogna essere per forza stupidi
e sanguinari. Meglio morti che rom, pensano. Non è che io ce l'ho per forza con
quella testata, ma successe già a dicembre 2005, che via Idro venne accusata di
colpe che non erano sue.
Mandammo la smentita, e "naturalmente" non fu mai pubblicata.
ci rivolgiamo a lei per la seconda volta in quest'anno 2013. Questa volta lo
facciamo per un fatto molto grave, accaduto il 6 novembre davanti al San
Raffaele, che ha coinvolto la comunità regolare di via Idro. Due famiglie, si
sono affrontate con esito tragico: un uomo è morto, un altro è ferito, molti
sono finiti in carcere.
Ci rivolgiamo a lei con rammarico profondo perché al dolore si aggiunge la
considerazione che si sarebbe potuto evitare questa tragedia. Non diciamo questo
per giustificare i gravissimi atti di violenza, gli autori dei quali porteranno
le conseguenze previste dalla legge. In casi come questo si parla di "zingari",
quindi di qualcosa che fa parte del normale bagaglio dei pregiudizi. Noi invece
parliamo di persone, di uomini, donne bambini che sono a tutti gli effetti
cittadini di questa città e che sono preoccupati per lo stato di abbandono, per
le condizioni di degrado in cui versano e che producono situazioni di allarme
sociale che non possono essere trascurate.
Il campo di via Idro è un campo regolare dagli anni '80, ben inserito nella
zona. Due fa la Consulta ha denunciato la situazione di grave pericolosità
determinata dalla presenza violenta di un latitante, ha richiamato
l'amministrazione sull'urgenza di realizzare gli interventi necessari, dal
rispetto della legge all'"alleggerimento" con il trasferimento di una parte
delle famiglie, a cui apparteneva la persona morta, nel Vogherese per un accordo
siglato ben tre anni fa. Nulla di tutto questo è avvenuto, nel frattempo i
conflitti sono esplosi: un anno fa è stata data alle fiamme l'abitazione della
famiglia protagonista della tragedia di ieri e nonostante l'arresto, anche se
tardivo, del latitante la sua famiglia non veniva espulsa e da allora nel campo
vige un regime di enorme tensione anche per l'ingresso di comunità abusive che
vengono tollerate da autorità ed ente gestore e che aggiungono tensione a
tensione. Questa tragedia era annunciata, lo sapevamo noi, lo sapevano tutti, le
associazioni di zona che pure sono intervenute più volte, gli enti gestori, gli
amministratori. Adesso, dopo la tragedia, la comunità di via Idro non esiste più
e anche le speranze di un intervento che ne salvi i resti sono molto deboli.
Questo non è un atto d'accusa, anche noi ci sentiamo responsabili per non essere
stati più convincenti nei confronti dell'amministrazione, ma è una richiesta di
intervento urgente perché le situazioni precarie sono tante e, mentre auguriamo
che in questo caso dietro l'abbandono non ci siano interessi per diverse
destinazioni per quell'area, come pure si sente dire, ripetiamo l'appello per le
altre situazioni nei campi regolari che da troppo tempo non vengono risolte:
parliamo per esempio dei campi di via Martirano e di via Novara, per i quali gli
interventi tuttora incompiuti risalgono alla precedente amministrazione. Anche
in questi campi la tensione è alta per le soluzioni continuamente procrastinate
e per condizioni di vita che precipitano sempre più in basso.
Signor sindaco, ci rivolgiamo a lei, perché questa tragedia non rimanga
catalogata tra i normali fatti di cronaca della nostra città, ma perché aiuti
tutti noi ad affrontare i problemi delle nostre comunità con lo stesso impegno,
lo stesso spirito solidale e con la stessa disponibilità alla partecipazione che
meritano tutti i cittadini, qualunque sia la loro etnia. Con questo spirito le
chiediamo un incontro per affrontare il quadro di una situazione che va
affrontata con urgenza per stabilire situazioni di serenità in ogni comunità,
condizione per un vero inserimento sociale.
La consulta Rom e Sinti di Milano ha avviato, in collaborazione con ERRC (Eropean
Roma Rights Center), un'azione legale per la cancellazione dei dati personali -
un vero archivio parallelo su base etnica - e per ottenere un risarcimento per
danni morali da parte delle comunità di Milano che hanno subito il censimento
etnico nell'ambito della cosiddetta "emergenza nomadi" decretata dal governo
Berlusconi nel maggio del 2008. Questa "emergenza" - e tutti i suoi effetti:
censimento, regolamento prefettizio - è stata definitivamente dichiarata
illegittima, motivando le richieste di cancellazione dei dati e il risarcimento
danni.
Il 4 ottobre il prefetto di Milano ha trasmesso all'avvocato della Consulta,
Gilberto Pagani, il verbale di cancellazione dei dati, sia cartacei, sia
digitali, raccolti con il censimento. Un primo importante risultato dell'azione
della Consulta che ora proseguirà con la causa per il risarcimento danni di chi
ha subito un censimento razziale nell'estate del 2008.
Di Fabrizio (del 11/11/2013 @ 09:05:08, in casa, visitato 1643 volte)
La Gazzetta di Modena
di Serena Arbizzi - Duecento persone protestano in consiglio comunale e pure i sinti rifiutano: "Un
ghetto". Rese note le cifre dell'assistenza
nomadi
"Cortile non è il posto dove nascondere i problemi di Carpi" e, ancora, "Prima
il confronto poi la delibera", "Sì al superamento del campo, no a nuovi ghetti".
Al suono di questi slogan, scritti sugli striscioni e ripetuti da oltre duecento
cittadini che ieri sera hanno "invaso" palazzo Scacchetti in occasione del
consiglio comunale, il più affollato dell'intera legislatura, in cui sono stati
dibattuti quattro ordini del giorno, due interrogazioni e altrettante mozioni
sull'infuocato argomento del trasloco del campo nomadi a Cortile. In
particolare, l'ordine del giorno Pdl "ritiene illegittima quella parte
dell'Ordinanza del Sindaco che dispone l'utilizzo di un terreno privato con
opere di urbanizzazione pubbliche" e ha sottolineato che già Emergency il 28
agosto 2012 aveva evidenziato condizioni disastrose in via Nuova Ponente.
Paradossalmente, ieri sera, le ragioni dei nomadi, presenti anch'essi con una
delegazione di dieci sinti, combaciavano con quelle dei comitati: "Noi non
vogliamo andare a Cortile, vogliamo le microaree - ha detto il gruppo che verrà
trasferito all'ex scuola - così veniamo ghettizzati. Noi lavoriamo, commerciamo
nel ferro, facciamo le pulizie... anche se la gente non si fida di noi".
In principio di seduta sono poi volate parole grosse tra il presidente del
consiglio Giovanni Taurasi e Antonio Russo perché la diretta prevista nella sala
vicina alla discussione era stata annullata.
L'assessore Alberto Bellelli ha invitato le opposizioni a proporre alternative,
dopo avere passato in rassegna gli interventi dell'Ausl nella storia del campo,
ma non "le microaree: non le reputo una soluzione, laddove sono state costruite
hanno moltiplicato problemi esistenti. Il centro di prima accoglienza di Cortile
era quello che poteva essere recuperato nei tempi più ragionevoli. Ho chiesto
agli uffici delle politiche sociali cosa significherebbe una chiusura del campo
in termini di spesa per l'accesso diretto ai servizi: 11 madri con 11 figli,
costerebbero fino a 99mila euro al mese, 16 minori da 7 a 16 anni, le rette
arrivano a oltre a 130 euro, fino a 69.400 euro al mese. Gli anziani non
autosufficienti costerebbero 780 euro al mese".
Applaudito l'intervento del consigliere Cristian Rostovi, che ha parlato di
"balle" dette dal Comune: "Per fortuna che si tratta della decisione dei tempi
più brevi: ci avete messo 25 anni... Quanto ai costi a carico delle politiche
sociali: sembra che li abbiate tenuti in quelle condizioni perché vi costavano
meno...".
I cittadini - che hanno già raccolto con la petizione 2.000 firme contrarie - si
sono scaldati anche sulle cifre spese dal Comune per i nomadi, 870mila euro,
enunciate da Russo.
Di Fabrizio (del 12/11/2013 @ 09:01:34, in lavoro, visitato 1572 volte)
Monta la protesta tra gli zingari che vogliono manifestare a Venezia - di
Cristina Giacomuzzo
VICENZA. La burocrazia rende la vita difficile non solo agli artigiani e
imprenditori, ma anche agli zingari. Sono tempi duri per chi, nomade, si arrabbatta rivendendo il ferro vecchio. Sì
perché da almeno due settimane i gestori degli impianti di recupero hanno
bloccato tutto: non accettano più nulla, in attesa di una interpretazione della
norma che rientra nel sistema della rintracciabilità dei rifiuti (Sistri). E
intanto anche alla Caritas di Vicenza c'è preoccupazione perché il termometro
sale. E c'è chi denuncia tutta la sua disperazione. E' Cristian Argentini, 39 anni, zingaro che abita
nell'hinterland: "Questa era l'unica certezza economica che avevo per assicurare
qualcosa da mangiare ai miei quattro figli in modo legale. Cosa devo fare? E'
così che ci costringono a rubare".
IL QUADRO. Argentini è uno dei circa seicento nomadi che abita ormai stabilmente
nel Vicentino. "Il 98 per cento di questi - assicurano dalla Caritas - vive di
questo tipo di lavoro". Un tipo di attività che aveva già ricevuto un primo giro
di vite quando si era imposto l'iscrizione alla Camera di commercio, proprio
come un qualsiasi ambulante. Adesso però si complica perché pare che gli
ambulanti del ferro debbano provvedere alla compilazione di specifici formulari
e un'altra lunga serie di incombenze burocratiche. Conferma Argentini: "Vendere
il ferro vecchio rappresenta per me, come per tanti altri zingari, l'unica
entrata economica. Io non chiedo la carità - dice - ma almeno mi sia dia la
possibilità di lavorare. Ora per continuare a fare questo mestiere, mi si
chiedono 9 mila euro di deposito per il mezzo che deve avere determinate
caratteristiche per il trasporto del materiale. Ma come faccio?".
IL TAVOLO. Il nodo sta venendo al pettine in tutta la sua complessità. In
Caritas a Vicenza da settimane si raccolgono le testimonianze di sinti vicentini
che si ritrovano chiuse le porte del gestore dell'impianto che non accetta più
il loro ferro. Per questo i volontari avevano tentato di affrontare il problema
direttamente con il gestore, ma hanno capito che è questione di legge.
Le rappresentazioni degli Zingari nella tradizione locale sono state espresse
attraverso storie che hanno le caratteristiche della leggenda o dei proverbi,
attraverso i quali le popolazioni contadine hanno elaborato l'immagine dell'
"altro", che non necessariamente doveva essere lo straniero, ma anche l'abitante
del villaggio vicino.
Emblematica è una leggenda esistente sulla nascita di Frontale:
"Riguardo all'origine dell'abitato di Frontale la tradizione orale parla di un
gruppo di nomadi che, in epoca imprecisata, stava risalendo la Valtellina per
recarsi verso il nord. Non potendo proseguire oltre la chiusa di Serravalle a
causa dell'ostilità della popolazione del bormiese, essi decisero di transitare
per la Val di Rezzalo per aggirare l'ostacolo, attraverso il Passo dell'Alpe e
il Gavia. Sopraggiunse l'inverno e la neve caduta in abbondanza impedì loro di
proseguire il viaggio. Si stanziarono così sul pianoro che domina la valle in
posizione soleggiata, attendendo l'arrivo della bella stagione.
Quando la primavera coprì i prati di fiori e le giornate si fecero più lunghe e
calde, i nomadi pensarono che non avrebbero potuto trovare altrove un luogo così
bello e decisero dunque di stabilire lì, per sempre, la loro residenza.
Il soprannome scherzoso che i sondalini usano per i indicare gli abitanti di
Frontale è sc'troelech che, tradotto, significa "nomade"." 1
Un tempo, al bambino curioso di Frontale desideroso di sapere com'era venuto al
mondo, gli adulti rispondevano di averlo trovato perché era stato abbandonato
dagli Zingari!
Come mi è stato suggerito da Gabriele Antonioli, Zìnghen è anche il soprannome
degli abitanti di Le Prese, tuttavia non se ne conosce il motivo.
A Sondalo era diffuso un proverbio riguardante gli abitanti di Grosotto,
ritenuti poco ospitali, in cui si diceva : a Grosót al se férma gnènca i zìnghen.
Il termine "Zingaro" viene attribuito all'"altro" e utilizzato come un aggettivo
dispregiativo, ad indicare le caratteristiche negative di chi non fa parte della
comunità; richiama la sfera della diversità, è "l'altro" per eccellenza ed è
considerato un personaggio socialmente pericoloso, per la sua vita
caratterizzata dal vagabondare, soprattutto in una realtà contadina come quella
valtellinese.
Nelle inchieste napoleoniche condotte in tutto il regno italico nel 1811, nel
paragrafo riguardante i pregiudizi e le credenze diffusi nei territori del
"Dipartimento dell'Adda", Giovanni Tassoni riporta una certa attitudine degli
abitanti della Valtellina alla superstizione e a credere nella fattucchieria.
Si legge: "Diversi sono i pregiudizi, e varie le superstizioni [che] tormentano
ed avviliscono lo spirito di queste popolazioni. Dipendono in gran parte dalla
natura del paese che abitano. Lo spettacolo della natura fra i monti,
particolarmente nella notte ha sempre qualche cosa di grande e di terribile,
capace a scuotere non solo le menti de' deboli e degli ignoranti, ma pur anche
talora quelle degli uomini colti ed illuminati. (…) Di qui nasce che
generalmente si crede ai fattucchieri, alla malignità ed invidia, de' quali
vengono attribuiti i fascini, le malattie e le disgrazie d'ogni genere. Anche i
saltimbanchi, i ballerini da corda e qualunque giocolare vengono annoverati
nella classe degli stregoni, e se il loro arrivo venisse accompagnato da qualche
meteora, si vedrebbero esposti in qualche luogo a gravi dispiaceri." 2
Nel testo, come vediamo, non vengono citati esplicitamente gli Zingari, ma le
figure a cui si fa riferimento evocano gli stessi: è infatti probabile che i
saltimbanchi di cui parla il Tassoni fossero proprio loro. Si legge che essi
erano considerati alla pari di stregoni ed era credenza che, se il loro
passaggio fosse avvenuto in concomitanza di eventi atmosferici rari avrebbe
portato disagi e sarebbe stato segnale di un brutto presagio.
In un altro documento, citato da Remo Bracchi ne: Nomi e volti della paura nelle
valli dell'Adda e della Mera, come Anonimo foglio manoscritto bormino3, è
presente una descrizione degli Zingari che richiama la sfera del mito più che
quella della realtà.
Tale documento è stato fatto risalire ai primi anni del XIX secolo o alla fine
del precedente e di provenienza dalla zona di Valfurva.
Il contenuto non fa pensare ad un documento istituzionale, bensì ad uno scritto
personale, ad una sorta di diario delle "memorie", in cui l'autore scrive con
l'intento di tramandare ai posteri alcuni insegnamenti.
Sugli Zingari si legge così: "Gli zingari non ponno stare più di tre giorni per
ogni paese, per maledizione della Vergine da essi mal accettata in Egitto. Loro
si permetta di applicare il fuoco alle paglie che non si accendono. Lontani però
da loro i soldi, che qual calamita li attraggono. Del resto acontentali e fuge a
facie eorum quasi di stregoni."4
Anche qui ritroviamo l'accostamento fra Zingari e il mondo della stregoneria "e fuge a facie eorum quasi di stregoni": "e fuggì da loro come se si trattasse di
stregoni".
Attorno alla valle chiamata li Valmani d'Aprica vi sono delle credenze in cui la
figura della zingara coincide con quella della strega: "I più anziani hanno
sentito parlare, nella loro lontana giovinezza della dòna dal gioech, una strega
che scorrazzava nella valle, apparendo e scomparendo improvvisamente. Inoltre i
vicini abitanti di Corteno, per indicare la stessa valle oltre il loro crinale,
la definivano al Canàl de la zìnghena, ossia "il canale della zingara", in
pratica un sinonimo di strega."5 È da notare come in quest'ultimo caso il
termine zingara richiami la sfera dell'alterità: infatti gli abitanti di Corteno
collegano, alla figura della zingara, la zona della valle al dì là del loro
crinale.
"L'equazione fra ‘zingara' e ‘strega', attraverso l'accezione di ‘vagabonda' si
coglie ancora nella voce ogolina sc'trigòza ‘ragazza leggera, da poco, (Rini,64),
tart. Strigòz (z) a ‘ragazza, donna leggera, sventata, scriteriata, che suscita
pettegolezzi sulla sua condotta' (DVT, 1209)."
"A Livigno ‘il vento che soffia dal Passo del Foscagno (da sud) verso Trepalle,
e porta pioggia' viene stigmatizzato come la zìngana, ossia ‘la zingara'.
(Emanuele Mambretti). Nel suo capriccioso manifestarsi gli alpigiani
sospettavano sempre qualcosa di cupamente disordinato."6
Ne La nascita e l'infanzia, il primo volume de Il ciclo della vita di Marcello
Canclini7, dove viene riportata una raccolta di tradizioni popolari dell'Alta
Valle, troviamo radicato il noto stereotipo che rappresenta gli Zingari e gli
ambulanti in generale come rapitori di bambini: " Radicato nei fanciulli era
anche il timore nei confronti degli zingari, i sc'plèngher, o degli ambulanti in
genere, che già a partire dalla più tenera infanzia erano descritti dai genitori
come rapitori di bambini. Il nome deriva quasi certamente dal termine
professionale tedesco Spengler, lattoniere ambulante. A Piatta, in modo
parallelo, era al magnàn, lo stagnino, l'uomo nero che rapiva i piccoli
capricciosi. Quando il 19 giugno, festa di San Gervasio e Protasio, patroni di
Bormio, ci si recava alla fiera, si insegnava ai ragazzi a stare ben aggrappati
ai calzoni del papà o alla gonna della mamma, perché c'erano i sc'tròlich che i portàen ìa i bagón e i bagonìn, gli zingari che rapivano piccolini e grandicelli
senza troppe distinzioni. Ne La leggenda della zingara del Sass de Scegn,
trascritta dal professore Alfredo Martinelli, si narra che la zingara più
vecchia del gruppo venne buttata, dagli altri componenti, in un dirupo formato
dal Sass de Scegn ad Isolaccia e prima di morire lanciò loro una maledizione.
Appena la zingara cadde, dove scorre il torrente Viola, si aprì una fenditura
che inghiottì gli altri Zingari e li buttò nel fondo.
Secondo l'autore, da quel momento, il luogo divenne impenetrabile per gli
abitanti, perché ancora frequentato dagli spiriti degli Zingari che, nelle notti
di luna piena, si aggirano minacciosi e con intenti malvagi.
In Valtellina, soprattutto nella zona dell'Alta Valle, vediamo come, nonostante
la bassa frequenza di passaggi di Zingari documentata, siano presenti delle
cristallizzazioni, degli stereotipi fissi che connotano tali figure. Lo zingaro
richiama la sfera del magico: "Sospeso tra terrore e poesia (…) è un' immagine
piuttosto che un uomo concreto". 8
(x) (Estratto dalla tesi di laurea "Da Egiziani a banditi. Il transito degli
Zingari in Valtellina nell'Età moderna" premiata al concorso in ricordo di Lisa
Garbellini con la seguente motivazione: "La tesi della dott.ssa Rossi è un
lavoro originale, che affronta una tematica insolita ma stimolante: la presenza
di popolazioni zingare in Valtellina tra 16esimo e 18esimo secolo, attraverso
una capillare rassegna bibliografica e un notevole lavoro di archivio. Il
lettore viene accompagnato in un immaginario viaggio tra i secoli attraverso le
differenti modalità di comportamento delle istituzioni nei confronti delle
comunità zingare di passaggio sul nostro territorio".
RTV Slovenia:Bastoni fra le ruote, non nelle pentole - Testo: Bogdan Miklich.
Foto: Matek Kristovich Al lavoro
A Maribor si doveva aprire un ristorante rom, al quale avevano dato nome Romani kafenava, ma nel quartiere di Magdalena non sono d'accordo sul fatto che il
ristorante sia al numero 34 di via Gornega, dove prima si trovava la pizzeria
Chu-Chu. Per questo il sindaco Andrej Fishtravec non ha firmato il contratto
d'affitto.
Per il ristorante, nel quale cuoche rom avrebbero preparato piatti tipici della
tradizione rom e nel quale avrebbero lavorato camerieri rom, sono stati spesi
300.000 euro. Il progetto è finanziato all'85% dall'Unione Europea e per il
restante 15% dal Ministero per il Lavoro, la Famiglia e gli Affari Sociali.
Il capo del progetto Shtefan Simonchich ha chiarito che è stato confiscato
un'ora e mezza prima della firma del contratto, seppure il locale fosse vuoto da
più di un anno. Una delle ragioni per aprirlo nella zona è la vicinanza con
centro intergenerazionale. "Abbiamo buoni rapporti con tutte le organizzazioni
che lavorano nei dintorni" dichiara Simonchich. "Il ristorante rom
collaborerebbe con un centro intergenerazionale e con gli altri attori. In quella
zona vi sono più di 1000 metri quadri di superficie e quindi c'è posto per
tutti. Sarebbe utile a tutti che vi siano più attività cosicché vi siano più
clienti anche per gli altri." ragiona Simonchich che non si sa spiegare come il
quartiere di Magdalena abbia bloccato l'apertura del ristorante rom.
Nel piatto
Potrebbe derivare dal fatto che, in quel quartiere, gli abitanti di un
condominio abbiano dato la colpa ai rom per problemi condominiali. "Spero che il
sindaco ci ripensi, dato che ha un dottorato in sociologia e perciò sono certo
che capisca quando sia difficile includere le minoranze in alcuni quartieri e
che quindi permetta l'apertura del ristorante rom in quel locale." dice Simonchich che aggiunge come esso sia uno dei passaggi che potrà facilitare
l'inclusione dei rom. Il ristorante rom porterà loro speranze di assunzione dato
che a Maribor si è già alla seconda generazione di rom disoccupati. "In città
nemmeno gli sloveni trovano lavoro, figuriamoci i rom."
Il desiderio del ristorante, secondo le parole di Simonchich, è di aprire il
prima possibile in modo tale che i rom ottengano al più presto un lavoro.
L'ultima scadenza è a febbraio 2014 perciò dovrebbero già cominciare a
risistemare il posto e la rete elettrica. "Se non ci daranno quel locale ne
dovemmo trovare un altro sempre a Maribor poiché dobbiamo portare a termine il
progetto. Se il ristorante non sarà aperto entro il 1 febbraio dovremmo ridare
indietro il denaro. Se questo progetto, unico in territorio sloveno, non verrà
portato a termine sarà evidente il loro odio nei confronti dei rom." dichiara Simonchich.
Il sindaco Fishtravec propone la ricerca di una locazione alternativa, cosa che
non piace ai coordinatori del progetto. "Da quando sono iniziati i problemi per
trovare un posto per il ristorante rom a Maribor sono aumentati i discorsi
contro i rom. Rimangono difficoltà tra gli abitanti rom e non-rom e arrendersi
porterebbe a aumentare i discorsi negativi. Le forbici e il nastro li ha in mano
il sindaco e perciò ancora una volta gli chiediamo di riconfermare il primo
locale scelto", afferma Simonchich.
Poiché il progetto ha titolo di cooperativa sociale hanno dovuto fare un
progetto ben sviluppato e evidenziare il numero di nuovi impieghi creati. Il
cibo sarà rom dei Balcani, del mediterraneo e turco. Vi saranno molte spezie.
"Sarà la cucina sana e saporita delle nostre mamme e delle nostre nonne" dice
Simonchich
"L'esperienza culinaria sarà arricchita da musica rom dal vivo e
aumenteremo le conoscenze della gente sulla cultura rom. Ci sarà anche la
possibilità di avere un bar. Il nostro obiettivo è di aumentare la vicinanza tra
la popolazione rom e non-rom grazie alla conoscenza del mondo rom e delle sue
tradizioni. Pensiamo che ciò possa arricchire la nostra città e richiamare
turisti, ci dispiace che alcuni non lo capiscano" dice Simonchich che, proprio
per questo, spera che le difficoltà vengano al più presto superate poiché il
progetto non porterebbe beneficio solo ai rom ma anche alla popolazione
maggioritaria.
Secondo il sindaco Fishtravec, se il quartiere di Magdalena vuole acquistare la
ex pizzeria Chu-chu e il relativo locale, il comune non darà loro le chiavi.
"Abbiamo chiarito con il comitato di quartiere che si possono vendere solo i
locali in cui il comitato svolge le sue attività. Il precedente sindaco ha dato
permessi non conformi alla legge anche se tali non si sono mai realizzati per
mancanza di un contratto d'affitto regolare" chiarisce Fishtravec e si augura
che le cose si sistemino. "Qui non si parla solo di xenofobia e di coabitazione
impossibile con altri gruppi etnici ma anche della realizzazione di un progetto
con fini politici positivi che spero di portare a termine a Maribor" afferma Fishtravec. Il motivo per una realizzazione impossibile per il comitato di
quartiere di Magdalena risiede nel fatto che esso è formato dai quadri dell'ex
sindaco.
Di Fabrizio (del 15/11/2013 @ 09:09:11, in scuola, visitato 1145 volte)
Ha preso il via il Corso di formazione per attivisti rom e sinti organizzato
da Associazione 21 luglio e dal Centro Europeo per i Diritti dei Rom (ERRC).
I giovani partecipanti spiegano perché hanno scelto di aderire all'iniziativa e
di impegnarsi per i diritti umani delle proprie comunità.
Domenico Spada, tra gli uomini di punta della boxe italiana a livello mondiale,
si racconta. Di etnia rom, mille mestieri, l'ombra della discriminazione sempre
presente, ma anche un grande riscatto sul ring e nella vita, con l'apertura di
una palestra tutta sua e un possibile futuro da attore. "L'Inno di Mameli che
suona per gli altri è anche il mio, darò il titolo del mondo all'Italia"LE FOTO
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VIDEO APPROFONDIMENTI
Lo sguardo determinato non lascia
spazio a movimenti delle palpebre, tipico di chi guarda avanti, concentrato
sull'obiettivo, sempre deciso a saltare gli ostacoli. E Domenico Spada, uno dei
pochi pugili in grado di dare lustro al panorama professionistico italiano, di
ostacoli ne ha dovuti scavalcare parecchi prima di affermarsi come pugile e come
uomo. A febbraio dovrebbe vedersela con il messicano dal pugno di pietra Marco
Antonio Rubio (50 ko su 58 incontri vinti) per il Mondiale ad interim dei medi:
"Rigorosamente all'estero, in Italia è difficile organizzare un match di quel
livello, è difficile reperire soldi". In alternativa, il suo manager Franco
Cherchi potrebbe offrigli una chance europea contro l'ucraino Maksim Bursak.
L'asta per il match è fissata per metà dicembre.
All'estero. Perché Spada come pugile ha già dato tanto all'Italia, ricevendone
in cambio poco. Si è battuto due volte per il titolo del mondo dei pesi medi,
non accadeva dai tempi di Vito Antuofermo, il Paisà che fu capace di resistere
quindici round all'assalto del 'meraviglioso' Hagler nonostante il volto
devastato (ci vollero 33 punti di sutura). Ha perso entrambe le volte ai punti,
non senza recriminazioni, contro il tedesco Zbik, ma è dovuto andare nella tana
tedesca dove se non si vince per ko è tosta strappare il verdetto. Stesso
discorso quando è andato in Inghilterra per l'Europeo: Barker è un bel pugile,
ma l'arbitro gli ha dato la possibilità di fare ostruzionismo, poi i tre giudici
hanno fatto il resto.
In attesa di cogliere l'attimo fuggente in chiave iridata, Domenico si è anche
dedicato a prendere a calci le discriminazioni, lui che è di etnia rom. E non
sono stati isolati gli episodi su qualche brutta frase riferita alle sue
origini.
"Non mi piace la gente ignorante, irrispettosa delle culture degli altri. Quando
sento pronunciata con rabbia, abbinata alla volgarità, la parola 'zingaro', quel
tono dispregiativo, non ci vedo più dalla rabbia. Sono parole che fanno più male
dei pugni".
Anche perché essere rom non significa essere delinquente... "Io in vita mia non ho rubato nemmeno un centesimo. Ho preso la licenza media,
poi prima di fare la boxe a livello professionistico ho fatto di tutto. Dal
pasticciere al muratore, al parrucchiere".
Il parrucchiere? "Si, ha capito bene, ma non tagliavo i capelli, ero shampista... Ho sempre
cercato di aiutare in tutti i modi la mia famiglia. Io, i miei genitori, papà
faceva il muratore, e cinque sorelle. Tutti in un appartamento di 40 metri
quadrati. Va anche detto che nella nostra cultura, ma questo aspetto sta
cambiando, le donne non lavorano. Quindi il peso economico della casa era tutto
su me e mio padre. In casa e non in roulotte? Altro luogo comune, nella roulotte
non ci ho vissuto un giorno in vita mia".
Si batte contro lo stereotipo del pugile violento, senza cultura, che fuori
dal ring non riesce ad affermarsi "Certo, basta. E' come la questione del rom sul ring. Viene strumentalizzata,
l'inno di Mameli che suona per i calciatori è lo stesso che viene eseguito prima
di un incontro titolato. La mia famiglia ha dato tanto alla bandiera. Tra i miei
cugini Michele Di Rocco è attualmente campione d'Europa, Pasquale Di Silvio è
stato campione italiano, Romolo Casamonica ci ha rappresentato alle Olimpiadi".
Ma torniamo al fatto della strumentalizzazione "Sì, le cito qualche nome. Il grande Charlie Chaplin, la bella Rita Hayworth, il
carismatico Yul Brinner, Andrea Pirlo, Joquim Cortez. Sono tutti di etnia rom,
ma nessuno lo sottolinea. Poi magari sali sul ring, e tutti a ricamarci... La
mia gente è partita dall'India tanti secoli fa, ma ormai sono 600 anni che siamo
in Italia. Mio nonno Alizio ha fatto la Seconda Guerra Mondiale, è stato
prigioniero per anni, insomma...".
Ma la grande risposta è l'apertura di una palestra tutta sua "La Vulcano Gym, a Santa Maria delle Mole. L'ho aperta anche grazie all'aiuto
dei miei genitori. Ci vengono pugili amici, ma anche e soprattutto tantissimi
amatori. Avvocati, dottori, studenti, tanta gente che vuole mantenersi in forma
e ama quel grandissimo sport che è la boxe".
Vulcano è il suo nome di battaglia, chi glielo ha dato? "Me lo ha dato il padre del romeno Simon. Da dilettante avevo sconfitto il
figlio ma lui era rimasto colpito dal mio modo di combattere".
Da dilettante come mai non è andato alle Olimpiadi? "Avevo vinto il titolo italiano nel 1999, poi feci quattro tornei vincendone
tre, battei il campione del mondo juniores, ma al momento delle selezioni per le
Olimpiadi di Sydney, il ct di allora, Patrizio Oliva, scelse Di Corcia".
E come andò a finire? "Di Corcia fu battuto da Simon, proprio lui...".
A proposito di dilettanti, che pensa di Russo e Cammarelle, agli onori della
cronaca spesso più di lei? "Non voglio fare polemica, ma restando dilettanti saranno sempre pugili
incompleti. Stanno facendo come facevano i pugili sovietici o come fanno i
cubani: prendono lo stipendio dallo stato (azzurri quasi tutti nelle forze
armate, ndr) e non passano prof. Certo, vanno alle Olimpiadi e quindi la
federazione pugilistica li tutela, ma non va dimenticato che anche noi
professionisti quando combattiamo per un titolo le tasse alla Fpi le paghiamo
eccome...".
Nuova provocazione. Altri pugili, a nostro avviso non al suo livello, hanno
avuto chance più importanti sul ring della Capitale "Provocazione che raccolgo volentieri. Nella precedente amministrazione
comunale, nel mio sogno di combattere per il titolo a Roma, ho avuto quattro
anni di promesse puntualmente disattese, chissà perché... (ghigno). Ora spero
che con il sindaco Marino cambi qualcosa".
Qualcuno dice che lei ha la faccia d'attore? "Sicuramente la pensa così Aureliano Amadei, il regista di '20 sigarette'. Con
lui ho girato un documentario che si intitola 'L'incontro della vita', stiamo
attendendo che possa venire distribuito, questione di fondi"
Dunque le piacerebbe lavorare nel cinema? "Perché no. In fondo la passione per il cinema è un po' una tradizione di
famiglia. Da bambino ho partecipato al film di Sergio Rubini 'Il viaggio delle
sposa'. Parecchi miei parenti hanno avuto parti con Sergio Leone, Pier Paolo
Pasolini. Sono stati accanto ad attori come Marcello Mastroianni e Alberto
Sordi".
Visto che ha sempre denotato una certa precocità, il piccolo Spada è subito
salito sul ring? "No, ma ci ho messo poco per capire la strada maestra, visto che già dai novizi
primeggiavo. In precedenza ho provato a giocare a pallone con una società
oratoriale, la Juvenilia 88, ma non era cosa per me".
Altra curiosità, Spada nella vita privata? "Sto da anni con Claudia che presto sposerò, abbiamo tre figli maschi".
E se uno dei tre volesse diventare pugile? "Non mi opporrei, anche se mi piacerebbe una società più meritocratica, ma qui
non parlo solo di boxe. Vorrei andasse avanti chi lo merita, con le proprie
forze. E' una società ideale, lo so. Ma io ci credo".
"Noi apparteniamo al mondo, questo è secondo me un lato molto bello della nostra
cultura. Noi non diciamo questo è mio, quest"altro pure. Noi non abbiamo niente
la nostra cultura è libertà." Marinela Constantin, attivista Rom
Due anni fa veniva approvata la strategia nazionale d"inclusione di rom sinti e
camminati che avrebbe dovuto favorire un cambio di rotta nelle politiche
d"inserimento sociale di queste minoranze. Il tempo passato è tanto ma dell"applicazione
di tale piano, imposto dall"Europa e recepito in ritardo dall"Italia, non se n"è
fatto niente.
A livello locale i danni sono ancora più gravi. A Roma dove il destrorso Gianni
Alemanno è stato sostituito dal sindaco democratico Ignazio Marino, gli sgomberi
dei campi sono continuati con le stesse procedure superficiali della gestione
precedente e le associazioni nazionali e internazionali non smettono di farlo
presente.
In un panorama altrimenti buio è nato e si è sviluppato il progetto fuochi
attivi rivolto ai giovani rom di tutta italia.
L"obiettivo è trasformare questi ragazzi in comunicatori professionisti che
possano un giorno portare avanti le rivendicazioni e le aspirazioni di una
minoranza da troppo tempo emarginata e messa sotto silenzio.
Ospiti della puntata:
Badema Ramovich, Attivista Rom del progetto
Fuochi Attivi
Marinela Constantin, Attivista Rom del progetto
Fuochi Attivi
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