Di Fabrizio (del 26/06/2012 @ 09:06:36, in Kumpanija, visitato 2030 volte)
Segnalazione di Alberto Maria Melis
Oggi, davanti al piccolo campo rom di Monserrato (Cagliari) è stata scoperta
una statua in memoria del Porrajimos - Samudaripen, lo sterminio dei sinti e dei
rom da parte del nazismo.
Di Sucar Drom (del 26/06/2012 @ 09:14:57, in blog, visitato 1657 volte)
Rom e Sinti, l'esclusione resta diffusa in Italia e in Europa
Presentati i dati dell'indagine "The situation of Roma in 11 Ue Member States"
(qui la sintesi in italiano) che ha coinvolto 11 Paesi membri dell'UE ed è stata
curata dell'Agenzia dell'UE per i diritti fondamentali e del Programma di
sviluppo delle Nazioni Unite. In Italia l'indagine è stata coordinata da Sucar
Drom, dalla...
Rom e Sinti, l'associazionismo: parliamo di interazione
"Vogliamo valorizzare la cultura dei rom e dei sinti, ma più che di
integrazione, è arrivato il momento di parlare di interazione". A sostenerlo è
Yuri Del Bar, Presidente della Federazione Rom a Sinti Insieme,
un'organizzazione che raccoglie sotto il suo...
Un momento difficile
L'Associazione Sucar Drom ha creato una unità di crisi per il terremoto nel
Mantovano e nel Modenese, stiamo raccogliendo aiuti (piccole roulotte, tende)
per contatti 333 2252101 - 333 3715538 - 0376 224551. Carlo Berini 345 6123932 è
presente nelle zone terremotate...
Rom e Sinti, monitorata e stabilizzata la situazione nelle zone terremotate
La terra continua a tremare nelle Province di Mantova e Modena, le più colpite
dagli eventi sismici iniziati la notte del 20 maggio scorso. Ad oggi è stata
messa sotto controllo e monitorata di ora in ora la situazione delle famiglie
rom e sinte che vivono nelle zone terremotate. Rimane l'angoscia nell'intera
popolazione mantovana e modenese che vive in un continuo...
Torino, una manifestazione "solidale" con i rom?
Una manifestazione "solidale" per allontanare i Rom dal degrado delle
baraccopoli. Per circa un mese è stata organizzata una marcia che si definisce
di "rigore e solidarietà" per allontanare i Rom rumeni, cittadini della comunità
europea, dalle situazioni di degrado in cui versano nei s...
Milano, "Zingaropoli": condannati Lega e PDL
Si è concluso positivamente il ricorso anti-discriminazione presentato dal Naga.
"Emerge con chiarezza la valenza gravemente offensiva e umiliante di tale
espressione che ha l’effetto non solo di violare la dignità dei gruppi etnici
sinti e rom, ma altres...
Rom e Sinti, Commissione Ue: al via le Strategie nazionali
In una relazione adottata il 23 maggio scorso, la Commissione europea invita gli
Stati membri dell'Unione ad attuare le loro strategie nazionali per migliorare
l'integrazione economica e sociale dei 10-12 milioni di Rom e Sinti in Europa.
La Strategia italiana la puoi...
Rom e Sinti, Ministro Riccardi: tutti devono seguire la Strategia nazionale
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, attraverso Andrea Riccardi, Ministro
per la Cooperazione Internazionale e per l'Integrazione, ha inviato il 15 giugno
scorso una comunicazione imperativa a tutti Prefetti italiani sulla Strategia
Nazionale di inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti...
Piano Nomadi:
Il ministro Riccardi a Tor de' Cenci.
I rom: "Non ci mandate a La Barbuta"Una visita, quella di ieri pomeriggio, che appare come un segnale un forte,
proprio quando il trasferimento dei 400 abitanti del campo a Ciampino sembra
avvicinarsi. Il ministro: "Ho visto diversi problemi, ma anche molti aspetti
positivi. Oggi ci sono tanti maestri, operatori, volontari, a testimonianza di
una buona integrazione" DI L. FACONDI
La visita del ministro Andrea Riccardi al campo rom di Tor de' Cenci, avvenuta
ieri pomeriggio, appare come un segnale forte. Anche se lui ci tiene a precisare
subito: "Non sono il sindaco e non posso assumermi responsabilità che non sono
le mie, sono venuto in quanto ministro dell'integrazione, perché ho risposto
a una lettera di operatori, volontari e insegnanti". Ma in un momento delicato
come questo, in cui il trasferimento dei 400 rom nel nuovo villaggio de La
Barbuta sembra questione di poco tempo, il suo interessamento potrebbe
complicare le cose ad Alemanno e Belviso. Anche perché dal giro fatto dal
ministro salta fuori una presa di posizione molto forte degli abitanti del
campo: "Vogliamo restare qui, non vogliamo andare a Ciampino".
I PROBLEMI - Il perché lo capisce subito Riccardi e lo ripete più volte: "Ho
visto un buon livello di integrazione, tanti maestri, operatori, volontari,
cittadini. Certo in questo campo ci sono dei problemi, ma ho constatato
soprattutto aspetti positivi". Tra le criticità non si può non notare il cumulo
di spazzatura che riempie l'ingresso dell'insediamento. "Non vengono a
raccoglierla da due settimane - racconta Paolo Perrini di Arci solidarietà -
questo fa pensare che l'amministrazione voglia arrivare all'emergenza sanitaria
per motivare poi una chiusura del campo". Un campo voluto dal Comune, come
spiega al ministro Valerio Tursi, anche lui di Arci solidarietà: "Ora si vuole
farlo passare come "tollerato", ma su questo posto sono stati investiti dei
soldi pubblici, si spenderebbe meno a riqualificarlo che a bonificare l'area".
L'INTEGRAZIONE - Il ministro ascolta e annuisce. Vuole verificare di persona e
quindi parla con le due comunità presenti a Tor de' Cenci (bosniaca e macedone),
fa domande, scherza con i bambini. "Come sono i rapporti tra voi?", chiede.
"Sono buoni", replica Asko, rom bosniaco, e aggiunge: "Stiamo bene anche con il
quartiere, ormai ci conoscono tutti, i nostri figli vanno a scuola, mia figlia
fa la parrucchiera".
ROM ITALIANI - E tra la folla che segue Riccardi ci sono anche diversi ragazzi
che hanno la cittadinanza italiana. Come Simone che racconta al ministro con un
marcato accento romano: "Ho fatto il servizio civile, sono nato qui, parlo poco
il serbo bosniaco". Sono tanti i ragazzi nati e cresciuti a Roma "che si sentono
romani", ribadisce Riccardi. Ma che non vengono trattati come tali. "Nel foto
segnalamento rivolto ai rom - spiega Paolo Perrini di Arci solidarietà - sono
stati inseriti anche loro, sebbene avessero la cittadinanza italiana".
SCUOLA, SALUTE, CASA, LAVORO - Non è l'unica anomalia del Piano Nomadi del
Campidoglio. Ci sono i ripetuti sgomberi, condannati più volte dalle
associazioni per i diritti umani, oltre che dall'Onu che lo scorso 15 marzo li
aveva ritenuti "deplorevoli". Ma sulla questione il ministro non si sbilancia e
evita una risposta diretta: "Non ho studiato a fondo il Piano Nomadi del
sindaco", ma comunque ribadisce la strategia nazionale del Governo in materia di
rom: "Puntiamo su scuola, salvaguardia della salute, lavoro e casa". Una linea
che, a prima vista, prende comunque le distanze dalla politica dell'attuale
giunta. Sebbene il ministro chiarisca di non avere mire nei confronti del
Campidoglio. Alla domanda di Paese Sera "Pensa di candidarsi come sindaco per il
2013?", risponde senza lasciare margini per le interpretazioni: "Non l'ho fatto
quando avevo barba e capelli neri, ora sono troppo vecchio. E poi mi sembra ci
siano già tanti candidati". E subito dopo aggiunge: "Del resto cominciare la mia
campagna elettorale in un campo rom non sarebbe stata una grande mossa". Lo sa
bene chi, come la Belviso, la credibilità politica se la sta giocando proprio su
questo terreno. di Lara Facondi
ROMA - Da quattro giorni arrivano alla spicciolata: non un esodo, ma un trasloco
a tappe. Sono i rom che il Campidoglio ha voluto trasferire nel nuovo «villaggio
attrezzato» realizzato dall'amministrazione comunale a La Barbuta. Il grande
campo nomadi, destinato ad accogliere circa 650 persone, è situato tra il Gra,
la ferrovia Roma-Cassino e l'aeroporto di Ciampino ed è un'area recintata e
videosorvegliata. Si tratta del primo mega-campo costruito ex novo a Roma negli
ultimi 7 anni. Ed è una delle 13 enclavi in cui il Comune di Roma ha previsto,
nell'ambito del cosiddetto Piano Nomadi, di alloggiare tutti i rom e sinti della
Capitale.
Le inferriate alle nuove case del villaggio rom a La Barbuta
TENSIONE SULLA SORVEGLIANZA - I primi rom giunti alle porte di Ciampino, lunedì
mattina, si sono visti assegnare le casette. Ma la tensione è alta. Non mancano
le polemiche e non piacciono quei recinti «che sanno di segregazione», come
denuncia l'associazione «21 Luglio», che parla di «lutto della civiltà» per le
«condizioni di vita eccessivamente restrittive per l'intera comunità». Non piace
l'idea di orari di entrata e uscita dal campo che sanno di «modello casa
circondariale». Sandro Medici, presidente del X municipio, denuncia un
atteggiamento «forzato» dell'amministrazione capitolina sulla questione di chi
realmente accederà a La Barbuta, e promette battaglia «qualora venissero
utilizzate procedure eccessivamente dure, per quanto riguarda il regolamento che
sancisce le regole di vita nel campo». Con una sorveglianza-vigilanza che
costerà circa 3 milioni di euro l'anno.
Sbarre all'ingresso di La Barbuta
NIENTE GIOCHI PER I BAMBINI - Sono stati spesi più di dieci milioni di euro per
la costruzione di questo campo. All'interno ci sono 160 moduli abitativi di 24 e
32 metri quadri. Ma non c'è nessuno spazio ricreativo per bambini, con un
regolamento che verrà fatto sottoscrivere ai futuri abitanti, in cui viene
menzionato anche l'orario di entrata ed uscita dal villaggio. L'associazione 21
luglio, da sempre affiancata dall'Errc (European roma rights centre) lo
definiscono un «vero e proprio “ghetto”», ricordando che fu chiesto a sindaco e
prefetto - in una lettera del 29 maggio - di fare un passo indietro.
«Ci hanno detto che questo campo serve per creare integrazione - racconta un
ragazzo Rom di fronte all'inferriata che lo separa dal vecchio insediamento - ma
a me sembra che vogliano solo costringerci in un piccolo spazio, sorvegliati e
con orari da galera che vanno rispettati».
Un aereo sorvola il campo allo scalo di Ciampino (Altimari)
I VOLONTARI: «E' ANTIZIGANISMO» - L'associazione 21 luglio, insieme ad altre
cinque organizzazioni di volontari, dopo l'inaugurazione de La Barbuta, ha
scritto una lettera aperta e indirizzata alle realtà sociali che lavorano dentro
i campi nomadi intorno alla Capitale, chiedendo l'«obiezione di coscienza».
«Concordiamo con molti operatori - recita la lettera - nel definire ogni
"villaggio attrezzato" della Capitale, e quindi anche l'ultimo, quello costruito
a La Barbuta, un ghetto concepito dall'antiziganismo dei nostri giorni,
l'ennesimo prodotto di un pregiudizio etnico, il risultato della
istituzionalizzazione della segregazione e della discriminazione che si consuma
nella nostra città». Con queste motivazioni, gli operatori hanno deciso di «auto
sospendersi» dal lavoro svolto finora all'interno di tutti gli insediamenti.
Sandro Medici
X MUNICIPIO: LA POSIZIONE DI MEDICI - Da sempre a sostegno del progetto de La
Barbuta, il presidente del X municipio di Roma, ora che il campo è in fase di
assegnazione, esprime delle forti preoccupazioni. «Con il prefetto Pecoraro
avevo raggiunto un accordo ben definito sulla destinazione di questo campo -
spiega Medici - il fatto che la gestione sia passata al Comune di Roma mi crea
forte preoccupazione, soprattutto se penso alla determinazione con cui si cerca
di trasferire proprio qui gli abitanti del campo di Tor de Cenci».
Un campo rom abusivo ai margini di La Barbuta
LA RIVOLTA DI TOR DE CENCI - E proprio gli abitanti del campo sulla via Pontina
- che mercoledì 20 giugno hanno ricevuto la visita del ministro per
l'Integrazione Andrea Riccardi - rifiutano di traslocare a La barbuta perché -
dicono - il loro arrivo sarebbe accolto da una guerra: «Siamo bosniaci e le
altre etnie sono pronte a scatenare una faida se andremo a vivere laggiù».
La scelta dell'amministrazione capitolina, secondo Medici, punta a «risanare una
promessa elettorale fatta a suo tempo», ma è una decisione che influirà
«negativamente sugli equilibri del campo». Pensiero che trova credito anche tra
i Rom de La Barbuta e gli amministratori di Ciampino.
Una videocamera di sorveglianza sulle case di La Barbuta
IL TAR DA RAGIONE A CIAMPINO - Intanto il Tar del Lazio ha dato ragione al
sindaco di Ciampino, Simone Lupi, garantendogli voce in capitolo nel confronto
con Alemanno e il prefetto di Roma. Lupi ribadisce all'ex commissario
straordinario per l'emergenza nomadi, che il Tar sancisce per i Comuni
interessati il diritto di accesso agli atti, da sempre negato da parte del
ministero dell'Interno.
«Mi rendo conto che ormai probabilmente è tardi, ma se salta fuori un solo
tassello posto male per la costruzione di questo campo, non mi tirerò indietro -
spiega Lupi - il Tar ci ha dato ragione, avremmo dovuto partecipare al tavolo
decisionale che ha predisposto La Barbuta, proprio in virtù del fatto che,
malgrado sia territorio di Roma, influisce sulla città di Ciampino».
"In questo campo ci sono problematicità ma anche cose positive, e cioè una
discreta integrazione dei rom all'interno del territorio" lo ha detto il
ministro per la Cooperazione e l'Integrazione, Andrea Riccardi, visitando questa
sera il campo rom di Tor de' Cenci, alla periferia sud di Roma.
Nella giornata mondiale del rifugiato Riccardi, accompagnato dal presidente di
Caritas Roma, monsignor Enrico Feroci, ha visitato l'insediamento dopo la
sollecitazione di alcune associazioni ed educatori, che nei giorni scorsi
avevano inviato una lettera a lui, al ministro dell'Interno Annamaria
Cancellieri e a quello dell'Istruzione Francesco Profumo. Nella lettera, si
racconta la situazione dei residenti nel campo, circa 400 persone di cui oltre
200 minori, che vivono da qualche anno "l'incubo" di essere trasferiti in un
altro insediamento, lontano dalla città, "rompendo la faticosa integrazione che
si era riusciti a creare in questi anni".
Incubo, sottolineano le associazioni, che sembra si debba materializzare nei
prossimi giorni. Il campo rom di Tor dè Cenci è stato al centro di polemiche
l'anno scorso, dopo la morte di un bambino a causa di un filo elettrico
scoperto; in seguito a questo tragico incidente, il sindaco Alemanno aveva
deciso il trasferimento dei rom altrove.
"Non sono il sindaco di Roma, non posso decidere, sono solo venuto per vedere e
rendermi conto" ha spiegato Riccardi, che ha ricordato il piano nazionale sui
rom approvato poco tempo fa dal Consiglio dei ministri. Il ministro Riccardi visita Tor de Cenci I volontari: questo campo rom va salvatoIl titolare dell'Integrazione nell'insediamento sulla Pontina: alla vigilia di
un osteggiato trasferimento dei bosniaci. «A La Barbuta ci farebbero la guerra»
ROMA - Arriva all'attenzione del Governo il caso del campo nomadi di Tor de
Cenci. Nel giorno in cui nel nuovo campo de La Barbuta iniziano i nuovi
trasferimenti e mentre i nomadi del vecchio campo sulla Pontina ribadiscono il
no a futuri traslochi, il ministro per la cooperazione internazionale e per
l'integrazione, Andrea Riccardi, ha visitato mercoledì pomeriggio il campo
nomadi a ridosso della Pontina. Il ministro è stato il primo rappresentante
dell'esecutivo a raccogliere l'invito fatto dalle associazioni di volontari che
si occupano della scolarizzazione dei minori del campo. «Non sono il sindaco,
non posso decidere - ha detto Riccardi - non posso assumermi responsabilità che
non sono le mie. Qui ci sono vari problemi da risolvere ma c'è anche un buon
livello di integrazione e questa è una ricchezza».
La visita del ministro Andrea Riccardi a Tor de' Cenci (Proto)
LA LETTERA DEI VOLONTARI - Riccardi ha aggiunto di essere venuto in visita
perché pochi giorni fa una serie di associazioni e onlus - fra cui Arci
Solidarietà e Agesci - avevano inviato una lettera aperta a lui e ai ministri
dell'Interno e dell'Istruzione, spiegando i disagi a cui potrebbero andare
incontro i ragazzi se il campo dovesse chiudere. Fra i firmatari dell'appello
figura anche la Comunità di Sant'Egidio, fondata nel 1968 proprio da Riccardi.
Con il ministro, al campo è giunto anche monsignor Enrico Feroci, direttore
della Caritas di Roma, il quale ha affermato di aver parlato con il sindaco
Alemanno una ventina di giorni fa chiedendogli di tenere il campo aperto e di
ripulirlo: «Mi ha detto che prenderà in considerazione questa richiesta e che mi
farà sapere».
DUE ANNI DI ABBANDONO - Nei piani del Campidoglio, il campo nomadi di Tor de
Cenci - un fazzoletto di terra a ridosso della Pontina in cui vivono più di 400
persone, in maggioranza bosniache - doveva chiudere già due anni fa. Ora invece
è tornato al centro di un braccio di ferro tra istituzioni, residenti e
associazioni. Con una lettera aperta, Arci, Comunità di Sant'Egidio e Agesci
hanno chiesto ai tre ministri di intervenire «per non mandare a monte il lavoro
fatto negli anni per scolarizzare i circa 200 minori che vivono nel campo».
Bambini rom a Tor de Cenci
«BISOGNA TUTELARE I BAMBINI» - «Oggi si prospetta un trasferimento in un altro
quadrante di Roma - si legge nella lettera - che andrebbe a rompere la faticosa
integrazione creata negli anni. Tutti i bambini e gli adolescenti frequentano la
scuola e parte dei ragazzi dai 14 ai 18 anni le superiori. Il loro trasferimento
sarebbe molto dannoso ai fini della scolarizzazione».
Nel campo ormai si respira l'aria di fine scuola. In tanti hanno chiuso l'anno
con una promozione. C'è chi sta facendo gli esami di terza media e chi quelli
delle superiori. Qualcuno studierà anche quest'estate ma tutti vivono con
l'incognita del prossimo anno scolastico.
Spazzatura nel campo nomadi (Proto)
UN'ORA E 30' PER ANDARE A SCUOLA - «Ci hanno garantito che se questa comunità
sarà spostata - spiega Paolo Perrini, da anni punto di riferimento del progetto
di scolarizzazione dell'Arci - I minori potranno continuare a frequentare le
scuole vicine a Tor de Cenci. Ma questo creerebbe gravi disagi, innanzitutto
negli spostamenti, con viaggi di almeno un'ora e mezza per raggiungere i vari
istituti. Inoltre si strapperebbero i ragazzi dal tessuto sociale in cui sono
nati e cresciuti».
Federica Mancinelli, della Comunità di Sant'Egidio
LA STORIA DELL'INSEDIAMENTO - La maggior parte degli abitanti di Tor de Cenci
non vuole abbandonare questo campo. Molti di loro sono arrivati qui nel 1995.
Nel 2000 il villaggio fu inaugurato ufficialmente e vennero realizzate
fognature, rete elettrica e idrica. A ogni nucleo familiare fu assegnato un
modulo abitativo. «Il campo fino al 2004 era in ottime condizioni - ricorda
Federica Mancinelli, della Scuola della Pace della Comunità di Sant'Egidio -.
Una volta c'erano un presidio sanitario permanente, il controllo dei vigili
urbani e anche un servizio di ludoteca. Negli anni, però, è stato
progressivamente abbandonato dalle istituzioni».
Quello che era un villaggio attrezzato e funzionale, «costruito dal Campidoglio
su un terreno del Comune di Roma, raggiungibile con tanto di indicazioni
stradali - ricorda Perrini - è diventato un campo tollerato da chiudere».
I rom del campo di Tor de' Cenci
CHIUSURA E TRASFERIMENTO - Come confermato dalla lettera inviata il 1° aprile
2010 ai residenti dei quartieri limitrofi dal vicesindaco Sveva Belviso, «il
piano nomadi del Comune di Roma prosegue con la chiusura del campo rom di Tor de
Cenci, come da impegni assunti dalla giunta Alemanno.[…] Attraverso questo
processo potremo dare soluzione, in termini di legalità e di inclusione sociale,
ai problemi causati dalla presenza sul territorio dei campi nomadi non
autorizzati».
«Sappiamo che il trasferimento di questa comunità a La Barbuta costerebbe al
Comune circa 1 milione di euro - spiega Perrini -. Ma per rendere Tor de' Cenci
pienamente vivibile ne basterebbero 500 mila, visto che i servizi idrici ed
elettrici già ci sono e dovrebbero essere solo sostituiti gli alloggi».
Il ministro Andrea Riccardi ascolta una nomade (Proto)
«NON VOGLIAMO UNA GUERRA» - Tra le ragioni di chi non vuole abbandonare questo
luogo non c'è solo il problema della frequenza scolastica o dell'integrazione.
La maggioranza degli abitanti di Tor de' Cenci ha paura del possibile confitto
che potrebbe scatenarsi con gli altri nomadi che verranno trasferiti a La
Barbuta. «Da pochi anni siamo fuggiti da una guerra nei nostri paesi di origine
- racconta Mario - non abbiamo nessuna intenzione di farne un'altra. Piuttosto
preferisco dormire in un furgoncino qui vicino». «Quel campo è una prima linea
di guerra - dice esasperato Fuad - non ci possono trattare come palloni da
calcio e farci rotolare da un posto all'altro».
AL CENTRO DI UNA FUTURA FAIDA - «Qui mi conoscono tutti - confessa Serbo - lì
non saprei come integrarmi. Chi ci garantisce che se venissimo spostati non
saremmo al centro di una nuova faida?». «Io non voglio lasciare questo campo -
spiega Romina, diventata cittadina italiana da un anno e mezzo - Qui ho fatto
tutte le scuole e qui voglio crescere la mia bambina». «Non vogliamo andare a La
Barbuta perché saremmo in troppi e quel posto potrebbe trasformarsi in una
polveriera. Se ci lasciano in pace nel nostro campo inviteremo il sindaco
Alemanno e suoneremo per lui tutta la notte», sorride Asco.
Sofia Capone e Giuseppe Cucinotta
20 giugno 2012 (modifica il 21 giugno 2012) In città: Tor de' Cenci, Riccardi visita il campo nomadiL'incontro del ministro dell'Integrazione, accompagnato da monsignor Feroci,
direttore della Caritas, con i residenti dell'area. La lettera delle
associazioni che lavorano con i rom della zona di Nicolò Maria Iannello
Una visita che ha creato grande entusiasmo tra gli abitanti del campo nomadi di Tor de' Cenci, quella che ieri, il ministro della Cooperazione e
dell'Integrazione, Andrea Riccardi, accompagnato da monsignor Enrico Feroci,
direttore della Caritas diocesana, ha voluto fare agli abitanti della struttura
comunale a sud della Capitale, che rischiano di essere trasferiti nell'area
attrezzata La Barbuta, nei pressi di Ciampino.
Una visita per rispondere a una lettera inviata dalle associazioni che lavorano
con i rom del campo al ministro dell'integrazione, dell'istruzione e degli
interni, per descriverne le condizioni di degrado e lanciare l'allarme sul
«trasferimento dei residenti in un altro villaggio, lontano dalla città». Un
trasferimento di cui «abbiamo sentito dire che gli abitanti del villaggio
“sarebbero consapevoli e consenzienti”, ma non è ciò che hanno detto a noi la
maggioranza delle persone», spiegano nella lettera le associazioni.
A raccontare la realtà del campo, dove abitano 400 persone, tra cui 200 bambini,
è una delle firmatarie, Federica Mancinelli, responsabile della Scuola della
Pace di Spinaceto - Tor de' Cenci della Comunità di Sant'Egidio, il doposcuola
che da anni si svolge nel quartiere e accoglie bambini italiani e rom: «I
residenti del campo vivono una situazione di instabilità da diversi anni, in
seguito al progressivo abbandono da parte delle istituzioni». Eppure, nonostante
«l'area di proprietà comunale, indicata anche nella segnaletica stradale, adesso
sia considerata una realtà “tollerata”, cioè un insediamento spontaneo», nel
tempo intorno agli abitanti «si è creata una rete fatta da associazioni,
abitanti del quartiere e insegnanti». Con loro «si è creata un'amicizia -
continua Mancinelli - e tra i bambini rom e quelli italiani che vengono alla
Scuola della Pace c'è un legame forte».
In merito al trasferimento, «un incubo che sembra si debba materializzare nei
prossimi giorni e che sarebbe molto dannoso ai fini della scolarizzazione dei
bambini e dei ragazzi» è chiara la proposta delle associazioni, soprattutto a
fronte delle spese che richiederebbe lo sgombero: «Se il campo non chiudesse si
potrebbe evitare lo sperpero di denaro pubblico e lo sradicamento della
popolazione dai rapporti instaurati con il territorio».
Ma sono gli stessi abitanti a dire di non volere andare via da Tor de' Cenci.
Come Ismett, 37 anni, residente nel'area sin da quando è stata inaugurata nel
2000: «I miei bambini sono cresciuti qui e io lavoro qui». Ed è qui che «ci
troviamo bene ma vorremmo che non ci lasciassero soli, che venissero a pulire
per fare crescere i nostri figli in un ambiente sano». Anche per Giuliano, 39
anni, padre di 5 figli, il trasferimento non è una soluzione. «E il motivo è
semplice perché noi siamo integrati qui a Spinaceto». Ma se proprio «ci devono
mandare via, a noi cosa cambia spostarci da un container all'altro? Sarebbe
meglio avere una casa». E anche lui, come Ismett, chiede «un ambiente pulito,
nuovi container, e la sistemazione delle fogne».
E al ministro i residenti hanno raccontato le paure legate al trasferimento,
come i possibili conflitti che potrebbero insorgere con gli abitanti de La
Barbuta o i problemi legati all'integrazione e all'inserimento dei bambini nelle
scuole, visto che, affermano alcuni di loro, «noi ormai siamo abituati a stare
qui». Con loro il ministro ha passato circa un'ora, ascoltando le loro storie e
parlando con i bambini e con i ragazzi.
A margine della visita, oltre a ringraziare gli abitanti del campo per
l'accoglienza e l'ospitalità, Riccardi ha detto di essere rimasto molto colpito
«dal vedere tanta gente e tanti insegnanti presenti». Poi il ministro ha anche
aggiunto che «in questo campo ci sono diverse problematicità ma anche cose
positive e cioè un buon livello di integrazione e che questa è una ricchezza». A
fargli eco monsignor Enrico Feroci, che ha affermato di avere parlato con il
sindaco Gianni Alemanno, una ventina di giorni fa, «per chiedergli di tenere il
campo aperto e di ripulirlo». La sua risposta, ha concluso il direttore della
Caritas, è stata che «prenderà in considerazione questa richiesta e che mi farà
sapere».
Di Fabrizio (del 27/06/2012 @ 09:12:51, in scuola, visitato 1716 volte)
Segnalazione di Alberto Maria Melis
Comunicato Stampa. Fondazione Anna Ruggiu onlus
Cagliari 24 giugno 2012
Ormai da 10 anni la Fondazione Anna Ruggiu, promuove l'elevazione culturale
delle
popolazioni rom presenti in Sardegna mediante l'attribuzione di borse di studio
ai giovani
Rom più meritevoli per rendimento scolastico, con particolare attenzione a
quanti riescono
ad arrivare alle scuole superiori.
L‘iniziativa muove dalla convinzione che la formazione e la cultura possano
costituire
un prezioso strumento di comprensione interculturale, di dialogo e di una
interazione tra
individui e culture rispettosa delle peculiarità di ogni cultura.
L'esperienza di questi anni dimostra che è possibile superare gli stereotipi ed
i tabù che
rendono difficile la convivenza tra due culture ad iniziare dai banchi della
scuola.
Quando l'iniziativa della Fondazione si incontra con la disponibilità di
amministratori
comunali attenti, di insegnanti capaci, di assistenti sociali disponibili, è
stato ed è possibile
raggiungere risultati positivi.
La scelta della sede per la cerimonia di consegna delle borse di studio per il
presente
anno è caduta sul Comune di Monserrato, anche a testimonianza di una ormai lunga
esperienza di iniziative volte a favorire l'inclusione dei rom presenti nel
territorio comunale
raggiungendo livelli di eccellenza nella scolarizzazione.
Tra i premiati di quest'anno, tre studenti delle scuole superiori di tre diversi
campi del sud
Sardegna ed una giovane rom che frequenta la Scuola media di Sinnai (vedi
foto, ndr.).
La manifestazione, realizzata in collaborazione con l'Unicef di Cagliari, che
parteciperà
all'iniziativa con la presidente provinciale Rossella Onnis, si svolgerà presso
il quartiere
rom di Monserrato, nel piazzale della pace dove, proprio nei giorni scorsi, per
volere
dell'Amministrazione comunale, è stato inaugurato un monumento a ricordo dei rom
vittime dello sterminio nazista (vedi
QUI, ndr.).
Gli insegnanti dei rom premiati illustreranno il curriculum dei rispettivi
allievi.
La manifestazione avrà inizio alle ore 19,
nel piazzale della pace, nel quartiere rom di Monserrato,
giovedì 28 giugno
Il presidente: Gianni Loy
Fondazione Anna Ruggiu Viale Sant'Ignazio n. 38. 09123 -
Cagliari. Tel. 3207232122.
Gloy46@tiscali.it
Di Fabrizio (del 28/06/2012 @ 09:08:21, in Italia, visitato 1769 volte)
Segnalazione di Elvis Asti
Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Replica
Gentile Direttore,
voglio esprimere, da cittadina e da operatrice sociale, il mio dissenso, la
tristezza e la rabbia per le forme e i modi del comunicato congiunto dei
segretari provinciali del sindacato dei vigili del fuoco di Asti, (pubblicato
oggi, 18 giugno, nelle pagine del Piemonte de La Stampa) sulle condizioni del
campo nomadi : se è certamente condivisibile che tutti i lavoratori, in
particolar modo chi svolge una funzione così preziosa come quella svolta dal
corpo dei vigili del fuoco, siano messi nelle condizioni di fare bene il proprio
lavoro, con tutte le precauzioni dovute alla loro sicurezza e incolumità, ancora
più imprescindibile deve essere il rispetto per la dignità di ogni essere umano.
Fare riferimento esplicito a “mancanza di igiene, maleducazione, violenza,
intimidazione” come fossero tratti specifici di un gruppo sociale (se non
etnico!) e non come naturali conseguenze di una degradante condizione
socio-abitativa, rischia di rafforzare la stigmatizzazione e il pregiudizio, già
purtroppo assai diffusi.
E, con tutto il rispetto, il problema principale dei campi nomadi, quello per il
quale bisognerebbe davvero dibattere pubblicamente e chiedere ad alta voce
misure urgenti, non è la sicurezza dei vigili o di altri operatori che
occasionalmente vi operano, semmai la condizione al limite dell'umanità in cui
gli stessi abitanti dei campi sono costretti a (soprav)vivere; l'immondizia, le
pozze maleodoranti, i ratti e gli escrementi, citati dal comunicato, non sono
solo odiose difficoltà da gestire durante un intervento esterno: sono il
desolante scenario quotidiano di persone, di donne, di uomini, di anziani, di
donne incinte, di bambini, di ragazzini,di neonati, di malati.
E' questa l'indecenza.
Questo è intollerabile.
Sperando che il Suo giornale possa dar voce anche ad un diverso punto di vista,
nell'ambito di una dialettica democratica e costruttiva, La ringrazio e la
saluto cordialmente
Thenews.pl
20.06.2012 Ripresa la leggendaria poetessa rom per lo schermo d'argento
- PR dla Zagranicy -
Nick Hodge
Sono in corso le riprese di un videoracconto su Papusza, leggendaria
poetessa zingara del secondo dopoguerra, respinta dalla sua comunità dopo aver
raccolto le lodi dell'elite letteraria polacca.
Il veterano regista Krzysztof Krauze, che descrive il progetto come "una
storia epica", ha nel cast del film alcuni attori rom dilettanti.
"Sono attori fantastici", ha detto alla radio polacca.
"Sono molto cordiali, pieni di vita e di mentalità aperta," dice entusiasta.
Aggiunge: "In questo film abbiamo cercato di trattare gli zingari come una
nazione, e non solo come una fonte di colorato folclore."
Il racconto si sposta dalla nascita della poetessa nel 1910, sino alla morte
di suo marito nel 1970.
Rivela Krauze: "Mostreremo i pogrom, la guerra, la stanzializzazione forzata
e le minacce della polizia."
E poi: "Una simile storia sugli zingari non è mai stata raccontata prima."
Papusza (Bronislawa Wajs-Papusza) venne scoperta dallo scrittore Jerzy Ficowski,
che visse tra i Rom dopo la II guerra mondiale.
Come ufficiale veterano dell'esercito clandestino polacco nella II guerra
mondiale, Ficowski era a rischio di arresto da parte delle autorità comuniste, e
tra il 1948 ed il 1950 viaggiò con i Rom.
Ficowski nel film viene interpretato dall'attore polacco Antoni Pawlicki,
mentre il celebre poeta Julian Tuwim, che aiutò a far conoscere Papusza, da
Andrzej Walden.
Di Fabrizio (del 29/06/2012 @ 09:13:35, in Kumpanija, visitato 2213 volte)
In Mahalla, lo ripetiamo spesso, amiamo le favole. Grazie
a Giancarlo Ranaldi che ha scovato questa di un paio di anni
fa. Ormai è tempo di viaggi e vacanze, ci sembra un buon modo per augurare,
anche a voi, LACIO DROM
Una breve favola sull'incontro tra due culture. Ecco "Inima de Spoitor -
Cuore di zingaro", cortometraggio scritto e interpretato da quindici ragazzi Rom
rumeni, di età compresa tra i dieci e i sedici anni, che vivono all'ombra del
Vesuvio. Diretto da Francesca Amitrano, il lavoro è stato presentato dal cast
tecnico e artistico nella sala Pignatiello di Palazzo San Giacomo. Protagonisti
della storia sono Petre e Alexandra, due adolescenti che si conoscono e si
dichiarano nel corso di una festa. Con l'aiuto degli amici, i giovani iniziano a
frequentarsi e a scoprire i luoghi caratteristici di Napoli. Sullo sfondo, la
scuola, il "lavoro" ai semafori e il rischio di devianza. Non mancano gli
imprevisti, ma la favola si conclude con un lieto fine. Scritto in italiano ma
girato interamente in lingua romanì, il minifilm è il frutto di un laboratorio
condotto per sei mesi dagli operatori dell'associazione "La Maieutica",
presieduta dallo psicanalista Antonio De Filippo, ed è stato prodotto dal
ministero del Lavoro e dall'assessorato comunale alle Politiche sociali. I
giovani interpreti, tutti scolarizzati, abitano con le loro famiglie nell'ex
scuola media Grazia Deledda di Pianura, un modello d'integrazione e inclusione
sociale della comunità Rom rumena con il territorio partenopeo. (alessandro
vaccaro)
Di Fabrizio (del 29/06/2012 @ 09:22:01, in Italia, visitato 1669 volte)
Ricordavo, la segnalazione precedente, che in Mahalla si
amano la favole. E se fosse un incubo?
Per anni, il Giornale è stato la mia scuola di cabaret; ma ripetere come un
disco rotto lo stesso repertorio è la fine destinata anche agli attori più
validi.
La situazione descritta è sempre quella, invariabile.
Occorre coraggio, occorre tirare fuori i coglioni. Ecco la mia soluzione:
Una campagna mediatica di destra-sinistra, dal Giornale a Repubblica; un patto
di ferro tra comune e costruttori, per rilanciare l'occupazione; poi verranno
RASI AL SUOLO tutti i campi, comunali ed irregolari; verranno abbattuti tutti
gli alberi in città (e per prudenza anche i cespugli); ogni prato - giardino -
spazio verde andrà eliminato, al suo posto nuove costruzioni; tolti anche gli
scivoli, le altalene, le panchine; demoliti anche tutti i campetti di calcio non
a pagamento; i bambini verranno parcheggiati davanti alle televisioni di qualche
megastore. Abolire per decreto cani, gatti, zecche, pulci e piccioni. Se
restasse uno spazio non edificato, piazzarci cubi di cemento di 1,5 m. di
lato. Telecamere e dissuasori ogni 50 m.
A questo punto, negli aeroporti, stazioni e caselli autostradali in entrata,
porre un grande cartello con scritto MAILAND MACHT FREI.
Ultima cosa: far pagare il biglietto agli zingari che vogliano vedere la vita
sicura che vogliamo condurre. Con i proventi realizzare un documentario su
MILANO COM'ERA BELLA.
Di Fabrizio (del 30/06/2012 @ 09:20:09, in lavoro, visitato 1670 volte)
Segnalazione di Stojanovic Vojislav
PuntoCuneoGiovedì 28 giugno 2012 14:33 - Protesta in via Roma per chiedere
il permesso da ambulanti per raccogliere il ferro vecchio
La protesta da via Roma al Municipio
Hanno sfilato in via Roma fino a raggiungere il Comune. A protestare sono i rom-sinti che chiedono una licenza per la raccolta del ferro, finora negata.
"Non siamo cittadini di serie B - scrivono i rom - e come italiani rivendichiamo
il nostro diritto di uguaglianza e libertà, ma soprattutto di vivere nella
legalità. Seppur richiesta ci vediamo ancora negata la possibilità di avere una
normale licenza di ambulante per esercitare l’attività di raccolta del ferro
vecchio, attività che coniuga finalità ambientali con quelle dell’impresa.
Purtroppo il diniego di tale riconoscimento, che è normale per ogni altro
cittadino, ci viene opposto non per mancanza dei requisiti morali e
professionali ma soltanto perché siamo rom-sinti (ma sempre cittadini dello
Stato Italiano) e questo ci frustra moltissimo. Chiediamo all’amministrazione di
Cuneo soltanto di riconoscere la nostra attività e rilasciarci una licenza di
ambulante che ci permetta di esercitare legittimamente l’attività".
The New York TimesLA ZINGARA IN ME By CRISTIANA GRIGORE
(Una versione di questo speciale è apparsa sulla versione cartacea di The
International Herald Tribune il 22 giugno 2012)
L'autrice alle elementari
Sono Rom, ma per molti anni ho negato le mie origini per paura di essere
chiamata zingara. Sono cresciuta in Romania, dove un significato di
tigan - tzigane, Zigeuner,
cigány, cigan, "zingaro" nelle altre lingue europee - è "una persona
coinvolta in attività dannose o illegali". Il nome deriva da una parola greca
medioevale che significa "intoccabile", con i suoi derivati - come "gypped"
o "gypsy cab" - riferiti al rubare ed imbrogliare.
I miei nonni ed i miei genitori erano perfettamente coscienti degli
stereotipi negativi sugli zingari ladri e mendicanti senza radici, e si presero
la briga di proteggermi. Da bambina, mia madre mi vestiva con colori tenui e mi
teneva i capelli corti, così che non sembrassi una zingara. Mio padre mi
ammoniva di non rubare mai e di accompagnarmi sempre con persone intelligenti.
Posso capire perché mio nonno, un fabbro, fosse così orgoglioso di comprare un
"angolo del villaggio" per costruirvi la casa dei suoi figli. Mia nonna
era una guaritrice - non per i poteri magici, ma in quanto volontaria che
accompagnava la gente dai migliori medici della capitale.
L'autrice con i suoi genitori ad un anno
Tuttavia, questi sforzi non bastavano a fermare i genitori delle mie compagne
dal rimproverare la maestra perché dava a me, una zingara, i voti più alti. Cosa
che confermava l'opinione di mio nonno, che "se fosse stato un funzionario del
ministero", sarebbe intervenuto, dato che non c'era "niente come un insegnante,
un prete o un avvocato zingaro". Anche lui voleva essere come "gli altri", ma
nel contempo era consapevole dei limiti invisibili che tenevano separati gli
zingari.
Sono cresciuta credendo che fosse meglio non essere una zingara, ed ancora
non potevo appartenere pienamente alla società "normale". Ho imparato che non
dovevo essere la migliore a scuola. Come uno struzzo, ho seppellito la mia testa
- nei libri. Ho passato ore a leggere e sognare di scoprire un'altra parola.
Malamente volevo vivere una vita diversa, ed aspettavo il momento giusto per
"evadere".
I miei sogni infantili iniziarono a diventare realtà nel 2006, durante un
viaggio negli Stati Uniti - il mio primo viaggio all'estero. A 22 anni, mi si
apriva un nuovo mondo, pieno di libertà, avventura, romanticismo e bellezza.
Immediatamente mi collegai con gente di tutto il mondo, sentendomi una di loro.
Partecipando a matrimoni e ricevimenti, indossai abiti da sera alla moda. Ho
allungato il collo sui grattacieli di New York. esplorato i musei di Washington
e visitato il mio primo campus universitario americano. Ho sentito la brezza
salata dell'Atlantico e respirato l'aria di montagna degli Appalachi.
Misentivo come Alice nel paese delle meraviglie (o Gypsy in Wanderland).
Un amico musicista, Nelson Emokpae, ha scritto una canzone per me - il
ritornello era: "Principessa, chi sei?"
Rimasi per tre mesi. Poco prima di tornare in Romania, ci fu un incidente che
riguardò del denaro che si era perso. Anche se nessuno mi aveva accusata, la
paura di essere sospettata di furto mi mise sulla difensiva ed in un ottovolante
emozionale. Non mi aspettavo questo incidente, ed in un momento di distrazione
si scatenò l'immagine repressa di zingari ladri e mendicanti che a lungo avevo
tenuto nell'armadio.
Vedere me stessa rispecchiata in questa immagine vergognosa mi terrorizzò.
Ero confusa e senti il bisogno di spiegare la mia reazione. Feci il mio
coming out. Non riuscivo a smettere di piangere, quando dissi per la prima
volta: "Sono un zingara" - e questo al mio amico Harley Flack, cugino della
cantante Roberta Flack. Come uomo di colore, conosceva bene l'impatto degli
stereotipi negativi. Per molti anni mi ero tenuta lontana dagli "zingari", e ciò
mi aveva lasciato senza contezza di chi fossi. Ma il suo incoraggiamento,
assieme alle tante esperienze positive avute negli Stati Uniti, mi diede la
forza per far uscire la mia identità.
Capii così che "zingara" non connota solamente accattonaggio e mancanza di
radici, ma anche fantasia, musica di violini che strazia l'animo e libertà. A
Nashville, dove andavo al college, o a New York, che ho visitato spesso, la
gente non conosce molto sugli zingari e di solito non ne ha mai incontrato uno.
Spesso pensano che io abbia uno stile di vita cool e spensierato come
Esmeralda nel Gobbo di Notre Dame. E' un'immagine romantica degli zingari -
popolo misterioso che vaga per il mondo nelle carovane e vive in un caos
pittoresco. I bambini corrono scalzi nella sporcizia, le ragazze indossano vesti
colorate ed hanno lunghi capelli fluenti e le anziane predicono il futuro. La
storia degli zingari è scritta nelle canzoni e la penna è l'arco del violino. E'
un'immagine resa popolare nei film, come La regina degli zingari di
Emil Loteanu - di epoca sovietica, i cui eroi sono liberi come il vento: Zobar è
un audace e coraggioso ladro di cavalli; Rada, il suo amore, incanta gli uomini
con i suoi occhi scuri e la danza tempestosa. Mi fece sentire interessante ed
esotica.
Ma l'altra immagine, quella da cui i miei genitori tentavano di proteggermi,
è lì vicino. Nel Tempo dei Gitani di Emir Kusturica (1988), il sordido
mondo sotterraneo dei ladri zingari appesantiva il mio cuore. Il giovane Perhan,
il protagonista, sogna una casa ed una vita onesta, ma è intrappolato in
attività criminali, un eterno emarginato zingaro.
L'autrice vestita da primavera, assieme alla madre
Circa 700 anni fa, quando i Rom arrivarono per la prima volta in Europa, gli
abitanti del posto pensarono, dato il colore scuro della pelle, che venissero
dall'Egitto - da cui l'inglese "Gypsies". In realtà provenivano
originariamente dall'India settentrionale, e si autodefinivano "Rom".
La cultura esotica e la resistenza all'assimilazione di questi popoli erranti
hanno portato ad una diffusa discriminazione e persecuzione, contribuendo
all'ampia dispersione dei Rom in tutta Europa. Furono fatti schiavi nei
principati di Valacchia e Moldavia (l'attuale Romania) dal XIV al XIX secolo, e
forzatamente assimilati sotto i comunisti. In tutto quel tempo, i Rom cercarono
di proteggere i loro costumi e tradizioni con lo spostamento, rafforzando
la loro immagine di nomadi. Le discriminazioni e le pressioni per assimilarli
continuano tutt'oggi: lo scorso dicembre una ragazza italiana affermò di essere
stata violentata dagli zingari, poi ritrattò, ma questo portò una folla ad
incendiare il campo rom a Torino; l'anno prima, il presidente Nicolas Sarkozy
ordinò l'espulsione dei Rom presenti illegalmente in Francia.
Le stime sul loro numero sono molto variabili, da 8 a 12 milioni, in
parte perché non sempre i Rom registrano la loro etnia. Secoli di vita in terre
differenti li ha portati ad una diversità di lingue e religioni, anche
all'interno delle stesse specifiche regioni, e solo una minoranza parla soltanto
romanés. I gruppi più numerosi in Europa si trovano in Romania, Ungheria, ex
Jugoslavia, Bulgaria, Repubblica Ceca e Slovacchia; ci sono anche consistenti
presenze in Francia, Italia, Spagna, Russia e Stati Uniti.
In famiglia non si parlava romanés o si seguiva uno stile di vita nomadico.
Tuttavia, mio nonno era un fabbro, occupazione comune tra i Rom. La pelle chiara
di mia madre mi permise di nascondere le mie radici, ma mio padre, la cui pelle
scura attirava subito l'attenzione, veniva evitato attorno alla scuola.
Hanno lavorato duro per la mia istruzione - mia madre raccoglieva rifiuti e
puliva le scale, e mio padre era un saldatore - e ciò mi permise di frequentare
l'università negli Stati Uniti, a Vanderbilt, dove sono adesso.
Oggi, la maggior parte dei Rom sono stanziali, ma non hanno ancora trovato il
loro posto nel mondo. La maggioranza di loro non trova lavoro, alloggi decenti o
assistenza medica adeguata. Secondo un rapporto del 2011 di Unicef, molti
bambini rom non frequentano la scuola, soltanto un quinto di loro in Europa va
alle elementari. E molti di questi sono vittime di bullismo e non sognano di
diventare professionisti o di guadagnare abbastanza.
Molti continuano a girare. Alcuni, perché diventare stabili significherebbe
perdere la loro fonte di sostentamento, altri perché non hanno un posto
dove andare. Sono i più poveri ed i più stigmatizzati in Europa, non hanno altra
scelta se non rimanere ai margini. Quali fossero i vantaggi di insediarsi
permanentemente, sono sopraffatti dai bisogni immediati.
Adesso so che è per questo che ho negato così a lungo la mia
identità etnica. Come molti altri Rom stanziali, non volevo né adattarmi né
combattere gli stereotipi. E da quando tre anni fa ho dichiarato la mia
identità, non so dire quanti parenti ed amici, tanto negli Stati Uniti che in
Romania, mi hanno detto che non sono "quel tipo di zingara", o che avrei dovuto
"superare" le mie esplorazioni etniche perché avrebbero limitato i miei
ulteriori sviluppi.
Eppure, molte di quelle stesse persone vedono lo zingaro come nella canzone
di Gershwin: "Tu e soltanto tu tiri fuori lo zingaro in me", e così mi sento
orgogliosa e3 grido "Sono una zingara autentica! La mia vita è piena e
meravigliosa come lo zingaro che immaginate!" Oggi, se qualcuno tentasse di
insultarmi chiamandomi zingara, riderei e lo prenderei come un complimento.
Credo fermamente che elimineremo lo stigma non sopprimendo lo zingaro in noi,
ma spiegando la bellezza, il romanticismo e la libertà zingare nell'antica
nazione rom, permettendoci di mantenere la nostra straordinaria cultura ed il
nostro posto nel mondo. Siamo l'archetipo del "popolo senza frontiere"
multinazionale: multiculturali per definizione, possiamo contribuire alla
costruzione dell'identità nel XXI secolo.
L'orgoglio di essere rom libera la zingara in me. Si esprime attraverso
l'intera gamma delle emozioni. Mi da forza e coraggio: non vedo limiti a
sviluppare il mio potenziale ed agire ai livelli più alti. Mi fa rifiutare
convenzioni assurde. Apro porte raccontando storie, e lascio che il fascino e la
creatività siano parte della mia vita. Faccio danza classica, ma in qualsiasi
momento mi unirò ad un ballo zingaro. I miei capelli sono lunghi ed a volte
indosso colori vivaci, stanno bene con la mia pelle scura.
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
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