Ciao Fabrizio ti invio la rassegna stampa relativa alla
situazione di Tor de Cenci in questi giorni. Davide Zaccheo
Piano Nomadi:
Il ministro Riccardi a Tor de' Cenci.
I rom: "Non ci mandate a La Barbuta" Una visita, quella di ieri pomeriggio, che appare come un segnale un forte,
proprio quando il trasferimento dei 400 abitanti del campo a Ciampino sembra
avvicinarsi. Il ministro: "Ho visto diversi problemi, ma anche molti aspetti
positivi. Oggi ci sono tanti maestri, operatori, volontari, a testimonianza di
una buona integrazione" DI L. FACONDI
La visita del ministro Andrea Riccardi al campo rom di Tor de' Cenci, avvenuta
ieri pomeriggio, appare come un segnale forte. Anche se lui ci tiene a precisare
subito: "Non sono il sindaco e non posso assumermi responsabilità che non sono
le mie, sono venuto in quanto ministro dell'integrazione, perché ho risposto
a una lettera di operatori, volontari e insegnanti". Ma in un momento delicato
come questo, in cui il trasferimento dei 400 rom nel nuovo villaggio de La
Barbuta sembra questione di poco tempo, il suo interessamento potrebbe
complicare le cose ad Alemanno e Belviso. Anche perché dal giro fatto dal
ministro salta fuori una presa di posizione molto forte degli abitanti del
campo: "Vogliamo restare qui, non vogliamo andare a Ciampino".
I PROBLEMI - Il perché lo capisce subito Riccardi e lo ripete più volte: "Ho
visto un buon livello di integrazione, tanti maestri, operatori, volontari,
cittadini. Certo in questo campo ci sono dei problemi, ma ho constatato
soprattutto aspetti positivi". Tra le criticità non si può non notare il cumulo
di spazzatura che riempie l'ingresso dell'insediamento. "Non vengono a
raccoglierla da due settimane - racconta Paolo Perrini di Arci solidarietà -
questo fa pensare che l'amministrazione voglia arrivare all'emergenza sanitaria
per motivare poi una chiusura del campo". Un campo voluto dal Comune, come
spiega al ministro Valerio Tursi, anche lui di Arci solidarietà: "Ora si vuole
farlo passare come "tollerato", ma su questo posto sono stati investiti dei
soldi pubblici, si spenderebbe meno a riqualificarlo che a bonificare l'area".
L'INTEGRAZIONE - Il ministro ascolta e annuisce. Vuole verificare di persona e
quindi parla con le due comunità presenti a Tor de' Cenci (bosniaca e macedone),
fa domande, scherza con i bambini. "Come sono i rapporti tra voi?", chiede.
"Sono buoni", replica Asko, rom bosniaco, e aggiunge: "Stiamo bene anche con il
quartiere, ormai ci conoscono tutti, i nostri figli vanno a scuola, mia figlia
fa la parrucchiera".
ROM ITALIANI - E tra la folla che segue Riccardi ci sono anche diversi ragazzi
che hanno la cittadinanza italiana. Come Simone che racconta al ministro con un
marcato accento romano: "Ho fatto il servizio civile, sono nato qui, parlo poco
il serbo bosniaco". Sono tanti i ragazzi nati e cresciuti a Roma "che si sentono
romani", ribadisce Riccardi. Ma che non vengono trattati come tali. "Nel foto
segnalamento rivolto ai rom - spiega Paolo Perrini di Arci solidarietà - sono
stati inseriti anche loro, sebbene avessero la cittadinanza italiana".
SCUOLA, SALUTE, CASA, LAVORO - Non è l'unica anomalia del Piano Nomadi del
Campidoglio. Ci sono i ripetuti sgomberi, condannati più volte dalle
associazioni per i diritti umani, oltre che dall'Onu che lo scorso 15 marzo li
aveva ritenuti "deplorevoli". Ma sulla questione il ministro non si sbilancia e
evita una risposta diretta: "Non ho studiato a fondo il Piano Nomadi del
sindaco", ma comunque ribadisce la strategia nazionale del Governo in materia di
rom: "Puntiamo su scuola, salvaguardia della salute, lavoro e casa". Una linea
che, a prima vista, prende comunque le distanze dalla politica dell'attuale
giunta. Sebbene il ministro chiarisca di non avere mire nei confronti del
Campidoglio. Alla domanda di Paese Sera "Pensa di candidarsi come sindaco per il
2013?", risponde senza lasciare margini per le interpretazioni: "Non l'ho fatto
quando avevo barba e capelli neri, ora sono troppo vecchio. E poi mi sembra ci
siano già tanti candidati". E subito dopo aggiunge: "Del resto cominciare la mia
campagna elettorale in un campo rom non sarebbe stata una grande mossa". Lo sa
bene chi, come la Belviso, la credibilità politica se la sta giocando proprio su
questo terreno.
di Lara Facondi
La Barbuta, prime case assegnate
tra le polemiche: «E' un ghetto per i rom» Polemiche sulle inferriate che circondano il primo grande villaggio del Piano
Nomadi, costato 10 milioni; 5 associazioni di volontari si autosospendono: «No
alla segregazione»
ROMA - Da quattro giorni arrivano alla spicciolata: non un esodo, ma un trasloco
a tappe. Sono i rom che il Campidoglio ha voluto trasferire nel nuovo «villaggio
attrezzato» realizzato dall'amministrazione comunale a La Barbuta. Il grande
campo nomadi, destinato ad accogliere circa 650 persone, è situato tra il Gra,
la ferrovia Roma-Cassino e l'aeroporto di Ciampino ed è un'area recintata e
videosorvegliata. Si tratta del primo mega-campo costruito ex novo a Roma negli
ultimi 7 anni. Ed è una delle 13 enclavi in cui il Comune di Roma ha previsto,
nell'ambito del cosiddetto Piano Nomadi, di alloggiare tutti i rom e sinti della
Capitale.
Le inferriate alle nuove case del villaggio rom a La Barbuta
TENSIONE SULLA SORVEGLIANZA - I primi rom giunti alle porte di Ciampino, lunedì
mattina, si sono visti assegnare le casette. Ma la tensione è alta. Non mancano
le polemiche e non piacciono quei recinti «che sanno di segregazione», come
denuncia l'associazione «21 Luglio», che parla di «lutto della civiltà» per le
«condizioni di vita eccessivamente restrittive per l'intera comunità». Non piace
l'idea di orari di entrata e uscita dal campo che sanno di «modello casa
circondariale». Sandro Medici, presidente del X municipio, denuncia un
atteggiamento «forzato» dell'amministrazione capitolina sulla questione di chi
realmente accederà a La Barbuta, e promette battaglia «qualora venissero
utilizzate procedure eccessivamente dure, per quanto riguarda il regolamento che
sancisce le regole di vita nel campo». Con una sorveglianza-vigilanza che
costerà circa 3 milioni di euro l'anno.
Sbarre all'ingresso di La Barbuta
NIENTE GIOCHI PER I BAMBINI - Sono stati spesi più di dieci milioni di euro per
la costruzione di questo campo. All'interno ci sono 160 moduli abitativi di 24 e
32 metri quadri. Ma non c'è nessuno spazio ricreativo per bambini, con un
regolamento che verrà fatto sottoscrivere ai futuri abitanti, in cui viene
menzionato anche l'orario di entrata ed uscita dal villaggio. L'associazione 21
luglio, da sempre affiancata dall'Errc (European roma rights centre) lo
definiscono un «vero e proprio “ghetto”», ricordando che fu chiesto a sindaco e
prefetto - in una lettera del 29 maggio - di fare un passo indietro.
«Ci hanno detto che questo campo serve per creare integrazione - racconta un
ragazzo Rom di fronte all'inferriata che lo separa dal vecchio insediamento - ma
a me sembra che vogliano solo costringerci in un piccolo spazio, sorvegliati e
con orari da galera che vanno rispettati».
Un aereo sorvola il campo allo scalo di Ciampino (Altimari)
I VOLONTARI: «E' ANTIZIGANISMO» - L'associazione 21 luglio, insieme ad altre
cinque organizzazioni di volontari, dopo l'inaugurazione de La Barbuta, ha
scritto una lettera aperta e indirizzata alle realtà sociali che lavorano dentro
i campi nomadi intorno alla Capitale, chiedendo l'«obiezione di coscienza».
«Concordiamo con molti operatori - recita la lettera - nel definire ogni
"villaggio attrezzato" della Capitale, e quindi anche l'ultimo, quello costruito
a La Barbuta, un ghetto concepito dall'antiziganismo dei nostri giorni,
l'ennesimo prodotto di un pregiudizio etnico, il risultato della
istituzionalizzazione della segregazione e della discriminazione che si consuma
nella nostra città». Con queste motivazioni, gli operatori hanno deciso di «auto
sospendersi» dal lavoro svolto finora all'interno di tutti gli insediamenti.
Sandro Medici
X MUNICIPIO: LA POSIZIONE DI MEDICI - Da sempre a sostegno del progetto de La
Barbuta, il presidente del X municipio di Roma, ora che il campo è in fase di
assegnazione, esprime delle forti preoccupazioni. «Con il prefetto Pecoraro
avevo raggiunto un accordo ben definito sulla destinazione di questo campo -
spiega Medici - il fatto che la gestione sia passata al Comune di Roma mi crea
forte preoccupazione, soprattutto se penso alla determinazione con cui si cerca
di trasferire proprio qui gli abitanti del campo di Tor de Cenci».
Un campo rom abusivo ai margini di La Barbuta
LA RIVOLTA DI TOR DE CENCI - E proprio gli abitanti del campo sulla via Pontina
- che mercoledì 20 giugno hanno ricevuto la visita del ministro per
l'Integrazione Andrea Riccardi - rifiutano di traslocare a La barbuta perché -
dicono - il loro arrivo sarebbe accolto da una guerra: «Siamo bosniaci e le
altre etnie sono pronte a scatenare una faida se andremo a vivere laggiù».
La scelta dell'amministrazione capitolina, secondo Medici, punta a «risanare una
promessa elettorale fatta a suo tempo», ma è una decisione che influirà
«negativamente sugli equilibri del campo». Pensiero che trova credito anche tra
i Rom de La Barbuta e gli amministratori di Ciampino.
Una videocamera di sorveglianza sulle case di La Barbuta
IL TAR DA RAGIONE A CIAMPINO - Intanto il Tar del Lazio ha dato ragione al
sindaco di Ciampino, Simone Lupi, garantendogli voce in capitolo nel confronto
con Alemanno e il prefetto di Roma. Lupi ribadisce all'ex commissario
straordinario per l'emergenza nomadi, che il Tar sancisce per i Comuni
interessati il diritto di accesso agli atti, da sempre negato da parte del
ministero dell'Interno.
«Mi rendo conto che ormai probabilmente è tardi, ma se salta fuori un solo
tassello posto male per la costruzione di questo campo, non mi tirerò indietro -
spiega Lupi - il Tar ci ha dato ragione, avremmo dovuto partecipare al tavolo
decisionale che ha predisposto La Barbuta, proprio in virtù del fatto che,
malgrado sia territorio di Roma, influisce sulla città di Ciampino».
Veronica Altimari 21 giugno 2012 | 8:24
Riccardi al campo di Tor de' Cenci gli abitanti rischiano il trasferimento
Il ministro per la cooperazione e l'integrazione ha visitato il campo rom alla
periferia sud della città. "Ci sono problemi ma c'è integrazione con il
territorio"
"In questo campo ci sono problematicità ma anche cose positive, e cioè una
discreta integrazione dei rom all'interno del territorio" lo ha detto il
ministro per la Cooperazione e l'Integrazione, Andrea Riccardi, visitando questa
sera il campo rom di Tor de' Cenci, alla periferia sud di Roma.
Nella giornata mondiale del rifugiato Riccardi, accompagnato dal presidente di
Caritas Roma, monsignor Enrico Feroci, ha visitato l'insediamento dopo la
sollecitazione di alcune associazioni ed educatori, che nei giorni scorsi
avevano inviato una lettera a lui, al ministro dell'Interno Annamaria
Cancellieri e a quello dell'Istruzione Francesco Profumo. Nella lettera, si
racconta la situazione dei residenti nel campo, circa 400 persone di cui oltre
200 minori, che vivono da qualche anno "l'incubo" di essere trasferiti in un
altro insediamento, lontano dalla città, "rompendo la faticosa integrazione che
si era riusciti a creare in questi anni".
Incubo, sottolineano le associazioni, che sembra si debba materializzare nei
prossimi giorni. Il campo rom di Tor dè Cenci è stato al centro di polemiche
l'anno scorso, dopo la morte di un bambino a causa di un filo elettrico
scoperto; in seguito a questo tragico incidente, il sindaco Alemanno aveva
deciso il trasferimento dei rom altrove.
"Non sono il sindaco di Roma, non posso decidere, sono solo venuto per vedere e
rendermi conto" ha spiegato Riccardi, che ha ricordato il piano nazionale sui
rom approvato poco tempo fa dal Consiglio dei ministri.
Il ministro Riccardi visita Tor de Cenci I volontari: questo campo rom va salvato
Il titolare dell'Integrazione nell'insediamento sulla Pontina: alla vigilia di
un osteggiato trasferimento dei bosniaci. «A La Barbuta ci farebbero la guerra»
ROMA - Arriva all'attenzione del Governo il caso del campo nomadi di Tor de
Cenci. Nel giorno in cui nel nuovo campo de La Barbuta iniziano i nuovi
trasferimenti e mentre i nomadi del vecchio campo sulla Pontina ribadiscono il
no a futuri traslochi, il ministro per la cooperazione internazionale e per
l'integrazione, Andrea Riccardi, ha visitato mercoledì pomeriggio il campo
nomadi a ridosso della Pontina. Il ministro è stato il primo rappresentante
dell'esecutivo a raccogliere l'invito fatto dalle associazioni di volontari che
si occupano della scolarizzazione dei minori del campo. «Non sono il sindaco,
non posso decidere - ha detto Riccardi - non posso assumermi responsabilità che
non sono le mie. Qui ci sono vari problemi da risolvere ma c'è anche un buon
livello di integrazione e questa è una ricchezza».
La visita del ministro Andrea Riccardi a Tor de' Cenci (Proto)
LA LETTERA DEI VOLONTARI - Riccardi ha aggiunto di essere venuto in visita
perché pochi giorni fa una serie di associazioni e onlus - fra cui Arci
Solidarietà e Agesci - avevano inviato una lettera aperta a lui e ai ministri
dell'Interno e dell'Istruzione, spiegando i disagi a cui potrebbero andare
incontro i ragazzi se il campo dovesse chiudere. Fra i firmatari dell'appello
figura anche la Comunità di Sant'Egidio, fondata nel 1968 proprio da Riccardi.
Con il ministro, al campo è giunto anche monsignor Enrico Feroci, direttore
della Caritas di Roma, il quale ha affermato di aver parlato con il sindaco
Alemanno una ventina di giorni fa chiedendogli di tenere il campo aperto e di
ripulirlo: «Mi ha detto che prenderà in considerazione questa richiesta e che mi
farà sapere».
DUE ANNI DI ABBANDONO - Nei piani del Campidoglio, il campo nomadi di Tor de
Cenci - un fazzoletto di terra a ridosso della Pontina in cui vivono più di 400
persone, in maggioranza bosniache - doveva chiudere già due anni fa. Ora invece
è tornato al centro di un braccio di ferro tra istituzioni, residenti e
associazioni. Con una lettera aperta, Arci, Comunità di Sant'Egidio e Agesci
hanno chiesto ai tre ministri di intervenire «per non mandare a monte il lavoro
fatto negli anni per scolarizzare i circa 200 minori che vivono nel campo».
Bambini rom a Tor de Cenci
«BISOGNA TUTELARE I BAMBINI» - «Oggi si prospetta un trasferimento in un altro
quadrante di Roma - si legge nella lettera - che andrebbe a rompere la faticosa
integrazione creata negli anni. Tutti i bambini e gli adolescenti frequentano la
scuola e parte dei ragazzi dai 14 ai 18 anni le superiori. Il loro trasferimento
sarebbe molto dannoso ai fini della scolarizzazione».
Nel campo ormai si respira l'aria di fine scuola. In tanti hanno chiuso l'anno
con una promozione. C'è chi sta facendo gli esami di terza media e chi quelli
delle superiori. Qualcuno studierà anche quest'estate ma tutti vivono con
l'incognita del prossimo anno scolastico.
Spazzatura nel campo nomadi (Proto)
UN'ORA E 30' PER ANDARE A SCUOLA - «Ci hanno garantito che se questa comunità
sarà spostata - spiega Paolo Perrini, da anni punto di riferimento del progetto
di scolarizzazione dell'Arci - I minori potranno continuare a frequentare le
scuole vicine a Tor de Cenci. Ma questo creerebbe gravi disagi, innanzitutto
negli spostamenti, con viaggi di almeno un'ora e mezza per raggiungere i vari
istituti. Inoltre si strapperebbero i ragazzi dal tessuto sociale in cui sono
nati e cresciuti».
Federica Mancinelli, della Comunità di Sant'Egidio
LA STORIA DELL'INSEDIAMENTO - La maggior parte degli abitanti di Tor de Cenci
non vuole abbandonare questo campo. Molti di loro sono arrivati qui nel 1995.
Nel 2000 il villaggio fu inaugurato ufficialmente e vennero realizzate
fognature, rete elettrica e idrica. A ogni nucleo familiare fu assegnato un
modulo abitativo. «Il campo fino al 2004 era in ottime condizioni - ricorda
Federica Mancinelli, della Scuola della Pace della Comunità di Sant'Egidio -.
Una volta c'erano un presidio sanitario permanente, il controllo dei vigili
urbani e anche un servizio di ludoteca. Negli anni, però, è stato
progressivamente abbandonato dalle istituzioni».
Quello che era un villaggio attrezzato e funzionale, «costruito dal Campidoglio
su un terreno del Comune di Roma, raggiungibile con tanto di indicazioni
stradali - ricorda Perrini - è diventato un campo tollerato da chiudere».
I rom del campo di Tor de' Cenci
CHIUSURA E TRASFERIMENTO - Come confermato dalla lettera inviata il 1° aprile
2010 ai residenti dei quartieri limitrofi dal vicesindaco Sveva Belviso, «il
piano nomadi del Comune di Roma prosegue con la chiusura del campo rom di Tor de
Cenci, come da impegni assunti dalla giunta Alemanno.[…] Attraverso questo
processo potremo dare soluzione, in termini di legalità e di inclusione sociale,
ai problemi causati dalla presenza sul territorio dei campi nomadi non
autorizzati».
«Sappiamo che il trasferimento di questa comunità a La Barbuta costerebbe al
Comune circa 1 milione di euro - spiega Perrini -. Ma per rendere Tor de' Cenci
pienamente vivibile ne basterebbero 500 mila, visto che i servizi idrici ed
elettrici già ci sono e dovrebbero essere solo sostituiti gli alloggi».
Il ministro Andrea Riccardi ascolta una nomade (Proto)
«NON VOGLIAMO UNA GUERRA» - Tra le ragioni di chi non vuole abbandonare questo
luogo non c'è solo il problema della frequenza scolastica o dell'integrazione.
La maggioranza degli abitanti di Tor de' Cenci ha paura del possibile confitto
che potrebbe scatenarsi con gli altri nomadi che verranno trasferiti a La
Barbuta. «Da pochi anni siamo fuggiti da una guerra nei nostri paesi di origine
- racconta Mario - non abbiamo nessuna intenzione di farne un'altra. Piuttosto
preferisco dormire in un furgoncino qui vicino». «Quel campo è una prima linea
di guerra - dice esasperato Fuad - non ci possono trattare come palloni da
calcio e farci rotolare da un posto all'altro».
AL CENTRO DI UNA FUTURA FAIDA - «Qui mi conoscono tutti - confessa Serbo - lì
non saprei come integrarmi. Chi ci garantisce che se venissimo spostati non
saremmo al centro di una nuova faida?». «Io non voglio lasciare questo campo -
spiega Romina, diventata cittadina italiana da un anno e mezzo - Qui ho fatto
tutte le scuole e qui voglio crescere la mia bambina». «Non vogliamo andare a La
Barbuta perché saremmo in troppi e quel posto potrebbe trasformarsi in una
polveriera. Se ci lasciano in pace nel nostro campo inviteremo il sindaco
Alemanno e suoneremo per lui tutta la notte», sorride Asco.
Sofia Capone e Giuseppe Cucinotta
20 giugno 2012 (modifica il 21 giugno 2012)
In città: Tor de' Cenci, Riccardi visita il campo nomadi
L'incontro del ministro dell'Integrazione, accompagnato da monsignor Feroci,
direttore della Caritas, con i residenti dell'area. La lettera delle
associazioni che lavorano con i rom della zona di Nicolò Maria Iannello
Una visita che ha creato grande entusiasmo tra gli abitanti del campo nomadi di Tor de' Cenci, quella che ieri, il ministro della Cooperazione e
dell'Integrazione, Andrea Riccardi, accompagnato da monsignor Enrico Feroci,
direttore della Caritas diocesana, ha voluto fare agli abitanti della struttura
comunale a sud della Capitale, che rischiano di essere trasferiti nell'area
attrezzata La Barbuta, nei pressi di Ciampino.
Una visita per rispondere a una lettera inviata dalle associazioni che lavorano
con i rom del campo al ministro dell'integrazione, dell'istruzione e degli
interni, per descriverne le condizioni di degrado e lanciare l'allarme sul
«trasferimento dei residenti in un altro villaggio, lontano dalla città». Un
trasferimento di cui «abbiamo sentito dire che gli abitanti del villaggio
“sarebbero consapevoli e consenzienti”, ma non è ciò che hanno detto a noi la
maggioranza delle persone», spiegano nella lettera le associazioni.
A raccontare la realtà del campo, dove abitano 400 persone, tra cui 200 bambini,
è una delle firmatarie, Federica Mancinelli, responsabile della Scuola della
Pace di Spinaceto - Tor de' Cenci della Comunità di Sant'Egidio, il doposcuola
che da anni si svolge nel quartiere e accoglie bambini italiani e rom: «I
residenti del campo vivono una situazione di instabilità da diversi anni, in
seguito al progressivo abbandono da parte delle istituzioni». Eppure, nonostante
«l'area di proprietà comunale, indicata anche nella segnaletica stradale, adesso
sia considerata una realtà “tollerata”, cioè un insediamento spontaneo», nel
tempo intorno agli abitanti «si è creata una rete fatta da associazioni,
abitanti del quartiere e insegnanti». Con loro «si è creata un'amicizia -
continua Mancinelli - e tra i bambini rom e quelli italiani che vengono alla
Scuola della Pace c'è un legame forte».
In merito al trasferimento, «un incubo che sembra si debba materializzare nei
prossimi giorni e che sarebbe molto dannoso ai fini della scolarizzazione dei
bambini e dei ragazzi» è chiara la proposta delle associazioni, soprattutto a
fronte delle spese che richiederebbe lo sgombero: «Se il campo non chiudesse si
potrebbe evitare lo sperpero di denaro pubblico e lo sradicamento della
popolazione dai rapporti instaurati con il territorio».
Ma sono gli stessi abitanti a dire di non volere andare via da Tor de' Cenci.
Come Ismett, 37 anni, residente nel'area sin da quando è stata inaugurata nel
2000: «I miei bambini sono cresciuti qui e io lavoro qui». Ed è qui che «ci
troviamo bene ma vorremmo che non ci lasciassero soli, che venissero a pulire
per fare crescere i nostri figli in un ambiente sano». Anche per Giuliano, 39
anni, padre di 5 figli, il trasferimento non è una soluzione. «E il motivo è
semplice perché noi siamo integrati qui a Spinaceto». Ma se proprio «ci devono
mandare via, a noi cosa cambia spostarci da un container all'altro? Sarebbe
meglio avere una casa». E anche lui, come Ismett, chiede «un ambiente pulito,
nuovi container, e la sistemazione delle fogne».
E al ministro i residenti hanno raccontato le paure legate al trasferimento,
come i possibili conflitti che potrebbero insorgere con gli abitanti de La
Barbuta o i problemi legati all'integrazione e all'inserimento dei bambini nelle
scuole, visto che, affermano alcuni di loro, «noi ormai siamo abituati a stare
qui». Con loro il ministro ha passato circa un'ora, ascoltando le loro storie e
parlando con i bambini e con i ragazzi.
A margine della visita, oltre a ringraziare gli abitanti del campo per
l'accoglienza e l'ospitalità, Riccardi ha detto di essere rimasto molto colpito
«dal vedere tanta gente e tanti insegnanti presenti». Poi il ministro ha anche
aggiunto che «in questo campo ci sono diverse problematicità ma anche cose
positive e cioè un buon livello di integrazione e che questa è una ricchezza». A
fargli eco monsignor Enrico Feroci, che ha affermato di avere parlato con il
sindaco Gianni Alemanno, una ventina di giorni fa, «per chiedergli di tenere il
campo aperto e di ripulirlo». La sua risposta, ha concluso il direttore della
Caritas, è stata che «prenderà in considerazione questa richiesta e che mi farà
sapere».
21 giugno 2012
Italian Minister Riccardi visits the camp of Roma Tor de Cenci
Foto di probabilmente Stefano Montesi. Articolo in inglese, errori e
imprecisioni.
Video dal Corriere della Sera