Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 12/09/2008 @ 11:34:52, in Italia, visitato 2274 volte)
Dopo il post di
ieri sera, ricevo questa testimonianza raccolta sempre da Marco Brazzoduro:
Ragazze
questa mattina dopo aver sentito al Gr regione che un'operazione di polizia
stava cercando ferro rubato al Casilino 900 sono andata a vedere, conoscendo i
rom e le rom e del campo.
Si è trattato di un vero e proprio rastrellamento. Alle 6.30 è arrivato il
comandante Di Maggio della municipale che di sgomberi se ne intende sotto ogni
giunta e hanno cominciato a rastrellare. Era previsto il censimento della Croce
Rossa questa mattina che come alcune sapranno stava procedendo rispettando
alcuni parametri di umanità (volontario, conoscitivo delle condizioni sanitarie
e finalizzato al rilascio di tessera sanitaria). La Croce Rossa che non sapeva
nulla dell'operazione è in effetti arrivata ed è andata subito via.
Hanno detto che l'operazione era su segnalazioni di furti di rame da pali
della luce esterni al campo, tombini e quant'altro.
Caso strano è avvenuto stamattina quando i portavoce di tutte le etnie del
campo erano quasi tutti alla biennale di Venezia con Roma tre a presentare il
progetto della casa.
C'erano più di 10 volanti circa, agenti con spray urticante, manganello e
pistola, un pullman grande della Municipale dove hanno caricato ragazzi, adulti
e anziani. Un anziano si è sentito male ed hanno chiamato un'ambulanza per
portarlo via. Hanno caricato anche due ragazze di 15-16 anni. Una ha denunciato
di essere incinta, è stata portata via perché a casa sua c'erano tute militari
dell'esercito e non ne ha saputo spiegare la provenienza. Un'altra ragazza
evidentemente incinta si è salvata solo per l'intervento delle donne del campo.
Sono tutti all'Ufficio immigrazione di via Salviati.
Ho visto passare pullman Iveco pieni di ogni cosa sequestrata dalle baracche,
i materiali che loro recuperano dai cassonetti, valige loro, un casco, scatole.
Alla stessa ragazza incinta che stavano caricando sul pullman, volevano prendere
i vestiti nuovi di zecca da neonato, che ovviamente secondo loro lei aveva
rubato. Per fortuna aveva ancora gli scontrini e glieli hanno lasciati, ad altre
donne volevano prendere le posate, perché non potevano essere loro. Hanno preso
i generatori nuovi, a chi non ha potuto mostrare uno scontrino. Il Casilino non
ha né luce né acqua, se non avessero i generatori come ci sono in tutti i campi
Rom non avrebbero uno straccio di luce nè frigoriferi. Nel campo ci sono anche
disabili, persone malate di tumore e di epilessia. I frigoriferi sembra stupido
dirlo servono per vivere, metterci il latte dei bambini, medicine come
l'insulina per il diabete di Sevilia.
Hanno portato via anche un ragazzo con carta d'identità italiana e patente.
Il 70% dei Rom al Casilino sono ovviamente senza permesso di soggiorno,
alcuni uomini sono scappati altri presi. Alla fine erano rimaste solo le donne e
i bambini. Gli elicotteri hanno sorvolato basso il campo tutta la mattina.
Sono stati svegliati di soprassalto alle 6.30 da modi brutali, la municipale
è arrivata con loro telecamere e non hanno avuto neanche il buon gusto in alcune
baracche di tenerle spente all'inizio per evitare di riprendere le donne in
pigiama o in mutande.
Nessuno ha messo in evidenza che il Casilino è presidiato dalla Municipale
H24 da luglio scorso, dopo aver sgomberato ogni mezzo auto fuori dal campo e
fatto già la perquisizione delle baracche. Con le makkine loro vendono le loro
cose ai mercati, raccolgono il ferro, accompagnano i bambini a scuola. Rubare il
ferro è reato ma si sa che i Rom vivono (chi può con partita Iva) raccogliendo
il ferro, svuotando le cantine, certo anche rubandolo. Altrimenti come mangiano?
Parlano tutti di refurtiva, Il Tg3 regione scandaloso, (manicotti del ministero
interni, estintori etc.), allora che ci sta a fare la Municipale da luglio
giorno e notte? E soprattutto come fanno a portare dentro tutta questa roba se
non possono più entrare con le makkine?
Stanno preparando lo sgombero o meglio la 'soluzione' finale. Sul Casilino si
gioca molta parte della politica securitaria e 'dimostrativa' di Alemanno. Il
conflitto politico con il Prefetto Mosca, che vuole modi e soluzioni umane, è
forte. E' un'ipotesi sempre più credibile che se vincerà la linea dura e non
vorranno trovare un altro campo dove spostarli (sono 600), porteranno tutti
quelli senza documenti nei CPT e questa volta li rimpatrieranno, smembrando
famiglie intere. Al Casilino sono arrivati nel '70 e nel '90 prima della guerra
nella ex Yugoslavia, dove non hanno più nulla.
Inutile dire la forza delle donne del campo, della loro ironia, del loro
saper stare al mondo tra mille difficoltà ma sempre con il sorriso, soprattutto
quando sentono che sei una persona amica che li vede per quelli che sono, esseri
umani.
Loro vedono senza essere andati a scuola, a noi deve essere l'eccesso di
'cultura' che impedisce di vedere.
Monica Pepe
Aggiungo un comunicato del Gruppo Everyone:
COMUNICATO STAMPA 12 settembre 2008
ROMA, CASILINO 900: AZIONE INTIMIDATORIA DELLE FORZE DELL''ORDINE NEI
CONFRONTI DEI ROM, IN VISTA DELL'ISPEZIONE DEGLI EURODEPUTATI
IL GRUPPO EVERYONE: "I ROM DEL CASILINO SONO TERRORIZZATI E SI TROVANO IN
UN'EMERGENZA UMANITARIA GRAVISSIMA. LA POLIZIA HA MINACCIATO ARRESTI ED
ESPULSIONI E HA INTIMATO AGLI ABITANTI DEL CAMPO ROM DI NON PARLARE CON
ATTIVISTI E GIORNALISTI." IL 19 SETTEMBRE E' INFATTI PREVISTA LA VISITA AL CAMPO
DA PARTE DI UNA DELEGAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
Ieri mattina, 11 settembre, un blitz delle Forze dell''Ordine al campo Rom
Casilino 900 di Roma ha portato al fermo di oltre 20 abitanti del campo,
caricati sui pullman della Polizia senza alcuna motivazione e rilasciati dopo
12 ore di angoscia. "Mio padre è stato fermato inspiegabilmente," ha
rivelato un testimone, in attesa del rilascio dei 20 Rom, "siamo preoccupati
per lui. Spero che si risolva tutto per il meglio, ma come si fa a vivere così?
Siamo piantonati dalla polizia 24 ore al giorno, non abbiamo diritti umani e
ci fanno passare per un'organizzazione malavitosa, anche se, in realtà, nel
campo vivono solo famiglie in condizioni disperate. E' impossibile lavorare e la
cittadinanza ci guarda con sospetto. Sopravvivere è un'impresa quotidiana,
sempre più dura, ma è il solo obiettivo che resta, alla gente del Casilino 900".
"Si tratta di un''azione intimidatoria in vista dell'ispezione al campo
Rom, il prossimo 19 settembre, di una delegazione del Parlamento Europeo –
annunciata nei giorni scorsi con una lettera ufficiale dal Presidente del
comitato Libertà Civili del Parlamento Europeo, Gérard Deprez, al ministro
dell'Interno Maroni, agli onorevoli Fini e Schifani e al sindaco
di Roma Gianni Alemanno" dichiarano i leader del Gruppo EveryOne
Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, in contatto con alcuni
testimoni del Casilino. "Un'azione che non ha precedenti in Italia, e che
dimostra quanto il Gruppo EveryOne sta andando dicendo da mesi: è in corso in
questo Paese una vera e propria caccia al Rom, che ne vuole la sua
scomparsa dal territorio nazionale nel più breve tempo possibile".
I rappresentanti di EveryOne hanno infatti parlato con alcuni testimoni
dentro il campo: le autorità hanno già comunicato ai Rom del Casilino che
dovranno presentarsi ancora all'ufficio immigrazione, nel prossimo futuro, e che
rischiano espulsioni e condanne. "Dopo questa azione," proseguono gli attivisti
"i Rom del Casilino 900 sono terrorizzati. Nelle scorse settimane,
sono stati più volte "invitati" a non parlare con i giornalisti e i visitatori e
a non comunicare – soprattutto a noi del Gruppo EveryOne – gli abusi subiti.
Ultimamente, inoltre, agenti di Polizia impedivano ai Rom del Casilino di avere
ospiti e controllavano chiunque entrasse o uscisse dal campo. Una strategia
della tensione aveva creato terrore e sospetto all'interno della comunità. La
delegazione del Parlamento Europeo avrebbe dovuto effettuare visite a sorpresa
nei campi: purtroppo tutti, invece, sanno che il Casilino 900 è uno degli
insediamenti che saranno ispezionati venerdì 19 settembre. Le autorità hanno
anche avvertito tutti" continuano Malini, Pegoraro e Picciau "che più avanti
ogni Rom sarà chiamato dalle Forze dell'Ordine e solo chi se lo meriterà potrà
restare ed evitare problemi con la legge. Le persone fermate non hanno fatto
niente," concludono "ma sono i più attivi testimoni dell'oppressione".
Il Gruppo EveryOne chiede ufficialmente alla delegazione del Parlamento
Europeo che il prossimo 19 settembre ispezionerà il Casilino 900 e ai
parlamentari radicali italiani, unica forza d'opposizione in Parlamento,
di richiedere immediatamente chiarimenti sulla situazione e di incontrare
al più presto, tramite EveryOne, un gruppo di Rom disposto a testimoniare
su quanto accaduto.
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334 8429527 - (+ 39) 331- 3585406
www.everyonegroup.com/it ::
info@everyonegroup.com
Di Fabrizio (del 13/09/2008 @ 01:58:07, in Italia, visitato 2649 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir
La 1a tappa della Carovana Missionaria per la Pace di quest'anno è stata a
Livorno, essa ha avuto il merito e il coraggio di dedicarla interamente al
popolo Rom.
Gli organizzatori: Centro Missionario Diocesano, Caritas, Salesiani, S.
Egidio... eravamo consapevoli della sfida anche per i suoi esiti incerti, perché
oggi parlare di Rom, anzi dare la Parola ai Rom non è cosa facile e scontata e
questo in qualsiasi città italiana, ma farlo a Livorno lo è ancora di più.
La prima serata è stata celebrata sul piazzale della Chiesa di S.Jacopo,
affacciata sul mare Tirreno, è lì che hanno "Liberato la parola" 2 testimonianze
Rom (un uomo e una donna), cercando di presentare i valori e l'importanza della
famiglia nella vita dei Rom. Ma anche i balli, curati da un gruppo di bambine
Rom del campo nomadi di Coltano (PI), era un modo per "Liberare la Parola",
attraverso la musica, la danza dei colori al ritmo di melodie orientali. Come
pure l'offerta di alcuni piatti tipici dei Rom, preparati con cura da una
famiglia hanno contribuito a "liberare la Parola", attraverso i sapori che
parlano di migrazioni dei Rom lungo i secoli tra culture e popoli diversi.
Anche la lettura di poesie di Rom ha "Liberato la Parola", raccontando e
descrivendo speranze, gioie, timori e delusioni di questo popolo in cammino
anche a causa di rifiuti e di continue espulsioni.
Il vescovo, Mons. Simone era presente, anche lui ha saputo liberare la
Parola, perché quando si parla con il cuore il messaggio supera e vince le
barriere e incoraggia cammini di amicizia e di fraternità.
Mentre la piazza che faceva da palco liberava sulla città di Livorno suoni,
sapori, racconti, i suoi cittadini ad eccezione dei pochi presenti, mostravano
la loro fredda indifferenza, preferendo frequentare in massa il Bar, chiamato
guarda caso:la "Baracchina bianca" posta solo a pochi metri: adolescenti,
giovani distratti e accalcati dentro a sorseggiare rapidi e freddi aperitivi,
tramezzini surgelati e cocktail, intenti a consumare monotoni divertimenti...
mentre le onde del mare frangevano quasi accarezzando con tremore e rispetto la
"parola liberata" del popolo Rom, ancora inascoltato, come sempre.
Integrazione! Sembra la parola magica, gridata dal mondo dei "gagè", spesso è
una parola vomitata addosso ai Rom a piè sospinto, anche a vanvera, perché è
sempre a senso unico: perché noi siamo già "integrati", siete voi "zingari" che
non volete integrarvi nella nostra società, vivete di espedienti, rubate,
sfruttate i vostri figli, non volete lavorare, abitate in baracche, ma per
cortesia lasciateci bere in pace i nostri cocktail alla "Baracchina bianca", e
state a dovuta distanza di sicurezza, non si sa mai e non disturbate la nostra
passeggiata sul lungo mare, integratevi!...
I popoli si integrano a vicenda quando la vita li porta a mescolarsi
reciprocamente, perché forse la vera integrazione è come un innesto dove linfe
diverse si incontrano armonizzandosi, dando vita a delle nuove germinazioni.
Libera l'impronta di Dio...
Digos e vigili urbani ci aspettano a Pian di Rota, sotto il cavalcavia dove
un anno fa' morirono tragicamente 4 bimbi Rom, bruciati in piena notte insieme
le loro povere baracchine, ancora sono visibili i resti bruciati a ridosso del
cavalcavia. E' in programma un momento di preghiera per ricordare Eva, Danciu,
Menji e Tutsa.
Anche qui siamo veramente in pochi, il gruppo raggiunge una ventina di
persone, grazie anche ai carovanieri venuti da Firenze appartenenti ai
Missionari Comboniani, poi questi proseguiranno per la seconda tappa Toscana a
Follonica.
"Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; abbiamo cantato dei
lamenti e non avete pianto".(Mt.11,17)
Sì, fare memoria è pericoloso, soprattutto quando questa pretende mettere in
crisi la tranquillità di una città, come Livorno che si rifiuta ostinatamente di
essere disturbata dalla vita e dalla morte dei poveri. Vuol essere una veglia
particolare, con gesti e segni "zingari", una preghiera che tenga conto della
sensibilità religiosa tipica dei Rom.
Anche Dio ha impresso la sua impronta nella vita di questo popolo, in quanto
Lui non ha vergogna di sedere nella vita dei Rom, non teme di perdere consenso o
il suo tempo prezioso intrattenendosi amabilmente a parlare e bere una tazza di
caffè presso le loro baracche e campine poste tra i canneti o sotto i cavalcavia
alle periferie delle nostre città.
E' un Dio che gli piace sconfinare, guai se non lo facesse: sconfina dalle
nostre belle cattedrali, dai nostri centri, dagli stessi Istituti religiosi,
compresi quelli dei Missionari, dai nostri spazi sacri per far visita a tutti
quei "fuori luogo" che oggi in nome del Vangelo della sicurezza stanno
proliferando senza trovare molta resistenza.
Anche da questi luoghi nascosti (Cristi occultati) è possibile imparare a
guardare dentro noi stessi, ma anche le nostre città con occhi diversi e
lasciarci interrogare dai punti di vista di chi vive il margine: sono i Rom, i
lavavetri, gli accattoni, i migranti, i clandestini...
Per Eva, Danciu, Menji e Tutsa abbiamo pregato e osato chiedere perdono anche
a nome di quella cittadinanza assente e che fa fatica a sentirsi in colpa per
queste giovani vite spezzate a causa della sua indifferenza e chiusura, che non
basta certo donare qualche caramella o qualche abito dismesso ai bimbi Rom se
poi non si è capaci di "compassione evangelica", cioè saper andare oltre noi
stessi (sconfinare!) per lasciarsi rivestire dall'altro, diverso da me.
Un giornalista del Tirreno presente all'incontro, chiudeva il suo articolo
all'indomani con queste parole che mi sembrano riassumano molto bene il senso
della carovana: "La carovana parte verso la Maremma, ora ne fanno parte anche
Eva, Menji, Danciu e Tutsa."
Allora, buon cammino piccoli Rom, ovunque in ogni città e paese la Carovana
si troverà a passare, lasciate le vostre piccole impronte sulle nostre
coscienze, saranno punti di riferimento indelebili per far crescere un mondo
diverso, più umano e fraterno, mettendo nei nostri corpi gli occhi dei poveri,
che sono le lenti del Dio di Gesù con le quali ama e guarda questa nostra
umanità. Ce lo auguriamo tutti insieme!
Don Agostino Rota Martir - Campo nomadi di Coltano (PI) – 10 settembre '08
Di Fabrizio (del 16/09/2008 @ 12:45:35, in Italia, visitato 2004 volte)
Tom Welschen mi segnala questo "quasi rapporto" da
Melting
Pot. Data la lunghezza, consiglio di scaricarlo e leggerlo con calma offline
di Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo
1. Malgrado le rassicurazioni fornite dal governo italiano al commissario
europeo Barrot, le operazioni di censimento e di schedatura dei rom assumono
sempre più il carattere di veri e propri rastrellamenti, come da ultimo al
Casilino 900 a Roma, con lo scopo evidente di acquisire "elementi di prova" che
possano poi fornire altri alibi alle operazioni di sgombero forzato già
annunciate dal governo per ottobre, con particolare "attenzione" nei confronti
di quanti potrebbero denunciare gli abusi compiuti dalle forze dell'ordine (adesso anche, in virtù dei poteri assegnati ai sindaci, dai vigili urbani).
La distruzione o il sequestro dei beni di proprietà dei rom, come se si
trattasse sempre e soltanto di proventi di attività delittuose, le violenze
fisiche e psicologiche perpetrate anche ai danni di donne e bambini,
appartengono ormai alla cronaca quotidiana, una cronaca che smentisce giorno
dopo giorno il frettoloso (ma provvisorio) riconoscimento, da parte della
Commissione Europea, della legittimità del comportamento delle autorità italiane
nei confronti dei rom. Sulla base della documentazione raccolta dalle
associazioni antirazziste la condanna politica e storica del razzismo
istituzionale e della xenofobia aizzata dalle decisioni del governo italiano,
prima o poi, arriverà senza appello e resterà per sempre a macchiare i nomi dei
responsabili della sicurezza e dell'ordine pubblico che hanno reso possibile
questa "pulizia etnica" strisciante, anche se si va diffondendo, dai più alti
livelli di governo a scendere, la tendenza di minacciare querele contro chiunque
denunci gli abusi, quando non funziona il ricatto diretto sulle vittime,
consigliate a non presentare (o a ritrattare) denunce, per evitare guai
peggiori.
L'arma più diffusa per "regolare i conti" con le comunità rom presenti nei campi
italiani, 150- 180.000 persone, di cui la grande maggioranza donne e bambini, in
un paese di sessanta milioni di abitanti con quattro milioni ed oltre di
immigrati, rimane lo strumento delle espulsioni, dell'internamento nei centri di
detenzione amministrativa e nell'allontanamento forzato verso i paesi di
origine. Non sempre si può prevedere quali, perché si tratta di entità statali
diverse rispetto agli stati dai quali i rom sono partiti negli anni ‘90, luoghi
nei quali non hanno più casa ed occasioni di vita dignitosa. Il riconoscimento
della "protezione internazionale" alla quale molti rom avrebbero diritto diventa
sempre più un miraggio per l'atteggiamento pregiudiziale di molte commissioni
territoriali. I soggetti più deboli, ed i minori, sono le principali vittime di
queste pratiche che smembrano le famiglie, ne annullano le già modeste
possibilità di sopravvivenza , distruggono percorsi di integrazione e di
reinserimento sociale per i quali si erano spesi anni di lavoro da parte delle
associazioni e degli operatori istituzionali più sensibili.
In questo quadro, che si complica ogni giorno di più, appare particolarmente
critica la situazione dei giovani rom che hanno raggiunto i diciotto anni,
completato un ciclo di formazione, e magari avrebbero già trovato un posto di
lavoro o un tirocinio, ma non possono regolarizzare la loro posizione perché al
compimento del diciottesimo anno di età, se i genitori non hanno un permesso di
soggiorno, la condizione di irregolarità (e di espellibilità) si estende anche
ai figli. Anche se la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ampliato la
possibilità di ottenere un permesso di soggiorno, la pratica quotidiana degli
uffici stranieri delle questure continua a negare qualunque possibilità di
legalizzazione. Ma non basta. Anche giovani rom, figli di persone in possesso di
un titolo di soggiorno, si sono visti recapitare, come "regalo" per il
compimento del diciottesimo anno, un provvedimento di espulsione firmato dal
questore.
L'accattonaggio ed il riciclaggio di materiali usati, raccolti presso le
discariche accanto le quali sono ubicati i "campi nomadi" italiani, tradizionali
strumenti i sopravvivenza delle comunità rom, vengono colpiti come un reato e
non si offrono ai capifamiglia prospettive alternative per sfamare i propri
figli. Con il rischio crescente che lo stato di bisogno sospinga verso la
devianza anche le persone che maggiormente hanno creduto nelle possibilità di
integrazione.
Tutto questo diventa sempre più grave alla luce delle nuove sanzioni penali
introdotte dal governo Berlusconi contro gli immigrati irregolari, spesso
irregolari perché nelle scelte discrezionali da parte degli uffici stranieri
delle Questure si è sempre scelta la soluzione più restrittiva, in qualche caso
anche violando il dettato della legge, come è provato dalle decine di sentenze
che hanno sanzionato atti illegittimi e comportamenti omissivi posti in essere
da diversi uffici stranieri ai danni dei rom in questi ultimi anni.
Il ministro Maroni, da parte sua, attacca da mesi l'autonomia della magistratura
quando non si esprime in linea con l'orientamento del governo. A luglio il
ministro ha criticato duramente il giudice delle indagini preliminari del
tribunale di Verona "colpevole" di avere rimesso in libertà quattro rom, che
avrebbe così vanificato un' operazione di polizia».non convalidando il fermo dei
"nomadi" accusati di sfruttamento di minori. L'operato della polizia va sempre
difeso, anche senza leggere le carte. : «Non ho letto l' ordinanza – ha
affermato il ministro - ma sono rammaricato perché è stata vanificata un'
operazione di polizia. Metterli in libertà è stato un errore". La presunzione di
innocenza per i rom è stata cancellata dalla Costituzione. Ma è noto quanto il
governo Berlusconi tenga in conto la nostra Costituzione. La falsa "sicurezza"
dei cittadini è una buona merce dai contrabbandare per nascondere i loro
interessi economici ed i loro giochi di potere.
Il messaggio dell'esecutivo sembra intanto arrivare a destinazione. Nelle strade
si uccide con le spranghe o si dà fuoco con le molotov, si applica insomma la
giustizia "fai da te". Nelle caserme dei carabinieri si applicano trattamenti
disumani e degradanti che sarebbero vietati anche dall'art.13 della
Costituzione, secondo il quale "è punita ogni violenza fisica e morale sulle
persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà". Nelle sentenze più
recenti si affermano pregiudizi veri e propri, anche da parte di organi
giudicanti che si conformano pedissequamente alle linee dettate dai vertici
giudiziari e dal governo di turno, come se fosse una "colpa" dei rom essere
ancora privi dei documenti di soggiorno, abitare nei campi"infestati dai topi",
nei quali sono stati confinati per forza e lì abbandonati per anni dalle
istituzioni, o non trovare un lavoro per il loro sostentamento. Si giunge
persino a negare l'evidenza, che i padri convivano con i figli minori (così un
giudice nella convalida di un trattenimento nel CIE di Caltanissetta), magari
perché l'ultimo certificato di famiglia risale alla data dell'ultimo permesso di
soggiorno poi scaduto, perché c‘è un provvedimento di espulsione da eseguire, e
si creano così le condizioni legali per creare " minori i stato di abbandono",
costringendo i genitori all'allontanamento forzato ed alla clandestinità. Tanti
aspetti, alcuni illegali e violenti, altri apparentemente legali e pacifici,
della stessa considerazione degli immigrati, e dei rom in particolare, come
esseri umani di rango inferiore.
Sembrerebbe che, venendo meno al doveroso controllo giurisdizionale sulla
discrezionalità di polizia, alcuni giudici diano un rilievo assoluto alle
indicazioni di "tolleranza zero" che giungono dal governo, ed oggi alle
estemporanee esternazioni del ministro Maroni, secondo il quale tutte le
operazioni di "censimento" sarebbero finalizzate alla "tutela" dei minori,
perché molti piccoli rom sarebbero nella condizione di "minori non
accompagnati". Secondo il ministro dell'interno diversi minori rom presenti nei
campi sarebbero addirittura coinvolti nel traffico della prostituzione, senza
neppure distinguere tra rom romeni (per i quali il problema esiste, ma non può
essere certo affrontato con misure repressive applicate sugli individui isolati
senza colpire il racket) e rom della ex Jugoslavia (che vivono all'interno di
nuclei familiari assai strutturati residenti da anni nei cd. "campi
nomadi"). Dopo queste anticipazioni di Maroni attendiamo senza troppa curiosità i
risultati finali del censimento dei campi voluto dal governo Berlusconi, un
censimento che le associazioni di tutela avevano già effettuato da tempo, per
fini ben diversi, un censimento, quello realizzato nelle ultime settimane, che
adesso costituirà soltanto la premessa per operazioni di sgombero forzato,
rastrellamenti ed espulsioni.
Si fa tutto il possibile, da parte delle istituzioni di governo, per mettere in
risalto i casi di illegalità riscontrati (o presunti) nei "campi nomadi", per
mettere a tacere le accuse di razzismo e per legittimare la prossima campagna di
ottobre, lo sgombero forzato dei campi e la deportazione di massa che Maroni
annuncia per ottobre, alla vigilia della visita della delegazione del Parlamento
Europeo che dovrà indagare sulla situazione dei rom in Italia.
Ma tutto questo non sarebbe possibile senza una svolta della magistratura che in
precedenza aveva svolto una funzione di garanzia rispetto agli abusi delle forze
di polizia, contribuendo alla difesa dei percorsi di legalizzazione che le
associazioni antirazziste erano riuscite ad intraprendere con successo
all'interno dei campi rom. Anche nel perseguire gli atti di discriminazione
razziale le sentenze sono sempre più rare, e persino la legge Mancino n.205 del
1993, che sanziona penalmente i comportamenti caratterizzati da odio razziale
sembra caduta in desuetudine.
Occorre dunque ricostruire la trama di diritti che può essere ancora
riconosciuta agli appartenenti alla "minoranza" rom in Europa ed in Italia in
particolare, composta in maggior parte proprio da donne e minori, utilizzando
nel senso più ampio le possibilità di legalizzazione offerte dalla legislazione
vigente. Se non si riconoscono i diritti fondamentali delle persone, con
particolare attenzione alla condizione dei minori, parlare di doveri rimane solo
vuoto moralismo, o diventa demagogia interessata. Occorre restituire storia,
diritti, dignità alle persone alle quali lo stato ed i suoi apparati la negano
tutti i giorni. Dopo le violazioni più eclatanti dei diritti delle persone vanno
costruite occasioni di mobilitazione, per rendere più efficace la difesa in
giudizio, semplicemente per fare conoscere, e rendere pubblici gli elementi sui
quali in futuro si potrà fondare la condanna morale, e forse anche giudiziaria,
di tutti coloro che a vario titolo hanno contribuito ad alimentare questa
spirale xenofoba e discriminatoria che avvelena la convivenza sociale in Italia.
2. L'allontanamento repentino dei genitori rom privi di un regolare permesso di
soggiorno, il loro internamento nei centri di identificazione d espulsione,
sulla base di provvedimenti adottati discrezionalmente dai Questori e applicati
dagli organi di Polizia, senza verificare la presenza delle cause di inespellibilità previste dall'art. 19 del testo unico n.286 del 1998, sta
comportando una grave destabilizzazione di situazioni familiari, già assai
precarie e gravemente pregiudicate dal disagio economico, dalla condizione
sanitaria e dalle situazioni abitative nelle quali i rom sono stati costretti da
decenni. Le condizioni di inespellibilità possono valere anche in presenza di
lievi precedenti penali, quando non si riscontri più una pericolosità sociale
attuale.
Spesso le misure di internamento e di allontanamento forzato sono fondate su
provvedimenti di espulsione risalenti nel tempo, in qualche caso collegati a
precedenti penali per reati di lieve entità, sui quali anni prima si è avuto un
patteggiamento della pena, reati per i quali dovrebbe valere la riabilitazione
automatica , anche a fronte del decorso di tempo e del percorso di reinserimento
nella legalità che molte famiglie rom hanno sperimentato con successo. Sul punto
il Consiglio di Stato con una recente sentenza dell'8 agosto di quest'anno ha
affermato: " di condividere l'orientamento secondo il quale alla riabilitazione
possa equipararsi l'automatica estinzione della condanna inflitta in sede di "patteggiamento", ai sensi dell'art. 445 cod.proc.pen. Sul punto v'è piena
concordanza di opinioni tra la giurisprudenza penalistica e quella
amministrativa, essendosi in passato affermato che "attesa la sostanziale
analogia fra gli effetti della riabilitazione, quali previsti dall'art. 178
codice.penale, e quelli del positivo decorso del termine previsto dall'art. 445
comma 2 c.p.p., con riguardo alla sentenza di applicazione della pena su
richiesta, deve escludersi che, una volta realizzatasi detta seconda condizione,
vi sia ancora interesse giuridicamente apprezzabile ad ottenere la
riabilitazione, tenendo anche presente che, ai sensi dell'art. 689 comma 2 lett.
a) n. 5 e lett. b) c.p.p., le sentenze di applicazione della pena su richiesta
sono comunque destinate a non comparire sui certificati del casellario
rilasciati a richiesta dell'interessato, indipendentemente da qualsivoglia
statuizione del giudice al riguardo." (Cassazione penale , sez. IV, 19 febbraio
1999, n. 534, ma si veda anche, nel medesimo senso, Sezione Sorveglianza Napoli,
23 gennaio 2003, T.A.R. Toscana Firenze, sez. I, 12 febbraio 2007, n. 212)".
Le esigenze di allontanamento forzato non possono prevalere sugli obblighi di
protezione di rilevanza internazionale ai quali si è sottoposta l'Italia
sottoscrivendo diverse Convenzioni a salvaguardia dei diritti della persona e a
tutela della condizione dei minori in particolare.
Una particolare attenzione va dedicata ad una questione che riguarda non solo i
rom ma tutti i migranti in condizione irregolare, ma che sulle famiglie rom sta
producendo effetti devastanti. Ci riferiamo all'uso generalizzato dei
procedimenti per direttissima, con condanna immediata e relativa
scarcerazione/espulsione della persona sottoposta a giudizio, senza una
effettiva possibilità di difesa e di appello, anche per i limiti della difesa di
ufficio e per i tempi ristrettissimi delle procedure che impediscono un sia pur
minimo esercizio dei diritti di difesa garantiti dall'art. 24 della
Costituzione. Chi ha commesso un reato, anche se legato soltanto alla presenza
irregolare, o chi è in regime di carcerazione preventiva può e deve fare valere
i diritti di difesa e ad un equo processo, esattamente come tutti i cittadini
italiani. Le espulsioni, anche quando vengono effettivamente eseguite, se sono
effettuate in sostituzione del processo che può condurre all'accertamento delle
responsabilità penali, rischiano di favorire i colpevoli e di danneggiare
soltanto gli innocenti. Nel caso dei colpevoli, l'espulsione come misura
sostitutiva della pena, o del processo, diventa un comodo lasciapassare, un
viaggio (con relative scorte di polizia) pagato dai contribuenti italiani verso
il paese di origine, per poi rientrare clandestinamente in Italia, non appena lo
si voglia. E in questo modo si vorrebbe propagandare una maggiore sicurezza per
i cittadini.
Si dimentica poi che una buona parte dei rom proviene da zone nelle quali, se
fossero ricondotti forzatamente nei paesi di provenienza, rischierebbero ancora
esclusione e persecuzioni. Molti di loro hanno avuto in passato un permesso di
soggiorno per motivi umanitari o per motivi di salute, se non per lavoro,un
permesso che non è stato possibile rinnovare per l'inasprimento delle norme
relative al rilascio dei permessi di soggiorno e per i comportamenti dilatori,
se non apertamente discriminatori, da parte degli uffici stranieri di molte
questure italiane. Tanti, anche rom, che erano riusciti a regolarizzare la loro
posizione con le sanatorie degli anni passati, hanno perduto il permesso di
soggiorno perché non hanno più trovato chi stipulava un regolare contratto di
lavoro, diventato oggetto di ogni genere di mercanteggiamento, la legge
Bossi-Fini prevede che dopo sei mesi di disoccupazione si perde il diritto a
permanere nel nostro paese. Anche se si è nati in Italia, e se in Italia sono
sepolti i propri genitori.
Nel caso delle famiglie rom provenienti dal Kosovo, stato ormai autonomo, la
eventuale espulsione degli adulti privi di permesso di soggiorno e dei figli
minori a seguito del padre non è neppure ipotizzabile, alla luce del divieto
sancito dall'art. 19 del T.U. sull'immigrazione che -oltre a vietare
l'espulsione dei minori - vieta qualunque espulsione verso paesi nei quali si
possa essere oggetto di persecuzione, come appunto potrebbe verificarsi ancora
domani in Kosovo, soprattutto dopo gli ultimi eventi di politica internazionale
che hanno riproposto i drammi del nazionalismo e la pulizia etnica a danno delle
minoranze. Né gli stessi minori potrebbero fare rientro in Kosovo, in quanto in
quella nuova "entità statale", autoproclamatasi "repubblica indipendente" ma
ancora dall'incerto riconoscimento internazionale, si verificano gravi problemi
di sicurezza per gli appartenenti all'etnia rom mentre è provata la sistematica
discriminazione nell'accesso all'abitazione, alle cure sanitarie, ed
all'istruzione, tanto in Serbia quanto in Kosovo, secondo quanto rilevato ancora
nel 2008 da Amnesty International e dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite
per i rifugiati. Basta consultare su internet i rapporti di queste
organizzazioni per comprendere i pericoli ai quali sarebbero esposti coloro che
dopo decenni di presenza in Italia hanno ormai perduto ogni legame con i paesi
di origine, o addirittura sono nati in Italia.
Né in Serbia, né tantomeno in Kosovo, sussisterebbero peraltro idonee condizioni
abitative, economiche e sanitarie per garantire la crescita e lo sviluppo
psicofisico dei minori, anche alla luce dello sradicamento sociale del padre
assente da oltre venti anni dal paese di origine. Sono peraltro riferite da
fonti attendibili, come Amnesty International, gravi fatti di discriminazione
che si sono verificati ai danni di rom costretti dopo una espulsione a ritornare
in quel paese che ormai costituisce una entità statale diversa da quella di cui
sono originari.. I recentissimi sviluppi della crisi nelle regioni del Caucaso
non potranno che inasprire i già difficili rapporti tra la Serbia e la
autoproclamatasi Repubblica del Kosovo, governata da politici filo-allbanesi che
in passato, come componenti dell'UCK (definito come "esercito di liberazione
del Kosovo"), hanno attivamente contribuito, secondo quanto rilevato da Amnesty
e dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, alla persecuzione
della popolazione rom originaria del Kosovo, perché ritenuta filo serba, con
particolare accanimento nella provincia di Kosovska Mitrovica.
3. L'allontanamento forzato di un genitore, per effetto di un invito a
presentarsi in Questura " per chiarire la propria posizione in ordine alle
condizioni di soggiorno", o a seguito di una vera e propria retata di massa,
come quelle che Maroni annuncia adesso per ottobre, rappresenta già un grave,
ulteriore, momento di "crisi" del residuo nucleo familiare, che incide
negativamente sul percorso di crescita e sullo sviluppo psico-fisico dei figli
minori. A fronte delle particolari situazioni di disagio abitativo ed economico
nelle quali si trovano le famiglie Rom, alloggiate all'interno del "campo
nomadi", istituiti di fatto o tollerati per anni dagli enti locali, ma
abbandonati ad una condizione di degrado e di irregolarità, la prolungata
assenza del genitore, unico titolare della potestà genitoriale, produce
conseguenze assai gravi per quanto concerne il sostentamento, la salute e
l'accesso alle cure mediche dei figli minori, oltre che risultare
pregiudizievole per la loro futura frequenza scolastica (ancora obbligatoria,
almeno fino a quando il ministro Gelmini vieterà ai minori irregolari la
possibilità di frequentare persino la scuola dell'obbligo).
E' noto che, secondo il più recente orientamento restrittivo della Corte di
Cassazione, l'autorizzazione alla permanenza nel territorio ex art. 31 c.3 del
T.U. sull'immigrazione n.286 del 1998 non si ricolleghi meramente a situazioni
familiari caratterizzate dalla "normalità e dalla tendenziale stabilità" ma vada
correlata a "circostanze contingenti ed eccezionali, che pongano in grave
pericolo lo sviluppo normale della personalità del minore, tanto da richiedere
la presenza del genitore nel territorio dello Stato per fronteggiarle" (Cass.
747/2007 e 4197/2008). Si osserva tuttavia che la previsione dell'art. 31, comma
3°, decreto.legislativo n. 286/1998, non può essere ristretta ai casi di "eventuali patologie" di un minore, considerato che lo sviluppo psicofisico e la
salute del minore che si trova nel territorio italiano dipendono soprattutto
dalla sua relazione con le figure primarie di assistenza morale e materiale e
dal soddisfacimento del suo bisogno di avere i genitori con sé;
D'altra parte la stessa Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza del
28.9.2006 n. 22216, aveva precisato che l'art. 31 del T.U. sull'immigrazione
n.286 del 1998, come modificato dalla legge n.189 del 2002, " prevede una
duplice fattispecie, e cioè quella della autorizzazione all'ingresso e quella
della autorizzazione alla permanenza del familiare sul territorio nazionale in
deroga alle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e nel
concorso di gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, tenuto
conto della sua età e delle sue condizioni di salute; che la presenza di gravi
motivi richiede l'accertamento di situazioni di emergenza di natura eccezionale
e contingente, di situazioni cioè, che non siano quelle normali e stabilmente
ricorrenti nella crescita di un minore secondo il ricorrente orientamento
interpretativo della giurisprudenza di legittimità (…) la presenza dei gravi
motivi deve essere puntualmente dedotta dal ricorrente ed accertata dal
tribunale per i minorenni come emergenza attuale solo nell'ipotesi di richiesta
di autorizzazione all'ingresso del familiare nel territorio nazionale in deroga
alla disciplina generale dell'immigrazione; ciò non vale sempre, invece,
nell'ipotesi in cui – come nella specie -, venga richiesta l'autorizzazione del
familiare che diversamente dovrebbe essere espulso, poiché la situazione
eccezionale nella quale vanno ravvisati i gravi motivi può essere attuale, ma
può anche essere dedotta quale conseguenza dell'allontanamento improvviso del
familiare sin allora presente e cioè di una situazione futura ed eventuale
rimessa all'accertamento del giudice minorile".
E' altresì riconosciuto che i "gravi motivi" possono consistere "anche in
evenienze diverse da quelle terapeutiche "-sia di ordine fisico sia di ordine
psichico" (Cass. 396/2006). Né una lettura restrittiva dell'art. 31 comma.3
potrebbe argomentarsi alla stregua del regolamento n.334/2004 che all'art. 11
prevede nei casi di cui all'art. 31, c.3 la possibilità del rilascio di un
permesso di soggiorno per cure mediche, in quanto tale norma regolamentare non
potrebbe incidere sulla possibilità consentita al tribunale per i minorenni di "autorizzare" comunque la permanenza del familiare nello stato nel superiore
interesse del minore, applicando lo stesso art. 31, comma.3 anche in deroga
alle altre disposizioni del d.lgs. 286/98 e quindi a maggior ragione della
normativa regolamentare di applicazione. In base all'art. 3 della Convenzione
sui diritti del fanciullo, comunque, in tutte le decisioni relative ai minori "l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente".
Peraltro la stessa Corte di Cassazione riconosce che i gravi motivi per il
rilascio dell'autorizzazione ex art. 31 c.3, debbano corrispondere " alla
necessità di non deprivare traumaticamente il fanciullo della fruizione di
diritti fondamentali riconosciuti dalla legge, a prescindere dalla sua
condizione di straniero" e quindi nell'ambito di tali diritti non rientra solo
il diritto alla salute psico-fisica ma anche il diritto all'unità della
famiglia. Una diversa lettura della norma la svuoterebbe praticamente di
operatività che va invece riaffermata non in astratto ma in modo circostanziato
per ogni singola fattispecie concreta, tenendo conto delle complessive esigenze
del minore.
Si devono inoltre ricordare consolidati principi del diritto convenzionale che
devono orientare tanto il legislatore quanto l'applicazione al caso concreto
della norma di cui all'art. 31, comma 3°, d.lvo n. 286/1998. Si richiamano in
particolare:
- l'art. 9, comma 1°, della Convenzione sui diritti del fanciullo prevede che un
fanciullo possa essere separato dai suoi genitori contro la loro volontà solo
quando questa separazione è necessaria nell'interesse del fanciullo, come quando
i genitori maltrattano o trascurano il fanciullo;
- l'art. 10 della Convenzione sui diritti del fanciullo prevede che
"ogni
domanda di ricongiungimento familiare deve esser considerata con uno spirito
positivo, con umanità e diligenza", e perciò a maggiore ragione con le stesse
attitudini va considerata ogni questione che comporti, attraverso la negazione
dell'autorizzazione alla permanenza del genitore in Italia, l'allontanamento
(come contrario del ricongiungimento) del genitore dai figli;
- l'art. 3, comma 2°, della Convenzione sui diritti del fanciullo dispone che
"in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza … dei tribunali …
l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente".
Il recente orientamento della Corte di cassazione (sentenza n. 4197 del 19
febbraio 2008) che sembra chiudere quasi del tutto, in modo assai più esplicito
che in passato, la possibilità di legalizzazione dei genitori in applicazione
dell'art. 31 del testo Unico sull'immigrazione non va applicato in modo
automatico ma richiede comunque un accertamento rigoroso delle condizioni di
fatto, sui quali la stessa Corte di cassazione non può essere chiamata ad
esprimersi. Secondo quei giudici " i gravi motivi connessi con lo sviluppo
psicofisico del minore straniero presente nel territorio italiano che, ai sensi
dell'art. 31, terzo comma, del decreto legislativo 25 Luglio 1998, n. 286,
consentono il rilascio, da parte del Tribunale per i minorenni,
dell'autorizzazione all'ingresso o alla permanenza in Italia per un periodo di
tempo determinato ai familiari del minore, anche se colpiti da provvedimento di
espulsione, vanno correlati alla sussistenza di condizioni di emergenza,
contingenti - e cioè transeunti - ed eccezionali, che pongano in grave pericolo
l'evoluzione normale della personalità del minore, tanto da richiedere il
sostegno del genitore. Si deve quindi trattare di un danno non altrimenti
evitabile ed ulteriore rispetto a quello sempre riconoscibile alla separazione
dal proprio padre, che è evento, di per sé, connaturalmente traumatico".
Secondo la prima sezione civile della Corte di cassazione "esula, dunque, dalla
previsione di legge invocata, che rappresenta una deroga eccezionale alle stesse
esigenze pubbliche che sono alla base del decreto di espulsione, la mera
presenza di circostanze ordinarie, quali il bisogno di completare il ciclo
scolastico del minore o l'opportunità, anch'essa innegabile in linea di
principio, che questi non sia costretto a sottrarsi al tessuto sociale in cui è
integrato, per raggiungere il genitore nel paese di origine, pur se
caratterizzato da condizioni di vita meno progredite. Diversamente opinando, si
produrrebbe il risultato di uno stabile radicamento nel territorio italiano del
nucleo familiare, dando adito a modalità anomale di regolarizzazione
dell'inserimento di famiglie di stranieri illegalmente presenti nel territorio
nazionale, mediante una forma di strumentalizzazione, e non già di tutela,
dell'infanzia (Cass., sez. I, 2 Maggio 2007, n. 10135; Cass. civile, sez. I, 15
Gennaio 2007, n. 747; Cass. civile, sez. I, 11 Gennaio 2006, n. 396; Cass., sez.
I, 14 Novembre 2003, n. 17194).
Alla luce di questi orientamenti sembrano restare sullo sfondo le Convenzioni
internazionali e le norme interne che attribuiscono rilievo, anche in caso di
genitori privi di permesso di soggiorno, al "superiore interesse del minore"
come una ragione che da sola può giustificare provvedimenti amministrativi di
segno opposto rispetto all'espulsione. Come hanno riconosciuto e continuano a
riconoscere alcuni tribunali per i minorenni in diverse regioni italiane. E la
stessa possibilità è riconosciuta, sia pure in modo contrastato, dalla
giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo con riguardo all'art. 8
della Convenzione che afferma il principio dell'unita familiare, con una
previsione che può essere estesa anche ai migranti irregolari
Una parte della giurisprudenza italiana tenta comunque di resistere agli
orientamenti più restrittivi della prima sezione civile della Corte di
Cassazione riaffermando la necessità di riconoscere il "superiore interesse al
benessere psico-fisico dei minori". Così ad esempio con due provvedimenti del
24 e 31 maggio 2007 il Tribunale per i minorenni del Piemonte e della Valle
d'Aosta (in Diritto, immigrazione e cittadinanza, 2007, IV, p.169) richiama la
necessità di interpretare l'art. 31 del testo unico sull'immigrazione alla luce
dell'attuazione in Italia della direttiva comunitaria sul ricongiungimento
familiare, avvenuta con decreto legislativo n.5 del 2007, ed afferma che non
costituisce fattore ostativo al rilascio della autorizzazione ex art. 31 comma 3
del T.U., una pregressa condanna penale del genitore, quando la presenza del
genitore sia necessaria per il benessere psicofisico dei minori e lo stesso
genitore non dimostri una pericolosità sociale attuale. Occorre in sostanza
tenere conto non solo delle condizioni di salute del minore (come sembrerebbe
sostenere la Cassazione), ma " della natura e della effettività dei vincoli
familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il
suo paese di origine, nonché, per lo straniero già presente nel territorio
nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio
nazionale".
I Tribunali per i minorenni dovrebbero quindi deliberare su questa delicata
materia anche alla luce dei principi affermati dalle Convenzioni internazionali
e dalle Direttive comunitarie, senza cedere ad atteggiamenti meramente tecnici
ed astratti, o risultare condizionati dalla dilagante xenofobia che sulla scia
della propaganda politica tende a diventare senso comune. I provvedimenti resi
da questi giudici, ai sensi dell'art. 31 comma 3 del testo Unico
sull'immigrazione, dovranno motivare invece con grande rigore la decisione
adottata ed indicare specificamente quali conseguenze per la complessiva salute
psicofisica del figlio minore potrebbero derivare dall'attuazione
dell'espulsione di uno dei genitori irregolarmente soggiornate in Italia,
solitamente il padre.
Gli autori ed i mandanti dei censimenti/rastrellamenti di questi giorni, e di
quelli ancora più massicci che si annunciano per ottobre, dovrebbero ben sapere
che molti ragazzi rom, non solo minori, ma sempre più spesso giovani adulti,
sono nati e cresciuti in Italia, hanno frequentato le nostre scuole, e in
qualche caso hanno anche perduto i genitori nel nostro paese, perché l'età media
dei rom in Italia non supera i 45 anni. L'autorizzazione alla permanenza nel
territorio dello stato rimane una occasione importante, spesso l'unica, per
legalizzare nuclei familiari che hanno già dimostrato una capacità di
inserimento e di integrazione nella legalità. In assenza di un autorizzazione a
permanere nel territorio italiano ex art. 31 c.3 del T.U. n.286 del 1998, i
genitori rom che siano destinatari di un provvedimento di espulsione e
trattenuto in un centro di identificazione ed espulsione (CIE), rischiano
concretamente di essere espulsi, non è chiaro se verso la Serbia o verso il
Kosovo, o di restare a vita sospesi in una condizione di illegalità che ogni
giorno viene sanzionata con pene sempre più gravi.. E la condizione dei
irregolarità dei genitori rischia di pregiudicare concretamente il futuro dei
figli. Come è noto i figli minori, che altrimenti non sarebbero espellibili,
possono seguire i genitori (o il genitore) in caso di espulsione. Dunque anche
i figli minori rischierebbero di essere costretti a seguire il padre, una volta
che questo venga accompagnato coattivamente in frontiera, o dovrebbero
affrontare da soli la vita nel nostro paese, come"minori non accompagnati", non
accompagnati perché lo stato ha contribuito a creare questa condizione. Magari
per finire affidati ad una casa famiglia, oggetto di probabili violenze e di
profitto da parte degli enti privati gestori, e poi probabilmente ancora in
fuga, una fuga che potrebbe concludersi con la caduta nella illegalità. In ogni
caso separati per sempre dalla famiglia di origine, dagli affetti più cari, da
quegli operatori che stano contribuendo al loro inserimento.
Occorre altresì osservare che la Convenzione dei diritti del fanciullo del 1989,
ratificata e resa esecutiva con la legge n. 176 del 1991 sancisce all'art. 9 che
"gli stati vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori
contro la sua volontà a meno che le autorità competenti non decidano, sotto
riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura
applicabili, che questa separazione è necessaria nell'interesse preminente del
fanciullo". Come si concilia questa disposizione di una convenzione
internazionale sottoscritta anche con l'Italia, con l'esecuzione di misure di
allontanamento forzato che smembrano i nuclei familiari e separano i figli dai
padri?
Non basta replicare semplicisticamente, in astratto, che occorre "un necessario
temperamento" tra le esigenze pubbliche legate al provvedimento di espulsione di
un cittadino straniero privo di un permesso di soggiorno ed il "superiore
interesse del fanciullo" affermato dalle Convenzioni internazionali ratificate
dall'Italia e richiamato nella normativa sull'immigrazione. Tale "bilanciamento"
non può prescindere da una valutazione analitica delle condizioni personali dei
minori e delle loro prospettive di vita. Nel caso dei rom della Ex Jugoslavia
che sono presenti in Italia da anni e qui vi hanno avuto figli, per quanto sopra
rilevato, la situazione nei paesi di provenienza rimane assai confusa e si
possono riscontrare quelle circostanze che richiedono la presenza del genitore
nel territorio dello stato per continuare a seguire la crescita e lo sviluppo
psico-fisico dei figli in una condizione di particolare difficoltà abitativa ed
ambientale.
Ove il genitore non fosse autorizzato a permanere nel territorio italiano in
base all'art. 31 del testo Unico e venisse accompagnato in frontiera, appare
certo un grave pregiudizio per il "superiore interesse dei minori" e per le
possibilità di un sano sviluppo psico-fisico a causa della separazione,
probabilmente irreversibile, nei confronti del genitore, a carico del quale
scatterebbe peraltro anche il divieto di reingresso nel territorio italiano per
dieci anni (misura accessoria al provvedimento di espulsione amministrativa).
Di fatto si verificherebbe una separazione probabilmente definitiva, tra il
genitore ed i figli minori per effetto della esecuzione della misura di
allontanamento forzato, e si costringerebbe l'intero nucleo familiare a subire
una condizione permanente di irregolarità, se non di clandestinità.
[lunedì 15 settembre 2008]
Di Fabrizio (del 23/09/2008 @ 09:25:40, in Italia, visitato 1670 volte)
Da
Roma_Italia
L'Alleanza Civica Rom chiede al ministro degli affari esteri di far
pressione sulle autorità italiane perché forniscano informazioni sulle
indagini condotte riguardo gli eventi dell'agosto 2007 quando in un campo a
Livorno morirono quattro bambini Rom in un incendio.
"Il 14 settembre abbiamo commemorato un anno dalla sepoltura dei
quattro bambini Rom che morirono la notte tra il 10 e l'11 agosto, in un
incendio nel campo alla periferia di Livorno [...]. Diversi giorno dopo,
l'incendio fu rivendicato da un gruppo estremista italiano chiamato "Gruppo
Armato per la Pulizia Etnica" (GAPE), dichiara Iulian Stoina, direttore
esecutivo dell'Alleanza Civica Rom di Romania (ACCR), all'inizio di una lettera
spedita a Lazar Comanescu, ministro degli affari esteri e riportata da Mediafax.
La lettera indica che, anche se le indagini condotte dalla polizia
italiana sono durate circa un mese, [...] dopo un anno dal "tragico evento"
non ci sono risposte ufficiali riguardo i risultati di queste indagini.
"Inoltre, le attività e l'atteggiamento delle autorità italiane sinora
indicano un maggior interesse nel cacciare i Rom dal paese, piuttosto che
nell'assicurare alla giustizia i colpevoli dell'uccisione. Adesso, un anno dopo
i funerali dei quattro bambini Rom, richiediamo all'istituzione che lei
conduce di far pressione perché siano rese pubbliche le informazioni sui
risultati dell'indagine nell'indicare i responsabili dell'incidente," dice la
lettera.
L'Alleanza Civica Rom di Romania chiede al ministro degli affari esteri
"di coinvolgersi attivamente nel risolvere questo tragico caso".
La notte tra il 10 e l'11 agosto 2007, quattro bambini Rom perirono in un
incendio in un campo improvvisato situato sotto il ponte di un'autostrada
nell'area industriale di Livorno. I loro genitori furono arrestati per
aver abbandonato i minori e non aver fornito assistenza, ma si sono proclamati
innocenti. Le autorità hanno tentato di capire se il fuoco è stato causato da un
incidente o da un atto criminale.
Il gruppo estremista GAPE mandò una lettera ai giornali Il Tirreno e La
Nazione, rivendicando la responsabilità dell'incidente dell'11 agosto e
minacciando altri eventi simili nel caso i Rom non avessero lasciato il
territorio italiano. (DIVERS –
www.divers.ro)
Di Fabrizio (del 23/09/2008 @ 09:47:25, in Italia, visitato 1531 volte)
Da
FEDERAZIONE "ROM SINTI INSIEME"
Il 16 Settembre 2008 i delegati della Federazione
Demir Mustafà, Davide Casadio e Nazzareno Guarnieri
hanno incontrato a Roma il Sottosegretario di stato del ministero dell'interno,
Michelino Davico,
per porre all'attenzione la questione Rom e Sinta. Le politiche per Rom e Sinti
in Italia hanno posto in evidenza una persistente assenza di conoscenza
delle nostre minoranze, percepibile nella definizione degli strumenti utilizzati
per tradurre in azioni concrete le scelte politiche e nella totale assenza di
partecipazione attiva di Rom/Sinti, conducendo al fallimento gran parte delle
politiche. Le scelte politiche "differenziate", "dall'assistenzialismo
culturale" alla "segregazione culturale", con la ignobile politica abitativa dei
campi nomadi, sostenute con l'intento di promuovere e valorizzare la cultura Rom
e Sinta e realizzate sulla base di una interpretazione culturale del mondo Rom e
Sinto, hanno portato le persone di queste minoranze verso:
1. l'esclusione dal contesto sociale, culturale e politico del paese,
2. lo sviluppo di una "mentalità assistenziale",
3. l'utilizzo strumentale della partecipazione attiva,
4. una violenta discriminazione razziale,
Viene da chiedersi: a chi non conviene la normalità per Rom e Sinti?
Un'analisi della realtà e dei bisogni delle nostre minoranze, esclusivamente
interpretative per l'assenza di un ruolo attivo a Rom e Sinti, l'assenza di dati
certi sulla presenza di Rom e Sinti, non hanno permesso di programmare adeguate
politiche di interazione culturale con Rom e Sinti, le quali sono erroneamente
concepite lontane dalla società nel tempo e nel luogo, trattati dalla politica e
dai media come rifiuti umani, da relegare nell'estrema periferia delle città, là
dove la comunità urbana colloca idealmente e materialmente i rifiuti.
Sono i monumenti moderni della segregazione, che da diversi decenni la politica
Italiana, senza distinzione di colore, ha realizzato senza cercare una diversa
soluzione.
Eppure le minoranze Rom e Sinte sono un esempio di "interazione culturale" che
non riesce ad assumere il carattere "interculturale", per uno "scambio
culturale" soffocato dal "compromesso sociale" per la sopravvivenza, e dalla
presenza di "filtri" culturali. Come mai non ha fine l'opera di "filtri"
culturali? Non si capisce come mai non si promuova la partecipazione attiva di
Rom e Sinti.
E' necessario un radicale cambiamento di metodo per uscire dalle politiche
"differenziate" e programmare politiche "normali" di interazione culturale, di
riconoscimento culturale, di responsabilizzazione delle professionalità Rom e
Sinte, per coinvolgere attivamente le nostre minoranze nella programmazione e
condivisione delle scelte politiche.
Radicale cambiamento di metodo che porti tutto il Paese ad una maggiore e
migliore conoscenza della cultura rom e sinta, per eliminare ogni forma di
discriminazione, per costruire un dialogo diretto. La costituzione della
federazione Rom e Sinti Insieme, che attualmente rappresenta ventidue
associazioni rom e sinte presenti in dodici regioni italiane, rende visibile il
radicalmente cambiamento di metodo in atto nelle nostre minoranze proponendo una
l'idea di reagire in modo unitario e propositivo per costruire un dialogo
diretto e strutturale con il Governo e con le Istituzioni, per affermare la
cultura della legalità ed il contrasto agli abusi di potere, per promuovere una
società aperta e multiculturale.
Cambiamento di metodo utile a tutti o cittadini presenti in Italia e che porti
tutto il Paese ad una maggiore e migliore conoscenza della cultura rom e sinta,
per eliminare ogni forma di discriminazione.
La federazione Rom e Sinti Insieme chiede al Governo Italiano il riconoscimento
dello status di minoranza linguistica a Rom e Sinti e di avviare un radicale
cambiamento di metodo nelle politiche per le minoranze rom e sinte avviando un
dialogo diretto e strutturale con Rom e Sinti per costruire un adeguato
programma di politiche di interazione culturale e per utilizzare con successo,
chiarezza e trasparenza le risorse destinate a Rom e Sinti.
La federazione Rom e Sinti Insieme chiede al Ministro dell'Interno un dialogo
diretto con Rom e Sinti e propone la costituzione di Uffici Regionali ed un
ufficio nazionale per le minoranze rom e sinte con la presenza strutturale,
attiva e propositiva delle organizzazioni rom e sinte e di esperti delle nostre
minoranze.
Uffici Regionali per monitorare a livello locale la realtà ed i bisogni di Rom e
Sinti e rilevare dati certi sulla presenza numerica, un ufficio nazionale per
sistematizzare i dati, ad oggi inesistenti.
I delegati della Federazione sottopongono all'attenzione del Ministro
dell'Interno la grave questione dei "terreni agricoli" dove diverse famiglie rom
e sinte hanno costruito una propria abitazione, e sollecitano il Ministero a
ricercare soluzioni che evitino a queste famiglie di tornare in mezzo alla
strada.
I delegati della Federazione hanno consegnato al Sottosegretario di stato,
Michelino Davico, una copia del
programma politico della federazione.
L'incontro della federazione con il Sottosegretario di stato termina con la
manifestazione di volontà reciproca a rivedersi ed approfondire le proposte.
Di Fabrizio (del 27/09/2008 @ 09:47:44, in Italia, visitato 2229 volte)
Sinora non ho scritto niente sulla morte del rom quattordicenne a Sesto, per
un incendio nell'area ex Falk. Più che altro per incapacità di esprimere
qualcosa che non fosse già stato scritto, che si traduce - in parole povere - in
un sentimento di "pietas" per questa giovane morte, un'analisi sommaria dei
traffici di persone che portano giovani rumeni a perdersi nelle nostre aree
abbandonate... Oppure, visto dall'altra parte, pensare che in fondo era solo un
vagabondo in meno, e che a vivere "borderline" è normale finire così.
Ripeto: niente che non sia già stato scritto. Quante segnalazioni simili,
soprattutto nel periodo invernale, potete trovare nell'archivio degli articoli che ho scritto in precedenza? Cambia qualcosa? Anche sul caso di
Livorno dell'anno scorso, uno dei tanti dove la causa potrebbe essere
dolosa, la magistratura tace. Passata la dovuta commozione, resta solo un senso
di sconfitta e di già visto...
Ritorno adesso sull'argomento, adesso che la memoria pian piano cancella questo
ENNESIMO morto, con un articolo preso dal blog
ilKuda,
che ha questa novità rispetto a tutto quello che si è scritto: vede la notizia
da vicino, probabilmente non è un attivista o un esperto delle cronache Rom, ma
mantiene la capacità di interrogarsi. Di questi tempi non è poco.
Quanto spazio merita un 14enne bruciato?
Poco, direi. Perché se mercoledì mattina in un rogo all'interno delle ex-Falk
è morto carbonizzato un ragazzo di 14 anni, già ieri la notizia era fuori
dalle home page dei principali quotidiani on-line e credo che oggi non ne parli
più nessuno.
Vittima del degrado, vittima della povertà, vittima delle occupazioni abusive.
Un po' se l'è anche cercata, come Abdul, se invece di starsene tra le rovine di
una ex fabbrica fosse andato in albergo queste cose non sarebbero successe, o
meglio ancora, perché non è rimasto in Romania?
Qualcuno ha aggiunto qualcosa all’esistenza di Daniele. Chiedeva l’elemosina ai
semafori, probabilmente sfruttato da qualche banda. Molti, ragazzi come lui, si
prostituiscono. Nessuna scuola, nessun aiuto, nessuna assistenza. La sua
giornata era un provare a cavarsela nella minor sofferenza possibile. Sempre
sofferenza era. Nel suo giaciglio tra la sporcizia, in mezzo ad altri come lui,
provava a darsi pace, a sentire attorno a sè il senso della normalità. Hanno
raccontato che l’incendio è nato dalla fiammella di una candela, unica luce
possibile nella notte tra le rovine della Falck, in una palazzina che di uomini
donne bambini ne ospitava, si dice, altri trenta.
Forza Italia di Sesto non ha perso tempo e ha fatto uscire un bel comunicato:
"non possono fare altro che ribadire quanto più volte chiesto in consiglio
comunale e cioè un controllo del territorio massimo attraverso le forze di
polizia - magari impiegando anche l'esercito nel pattugliamento (...) Quanto
accaduto è il risultato di una situazione di degrado urbano e sociale voluta dal
Sindaco e dalla Sinistra a Sesto San Giovanni. E' ormai tempo di cambiare.
Occorre il pugno di ferro nei controlli del territorio. Giusto ieri sera grazie
al consigliere di quartiere Michele Izzi che ha richiesto l'intervento delle
forze dell'ordine in via Molino Tuono sono stati fermati tre cittadini romeni e
sgomberate le baracche provvisorie e fatti allontanare i furgoni accampati in
violazione dell'ordinanza sindacale esistente in materia."
Forse ai solerti consiglieri forzaitalioti bisogna chiarire un paio di cose:
- l'area ex-Falk non è pubblica ma privata, di proprietà del ben noto
Caltagirone, amico di Berlusconi e suocero di Casini, per intenderci;
- l'amico Caltagirone non ha permesso che gli educatori di strada entrassero
nelle aree ex-Falk impedendo di fatto ogni intervento del comune sul territorio;
- ogni giorno passo per via Trento per andare al lavoro, spesso i carabinieri
stazionano all'ingresso delle zone abbandonate, spesso vedo persone che si
fermano, parlano con loro, presentano i documenti ed entrano nell'area. Sono le
persone che lì vivono perché in Italia non siamo in grado di dar loro
accoglienza migliore, salvo essere i primi ad andare a comprare i loro bancali o
cercare di sfruttarli nei cantieri facendoli lavorare in nero e senza sicurezza;
- se anche mandassero l'esercito in giro per l'ex Falk (cosa che dubito piacerà
a Caltagirone) l'unico risultato sarebbe che le persone che lì vivono si
sposterebbero da un'altra parte. Proprio come è successo dopo gli sgomberi di
Milano.
Ma queste cose sul comunicato di Forza Italia stonavano. E poi tanto oggi già
nessuno parla del ragazzino bruciato. Probabilmente nessuno vuole l'esercito, ma
basta fare un po' di demagogia spiccia.
Di Fabrizio (del 29/09/2008 @ 17:11:50, in Italia, visitato 2326 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Martedì 30 settembre alle ore 11, presso la sala del Consiglio comunale di
Pesaro, sarà presentato un evento molto atteso in città: la visita al capoluogo
marchigiano di Rigoberta Menchù, Premio Nobel per la pace e attivista per i
diritti dei popoli indigeni, prevista per i primi di ottobre. L'attivista e
scrittrice incontrerà alcune personalità cittadine e presenterà la sua nuova
campagna per i diritti dei popoli discriminati.
I numerosi episodi di razzismo e xenofobia avvenuti nella città di Pesaro non
sono mai stati stigmatizzati dalle autorità locali; al contrario, un assessore
di sinistra ha affermato, recentemente, riferendosi ai Rom: ''Qui a Pesaro i
nomadi non attecchiranno mai. Non c’è acqua per quei pesci, perché qui la gente
lavora. Qui il nomade se ne va in fretta o viene allontanato. Gli amici spagnoli
secondo me non hanno sbagliato del tutto a definirci razzisti''.
Nello scorso luglio il sindaco di Pesaro si impegnò pubblicamente, anche in
alcune interviste pubblicate sui giornali locali, ad avviare un progetto di
integrazione, in linea con le Direttive Ue e le leggi internazionali contro il
razzismo e a tutela dei popoli. Il progetto avrebbe dovuto comprendere
assistenza sociale per le persone Rom gravemente ammalate (vi sono casi di
tumori maligni in fase avanzata, cardiopatie gravi, mutilazioni e handicap), la
possibilità di accedere a un alloggio decoroso (il sindaco propose di consentire
alla comunità Rom di riattare edifici fatiscenti nell'area cittadina), il
ricongiungimento nelle famiglie di alcuni minori e un piano di inserimento
professionale per le persone valide.
Purtroppo, nonostante il Gruppo EveryOne avesse proposto di contribuire, con
sacrificio personale dei suoi membri, al progetto, ogni promessa è stata
disattesa, con conseguenze drammatiche per le famiglie Rom, già provate da anni
di indigenza, emarginazione e incuria a parte delle Istituzioni.
Ciprian Danila, il giovanissimo Rom che viveva a Sesto San Giovanni in
condizioni di indigenza intollerabili ed è morto bruciato vivo nel rogo
scatenato da una candela all'interno dell'edificio fatiscente in cui viveva:
avrebbe dovuto ricongiungersi alla famiglia della sua fidanzata, che vive a
Pesaro. Soltir Danila, 55 anni. Malato di cancro, avrebbe dovuto ricongiungersi
alla sua famiglia ed essere curato presso l'Ospedale San Salvatore (ospedale
che, una volta compresa la condizione sanitaria spaventosa in cui versano i Rom,
ha scelto di curarli, secondo il codice deontologico). E' morto in Romania,
senza poter accedere ai farmaci che avrebbero potuto salvarlo.
A Pesaro vivono altre persone Rom a rischio di vita, senza cure, in luoghi
freddi e malsani. Solo lo spirito umanitario di alcuni cittadini - fra i quali
spiccano per impegno e generosità Mariateresa, Maria, Elisa e il sacerdote don
Roberto - ha impedito altri drammi irreparabili. Ma per l'amministrazione della
città, non c'è posto per i Rom. Il tempo stringe, l'inverno è alle porte e
nonostante le rassicurazioni del sindaco per i Rom di Pesaro non è stato fatto
nulla.
Di fronte al rischio di tragedie umanitarie come quelle che stanno colpendo i
Rom in molte città italiane, Il membri del Gruppo EveryOne, con le sole proprie
risorse, hanno senza clamori iniziato ad organizzare piani si emergenza per la
salvaguardia delle famiglie Rom presenti a Pesaro. La piccola Annamaria, malata
di polmonite (una delle prime cause di morte infantile nel mondo) è stata curata
e trasferita insieme alla sua famiglia al sicuro, al sud, lontano da Pesaro, in
un Paese che ha scelto di accoglierla, di darle un alloggio e un'occasione di
lavoro. Annamaria frequenterà le scuole locali e la sua brutta tosse, grazie al
riscaldamento, alle cure mediche e a un'alimentazione adeguata, guarirà presto.
Un'altra famiglia è in procinto di partire, verso il sud, dove è attesa da
alcuni uomini di buona volontà, fra cui l'eroico parroco don Michele, un uomo
che non verrà dimenticato, quando la persecuzione dei Rom avrà termine. In
questi giorni, il Gruppo EveryOne presenterà a Rigoberta - con cui ha una
fraterna affinità nell'impegno per i diritti degli emarginati - un documento in
cui è dettagliata la condizione di emarginazione e negazione di ogni diritto
umano in cui si trovano i Rom di Pesaro, chiedendole di aggiungere la sua voce
al coro delle proteste e di chiedere con voce ferma alle autorità locali di
rispettare le Direttive Ue e le convenzioni internazionali che combattono il
razzismo e promuovono la tolleranza fra i popoli. Prossimamente, inoltre,
l'organizzazione presenterà il cortometraggio "Pesaro Zigeunerfrei", una
denuncia della repressione delle famiglie Rom che cercano di sopravvivere nella
città di Rossini (compositore che, peraltro, amava la cultura "zingara").
Mentre le organizzazioni per i diritti umani e i cittadini Pesaro assolvono i
compiti per cui l'amministrazione è stata eletta, il comune di Pesaro ha
l'ardire di parlare di Diritti Umani e accogliere una donna che si batte contro
gli abusi e le violenze perpetrati da governi e istituzioni locali contro le
minoranze etniche. Circa un anno fa Rigoberta, scambiata per una nomade, fu
espulsa da un hotel di Cancun, in Messico. Ci auguriamo che l'amministrazione
pesarese, che non può certo essere definita accogliente o tollerante nei
confronti delle minoranze poiché attua una politica pesantemente discriminatoria
contro le famiglie Rom che vivono in città, non riservi per sbaglio al premio
nobel Rigoberta Menchù lo stesso trattamento che ha riservato alle persone di
etnia Rom che si sono rifugiate a Pesaro e che a malapena sono lasciate
camminare per le strade della città.
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334 8429527 - (39) 331 3585406 - (+39) 334 3449180
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Di Fabrizio (del 30/09/2008 @ 09:04:41, in Italia, visitato 2520 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
FONDAZIONE VILLA EMMA - RAGAZZI EBREI SALVATI
In collaborazione con
Istituto di cultura Sinta
Assemblea legislativa Regione Emilia-Romagna
Provincia di Modena
Comune di Modena
Comune di Nonantola
Casa delle culture di Modena
Memo - Multicentro educativo Sergio Neri
Venerdì 3 ottobre 2008
[ore 10-13: prima sessione]
Scritti segreti (laboratorio I)
Materiali-stimolo offerti ai corsisti e disposti in uno spazio: musica, oggetti,
fotografie…
Pino Petruzzelli - scrittore, attore e autore teatrale - lavorerà sui risultati
del laboratorio, componendo una narrazione collettiva.
Saluti delle autorità
Silvia Facchini, Assessore Istruzione e Formazione Provincia di Modena
Adriana Querzè, Assessore Istruzione Comune di Modena
Pier Paolo Borsari, Sindaco di Nonantola
Stefano Vaccari, Presidente Fondazione Villa Emma
Presentazione del seminario
Maria Bacchi, Fondazione Villa Emma
[ore 15-18: seconda sessione]
Rom e Sinti: chi sono? da dove vengono? dove stanno andando?
ne discutono:
Luca Bravi, Università di Firenze
Eva Rizzin, Istituto di cultura sinta, Mantova
Yuri Del Bar, Consigliere comunale, Comunità sinta di Mantova
coordina: Stefano Liuzzo, musicologo e studioso delle culture rom e sinta
[ore 18,30-20: terza sessione]
Non chiamarmi zingaro
In viaggio con Pino Petruzzelli sulle tracce del suo ultimo libro, Edizioni
Chiarelettere, 2008
Sabato 4 ottobre 2008
[ore 10-13: quarta sessione]
Luogo, movimento, identità: Gypsies, Travellers e Rom
Lectio magistralis di Judith Okely, Hull University
Nel corso dell’incontro scorreranno immagini e narrazioni di vita riguardanti
Rom e Sinti.
[ore 15-18: quinta sessione]
Detti, interdetti e non detti (laboratorio II)
Riflessioni e scritture sul rapporto con ciò che non viene scritto,
a cura di Maria Bacchi e Nella Roveri, Fondazione Villa Emma
[ore 21.30: sesta sessione]
Juan Lorenzo e Flamenco libre: musica, canto, danza
Domenica 5 ottobre
[ore 10-13: settima sessione]
Scritti segreti (laboratorio III)
Pino Petruzzelli mette in scena le scritture dei corsisti.
riflessioni di:
Tommaso Vitale, Università di Milano-Bicocca.
Nazzareno Guarnieri, Presidente Federazione Rom e Sinti Insieme
Demir Mustafa, poeta rom macedone
[ore 15-18: ottava sessione]
La vita e altri cantieri: racconto filmico di un’esperienza
ne discutono:
Radames Gabrielli, Presidente Associazione Nevo Drom
Salvatore Saltarelli, Centro tutela contro le discriminazioni, Provincia
autonoma di Bolzano
Da uno a tredici: il progetto delle Microaree a Modena
ne discutono:
Francesca Maletti, Assessore alle Politiche sociali, Comune di Modena
Giacomo De Barre e altri rappresentanti della Comunità sinta di Modena
Luca Puggioli, Coordinatore Ufficio nomadi e altri operatori del Centro
stranieri - Comune di Modena
coordina: Walter Reggiani, Presidente Casa delle culture di Modena
In attesa del prossimo anno
Fausto Ciuffi, Direttore Fondazione Villa Emma
[Tutte le sessioni del Seminario (tranne l’ultima, che avrà luogo a Modena) si
svolgeranno a Nonantola. Stiamo individuando e definendo, in questi giorni,
spazi e sedi per lo svolgimento dei lavori e degli incontri aperti al pubblico.
Ricordiamo, a tale proposito, che le sessioni dedicate al laboratorio sono a
numero chiuso e riservate ai soli iscritti al Seminario di formazione, che
riceveranno un regolare attestato. Avviamo quindi in questa fase - con la
comunicazione del programma - la raccolta delle iscrizioni, per garantire ai
tanti interessati un’adeguata accoglienza e notizie tempestive sulle modalità
del soggiorno a Nonantola. Nel giro di poco tempo riceverete ulteriori
informazioni sull’articolazione organizzativa di tutte le fasi dei nostri
incontri, con indicazione di luoghi, momenti riservati ai pasti e alla
convivialità, indirizzi e recapiti telefonici per la prenotazione dei
pernottamenti.]
Per informazioni e iscrizioni
Fondazione Villa Emma
Alessandra Varvaro
segreteria@fondazionevillaemma.org
tel e fax 059 54719
Di Fabrizio (del 30/09/2008 @ 17:35:45, in Italia, visitato 2733 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Pesaro, 30 settembre 2008 - La direzione sanitaria dell'Ospedale San
Salvatore di Pesaro rifiuta le ragioni dell'intolleranza e riconosce senza
eccezioni il diritto alla salute di tutti i pazienti "a partire proprio dai Rom,
che più di tutti soffrono a causa della precarietà," ha commentato la dottoressa
Adriana Vacca, portavoce dell'Azienda ospedaliera. Dopo qualche incomprensione
iniziale, dovuta alla carenza di informazioni ricevute dall'Ospedale San
Salvatore riguardo alla presenza di una comunità Rom in città, è nata una
sinergia fra il San Salvatore, il Gruppo EveryOne e la neonata Associazione "La
Ruota Rossa" (che rappresenta proprio i "nomadi" che vivono a Pesaro). Grazie a
tale collaborazione, la situazione sanitaria dei Rom di Pesaro è decisamente
migliorata e alcuni pazienti che soffrono di gravissime patologie (tumori
maligni, cardiopatie, considerevoli handicap della persona) sono ora in cura e
si può affermare senza dubbio che sono state evitate gravi tragedie umanitarie,
nonostante la latitanza delle Istituzioni e l'irresponsabilità dei servizi
sociali. "I nostri medici faranno sempre il possibile per garantire esami e cure
ai pazienti Rom, ma il problema più urgente è la condizione in cui sono
costretti a vivere," ha detto allargando le braccia un medico dell'ospedale
pesarese, "perché non è tollerabile che esseri umani, fra cui malati e bambini,
non abbiano alcun sostegno da parte delle Istituzioni. Non abbiamo la bacchetta
magica e possiamo solo fare eco all'allarme sollevato dal Gruppo EveryOne: se
non verranno attuati progetti a tutela di queste persone sfortunate, il freddo
del prossimo inverno potrebbe causare situazioni umanitarie spaventose".
Riguardo alla tutela dei pazienti Rom, l'Ospedale San Salvatore ribadisce che
non solo si atterrà sempre alle normative relative al diritto alla salute degli
stranieri regolari e irregolari (decreto legge 286 del 25 luglio 1998; DPR 394
del 31 agosto 1999; Circolare del Ministero della Salute n.5 del 24 marzo 2000;
Piano Sanitario Nazionale 2002- 2004), che riguardano la prestazione di cure
urgenti o essenziali, ma non rifiuterà in alcun caso di prestare assistenza
medica a una persona malata, specie se la condizione di precarietà in cui vive
rende "essenziale" anche la cura di un semplice raffreddore.
"Abbiamo illustrato nei dettagli al sindaco, durante un incontro, la tragedia
delle famiglie Rom di Pesaro, supplicandolo di intervenire, per evitare che
l'indigenza, l'emarginazione razziale e le gravi condizioni di salute dei
'nomadi' presenti in città potessero causare drammi atroci," dichiarano gli
attivisti del Gruppo EveryOne, "ma nonostante gli impegni assunti, anche sulla
stampa locale, i Rom sono stati abbandonati e sopravvivono in edifici
fatiscenti, al freddo, senza acqua né corrente elettrica, senza alcun sostegno
sociale. Abbiamo chiesto almeno un cassonetto per i rifiuti. Niente. Alcuni
familiari, anche minorenni, avrebbero dovuto ricongiungersi ai loro parenti. Uno
di loro, purtroppo, il giovanissimo Ciprian Danila, promesso sposo di una
ragazza Rom di Pesaro, è morto bruciato vivo a Sesto San Giovanni, per colpa di
una candela, ma soprattutto dell'emarginazione in cui era costretto. Se, come
promesso, il programma di integrazione fosse partito all'inizio di settembre,
sarebbe ancora vivo e lo vedremmo camminare per le strade di Pesaro".
Grazie alla collaborazione fra il San Salvatore, il Gruppo EveryOne e due
persone straordinarie - Giancarlo e il sacerdote don Michele - Annamaria,
bambina Rom di cinque anni, nata a Pesaro, ha ricevuto le cure per una brutta
polmonite (una delle prime cause di mortalità infantile) ed è stata posta al
riparo, con la sua famiglia, in una cittadina del Sud Italia, che si è offerta
di accogliere il nucleo familiare, offrendo un alloggio confortevole e inserendo
il capofamiglia in un programma di inserimento al lavoro, dopo essere venuta a
conoscenza della situazione di persecuzione e incuria riservata ai Rom di
Pesaro, dove - purtroppo - alle promesse di assistenza umanitarie e piani di
integrazione dispensate dal sindaco e da alcuni assessori del Comune, non è
seguito alcun progetto concreto.
Oggi la piccola Annamaria sarà iscritta a scuola e sono bastati pochi giorni
in una casa riscaldata, con un'alimentazione adeguata e migliorare la tosse che
la scuoteva giorno e notte. Giovedì 2 ottobre la Direzione sanitaria del San
Salvatore incontrerà il Gruppo EveryOne e La Ruota Rossa per pianificare le
modalità con cui sarà affrontata la gravissima emergenza sanitaria che si
prefigura - salvo un intervento urgente della Provincia di Pesaro, allertata
dall'organizzazione per i Diritti Umani - per l'inverno imminente, se le
famiglie Rom di Pesaro non avranno una condizione alloggiativa e sociale
dignitosa. "L'Ospedale San Salvatore di Pesaro è un esempio per tutta la sanità
italiana," concludono gli attivisti EveryOne, "perché segue una direttiva etica,
che trova nel Giuramento di Ippocrate i suoi fondamenti. Abbiamo segnalato
l'Azienda ospedaliera marchigiana alla Commissione europea, per i principi
esemplari che la caratterizzano, principi che pongono la salute dell'essere
umano - al di là della sua razza o etnia - al centro di tutto. Sembra un
concetto scontato, ma non è così, perché in tutta Italia si segnalano casi di
pazienti Rom rifiutati o curati con estrema superficialità, di farmaci
essenziali negati, di trattamenti discriminatori. Per sconfiggere il razzismo vi
è bisogno di esempi positivi e in questo senso la condotta del San Salvatore è
doppiamente preziosa: un sostegno necessario ai suoi pazienti Rom e un modello
per le strutture sanitarie che, dimenticando Ippocrate, si sono lasciate
travolgere dalla deriva razzista".
Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
Tel: (+ 39) 334 8429527 - (39) 331 3585406 - (+39) 334 3449180
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Di Fabrizio (del 01/10/2008 @ 08:00:46, in Italia, visitato 2162 volte)
Modena - Oltre i luoghi comuni e i pregiudizi, alla scoperta delle
culture di rom, sinti e gitani: "Le strade del mondo - Voci inascoltate di rom e
sinti" è la tre giorni organizzata a questo proposito da Fondazione Villa Emma
di Nonantola, Multicentro educativo Memo del Comune di Modena e Istituto di
cultura sinta di Mantova. L'appuntamento è a Nonantola e Modena per venerdì 3,
sabato 4 e domenica 5 ottobre, con incontri, laboratori e spettacoli.
Tre giorni di appuntamenti per conoscere una cultura europea che ha alle spalle
secoli di discriminazioni, culminate in uno sterminio nazifascista, il
Porrajimos, meno conosciuto ma non meno tragico della Shoah ebraica. Non a caso,
la manifestazione è promossa dalla Fondazione Villa Emma - Ragazzi ebrei
salvati, nata per ricordare i 73 ragazzi ebrei che durante la seconda guerra
mondiale furono protetti e messi in salvo dalla solidarietà dei cittadini di
Nonantola. Tra gli ospiti ci saranno Judith Okely della britannica Hull
University, poeti, musicologi, esperti delle università di Firenze e Milano
Bicocca, che si confronteranno con i rappresentanti delle comunità rom e sinte
del nord Italia. Sarà presente anche Yuri Del Bar, primo cittadino sinto ad
essere eletto in un consiglio comunale italiano, a Mantova. L'attore e scrittore
Pino Petruzzelli presenterà il suo libro "Non chiamarmi zingaro"e il danzatore
Juan Lorenzo sarà il protagonista di una serata di flamenco. "Le strade del
mondo" è stato ideato e progettato da Eva Rizzin, Nella Roveri e Stefano Liuzzo
con il coordinamento scientifico di Maria Bacchi.
Uno sguardo al programma
Prende il via con un laboratorio curato dallo scrittore e attore Pino
Petruzzelli il convegno "Le strade del mondo - Voci inascoltate di rom e sinti",
in programma a Nonantola (Mo) da venerdì 3 a domenica 5 ottobre. La tre giorni
organizzata dal Multicentro educativo Memo del Comune di Modena insieme alla
Fondazione Villa Emma di Nonantola e all'Istituto di cultura sinta prevede
seminari per insegnanti e operatori culturali insieme a incontri e spettacoli
aperti al pubblico.
Nella prima sessione, in programma venerdì dalle 10 alle 13 al palazzo comunale
di Nonantola in via Marconi 11, i partecipanti saranno chiamati a costruire una
narrazione collettiva e riflettere sul senso di identità, con un percorso di
materiali e stimoli messo a punto da Pino Petruzzelli. La mattinata si aprirà
con i saluti delle autorità locali: Silvia Facchini, assessore all'Istruzione
della Provincia di Modena, Adriana Querzè, assessore all'Istruzione del Comune
di Modena, Pier Paolo Borsari, Sindaco di Nonantola, Stefano Vaccari, presidente
della Fondazione Villa Emma. Maria Bacchi, coordinatrice scientifica, presenterà
il seminario.
La seconda sessione, dalle 15 alle 18 alla sala Ragazzi di Villa Emma in via
Roma 30, si intitola "Rom e Sinti: chi sono? da dove vengono? dove stanno
andando?". Ne discuteranno Luca Bravi dell'università di Firenze, Eva Rizzin
dell'Istituto di cultura sinta di Mantova, Yuri Del Bar, consigliere comunale di
Mantova e membro della comunità sinta, insieme al musicologo ed esperto Stefano
Liuzzo. La terza sessione, dalle 18.30 alla sala Cinema teatro Massimo Troisi, è
aperta a tutti e vedrà la presentazione di "Non chiamarmi zingaro" di Pino
Petruzzelli (Edizioni Chiarelettere, 2008).
Sabato mattina dalle 10 alle 13 si torna al Palazzo comunale di Nonantola per la
lectio magistralis di Judith Okely su "Luogo, movimento, identità: Gypsies,
Travellers e Rom", accompagnata da immagini e narrazioni di vita di rom e sinti.
Di nuovo alla sala Ragazzi di Villa Emma nel pomeriggio dalle 15 alle 18 ci sarà
il laboratorio "Detti, interdetti e non detti" curato da Maria Bacchi e Nella
Roveri della Fondazione Villa Emma. Alle 21.30 al teatro Troisi si passa invece
a musica, canto e danza con Juan Lorenzo e Flamenco libre.
I lavori proseguono nella mattina di domenica con Pino Petruzzelli che metterà
in scena, nel Municipio di Nonantola, i materiali tratti dai laboratori. Seguirà
un incontro con Tommaso Vitale, università di Milano Bicocca, Nazzareno
Guarnieri, presidente della Federazione Rom e Sinti Insieme e Demir Mustafa,
poeta rom macedone.
La sessione finale è in programma a Modena alla Casa delle culture di via
Wiligelmo 80. Alle 15 ci sarà l'incontro "La vita e altri cantieri: racconto
filmico di un'esperienza" alla presenza di Radames Gabrielli, presidente
dell'Associazione Nevo Drom e Salvatore Saltarelli del centro tutela contro le
discriminazioni della Provincia autonoma di Bolzano. L'ultimo appuntamento è la
presentazione del progetto delle Microaree a Modena, che sarà discusso da
Francesca Maletti, assessore alle Politiche sociali del Comune di Modena,
Giacomo De Barre e altri rappresentanti della Comunità sinta di Modena, Luca
Puggioli, Coordinatore Ufficio nomadi e altri operatori del Centro stranieri -
Comune di Modena. Il dibattito è coordinato da Walter Reggiani, Presidente della
Casa delle culture di Modena. In conclusione interverrà Fausto Ciuffi, direttore
della Fondazione Villa Emma.
Il programma completo della tre giorni è sul sito Fondazione Villa Emma. Per
informazioni o per iscriversi alle sessioni chiuse del seminario ci si può
rivolgere ad Alessandra Varvaro, e-mail, telefono 059 547195.
A Modena 354 rom e sinti in case e microaeree
Un percorso di integrazione che passa attraverso diritti e doveri di
cittadinanza: è la scelta fatta dal Comune di Modena, che a fine 2007 ha chiuso
definitivamente il campo nomadi di via Baccelliera mettendo a disposizione delle
famiglie sinte 16 microaree nelle quali vivere con maggiore dignità e
responsabilità. Nel Comune di Modena vivono 29 rom e 325 sinti di cittadinanza
italiana. Le famiglie rom vivono in appartamenti, i sinti nelle microaree
attrezzate realizzate dopo la chiusura del campo nomadi in diversi quartieri e
frazioni della città. Il loro percorso di integrazione prevede l'assunzione di
diritti e doveri uguali al resto della popolazione: i contributi economici
vengono assegnati dal servizio sociale di base seguendo gli stessi criteri
previsti per gli altri cittadini e l'inserimento scolastico di bambini e ragazzi
è agevolato dalla presenza di educatori. L'assessore alle Politiche sociali del
Comune di Modena Francesca Maletti discuterà del progetto delle microaree
domenica 5 ottobre alla Casa delle culture di Modena in via Wiligelmo 80, nella
sessione conclusiva del convegno "Le strade del mondo - Voci inascoltate di rom
e sinti" in programma a Nonantola e Modena a partire da venerdì 3 ottobre. Tra
le 15 e le 18 alla Casa delle culture ci saranno anche Giacomo De Barre e altri
rappresentanti della Comunità sinta di Modena, il coordinatore dell'Ufficio
nomadi Luca Puggioli e altri operatori del Centro stranieri del Comune di
Modena.
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