Ricevo da Agostino Rota Martir
La 1a tappa della Carovana Missionaria per la Pace di quest'anno è stata a
Livorno, essa ha avuto il merito e il coraggio di dedicarla interamente al
popolo Rom.
Gli organizzatori: Centro Missionario Diocesano, Caritas, Salesiani, S.
Egidio... eravamo consapevoli della sfida anche per i suoi esiti incerti, perché
oggi parlare di Rom, anzi dare la Parola ai Rom non è cosa facile e scontata e
questo in qualsiasi città italiana, ma farlo a Livorno lo è ancora di più.
La prima serata è stata celebrata sul piazzale della Chiesa di S.Jacopo,
affacciata sul mare Tirreno, è lì che hanno "Liberato la parola" 2 testimonianze
Rom (un uomo e una donna), cercando di presentare i valori e l'importanza della
famiglia nella vita dei Rom. Ma anche i balli, curati da un gruppo di bambine
Rom del campo nomadi di Coltano (PI), era un modo per "Liberare la Parola",
attraverso la musica, la danza dei colori al ritmo di melodie orientali. Come
pure l'offerta di alcuni piatti tipici dei Rom, preparati con cura da una
famiglia hanno contribuito a "liberare la Parola", attraverso i sapori che
parlano di migrazioni dei Rom lungo i secoli tra culture e popoli diversi.
Anche la lettura di poesie di Rom ha "Liberato la Parola", raccontando e
descrivendo speranze, gioie, timori e delusioni di questo popolo in cammino
anche a causa di rifiuti e di continue espulsioni.
Il vescovo, Mons. Simone era presente, anche lui ha saputo liberare la
Parola, perché quando si parla con il cuore il messaggio supera e vince le
barriere e incoraggia cammini di amicizia e di fraternità.
Mentre la piazza che faceva da palco liberava sulla città di Livorno suoni,
sapori, racconti, i suoi cittadini ad eccezione dei pochi presenti, mostravano
la loro fredda indifferenza, preferendo frequentare in massa il Bar, chiamato
guarda caso:la "Baracchina bianca" posta solo a pochi metri: adolescenti,
giovani distratti e accalcati dentro a sorseggiare rapidi e freddi aperitivi,
tramezzini surgelati e cocktail, intenti a consumare monotoni divertimenti...
mentre le onde del mare frangevano quasi accarezzando con tremore e rispetto la
"parola liberata" del popolo Rom, ancora inascoltato, come sempre.
Integrazione! Sembra la parola magica, gridata dal mondo dei "gagè", spesso è
una parola vomitata addosso ai Rom a piè sospinto, anche a vanvera, perché è
sempre a senso unico: perché noi siamo già "integrati", siete voi "zingari" che
non volete integrarvi nella nostra società, vivete di espedienti, rubate,
sfruttate i vostri figli, non volete lavorare, abitate in baracche, ma per
cortesia lasciateci bere in pace i nostri cocktail alla "Baracchina bianca", e
state a dovuta distanza di sicurezza, non si sa mai e non disturbate la nostra
passeggiata sul lungo mare, integratevi!...
I popoli si integrano a vicenda quando la vita li porta a mescolarsi
reciprocamente, perché forse la vera integrazione è come un innesto dove linfe
diverse si incontrano armonizzandosi, dando vita a delle nuove germinazioni.
Libera l'impronta di Dio...
Digos e vigili urbani ci aspettano a Pian di Rota, sotto il cavalcavia dove
un anno fa' morirono tragicamente 4 bimbi Rom, bruciati in piena notte insieme
le loro povere baracchine, ancora sono visibili i resti bruciati a ridosso del
cavalcavia. E' in programma un momento di preghiera per ricordare Eva, Danciu,
Menji e Tutsa.
Anche qui siamo veramente in pochi, il gruppo raggiunge una ventina di
persone, grazie anche ai carovanieri venuti da Firenze appartenenti ai
Missionari Comboniani, poi questi proseguiranno per la seconda tappa Toscana a
Follonica.
"Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; abbiamo cantato dei
lamenti e non avete pianto".(Mt.11,17)
Sì, fare memoria è pericoloso, soprattutto quando questa pretende mettere in
crisi la tranquillità di una città, come Livorno che si rifiuta ostinatamente di
essere disturbata dalla vita e dalla morte dei poveri. Vuol essere una veglia
particolare, con gesti e segni "zingari", una preghiera che tenga conto della
sensibilità religiosa tipica dei Rom.
Anche Dio ha impresso la sua impronta nella vita di questo popolo, in quanto
Lui non ha vergogna di sedere nella vita dei Rom, non teme di perdere consenso o
il suo tempo prezioso intrattenendosi amabilmente a parlare e bere una tazza di
caffè presso le loro baracche e campine poste tra i canneti o sotto i cavalcavia
alle periferie delle nostre città.
E' un Dio che gli piace sconfinare, guai se non lo facesse: sconfina dalle
nostre belle cattedrali, dai nostri centri, dagli stessi Istituti religiosi,
compresi quelli dei Missionari, dai nostri spazi sacri per far visita a tutti
quei "fuori luogo" che oggi in nome del Vangelo della sicurezza stanno
proliferando senza trovare molta resistenza.
Anche da questi luoghi nascosti (Cristi occultati) è possibile imparare a
guardare dentro noi stessi, ma anche le nostre città con occhi diversi e
lasciarci interrogare dai punti di vista di chi vive il margine: sono i Rom, i
lavavetri, gli accattoni, i migranti, i clandestini...
Per Eva, Danciu, Menji e Tutsa abbiamo pregato e osato chiedere perdono anche
a nome di quella cittadinanza assente e che fa fatica a sentirsi in colpa per
queste giovani vite spezzate a causa della sua indifferenza e chiusura, che non
basta certo donare qualche caramella o qualche abito dismesso ai bimbi Rom se
poi non si è capaci di "compassione evangelica", cioè saper andare oltre noi
stessi (sconfinare!) per lasciarsi rivestire dall'altro, diverso da me.
Un giornalista del Tirreno presente all'incontro, chiudeva il suo articolo
all'indomani con queste parole che mi sembrano riassumano molto bene il senso
della carovana: "La carovana parte verso la Maremma, ora ne fanno parte anche
Eva, Menji, Danciu e Tutsa."
Allora, buon cammino piccoli Rom, ovunque in ogni città e paese la Carovana
si troverà a passare, lasciate le vostre piccole impronte sulle nostre
coscienze, saranno punti di riferimento indelebili per far crescere un mondo
diverso, più umano e fraterno, mettendo nei nostri corpi gli occhi dei poveri,
che sono le lenti del Dio di Gesù con le quali ama e guarda questa nostra
umanità. Ce lo auguriamo tutti insieme!
Don Agostino Rota Martir - Campo nomadi di Coltano (PI) – 10 settembre '08