Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 15/04/2011 @ 14:14:26, in Italia, visitato 1574 volte)
Nonostante l'appello alla città "I diritti non si sgomberano",
sottoscritto da oltre 60 associazioni laiche e cattoliche e da numerosi
avvocati, insegnanti, operatori dei servizi sociali e cittadini/e, il Comune di
Milano prosegue imperterrito nella sua politica degli sgomberi dei campi Rom
senza alcuna alternativa.
Questa mattina si sono svolti in via Cavriana e viale Forlanini gli
ennesimi sgomberi di quelle che i manifesti elettorali del vicesindaco De Corato
definiscono "nomadi abusivi", definizione che secondo il Dizionario della
lingua italiana Sabatini-Coletti significa "che non ha diritto di essere"
(?!).
Amsa e polizia locale, a partire dalle 8 di mattina, in via Cavriana hanno
sgomberato una baracca e una tenda che fungevano da abitazione per 5 cittadini
rumeni, mediante un impressionante spiegamento di forze (e costo) che
comprendeva 11 automezzi, tra auto, furgoni, camion e ruspe.
Successivamente uomini e mezzi si sono spostati verso viale Forlanini, dove
hanno proceduto alla sgombero e alla demolizione di alcune baracche abitate da
tre nuclei familiari di Rom romeni con la presenza di una bimba di 20 mesi (che
ha già subito nella sua breve vita ben 17 sgomberi!)
Denunciamo non solo l'immoralità di tali sgomberi ma anche la loro assoluta
illegalità in quanto alla richiesta del nostro avvocato di esibire il mandato
(necessario per l'esecuzione dello sgombero) tale documento non veniva esibito,
e i servizi sociali (che dovrebbero fornire un'alternativa abitativa agli
sgomberati e proporre percorsi di inserimento sociale e lavorativo) erano ancora
una volta assenti.
Le persone presenti sono state denunciate per occupazione abusiva di suolo
pubblico ed allontanate.
Ricordiamo a tale proposito le falsità che vengono continuamente dette dai
nostri governanti e amministratori:
• il ministro dell'Interno on. Maroni alla trasmissione Che tempo che fa
del 13.02.2011 aveva espressamente dichiarato: "Per chiudere i campi abusivi
sono state realizzate delle strutture adeguate, 60 milioni di euro per costruire
campi attrezzati e condomini orizzontali... di norma lo sgombero avviene solo
quando c'è una soluzione alternativa";
• sul libretto distribuito a tutti i cittadini dal sindaco Moratti, dal titolo
"I cento progetti realizzati",a pagina 73 si legge espressamente: "... in
ogni operazione di sgombero è stata offerta ospitalità e percorsi di
accompagnamento per il reinserimento sociale e lavorativo".
Quello che avviene a Milano, ormai da 3 anni con oltre 400 sgomberi sappiamo
che è ben altro!
Questa pratica illegale non è un'eccezione ma ormai la prassi di quanto
avviene giornalmente a Milano, dietro ai trionfalistici comunicati stampa
dell'amministrazione che annunciano numeri altissimi di sgomberi e rimpatri.
Cifre dietro alle quali, conviene ricordare, ci sono persone e famiglie con
bambini ed anziani, con i loro drammi umani.
Chiediamo che gli sgomberi siano fermati ed invitiamo ad aderire all'appello
"I diritti non si sgomberano" (vedi
QUI ndr).
Da parte nostra, proseguiremo nei progetti di accompagnamento e vicinanza nei
confronti delle famiglie Rom e di opposizione politica e culturale a queste
aberrazioni.
Gruppo sostegno forlanini
per contatti:
Fiorella D'Amore 347/2772955
Stefano Nutini 333/4451206
scendiamoincampo@gmail.com
Di Fabrizio (del 16/04/2011 @ 09:34:53, in Italia, visitato 1508 volte)
di Piero Basso, presidente di Dar casa Scrl
In piccolo, la stessa politica schizofrenica di chi i problemi non vuole
risolverli viene praticata dal Comune di Milano nei confronti della popolazione
Rom (anche italiani). Come spiega un appello promosso da alcuni gruppi di
sostegno (Forlanini, Rubattino) e sottoscritto da decine di organizzazioni, tra
cui anche ARCI e CGIL, negli ultimi due anni a Milano sono stati effettuati
oltre 360 sgomberi di campi abitati da Rom e Sinti che hanno coinvolto alcune
centinaia di nuclei familiari presenti da tempo sul territorio cittadino. Spesso
gli sgomberi sono condotti, senza preavviso, alle prime luci dell'alba, anche
con pioggia e neve, lasciando uomini, donne e bambini senza riparo e privati
delle loro poche cose che vengono arbitrariamente distrutte. (Le cose non sono
cambiate molto dagli anni del dopoguerra quando i gipponi della polizia di
Scelba distruggevano le biciclette dei braccianti in sciopero).
L'appello prosegue citando le decine o centinaia di bimbi Rom costretti ad
abbandonare la scuola, e con quella i preziosi legami di amicizia costruiti con
i compagni, e denunciando la violazione dei diritti di quelle persone, sanciti
da trattati e convenzioni firmati dall'Italia, il diritto all'abitare,
all'integrità personale, alla salute, all'istruzione.
Io vorrei mettermi da un punto di vista diverso da quello degli estensori
dell'appello, e provare a ragionare come un buon milanese che, secondo Moratti e
De Corato, dovrebbe sentirsi più "sicuro" a seguito degli sgomberi. Naturalmente
la "sicurezza" di cui parlano questi signori non è la sicurezza che deriva
dall'avere un lavoro non precario o la sicurezza di essere tutelato contro il
rischio di un infortunio sul lavoro. La loro "sicurezza" si limita, ma è già
qualcosa, a evitare furti, scippi o violenze. Personalmente ho recentemente
subito un furto notturno in casa, che alcuni ritengono opera di "zingari", pur
essendo lontano da ogni campo Rom, e pur avendo a meno di cento metri da casa
una camionetta dell'esecito. Chiunque, tranne sindaco e vicesindaco, capisce che
la presenza di alcuni ragazzi armati di mitra non protegge nessuno dai
malintenzionati; semplicemente ti aspetteranno in un'altra strada.
Ma almeno una sicurezza gli sgomberi me la danno: ed è che a pagare il conto
saremo noi cittadini contribuenti (come me e come voi, che le tasse le paghiamo
tutte).. Assai di più dei 2.128.000 euro indicati recentemente da De Corato in
risposta a un'interrogazione dei consiglieri Landonio e Patrizia Quartieri,
senza però precisare a quanti sgomberi questa cifra si riferiva. Secondo una
recente valutazione di Terre di Mezzo (giugno 2010) ogni sgombero costa, in
media, circa 24.000 euro, tra costi di "bonifica e pulizia" a carico dell'AMSA e
l'impiego di vigili urbani, polizia e carabinieri. In totale, per 360 sgomberi,
quasi nove milioni di euro.
Quale che sia la cifra, è indubbio che questi soldi sarebbero molto più
utilmente spesi nel costruire percorsi di integrazione, come meritoriamente
tanti stanno facendo, dalle mamme e maestre del Rubattino alla S. Egidio, alle
associazioni che concludono il loro appello proprio con queste parole:
"Chiediamo che le risorse pubbliche non vengano più sistematicamente sprecate
per demolire e distruggere baracche e beni, sogni e legami, ma siano utilizzate
per promuovere percorsi reali di integrazione abitativa e lavorativa e progetti
che garantiscano il diritto all'istruzione ed alla salute per tutti, Rom e Sinti
compresi. Chiediamo che i Rom e Sinti siano riconosciuti come soggetti a pieno
titolo, interlocutori attivi dei progetti che li riguardano".
Di Fabrizio (del 16/04/2011 @ 09:41:59, in casa, visitato 1653 volte)
InterNAPOLI.it 12-04-2011 L'operazione all'alba. Alex Zanotelli: «Eravamo un paese
accogliente»
GIUGLIANO. L'operazione è cominciata questa mattina all'alba. Oltre 400 nomadi
residenti nei campi rom a ridosso della zona Asi, sono stati sgomberati con
l'ausilio di ruspe e di agenti delle forze dell'ordine. Si prevede che le
operazioni di sgombero continueranno anche domani. Non sono mancati momenti di
tensione. Sul posto è giunto anche il padre comboniano Alex Zanotelli, il quale
ha annunciato che lascerà il campo nomadi «solo quando la prefettura mi darà
rassicurazioni in merito alla sistemazione dei nomadi che non hanno trovato
posto nei moduli abitativi, allestiti dal Comune di Giugliano». Nel nuovo campo
infatti trovano posto appena 200 persone circa a fronte delle 500 che fino a
oggi vivevano nella ''baraccopoli'' a ridosso della zona industriale di
Giugliano. «Ho chiamato in prefettura ed ho rappresentato ad una funzionaria
questa esigenza - ha spiegato padre Alex Zanotelli - ma fino ad ora non ho
ricevuto alcuna risposta».
Non si sa dove andranno i rom sgomberati dai campi. Dopo che le ruspe hanno
distrutto le baracche, alcune famiglie hanno lasciato la zona, altre stanno
ancora raccogliendo le cose che hanno deciso di portarsi dietro, altre invece,
alcune decine di nomadi, si sono accampati in due terreni non lontani da Ponte
Riccio, entrambi nel territorio del comune di Giugliano. Alcune famiglie con i
loro camper si sono sistemati nei pressi del cavalcavia della stazione
ferroviaria. Altre invece a poca distanza dalla rotonda di Qualiano.
La preoccupazione viene rivolta in particolare per i tanti bambini, molti dei
quali, frequentavano regolarmente le scuole. Solo domani si saprà quanti
continueranno a frequentare regolarmente le scuole. La maggior parte di essi è
praticamente nata a Giugliano e, sempre alcuni di loro sono figli di altri
nomadi nati a Giugliano. Gli insediamenti hanno cominciato a mettere radici a
Giugliano già 20 – 25 anni fa.
Alcuni volontari, rappresentanti di associazioni umanitarie, hanno provveduto
alla distribuzione del pasto e dell'acqua. I servizi sociali del Comune di
Giugliano hanno fatto sapere che i nomadi hanno rifiutato la colazione offerta
loro in mattinata. «Solo una bambina - ha riferito all'Ansa Rosa Ariano,
responsabile dei servizi sociali al Comune di Giugliano - ha accettato un pacco
di merendine». Padre Zanotelli si è intrattenuto per l'intera giornata con i rom
della zona Asi esprimendo loro solidarietà: «Una volta eravamo un popolo
ospitale - ha commentato il sacerdote - ma ora sembra che non ci sia più
umanità».
Appartengono a varie etnie i rom sgomberati dai campi giuglianesi. Molti di loro
provengono dalla ex Jugoslavia. Lo sgombero del campo era già stato predisposto
e pianificato da settimane e legato a problemi di salute pubblica. Esso infatti
insiste su un terreno fortemente inquinato e destinato alla bonifica. Ma la
presenza dei rom aveva creato problemi al consorzio di imprenditori locali che
opera all'interno dell'area per i furti di cavi di rame e di energia elettrica.
Proprio per questo motivo gli imprenditori del Cig da anni si battono con
istituzioni, Comune e prefettura, affinché venisse trovata una soluzione al
problema: «Lo sgombero non era più rinviabile perché i nomadi non potevano più
vivere in queste assurde condizioni igienico-sanitarie. Ma d'altra parte dico
anche che ora gli imprenditori non hanno più alibi e devono investire, come
anche le istituzioni devono fare il loro dovere - è il commento che in mattinata
ha rilasciato il presidente degli industriali giuglianesi, Angelo Punzi - Ora ci
aspettiamo che venga bonificata l'area e che venga garantita la sicurezza
soprattutto per i nostri clienti, che molto spesso in questa zona non volevano
proprio venire La nostra sfida – aggiunge Puzi - è anche quella di realizzare un
centro servizi per tutti gli imprenditori, siamo sicuri che nel giro di poco
tempo potremmo aumentare considerevolmente il numero di lavoratori impiegati».
Dalla newsletter di Articolo 3 - Osservatorio sulle
discriminazioni
Dalla delibera di espulsione del 2010, ai roghi delle roulotte del 14
febbraio 2011, alla proibizione attuale dell'uso dei servizi igienici.
I Sinti di via Orzinuovi vivono da generazioni nella città e in Lombardia, tanto
che non pochi amministratori locali possono ben dirsi meno "bresciani" dei sinti
di cui vorrebbero liberarsi.
La loro storia recente ha inizio quattro anni fa quando l'amministrazione
di centrosinistra portò loro una proposta apparentemente allettante: vi
spostiamo di 300 metri, per pochi mesi avrete disagi e verrete privati delle
fognature, ma poi vi saranno consegnate casette dotate di ogni confort costruite
con finanziamento regionale. A casette costruite l'amministrazione comunale, con
la scusa di pregressi debiti con l'azienda elettrica, congelò la consegna delle
nuove abitazioni. Come a dire: con voi non valgono le leggi ordinarie; niente
bollette elettriche pagate niente casa, continuate a restare in una condizione
precaria senza fognature.
Nel maggio 2008 il centro destra vinse le elezioni, e subito si diede da fare
per realizzare il programma sbandierato in campagna elettorale: Brescia entro
due anni dovrà essere "zigeunerfrei". Perciò fu portato a termine il lavoro già
iniziato dal centro sinistra di allontanare i Rom stranieri giunti in città dopo
il 2000. Alcuni insediamenti rom furono così smantellati con brindisi del
vicesindaco Rolfi e di altri dirigenti leghisti sulle macerie delle baracche
abbattute.
Per quanto riguarda i Sinti bresciani, la giunta leghista tolse
definitivamente ogni prospettiva di accesso alle casette cambiandone la
destinazione d'uso. Contemporaneamente iniziò un forte pressing sui Sinti
affinché se ne andassero dal territorio comunale, fu istituito un tavolo di
trattative presso la prefettura e dopo mesi di incontri sembrò realizzarsi una
soluzione accettabile: una microarea per una famiglia allargata nel comune di
Guidizzolo (Mn) acquistata dall'immobiliare del comune e rivenduta ai Sinti con
un mutuo. Come era prevedibile mentre la Lega di Brescia spingeva per farli
uscire, quella di Guidizzolo ergeva barricate contri i Sinti in arrivo e la
giunta vietava case mobili nell'area fabbricabile a loro destinata. Risultato:
tutto azzerato con l'ennesima beffa di circa tremila euro già versati dalle
famiglie come caparra e mai restituiti.
Siamo ai primi mesi del 2010 e altre vessazioni attendono i Sinti prima che
trascorra un anno: Il 24 settembre 2010 il consiglio comunale con insolita
votazione bipartisan (il solo voto contrario della consigliera di Sinistra
arcobaleno e l'astensione di un consigliere PD) delibera che il campo sinti di
via Orzinuovi venga chiuso entro l'agosto 2011. La deliberazione non contiene
alcuna indicazione sul destino degli abitanti del campo e lascia quindi carta
bianca alla Giunta leghista su come procedere. Dopo un mese infatti ai Sinti
viene sottoposto un patto di cittadinanza redatto, sosterrà il
vicesindaco Rolfi, d'intesa con la CGIL. Il patto è in sostanza una accettazione
incondizionata della volontà del comune di allontanare dal campo tutti i Sinti.
Vale la pena di leggerne un paio di passi. Cominciamo dallo stesso nome del
documento "PATTO DI CITTADINANZA" come se i Sinti, a Brescia e in Lombardia da
sei secoli, fossero dei marziani da sottoporre a condizioni per acquisire i
diritti di cittadinanza. La premessa così recita "si prevede che … il Comune
proceda alla chiusura del campo di via Orzinuovi per fronteggiare la
situazione di precarietà e di degrado di alcune zone della città e dalla diffusa
percezione di insicurezza e frustrazione di molti abitanti…" in altre parole
il comune di Brescia decide di chiudere il campo dei sinti e di cacciarli tutti
perché costituiscono motivo di insicurezza, degrado e precarietà per i quartieri
della città. Un bel complimento non c'è che dire. La ciliegina sulla torta
razzista arriva però all'articolo 1 del patto dove si scrive testualmente: "le
premesse sono parte integrante del presente accordo" Vale a dire che i sinti
nel sottoscrivere il patto di cittadinanza hanno convenuto che loro
stessi sono fonte di insicurezza e degrado per la città.
Nel patto sottoscritto viene stabilito che i sinti dovranno andarsene, a
partire da febbraio, entro l'agosto 2011. Puntualmente a fine di dicembre gli
emissari del comune intimano alle tre famiglie Terrenghi di uscire dal perimetro
del campo in attesa del loro definitivo trasferimento nell'area abitata dai
Kosovari. I Terrenghi però non vogliono e non possono uscire dal campo dove non
ci sono allacciamenti elettrici adeguati. L'elettricità è indispensabile per
alimentare respiratori artificiali per due dei loro bambini: Tommaso di 15 mesi
e Joselito di 6 mesi, affetti da gravi patologie cardio-respiratorie.
Il vicesindaco Rolfi (leghista) però non sente ragioni ed il 13 febbraio intima
ai Terrenghi di lasciare il campo entro le 18 pena il taglio dell'elettricità a
tutti gli abitanti dell'area (più di 100 persone). I Terrenghi non si spostano
ed alle 19,30 scatta la punizione: l'intero campo piomba nel buio.
Dopo pochi minuti Tommaso e Joselito danno forti segni di difficoltà
respiratoria ed il più piccolo viene ricoverato urgentemente in ospedale .
La risposta dei sinti è un misto di esasperazione e rabbia. Sulla strada
statale che costeggia il campo danno fuoco ad alcune loro roulotte, il traffico
viene bloccato, i vigili del fuoco impiegano più di due ore per domare le
fiamme. Il giorno dopo il vicesindaco, sostenuto nelle sue gesta da Giunta e
Sindaco, insulta i sinti accusandoli di strumentalizzare i bambini ammalati.
La reazione della città solidale è a favore dei sinti, tutta la stampa e la
televisione nazionali ne parlano. La giunta comunale sembra voler abbandonare
manifestazioni muscolari, ma è solo apparenza: dall'inizio di febbraio infatti,
con un tempismo paradossale, proprio mentre si dava inizio alle procedure di
evacuazione del campo, i tecnici comunali avevano finalmente completato la
realizzazione di un blocco di sei bagni, che però sono ancora recintati e chiusi
con divieto di utilizzo.
E qui c'è il nuovo ricatto: i bagni verranno resi disponibili alla comunità
solo quando i Terrenghi se ne saranno andati. Nell'attesa i servizi igienici
restano all'aperto fra arbusti e alberi, i bambini sinti continuano ad essere in
pericolo, grazie alle scelte della giunta di Brescia, supportata nei fatti da
quasi tutta l'opposizione che ha votato per la chiusura del campo e che
polemizza con la lega su chi è più efficiente a ripulire Brescia dagli
‘Zingari'. In passato operazioni ‘pedagogiche' di questo genere hanno avviato
processi di distruzione di interi popoli.
Luigino Beltrami
Ndr: Dalla lettura dei quotidiani di questa settimana scopriamo che la
famiglia Terenghi ha lasciato il campo di Via Orzinuovi, ma i bagni restano
chiusi: I sinti protestano: "I servizi igienici rimangono chiusi" (Brescia
Oggi, 13/4) e Brescia, l'ira dei Sinti: "Il Comune non rispetta i patti e non
apre i bagni" (Giorno Brescia, 13/4)
Brescia, Tutti Uniti: partecipa anche TU alla manifestazione del 23 aprile
La Federazione Rom e Sinti Insieme invita tutti alla manifestazione “Tutti
Uniti!" che si terrà sabato 23 aprile 2011, a Brescia in Piazza della Loggia,
dalle ore 15.00. Tutti uniti per difendere i diritti umani, per la salvaguardia
della dig...
Di Fabrizio (del 18/04/2011 @ 08:59:46, in Italia, visitato 1449 volte)
Questa mattina i circa 200 rom che abitano negli stabilimenti abbandonati della
ex fabbrica
Miralanza, in zona piazzale della Radio a Roma, hanno ricevuto l'ennesimo
preavviso di sgombero,
dopo la distruzione avvenuta nei giorni precedenti delle baracche più visibili.
"Fra 6 ore siamo qui con le ruspe" è stata la frase con cui vigili urbani e
polizia hanno risposto alle
richieste dei rom di avere qualche giorno di tempo per preparare il ritorno in
Romania, mentre dagli
operatori della Sala Operativa Sociale veniva la solita, inutile, proposta:
l'inserimento in strutture
d'emergenza soltanto per madri e bambini.
Il campo, non autorizzato ma ben conosciuto da tutte le istituzioni, si trova in
condizioni
drammatiche: non c'è acqua ed il rischio d'incendio è notevolissimo, ma rispetto
a questa
inaccettabile situazione la proposta delle forze dell'ordine appariva egualmente
senza speranza: lo
sgombero e poi la strada...
Su richiesta di alcune famiglie, fra le poche che conosciamo in
quell'insediamento, siamo intervenuti
per tentare una mediazione; abbiamo contattato associazioni (sia rom che gagè) e
istituzioni del
territorio, e, allo stato attuale, grazie all'intervento di Najo Adzovic,
Delegato per il Sindaco alla
questione rom, e di Alfredo Toppi, consigliere del XV Municipio, il rischio di
uno sgombero senza
alternative sembra scongiurato.
Najo Adzovic sta in queste ore lavorando con la Giunta Capitolina per trovare
soluzioni praticabili; i
rom della Miralanza hanno accettato di essere trasferiti in un centro
d'accoglienza, ponendo come
unica condizione il fatto che nessun nucleo famigliare sia smembrato; in tal
senso, la disponibilità di
spazi nel C.A.R.A. di Castelnuovo di Porto, dichiarata dallo stesso Sindaco
stamane agli organi di
stampa, dovrebbe costituire una risorsa essenziale.
Ancora una volta si tratta di provare a governare l'emergenza, un'emergenza
tanto annunciata quanto
mai presa in carico, e a questo punto, ben sapendo che la sistemazione
temporanea nel centro di
Castelnuovo di Porto non rappresenta certo un modello positivo di intervento,
non ci rimane che
sperare che da oggi in poi tutti quanti lavorino per garantire almeno condizioni
di vita sicure ai più di
60 minori, alle donne incinte, agli anziani, ai malati e agli esseri umani
intrappolati nelle baracche
della Miralanza e nella nostra indifferenza.
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Di Fabrizio (del 18/04/2011 @ 09:46:29, in Europa, visitato 3121 volte)
Da
Bulgarian_Roma
Radio Bulgaria Integrazione dei Rom in Bulgaria - Author: Milka
Dimitrova - © Photos: BGNES
08/04/2011 - E' un compito difficile indicare il numero esatto dei Rom in
Bulgaria. Secondo il censimento ufficiale del 2001, sono circa 370.000, mentre
per le organizzazioni rom, il loro numero raggiunge gli 800.000, o il 10%
della popolazione totale. Si aspettano dati più accurati dall'ultimo censimento,
svoltosi a febbraio 2011. E' un fatto che i problemi della comunità rom in
Bulgaria rimangano irrisolti. L'integrazione rom è stata una questione in
Romania per alcuni anni, ma i programmi delle istituzioni sono sviluppati
lentamente e non hanno molto effetto
La Bulgaria ha adottato un programma quadro per l'integrazione della
comunità rom nel periodo 2010-2020, in accordo con i principi europei per la
tolleranza e la protezione dei diritti umani. Il documento delinea le politiche
relative alla comunità rom nelle sfere dell'istruzione, della sanità,
dell'alloggio, dell'impiego, ecc. La Bulgaria è stata uno dei primi paesi a
partecipare al Decennio dell'Inclusione Rom 2005-2015, assieme a 12 paesi
europei. Sullo sfondo dell'invecchiamento della popolazione europea, è la
giovane comunità rom che può giocare un ruolo nel risolvere la mancanza di
manodopera. E' per questo che il programma bulgaro dedica attenzione speciale
all'aumentare i livelli di istruzione e di qualificazione della popolazione rom.
Viene riferito che durante gli ultimi due decenni, 10.000 Rom si sono laureati
nelle università bulgare. Tuttavia, un gran numero di bambini rom continuano ad
abbandonare la scuola, nonostante il fatto che possano ricevere i benefici
sociali solo mandando i loro figli a scuola. Ecco cosa dice Deyan Kolev, del
Centro per il Dialogo e la Tolleranza Interetnica "Amalipe":
"Il numero dei bambini rom che abbandonano la scuola continua ad essere
molto alto. Secondo le statistiche il numero di bambini rom nel primo grado è
circa del 23% del totale, ma nell'ottavo grado solo il 7-8% degli studenti sono
di origine rom."
Il basso livello di istruzione nella comunità rom causa alta disoccupazione.
Un gran numero di famiglie rom campa di prestazioni sociali. Questa è una grande
sfida per l'integrazione della comunità rom.
Inoltre le statistiche di sette paesi europei mostrano che i Rom hanno più
problemi di salute, legati alle condizioni di vita insalubri. Ecco cosa dice
Ilona Tomova, dell'Istituto di Studi sulla Popolazione presso l'Accademia
Bulgara delle Scienze:
"Oltre metà dei Rom adulti soffre di ipertensione. Il 30% ha l'emicrania ed
il 25% soffre di asma o bronchiti. Un gran numero soffre di artrite e
reumatismi, il ché porta a maggiore disoccupazione."
I Rom bulgari partoriscono in giovane età ed il tasso di mortalità infantile
nella comunità è il più alto in confronto agli altri paesi UE. Un gran numero di
Rom bulgari vive in aree cittadine dove le condizioni di vita sono molto povere.
A volte manca anche l'acqua potabile. Il problema rimane grave nonostante il
programma nazionale per migliorare le condizioni abitative della comunità rom
adottato nel 2006.
E' chiaro che le istituzioni bulgare dovranno fare molti più sforzi per
un'inclusione di successo della comunità rom, che ancora si affidano soprattutto
sul rapporto finanziario da parte dello stato, che sull'essere collaborativi con
i processi di integrazione.
Di Fabrizio (del 19/04/2011 @ 09:00:45, in media, visitato 1515 volte)
Dibattito alla quinta edizione del Festival del Giornalismo di Perugia
Tutti ricorderanno lo scorso anno quando in Francia il governo impose lo
sgombero di numerosi campi Rom, in seguito ad un omicidio avvenuto all'interno
della comunità nomade.
Si è discusso di Rom e della loro cultura al Centro Servizi Alessi in occasione
della V edizione del Festival Internazionale del Giornalismo.
I media spesso li descrivono come "zingari" che chiedono l'elemosina o che non
lavorano. Ma parlare di Rom dovrebbe presupporre una maggiore conoscenza del loro
mondo. Ne hanno parlato Luca Bravi docente dell'Università di Firenze, Gabriella Capparelli del Tg1 e Alexian Santino Spinelli docente di Lingua e Cultura Rom
presso l'Università di Chieti e leader del gruppo musicale Alexian ta le Chavè
-Alexian e di suoi figli-.
«Il mondo dei Rom è diverso dalle casemobili, camper o tende -attacca Spinelli-
non è una popolazione di nomadi». Bisognerebbe superare questo stereotipo perché
il nomadismo non è né normale né tipico della loro cultura. Sono sempre stati
obbligati a emigrare e scappare. «Sono costretti a vivere nei campi per un
retaggio fascista -prosegue Spinelli- creare un campo Rom è segregazione
razziale che, ricordiamo, è un crimine contro l'umanità».
Dai dati di molte inchieste la minoranza Rom è la più odiata dell'occidente.
Durante il nazismo invece era seconda solo agli ebrei. Ma ora è interessante
analizzare la differenza tra le due etnie: per i Rom non c'è stato alcun
riscatto. «Nell'immaginario collettivo lo zingaro fa paura –spiega Bravi-
rispetto alla persecuzione contro gli ebrei, c'è una forma di razzismo più
culturale. Rispetto a prima si usano anche i moderni campi di concentramento che
sono i campi Rom, appunto»
Questa forma di razzismo emerge anche nelle scuole che ripropone in maniera
decisa lo stereotipo dello zingaro: i bambini Rom vengono messi in classi
speciali, di solito scantinati non riuscendo così a socializzare e ad
integrarsi. Questo è un problema molto delicato sia in Europa che ovviamente in
Italia in cui siamo sempre stati abituati a vedere il loro mondo come una forma
di delinquenza sicuramente da evitare. La conferenza va avanti con delle
immagini e delle testimonianze di alcune donne che hanno avuto successo nel
nostro paese. Anche loro ribadiscono che non sono tutti uguali ponendo una
domanda un po' scomoda per tutti, ma soprattutto per Spinelli assoluto difensore
di questo mondo. «Che senso ha andare a chiedere l'elemosina?»
In tutta Europa c'è questo pregiudizio e questo luogo comune che ci fa essere
tutti razzisti. Una soluzione a questo delicato problema potrebbe essere anche
piuttosto semplice se vogliamo: paese "ospite" e mondo rom dovrebbero
incontrarsi a metà strada, facendo un passo per uno, cercando di togliere il
paraocchi da una parte, ma allo stesso tempo, dall'altra, mostrarsi realmente
interessati ad un'integrazione sana e pulita.
Già perché «l'integrazione è come l'amore, si fa in due» -conclude Spinelli.
Di Fabrizio (del 20/04/2011 @ 09:05:34, in Italia, visitato 1839 volte)
Corriere.it Non ce l'ha fatta Tommaso, 17 mesi: era diventato un simbolo.
Soffriva di una rarissima malattia genetica
BRESCIA - Tommaso non ce l'ha fatta. Piccolo e malato, il bambino di 17
mesi, diventato suo malgrado il simbolo della lotta tra sinti e Comune di
Brescia, è morto ieri pomeriggio agli Spedali Civili dove era ricoverato da due
mesi.
Il 14 febbraio scorso, dopo il blitz della polizia locale e la sospensione della
corrente alle roulotte del campo, Tommaso era stato ricoverato d'urgenza.
Dimesso dopo due giorni, il piccolo si era poi di nuovo aggravato tanto da dover
tornare in ospedale. Tommaso soffriva di una malattia genetica rarissima (solo
14 casi al mondo) che si chiama H-ABC: un sondino fissato a una narice e a una
macchina per l'ossigeno gli permettevano di sopravvivere, con mamma Fenni ad
accudirlo e papà Samuel sempre pronto a qualsiasi emergenza.
Come la notte di San Valentino, quando dopo gli scontri con la polizia,
mancata l'elettricità, ha dovuto procurarsi con le buone o con le cattive un
generatore portatile per tenere in vita il suo bambino. «È nato così - spiega lo
zio, Giovanni Tonsi, allargando le braccia -. Per malattie come la sua non c'è
guarigione. Certo, quel giorno che il Comune ha staccato la corrente è stato
tutto più difficile...». Al campo di via Orzinuovi, dove l'amministrazione di
Palazzo Loggia non ha ancora riattivato i bagni perché aspetta di sgomberare gli
ultimi abusivi, non accusano nessuno. Anzi, i sinti tendono la mano al sindaco,
Adriano Paroli, perché la morte di Tommy serva a sancire una tregua.
Giuseppe Spatola
19 aprile 2011
NOTIZIE CORRELATE
Il bimbo senza ossigeno nella roulotte (17 febbraio 2011)
Ricevo e porto a conoscenza
[...]
Vorrei [...] portare a conoscenza del pubblico questa situazione, o se mi
potete suggerire qualcuno che sia interessato.
Il comune di Pessano con Bornago (MI) sta cercando di sgomberare una comunità
Rom che si è stabilità nel suo territorio.
Questi tentativi di sgombero si ripetono da circa otto anni ma, nonostante in
questo periodo di tempo tutte le denunce fatte dal Comune si siano risolte
in favore del Comune, gli abitanti del campo non hanno sgomberato e sono stati,
fino a poco tempo fa, "tollerati".
Adesso il Comune ha trovato una formula per forzarli ad uno sgombero senza
chiamarlo "sgombero"; ossia, nonostante il terreno sul quale è stato fatto il
campo Rom sia di proprietà di uno degli abitanti del campo, questo terreno è un
terreno agricolo.
Il comune sta quindi approfittando della nuova legge che equipara le roulotte a
edifici per forzarli fuori dal terreno.
Essendo i Rom rimasti a Pessano con Bornago per otto anni, i minori nel campo
sono iscritti alle scuole del paese, e vi sono anche vecchi e disabili (ai quali
tra l’altro, è stata negata l’assistenza sociale perché non sono cittadini
italiani).
Siccome questa volta il Comune si sta mostrando serio alcune delle famiglie nel
campo sono andate via, ma rimangono ancora alcuni di loro che non vogliono, o
non possono trovare un altro luogo dove vivere.
In particolare mi ha colpito il caso di una signora, di nome Maria, che ha 73
anni, problemi di cuore ed un figlio disabile (cieco) a cui sta badando; questa
signora non ha la forza di cercare un altro posto dove andare e questa azione
del Comune ha, anche se non nella forma, la stessa sostanza di uno sgombero.
Ho già cercato di contattare il Comune ed esprimere i miei dubbi ma sono stata
trattata con ostilità dal sindaco che non vuole sentire ragioni, i motivi sono
sempre gli stessi "non vogliono integrarsi" o "rubano", mi sono quindi rivolta
ad altre associazioni come la Caritas Ambrosiana ed ho contattato un avvocato
esperto in diritti umani, (Avv. Guariso) questi mi hanno dato una mano come
hanno potuto ma senza risultati definitivi.
Mi rimane quindi solo il cercare di far pubblicità alla situazione nella
speranza che in questo modo qualcuno possa convincersi che vi sono altri modi
per risolvere la questione senza forzare i rimanenti Rom a cercare casa altrove.
Questo è un riassunto della situazione che è, come lo è sempre, un po’ più
complicata. Se lei, o qualcuno, ha la possibilità di occuparsi di questo caso
posso spiegare meglio i fatti.
Spero di ricevere buone notizie, in ogni caso auguro buona fortuna [...].
Cordali saluti.
Frances Catania
Di Sucar Drom (del 22/04/2011 @ 09:03:28, in blog, visitato 1508 volte)
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