L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.
(Aprile 2010) L'UNAR - Ufficio Nazionale
Antidiscriminazioni Razziali e la CRUI bandiscono per il quarto anno un premio
per dottorati di ricerca con l'obiettivo di diffondere negli Atenei italiani la
cultura della partià di trattamento e delle pari opportunità.
Il premio è destinato alle tre migliori tesi di dottorato di ricerca, già
discusse con esito positivo a partire dall'anno 2008, aventi a tema studi
finalizzati ad accrescere la conoscenza e l'approfondimento scientifico dei temi
della promozione della parità di trattamento indipendentemente dalla razza o
dall'origine etnica o dall'appartenenza culturale o religiosa e del contrasto ad
ogni forma di discriminazione razziale, con particolare riguardo ai luoghi di
lavoro, alle periferie urbane, alle giovani generazioni.
Di Fabrizio (del 12/05/2010 @ 09:19:11, in Kumpanija, visitato 1795 volte)
Segnalazione di Alessandra Meloni
(clicca sulla foto per vedere anche le altre immagini)
Ha festeggiato ieri cento anni nel campo di via Germagnano Nefa Husenovic,
«la nomade più vecchia del mondo», azzardano gli operatori del Comune presenti
alla cerimonia, spiegando che l'età media dei rom non supera i cinquantacinque
anni.
Tra i regali ricevuti anche il permesso di soggiorno, portato dagli operatori
dei Servizi sociali della Circoscrizione 6.
Nefa sta bene e fino a qualche mese fa andava da sola in centro, davanti alla
Consolata, a fare «mangel», cioè a chiedere l'elemosina. È nata suddita di
Francesco Giuseppe imperatore d'Austria e quand'era bambina, alle porte di casa
sua, l'ex Jugoslavia, premeva l'Impero Ottomano.
Terribili i ricordi delle due guerre mondiali: soprattutto la Seconda,
durante la quale ha passato insieme al marito Chamil e alla famiglia cinque anni
nascosta nei boschi della Bosnia.
Nefa è venuta in Italia negli Anni 70, prima a Milano, poi a Torino, ma parla
pochissimo l'italiano. Oggi vive in una casetta del campo, attorniata e accudita
soprattutto dai nipoti (sono circa un centinaio) e pronipoti.
Il campo di via Germagnano è nato nel 2004 in sostituzione di quello dell'Arrivore
ed è abitato da duecentocinquanta rom slavi. «È un campo tra i più tranquilli -
dice don Fredo Olivero, direttore dell'ufficio migranti della diocesi - gli
uomini lavorano recuperando ferro vecchio coi loro furgoni, ma non sono più così
attenti alle tradizioni, che vengono ancora custodite dalle donne». Negli ultimi
anni sono stati segnalati solo alcuni furti commessi dai membri di questa
comunità.
«L'integrazione però è un affare complicato - dice Eligio Benci dell'ufficio
nomadi di Palazzo Civico - e i contatti con il quartiere sono minimi, anche
perché la zona è isolata»: accanto al campo ci sono solo i rifiuti della
discarica e la superstrada per Caselle.
I bambini rom frequentano le scuole, soprattutto quelle di Barriera, la
Novaro e le succursali Levi e Abba, mentre all'interno del campo è stato
allestito in micronido dove alcune educatrici si prendono cura dei più piccoli
insieme alle mamme nomadi.
Di Fabrizio (del 12/05/2010 @ 09:40:44, in Italia, visitato 1606 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Pesaro, 7 maggio 2010. Basta cercare su google "Pesaro" e "Rom" per
rendersi conto di come sia difficile, per le famiglie Rom, sopravvivere
nella città di Rossini! E pensare che proprio il grande operista scrisse in
una lettera di trovare grande ispirazione osservando il modo di vivere
semplice e creativo degli "zingari"! Dopo tanti sgomberi senza alternative
di alloggio, dopo i lutti e i drammi umanitari causati dalle politiche
anti-Rom attuate dalle autorità pesaresi, che hanno destato preoccupazione
da parte dell'Alto Commissario Onu per i Diritti Umani e del Consiglio
d'Europa, dopo tanta intolleranza, un nuovo episodio mette in dubbio
persino i diritti basilari dell'infanzia. Elisabetta (nella foto con le
figlie) e il marito Zeljko sono Rom di origine iugoslava, fuggiti da una
condizione di povertà ed emarginazione nel loro Paese. Vivono da diversi
anni a Pesaro, dove l'uomo ha lavorato duramente, sconfiggendo con l'impegno
e l'onestà il clima di intolleranza e riuscendo a vivere dignitosamente in
una casa. Le loro due bambine sono nate nel capoluogo marchigiano. "Mio
marito, però, ha perso il lavoro," racconta fra le lacrime Elisabetta, "e
non è più riuscito a trovare un'occupazione. Così abbiamo perso tutto. Ci
hanno dato lo sfratto ed è venuto l'ufficiale giudiziario a intimarci di
lasciare la casa entro sette giorni. Il comune non ci aiuta e non sappiamo
come fare. In altri Paesi le famiglie con bambini vengono aiutate a superare
i momenti difficili, ma per noi non c'è niente. Se non ci dessero una mano
alcuni cittadini pesaresi, non avremmo neanche un po' di pane e latte con
cui sfamare le bambine". La famiglia è disperata. Si è data da fare in ogni
modo per superare il drammatico frangente. "Siamo disposti a lavorare per
metà della paga che darebbero a un italiano," continua Elisabetta, "ma
nessuno ci dà un'opportunità. Se il comune ci aiutasse solo per un po',
finché mio marito non trova un altro lavoro, saremmo grati al sindaco per
tutta la vita. Invece niente. Abbiamo anche provato a chiedere l'elemosina,
perché con due bambine non importa neanche la nostra dignità. Ma non c'è più
speranza". La famiglia ha deciso, così, di tornare a Belgrado, da dove fuggì
anni fa. Preferisce affrontare un futuro incerto piuttosto che trovarsi in
mezzo alla strada, esposta alle politiche anti-Rom, come tante sfortunate
famiglie e ad aggressioni da parte di razzisti, sempre più frequenti nel
nostro Paese. Il Gruppo EveryOne è vicino alla famiglia e avvia oggi una
raccolta fondi urgente per consentire ai genitori e alle due bambine di
rinnovare i documenti e tornare a Belgrado. "Chiunque voglia aiutare la
famiglia a tornare in Iugoslavia ci contatti," concludono gli attivisti,
"all'indirizzo email
info@everyonegroup.com o al telefono 331 3585406. Forniremo ai donatori
nome e cognome di uno dei genitori, cui è possibile inviare l'offerta con
Western Union o MoneyGram".
"Una Zingara della città di Skopje", come si definisce, Esma Redzepova ha
dietro di sé oltre 40 anni di canzoni e di azioni umanitarie.
Nata nel 1943, Esma Redzepova ha eseguito oltre 8.000 concerti in 30 paesi
per raccogliere denaro per le sue cause. Ha inciso 108 single, 20 album e sei
film. Ha raccolto sotto il suo tetto cinque bambini, e ne ha adottati altri 47,
che la chiamano la loro mamma e papà. Esma ha parlato col Southeast European Times
sui suoi punti di vista e sugli sforzi umanitari, le sue canzoni e la vita in
generale.
SETimes: Quali sono le principali cause che appoggi e perché?
Esma Redzepova: Aiutare i bambini con esigenze particolari è la mia
causa umanitaria più importante. Li vedo come il gruppo con la più alta
priorità. Credo che tutti dovrebbero aiutarli,
nell'ambito delle loro possibilità e capacità, naturalmente.
SETimes: Il presidente macedone Gjorge Ivanov recentemente ti ha
premiata con l'Ordine di Merito della Macedonia (vedi
QUI ndr). Questo riconoscimento cosa rappresenta per te?
Redzepova: Significa molto. Dopo tutto, ci si sente felici quando ti
apprezzano in patria, quando è rispettato il proprio lavoro e contributo. Ho
ricevuto moltissimipremi e riconoscimenti, ma quest'ultimo e quello che mi diede
il presidente Tito sono i miei favoriti.
SETimes: Il mese scorso hai partecipato con le leader donne d'affari
macedoni alla sessione della Commissione ONU sullo Status delle Donne. Qual è il
clima per lo sviluppo degli attività delle donne in Macedonia?
Redzepova: Il clima degli affari in Macedonia ha iniziato lentamente
a cambiare, ci sonopiù donne in posizione di comando. Anche il numero delle
donne legislatore sta crescendo. Nelle ultime elezioni presidenziali [marzo]
abbiamo avuto uno donna candidata [Miruse Hoxha]. Credo ce sia stato un evento
ancora più importante perché era di etnia albanese. Così non avevo più senso lo
stereotipo che le donne albanesi sono casalinghe il cui unico scopo è di
crescere i figli. Sono molto orgogliosa di Hoxha, e spero che un giorno una
donna prenderà le redini della Macedonia.
SETimes: Sul tuo sito si dice
che speri che qualcosa cambierà nel paese. Quali cambiamenti vorresti vedere?
Come sarebbe secondo te una Macedonia cambiata?
Redzepova: Vorrei che cambiasse il mondo, non solo la Macedonia. Un
giorno, mi piacerebbe vedere il mondo funzionare in base ad eguaglianza e
tolleranza, eliminare le frontiere, così da potersi muovere liberamente e vivere
dove si vuole o dove si consideri buono un posto.
Penso che questi siano i diritti dell'umanità, ed è perciò che ho detto molte
volte che gli animali sono avanti agli umani perché possono andare dove
vogliono, e nessuno chiede loro un passaporto. Non dipendono dalla benevolenza
di qualcuno. Persino il serpente più velenoso va dove gli pare.
SETimes: Sei membro del Consiglio della Città di Skopje. Il tuo lavoro
civico come aiuta i Rom in Macedonia?
Redzepova: Sono membro di VMRO-DPMNE, il principale partito del paese, e
come membro, sono consulente del Consiglio della Città di Skopje. Col mio
impegno politico, volevo soprattutto [mostrare] che una donna rom può essere
socialmente attiva - e che questo non un privilegio delle sole donne macedoni.
Penso che parzialmente ho avuto successo, dato che vedo un numero crescente di
ragazze che frequentano la scuola. Se fossi riuscita, col mio esempio, ad
aiutare l'emancipazione delle donne rom almeno un poco, sarei molto felice.
SETimes:
Pensi che i tuoi figli continueranno le tue attività e la tua eredità
umanitaria, per aiutare più gente a fare una differenza tangibile?
Redzepova: Chiaro, mi piacerebbe che i miei figli raccogliessero la
mia eredità. Penso che con l'educazione che gli ho dato, ho installato in loro
l'amore per la gente. I miei figli sanno come dare, o come organizzare un
concerto umanitario. Spero che continuino da dove mi fermerò.
SETimes: Pensi che la cultura possa servire come forza unificante per
l'Europa del Sud Est?
Redzepova: La cultura è sempre stata, e sempre sarà, il ponte che
collega i popoli di credo e nazionalità differenti, perché non tiene conto dei
confini nazionali. Non importa chi tu sia,, ognuno canta e danza alla sua
maniera. Non penso che le canzoni siano una forza unificante solo per la gente
del'Europa del Sud Est, ma per il mondo.
SETimes: Sei stata influenzata da altre cantanti, come
Billie Holliday o Bessie Smith?
Redzepova: Riguardo alla musica, non ho mai seguito un esempio
specifico, ne sono stata influenzata da cantanti maschi o femmine. Il mio
mentore e marito, Stevo Teodosievski, ha voluto trasformarmi in un capolavoro.
Non ho mai seguito l'esempio di nessuno. Ho lavorato duro per diventare quella
che sono ora, ma ha sempre insistito perché fossi "me stessa" e nessun'altra.
Penso che, insieme, ce l'abbiamo fatta.
SETimes: Qualcuna delle tue canzoni parla del pregiudizio contro i
Rom? Sei mai stata criticata per aver usato la parola "zingaro" in un titolo?
Redzepova: No, le mie canzoni sono sulla tradizione e cultura rom, non
su come gli altri ci vedono. Riguardo alle critiche, rifiuto di riceverle. Non
importa cosa dicono gli altri, l'ho superato da tempo. Quando iniziai ad andare
a scuola, mi accorsi che per gli altri ero differente. Da quando i bambini mi
soprannominarono "zingara", e non volevano sedersi accanto a me. Tornai a casa
piangendo, ed una delle mie zie mi spiegò che siamo differenti perché veniamo da
un paese chiamato India, dove splende sempre il sole, ed è per questo che
abbiamo la pelle bruna.
SETimes: Nel documentario "Romani Soul", reincontri la
storia del popolo rom sino alle antiche origini. Senti una stretta parentela con
l'India e la sua cultura? Ha esercitato un'influenza diretta sulla tua musica e
lavoro creativo?
Redzepova: Certamente mi sento vicina all'India e al suo popolo,
specialmente con una provincia dell'India dove circa 28 milioni di persone
parlano la mia lingua, e posso capirli perfettamente. Ha rafforzato la mia
convinzione che i Rom siano originari dell'India.
SETimes: La musica è diventata troppo commerciale? La musica
tradizionale può essere presentata ad un pubblico di massa senza perdere
qualcosa di essenziale?
Redzepova: Se è creata sulla base della musica tradizionale,
sicuramente si possono ottenere buoni effetti. Però, quello che sempre più si
vende oggi è nudità sul palco, mentre la qualità e la buona voce si vendono di
meno.
SETimes: Tu hai fatto migliaia di concerti in una carriera lunga
decenni. Provi ancora la stessa energia ed entusiasmo quando sali sul palco?
Cosa ti fa continuare?
Redzepova: Sì, ci vado ancora con la stessa passione. Provo ancora una
positiva paura prima di un concerto, quando mi rendo conto che ci sono oltre
10.000 persone tra ilpubblico o, come a Sydney, 200.000 ad Hyde Park. Ciò che mi
motiva è il mio amore per le canzoni e la musica.
Questo contenuto è stato commissionato per SETimes.com
Alcuni bambini sono perseguitati (coi soldi pubblici) perché esistono
Amiamo i bambini. Glorifichiamo l'infanzia. È una delle poche cose per cui
siamo orgogliosi del nostro tempo. Ma è un orgoglio che placa e ci acceca,
facendoci distogliere gli occhi. Ciao, come stai? Bene! Quanti anni hai.
Dieci. Ti piace la scuola? Sì, però mi piace di più la maestra, i compagni,
scrivere e matematica. Da grande voglio fare la maestra. Sai leggere? Anche
in corsivo. Ma quando sono andata a scuola non sapevo niente di italiano,
adesso ho anche amici italiani, delle volte vado a casa loro a giocare.
Della Romania non mi ricordo tanto. Sei contenta di essere in Italia? Sì,
perché mi date la scuola. Tipiace la tv? Sì, però non ce l'ho. Se avevo una
casa guardavo, però non ho. La baracca di questa bambina è stata rasa al
suolo dalla polizia all'alba del 19 dicembre 2009, vigilia della Giornata
mondiale dei diritti dell'infanzia. Da allora ha dormito in dodici posti
diversi, ma ogni volta è stata sgomberata. Oggi vive in una fabbrica
abbandonata senza muri, senza soffitto, il pavimento pieno di erbacce e
vetri rotti. Nel campo dove viveva, intorno alle ruspe, scorrazzano decine
di ratti quasi domestici, ormai abituati all'uomo perché la Nettezza urbana,
per non riconoscere gli abitanti, non è mai arrivata. Per un po' non ha
potuto andare a scuola, poi - grazie alla famiglia, ai volontari della
Comunità di Sant'Egidio (santegidio.rubattino@gmail.com) e alle maestre - è
tornata. A Milano città i minori in campi abusivi sono circa 300. In quante
scuole sei stata negli ultimi mesi? Due. Perché? Perché hanno sgomberato.
Adesso dove dormi? In una tenda che ci ha regalato la maestra. Com'è? È
grande? È verde. Un pochino piccola e un pochino grande. Hai dei giocattoli
dentro? No. Mi spieghi com'è uno sgombero? Arriva la polizia nella notte o
nella mattina presto, prendono le baracche e ci distruggono le cose, e poi
non ci abbiamo dove dormire. Per questo di notte ho sempre paura. Mi hanno
portato via anche la mia maglietta della Carica dei 101. Sono gentili i
poliziotti? No, lo dicono male che noi andiamo via, urlano le parolacce e
hanno i cani che abbaiano e mi fanno paura. Tu sai perché succede questo?
Perché non vogliono lasciare questi romeni a vivere qua. Mi racconti una
cosa bella? La vacanza in montagna con i bambini stranieri e italiani.
Abbiamo giocato e fatto i compiti. Siamo andati a trovare gli anziani.
Potevo fare la doccia tutti i giorni, avevo il mio letto e non mi portavano
via le mie cose. Abbiamo anche cantato: "Alla scuola della pace puoi ballare
e puoi cantare. Vuum! Puoi venire se vuoi". Hai avuto avuto freddo questo
inverno? Molto, è male questa vita. Era il 1937, Nathaniel Simmons, uno
degli ideologi del Ku Klux Klan, scriveva: "Niente è più pericoloso che fare
male a un bambino. Perché quel male sarà rilasciato, moltiplicato, ogni
giorno della sua vita. Il loro male di oggi è il nostro male futuro. Per
stare tranquilli, l'unica è ucciderli". Oggi, a Milano, capitale morale
d'Italia (ma altrove è lo stesso), ci sono bambini che vengono perseguitati
perché esistono. Legalmente e con soldi pubblici, ed è ancora più grave. Dal
1 gennaio 2010 a Milano sono avvenuti 68 sgomberi, con punte di quattro al
giorno. Alle associazioni che chiedevano di fermarsi almeno in inverno, il
sindaco Letizia Moratti ha risposto: "La legalità non conosce stagioni".
Qualche tempo dopo un suo consigliere è stato arrestato per corruzione. Il
13 marzo un altro bambino, Emil, è morto bruciato nell'incendio della sua
baracca. Il giorno dopo avrebbe compiuto 13 anni. Per fortuna è arrivata la
primavera.
Di Fabrizio (del 13/05/2010 @ 23:59:54, in media, visitato 2297 volte)
Il Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e
l'adolescenza e la Biblioteca Innocenti-Library Alfredo Carlo Moro, insieme
all'Istituto Stensen e con la collaborazione di Fabula Film, hanno il piacere di
invitarLa alla proiezione del film "Sotto
il Celio Azzurro" di Edoardo Winspeare che si terrà venerdì 14 maggio alle
ore 21 presso l'Auditorium Stensen (viale Don Minzoni 25, Firenze).
Il film, presentato fuori concorso all'ultima edizione del Festival del film di
Roma, racconta quattro stagioni in una scuola per l'infanzia del quartiere Celio
di Roma frequentata da 45 bambini di 32 paesi diversi. Winspeare, già autore
di altre opere dedicate ai più piccoli, racconta un'esperienza di integrazione e
intercultura per molti versi straordinaria, dando conto però della quotidianità
della vita scolastica, seguendo con attenzione tanto le storie dei bambini
quanto quelle dei genitori e degli educatori, non eliminando problemi e
difficoltà, ma sottolineando le loro abilità pedagogiche, lo spirito comunitario
e le convinzioni che guidano i loro passi. Sotto il Celio Azzurro è un film che
entra nel vivo delle dispute sul mondo della scuola che stanno animando in
questi mesi il dibattito pubblico e politico italiano.
Al termine della proiezione interverranno: Enzo Catarsi, Professore Ordinario di Pedagogia Generale nella Facoltà di
Scienze della Formazione dell'Università di Firenze
Massimo Guidotti, responsabile Celio Azzurro
Paolo Carnera, direttore della fotografia di Sotto il Celio Azzurro
Fabrizio Colamartino Consulente
Centro Nazionale di documentazione e analisi sull'infanzia e l'adolescenza
Istituto degli Innocenti
50122 Firenze
p.za SS. Annunziata, 12
tel. 340 7718927
tel. 055 20371
La Cgil in piazza. I nomadi: «Sembra di tornare ai tempi del nazismo, dove
facevano lo stesso con gli ebrei»
ROMA - «No al fotosegnalamento dei
rom! Sull'integrazione ci metto la faccia». È questo lo slogan dell'iniziativa
targata Cgil di Roma e Lazio, andata in scena giovedì mattina in segno di
protesta contro l'iniziativa del Comune di Roma, prevista nel Piano nomadi, di
schedatura e fotosegnalamento di tutti i rom residenti nei campi della Capitale.
I rappresentanti del sindacato hanno montato un piccolo gazebo a piazza Santi
Apostoli, «fotosegnalando» loro stessi e qualche passante incuriosito o
sensibile alla questione. «Questo è un fatto incivile e razzista, la Federazione
della Sinistra e i cittadini rom sono qui oggi per sostenere l'iniziativa della
Cgil», ha dichiarato Fabio Nobile, portavoce Fds, nel sottolineare che «anche
loro vanno perseguiti solo in caso di reati, come tutti i normali cittadini
italiani. Rischiamo un effetto devastante su un piano culturale già abbastanza
devastato di suo».
I ROM CHIEDONO INTEGRAZIONE - I
fotosegnalamenti, come ha spiegato Mirsad, portavoce della comunità bosniaca del
campo di via Candoni, vengono eseguiti più volte negli stessi accampamenti e
ripetuti sugli stessi soggetti: «Ma noi siamo già tutti in regola, abbiamo
lavoro e documenti- ha detto - Siamo terrorizzati da questo comportamento, non è
assolutamente giusto: o tutti, o nessuno». Dietro al Piano nomadi, secondo
Claudio Graziani, responsabile immigrazione di Arci Roma e Lazio, ci sarebbero
«meccanismi di carattere elettorale», perché si potrebbe «benissimo agire in
modo diverso, allentando la tensione con progetti di integrazione all'interno di
un vero e serio piano». Per Umica, che rappresenta 170 rom del campo di via
Cesare Lombroso, il «governo italiano si dovrebbe vergognare, lo fanno solo per
mettersi in bella mostra, per dire che ci tengono in pugno e ci controllano»,
sembra di «tornare ai tempi del nazismo, dove facevano lo stesso con gli ebrei».
I politici che governano Roma, conclude polemica Umica, «o non hanno una
coscienza, o prima di andare a dormire si sciacquano la bocca con l'acqua
santa». (Fonte Dire)
La vicenda del campo regolare di via Sesia sta arrivando a una
conclusione che con ogni probabilità si consumerà con una serie di sgomberi
prima della fine dell’estate. Attualmente nell’area sono rimasti sette
nuclei familiari e nei giorni scorsi i conflitti interni alla maggioranza
tra la Lega Nord e il sindaco hanno fatto emergere con chiarezza il destino
di queste persone.
Il 15 aprile scorso il Comune ha inviato una lettera a due famiglie con
la quale le accusa di aver consumato indebitamente la corrente allacciandosi
abusivamente alla centralina comunale – quella che serve a fornire energia
elettrica all’impianto di illuminazione dell’area – chiede il rimborso di
somme spropositate per il consumo effettuato e dichiara la violazione del
regolamento del campo [che prevede come sanzione l'allontanamento]. Le
famiglie in questione sono quella di Jovica Jovic, il famoso musicista che
ha ricevuto un permesso di soggiorno straordinario da Maroni il marzo scorso
e quella di suo figlio Petar.
Quanto contestato è totalmente pretestuoso perché fin dal loro ingresso al
campo le persone in questione hanno fatto domanda per avere un contatore
autonomo [senza ricevere alcun riscontro]. Il fatto che utilizzassero la
corrente pagata dal Comune è dovuto a un errore dell’amministrazione,
infatti, l’estensione del campo era stata ridimensionata rispetto al
progetto originario perché i cantieri della TAV – che passa li vicino –
avevano occupato abusivamente una parte del terreno destinato alla
costruzione del campo. Questo ha comportato una riduzione del numero di
moduli abitativi con la conseguenza che a Jovica e Petar sono stati
assegnati due prefabbricati che all’inizio avrebbero dovuto ospitare le
associazioni che avevano firmato la convenzione per la gestione del campo
[Caritas e Opera Nomadi] e che avrebbero utilizzato, quindi, delle utenze
intestate al comune. Ovviamente, l’amministrazione si è accorta dell’errore
solo adesso che ha intenzione di sgomberare queste famiglie.
Recentemente Zucchetti ha ribadito che "la presenza dei rom a Rho è una
presenza ostile", ma che ci sono "nuclei che vogliono uscire da certe
modalità" e per questo ha firmato un accordo con la prefettura per dare la
casa a 4 famiglie residenti in via Sesia. Noi pensiamo che anche l’attuale
Sindaco sia una presenza ostile per Rho visto che pensa più agli interessi
suoi e dei suoi amici – come ampiamente dimostrato dalle vicende del Rebora,
del Piano Alfa e del PGT – invece che a quelli della città, ma ciò non
toglie che debba garantire un’abitazione a tutte le famiglie di via Sesia e,
soprattutto, alla famiglia di Johnny Milenkovic – un cittadino italiano di
etnia rom sgomberato ingiustamente dalle case di via Magenta l’inverno
scorso – evitando, però, di elargire l’ennesima prebenda ai suoi amici della
Compagni delle Opere, ma garantendo la trasparenza e l’imparzialità
nell’erogazione del contributo attraverso una regolare gara d’appalto.
Di Fabrizio (del 15/05/2010 @ 09:04:59, in media, visitato 2454 volte)
Segnalazione di Roberto Malini
Milano, 13 maggio 2010. «Bambini rom costretti a rubare» è
un'inchiesta sulla vita dei bambini Rom prodotta da Bbc This
World (2009) e realizzata da Liviu Tipurita, che sarà
trasmessa su Current Tv domenica 16 maggio alle ore 23. Si
tratta di un documentario-farsa, preparato a tavolino per
rinfocolare pregiudizi atavici nei confronti del popolo Rom.
Come faccio ad affermarlo? Semplice: la produzione mi
contattò più volte, prima di girarlo. Il reporter romeno
aveva maturato l'idea di realizzare un'inchiesta-choc dopo
aver preso visione di un articolo apparso sul Corriere della
Sera (articolo che ho già commentato) dove si vedono bambini
Rom (fra i quali il famoso "Bobi") in posa davanti
all'obiettivo di un fotografo, nell'atto di compiere - ora
con la mano destra, ora divenendo improvvisamente mancini -
borseggi nei pressi della Stazione Centrale di Milano,
davanti ai passanti che osservano quelle "performance" senza
manifestare il minimo turbamento. Dopo l'arresto, il piccolo
"Bobi", secondo le autorità e il giornalista del Corriere,
avrebbe chiesto di essere allontanato dai genitori-aguzzini
e affidato a una brava famiglia italiana. Nella realtà, il
piccolo è stato sottratto alla famiglia e affidato a
comunità in attesa di essere inserito in nuclei familiari
italiani per ben trenta volte (sic!), ma ogni volta è
fuggito per tornare dai suoi, preferendo la povertà di una
baracca - ma insieme ai suoi cari - agli agi promessi dalle
assistenti sociali e dai tanti amici della "legalità". Ho
spiegato con chiarezza alla produzione la mia perplessità
sulle foto apparse sul quotidiano italiano, così come sui
numerosi casi in cui persone di etnia Rom venivano accusate
di crimini efferati, al fine di provocare intolleranza nel
popolo italiano e rendere possibile la grande operazione di
pulizia etnica che avrebbe successivamente ridotto i Rom in
Italia da circa 180 mila agli attuali 40 mila. Ho spiegato
all'entourage di Tipurita che i Rom solo in casi rari di
devianza picchiano i loro bambini e che l'elemosina era il
solo mezzo con cui le famiglie potevano procurarsi mezzi di
sopravvivenza. Ho proposto loro di incontrare la famiglia di
"Bobi", che si trovava in un insediamento a Pioltello, e di
intervistare alcune giovani Rom costrette dalla povertà e
dall'emarginazione a vivere mendicando. I responsabili di
produzione, però, non accoglievano alcuna delle mie
proposte. "Vogliamo qualcosa di diverso," mi chiedevano.
"Non potrebbe consentirci di incontrare Rom che comprano e
vendono bambini, genitori Rom che seviziano i figli per
costringerli a mendicare, prostitute Rom minorenni o
ladruncoli Rom?". Erano inutili i miei tentativi di spiegare
loro che il popolo Rom presenta la stessa percentuale di
ladri e di genitori indegni che hanno gli altri popoli, che
nei campi avrebbero trovato indigenza, malattie, esclusione
sociale, ma anche tanta solidarietà, una grande unione, uno
spirito pacifico e un amore infinito per i bambini. A tale
proposito, riportai loro un proverbio conosciuto dai Rom di
tutto il mondo: "Tanti bambini, tanta gioia". Ho offerto ai
collaboratori di Tipurita tutto il materiale relativo ai
nostri studi sui Rom ("Grazie, non si dia pena di
inviarcelo") e l'opportunità di conoscere personaggi che
danno lustro al popolo più discriminato d'Europa: Santino
Spinelli, Rebecca Covaciu, Dijana Pavlovic, Goffredo
Bezzecchi e altri. "Se questa è la sua posizione," mi
rispondevano, "non è di nostro interesse incontrarla. Noi
abbiamo un'altra visione riguardo ai Rom". E chiudevano così
la conversazione. La loro "visione" è diventata una delle
più oscene calunnie mai diffuse dai media. La conosceremo
nei dettagli domenica prossima.
La Celere di De Corato,
cioè i reparti antisommossa dotati di caschi, scudi e manganelli, che la
Polizia Locale di Milano sta costituendo, sono impropri ed illegali.
Pertanto, oggi mi sono rivolto al Prefetto con una nota scritta,
chiedendo il suo urgente intervento affinché venga ristabilita la
legalità e scongiurata la costituzione di reparti antisommossa del
Comune.
Infatti, da qualche anno il
vicesindaco De Corato sta incentivando la formazione di nuclei speciali
nell'ambito della polizia municipale milanese, a partire da quelli
"problemi del territorio" e trasporto pubblico, che tendono ad assumere
compiti e funzioni che si sovrappongono a quelli delle forze
dell'ordine, sebbene ciò sia fuori dalla legge nazionale e regionale e
gli agenti coinvolti non dispongano di una formazione anche soltanto
lontanamente paragonabile a quella delle forze di polizia.
Non c'era dunque da
stupirsi che ad un certo punto saltasse fuori anche una specie di
reparto antisommossa, vecchio sogno finora proibito del vicesindaco. Era
successo sicuramente, come avevamo potuto documentare e denunciare
proprio noi, il 9 febbraio scorso, quando lo
sgombero dell'insediamento rom di
Chiaravalle fu eseguito da un reparto della Polizia Locale
equipaggiato con caschi antisommossa, manganelli e scudi con la scritta
"Polizia Locale" e in assenza di funzionari di polizia o carabinieri.
Ebbene, oggi l'edizione
milanese del quotidiano La Repubblica ha reso noto che
all'interno della PL di Milano sono iniziati i corsi di formazione per
la celere di De Corato. Prevedono anche esercitazioni pratiche in
palestra con l'armamentario antisommossa, anche se il tutto, cioè teoria
e pratica messi insieme, non dura più di 24 ore. Cioè, una sorta di
lezione in pillole: 24 ore e anche tu puoi fare il celerino.
Complimenti vicesindaco!
Dopo l'ennesimo abuso da parte di qualche agente dei reparti
antisommossa (vedi il caso Gugliotta), sempre più persone si rendono conto che
la formazione, tecnica e civica, andrebbe rafforzata e il nostro buon De Corato
se ne esce con l'instant-celerino…
Ma non è soltanto questione
di formazione, ma anche e soprattutto di legalità. Il nostro ordinamento
e le nostre leggi, nazionali e regionali, prevedono che di ordine e
sicurezza pubblica si occupi lo Stato –e dunque Polizia, Carabinieri e
Guardia di Finanza- e non i Sindaci, o i Vicesindaci, che dovrebbero
invece occuparsi di quello che gli compete e che troppo spesso
dimenticano.
Auspichiamo che il Prefetto
voglia intervenire in tempi brevi, perché con l'avvio dei corsi di
formazione è iniziata la fase della formalizzazione dei reparti
antisommossa e questo equivale all'istituzionalizzazione di una
situazione illegittima e illegale.
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