Ricevo da Roberto Malini
Pesaro, 7 maggio 2010. Basta cercare su google "Pesaro" e "Rom" per
rendersi conto di come sia difficile, per le famiglie Rom, sopravvivere
nella città di Rossini! E pensare che proprio il grande operista scrisse in
una lettera di trovare grande ispirazione osservando il modo di vivere
semplice e creativo degli "zingari"! Dopo tanti sgomberi senza alternative
di alloggio, dopo i lutti e i drammi umanitari causati dalle politiche
anti-Rom attuate dalle autorità pesaresi, che hanno destato preoccupazione
da parte dell'Alto Commissario Onu per i Diritti Umani e del Consiglio
d'Europa, dopo tanta intolleranza, un nuovo episodio mette in dubbio
persino i diritti basilari dell'infanzia. Elisabetta (nella foto con le
figlie) e il marito Zeljko sono Rom di origine iugoslava, fuggiti da una
condizione di povertà ed emarginazione nel loro Paese. Vivono da diversi
anni a Pesaro, dove l'uomo ha lavorato duramente, sconfiggendo con l'impegno
e l'onestà il clima di intolleranza e riuscendo a vivere dignitosamente in
una casa. Le loro due bambine sono nate nel capoluogo marchigiano. "Mio
marito, però, ha perso il lavoro," racconta fra le lacrime Elisabetta, "e
non è più riuscito a trovare un'occupazione. Così abbiamo perso tutto. Ci
hanno dato lo sfratto ed è venuto l'ufficiale giudiziario a intimarci di
lasciare la casa entro sette giorni. Il comune non ci aiuta e non sappiamo
come fare. In altri Paesi le famiglie con bambini vengono aiutate a superare
i momenti difficili, ma per noi non c'è niente. Se non ci dessero una mano
alcuni cittadini pesaresi, non avremmo neanche un po' di pane e latte con
cui sfamare le bambine". La famiglia è disperata. Si è data da fare in ogni
modo per superare il drammatico frangente. "Siamo disposti a lavorare per
metà della paga che darebbero a un italiano," continua Elisabetta, "ma
nessuno ci dà un'opportunità. Se il comune ci aiutasse solo per un po',
finché mio marito non trova un altro lavoro, saremmo grati al sindaco per
tutta la vita. Invece niente. Abbiamo anche provato a chiedere l'elemosina,
perché con due bambine non importa neanche la nostra dignità. Ma non c'è più
speranza". La famiglia ha deciso, così, di tornare a Belgrado, da dove fuggì
anni fa. Preferisce affrontare un futuro incerto piuttosto che trovarsi in
mezzo alla strada, esposta alle politiche anti-Rom, come tante sfortunate
famiglie e ad aggressioni da parte di razzisti, sempre più frequenti nel
nostro Paese. Il Gruppo EveryOne è vicino alla famiglia e avvia oggi una
raccolta fondi urgente per consentire ai genitori e alle due bambine di
rinnovare i documenti e tornare a Belgrado. "Chiunque voglia aiutare la
famiglia a tornare in Iugoslavia ci contatti," concludono gli attivisti,
"all'indirizzo email
info@everyonegroup.com o al telefono 331 3585406. Forniremo ai donatori
nome e cognome di uno dei genitori, cui è possibile inviare l'offerta con
Western Union o MoneyGram".
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Per ulteriori informazioni:
Gruppo EveryOne
+39 331 3585406 :: +39 393 4010237
info@everyonegroup.com :: www.everyonegroup.com