Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 09/02/2008 @ 09:15:00, in Italia, visitato 1684 volte)
di
Dijana Pavlovic
Il 27 gennaio in occasione di una giornata dal grande valore civile: la
Giornata della memoria, si svolgerà una manifestazione. Ma questa giornata
rischia di testimoniare una memoria selettiva. Infatti, in questa occasione così
significativa, nessun Rom potrà parlare e portare la testimonianza della
deportazione e del massacro del nostro popolo, nonostante ne sia stata fatta
richiesta al comitato organizzatore e nonostante il valore fondamentale di
parlarne in un momento che vede in questo Paese i rom indicati come il nemico
pubblico numero uno.
Nell’Italia democratica e civile i nostri figli muoiono di freddo e nei roghi e
nessuno si scandalizza. Gruppi di neonazisti entrano nei nostri campi,
minacciano, sparano e bruciano e nessuno si scandalizza. Ci rifiutano
l’assistenza sanitaria costringendoci a partorire per strada e nei campi. A
Milano fa freddo e più di cinquecento persone, uomini donne bambini e anziani,
dormono nel fango sotto le tende, spesso rotte e tagliate dalle forze
dell’ordine durante gli sgomberi. Ci distruggono le case, le uniche che abbiamo,
separano le nostre famiglie. Per noi varano leggi speciali. Con patti di
legalità ci proibiscono di ospitare nostri parenti anche solo per una notte, ci
danno un pass e ci controllano i documenti per lasciarci entrare in casa nostra.
I mass media ci criminalizzano e ci fanno apparire come un popolo di assassini
ladri e asociali, la politica ci considera un danno elettorale.
Ma per noi, questa è una vecchia storia. Dal 1400 ci hanno braccato come
animali, hanno fatto leggi e decreti per stabilire che la nostra vita non valeva
niente e che chiunque ci poteva uccidere senza nessuna conseguenza. Nei campi di
concentramento nazisti ci hanno portato nelle camere a gas, i nostri figli erano
le cavie preferite di Mengele e altri scienziati, in tutta Europa ci hanno
misurato crani e altre parti del corpo per provare che non siamo esseri umani
come gli altri.
Violenze, umiliazione, morte… Questa è la storia del mio popolo. Ed è sempre
trascorsa nel silenzio. Nonostante ci siano prove scritte, testimonianze,
fotografie, che confermano senza dubbi che siamo stati deportati non come
individui, ma come appartenenti a una razza inferiore, un popolo criminale e
asociale, per anni ci hanno negato questo riconoscimento. Il nostro orrore, che
chiamiamo Porrajmos, cioè distruzione, divoramento, non ha mai avuto voce.
Sarebbe inquietante dover pensare ancora oggi nella civile Milano che oltre 500
000 Rom morti nei campi di concentramento, anche italiani, non valgano, non
meritino memoria né riconoscimento. Forse è troppo scomodo e impopolare in
questo momento dar voce a chi rappresenta questo popolo, anche per chi porta
nella propria storia i valori fondamentali come antifascismo e antirazzismo?
Questi valori sono importanti anche per noi Rom, perché la loro affermazione ci
ha restituito la dignità e ci ha salvato dagli stermini, dalle umiliazioni e
dalla schiavitù in tutta Europa. Chi condivide questi valori e ne fa la propria
bandiera non può dimenticare che non conoscono compromessi, non possono
convivere con piccoli giochi politici per raccattare o non perdere qualche voto.
Dai Rom, un popolo sena terra e senza guerra, tutti possono imparare che ci sono
cose che non sono in vendita, mai e a nessuna condizione: la libertà e
l’identità culturale.
Il mio è un grido di dolore, non solo di chi appartiene a un popolo da sempre
discriminato e rifiutato, ma anche di una cittadina che crede nei principi di
uguaglianza e di libertà, che crede che il silenzio sul passato danneggia
gravemente le generazioni future e il futuro di una nazione, che la memoria è
importante solo se non è selettiva e se non ci sono censure sui fatti storici
perchè.
Per questo, noi parteciperemo lo stesso alle manifestazioni di questa giornata
per testimoniare lo sterminio dei nostri nonni e dei nostri padri ieri,e la
discriminazione e l’ingiustizia nei nostri confronti e nei confronti dei nostri
figli oggi.
Di Fabrizio (del 12/02/2008 @ 09:22:09, in Italia, visitato 1757 volte)
Ricevo da Maria Grazia Dicati
«Il presidente di Unicef Italia, Antonio Sclavi, e l'assessore alle Politiche
sociali del Comune di Roma, Raffaela Milano, hanno siglato oggi un protocollo di
intesa per la definizione di iniziative congiunte finalizzate alla promozione di
buone pratiche, da parte delle amministrazioni locali italiane, a favore dei
diritti dei bambini rom, sinti e camminanti». Lo comunica, in una nota,
l'assessorato alle Politiche sociali del Comune di Roma. «In particolare - si
legge - l'accordo prende atto dal riconoscimento del Comitato Onu per i diritti
dell'infanzia il quale, nelle sue Osservazioni conclusive sul Protocollo
opzionale per la convenzione sui diritti dell'infanzia, ha raccomandato che il
»Centro per il contrasto alla mendicità infantile« promosso dal Comune di Roma,
sia condiviso, come buona prassi, dalle altre città italiane. Il Centro per la
mendicità infantile del Comune è nato nel 2003 con l'obiettivo di contrastare il
fenomeno della mendicità infantile, accogliendo, in un ambiente familiare e
sereno, i bambini sottratti alla strada, assistendoli e tentando di intervenire
efficacemente sul loro contesto di vita. Il progetto è condiviso e con il
Tribunale dei Minorenni e con la Procura Minorile, oltre che con la Prefettura
di Roma. Un altro punto particolarmente innovativo del protocollo riguarda
l'impegno a collaborare per raccogliere e inserire il punto di vista dei bambini
e degli adolescenti rom nel futuro Rapporto al Comitato ONU sui diritti
dell'infanzia, in modo da poter ascoltare direttamente la voce, le aspettative e
i problemi vissuti dai minori.
Con il coinvolgimento di altri uffici Unicef europei, si favorirà lo scambio di
informazioni tra i diversi paesi, mentre per gli amministratori locali italiani
verrà redatto un vademecum sulle buone pratiche su questo tema».
«Il riconoscimento del lavoro avviato a Roma con il Centro di contrasto alla
mendicità infantile, da parte del Comitato delle Nazioni Unite sui diritti
dell'infanzia - ha dichiarato l'assessore Raffaela Milano - rappresenta per noi
una importante conferma della validità di un servizio innovativo che in questi
anni ha consentito di garantire a tanti minori sfruttati i propri diritti e,
allo stesso tempo, di combattere efficacemente e di assicurare alla giustizia
chi specula sulla sofferenza dei bambini, sia per l'accattonaggio che per lo
sfruttamento sessuale, come è avvenuto tra l'altro per le due indagini »fiori
nel fango« con l'arresto e la condanna di una rete di pedofili. Sono sicura che
questo protocollo siglato con Unicef servirà a rafforzare in tutti i comuni
italiani questa rete di impegno a tutela dei più piccoli, una assoluta priorità
per il nostro paese».
«Il Comitato Onu sui diritti dell'infanzia - sottolinea Antonio Sclavi,
presidente dell'Unicef Italia - ha raccomandato al nostro paese di non
discriminare i bambini e gli adolescenti rom, sinti e camminanti, assicurando
loro il diritto all'istruzione, alla salute, all'inclusione sociale, al gioco e
al tempo libero. I bambini e gli adolescenti rom, sinti e camminanti hanno
diritto a quanto sancito dalla Convenzione sui diritti dell'infanzia.
Partire dalla diffusione su tutto il territorio delle buone prassi realizzate da
singoli Comuni, come quella del Centro contro la mendicità infantile, utilizzare
un metodo fondato sull'ascolto dei bambini e degli adolescenti stessi,
assicurare il coinvolgimento dell'associazionismo questi i principali aspetti di
questa nuova collaborazione tra l'assessorato alla Politiche sociali del Comune
di Roma e l'Unicef».
Di Fabrizio (del 13/02/2008 @ 09:02:26, in Italia, visitato 1403 volte)
Ricevo da Roberto Malini
da www.annesdoor.com
Gloria, un'utente di Anne's Door è sorpresa da quanti reati siano attribuiti ai
Rrom e ci scrive: "Dopo il caso Mailat, i bambini di Milano torturati e
costretti a mendicare, ecco la rivelazione (di Roberta Angelilli, Alleanza
Nazionale n.d.r.) secondo cui in Italia ben 50 mila bambini Rrom sarebbero
schiavi di un racket composto da nomadi; ecco la vicenda dei Sinti che truffano
gli anziani e chesi rivelano proprietari di ville e montagne d'oro (l'ho
visto in un servizio televisivo)! Ecco la notizia, diffusa dai media, dei Rrom
del campo Casilino 900, a Roma, che hanno commesso un'infinità di reati e che le
autorità romane hanno presentato come una banda organizzata, contro cui hanno
mobilitato un esercito composto da più di cento carabinieri, pattuglie in
uniforme, militari a cavallo e unità cinofile. Siamo di fronte a un popolo di
criminali, geneticamente portati a commettere reati e azioni orribili o viviamo
in un Paese impazzito?"
Risponde Roberto Malini. Hai colto nel segno del problema e hai messo in rilievo
il castello di pregiudizi su sui si basa una persecuzione efferata, che si
giustifica agli occhi dell'opinione pubblica come "operazione di sicurezza" e
non "purga razziale". Cara Gloria, i nomadi che rapiscono bambini e li
costringono con torture, segregazione e minacce a rubare o prostituirsi; i Sinti
che si arricchiscono truffando gli anziani e posseggono ville e macchinoni; il
"linguaggio segreto" degli zingari scritto con il gesso davanti alle abitazioni
a scopo di rapina sono i soliti luoghi comuni usati dalla propaganda razzista.
Il partito nazista e la stampa di regime presentarono i Rrom proprio come un
popolo geneticamente degenerato e caratterizzato da un'indole immorale: ladri,
truffatori, schiavisti, padri e madri indegni, assassini senza scrupoli. La
realtà, Storia e Memoria ce lo insegnano, è ben diversa e i veri criminali non
furono i Rrom, ma i tedeschi e i loro complici. Criminali spietati, capaci di
azioni indescrivibili e omicidi orrendi contro uomini, donne e bambini
innocenti. Tieni presente, però, che quando i nazisti erano al potere e i media
lavoravano per presentare in modo umano la loro immagine, il popolo tedesco la
pensava come gli italiani di oggi e identificava negli zingari e nelle altre
minoranze che furono soggette a persecuzione la sorgente del male. Nessuno
avrebbe detto che Hitler, Goebbels, Eichmann o Himmler fossero mostri. I nemici
della sicurezza erano considerati, anche allora, i mendicanti, i poveri, le
famiglie Rrom dalle pelli scure e le usanze così diverse da quelle europee. Ma
torniamo al presente: Rrom e Sinti, purtroppo, sono poverissimi e non posseggono
ville né oro o diamanti; amano i loro bambini ("tanti bambini, tanta gioia", è
il loro motto) e non rapiscono quelli degli altri; hanno un livello di moralità
elevatissimo e condannano la violenza come il più grave dei mali; sono religiosi
e considerano la carità e la solidarietà come i massimi valori umani e sociali.
Non ho visto il servizio televisivo a
cui ti riferisci, ma ne ho lette e sentite tante, da molti anni. Se vuoi
combattere il pregiudizio devi tener sempre presente che i razzisti seguono una
strategia mediatica precisa, che è quella di giustificare la repressione
presentandola come un'azione necessaria per tutelare o ripristinare la
"legalità". Quello che gli uomini e i gruppi che si occupano di Diritti Umani
combattono è un atteggiamento persecutorio, che ha portato i Rrom in condizioni
tragiche di povertà. E' ovvio che le autorità giustificano sgomberi ed
espulsioni adducendo ai Rrom reati di ogni genere, ma quello che le Nazioni
Unite e l'Unione Europea chiedono - finalmente - ai Paesi civili è l'attuazione
di politiche volte a integrare i Rrom e a combattere la povertà che li annienta,
attraverso un sostegno pianificato (che l'Ue agevola con ingenti fondi, cui
l'Italia ha scelto di non accedere proprio per non favorire l'integrazione) e
comprendente alloggi, aiuti economici, assistenza sanitaria, strutture per
l'igiene, progetti di collocamento professionale, inserimento scolastico, tutela
dell'identità etnica di un popolo, attivazione di programmi
mirati a far conoscere la Storia, la cultura e la condizione dei Rrom ecc. In
tutti i casi cui ti riferisci, eccettuato quello di Mailat, che non è un Rrom,
ma un romeno di etnia Bunjas (anche quello, comunque, è un evento giudiziario
tutt'altro che chiaro), le autorità contestano reati diversi ai Rrom e i media
presentano le loro comunità come bande malavitose. Il caso recentissimo del
campo Casilino 900 è emblematico della persecuzione in atto. Le forze
dell'ordine sono entrate in un luogo di emarginazione simile a un campo di
concentramento, dove sopravvivono nelle più spaventose condizioni di indigenza
cento uomini, cento donne e duecentocinquanta bambini. La violazione commessa
nei loro confronti è stata totale: anziché ricevere aiuti e supporto (come
prevedono le leggi internazionali a tutela delle minoranze etniche e le
convenzioni internazionali per i Diritti Umani), sono stati perquisiti, espulsi
quando possibile, denunciati per reati assurdi, come la "violazione del diritto
d'autore", terrorizzati e umiliati sia individualmente che come popolo. Quando
abbiamo dubbi sulla persecuzione, Gloria, perché i media ci presentano i "buoni"
e i "cattivi" secondo una logica di regime, dobbiamo entrare in un campo Rrom e
tutto diventa chiaro: troveremo povertà, fame, malattie, morte, dolore,
abbandono, emarginazione. E nessuno che si prodighi per combattere i veri nemici
della società, che sono il razzismo, la crudeltà, l'abuso, la calunnia, la
miseria. Entriamo in un campo Rrom, finché è possibile, perché i pogrom hanno
decimato persino quei luoghi disperati di sopravvivenza e, al di là delle odiose
bugie della propaganda, sarà facile rispondere alla tua domanda: chi sono i
criminali, gli zingari o i loro persecutori?
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Di Fabrizio (del 26/02/2008 @ 08:10:08, in Italia, visitato 2907 volte)
Ricevo e porto a conoscenza:
PER LA CANDIDATURA DI DIJANA PAVLOVIC ALLE PROSSIME ELEZIONI POLITICHE
Noi sosteniamo la Sinistra l’Arcobaleno e l’idea di un nuovo soggetto politico
unitario di sinistra che raccolga le istanze di giustizia e uguaglianza della
società italiana.
In questa società crescono le differenze tra chi è povero e chi è ricco, tra chi
ha tanti privilegi e chi è senza i diritti elementari come il lavoro, la casa.
In questa società crescono le insofferenze verso le persone che vengono da
altri Paesi spinte dalla necessità di sopravvivere e crescono il pregiudizio e
l’odio contro chi è considerato troppo diverso per cultura, religione e
tradizioni. Questo pregiudizio e questo odio sono fomentati da una campagna che
fa della sicurezza garantita da leggi speciali il proprio tornaconto politico
dimenticando che solo la sicurezza economica e sociale, la tolleranza e il
rispetto tra i diversi possono garantire pace e serenità a una comunità.
Questo pregiudizio e questo odio colpiscono in modo particolare il popolo Rom,
una minoranza che conta in Italia 180.000 persone, metà delle quali cittadini
italiani, ma cittadini privati dei diritti fondamentali della cittadinanza, cosa
che non favorisce la loro partecipazione alla cosa pubblica.
Noi pensiamo che le prossime elezioni politiche italiane devono rafforzare la
presenza in Parlamento della parte politica che combatte contro le ingiustizie
sociali, le discriminazioni, il pregiudizio e il razzismo e crediamo che sia
importante che chi opera concretamente con questo impegno nella nostra società
debba rappresentare direttamente queste istanze.
La Sinistra l’Arcobaleno per noi rappresenta entrambe queste esigenze:
rafforzare la difesa dei diritti e il rifiuto delle discriminazioni economiche e
sociali e rendere possibile la partecipazione diretta di chi questa battaglia la
persegue concretamente sul territorio, nella società.
Per questo noi proponiamo alla Sinistra l’Arcobaleno di accogliere nelle proprie
liste Dijana Pavlovic, rom serba, cittadina italiana, impegnata, nella sua
attività di attrice e in quella civile quotidiana, nella battaglia contro tutte
le forme di pregiudizio e di razzismo, in particolare quelle che colpiscono il
suo popolo, l’anello più debole della catena sociale contro il quale si sfogano
le ansie, le insicurezze di una società sofferente di ingiustizia, precarietà e
diritti negati.
Breve curriculum di Dijana Pavlovic
Nata in Serbia l’11.11.1976, laureata presso la Facoltà di Arti drammatiche
di Belgrado, è cittadina italiana dal 1999.
Candidata alle elezioni comunali di Milano del 2006 nella lista Uniti con Dario
Fo per Milano, dopo i fatti di Opera, nel gennaio 2007 è tra i promotori della
Rete Nopattodilegalità che raccoglie associazioni, comitati, esponenti della
società civile contro il Patto di legalità e socialità del Comune di Milano che
sottopone a un doppio regime legale i cittadini Rom. Con questa rete organizza
per il 2007 iniziative – come la grande partecipazione dei Rom al corteo del XXV
Aprile – e sostegno alle condizioni di precarietà dei Rom (a Milano circa 40
sgomberi in un anno).
Nell’ottobre 2007 con lo sciopero della fame contro il Comune di Milano
favorisce la costituzione di un tavolo - che raccoglie le associazioni e il
sindacato milanesi – che elabora una piattaforma di intervento sulla questione
Rom.
Contribuisce a costituire il Comitato Rom e Sinti insieme, prima forma di
autoorganizzazione dei Rom. Per nome di questo Comitato interviene alla
Conferenza europea sulla popolazione rom organizzata dai ministeri degli Interni
e della Solidarietà sociale, il 22, 23 gennaio 2008 e alla audizione del
Comitato dell’ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale, a Ginevra
il 20 e il 21 febbraio 2008.
Sul piano artistico e culturale – con una carriera in Italia di attrice di
teatro, cinema e tv – nel 2006 è coautrice e protagonista di Porrajmos, azione
scenica con testi e musiche sullo stermino dei Rom; coautrice e protagonista di
Rom Cabaret, spettacolo costruito con testi della poesia popolare, canzoni e
racconti della cultura rom che rappresenta in diverse realtà; promuove e anima
la Settimana Rom nell’ottobre 2007 a Milano; in occasione della giornata della
memoria, febbraio 2008, organizza con la casa della cultura di Milano una
iniziativa con testimonianze dello sterminio di ebrei e “zingari”, infine è
attiva in tutte le occasioni di dibattito sul territorio nazionale sul tema
della discriminazione e della questione Rom.
***
per aderire all'appello ***
Di Fabrizio (del 03/03/2008 @ 09:01:18, in Italia, visitato 2106 volte)
di Nando Sigona *
[postmaster@osservazione.org]
pubblicato su
OsservAzione
Della sicurezza perduta
«Prima dell’entrata della Romania nell’Unione Europea, Roma era la capitale più
sicura del mondo... Bisogna riprendere i rimpatri». Era inizio novembre e
l’allora sindaco di Roma, Walter Veltroni, non faceva prigionieri e identificava
senza esitazione i colpevoli dell’ondata di criminalità che stava allarmando i
cittadini della capitale. La tragica morte di Giovanna Reggiani a seguito della
brutale aggressione da parte di un cittadino romeno aveva scosso profondamente
la città. Il governo, che si apprestava a varare il tanto annunciato
«pacchetto sicurezza», decideva allora di estrarne alcuni provvedimenti da
rendere operativi immediatamente attraverso il decreto-legge n.181/2007.
L’obbiettivo era facilitare l’espulsione di cittadini comunitari ritenuti dalle
autorità una minaccia per la pubblica sicurezza e per la sicurezza dello Stato.
La tempistica dell’intervento è stata oggetto di critiche, talvolta da posizioni
opposte. Secondo un funzionario del dipartimento per le Pari Opportunità
intervistato nelle settimane calde dell’emergenza, «fino a non molto tempo fa la
situazione appariva sotto controllo e non di nostra competenza e, probabilmente,
abbiamo sottovalutato la portata del fenomeno». A conferma di ciò, in
un’intervista al Financial Times, Romano Prodi affermava: «nessuno poteva
prevedere un flusso di tale portata. Nessuno si aspettava un tale esodo dalla
Romania verso l’Europa».
Nonostante gli sforzi compiuti dal ministro Ferrero e dal sottosegretario De
Luca nei mesi precedenti alla crisi per stemperare la tensione e promuovere
l’integrazione dei rom, alcuni osservatori hanno evidenziato come la carenza di
coordinamento tra i vari ministeri e tra il governo centrale e i comuni abbia
indebolito l’efficacia di queste pur valide iniziative.
Il provvedimento «urgente e necessario» nelle prime ore ha riscosso
l’approvazione pressocchè unanime delle forze politiche italiane – i distinguo
sono iniziati solo dopo qualche giorno, soprattutto in sede di dibattito
parlamentare – mentre ha suscitato un coro di proteste da parte delle
associazioni e del volontariato, ma anche di importanti osservatori
internazionali, che hanno manifestato perplessità per un provvedimento che, per
quanto di portata generale nella forma, appariva nella sostanza diretto ad un
gruppo specifico di persone: i rom romeni.
Per il presidente dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa: «l’arresto
di un cittadino rumeno sospettato per l’omicidio non deve portare ad una caccia
alle streghe. Il governo italiano ha il diritto di espellere dei soggetti sulla
base di considerazioni legate alla sicurezza, ma tutte le decisioni devono
essere prese su base individuale e non collettiva».
Il 19 dicembre, due settimane prima della scadenza dei termini per la
conversione in legge, il ministro per i rapporti con il parlamento, Vannino
Chiti, riferiva all’assemblea l’intenzione del governo di rinunciare alla
conversione per dei vizi formali. Dieci giorni dopo, il 29 dicembre, un nuovo
decreto (n.249/2007) veniva inviato al presidente della repubblica per la
necessaria firma. Il nuovo provvedimento riprende ampiamente la sostanza del
decreto precedente e la estende includendo anche misure per contrastare il
«terrorismo internazionale».
A distanza di qualche mese e con le elezioni alle porte può tornare utile una
riflessione su cosa è effettivamente accaduto nei mesi trascorsi, come è stato
applicato il decreto, chi e quante persone sono state oggetto di provvedimenti
di espulsione e quale è stato il suo impatto reale sui rom.
Un nuova caccia alle streghe?
Il decreto è stato presentato dai rappresentanti del governo come una risposta
necessaria al crescente allarme sociale causato dall’arrivo in Italia di un
cospicuo numero di migranti romeni e dalla comparsa di insediamenti di fortuna
abitati soprattutto da romeni di etnia rom in tutte le maggiori città italiane.
Per cogliere l’atmosfera che si respirava lo scorso novembre, ‘un continuo
recriminare contro gli stranieri senza precedenti nella storia recente
dell’Italia’ secondo il corrispondente del quotidiano britannico The Guardian,
può essere utile ricordare le parole pronunciate in conferenza stampa dal
prefetto di Roma a seguito dell’emanazione del decreto n.181: «Firmerò subito i
primi decreti di espulsione. La linea dura è necessaria perché di fronte a delle
bestie non si può che rispondere con la massima severità».
Le reazioni al decreto sono state diverse, coprendo un arco che va da chi ha
condannato il provvedimento come razzista e in violazione dei diritti umani, a
coloro che hanno suggerito che il decreto fosse in linea con la direttiva
dell’Unione Europea sulla libertà di circolazione dei cittadini degli stati
membri nel territorio dell’UE (2004/38/CE), a coloro che hanno visto nel decreto
una risposta populista all’allarme diffuso senza alcun impatto reale, o perchè
superfluo in quanto la normativa in vigore già permetteva le espulsioni in casi
di minaccia alla pubblica sicurezza o perchè troppo limitato nella sua portata.
A partire da gennaio 2007, quando Romania e Bulgaria sono entrate nell’Unione
Europea, la minaccia di un’«invasione» di migranti provenienti da questi due
paesi verso l’Italia ha occupato spazio crescente nei media. L’arrivo dei rom
romeni, iniziato in realtà ben prima dell’allargamento con l’abolizione dei
visti nel 2000, la nascita di campi irregolari, una serie di episodi di
criminalità riportati con clamore nei media e vecchi e profondi stereotipi e
pregiudizi verso «gli zingari» hanno contribuito a creare un senso di allarme e
minaccia crescente nell’opinione pubblica.
La tragica morte di Giovanna Reggiani ha fatto esplodere le tensioni che si
andavano cumulando e ha messo in evidenza e amplificato quello che si va a
configurare come un fondamentale terreno di confronto e scontro nella campagna
elettorale in corso: la sicurezza. Molte delle posizioni espresse dai politici
dei vari schieramenti nei giorni caldi di novembre possono essere lette come
parte di una battaglia di posizione per la conquista di questo terreno. Per
Veltroni, il decreto n.181/2007 è stato «la prima iniziativa politica» del
Partito Democratico che ha rotto la classica dicotomia tra sicurezza di destra e
solidarietà di sisnistra. Anche la sinistra radicale ha provato a dare una
risposta alla questione sicurezza e mentre il senatore di Rifondazione Comunista
Caprili invitava urgentemente la sinistra a «ritrovare una connessione
sentimentale con il proprio popolo», ricordando che «i campi nomadi non sono nei
quartieri bene ma nelle periferie», il presidente della Camera dei Deputati
Fausto Bertinotti affermava che per la sinistra non è sufficiente essere
tollerante. Sull’altro versante dello spettro politico, Gianfranco Fini si
faceva portavoce del fronte anti-immigrati attraverso dichiarazioni che hanno
suscitato sconcerto tra le associazioni anti-razziste e una mezza crisi
diplomatica con la Romania.
In un’intervista al Corriere della Sera, Fini definiva i rom come «una comunità
non intergrabile nella nostra società», persone che considerano «pressoché
lecito e non immorale il furto, il non lavorare perché devono essere le donne a
farlo magari prostituendosi, e non si fanno scrupolo di rapire bambini o di
generare figli per destinarli all’accattonaggio». Fini accusa il decreto di
essere blando e dice dovrebbero essere espulse 200-250 mila persone dall’Italia.
Dalla Lega Nord, invece, è arrivato un tentativo di allargare la cornice
interpretativa dell’emergenza all’intera questione immigrazione. Umberto Bossi
sulle pagine de La Padania dichiara: «Adesso tutti parlano di rom e di romeni,
tutta l’attenzione è puntata lì. E si dimenticano che ci sono tutti gli altri
immigrati, con tutti i problemi connessi. Non sono solo i rom a creare problemi
in questo Paese». E un altro esponente del Carroccio rivendica la paternità di
alcune delle misure incluse nel decreto n.181, anche se «copiate male e troppo
tardi» dal centro-sinistra.
In generale, si può affermare che la crisi ha prodotto un impoverimento della
qualità della dialettica politica. Secondo un esponente dell’Ufficio Nazionale
Anti-discriminazioni Razziali (UNAR), «assistiamo ad un deterioramento del
dibattito politico. Ciò che una volta era considerato razzismo è ora accettabile
ed è spesso sostenuto e legittimato con un uso strumentale e inaccurato di dati
statistici».
Una preoccupante conseguenza di questo abbrutimento è stata l’apertura di spazi
di legittimazione per quei gruppi e movimenti di estrema destra che da tempo
fanno della lotta «contro gli zingari» il loro cavallo di battaglia. Così, se il
movimento di Storace accusa la sinistra per «i millioni di immigrati che hanno
invaso l’Italia» e chiede il dispiegamento dell’esercito, Forza Nuova tappezza
la capitale di manifesti contro i rom e comunica attraverso il suo sito che il
tempo è scaduto e che «da oggi in poi tutti gli italiani sono moralmente
autorizzati all’uso di metodi che vanno oltre le semplici proteste per difendere
i compatrioti».
Gli effetti diretti e indiretti del decreto
Al 18 dicembre 2007, il decreto aveva prodotto 408 espulsioni, di cui 262 per
motivi di pubblica sicurezza, 124 per «motivi imperativi di pubblica sicurezza»
e 22 per cessazione dei requisiti di soggiorno. Dieci giorni dopo, il 27
dicembre, a poche ore dalla decadenza del decreto, il computo era salito a 510
espulsioni, di cui 181 per motivi imperativi. Pertanto si può affermare che il
provvedimento non è stato applicato per legittimare espulsioni di massa, come
alcuni avevano temuto ed altri avevano sperato.
Rispetto alla nazionalità degli espulsi, i dati ufficiali non offrono
delucidazioni. Si tratta come è evidente di un dato sensibile viste le accuse
mosse al provvedimento di essere diretto ad un gruppo specifico. Ad ogni modi,
dalle informazioni raccolte in alcune città italiane (Roma, Milano, Napoli e
Bologna) attraverso associazioni, prefetture e giornali, sembrerebbe che i
cittadini romeni, soprattutto di etnia rom, siano il gruppo più colpito. Il dato
sembra confermato anche dal fatto che i campi, regolari e irregolari, sono stati
oggetto di un setacciamento sistematico da parte delle forze di polizia in tutta
Italia.
Ma, al di là dell’applicazione diretta del provvedimento, il decreto ha avuto
anche degli effetti collaterali, più o meno voluti, sia sul piano simbolico che
materiale.
Il decreto, infatti, riconoscendo ufficialmente l’esistenza di una «emergenza
sicurezza» ha legittimato non solo quei gruppi di estrema destra che
tradizionalmente adoperano la paura dell’altro per fare politica, ma anche
quelle autorità locali che ormai da alcuni anni – a Bologna, Cofferati ha
iniziato la sua «battaglia per la legalità» nel 2005 con ripetuti e sistematici
sgomberi degli insediamenti non autorizzati di rom romeni – contrastano
l’insediamento di rom nei loro territori con l’arma degli sgomberi. In un anno
il solo comune di Roma ha sgomberato oltre seimila persone, molte delle quali
rom.
I rom, romeni e non, anche se non rappresentano una minaccia alla pubblica
sicurezza (nonostante i controlli a tappeto gli espulsi sono stati pochi) sono
sicuramente quelli che hanno risentito maggiormente non solo del clima generale
di caccia alle streghe, ma anche dell’applicazione del decreto. La campagna di
sgomberi dei comuni, i controlli nei campi e la schedatura condotta dalla
polizia, le accuse generalizzate da parte dei politici e gli attacchi di matrice
razzista hanno contribuito a diffondere un clima di grande insicurezza tra i
rom. Molte persone hanno deciso di abbandonare le città dove vivevano per
tornare in Romania o per spostarsi in luoghi meno pericolosi. I bambini rom
hanno risentito particolarmente di queste migrazioni forzate, essendo costretti
ad abbandonare la scuola e i luoghi conosciuti. Costretti alla macchia con i
loro genitori da iniziative politiche che forse producono vantaggi elettorali
nel breve periodo, ma che sul lungo termine creano criticità, riducono la
fiducia nelle istituzioni di quelli che sarebbero nuovi cittadini e minano ogni
tentativo, pur piccolo, di integrazione che si era avviato.
* Ricercatore presso il Refugee Studies Centre,
Università di Oxford e co-fondatore di OsservAzione [www.osservazione.org]. Il
presente contributo trae spunto dai risultati di una ricerca in via di
pubblicazione condotta da OsservAzione per l’Organizzazione per la Sicurezza e
Cooperazione in Europa (OSCE) tra novembre 2007 e dicembre 2007.
Di Fabrizio (del 05/03/2008 @ 09:04:31, in Italia, visitato 1936 volte)
Di Roberto Malini
I rom non posseggono nulla, vivono all'addiaccio, sono emarginati,
discriminati, temuti. I bambini rom, nei rari casi in cui è consentito loro di
accedere all'istruzione, vengono vessati, insultati e derisi dai compagni; non
di rado sono vittime di violenza.
Le leggi del popolo rom condannano ogni forma di violenza, soprattutto
quando le vittime degli atti violenti sono donne e bambini.
Politici, autorità e media, con un cinismo raccapricciante, approfittano spesso
della debolezza sociale e dello spirito pacifico dei rom per farne il capro
espiatorio di qualsiasi problema che riguardi la società.
Di fronte alle forze dell'ordine, i rom subiscono in silenzio ogni genere di
intimidazione e abuso.
Di fronte ai magistrati, i rom sono rassegnati, prima ancora che inizi il
procedimento a loro carico, a subire la più grave e iniqua delle condanne.
Davanti ai giornalisti che - quando si verificano episodi di cronaca - li
intervistano, i rom sanno già che le loro parole saranno travisate e che
serviranno a costruire campagne contro di loro, che verranno presentati come
esseri perfidi, sporchi, immorali, pigri, incapaci di qualsiasi sentimento
umano.
L'attuale deriva razziale che ha luogo in Italia consente ai nuovi razzisti di
adottare gli stessi metodi che utilizzavano le autorità naziste per giustificare
la persecuzione contro ebrei, zingari, omosessuali e altre minoranze. Sono
sistemi tanto semplici quanto appariscenti, utili a diffondere presso l'opinione
pubblica l'immagine del Rrom ladro, violento, truffatore, rapitore e sfruttatore
di bambini.
Oltre ai casi che i media hanno amplificato a dismisura lo scorso anno,
attribuendo ai rom ogni sorta di delitto, a partire da quello di Giovanna
Reggiani, commesso da un romeno povero e non da uno zingaro; oltre alla stretta
censura relativa agli omicidi e agli attentati razziali (una realtà che ha visto
nel solo 2007 numerose vittime rom e centinaia - sic - di soggetti rom
sottoposti a rischio di vita), minimizzati dai media e non perseguiti dalle
autorità, neanche quando rivendicati; oltre alle bugie raccontate dai nostri
rappresentanti istituzionali alle autorità europee per cercare di evitare severi
ammonimenti e condanne; oltre alla "caccia al rom" scatenata in tutto il
territorio italiano, vasta operazione di pulizia etnica che culmina con gli
sgomberi e le espulsioni; oltre a tutto questo, la "macchina" razzista
costruisce casi di cronaca finalizzati a connotare il popolo rom come una razza
diversa e degenerata, inguaribilmente asociale.
Quotidiani importanti, a tiratura nazionale, si fanno portavoce di tali campagne
di discredito e negli ultimi tempi presentano eventi in cui genitori rom
costringerebbero i loro figli e altri bambini, rapiti alle famiglie legittime, a
rubare, chiedere l'elemosina, prostituirsi. "Se ognuno di voi non porta a casa
almeno 800 euro al giorno, verrà picchiato, torturato, legato al guinzaglio".
L'opinione pubblica è ormai incapace di riconoscere la verità, quando essa viene
diffusa dai media e suffragata dalle autorità.
Come si farebbe, altrimenti, a credere che una famiglia rom che vive al freddo,
protetta da quattro fogli di cartone, in pessime condizioni di salute,
martoriata da rigori delle intemperie, fame, infezioni, topi, parassiti,
violenza e umiliazione "nasconda" in realtà almeno 24 mila euro mensili?
Come si farebbe a credere che bambini sottoposti a torture efferate, denutriti e
macilenti non colgano la prima occasione di libertà per sfuggire ai loro
carnefici?
Come si farebbe a credere ai tanti rapimenti di bambini di cui i rom sono
accusati, quando alle dicerie non corrispondano denunce di scomparsa, nei Paesi
di origine?
Può anche darsi, però, che la purga etnica faccia comodo alla maggior parte dei
cittadini italiani: non erano forse le folle sterminate ad acclamare il nuovo
mondo proposto da Hitler e dai suoi assassini?
I rom amano profondamente i loro bambini e i loro modelli educativi non
prevedono l'uso delle punizioni corporali: “Tanti bambini, tanta gioia,” recita
un adagio zingaro. La persecuzione istituzionale che li colpisce in Italia
costringe tutti i componenti delle famiglie rom a tentare di sopravvivere anche
con mezzi estremi e considerato che gli adulti sono ormai - a causa della
campagna razziale – considerati alla stregua di demoni malvagi, solo i piccoli
zingari riescono ad ispirare compassione nella cittadinanza e a raccogliere
qualche spicciolo.
Si tratta di legittime istanze di sopravvivenza; nemmeno i furtarelli cui i rom
sono a volte costretti dovrebbero essere perseguiti, perché la Costituzione
sancisce che persino la ribellione alle autorità diventa lecita quando
l'oppressione si fa intollerabile. Nella realtà, però, politici e autorità
costruiscono i numeri della loro "efficienza" opprimendo a dismisura i rom.
I numeri parlano chiaro. In una città come Milano, nel 2007 sono state arrestate
3408 persone. Di queste – lo afferma la Prefettura – 530 sono donne e uomini
rom. E' una cifra sproporzionata, se si considera che la percentuale rom della
popolazione della capitale lombarda ammonta a meno dello 0,5 per cento.
La conclusione che se ne può trarre è una sola: o si crede che i rom siano una
razza inferiore, composta da delinquenti incalliti oppure è in corso
un'operazione criminale di pulizia etnica, quel "crimine contro l'umanità" di
cui l'Italia dovrà rispondere al Cerd (Nazioni Unite) e alla Corte Penale
Internazionale de L'Aja.
Coloro che non sono ancora ottenebrati dal pregiudizio antizigano non avranno
difficoltà a ricostruire come vengano messe in atto le operazioni di polizia che
portano all'incriminazione di tanti genitori rom e alla sottrazione dei loro
bambini da parte delle Istituzioni. Qui di seguito, il più recente evento
mediatico che vede quali "mostri" tre genitori zingari, a Rho, vicino a Milano.
MILANO: COSTRETTI A MENDICARE SI RIBELLANO, DENUNCIATI TRE NOMADI
Milano, 1 mar. - (Adnkronos) - Erano costretti dai loro genitori a chiedere
l'elemosina, ma i piccoli schiavi si sono ribellati e, attraverso Telefono
Azzurro, sono riusciti a denunciare i genitori.
E' quanto accaduto a Rho, alle porte di Milano. I militari hanno denunciato due
uomini (R.M., 37 anni e M.Z., 43 anni) e una donna (S.S., 26 anni), tutti
domiciliati nel campo nomadi di via Sesia, per induzione all'accattonaggio e
inosservanza dell'obbligo di istruzione elementare dei minori. I carabinieri
sono riusciti a documentare, anche con l'ausilio di telecamere, che i tre
costringevano i rispettivi figli, di 12, 11 e 6 anni, con minacce e continue
percosse a chiedere l'elemosina in varie parti della citta': parcheggi, centri
commerciali e semafori.
A far scattare l'indagine la denuncia del dodicenne che, in forma anonima, aveva
chiesto aiuto all'associazione Telefono Azzurro e aveva espresso il desiderio di
tornare a scuola. I tre piccoli sono stati affidati a una struttura di
accoglienza e presto potranno tornare tra i banchi. (Afe/Lr/Adnkronos)
Di Fabrizio (del 13/03/2008 @ 09:17:15, in Italia, visitato 1749 volte)
Da
ViviMilano - Corriere della sera
31 anni, serba e di etnia rom spiega perché si candida:
«Voglio aiutare i rom e con loro difendere i diritti di tutti»
MILANO - Dopo la pornostar Cicciolina, il transgender Luxuria, arriva una
nuova candidatura provocatoria per il parlamento italiano: la zingara.
Dijana Pavlovic, serba e romni (donna di etnia rom), attrice e mediatrice
culturale è, infatti, la numero 8 della lista della Sinistra Arcobaleno alla
Camera. «Il comitato nazionale rom e sinti ha chiesto a tutti i partiti
italiani di candidare un suo rappresentante. La Sinistra Arcobaleno è stata
l'unica a rispondere», spiega Dijana. «Ma di certo, mai mi sarei candidata con
Berlusconi o con Veltroni. Non mi sarei messa in lista con chi vuole «patti di
sicurezza» o con chi vuole cacciare via dal Paese chi è diverso».
Ama la sua gente, 31 anni anni, non ha figli. Strano per una rom: «Ho
posticipato l'evento. Ho studiato e mi sono laureata. Ma adoro i bambini. Ci
lavoro tutti i giorni». E allora la provochiamo: «Se avessi dei bambini li
manderesti a chiedere l'elemosina? «Certo se avessi problemi economici , - ci
risponde - e se mi trattassero male come oggi vengono trattati gli zingari,
allora non mi farei scrupoli. Ora però ho un solo obiettivo. Andare in
Parlamento per cercare di risolvere le problematiche dei rom e con loro
difenderò i diritti di tutti gli italiani».
Per strada canta, beve alla fontana, gioca con la gente, chiede il
voto per la sua lista e ottiene sorrisi. Quando vuole leggere la mano qualcuno
scappa. Poi si avvicina una nomade romena che le chiede l'elemosina e allora
coglie l'occasione per spiegarci i problemi dei rom di via Triboniano e di
quelli che vivono a Sesto San Giovanni: «Da più di un anno vivo con loro nelle
baracche, nel fango sotto la pioggia e vedo le donne partorire per strada. Posso
assicurare che ci sono anche i rom buoni, quelli onesti, come me. E sono la
maggioranza». E se ne va, in attesa di conoscere Fausto Bertinotti, venerdì 14
alla presentazione al teatro Smeraldo, decisa a giocarsi le sue chances.
Nino Luca
12 marzo 2008
Di Fabrizio (del 17/03/2008 @ 08:41:32, in Italia, visitato 1660 volte)
Ricevo da Tommaso Vitale
Milano: Nelle ultime settimane diversi quotidiani, ma anche volantini distribuiti in
quartiere, hanno descritto la situazione della baraccopoli sorta presso la
Stazione Nord, parlando di rischio di sicurezza, di paure, di aggressioni
presunte e - soprattutto - di un aumento del degrado del quartiere a causa
dell'inquinamento … prodotto dai Rom!
La zona dove si sono stabilite le famiglie Rom è quella a suo tempo occupata
dalle fabbriche chimiche della Montecatini Edison: un terreno dismesso da oltre
30 anni senza che sia mai stata fatta alcuna bonifica e che, anche con gli
abbattimenti degli edifici preesistenti, ha rilasciato sul terreno residui
chimici (metalli pesanti, oli minerali, arsenico), estremamente nocivi.
I pericoli di quest'area sono reali e lo sono, in primo luogo, per le famiglie
Rom, che rischiano gravi danni alla salute.
Ma, come diceva una donna citata su un quotidiano in questi giorni, i Rom "da
qualche parte dovranno pur andare". La politica attuata da tutti i Comuni fatta
di sgomberi senza soluzione, non ha prodotto alcun risultato ma solamente uno
spostamento del "problema" da quartiere a quartiere, da città a città.
E' necessario affrontare con tempestività la situazione che si è creata nel
campo della Bovisa, perché l'ennesimo sgombero senza offrire delle alternative è
inaccettabile.
Ma è arrivato anche il momento di affrontare seriamente una politica abitativa
che dia risposte effettive a chi ha bisogno di alloggi : dai cittadini milanesi,
agli studenti fuori sede (che proprio in questo quartiere sono costretti ad
affitti intollerabili), ai cittadini stranieri che abitano la nostra città, Rom
compresi.
Chiediamo alle istituzioni – Regione, Provincia e Comune, - che costituiscano al
più presto un tavolo inter-istituzionale insieme alle associazioni che lavorano
con i Rom, per gestire l'emergenza del campo della Bovisa ed effettuare subito i
doverosi interventi umanitari.
Lo richiede la civiltà di questo quartiere e dei suoi abitanti, che aspettano da
sempre sostanziali interventi che migliorino davvero l'ambiente e la vita.
MARTEDI 18 MARZO 2008 - ORE 21
presso
BIBLIOTECA RIONALE DERGANO - BOVISA
Via Baldinucci, 76 Milano – tel. 0233220541
Le associazioni di quartiere invitano ad un incontro pubblico per discutere
su questi temi e riflettere su una realtà, come quella del mondo Rom,
sconosciuta e giudicata, spesso, solo attraverso pregiudizi e stereotipi.
Associazione 'Luca Rossi' per l'educazione alla pace e all'amicizia tra i
popoli - Bovisa verde - Centro Culturale Multietnico 'La Tenda'
Di Fabrizio (del 17/03/2008 @ 16:08:06, in Italia, visitato 1578 volte)
Da
il manifesto del 16 Marzo 2008
al voto
I fantasmi di Opera nell'urna di aprile
Se la «sicurezza non è di destra e non è di sinistra», come sostiene il Pd, chi
voteranno i cittadini di Opera? Un significativo test elettorale nell'hinterland
di Milano, dove un gruppo di razzisti «bipartisan» incendiò un campo rom Il
leghista che organizzò il piccolo pogrom oggi è candidato per il Pdl. «Quei
fatti hanno lasciato un segno profondo e rafforzato l'estrema destra, ma il
centrosinistra ce la farà», dice Riccardo Borghi (Pd)
Luca Fazio
Milano
Quanto paga, in percentuali di voto, impostare una campagna elettorale soffiando
sul fuoco della paura o «insicurezza percepita», bizantinismo politicamente
corretto che serve a giustificare politiche repressiva, derive razziste
comprese? In questa noiosa campagna elettorale versione light (appesantita solo
dalle solite gag di Berlusconi), meglio chiederselo per tempo, prima che lo
scandaloso discorso sulla «castrazione chimica» di Veltroni trovi pane per i
suoi denti, magari «un orribile fatto di cronaca», prima del prossimo
spettacolare delitto commesso da un «extacomunitario», un rumeno sarebbe
perfetto, prima ancora che prenda fuoco il prossimo campo di zingari (le
bottiglie incendiarie sono all'ordine del giorno).
Il laboratorio di Opera
A bocce ferme, Opera, 14 mila abitanti a sud di Milano, è un laboratorio
perfetto per scoprire se è vero che per riconquistare «il nostro popolo» sia
necessario ripetere come un mantra «la sicurezza non è di destra né di
sinistra», maniera elegante per dire che anche un elettore del Prc, a denti
stretti, ormai ammette che il problema esiste, che zingari e rumeni proprio non
li sopportiamo; uno del Pd, se dovesse servire, avrebbe meno problemi a metterlo
nero su bianco tra le righe della legge Bossi-Fini, che non a caso non è mai
stata messa in discussione dal governo Prodi.
A Opera, il 13 aprile, si vota per le amministrative. E' passato del tempo da
quando alcuni cittadini, istigati del leghista Ettore Fusco, appiccarono il
fuoco a un campo rom della protezione civile destinato a trenta famiglie, con
molti bambini iscritti a scuola. Nemmeno troppo, però. Tutti hanno ancora
impresso nella memoria quella sera del 21 dicembre 2006, e il piccolo pogrom
casereccio che ha segnato una svolta imbarazzante per la politica sicuritaria
che guarda a sinistra. Quel presidio illegale e minaccioso è durato un mese, e
anche i piccoli rom sono stati minacciati e presi a sputi; è stato organizzato
da esponenti della destra locale ma è stato sopportato, e supportato, anche da
cittadini che avevano votato per il centrosinistra. E adesso? Gli operesi
dovranno scegliere se confermare quella giunta di centrosinistra che aveva
accettato il campo, oppure premiare la battaglia razzista del candidato sindaco
scelto dal centrodestra. Chi è? Proprio lui, Ettore Fusco, il leghista che è
appena stato assolto dall'accusa di istigazione a delinquere per aver
organizzato la spedizione contro gli zingari (otto operesi sono ancora sotto
processo per quel raid tollerato da politici e istituzioni). Il suo vice,
Alberto Pozzoli, 27 anni, proviene invece da Azione giovani e fa politica nella
curva dell'Inter, suo lo striscione che sventolava sulle gradinate dello stadio
lo scorso inverno, «Opera non mollare».
Centrosinistra sotto shock
«Loro stanno facendo la campagna elettorale all'insegna del terrore e dell'odio
ma noi vinceremo sicuramente le elezioni», giura il sindaco uscente Alessandro
Ramazzotti, ex diessino convertito al Pd che a suo tempo fu schiacciato, e
scioccato, dall'incapacità della politica e delle istituzioni di sopportare la
spallata xenofoba del centrodestra. Una candidatura scandalosa? Ramazzotti non è
stupito, «le idee di Ettore Fusco sono coerenti con quelle del centrodestra,
candidarlo a Opera ci sta, non mi scandalizzerei, e poi è stato assolto...».
L'ottimismo del sindaco uscente poggia su un dato incontrovertibile: nella sua
cittadina il centrosinistra perde le elezioni nazionali ma ribalta
clamorosamente il risultato nelle amministrative: 62% dei voti nel 2003 (dal
1945, fatta eccezione per una breve parentesi forzitaliota - 1995/1998 - è
sempre andata così). La sua analisi è un condensato del Pd pensiero, che sia
efficace è ancora tutto da dimostrare: i nostri cittadini sono preoccupati
perché vivono peggio di prima e «la loro diffidenza è comprensibile», nello
stesso tempo dobbiamo riconoscere che «i rom non sono solo dei perseguitati
poiché svolgono anche attività irregolari», quindi «dobbiamo attivare percorsi
di inserimento». Quali, è il problema, e non solo a Opera. Comunque, «il
centrosinistra, qui, prima ha subìto un contraccolpo, poi ha lavorato bene, sono
sicuro che i nostri cittadini non siano stati tutti annebbiati da quella
vicenda».
La radicalizzazione della destra
Il punto però non è la disperante pochezza del candidato Fusco (di memorabile,
dopo l'assalto, va registrato solo un simpatico corso di autodifesa in una
palestra frequentata da quindici persone), ma «quell'esplosione di razzismo che
ha causato una forte radicalizzazione della destra sul territorio e che
sottotraccia potrebbe aver intercettato la sensibilità del nostro popolo, che
rischiamo di non saper più gestire». Ecco la preoccupazione di Matteo Armelloni,
assessore alle politiche sociali del Prc. Spesso, anche tra i «suoi», gli viene
mossa questa obiezione: «Voi siete bravi, però quella roba degli zingari non
dovevate farcela». Non per dire che gli operesi siano tutti razzisti, o
annebbiati, ma si capisce che quell'assalto al campo riguarda la sinistra, o
centrosinistra, eccome. C'è stata forse una sincera riflessione sul fatto che la
prima imbarazzante protesta spontanea sia stata organizzata dai Verdi locali
(quattro presidianti e il cartello «dopo la discarica ci mandate i rom»)? No. E
vorrà pur dire qualcosa se l'assessore Armelloni, dopo i fatti di dicembre, è
stato costretto ad accettare per quattro mesi la scorta della polizia, solo
perché oltre che «amico degli zingari» è anche marito di una donna straniera.
Sinistra e Pd alla prova del voto
Se questo è stato il clima che si è respirato, «oggi non si può più vivere di
rendita rispetto al 62% del 2003». Esordisce così, con molta prudenza, Riccardo
Borghi, il candidato sindaco alle amministrative per il Pd (qui è saldamente
alleato con la Sinistra Arcobaleno). «Quei fatti - spiega - non sono stati
irrilevanti e hanno lasciato un segno, hanno vivificato delle forze che a Opera
non hanno mai avuto dignità di soggetto politico. Sono emerse formazioni
giovanili di destra che si sono compattate, per noi è una situazione inedita.
Sicuramente tutto ciò avrà un ricasco elettorale». La vicenda dei rom, prosegue,
ha fatto nascere stati d'animo di disaffezione alla politica: «Fate tanto per i
rom e non fate niente per la nostra gente», questo dicono, ecco un'altra
obiezione che mette il centrosinistra con le spalle al muro. «Un tema delicato
come quello dell'accoglienza non si può affrontare senza considerare il
malessere del ceto medio che si è impoverito, sono persone che prima stavano
meglio e ora vivono la sindrome dell'abbandono, in parrocchia ci sono riunioni
dove le giovani coppie si lamentano perché non riescono a pagare l'affitto, e
questo disagio che definirei di tipo esistenziale aspettava solo l'occasione di
poter esplodere». Borghi individua dei colpevoli, «Provincia e Prefettura hanno
giocato in modo maldestro», ma non si tira indietro nell'ammettere qualche
responsabilità: «Noi abbiamo clamorosamente sbagliato quando abbiamo accettato
quel campo lasciando poi la gestione della comunicazione a quella piazza
arrabbiata, in quel modo ci siamo intrappolati da soli». La poltrona di sindaco
è a rischio? «Attorno a quel presidio si poteva creare un'aggregazione forte, ma
credo che non sia andata così. Abbiamo scelto di non avvitarci in
contrapposizioni che avrebbero potuto spaccare il paese, e constato con
soddisfazione che tutti i tentativi di far rivivere quel clima sono falliti
miseramente. Sono ottimista perché credo che l'opinione degli operesi moderati
non possa riconoscersi nel candidato di centrodestra, certo che l'abbinamento
con le politiche, in un momento come questo, non ci favorisce di sicuro».
Non c'era posto per loro
Conosce gli operesi don Renato Rebuzzini, modi spicci e nomea da «prete
comunista», come sempre accade quando gli uomini di chiesa si mettono al
servizio degli ultimi. A Opera ha detto messa per 14 anni, adesso è incaricato
nella parrocchia di Paderno Dugnano. La vigilia di natale 2006, scandalizzando,
accolse i parrocchiani parafrasando il Vangelo di Luca: Maria e Giuseppe, e il
figlio appena dato alla luce costretto in una mangiatoia, «perché non c'era
posto per loro nell'albergo». Don Renato con questo passo - «non c'è posto per
loro» - chiudeva alcune riflessioni che aveva fotocopiato per i suoi fedeli.
Scriveva: «Vedevo donne e uomini, giovani e anziani, anche bambini, tutti
assatanati, privi di ogni intelletto e di ogni sentimento vagamente umano».
Parole che non sono state apprezzate. Secondo don Renato il rischio di un grosso
spostamento elettorale esiste, eccome. «La spudoratezza di candidare un
personaggio come Ettore Fusco è inquietante, significa che hanno la percezione
di aver toccato delle corde che vibrano moltissimo. E' accaduto anche a persone
che avevano ruoli di responsabilità nella mia parrocchia, mai me lo sarei
aspettato, tutti accalappiati emotivamente da quella gazzarra, dicevano che non
bisognava bruciare le tende, però, però...». Però.
Di Fabrizio (del 19/03/2008 @ 14:13:36, in Italia, visitato 1586 volte)
ciao a tutte/i,
vi giro un comunicato stampa sullo "sgombero a rate" di questa mattina in Bovisa.
Un abbraccio,
Piero Maestri – Consigliere provinciale, Sinistra Critica
COMUNICATO STAMPA
Lo "sgombero" dei Rom alla Bovisa: la polvere sotto il tappeto
Questa mattina il Comune di Milano ha inaugurato la politica dello "sgombero a
rate". Una ventina di agenti della Polizia municipale (in assetto anti-sommossa.
..), accompagnata da ruspe e camion, si è presentata alle 7.30 all'insediamento
occupato da famiglie Rom in via Bovisasca (in questo momento probabilmente la
più grande baraccopoli di Milano – con circa 700 persone tra le quali 200
bambini - perché raccoglie gran parte dei Rom cacciati dagli altri campi) per
un'operazione definita di "alleggerimento e messa in sicurezza" di una parte
dell'area.
In pratica sono state smontate (con il contributo attivo degli stessi Rom) una
decina di baracche da una parte del campo - quella più visibile dalla strada e
dalla stazione ferroviaria - permettendo che venissero ricostruite dall'altro
lato del campo. Per fortuna nessuno “sgombero” per ora (anche perché lo stesso
Prefetto si è detto contrario, in mancanza di alternative) , in attesa di altri
interventi analoghi prossimamente.
Obiettivo? "Risolvere" il problema al solito modo: nessuna soluzione concreta e
lo spostamento del problema da un'altra parte della città - sperando che la
concentrazione numerica delle famiglie si riduca in mille rivoli più
sopportabili politicamente. E intanto mantenere in vita un’emergenza che può
sempre tornare utile in campagna elettorale, praticando per ora solamente un
"alleggerimento" della pressione giornalistica e dell'opinione pubblica: questo
vuol dire nascondere la polvere sotto il tappeto.
Per fortuna si è verificato un fatto nuovo. Non si è vista in questi giorni in
Bovisa la consueta mobilitazione dei cittadini "esasperati" . Al contrario, ieri
sera un'affollata assemblea nella biblioteca del quartiere - organizzata da
associazioni della zona - ha messo in evidenza come il degrado di quell’area non
sia il risultato dell'insediamento dei Rom, ma lo preceda: un degrado causato
dalla dismissione di fabbriche chimiche della Montecatini Edison, che ha
lasciato nel terreno una forte e pericolosa contaminazione chimica.
Quell'assemblea ha espresso quindi la forte consapevolezza che una risposta al
degrado non deve necessariamente essere trovata sulla pelle dei Rom, ma
possibilmente insieme a loro e provando a rispondere anche ai loro bisogni -
primo tra tutti rendendo possibile un'alternativa a quell'insediamento insalubre
e pericoloso. La presenza di alcune/i cittadine/i della Bovisa questa mattina
insieme alle famiglie Rom è certamente un bel segnale in quella direzione.
Quanto successo oggi dimostra ancora una volta che non ci possono essere
scorciatoie repressive, per quanto condotte "a rate" e con una certa
"gentilezza" : deve invece essere messa in campo la volontà politica di
affrontare seriamente il tema dell'accoglienza e della politica abitativa -
offrendo una risposta su scala metropolitana. Il primo passo è quello che da
tempo chiedono le associazioni impegnate quotidianamente nell'affrontare le
"emergenze" sociali: convocare un tavolo inter-istituzionale alla presenza di
Regione, Provincia, comuni dell'area metropolitana milanese e associazionismo
sociale per trovare insieme soluzioni davvero utili ai bisogni dei cittadini del
quartiere e delle famiglie Rom.
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