L'istruzione, elemento centrale nel progresso del popolo rom
E' notorio per tutti l'importanza fondamentale che ricopre l'istruzione, nello
sviluppo della persona e delle popolazioni.
C'è un ampio consenso tra professionisti e rappresentanti delle diverse comunità
rom, quanto all'importanza fondamentale dell'istruzione rispetto alla crescita
sociale. Allo stesso modo, c'è consenso nell'evidenziare le difficoltà
incontrate per abbordare in modo efficace le situazioni maggiormente
problematiche in questo campo.
"Se dai un pesce a un uomo affamato, lo nutri una giornata. Se gli insegni a
pescare, lo nutrirai per tutta la vita". (Lao-tsé)
Nel caso delle comunità gitane, si continua a constatare un certo disavanzo. L'abandono
prematuro del sistema scolastico, nello specifico durante la transizione tra la
scuola primaria e secondaria, gli alti indici di assenteismo, il limitato
accesso ai nidi e alla scuola materna, o la percentuale bassa di promossi verso
i livelli medi e superiori, sono motivi di preoccupazione per tutti gli
operatori implicati.
Un approccio della situazione della popolazione gitana Navarra, in relazione al
sistema dell'istruzione, rileva l'esistenza di diverse situazioni:
Situazioni di accesso normalizzato al sistema scolare tra i 3 e 16 anni, che
si riscontra in un gruppo che incomincia il suo percorso dal prescolare e
termina la scuola dell'obbligo, benché tuttavia con scarsi casi di promozione ai
livelli superiori.
Situazioni di inserimento nel sistema scolastico, che presentano però problemi
riguardo all'assistenza regolare e la continuità nell'ultima fase
dell'insegnamento dell'obbligo.
Situazioni di gravi esclusioni dal sistema scolare, come la descolarizzazione
di minori durante il percorso relativo alla scuola dell'obbligo (6-16 anni),
l'assenteismo protratto, l'irregolarità nell'assistenza e l'abandono precoce
senza giungere fino alla tappa delle classi secondarie.
La mancanza di accesso ai nidi e alla scuola materna (0-6 anni), comporta
importanti effetti di svantaggio rispetto agli alunni che si sono inseriti già
durante questa tappa. Nonostante l'accesso dei bambini e bambine gitani a questi
livelli si stia incrementando, non può però essere considerata una tendenza
maggioritaria né durante il ciclo pre-scolare (0-3 anni), né tantomeno nel ciclo
della materna (3-6 anni).
"La grandiosità dell'imparare qualcosa, sta nel fatto che nessuno può
togliercelo". (B.B King)
Uno degli obiettivi del
Piano di Assistenza Globale alla Popolazione Rom di
Navarra è quello di aumentare le competenze del corpo insegnante, e
dell'insieme degli operatori che agiscono nell'ambito educativo, con lo scopo di
migliorare l'efficacia degli interventi riguardo agli alunni rom.
Uno dei mezzi contemplati dal Plan è quello di introdurre e diffondere in aula
diverse risorse, mirando a una particolare attenzione nei confronti della
diversità.
Il ministero dell'educazione adatterà e svilupperà insieme all'alunno rom
alcuni sistemi validi che abbiano ottenuto risultati positivi nelle aule
(materiale interculturale, pedagogico ecc ...).
Il ministero dell'educazione includerà nella sua offerta formativa, una
formazione specifica del corpo insegnante in merito alla cultura gitana,
adattamento curriculare e particolare attenzione nei confronti della diversità.
Si realizzeranno azioni di sensibilizzazione insieme alle famiglie rom, con lo
scopo di stimolare la loro implicazione nello sviluppo dell'istruzione dei
propri figli(e)
Si svilupperanno attività scolastica dei genitori, con lo scopo di stimolare
la partecipazione degli stessi alle attività dei vari centri e APYMAS
(associazioni di padri e madri).
"Insegnare ai bambini a contare è buono, però insegnar loro quello che realmente
conta è ancora meglio" (Bob Talbert)
"IO VADO A SCUOLA"/"K-I SKÒLA 3AV"/"ESKOLARA NOA", è una campagna di
sensibilizzazione che pretende di contribuire a ridurre le disugualianze
educative esistenti tra la comunità rom e il resto della società, ciò per mezzo
di questo documentario.
Questo documentario riflette testimonianze di bambini e bambine, adolescenti,
giovani, donne e uomini adulti, ognuno protagonista della propria campagna di
sensibilizzazione. In queste testimonianze loro esprimono le loro opinioni e il
loro vissuto rispetto all'istruzione formale.
Il suo formato audiovisivo e di breve durata permette di farlo giungere a
tutta la popolazione.
Apporta esempi, opinioni, riflessioni, che ci aiuteranno a lavorare su questo
tema.
E' stato progettato ed elaborato dalla comunità rom.
Solo colui che sa è libero, è maggiormente libero colui che sa di più...
Solo la cultura dona libertà...
Non proclamare la libertà di volare, piuttosto dona delle ali; né quella di
pensare, piuttosto dona pensieri.
La liberà dei popoli è la cultura.
(Miguel de Unamuno)
Le hanno detto che puzza ed è stupida, è finita in psichiatria
- Barbara Matejcic -
22.01.2013.
Alla fine dell'anno scolastico T.M. (14 anni) avrebbe terminato la scuola primaria e
avrebbe continuato gli studi, probabilmente in un istituto turistico dove
avrebbe ottenuto il diploma da cuoca. Questo era il suo sogno.
Invece T.M. è a casa da mesi, assume farmaci potenti, dorme molto, guarda la
televisione, ripassa poco le lezioni e tralascia lo studio. All'inizio dell'anno
scolastico, il 15 settembre, è stata ricoverata all'ospedale municipale a
Cakovec con la diagnosi di "disturbi d'ansia", così è scritto nella cartella
clinica. Due giorni prima si mostrava estremamente spaventata, dormiva male, era
ansiosa e nervosa, piangeva, non mangiava quasi nulla, aveva gli incubi e
pregava la madre di stare sempre con lei. É Stata ricoverata a Cakovec per un
peggioramento delle sue condizioni e, dopo tre giorni, è stata trasferita
all'Ospedale psichiatrico per bambini e giovani di Kukuljevicevo, a
Zagabria.
Nel reparto psichiatrico di Kukuljevicevo è stata messa su una barella, piangeva
e chiamava la madre e si lamentava delle vessazioni subite da parte dei compagni
di classe, secondo le dichiarazioni uscite dall'ospedale.
T.M. è alunna della scuola primaria Hodosan del comune di Međimursko. È l'unica
rom tra i 16 alunni della sua classe. La sua famiglia proviene dal villaggio rom
di Pribislav trasferitasi da due anni e mezzo nella cittadina di Hodosan. Suo
padre V.M. dice che se ne andarono da Pribislav a causa della povertà del
villaggio e nella speranza in un futuro migliore. A Hodosan hanno una bella casa
dove ci troviamo a parlare. Nella stanza di T.M. le pareti sono tinte di rosa
e viola con fiori applicati e le scritte "Love" e "Girl".
[] Il direttore "Non si possono educare i bambini a bastonate ne influenzarne i
genitori"
Il padre sostiene che abbia avuto problemi nella scuola di Hodosan dopo il
passaggio in 6a. Sedeva da sola in ultima fila, gli altri bambini la chiamavano
"zingara", le dicevano che puzza e che è stupida, non volevano stare in sua
compagnia, non volevano nemmeno prenderle la palla dalle mani durante l'ora di
educazione fisica e lei spesso tornava a casa piangendo.
Nonostante ciò era brava a scuola, ha frequentato i corsi supplementari ed ha
superato la 6a e la 7a classe con successo. Il padre ha detto di essersi recato
alla scuola una trentina di volte per segnalare il comportamento degli studenti
ma il preside gli ha risposto che "non si possono educare i bambini col bastone
ne influenzarne i genitori". Nel giugno 2012, durante un'assemblea di classe, il
padre della ragazza ha pregato i genitori degli altri alunni di parlare ai
propri figli. Chiese aiuto al centro per l'aiuto sociale dicendo che avrebbe
tolto la figlia dalla scuola a causa dei pericoli per la sua salute mentale, gli
è stato risposto che avrebbe dovuto pagare una multa per l'abbandono scolastico.
All'inizio di quest'anno scolastico T.M. è crollata e da allora, sotto
consiglio medico, ha smesso di frequentare le lezioni.
Durante un'intervista telefonica l'insegnante Zeljka Tot ha detto "i bambini
sono bambini" ma ha affermato di non aver mai sentito parlare di maltrattamenti.
T.M. è stata descritta come una bambina coscienziosa e solitaria che studia
molto. Non ha mai dato problemi agli insegnanti. Ha aggiunto che non
socializzava con gli altri bambini. Il padre dice che, da quando ha smesso di
andare a scuola, nessuno ha mai chiamato per sapere come stava, ne gli studenti
ne gli insegnanti. L'insegnante ha confermato dandone la causa ai genitori che
non avrebbero saputo motivarne l'assenza.
Il direttore Ivan Baric ha detto a sua volta che si tratta di "una scuola
piccola, pacifica ed esemplare" e che non ci sarebbe niente di cui lamentarsi in
T. M., ma che le accuse del padre non sono vere. Ha confermato che il padre
fosse venuto a scuola ma solo "due o tre volte" e di certo non più di dieci.
"Non abbiamo notato nulla di quello che ha affermato, ma non possiamo sapere
esattamente cosa sia successo. Sappiamo molto sulla popolazione rom e spesso
costringono le bambine a ritirarsi dalla scuola primaria per farle sposare
precocemente " afferma il direttore Baric.
Però il padre insiste sull'importanza di continuare l'educazione della figlia e
intende trasferirla in un'altra scuola, a Kraljevec. "I medici hanno detto che è
ora sta meglio e che può tornare a scuola, ma non voglio più mandarla in quella
vecchia. Speriamo bene, altrimenti non riuscirà a finire l'ottava classe e a
continuare gli studi" ci ha detto lunedì 21 gennaio.
L'ispezione del Ministero non ha contattato i genitori
Nel frattempo, la scuola di Hodosan è stata oggetto di un'ispezione da parte del
Ministero della Scienza, dell'Istruzione e dello Sport, che ha rilevato che ne
gli insegnanti ne gli studenti avevano violato il codice etico di condotta degli
studenti e che i genitori, che avevano accusato la scuola di discriminazione,
non avrebbero specificato quando e in che modo fosse avvenuta, come indicato
nella lettera che hanno mandato dal Ministero.
Ma il padre di T. M. dice che nessuno li ha contattati in questi mesi, ne dal
Ministero ne dalla scuola, per cui si può concludere che l'ispezione del
Ministero non ha considerato le dichiarazioni di entrambe le parti e che la
conclusione è stata fatta solo sulla base di ciò che è stato detto a scuola.
Inoltre, la lettera del Ministero non menziona nemmeno le misure che potrebbero
essere adottate per reinserire la studentessa in classe e per farle terminare la
scuola primaria. Come è invece la raccomandazione del medico dell'ospedale
psichiatrico "si chiede la partecipazione della scuola e l'aiuto del personale
docente nel lavorare per migliorare le relazioni della ragazza coi compagni."
Lucia Kuharic, avvocato del Centro di Studi per la Pace al quale il padre ha
chiesto aiuto, ha detto che in tali situazioni la scuola, in base alla legge
antidiscriminazione, debba essere segnalata col ragionevole sospetto di
discriminazione presso il mediatore o ombudsman speciali previo consenso della
persona ritenuta oggetto di discriminazione. Inoltre, dice, la scuola dovrebbe
prendere alcune misure per fermare la condotta violenta nei confronti di un
bambino, condurre immediatamente un colloquio col vittima di violenza in
presenza di uno staff di scuola professionale, fornire ai genitori il
riferimento per ottenere un aiuto professionale il più presto possibile,
condurre un colloquio con il bambino o i bambini che hanno commesso violenza
mostrando loro l'inaccettabilità di tale comportamento così come ai loro
genitori e riportare tutto ciò all'interno di un rapporto ufficiale.
La scuola, dice l'avvocato, non ha fornito le prove di aver agito secondo le
regole ed il padre di T.M. è pronto a citare in giudizio la scuola per
discriminazione.
Di Fabrizio (del 27/04/2013 @ 09:07:16, in scuola, visitato 1964 volte)
A singhiozzo
Un caso di alto profilo in tribunale, genitori arrabbiati davanti alla
porta della scuola e sforzi, calmi e persistenti, che raccontano la storia
dell'integrazione dei Rom nell'istruzione croata.
Story and photos
by
Barbara Matejcic, a freelance journalist in Zagreb
-
27 marzo 2013
MEDJIMURJE COUNTY, Croazia | Tre anni dopo una sentenza a proposito
dell'appena iniziata integrazione scolastica, uno dei protagonisti di successo,
ora giovane uomo, dice che i Rom vanno meglio a scuola. Ma la sua fatica
nell'esprimersi in croato la dice lunga sulla scarsa istruzione disponibile a
molti Rom in uno stato in procinto di entrare nell'Unione Europea.
La Croazia iniziò a cercare l'integrazione scolastica, ben prima che il caso
Orsus e altri vs. Croazia arrivasse alla Corte Europea sui Diritti Umani nel
2003. I lenti progressi in quegli sforzi - e gli ostacoli che si opposero
all'accettazione della piccola minoranza romanì - vennero sottolineati l'autunno
scorso, quando i Croati gridavano slogan razzisti tentando di impedire ai dei
giovani rom di frequentare il prescuola nella regione di Medjimurje.
la scuola primaria Drzimurec-Strelec.
Dejan Orsus, uno dei 14 querelanti nel caso che prende il suo nome, si iscrisse
alla prima a Macinec, villaggio nella regione settentrionale di Medjimurje, nel
1999. In questa parte della Croazia, la maggior parte dei Rom vive in
insediamenti separati alla periferia dei villaggi a maggioranza croata, e a casa
parlano romanés. Dejan non parlava croato quando iniziò ad andare a scuola. Fu
messo in una scuola di soli alunni romanì, e lì rimase finché non lasciò la
scuola, nel 2006 quando aveva 15 anni, dopo aver completato la terza classe.
Dieci anni fa, quando Dejan andava ancora a scuola, il suo caso venne
sottoposto al tribunale dei diritti umani di Strasburgo, dopo che i ricorrenti
avevano perso a tutti i livelli del sistema giudiziario croato. Il 16 marzo
2010, il tribunale decise che la pratica di sistemare i Rom in classi separate,
equivaleva a discriminazione etnica.
Gli imputati - quattro scuole elementari, il ministero dell'istruzione, e la
regione di Medjimurje - sostenevano che la separazione degli alunni romanì era
giustificata a causa della loro scarsa conoscenza del croato, come stabilito da
perizie prima dell'iscrizione. Ma alcuni dei ricorrenti lamentavano di aver
passato l'intera vita scolastica in classi separate e che la loro competenza
linguistica non era stata testata regolarmente per determinare se potessero
essere inseriti in classi normali.
Quando ho incontrato Orsus a Parag, il più grande insediamento romanì in
Croazia, teneva in braccio un bambino. Ora ha 21 anni e dice che sta
frequentando il sesto grado in una scuola comunitaria - istituzione dove molti
adulti, soprattutto romanì. ricevono dal governo 210 euro al mese per continuare
la loro istruzione elementare, purché frequentino con regolarità. Gli ho chiesto
se fosse migliorato qualcosa nella scuola, a tre anni dalla sentenza del
tribunale. Mi ha guardato, incerto sull'aver compreso bene la domanda, così l'ho
ripetuta. Dejan ha annuito, dicendo: "Meglio, va meglio."
Si possono fare solo stime approssimative sul tasso di promozione degli
studenti romanì nella scuola primaria e secondaria, a causa dell'incertezza sul
numero reale dei Rom in Croazia e del fatto che il ministero dell'istruzione ha
iniziato a monitorare il rendimento scolastico dei Rom solo nel 2005. Nella
regione di Medjimurje, che ospita più Rom di qualsiasi altra regione croata,
sembra che pochi di loro vadano alle superiori o oltre. Di 1.589 scolari che
frequentano le scuole primarie della regione, dal primo all'ottavo grado,
soltanto 92 hanno raggiunto l'ottavo grado. Secondo il dipartimento regionale
per l'istruzione, la cultura e lo sport, solo 123 Rom frequentano le superiori.
Ogni anno si diplomano alle superiori circa 20 Rom.
L'elementare dr. Ivan Novak di Macinec, accusata a suo tempo di segregazione
scolastica, è frequentata da 465 bambini, 110 dei quali di etnia croata. I
bambini rom si concentrano nelle classi inferiori, sono i sette ottavi dei
primini, mentre i croati superano i Rom di cinque a uno nell'ottavo grado.
Bozena Dogsa
Quelle cifre mostrano non solo che la maggior parte dei Rom non riescono a
completare la scuola dell'obbligo, ma anche che il rapporto tra Rom e Croati
nelle scuole locali sta cambiando. La direttrice Bozena Dogsa, da 20 anni nel
mondo della scuola, dice che quando iniziò ad insegnare in loco solo un terzo
degli alunni era Rom, rispetto ai tre quarti di oggi.
Mentre in Croazia declina il tasso di natalità complessivo, quello tra i Rom
è aumentato negli ultimi 20 anni, cosa che molti pensano dipenda dalle politiche
governative negli anni '90, con be3nefici sociali ai genitori per arrestare il
declino della popolazione.
A differenza del censimento 2011 che contava 16.975 Rom - lo 0,4% della
popolazione - valutazioni più realiste stimano i Rom in 30.000, di cui forse
6.000 nella regione di Medjimurje. Classi di soli Rom esistono ancora a Macinec,
ed in altre scuole distrettuali di aree con molti Rom. Ci sono ancora bambini
che passano l'intero ciclo della loro istruzione, senza aver condiviso la
presenza di un Croato in classe, insegnante escluso. Non è necessariamente un
segno di deliberata segregazione,insistono alcuni educatori locali.
"Non abbiamo nessuna classe segregata. Come possono essere segregati i
bambini rom in una scuola dove sono la maggioranza? Non possiamo formare classi
per evitare la creazione di classi per soli rom. Chi integreremo con loro se non
ci sono bambini croati?" si chiede Dogsa. Puntualizza che gli insegnanti
passano i giorni prima dell'apertura della scuola a discutere sulle conseguenze
della composizione annuale delle classi, tenendo a mente il livello accademico
dei bambini, le amicizie, il rapporto tra bambini e bambine e altri fattori.
Dice: "Abbiamo 25 bambini rom in seconda e solo otto croati. Per noi
educatori non sarebbe accettabile separare quei quattro studenti in classi
differenti, dato che sono amici e vogliono rimanere assieme. Non penso che
dovremmo attenerci alle formalità solo per mostrare al mondo che stiamo facendo
un buon lavoro."
Ufficiosamente, gli insegnanti a Medjimurje ammettono che i bambini croati
sono tipicamente assegnati a classi con alunni romanì più capaci e, come dicono
spesso, "più civili", per essere3 sicuri che in un posto simile apprendano
meglio. Un insegnante nella scuola elementare di Kursanec, a predominanza Rom e
che fu anche tra quelle accusate nel caso Orsus, dice che i bambini nelle classi
di soli rom non si lamentano di essere segregati, perché in classi simili gli
standard sono più bassi. Gli alunni possono cavarsela con meno sforzo, al costo
di imparare meno. Anche dopo diversi anni di scuola, alcuni hanno scarse
capacità di lettura e scrittura, dice l'insegnante, che ci ha parlato a
condizione di non rivelare il suo nome. Aggiunge che per loro sarebbe più
efficace imparare a leggere e scrivere in romanes, cosa che li aiuterebbe a
cogliere più facilmente il concetto di apprendimento linguistico.
Dice l'insegnante, che tre anni fa i Croati per una settimana boicottarono
la scuola, dopo che vennero introdotte le cassi miste. Negli ultimi dieci anni
c'erano già state altre
proteste contro le scuole integrate. All'inizio dell'anno scolastico
2012-13, i residenti del vicino villaggio di Gornji Hrascan rifiutarono di
lasciare che un gruppo di giovani rom iniziasse il pre-scuola nella scuola del
villaggio che era composta da quasi solo Croati, sostenendo che non si potevano
accogliere nuovi alunni. Dopo uno stallo durato due giorni, i Croati cedettero
ed i Rom poterono da allora frequentare la scuola.
Le scuole materne sono state tra le maggiori beneficiarie degli schemi di
integrazione nei tre anni seguenti la decisione sul caso Orsus.. Anche se la
sentenza non obbligava la Croazia a prendere provvedimenti verso le scuole
segregate, il governo ha introdotto due nuovi programmi per dare ai Rom un
appoggio prima di iniziare la scuola primaria e per aiutarli una volta che la
frequentino.
Scuole materne per bambini che non abbiano fluidità nel croato operano oggi
nell'arco di tutto l'anno scolastico, invece che per soli tre mesi come in
precedenza. Molti genitori rom hanno afferrato questa opportunità per i loro
ragazzi, di trascorrere cinque ore al giorno a scuola, con trasporto verso e
dalla scuola e due pasti al giorno, tutto pagato dallo stato. Gli incaricati
della scuola di Gornji Hrascan dicono che il 90% dei bambini in età prescolare
ora frequentano, nonostante gli sforzi dei Croati all'inizio dell'anno
d'impedire l'ingresso ai Rom nella "loro" scuola.
Mantenendo aperti gli asili più a lungo durante tutto l'anno, gli educatori
sperano di inculcare l'abitudine alla frequenza scolastica nei più giovani e di
dare a chi parla romanes un vantaggio nell'imparare il croato, e ritengono che
il programma stia già dando risultati. Dogsa dice che soltanto un allievo nella
sua scuola è stata bocciata in prima, a fronte di una media di cinque prima
dell'apertura delle scuole materne.
Dogsa e altri presidi nell'area sostengono che il prossimo passo sarà di
rendere obbligatoria per tre anni la scuola materna, per rafforzare
ulteriormente i benefici della prima scolarità.
L'altra misura di integrazione ispirata dal caso Orsus è il programma di
doposcuola nelle elementari. Programmi simili esistono in molte scuole, qui a Medjimurje
lo scopo principale è di aiutare gli studenti rom con lezioni di lingua croata.
La scuola
Drzimurec-Strelec nel villaggio di Drzimurec partecipa al programma di
doposcuola, ma sinora sono inclusi soltanto i primini, causa la mancanza di
fondi, dice il direttore Djurdja Horvat. C'è ragione per credere che il
programma possa fare la differenza: con un simile progetto pilota tre anni fa
erano coinvolti gli studenti di quinta, nove dei 15 Rom che vi parteciparono
completarono tutti gli otto gradi della scuola primaria, aggiunge Horvat. Prima,
un solo studente rom all'anno completava il ciclo di studi. Aprire questo
programma a più allievi, come estendere la materna a tre anni, potrebbe
migliorare significativamente le prestazioni accademiche dei bambini rom, dice.
Comunque stiano le cose, la sua scuola sta cercando un metodo proprio. Dice:
"Quest'anno abbiamo circa 30 primini, la metà dei quali si trattiene. Quanti
partecipano difficilmente falliscono, perché acquisiscono fondamenta più solide.
Così ha provato di essere un buon metodo."
Radovan Balog, a capo del consiglio del villaggio di Parag, ha quattro
bambini a scuola. Ha riflettuto sulla risposta del suo vicino Dejan Orsus
riguardo la domanda su cosa sia cambiato dopo la sentenza della Corte Europea
dei Diritti Umani.
Dice: "Va meglio di prima, soprattutto perché quasi tutti i bambini ora vanno
alle materne."
"E poi, le scuole stanno coinvolgendo sempre più i genitori nell'istruzione
dei figli. Tuttavia, il problema è che anche quelli che si diplomano non
riescono a trovare lavoro, e questo genera la perdita di motivazione nel
continuare gli studi. La maggior parte lascia in quinta elementare o prima
media, o quando hanno 15 anni. E' l'età in cui ci si sposa e si hanno figli.
Così possono almeno avere gli assegni sociali che li aiutano a tirare avanti."
Balog dice che qui la segregazione è radicata: "Semplicemente, ci sono troppi
Rom e pochi Croati perché ci siano tutte classi miste."
L'insegnate di Kursanec ripropone un'idea nata dai movimenti per i diritti
civili negli Stati Uniti, che si è tentata di diffondere in un paio di posti in
Romania, come in altri luoghi in Europa dell'Est. Se i bambini rom venissero
portati con autobus nelle scuole a predominanza croata, a pochi chilometri di
distanza, si formerebbero classi di otto Croati e quattro Rom, così che
potrebbero imparare a ritmo più sostenuto.
Dice: "Sarebbe una spesa aggiuntiva, ma è più costoso non educare bambini che
un giorno potrebbero diventare utili membri della società, che trasformali in
casi da welfare."
Errata corrige: la scuola della regione di Medjimurje
riportata nel secondo paragrafo è una materna e non un asilo,
come da didascalia originale.
Da piccola Anina viveva in clandestinita'. Oggi e' una giovane donna che e'
riuscita, grazie a chi ha creduto in lei, ma soprattutto per il suo impegno, a
cambiare la sua vita, trasformandola in un viaggio incredibile: da quando era
mendicante per i marciapiedi di Lione ad essere finalmente ammessa alla
prestigiosa Universita' della Sorbona.
All'eta' di sette anni, con la sua famiglia, Anina era arrivata in Francia dalla
Romania e non parlava una parola di francese. Ha vissuto nei campi Rom, ha
conosciuto l'esclusione, la discriminazione, il doversi nascondere e chiedere
l'elemosina per le strade per riuscire a sopravvivere. Ma il suo destino e'
cambiato quando un insegnante, vedendola accattonare nelle strade di
Bourg-en-Bresse, le ha porto una mano, e le ha offerto la possibilita' di
frequentare una scuola.
Rifiutata inizialmente dai suoi compagni di classe per le sue origini, ha
reagito attaccandosi ancor piu' allo studio. Lo ha fatto per una questione di
orgoglio, per non soccombere, per dimostrare di non essere inferiore a nessuno,
per non deludere chi aveva creduto in lei. E' cosi' che si e' gettata anima e
corpo sui libri, e questo l'ha portata a raggiungere traguardi che altri, meno
motivati, a volte non riescono a raggiungere neppure durante i consueti anni di
scuola, nonostante tutti gli impedimenti, culturali e linguistici che ha dovuto
superare. Perche' in modo intelligente Anina ha subito capito che lo studio,
piu' di qualsiasi altra cosa, l'avrebbe potuta aiutare a ritagliarsi uno spazio
tutto suo, d'indipendenza e di dignita', dove non sarebbe stata piu' disprezzata
per cio' che era. Ed e' quello che ha fatto.
Oggi, a 23 anni, la sua storia viene raccontata in un'autobiografia, “Je suis
tzigane et je le reste”, scritta in collaborazione con il giornalista di RTL
Frédéric Veille. Oggi, finalmente, da brillante studentessa Anina puo'
riscattarsi, e mitigare la vergogna di essere Rom che i suoi genitori le avevano
trasmesso. Oggi, tutto quello che ha fatto per riappropriarsi della dignita' che
le era stata negata a causa della sua etnia, sta dando i suoi frutti. Nel mese
di settembre, infatti, Anina e' stata ammessa alla Sorbona e studiera' per
diventare magistrato: il suo sogno fin da quando era bambina. Perche' come
afferma lei stessa nel libro: "Il giudice e' il portavoce del diritto, e della
giustizia".
Questa storia di una persona semplice, povera, umile, partita svantaggiata in
tutto, che non ha trovato l'aiuto dei soldi, o dei favori politici, o le strade
preferenziali che vengono offerte solo a chi appartiene a una famiglia potente,
e' ancor piu' emblematica e significativa di tante altre, perche' dimostra che
solo noi stessi, con l'impegno, la volonta' e l'intelligenza, possiamo
riscattare la nostra condizione, e migliorarla. Ed e' per questo che Anina
dovrebbe essere indicata come un esempio per tutte le giovani ragazze Rom, e non
solo.
Blitz con sagome in 16 città per la nuova campagna di sensibilizzazione
ROMA - Sagome di cartone bianche e rosse raffiguranti bambini che lanciano
accuse tremende, come "mi hanno rubato l'aria pulita", "mi hanno rubato la mensa
scolastica", "mi hanno rubato una casa tutta mia", "mi hanno rubato il futuro",
posizionate in punti strategici dei centri storici: con questa azione
"aggressiva" è partita in 16 città italiane la campagna di Save the Children
"Allarme infanzia", che vuole accendere i riflettori sulla condizione dei minori
in Italia.
Secondo un rapporto dell'organizzazione, infatti, siamo agli ultimi posti in
Europa - peggio solo Grecia e Bulgaria - per "povertà di futuro" di bambini e
adolescenti, deprivati di opportunità, prospettive e competenze. In un dossier
lanciato oggi in concomitanza con l'inizio della campagna, dal titolo "L'Isola
che non sarà", Save the Children denuncia che il nostro Paese è sette volte in
fondo alla lista nell'Ue a 27 sui principali indicatori relativi all'infanzia.
Quattro le principali "ruberie" ai danni di bambini e adolescenti: il taglio dei
fondi per minori e famiglia, la mancanza di risorse per una vita dignitosa, il
basso livello di istruzione e il lavoro. L'Italia è al 18mo posto per la spesa
per l'infanzia e la famiglia, pari all'1% del pil. Quasi il 29% di bambini sotto
i 6 anni vive ai limiti della povertà, tanto che il nostro paese è al 21mo posto
in Ue per rischio povertà ed esclusione sociale fra i minori di età 0-6 anni e
il 23,7% vive in stato di deprivazione materiale. Ancora, il nostro Paese è al
22mo posto per quanto riguarda il basso livello d'istruzione, per dispersione
scolastica ed è all'ultimo posto per tasso di laureati.
Quanto al lavoro, i giovani disoccupati sono il 38,4% degli under 25, il quarto
peggior risultato a livello europeo, mentre i neet (giovani che non lavorano e
non sono in formazione) sono 3 milioni e 200.000 e posizionano l'Italia al
25esimo posto su 27. Save the Children ha voluto anche sondare le paure per il
futuro dei ragazzi e dei genitori, in una nuova indagine realizzata da Ipsos,
che attesta come il 25% degli adolescenti ritenga che il proprio futuro sarà più
difficile rispetto a quello dei genitori e che un ragazzo su 4 (il 23%) pensa di
andare all'estero per assicurarsi un'opportunità e l'80% dichiara di aver fatto
delle rinunce a causa della crisi. Preoccupante è il dato sull'aumento delle
disuguaglianze per l'accesso all'università: il 30% dei genitori non ce la fa a
pagare la retta dei figli. Per il 41% di madri e padri gli aiuti economici
diretti alle famiglia dovrebbero essere la più urgente misura anti-crisi del
governo. Solo il 16% dei genitori pensa che i figli riusciranno a realizzare i
loro sogni e ad avere una vita migliore della propria.
"Il generale impoverimento delle giovani generazioni - commenta il direttore
generale di Save the Children Italia, Valerio neri - va in parallelo con una
colpevole e annosa disattenzione nei loro confronti, che si sta traducendo in
una gravissima privazione di prospettive e, in una parola, di futuro. Cancellare
il futuro di bambini e ragazzi significa compromettere il futuro dell'intero
Paese". L'organizzazione chiede dunque un piano specifico di contrasto alla
povertà minorile, un piano d'investimento a favore dell'istruzione pubblica e un
nuovo piano per l'utilizzo dei fondi europei.
L'allarme di Save the Children è stato subito raccolto dal Garante per
l'infanzia e l'adolescenza, Vincenzo Spadafora, che si augura che "la paura di
cui parla Save the Children, e che personalmente confermo dal mio punto di vista
di istituzione che si occupa dei diritti dei minori, possa finalmente servire da
stimolo a tutti noi per intraprendere quanto prima decisioni utili a interventi
urgenti e strutturati in favore delle politiche per i minori e i giovani. Il
loro diritto a una vita piena di speranza deve essere un nostro dovere".
E anche il sottosegretario all'Istruzione, Marco Rossi-Doria, prende impegni
concreti: "possiamo cominciare dalla scuola - dice - estendendo le azioni messe
in campo contro la dispersione scolastica, aumentando il tempo scuola e le
occasioni di socialità positiva nelle aree difficili. Porterò avanti questo
impegno come sottosegretario all'Istruzione".
Blitz di protesta del movimento studentesco "Lotta Studentesca" in tre scuole di
Cagliari.
Lunedì 27 maggio 2013 13:20 - Un blitz destinato a far discutere. Durante la
notte, tra domenica e lunedì, alcuni esponenti del movimento "Lotta Studentesca"
(Forza Nuova) hanno chiuso simbolicamente tre scuole medie di Cagliari, la Manno,
il Cima e Pier Luigi da Palestrina. Qui verranno svolti i corsi scolastici per
il conseguimento della licenza media riservati ai rom adulti, finanziati con
20mila euro dal Comune di Cagliari (soldi statali "bloccati" e destinati a
progetti per l'integrazione dei rom): il finanziamento servirà per pagare i
libri e le lezioni speciali per i nomadi. Diecimila euro andranno al “Co.sa.s”,
associazione di volontariato che metterà a disposizione insegnanti di Italiano,
per interventi individualizzati e di sostegno disciplinare, oltre i libri di
testo, materiali didattici e altro. Il Piano di inclusione sociale firmato dal
sindaco e presentato all'assessorato regionale alla Sanità per ottenere un
finanziamento di 695 mila euro in tre anni, ha tre punti fondamentali: case,
formazione professionale, finanziamento di eventuali attività imprenditoriali.
La Regione ha stanziato per il momento 300mila euro.
Le scuole sono state "chiuse" con del nastro bianco e rosso. Poi sono stati
affissi dei volantini: "Stop ai rom. Prima gli studenti cagliaritani". E ancora:
"Scuola gratis? Diventa rom". Messaggi forti che rischiano di arroventare ancora
di più il clima attorno alle popolazioni nomadi presenti in città. "L'iniziativa
sostenuta dall’amministrazione Zedda", attacca il movimento studentesco, "è una
vergogna: gli studenti e le famiglie cagliaritane sono ancora in attesa dei
rimborsi scolastici relativi all’anno 2011; nel mese di dicembre 2012, il Comune
informava gli stessi studenti e le loro famiglie del ritardo del finanziamento
promesso per mancanza di fondi sufficienti. Ora si viene a sapere della
disponibilità di queste risorse. Non vengono però assegnate alle famiglie
cagliaritane: il Comune le usa per finanziare un progetto a tutela di una
minoranza. Quella dei rom appunto. In questo periodo di forte crisi economica
Lotta Studentesca ritiene irresponsabile il modo in cui si governa la città,
perché crea forti tensioni sociali e perché non considera una priorità
salvaguardare il diritto allo studio dei propri ragazzi, che si sostiene anche
attraverso la garanzia di questi rimborsi ad hoc".
Di Fabrizio (del 08/06/2013 @ 09:04:57, in scuola, visitato 1932 volte)
LINGUE
Romaninet è un corso multimediale che, oltre alla lingua e alla cultura
romani', promuove la diversità linguistica e il dialogo sociale.
Il progetto è stato iniziato dall'istituto "Ribeira do Louro", scuola secondaria
spagnola a cui sono iscritti numerosi studenti di lingua romani'. Si sono poi
aggiunte altre sette organizzazioni di diversi Paesi: l'Università di
Manchester, una delle principali in Europa dedite allo studio della lingua
romani', alcune organizzazioni non governative internazionali che cooperano con i
Roma ed una scuola rumena frequentata da molti alunni Roma. Il progetto è
coordinato da "AtinServices", consultorio specializzato in corsi di lingua,
mentre "Concept Consulting" ha curato il livello qualitativo del progetto.
Il corso si basa sul livello base di competenza del Quadro europeo comune di
riferimento (A1 e A2) e non ha limiti di età. Il suo status di corso
multimediale facilita il processo di apprendimento e incoraggia allo studio
della lingua romani' anche coloro che non possiedono un elevato livello
accademico.
Il corso si compone di 15 lezioni. Ogni lezione è costituita da un dialogo
basato sull'animazione, contiene il vocabolario appreso di volta in volta,
diversi esercizi per mettere in pratica il contenuto delle lezioni, spiegazioni
della grammatica così come ausili di pratica linguistica (ascolto e
ripetizione). Vi sono inoltre dei giochi, che consentono di praticare i
contenuti delle lezioni in modo divertente, ed un test grazie al quale gli
utilizzatori si possono rendere conto se hanno raggiunto gli obiettivi delle
lezioni. Il corso è disponibile in cinque versioni linguistiche: inglese,
spagnolo, portoghese, rumeno e bulgaro.
Di Fabrizio (del 24/06/2013 @ 09:06:15, in scuola, visitato 1438 volte)
20-06-2013 / SOCIETA' / di BRUNELLA MENCHINI
LUCCA, 20 giugno - Mandare i figli a scuola e rispettare le strutture che
verranno loro messe a disposizione, di questo hanno parlato l'assessore alle
politiche sociali della Regione Salvatore Allocca e il sindaco di Lucca
Alessandro Tambellini in visita ai due campi nomadi di Lucca. L'assessore, a
Lucca per la presentazione del secondo rapporto condizione abitativa - Abitare
in Toscana - Anno 2013, ha tenuto a conoscere di persona la situazione dei Rom e
Sinti presenti sul nostro territorio.
"Senza promettere niente - ha detto Allocca - il mio sogno sarebbe di vedere
qualche ragazzino che adesso risiede nei campi, andare avanti nel percorso
scolastico e perché no arrivare a farsi chiamare dottore. Per fare questo
potremmo provvedere con borse di studio".
"Stiamo facendo visite in tutta la regione per capire quali sono le
problematiche da affrontare, e con quali priorità. Un progetto quello della
Regione Toscana che si inserisce nell'attività della cabina di regia regionale e
nazionale che ha aderito al progetto europeo: un percorso che dura 10 anni e che
mira ad affrontare il problema non solo in termini di insediamento ma anche sul
terreno della salute, dell'istruzione, del lavoro.
"Tutte le cose che consentono di abbattere le condizioni di degrado e di
ricostruire gli elementi di sovrapposizione con la popolazione residente -
continua Allocca -. Quella dei Romanì in Europa è la minoranza più numerosa:
sono 11milioni di persone che non hanno rappresentanza e con cui si lavora come
politiche pubbliche poco in termini di integrazione".
"Abbiamo fatto incontri tra istituzioni e associazioni a livello regionale -
spiega l'assessore -, adesso facciamo incontri con le istituzioni sul territorio
per recepire i progetti e capire come e quando possono essere realizzabili. Le
risorse sono poche quindi dovremo fare una scala di priorità. Uno dei progetti
per Lucca potrebbe essere la costruzione di villaggi in auto costruzione. Ambiti
di insediamento non temporaneo ma permanente con caratteristiche particolari che
vanno incontro ai problemi che di solito troviamo: innanzitutto i problemi di
relazioni tra i gruppi perché dentro i campi non sempre c'è armonia poi di
rimetterli in relazione con il territorio. Una serie di problematiche che non
vanno più affrontate nell'ottica dell'emergenza e anche quando gli enti sono
chiamati a risolvere emergenze, come ê successo a Lucca di recente, le soluzioni
devono stare all'interno di un percorso di lungo respiro. La strategia europea
si da 10 anni: in tutto i Rom presenti in Toscana sono 2700: non è impossibile.
Dobbiamo fare un battaglia politica per cui ci si renda conto che le istituzioni
devono occuparsi di tutto nessuno escluso"
"C'è posto all'ultimo banco" è la storia di vent'anni circa sull'istruzione
ai bambini rom. Siamo a Roma, all'inizio degli anni '90. Un gruppo di volontari
si avvicinò alle locali comunità rom ed iniziò a camminare assieme a loro sul
percorso dell'integrazione sociale, che inizia con l'affermazione del diritto
all'istruzione.
Abbiamo lavorato a stretto contatto con la comunità rom, aprendo un
dialogo con le istituzioni pubbliche, con gli insegnanti, con gli altri
genitori, nel tentativo di affermare il diritto di ogni bambino a frequentare la
scuola.
Inizialmente, il progetto scolastico e le politiche d'integrazione si
svilupparono in parallelo. Oggi tuttavia si sono separati. Mentre i bambini rom
frequentano la scuola in tutti i gradi, spesso con risultati eccellenti,
l'Italia non ha perseguito un processo che permettesse alle famiglie rom di
abbandonare progressivamente i campi e provare altri tipi di sistemazione.
Questa mancanza di sinergie tra l'impegno a sostenere le esigenze dei bambini
con la loro piena emancipazione da una vita nei campi, e le politiche
governative, che in realtà promuovono i campi come una soluzione per i bisogni
alloggiativi delle famiglie rom, rischia di compromettere i risultati ottenuti
nel campo dell'istruzione.
Comunemente si ritiene che il progetto di scolarizzazione abbia giocato un
ruolo importante nel fornire i medesimi strumenti per costruire il futuro che
avevano i loro compagni. L'istruzione prepara alla vita professionale, e rende
più indipendenti e responsabili.
Le storie raccolte da
Arci Solidarietà Onlus
in questo libro sono basate sulle esperienze dei suoi attivisti ed educatori,
funzionari delle istituzioni con cui abbiamo collaborato e bambini che sono
stati i diretti beneficiari del progetto.
Con l'aiuto di esperi antropologi, sociologi e mediatori culturali, il libro
analizza l'impatto del progetto di scolarizzazione sulle aree dove vivono le
comunità rom e sul paese in generale. Il libro è il risultato di un impegno
costante, svolto in condizioni difficili e vissuto con i Rom, di una rete
territoriale costruita pezzo a pezzo.
"C'è posto all'ultimo banco" è il risultato collettivo che, attraverso una
narrazione corale, porta in vita molti anni di lavoro. E' una storia vera, di
ragazze e ragazzi che di solito sono piazzati nell'ultima fila delle nostre
classi, gli invisibili che non devono essere visti. E' un lungo racconto fatto
di successi e fallimenti, tragedia e commedia e lotta costante. Una storia che
necessita di un lieto fine.
APPELLO PER IL RIPRISTINO DEL SERVIZIO DI SCUOLABUS AL CAMPO DELLA BIGATTIERA
unaCITTAinCOMUNE
al Sindaco di Pisa Marco Filippeschi
all'assessore comunale alle Politiche Sociali Sandra Capuzzi
al Presidente del Consiglio Comunale Ranieri Del Torto
e, p.c. Al Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi
all'Assessore Regionale alle Politiche Sociali Salvatore Allocca
Apprendiamo dalla stampa locale che 40 genitori nella zona di Marina di Pisa
sono stati accusati del reato di "inosservanza degli obblighi dell'istruzione
scolastica minorile".
I bambini e le bambine in questione sono quelli che vivono nel campo della
Bigattiera, per i quali da due anni non è più attivo il servizio di scuolabus.
Alla sospensione del servizio comunale due anni fa in un primo momento ha dato
risposta,
seppure parziale, la Pubblica Assistenza del Litorale Pisano. Con l'anno
scolastico 2012/2013 è
stato soppresso anche questo servizio tampone e si è assistito alla completa
dispersione scolastica di tutti i minori residenti in via della Bigattiera n.13.
Il fenomeno della dispersione scolastica non è connesso a forme di sfruttamento
e di
accattonaggio, come insinuano gli investigatori: i bambini della Bigattiera
finché hanno potuto
usufruire dello scuolabus, in maniera forse discontinua, hanno però mantenuto
rapporti con le
istituzioni scolastiche e con le forze del volontariato.
A partire da questo dato, ci chiediamo: quanta è la responsabilità sociale della
dispersione
scolastica che ha colpito l'infanzia del campo della Bigattiera?
I bambini e le bambine sono portatori diritti: l'Italia ha attuato la
Convenzione sui Diritti
dell'Infanzia con la legge 176 del 27 maggio 1991. L'articolo 28 della
Convenzione recita:
"Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo all'educazione, e in
particolare, al fine di
garantire l'esercizio di tale diritto in misura sempre maggiore e in base
all'uguaglianza delle
possibilità:…e) adottano misure per promuovere la regolarità della frequenza
scolastica e la
diminuzione del tasso di abbandono della scuola."
Dunque vi è nel fenomeno della dispersione scolastica una responsabilità
genitoriale ma insieme anche una responsabilità sociale.
Per questo chiediamo fermamente a tutte le istituzioni, a partire dal Comune e
dalla Società della salute, di ripristinare quanto prima il servizio di
scuolabus per i bambini e le bambine del campo della Bigattiera. Chiediamo
inoltre di garantire il pieno accesso all'istruzione, attraverso politiche
attive e servizi rivolti alle famiglie e ai bambini, che prevedano delle
condizioni igienico sanitarie accettabili, il sostegno scolastico e
l'accompagnamento previsti negli altri campi.
Il problema del superamento dei campi richiede politiche concertate con la
regione e i comuni
dell'area vasta, e gli stessi abitanti dei campi; richiede tempi lunghi per
favorire forme non
traumatiche di superamento di una situazione umanamente inaccettabile.
Respingiamo quindi
fermamente l'idea che lo smantellamento di un campo inizi dalla cancellazione
del trasporto
scolastico. Occorre quindi che le istituzioni si impegnino affinché i bambini
della Bigattiera non si trovino per il terzo anno consecutivo senza un servizio
essenziale per il diritto allo studio e la
socialità.
Cerchiamo una soluzione al problema dei campi insieme ai loro abitanti, intanto
garantiamo ai
bambini e alle bambine il diritto alla scuola, alla salute, al rapporto con il
resto del mondo.
Pisa 20 giugno 2013
Primi firmatari
1. Clelia Bargagli Stoffi, medico veterinario e socia Famiglia Aperta
2. Cristina Fontanelli, insegnante scuola primaria Viviani
3. Michela Falchi, insegnante scuola primaria Viviani
4. Stefania Ramagli, insegnante scuola primaria Viviani
5. Michela La Marca, insegnante scuola primaria Viviani
6. Stefania Pandolfi, insegnante in pensione scuola primaria Viviani
7. Pierpaolo Corradini, pubblicitario e giornalista
8. Sara Cozzani, Opera Nomadi Pisa
9. Sergio Bontempelli, Africa Insieme
10. Milorad Petrovski, associazione Asifar
11. Dr. Aldo Cavalli, Presidente Pubblica Assistenza Litorale Pisano
12. Carla Martinelli, volontaria Banco Alimentare Pubblica Assistenza Litorale
Pisano
13. Adriana Baldari, volontaria Banco Alimentare Pubblica Assistenza Litorale
Pisano
14. Dino Pagliari, allenatore Pisa Calcio
15. Emiliano Cariello, Emergency Pisa
16. Annamaria Columbu, presidente Associazione Famiglia Aperta
17. Luca Randazzo, maestro e scrittore per ragazzi
18. don Sergio Prodi
19. Giovanna Zitiello, insegnante scuola media
20. Virginia Balatresi, volontaria Banco Alimentare Pubblica Assistenza Litorale
Pisano
21. Raul Di Gioacchino, libraio e editore
22. Martina Pignatti Morano, presidente di Un ponte per…
23. Franca Corradini, docente Storia arte contemporanea Accademia Belle Arti
(Firenze)
24. Francesco Niccolai, assegnista di ricerca Scuola S. Anna
25. Maria Valeria Della Mea, operatore teatrale
26. Alessandro Scarpellini, scrittore
27. Giuliano Marrucci, giornalista
28. Andrea Callaioli, avvocato
29. Eugenio Serravalle, medico pediatra
30. Giovanni Guerrieri, I Sacchi di Sabbia
31. Giulia Gallo, I Sacchi di Sabbia
32. Marco Barbato, per Fratelli dell'Uomo – Sezione Toscana
33. don Agostino Rota Martir
34. Piero Nissim, artista
35. Maria Rosaria Lacatena, assistente sociale
36. Laura Santoni, insegnante
37. Emilia Venturato, insegnante
38. Roberta Mariotti, insegnante
39. Mirella Sbrana, insegnante scuola superiori
40. Maria Teresa Onesti, insegnante scuola primaria
41. Giovanni Graifenberg, operatore sociale
42. Benedetta Dal Monte, insegnante di scuola primaria
43. Paolo Acquistapace, professore universitario
44. Simona Marzilli, imprenditrice
45. Francesco Moretti, artista di arti visive
46. Alessandra Baldi, insegnante di scuola primaria
47. Stefano Maria Pallottino, ingegnere
48. Rossana Bonuccelli, insegnante di scuola primaria
49. Ilaria Ferrara, insegnante di scuola primaria
50. Chiara Antoni, insegnante di scuola primaria
51. Massimo Ciampolini, medico pediatra
52. Federico Ruberti, imprenditore
53. Marcello Fiaccavento, impiegato
54. Martina Barontini, libraia e istruttrice sportiva
55. Debora Ceccanti, imprenditrice artigiana
56. Sara Barsotti, ricercatrice
57. Luca Odetti, direttore centro di ricerca e sviluppo
58. Francesca Prinari, ricercatrice universitaria
59. Fabiano Corsini, cittadino del litorale e della repubblica
60. Emanuela Amendola, dottoressa in economia
61. Mina Canarini, insegnante scuola dell'infanzia
62. Manuela Ferri, impiegata
63. Agnese Macchia, disoccupata
64. Veronica Lorenzetti, architetto
65. Rosita Serpa, biblioprecaria
66. Francesco Giorgelli, membro CDA dell'Università di Pisa
67. Maria Francesca Zini, assegnista di ricerca e attivista per la pace
68. Roberto Barbieri, insegnante scuola primaria
69. Rita di Ianni, educatrice Arciragazzi
70. Cesare Ascoli, ricercatore CNR
71. Donatella Petracchi, pensionata
72. Laura Baldini, libraia
73. Lidia Tamponi, impiegata
74. Lotte Paone, impiegata
75. Francesco Stea, medico
76. Elisa Renieri, insegnante scuola primaria
77. Alfonso De Pietro, cantautore
78. Isabella Moretti, insegnante scuola primaria
79. Giorgio Gallo, professore universitario
80. Antonella Serani, operatore sociale Pubblica Assistenza Litorale Pisano
81. Sandra Faita, bibliotecaria
82. Francesca Lodolini Salvini, insegnante scuola media
83. Riccardo Lorenzi, architetto e impiegato statale
84. Roberto Mori, insegnante in pensione
85. Anna Regoli, impiegata
86. Laurence Landais, traduttrice e doula
87. Valeria Giuliani, impiegata
88. Carmine Santoro, impiegato in floricoltura, presidente Ass. Il Chicco di
Senape
89. Miranda Mancini, pensionata
90. Franca Nicodemi, Italiaonline srl
91. Sonia Paone, ricercatrice del dipartimento di scienze politiche
92. Alessandro Breccia, ricercatore precario
93. Chiara Gasperini, insegnante scuola primaria
94. Daniela Rispoli, medico veterinario
95. Rita Paperini, impiegata
96. Dino Pedreschi, professore universitario
97. Rachele Tagliamonte, casalinga
98. Nicolò Chessa, falegname
99. Leila D'Angelo, insegnante scuola superiore
100. Rudy Pessina, fotografo
101. Serena Leoni, cooperante
102. Ilaria Barachini, insegnante scuola dell'infanzia
103. Paola De Michelis, educatrice di asilo nido
104. Solange Costa, commessa
105. Guia Giannessi, insegnante scuola media N. Pisano
106. Davide Cornolti, tecnico CNR Pisa
107. Silvia Fogli, insegnante scuola media
108. Laura Leoni, impiegata
109. Patrizia Tortorici, insegnante scuola primaria
110. Susanna Mammini, impiegata
111. Carlo Iozzi, impiegato e RSU Fiom
112. Paolo Cianflone, insegnante scuole superiori
113. Elisabetta Orlacchio, assistente sociale
114. Viviana Bartolucci, psicologa e educatrice
115. Lorenza Poltronieri, consigliera Pubblica Assistenza Litorale Pisano
116. Fabio Callaioli, volontario Pubblica Assistenza Litorale Pisano
117. Angiolo Cioncolini, circolo ARCI Pisanello
118. Paride Antonelli, circolo ARCI Pisanello
119. Irene Campioni, medico chirurgo
120. Giuliano Campioni, professore universitario
121. Isa Ciani, insegnante in pensione
122. Marcello Palagi, direttore mensile "trentadue" (Massa Carrara)
123. Stefania Cappellini, Insegnante
124. Irene Lancioni Biblioprecaria
125. Tania Iannizzi, Bibliotecaria
126. Simona Frasciello, Segretaria Studio Medico
127. Francesca Serpa, architetto
128. Umberto Grassi, assegnista SNS
129. Luisella Mori, docente inglese ITCG Fermi Pontedera
130. Tiziana Noce, ricercatrice universitaria
131. Federico Giusti, confederazione Cobas Pisa
132. Daniele Guerrieri, insegnante di arte IC Curtatone e Montanara di Pontedera
133. Giusi Lauro, insegnante in pensione
134. Luigi Puccini, docente scuola superiore e residente a Pisa
135. Lucia Montagnoli, insegnante scuola media
136. Maria Marchitiello, medico omeopata
137. Sabine Schweizer, infermiere
138. Marta Galluzzo, educatrice
139. Mauro Pezzini, redattore web
140. Luigi Piccioni, docente universitario
141. Daniela Bernardini, docente scuola superiore
142. Cristina Zaccagnini, insegnante di scuola primaria presso l'I.C.Gandhi di
Pontedera
143. Monica Rizza, Presidente Consiglio d'Istituto I.C. Pacinotti Pontedera
144. Luisa Filipponi, ricercatrice
145. Fausto Gozzi, professore universitario
146. Michela Trapanese, insegnante scuola primaria
147. Pietro Gattai, geologo
148. Maria Elisa Bedani, insegnante in pensione scuola media Marina di Pisa
149. Sergio Gattai, bibliotecario in pensione
150. Francesca Mulana, ricercatrice universitaria
151. Manuela Furrer, educatrice
152. Giovanni Mandorino, cittadino
153. Rosalba Fedele, educatrice
154. Dela Pawlitzki, insegnante scuola primaria
155. Roberto Cini, operaio
156. Francesca Gabrriellini, studentessa
157. Fabio Meini, informatico
158. Andrea Orsini, libero professionista
159. Antonella Pochini, operaia
160. Rino Razzi, inforrmatico
161. Martina Lombardi, Dottoranda
162. Dario Ferraro, operatore sociale
163. Aurelia Manai, guida turistica
164. Claudia Molfetta, studentessa
165. Alessandro Toma Studentessa
166. Gaia Colombo, Fratelli dell'uomo
167. Patrizia Guidi, biologa
168. Maria Grazia Braccini Masetti, insegnante in pensione
169. Angela Mazza, insegnante scuola primaria
170. Enrica Pea, medico
171. Sabrina Zupicic, giardiniera
172. Fabio Tarini, docente universitario
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