Dieci bambini di un campo nomadi a Milano diventano allievi dell'artista
Adolfo Chiesa. Un laboratorio low cost e all'insegna della sostenibilità, con
l'ambizione di diventare per i ragazzi, in futuro, una vera opportunità di
lavoro.
Piccoli artigiani crescono, alla scuola elementare di via Palmieri. È qui che
Joyce, Giada, Davide, Valentina e altri sei ragazzini rom del campo di via
Chiesa Rossa frequentano le primarie. Anche se alcuni di loro hanno già superato
gli 11 anni. Questo pomeriggio non sono a scuola per imparare italiano o
matematica, ma per frequentare un corso di mosaico (guarda il video). Insieme a
loro ci sono operatori ed educatori di Progetto A, la cooperativa che
gestisce il campo nomadi alla periferia sud di Milano. "Per affrontare le difficoltà che
i ragazzi hanno nell'apprendere a leggere e scrivere, abbiamo deciso di partire
da un'attività manuale", spiega Davide Castronovo, il responsabile del campo.
Ecco perché è nato il laboratorio, un'idea innovativa che potrebbe segnare una
nuova direzione nelle politiche del Comune di Milano nei confronti dei rom.
"Abbiamo intenzione di regalare un lavoro realizzato dai ragazzi alla nuova
amministrazione", dice Castronovo. Un segno di buon auspicio per le
collaborazioni future e un modo per abbattere quel muro che divide i ragazzi dei
campi dalla città che vive al di fuori.
È un venerdì di fine giugno, l'ultima lezione del corso. "Ragazzi venite qui",
chiama un uomo alto e magro, vestito con una camicia verde, a fiori. La barba
incolta e il codino canuto tradiscono un animo da artista: è Adolfo Chiesa, il
maestro dei bambini nel laboratorio. "In venti ore di lezione siamo riusciti già
a fare quattro mosaici", annuncia soddisfatto.
La tecnica che propone Adolfo Chiesa nei suoi laboratori è innovativa. Serve una
stampa della figura che si vuole realizzare e tanti tesserini di qualunque
materiale: ceramica, terracotta, ma anche bottoni, pagliericcio e tutto ciò che
è riciclabile. Dipende solo da ciò che si vuole realizzare. "A questo punto si
smussano le tesserine del mosaico e si lavora a secco, posizionandole a testa in
giù, come a ricomporre un puzzle", spiega Adolfo Chiesa. L'anima in cemento
armato dei mosaici li rende perfetti come innesto architettonico. Si può
guardare il lavoro in itinere, levando da sotto il mosaico la stampa. "In questo
modo - prosegue il maestro di mosaico - i bambini si rendono conto di quanto
stanno facendo e prendono entusiasmo". Sono vent'anni che Adolfo Chiesa viaggia
in tutti i continenti a diffondere i suoi insegnamenti: "È un modo per abbellire
il mondo con i rottami. E non è poco, vero?". Con il lavoro manuale, i bambini
hanno in mano un oggetto fisico, una traccia duratura del loro lavoro. "Vogliamo
proporre questa attività anche al campo rom, il prossimo anno, in modo che anche
i genitori possano partecipare alla realizzazione dei mosaici", dice Castronovo.
Chissà, un giorno per qualcuno potrebbe diventare una professione redditizia, al
posto che andare a raccogliere il ferro, com'è scritto nel destino di molti
ragazzi rom in tutta Italia.
Ed è pure un laboratorio low cost. Se si escludono le ore di stipendio pagate
agli educatori e ad Adolfo Chiesa, i costi per i materiali non superano i 300
euro. "Dato che i lavori sono gradevoli - aggiunge il responsabile del campo rom
Davide Castronovo - speriamo di poter vendere questi prodotti ad un circuito di
amici sensibili a questo tipo di attività e con il ricavato rifinanziare il
laboratorio per l'anno prossimo". Che sia l'inizio di un nuovo corso nei campi
nomadi di Milano?
Che cosa significa essere uno zingaro? Le risposte in un libro dello studioso
Sergio Rodríguez di cui pubblichiamo la recensione in italiano e in spagnolo (reseña
en español después del artículo en italiano) con alcune riflessioni sulla scuola
e gli stili di apprendimento.
Gli zingari sono la minoranza culturale più antica, numerosa e discriminata in
Europa, che vive da più di dieci secoli in questo territorio. In Italia, sono in
realtà presenti a partire dal 1422 (data in cui sono arrivati a Bologna), oggi
si contano più di 140.000 cittadini e cittadine Rom. A questo numero vanno
aggiunti coloro che sono arrivati a partire dal 1989 dai paesi dell'Europa
orientale.
Sicuramente i Rom sono i grandi sconosciuti del nostro continente. L'ultima
indagine di Eurobarometro, rileva che la maggioranza dei cittadini europei non
vuole avere uno zingaro o Rom come vicino di casa, avere zingari come colleghi
di lavoro o che i propri figli e figlie abbiano come compagni di scuola bambini
e giovani zingari. Con la precisione dell'antropologo e la profondità del
filosofo, l'autore – che ha lavorato con gli zingari per decenni – studia
accuratamente la mentalità degli zingari e fornisce elementi per capirla; lo
studio è molto completo, ricco di informazioni e affronta tutti gli aspetti
della vita degli zingari.
Superando i modelli tradizionali di analisi sui Rom, l'autore si concentra su
aspetti quali le forme di apprendimento, i modelli di vita, i comportamenti
etici o estetici, in questo modo riesce a individuare con chiarezza una forma di
vita di origine indiana, che è diventata un frammento d'Oriente nel cuore
dell'Occidente. Questo spiega la lunga storia di incontri e scontri, di fascino,
di attrazione e di discriminazione, che esiste tra rom e non rom.
Più precisamente, il lavoro studia la situazione degli zingari secondo cinque
approcci:
• approccio epistemologico (analisi dell'origine, la tipologia e il significato
della consapevolezza di sé che hanno i Rom, al fine di interpretare i concetti
di verità e menzogna che i Rom condividono),
• approccio antropologico (analisi del modo di concepire, da parte degli
zingari, i concetti di persona, libertà, lavoro, comunità e storia, in quanto
elementi che plasmano la visione del mondo Rom),
• approccio etico (analisi dei concetti di azione libera, norme di convivenza e
di educazione morale, per interpretare come si configurano i concetti di bene e
male),
• approccio estetico (analisi delle forme di percezione, criteri estetici e
forme di espressione, per interpretare come si configurano i concetti di bello e
brutto),
• approccio filosofico religioso (analisi degli atteggiamenti Gypsy di fronte
all'assoluto e alla coscienza della propria finitezza, interpretando come si
configura la dimensione della trascendenza a prescindere dalla religione).
Tutto questo fa parte di uno studio storico e demografico aggiornato, relativo
alla situazione degli zingari in Spagna e nel resto d'Europa, che aiuta a
comprendere il contesto in cui vivono gli zingari.
In materia di istruzione, per esempio, lo studio osserva come la prevalenza di
stimoli persistenti, l'attenzione rivolta all'individuo, la percezione
soggettiva della realtà o di una condizione logica induttiva si proietta sul
processo di apprendimento dei bambini e dei giovani zingari, la cui difficoltà
di astrazione è ben nota agli insegnanti. Pertanto, qualsiasi intervento fatto a
scuola, in classe,volto a superare l'insuccesso scolastico, dovrebbe essere
basata sull'esperienza come mezzo di comprensione, piuttosto che sulla
trasmissione di concetti astratti.
Inoltre nello stesso ambito, è indispensabile che la scuola diventi sempre più
inclusiva, cioè sensibile alla differenza culturale. Ridurre le assenze
ingiustificate da scuola, ancora molto elevate tra la popolazione Rom in Europa,
è possibile nella misura in cui le famiglie non percepiscano più la scuola come
strumento di acculturazione, con conseguente perdita della propria identità. È
quindi necessario introdurre nei programmi scolastici, attraverso riconoscimento
di crediti, elementi di cultura rom, relativi alla storia, alla lingua, ai
costumi, alla distribuzione geografica... così le famiglie porteranno i figli a
scuola, non per farli diventare gadje ma per farli diventare zingari nel senso
migliore.
Il libro offre anche un contributo metodologico innovativo, introducendo una
metodologia qualitativa, che supera i paradigmi di antropologia e sociologia,
basati sui modelli di analisi quantitativa, che hanno dominato gli aspetti
teorici degli studi sul tema gitano a partire dalla metà del XX secolo. I
materiali utilizzati per questa analisi interpretativa sono osservazioni
personali e testimonianze di Rom, e anche di coloro che hanno vissuto e lavorato
con loro, nonché analisi critica di libri e articoli su questo argomento e
produzione artistica e letteraria della cultura zingara.
Grazie a questi materiali, il libro interpreta l'atteggiamento profondo che più
o meno consapevolmente fonda la mentalità degli zingari, a prescindere dalla
natura eterogenea dei Rom stessi, a seconda delle variabili personali, sociali e
culturali. In questo modo dà quindi una risposta, per la prima volta, alla
questione centrale relativa alla condizione degli zingari: cosa significa essere
uno zingaro.
Destinatari di questo lavoro sono gli insegnanti, di scuola primaria e
secondaria, operatori della Formazione professionale e della istruzione
terziaria, docenti universitari di antropologia, sociologia e filosofia; gli
assistenti sociali; facilitatori socio-culturali; mediatori scolastici; agenti
di job placement; operatori per il tempo libero; educatori sociali.
Cafebabel.comRomania: tra tradizione, educazione ed emancipazione; il
percorso di Letitia Mark, militante rom.
Letitia Mark combatte per l'integrazione dei rom nell'ovest della
Romania. Proveniente lei stessa da questa minoranza, dirige il centro ONG FEMROM
a Timisoara, (città dell'ovest della Romania), fondato circa sessanta anni fa.
Un progetto consistente in un paese, dove numerosi pregiudizi persistono nei
confronti dei due milioni di donne che risiedono lì.
Con una quarantina di bambini intorno a lei, Letitia Mark chiede: "Cosa
significa la ruota nella nostra bandiera?" Samuel, dell'età di 13
anni, conosce la risposta: la ruota simboleggia il viaggio, il blu rappresenta
il cielo e il verde l'erba. Mark, che i bambini chiamano affettuosamente "Doamna
Leti" vuole che questi bambini siano rispettosi nei confronti della loro
identità, di loro stessi e del mondo. E anche che siano ordinati. Neanche un
pezzettino di carta può essere buttato sul pavimento della sala comune.
Bandiera gitana
"OPRE ROMA – Alzatevi rom!"
La bandiera fu adottata nel 1971, durante il
primo congresso internazionale
romanì, così come l'appellativo "rom" e lo slogan "Opre roma – Alzatevi rom".
Solo dopo la caduta del comunismo il movimento romanì ha potuto
installarsi in Europa dell'Est, per permettere ai rom di lottare loro stessi per
i loro diritti.
In quanto a Mark, è piuttosto per caso che lei ha raggiunto il movimento romanì.
Appena dopo la rivoluzione del 1990, era in corso una conferenza all'università
di Timisoara,
durante la quale un oratore rumeno si lamentava dell'assenza di partecipazione
dei rom al dibattito sull'educazione. Mark, allora assistente universitaria, si
alzò, indignata, esclamando: "Ci sono abbastanza rom che potrebbero
prendere la parola, ma non sono stati invitati a farlo!"
Mark è diventata porta-parola dei rom. Quando fu invitata all'estero, i suoi
compatrioti mormoravano: "Fuggirà all'ovest". Delusa di tanta diffidenza al suo
riguardo, Mark si ritirò dalla politica. Ha continuato a credere al
significato e al peso dell'educazione. "Poiché tradizionalmente, non è facile
per una donna far fronte agli uomini", fondò l'organizzazione
FEMROM nel 1997,
un'associazione di donne rom, perorando la causa dell'educazione dei bambini.
All'inizio Mark era installata nella propria cucina. Doveva procurarsi estratti
degli atti di nascita e certificati di registrazione, in quanto senza questi
documenti, i bambini non hanno il diritto di frequentare la scuola. Dopo aspre
negoziazioni, le autorità municipali hanno finito per concedergli un territorio.
"Il terreno era praticamente incolto. E' stato necessario prima costruirmi un
tetto dove ripararmi."
Oggi, è in uno spazioso pianterreno che si svolgono i corsi di sostegno, corsi
d'informatica per donne e incontri interculturali. Alcune giovani donne rom,
studentesse in scienza dell'educazione, alloggiano nell'attico. Sono incaricate
dei corsi di sostegno e dei servizi di mediazione. Diventeranno le future
responsabili del centro, oppure perfino del movimento rom?
Mark lo spera. Gli piacerebbe approfittare della pensione, che gli spetterà
dall'epoca in qui era impiegata all'università. Ma il contratto d'affitto sta
giungendo a termine, è prevista la costruzione di un centro commerciale nei pressi del
centro ONG, e la municipalità rischia di vedere la presenza di FEMROM
di cattivo occhio. Nonostante il sostegno economico dell'Unione Europea, la ONG
manca di mezzi. Ad ogni modo, l'energia e l'animo gentile della presidente sono
ancora vivamente richiesti in questo focolare.
La propria biografia serve come esempio
Letitia Mark appartiene al gruppo dei "Rudari". La sua identità, la conosce da
sempre. Suo nonno era l'ultimo artigiano del villaggio, e scolpiva
cucchiai di legno. E sapeva raccontare storie. Ufficialmente, durante l'epoca
comunista, le minorità etniche non esistevano. Tutti dovevano essere uguali, ma
questa non era altro che teoria. In pratica significava che ogni cittadino
doveva contribuire alla prosperità dello stato. E' così che la famiglia di Letitia si trasferì a
Timisoara, i suoi genitori andarono a lavorare in
fabbrica. Per migliorare il reddito della famiglia, Mark chiedeva l'elemosina
quando era piccola. "All'inizio, mi vergognavo. Ma lo faceva mia nonna, lo
facevano le mie compagne. Finii per abituarmici." Mark ritiene che la sua
vita fosse proprio come quella dei Romanì dell'epoca contemporanea. Nel
contempo, è diventata sempre più femminista. "Ogni donna rivoltata dalla condivisione tradizionale dei
ruoli è una femminista." E Letitia si è ribellata: dopo la scuola elementare,
non voleva sposarsi, ma continuare gli studi. Fu la prima del suo comune a
prendersi il diploma. Allorché i suoi genitori rifiutarono che lei facesse gli studi
superiori, scappò di casa in direzione di Bucarest. Poi nel 1984 ritorna a Timisoara, con il titolo di professoressa di facoltà in greco e latino.
Il rovescio della fortuna e il futuro
Le espulsioni dei rom in Francia, durante l'estate 2010 hanno colpito
Mark.
Accanto ad una presenza "ben troppo massiccia di poliziotti", i giornalisti
gironzolavano intorno ai nuovi arrivati per domandare loro cose del tipo: "cosa
hai rubato?" "che tipo di criminale sei?" "Ho visto uomini e donne miserabili,
bambini che piangevano, quattro cose sotto al braccio, e questa immagine ha
evocato in me la deportazione. Ho avuto il risentimento che si poteva sempre
trasportare e deportare i rom come meglio si crede, e che nessuno si leva
contro, per prendere le loro parti e gridare: STOP!"
"Talvolta", confessa Mark, "mi dico che ho commesso un errore". Abbassa gli
occhi. "Avrei dovuto mirare ad una carriera professionale che mi avesse permesso
di avere una reale influenza politica." Bussano alla porta dell'ufficio. Una
bambina piccola mostra con fierezza la sua pagella. "Brava!" Gli occhi di Mark
luccicano. Si percepisce che sono queste piccole riuscite che gli ridanno
energia.
By Linda Karadaku for
Southeast European Times in Pristina -
11/08/2011 Con l'avvicinarsi del nuovo anno scolastico, riemergono vecchie
polemiche
Gli studenti dicono che poco del curriculum viene dedicato alla storia delle
altre nazionalità o minoranze in Kosovo. [Reuters]
La missione cross-culturale sull'istruzione dell'OCSE in Kosovo chiede che
minoranze e maggioranze imparino l'altrui cultura, la rispettiva storia,
come anche il valore della tolleranza e del pluralismo.
SETimes ha parlato con diversi studenti kosovari di differenti
nazionalità e retroterra etnico, per scoprire quanto l'attuale situazione si
avvicini agli standard OCSE.
Genta, quindicenne albanese, frequenta la scuola elementare Iliria a
Pristina. Ha studiato la storia del Kosovo sino alla proclamazione
d'indipendenza, eppure qualcosa manca nel suo curriculum.
"Non abbiamo imparato a conoscere gli altri gruppi etnici. L'insegnante ci ha
detto che il Kosovo ha anche delle minoranze e ci ha spiegato come sono arrivati
e si sono insediati in Kosovo, gli Slavi e i Turchi," ha detto Genta a SETimes.
Non ha contatti con bambini di altri gruppi etnici in Kosovo.
"Ho incontrato i Serbi a Brezovica. Ci hanno detto che il Kosovo è la Serbia,
noi abbiamo risposto che il Kosovo è indipendente," dice, aggiungendo che tutto
ciò che sa è che i Serbi "ci hanno espulso dalle nostre case e siamo tornati."
Hari Kasumi, insegnante e storico del Kosovo, ha detto a SETimes, "Se si
conosce la storia di qualcun altro, ci saranno meno odio, animosità e migliore
conoscenza reciproca. Insegnare la storia isolata [di un solo popolo] avrebbe un
impatto negativo."
Tuttavia, i libri di storia in lingua albanese sono focalizzati sui principali
protagonisti della storia albanese, mentre i testi in serbo presentano il Kosovo
come "la culla del popolo serbo".
David, sebo dell'età di Genta, frequenta la scuola secondaria di economia a
Mitrovica.
"E' interessante quando l'insegnante parla delle relazioni tra Serbia e Albania.
Dice sempre che ci siamo aiutati l'un l'altro nelle guerre dei Balcani ed in
quelle mondiali. Quello che [ora] sta succedendo in Kosovo non ci è molto
chiaro. Non impariamo l'albanese a scuola, e penso che sia sbagliato.
L'insegnante di serbo ci ha detto che i Sebi che vivono al confine con la
Romania imparano il rumeno come seconda lingua,quelli vicino al confine con la
Bulgaria imparano l bulgaro," dice David a SETimes.
Aggiunge che l'insegnate dice agli studenti che "il Kosovo è la Serbia" e, dice
David, "penso che sia così".
Daut è Rom, e suo figlio di 12 anni frequenta la scuola elementare Mustafa Bakiu
a Prizren. Dice Daut di non riuscire a ricordare suo figlio che imparava a
scuola qualcosa sulle diverse etnie.
Qylanxhiu inoltre lamenta che un termine peggiorativo per indicare i Rom appare
13 volte in un libro di testo dell'ottavo grado, cosa per cui la comunità ha
protestato. Conferma che la comunità rom ha chiesto al ministero della pubblica
istruzione di includere cultura, tradizioni e lingua rom nel curriculum.
"Non abbiamo nessun altro stato. Vediamo il Kosovo come il nostro paese e
saremmo felice di vedere sparire i pregiudizi, così che tutti noi possiamo
essere conosciuti come Kosovari," dice Qylanxhiu.
Cansu, Turco di 16 anni, frequenta la scuola elementare Sami Frasheri,
dato che l'istruzione è offerta anche in turco.
"A scuola impariamo soprattutto la storia turca," dice, aggiungendo che agli
studenti vengono anche insegnate le due guerre mondiali, ma niente riguardo le
altre etnie del Kosovo.
"Vediamo il Kosovo come la nostra casa comune e vogliamo costruire qui il nostro
futuro," dice Cansu.
Di Fabrizio (del 04/09/2011 @ 09:33:21, in scuola, visitato 1600 volte)
Vi state preparando per il ritorno a scuola? Una segnalazione di
Stefano Pasta
Lunedì 29.08.2011 13:00
di Guido Maffioli, papà milanese, 40 anni
Scrivo mentre sono in vacanza con i miei figli. Il maggiore, 10 anni, sta
scrivendo una cartolina ad un compagno di scuola. Mi ricordo di averne scritte
tante alla sua età su quello stesso tavolo.
Penso a chi le vorrei scrivere oggi, parenti, amici. Nell'era di internet di
molti non saprei neppure l'indirizzo.
Una, di certo, la manderei a Florin, di lui un indirizzo ce l'ho, ma la
cartolina non arriverebbe. Florin è rom, papà anche lui di tre figli che vanno a
scuola, la maggiore Alexandra è già alle medie. Non ha un indirizzo vero perché
ha subito numerosi sgomberi in questi ultimi due anni; a quello del novembre
2009 nel mio quartiere, Rubattino, ne sono seguiti tanti altri.
Ogni volta è così: lui trova un accordo con qualcuno per collocare il suo
camper, pagando un modico affitto con il lavoro che ha, part time, all'AMSA. Poi
dura poco, chiamano la polizia per mandarli via perché vedono che sono in tanti,
lì dentro, lui coi figli e la moglie, il fratello con la sua altrettanto
numerosa famiglia.
Florin mi ha spiegato perché preferiscono stare insieme così numerosi. Hanno
paura, vivono nell'insicurezza. Di sera non ci sono luci e tornare al camper,
soprattutto per le donne, fa paura. Meglio essere in tanti, meglio che ci siano
più uomini insieme, se lui fa tardi sul lavoro, a “casa” c'è il fratello o il
nipote maggiore. Si è più sicuri, così, in tanti.
Mi sorprende sempre come la parola <<sicurezza>> possa essere percepita
diversamente a seconda di chi la pronuncia, oggi che è così tanto (ab)usata nei
programmi elettorali o televisivi.
In questa situazione una certezza Florin ce l'ha. I suoi figli continuano ad
andare nelle loro scuole, quelle del quartiere Feltre vicino a via Rubattino,
dove andavano già tre anni fa, iscritti dalla Comunità di Sant'Egidio. Conoscono
le maestre, le prof, i compagni, le mamme. E' complicato arrivare puntuali, ad
ogni sgombero ridefinire gli orari, i mezzi pubblici necessari per raggiungere
la scuola, ma – mi dice – ci tengo io e ci tengono loro, anche Marius, il più
piccolo, in terza elementare il prossimo anno, con quello sguardo attento e
curioso che gli ho visto quando l'ho salutato insieme al papà.
Conosco Florin grazie alla voglia di andare a scuola dei suoi figli. Ricevono
una borsa di studio attraverso un progetto per l'integrazione scolastica della
Comunità di Sant'Egidio. Loro si impegnano a frequentare la scuola con costanza
– anche impiegando ogni mattina più di un'ora per arrivarci - e ricevono un
contributo mensile per coprire le varie spese (abbonamenti pubblici, materiale
scolastico, etc). Questi progetti funzionano coinvolgendo le maestre dei bambini
e qualcuno che vede il genitore per sapere come va, se ci sono difficoltà. Con
Florin quel qualcuno sono io, una volta al mese, ci incontriamo brevemente e mi
aggiorna.
Nel secondo quadrimestre dell'anno scolastico appena concluso la borsa è stata
coperta con l'aiuto dell'Associazione Genitori della scuola dei miei figli. E'
stato approvata la proposta, dato che incentivare l'integrazione scolastica è
negli scopi dell'Associazione. Ne sono stato felice, non tanto per il piccolo
aiuto dato ai figli di Florin, ma per ciò che può significare questa azione,
cioè che si possano fare cose concrete, senza esibizione, con il fine di far
progredire tutta la comunità a cominciare dai bambini e dalle bambine, e dal
garantire a tutti loro un diritto importante e basilare come andare a scuola.
Forse nel nuovo anno scolastico amplieremo il progetto e, magari nella prossima
estate - se la politica comunale avrà abbandonato la logica degli sgomberi
dissennati e intrapreso soluzioni più lungimiranti, concertate, mirate
all'integrazione - potrò inviare una cartolina a Florin ad un indirizzo sicuro.
Chi volesse aiutare e sostenere questi progetti o ricevere informazioni può
mettersi in contatto via e-mail all'indirizzo
santegidio.rubattino@gmail.com
"Ma che strano modo di venire a scuola
dietro una bicicletta che è anche una carriola
c'è una nuova amichetta, non parla una parola
sembra in difficoltà ma poi è lei che ci consola..." da "Sono cool questi Rom", Assalti Frontali 2011
Cantano e ballano i bambini dell'Iqbal Masih, insieme ai loro compagni
Rom. E' uno spettacolo per genitori insegnanti e amici che conclude un anno
scolastico passato a parlare e a mettere in versi e musica diritti e articoli
della Costituzione. Hanno inventato un rap sulla Costituzione: "Art. 34:
La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto
anni, è obbligatoria e gratuita." E ancora: "I capaci e meritevoli, anche se
privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi"…
E' finito un altro anno intenso e divertente, fatto di discussioni serie e
avvincenti, di studio e di ricerca, di molte domande e poche risposte, e strane
canzoni che resteranno nel ricordo insieme alla sensazione di aver parlato di
cose da grandi e del proprio futuro.
A scuola si studia, ma soprattutto si fa esperienza del mondo, bambini e adulti
tutti insieme e le storie di ciascuno diventano le storie di tutti.
E in questo incontrarsi, davanti ai pantaloni lisi e a una faccia arruffata e un
po' monella, si svuotano i pregiudizi più oscuri e minacciosi. Allora, con
immenso sollievo, ci riscopriamo umani.
Madalina viene a scuola tutti i giorni, non è mai in ritardo, non fa
capricci, è sempre pulita e in ordine. Non era mai andata a scuola ma fa
progressi veloci e nel giro di poco è quasi alla pari con gli altri.
Contemporaneamente anche gli adulti fanno grandi progressi: le famiglie dei
bambini della classe parlano di lei come la "loro" bimba Rom e fanno la colletta
perché ha bisogno di occhiali da vista e la sua famiglia non può comprarglieli.
Madalina vive ancora in una ex fabbrica occupata ma, grazie anche alla comunità
scolastica, oggi è un po' meno "zingara".
La scuola pubblica, piaccia o no, è questo: un ponte, a volte di pietra
altre solo di liane, tra persone e culture diverse, uno spazio e un tempo di
incontro e conoscenza reciproca, di uscita dall'isolamento. Un ponte tutt'altro
che scontato, da costruire con intelligenza e sensibilità, da coltivare con cura
giorno dopo giorno. E per costruirlo la scuola e i suoi operatori devono
ricercare, non senza fatica, modi di entrare in relazione con le famiglie Rom e
non, per esplicitare e risolvere aspettative, fraintendimenti, paure, diffidenze
reciproche.
Bisogna trasmettere l'idea che l'istituzione scolastica non è in antagonismo con
i valori educativi della famiglia rom e mettersi personalmente in gioco per
permettere lo sviluppo di rapporti e relazioni basate sulla fiducia. Bisogna
rassicurare le famiglie degli altri alunni sui timori che l'inserimento di bimbi
Rom si ripercuota negativamente sulla vita della classe. Bisogna trovare forme
nuove di organizzazione interna e allacciare rapporti stabili con le altre
istituzioni e con le associazioni per concertare azioni coerenti.
Così, insieme ai volontari, le maestre cominciano ad andare al campo ogni
mattina per portare i bimbi a scuola e nel giro di qualche anno ci si ritrova ad
accogliere le nuove generazioni che, accompagnate dai genitori, vengono a scuola
perché "ci si sta bene".
Ma anche quando ormai la scuola è diventata un valore e insieme un riferimento
per la comunità Rom, gli interventi al campo restano necessari per conoscere e
capire la realtà in cui i bambini vivono. Siamo, infatti, soliti a chiamare Rom,
Nomadi o Zingari una costellazione di etnie molto diverse per cultura, credo
religioso e provenienza geografica, spesso tra loro incompatibili: Sinti, Rudari,
Khorakhané, Rom Rumeni, accomunati soltanto dalla migrazione forzata dai luoghi
d'origine e oggi, con le politiche di respingimento adottate dal Comune di Roma,
dalla convivenza forzata nei campi autorizzati.
Rendersi conto che le richieste che si fanno a scuola sono altre, a volte anche
distanti o contraddittorie, rispetto a quelle che si vivono a casa, aiuta i
docenti a elaborare strumenti didattici e strategie più efficaci che rendano più
graduale il passaggio: dalla cultura orale a quella scritta, dall'apprendimento
esclusivamente concreto e basato sull'imitazione all'astrazione dei segni. Né
bastano le specifiche competenze professionali: ci vuole tempo e pazienza,
capacità di mettersi in ascolto e lasciarsi guidare da un'osservazione attenta
sul modo in cui i bambini entrano in rapporto con loro e con gli altri,
sostenendo comportamenti che aiutino a stare bene insieme, rispettando spazi,
tempi e modi degli altri.
E'quindi all'interno di un clima affettivo accogliente e valorizzante che i
bimbi Rom, come anche gli altri del resto, prendono coscienza dell'ambiente
scolastico, familiarizzano con regole e tempi diversi da quelli conosciuti,
scoprono motivazioni ad apprendere, incominciano a intravedere per se stessi un
futuro diverso da quello dei loro genitori (e sono le bambine più dei maschietti
ad esplicitare il desiderio di trovare un lavoro, forse per sfuggire ad un
destino di maternità precoce e povertà duratura).
La scuola pubblica: un ponte tra chi ha cittadinanza e chi "dovrebbe" restare
invisibile.
E' proprio questa vocazione a includere, ad affiancare chi si vede negati
diritti e dignità che le viene rimproverata dai politici attuali mentre si
nascondono dietro "giustificazioni" demagogiche di ordine, decoro e sicurezza.
Nell'alba livida di un giorno di novembre del 2009 arriva la Folgore a
sgomberare (la chiamano bonifica!) un insediamento di duecento persone tra
uomini, donne e bambini. E mentre gli uomini scappano o vengono portati in
caserma, mentre le ruspe già distruggono quelle misere casupole, le mamme e i
papà degli altri vanno a prendere i "loro" bambini Rom per portarli al riparo, a
scuola.
Continueranno a venire dal nuovo posto che li ha accolti, distante chilometri,
seduti nella cesta di plastica che il papà ha assicurato al telaio della vecchia
bicicletta.
Valentin e Cristina, deportati troppo lontano, qualche giorno dopo ci salutano
tra le lacrime incredule di adulti e compagni.
Per loro la scuola è finita, per noi la Costituzione è stata, ancora una volta,
calpestata.
Di Fabrizio (del 16/09/2011 @ 09:21:47, in scuola, visitato 1606 volte)
Medici per la Pace Onlus sostiene i bambini Rom che hanno iniziato la scuola
Dal 14 settembre al 24 settembre. Aiutaci anche tu!
L’istruzione è un diritto per ogni bambino. Per i piccoli Rom è anche una
promessa di un futuro migliore. È per questo che Medici per la Pace con TUTTI A
SCUOLA! vuole sostenere l’inserimento scolastico di circa 20 bambini.
È un aiuto concreto alle famiglie, che spesso nel loro percorso di integrazione
sono ostacolate dalle condizioni di povertà in cui si trovano. Dovendo
provvedere a 3 o 4 figli, per loro i costi del materiale sono una vera e propria
“mazzata”.
Con TUTTI A SCUOLA! entro il 24 settembre raccogliamo zaini, album da disegno,
matite, matite rosse/blu, gomme bianche, temperamatite con contenitore, colori a
matita, pennarelli a punta fine, forbicine a punta arrotondata, colle stick,
penne blu/rosse/verdi cancellabili, quadernini, quadernoni a righe, quadernoni a
quadri, copertine blu/rosse/gialle/verdi/arancioni/trasparenti. Raccogliamo
anche sacchetti di stoffa con l’asciugamano, sacchetti per le scarpe da
ginnastica, tovaglioli, fazzoletti e
confezioni di sapone liquido.
Dai una mano anche tu!
Puoi andare alla cartolibreria Nosè di via Montorio 26 e depositare il materiale
nell’apposito raccoglitore oppure portarlo direttamente nella nostra sede di via
G. Cotta 4 in Borgo Venezia (ci troviamo all’interno della casa di soggiorno Le
Betulle).
Di Fabrizio (del 17/09/2011 @ 09:27:27, in scuola, visitato 1390 volte)
Col
permesso di chi l'ha scritta lo scorso 13 settembre, riporto una comunicazione
riguardo il trasporto scolastico per gli alunni delle scuole dell'obbligo del
campo di via
Idro a Milano.
Il servizio [di trasporto scolastico ndr.] inizierà lunedì 26, con due
settimane di ritardo rispetto l’inizio scolastico.
Questo è quello che venerdì pomeriggio mi ha riferito Don Massimo [Mapelli
di Casa della Carità ndr.] che era stato contattato da qualcuno del Comune
che gli riferiva che era stata inviata una mail al Capo di Gabinetto del Sindaco
(la mail l’avevo mandata io [riportata QUI ndr]
non avendo avuto alcuna risposta dalla Vicesindaco).
La segreteria di Baruffi poco dopo aver ricevuto la mail, mi ha risposto
scrivendomi di aver interessato alla questione il Direttore del Settore Servizi
per Minori, Dott. Mirante. Questo avveniva venerdì mattina, poi più nulla.
Domenica sera, dopo aver letto la
lettera del Sindaco agli studenti, ho scritto anche a lui, purtroppo nessun
cenno di risposta, neanche da parte della sua segreteria!
In conclusione: ieri dei 4 bambini che iniziavano la prima elementare, credo ne
siano arrivati solo due (accompagnati dalle loro famiglie e da Franca); questa
mattina ho incontrato Franca e Tora [le mediatrice scolastiche dell'anno
scorso, attualmente il loro contratto non è ancora rinnovato ndr.] che accompagnavano (a titolo gratuito e
personale) alcuni bambini, credo i due primini di ieri e due bimbe di seconda.
In tutto i bambini che da Idro usufruiscono del servizio di trasporto sono circa
20/25, sicuramente in Via Russo ne vengono 12, in Cesalpino 5 e alle medie ne
vanno altri 6 circa (non so il numero esatto).
Questo è quanto. Avrei voluto scrivervi altro ma, purtroppo, devo constatare che
il vento per i bambini di Idro non ha portato alcun cambiamento …
Laura
Eh no, la mail non c'è... perché nel frattempo in
molti, associazioni, singoli, consiglieri di zona ecc. si sono mobilitati per
quello che a parole si chiama "servizio", nei fatti è un "diritto", il diritto
allo studio. Così, tra una promessa ed un diniego al telefono, anche la mail
ha cambiato forma più volte. Finché la sera di giovedì scorso, arriva un SMS
di Paolo Limonta (i milanesi sanno chi è, ma in campagna elettorale l'hanno
conosciuto in molti anche fuori dai confini cittadini): "si farà di tutto x
iniziare il servizio lunedì, se va malissimo si inizia mercoledì (ma se va
proprio male) e, dal prox anno, niente storie, si inizia dal primo giorno di
scuola."
Un bel gesto, cominciare l'anno con un "grande in bocca al lupo!" da parte del
Sindaco è una bella cosa.
La scuola nella quale principalmente operiamo ha riaperto i battenti lunedì 12.
Attendeva tutti i suoi piccoli studenti, ma all'appello ne sono mancati alcuni:
non c'erano i bimbi Rom che abitano al campo comunale di via Idro.
Elementare.russo è un associazione di volontariato che tra le tante cose, da
qualche anno, è impegnata per migliorare l'integrazione di questi bambini a
scuola. Speravamo davvero di vederli arrivare lunedì 12 come tutti i loro
compagni ma anche quest'anno c'è stato qualche intoppo e l'amministrazione
Comunale non è stata in grado di dare avvio al servizio, come si sperava, fin
dal primo giorno di scuola.
Abbiamo saputo che gli uffici competenti stanno facendo di tutto per far
iniziare il servizio da lunedì 19 con l'impegno per l'anno prossimo di farlo
iniziare con il primo giorno di scuola. Noi ci contiamo perché questo minimo
servizio serve a tutelare un fondamentale diritto per i bambini Rom, il diritto
all'istruzione.
E' cosi importante che il servizio inizi con l'inizio scolastico perché anche i
bambini Rom devono poter godere della "magia" del primo giorno di scuola, perché
entrare in classe insieme ai loro compagni gli consente di vivere il ritmo lento
del rientro a scuola dopo le lunghe vacanze estive, offrendogli la possibilità
di consolidare i rapporti con i compagni e gli insegnanti.
In questa cosa ci crediamo, e lo abbiamo raccontato un anno fa alla telecamera
di Paolo Andriolo che fece un servizio per il
primo giorno di scuola, andato in onda su Telelombardia.
Vogliamo sperare che per il futuro sia possibile trovare una soluzione che
garantisca a questi bambini di frequentare la scuola fin dal suo primo giorno,
come tutti i bambini. Se così non fosse, anche quel poco che le associazioni
come la nostra riescono a fare per migliorare l'integrazione dei bambini Rom
viene messo in discussione.
Le auguriamo dunque buon lavoro e le chiediamo di non spegnerci il sogno di una
Milano migliore, una Milano in cui noi crediamo. Pubblicato da Ass. elementare.russo a 9/15/2011
PS: ovviamente noi rompipalle della Mahalla vi terremo aggiornati...
Dopo un percorso di studi e di integrazione sostenuto dalla Comunità di
Sant'Egidio, ora è stato inserito in una scuola di formazione professionale
Nello scorso febbraio la Commissione straordinaria del Senato per la tutela e la
promozione dei diritti umani ha approvato il Rapporto conclusivo
dell'indagine sulla condizione di rom, sinti e caminanti in Italia, con una
particolare attenzione al rapporto tra minori e scuola, istruzione e formazione
professionale. Il Rapporto documenta l'importanza della frequentazione
scolastica per i bambini rom, incentivandone lo studio anche attraverso borse di
studio. Un progetto che raccomanda «un forte radicamento civico, rifacendosi
all'art. 34 della Costituzione: "La scuola è aperta a tutti. L'istruzione
inferiore è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di
mezzi, hanno diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre
provvidenze"».
In un documento dello scorso ottobre ("Rom, comunità cristiana e pubbliche
amministrazioni"), la Curia ambrosiana affermava che «il miglior risultato è
l'inserimento scolastico di tanti minori rom: l'integrazione passa da questa
strada». Per dare un segnale propositivo alla propria esperienza trentennale,
nel 2008 la Comunità di Sant'Egidio ha dato vita al programma "Diritto alla
Scuola, Diritto al futuro": tra gli obiettivi la «prevenzione e il contrasto
dell'evasione scolastica». Su questo diritto universale all'istruzione la
Comunità ha organizzato a Milano una rete di solidarietà e sensibilità concreta,
con risultati importanti nell'ottica della sicurezza e dell'integrazione.
Sono 15 i bambini rom e adolescenti che, grazie a borse di studio, hanno
continuato con profitto a frequentare le scuole del quartiere Feltre. Insieme
alla Comunità di Sant'Egidio, anche maestre e cittadini milanesi. Sono gli
stessi genitori dei compagni di banco a sostenere queste borse di studio. Una
solidarietà che dura da oltre due anni, da quando nell'ex palazzina di via
Rubattino furono sgomberati i bambini rom e le loro famiglie.
Questo legame ha fatto nascere conoscenze reciproche, cammini di integrazione
e storie come quella, del tutto particolare, di Marius Draganestj, «uno studente
sedicenne al centro di un progetto piuttosto avventuroso», spiega Elisa
Graziano, insegnante e all'occorrenza anche insegnante di strada. Un anno fa,
grazie al coinvolgimento paziente di volontari e insegnanti, Marius ha seguito
un percorso di studi ritagliato sulle sue particolari esigenze e situazione.
Data l'età non poteva frequentare le scuole elementari e risultava analfabeta
per le scuole medie. Parlava esclusivamente la lingua romanes. Nell'arco di otto
mesi bisognava prepararlo e istruirlo. «Questo era il tempo massimo per non
perdere il treno dei corsi di formazione professionale», continua Elisa.
La determinazione di Marius era così radicata che spesso rinunciava
volontariamente allo svago per studiare. Dall'ottobre del 2010 sino a giugno del
2011, per dieci ore pomeridiane settimanali, sotto la spinta della Comunità di
Sant'Egidio i volontari hanno organizzato una scuola itinerante tra la sede Acli
di via Conterosso e la biblioteca di via Valvassori. «La determinazione di
questo adolescente ci ha aiutati a proseguire - continua Elisa -. Infatti non
abbiamo faticato a fargli rispettare i nostri appuntamenti di studio: ricordo
che un pomeriggio si è presentato bagnato fradicio, ma con i quaderni asciutti,
per aver dormito in un giardinetto sotto l'acqua scrosciante di novembre, dopo
l'ennesimo sgombero». Lezioni continuate regolarmente anche se negli ultimi due
mesi Marius si era spostato a Pavia per abitare in una casa abbandonata.
Sostenuto dall'affetto dei volontari e da una borsa di studio Marius «ha potuto
proseguire sulla strada della sua personale emancipazione, fino a tagliare il
suo primo personalissimo traguardo: l'inserimento in una scuola di formazione
professionale a settembre».
Di Fabrizio (del 30/09/2011 @ 09:33:57, in scuola, visitato 1515 volte)
Segnalazione di Stefano Pasta da
Libero. Da notare che basta abbandonare i toni da crociata che in questi
casi sono soliti per quel giornale (difatti si tratta di un pezzo che arriva da
Adnkronos ) e anche i soliti commentatori razzisti stanno zitti.
Milano, 22 set. (Adnkronos) - A quindici anni ha imparato, in soli sei mesi,
a leggere, scrivere e fare di conto, in tempo utile ad iscriversi ad una scuola
professionale, dove potra' imparare un mestiere che gli dia da vivere.
Protagonista della storia e' un giovane rom venuto dalla Romania a Milano e
a raccontarla e' Elisa Graziano, insegnante all'Itc Schiaparelli-Gramsci di
Milano e, all'occorrenza, insegnante di strada.
"E. (l'iniziale e' di fantasia, ndr) - riferisce la Graziano - e' uno studente
sedicenne al centro di un progetto piuttosto avventuroso: a quindici anni ha
seguito un percorso di studi organizzato esclusivamente per lui da un gruppo di
insegnanti volontari. Quando Stefano Pasta, della Comunita' di Sant'Egidio, ci
ha chiesto di occuparcene ci ha spiegato che bisognava insegnargli a leggere, a
scrivere e a far di conto nell'arco di otto mesi, perche' questo era il tempo
massimo per non perdere il treno dei corsi di formazione professionale".
"La cosa - continua l'insegnante - poteva sembrare complessa, benche' fattibile,
ma lo era oltre le nostre aspettative perche' E. si esprimeva esclusivamente in
lingua romanes, l'idioma della sua famiglia e del suo popolo, la lingua dei rom.
Era troppo grande per essere inserito nelle scuole elementari ma decisamente
analfabeta per le scuole medie. Sapevamo che era fuggito dalla miseria di un
villaggio romeno per cercare opportunita' di vita".
"Poi - prosegue l'insegnante - la faccenda si e' complicata anche perche'
abbiamo dovuto seguirlo negli spostamenti causati dagli sgomberi dei campi a
Milano. C'e' da dire che la determinazione di questo adolescente ci ha aiutati a
proseguire comunque, infatti non abbiamo fatto nessuna fatica a fargli
rispettare i nostri appuntamenti di studio: ricordo che un pomeriggio si e'
presentato bagnato fradicio, ma con i quaderni asciutti, per aver dormito in un
giardinetto sotto l'acqua scrosciante di novembre, dopo l'ennesimo sgombero".
"Ancora pazienza - continua la Graziano - la nostra scuola itinerante e'
continuata tra la sede Acli di via Conterosso e la biblioteca di via Valvassori
Peroni, a Milano, dall'ottobre del 2010 a giugno del 2011, per 10 ore
settimanali, di pomeriggio. Studente tenace e fiducioso, il nostro E. ha
frequentato le lezioni nonostante, da due mesi, venisse da Pavia, dove tuttora
vive in una casa abbandonata, per completare l'anno scolastico con i suoi
insegnanti di sempre: se noi abbiamo avuto pazienza, lui ha dovuto trovare
risorse interiori di ben piu' alto respiro".
"Sostenuto dal nostro affetto e da una nostra piccola borsa di studio - conclude
l'insegnante - ha potuto ancora proseguire sulla strada della sua personale
emancipazione sino a tagliare il suo primo personalissimo traguardo:
l'inserimento in una scuola di formazione professionale a settembre. Adesso ci
sentiamo di ringraziare sia Stefano, della Comunita' di S. Egidio, che molti
altri cittadini i quali , facendo rete con il loro sostegno, ci hanno permesso
di realizzare questo piccolo ma concreto gesto di solidarieta'".
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
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