Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

siamo amici da quasi 50 anni, una vita! Per gli amici, questo e altro! Se passate di li', fategli un saluto da parte mia...

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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 21/06/2009 @ 09:39:54, in casa, visitato 1388 volte)

Da Roma_Francais

LaGazette.fr Assetto del territorio - 11/06/2009 par Ulivo Berthelin

La Commissione nazionale consultiva della gens du voyage, dopo un decreto del 6 giugno scorso, è passata sotto il taglio del ministero degli affari sociali.

"Continueremo a lavorare perché la gens du voyage possa disporre degli stessi diritti degli altri cittadini, in particolare per quanto riguarda il diritto di voto e le assicurazioni" dichiara il senatore Pierre Hérisson, ricondotto dal Primo Ministro alla testa di questa commissione i cui membri saranno nominati nel corso dell'estate.

"Dobbiamo tenere conto delle evoluzioni della società e tenderci sulla questione dei terreni familiari di proprietà di viaggianti che corrispondono ad una vera necessità di sedentarizzazione o di semi sedentarizzazione", precisa ricordando che la legge su alloggio permette d'ora in poi di sviluppare i lotti attigui ai banchi comunali.

 "I sindaci non possono rifiutare né l'elettricità quando contratti sono passati con gli operatori, né l'acqua ed il risanamento quando le reti passano vicino al lotto. Occorre per quanto possibile trattare da un lato questi terreni familiari e le superfici d'accoglienza permanenti per le famiglie che circolano sole, come nel quadro dell'alloggio e d'altra parte il grande passaggio che costituisce un fenomeno a parte legato a manifestazioni economiche culturali e religiose" insiste il senatore, molto sensibile a queste questioni d'urbanesimo poiché incaricato di questo dossier nell'ambito dell'Associazione dei sindaci della Francia (AMF).

Due terreni per dipartimento
Preconizza la realizzazione di due terreni di grande passaggio per dipartimento e d'altra parte la prosecuzione degli sforzi che riguardano le aree d'accoglienza permanenti. "La metà delle posizioni sono in cantiere. I comuni devono realizzare i 20.000 posti che ancora mancano, con l'aiuto dello Stato per quelle che sono stati ritardati contro la volontà degli eletti, col denaro proprio per quelli che non hanno alcuna scusa" martella, ricordando la legge prevede che soltanto il prefetto possa sostituirsi al sindaco e realizzare la superficie d'accoglienza a spese dei municipi refrattari.

 
Di Fabrizio (del 06/07/2009 @ 08:56:23, in casa, visitato 1894 volte)

Da Roma_Francais (se ne era parlato QUI e QUI)

I Rom nuovamente minacciati - La giustizia si pronuncia oggi sull'avvenire del campo di Médecin du monde a Saint-Denis

La fuga in avanti continua. Evacuate da un capannone di Bobigny il 23 maggio dopo un incendio che ha ucciso un bambino di 10 anni, brevemente alloggiate e quindi espulse da un asilo del comune, sloggiate in seguito d' un capannone abbandonato di Gennevilliers, le famiglie rom, un centinaio di persone, dovranno presto lasciare il campo stabilito un mese fa sul marciapiede di Saint-Ouen in mancanza di un rialloggiamento.

Il tribunale delle grandi istanze deve pronunciarsi oggi sull'assegnazione a Médecin du monde, che ha installato tende, della prefettura di Seine-Saint-Denis. Quest'ultimo rimprovera "l'occupazione di un terreno di proprietà dello Stato". L'accampamento attuale, installato al piede dell'A86 utilizza lo stesso dispositivo dei campi profughi nel mondo, con l' aiuto alimentare del Soccorso cattolico.

Il seguito impossibile
" Chiediamo da tempo una tavola rotonda che riunisce lo Stato, la Regione, le collettività e le associazioni perché non ci siano espulsioni senza soluzione di rialloggiamento duraturo, spiega il dottor Olivier Bernard, presidente di Médecin du monde. Ci sono soluzioni, come i villaggi d' inserimento installati a Montreuil e ad Aubervilliers. Ma la sola risposta, per il momento, è questa chiamata a giudizio".

Secondo l'esperto, "i gruppi non possono più lavorare: i Rom sono incessantemente in movimento a causa delle espulsioni. Ciò impedisce il seguito delle gravidanze, dei lattanti e l'istruzione dei bambini, che sono attualmente in una scuola di Bobigny". Il campo di sette tende accoglie 120 Rom originari dalla Romania, tra cui quattro donne incinte e quindici bambini con meno di 2 anni. "Viviamo a dieci o venti nelle tende," racconta Palos Constantine, un padre di famiglia rom del campo.

"Quel che spero, è non essere più obbligati ad errare cercando un terreno. Il problema, è che quando ci propongono un alloggio in albergo, non supera tre notti". Segno, forse, di un'evoluzione sull'argomento: una riunione deve svolgersi il 10 luglio tra il prefetto del dipartimento, gli eletti e diverse associazioni.

 
Di Fabrizio (del 10/07/2009 @ 09:12:28, in casa, visitato 1337 volte)

Segnalazione di Betti dalla Provincia Pavese (pagina 14 - cronaca) Se ne è parlato QUI

La proposta della facoltà di Ingegneria-architettura

PAVIA. [...] Trenta studenti della facoltà di ingegneria edile architettura, esperti di progettazione urbanistico-sociale sotto la guida del sociologo Andrea Membretti, hanno studiato gli insediamenti di sinti nella nostra città e cercato soluzioni abitative che vadano oltre l'idea del campo nomadi isolato e precario, spesso culla di marginalità.

Stasera sarà presentato alla città e alle comunità sinte il lavoro svolto e poi ci sarà modo di fare festa con musica e balli. All'ingresso saranno raccolte offerte che le comunità sinte di Pavia invieranno ai terremotati abruzzesi e ci sarà un servizio bar.

Il progetto è stato portato avanti dal dipartimento diretto da Angelo Bugatti, settore servizi sociali del comune di Pavia, consiglio territoriale per l'immigrazione della prefettura, associazione sinti italiani di Pavia e cooperativa L'architettura delle convivenze. Cosa è emerso? "A Pavia risiedono attualmente 135 nuclei familiari, per un totale di 395 persone appartenenti alla popolazione Sinta che vivono in tre comunità differenti: piazzale Europa lato fiume, Piazzale Europa ex piscina e via Bramante. Ci sono 150 minori, 100 dei quali inseriti nelle strutture scolastiche fino alla scuola secondaria", racconta Membretti. I sinti residenti sono cresciuti fino al 2006, quando hanno raggiunto il picco di 750, mentre negli ultimi due anni si vede una inversione di tendenza.

Ma se formalmente sono organizzati in nuclei familiari di piccole dimensioni (da 1 a 3 individui), nei fatti prevalgono famiglie allargate di 10-15 persone, a loro volta aggregate in clan che arrivano a comprendere fino a 150 soggetti.

I nuclei familiari ristretti sono poi spesso di tipo informale, ovvero non registrati come tali all'anagrafe. "I rapporti di parentela e le gerarchie informali sono fattori da considerare in fase di progettazione dei nuovi insediamenti per evitare conflittualità e favorire la cooperazione sociale" scrivono nella relazione finale, senza dimenticare le funzioni di controllo di questa organizzazione. Gli studenti, ascoltando i diretti interessati e studiando le soluzioni già realizzate con i famosi fondi europei dedicati che l'Italia ancora non sfrutta, hanno formulato possibili soluzioni abitative per i sinti pavesi in vista della loro ricollocazione.

Quale potrebbe essere la soluzione? "Un villaggio auto-costruito di piccole unità abitative in legno con spazi comuni, oppure un nuovo quartiere centrato su edilizia comunitaria (housing sociale e co-housing) in muratura e su moduli abitativi transitori. Entrambe le soluzioni dovrebbero essere aperte ai pavesi Per evitare altri isolamenti" conclude Membretti.

Anna Ghezzi

 
Di Fabrizio (del 21/07/2009 @ 09:24:29, in casa, visitato 2057 volte)

Un articolo su una situazione "esplosiva" a Caserta. In calce riporto qualche osservazione di Nadia Marino, dell'Opera Nomadi, che vive da quelle parti

Campi profughi, gli extracomunitari dovranno 'sloggiare'
Lapidario l'annuncio dell'assessore all'Ambiente Marco Ricci. Il campo giace in pessime condizioni igienico-sanitarie
18/07/2009 - 14:47 Enza Passaro in Attualita'

Capua - "Gli extracomunitari e gli zingari dovranno trovare altri alloggi". Lapidario l'annuncio di Marco Ricci, assessore all'ambiente sulla questione del campo profughi di Capua. Il campo, infatti, giace in condizioni pessime, ove mancano le più elementari attenzioni all'ambito igienico sanitario. Purtroppo, dopo l'arrivo dei zingari, sia di etnia rom che italiani stessi provenienti per lo più dalla Sicilia, le condizioni del campo sono peggiorate. Finestre dai vetri rotti, piastrelle staccate dai muri, tubi sradicati dalle pareti e sistemi elettrici smembrati completamente. Dell'aiuola che sorgeva originariamente all'esterno dei grandi palazzi non resta che una discarica a cielo aperto, dove è possibile trovare dalle automobili dimesse a mobili rotti a spazzatura di ogni tipo. E proprio da questa situazione generale si innalza la protesta dei residenti del rione circostante. I cittadini, infatti, chiedono maggiore sicurezza, ronde e un servizio di vigilanza che tuteli le proprie abitazioni. I residenti, infatti, lamentato l'aumentarsi di piccoli furtarelli ad opera dei zingarelli che periodicamente si accampano presso il campo profughi. "Si intrufolano nelle nostre abitazioni senza che nessuno si accorga di nulla. Quando siamo in giardino siamo costretti a tenere le porte e le finestre della casa sbarrati perché rischiamo di trovare all'interno qualche male intenzionato", annuncia un residente stesso. Inoltre si innalza anche la polemica sulla questione dell'eternit, un materiale altamente cancerogeno che si trova all'interno di alcune lamiere di cui è composto la maggior parte del campo. Secondo le testimonianze dei residenti, infatti, i piccoli nomadi, per passare il tempo, si divertono a smembrare queste lamiere, originando in tal modo la fuoriuscita di tali particelle nocive per la salute dell'uomo. "Nonostante le nostre continue segnalazioni al Comune, l'unica risposta che ne proviene è che non si può fare nulla poiché il campo è di proprietà della provincia", afferma un altro residente.

Purtroppo, allo stato attuale non si conosce molto dell'evoluzione delle pratiche di acquisizione dello spazio poiché le farraginose tempistiche della burocrazia stanno rallentando notevolmente la conclusione del patto tra il Comune di Capua e la Provincia di Caserta.

Il campo profughi di Capua (foto interno18.it)

Commento di Nadia Marino: Sono tutte menzogne (come al solito la colpa è dei rom e dei sinti). I sinti stanno nella parte in cui ci sono solo i terreni e non sono responsabili del degrado che esiste da una decina di anni. I rom sono pochissimi e sono lì da pochi mesi. I rumeni hanno ristrutturato le palazzine a spese loro e realizzato un bel giardino con le agavi. Piuttosto il Comune vuole vendere ai palazzinari e quindi lucrare sugli ettari, come mi ha detto lo stesso sindaco. Inoltre ha incaricato una ditta di potare gli alberi e questa impresa ha tagliato a zero degli alberi secolari lucrando sulla vendita del legno. I palazzi stanno così da dieci anni e l'immondizia non viene prelevata.

Insomma sembra la solita storia di speculazione edilizia, vi terrò informati se ci sono novità.

 
Di Fabrizio (del 05/08/2009 @ 09:01:57, in casa, visitato 1627 volte)

Da Roma_Daily_News

Cari amici

Nell'insediamento di Sulukule a Istanbul, dopo pesanti pressioni pubbliche, sembra che il dipartimento amministrativo responsabile degli alloggi (TOKI) ora dia ai gruppi di solidarietà la possibilità di proporre un piano di ricostruzione.

Abbiamo bisogno urgente di supporto internazionale in questo momento molto importante. Sotto, riportiamo un appello e una lettera di esempio (la lettera è mantenuta in inglese ndr).

Grazie per la vostra solidarietà.

Derya Nuket Ozer
Sulukule Platform

deryanuket@gmail.com


3 agosto 2009

APPELLO URGENTE DALLO STUDIO SULUKULE

La situazione nel quartiere Sulukule

Come forse sapete, nel processo di rinnovamento della Penisola Storica di Istanbul, la comunità rom che ha vissuto nel quartiere di Sulukule per oltre 500 anni, è stata obbligata ad andarsene. Il quartiere è stato quasi interamente demolito dalla Municipalità Distrettuale di Fatih, per permettere a TOKI (l'Istituzione Piani Casa in Turchia) di iniziare a costruire. Circa il 10% delle unità abitative esistenti è ancora a rischio di demolizione e la decisione del Comitato di Rinnovamento come pure la sentenza finale del caso in tribunale sono attese nei prossimi mesi.

Un piano alternativo

Per opporsi agli sgomberi forzati, demolizioni e vendite a terzi sotto la pressione della legge 5366, è stato preparato un progetto alternativo, STOP, da un gruppo di volontari nel settembre 2008 con la decisione della Piattaforma Sulukule. Il progetto STOP è stato sviluppato in considerazione del modo di vita e delle esigenze della comunità locale. E' stata basata sul convincimento che ogni intervento nell'area non debba limitarsi al rinnovamento fisico ma debba essere sviluppato sulla base del rilancio economico e sociale della sostenibilità locale e culturale della comunità romanì.

Gli esperti ed i civili coinvolti, che hanno sviluppato il progetto STOP, hanno fatto in maniera di presentare il loro progetto alternativo alla Municipalità Distrettuale di Fatih ed al Comitato di Rinnovamento di Istanbul, tuttavia i negoziati non sono durati a lungo. Nondimeno, la Piattaforma Sulukule non ha cessato i suoi sforzi di comunicare ai media e alle istituzioni locali ed internazionali, insistendo che il piano della municipalità era una violazione del diritto di abitazione e in particolare, quello della vulnerabile comunità romanì.

Una speranza per Sulukule

Le pressioni dei media e delle istituzioni locali ed internazionali, incluse la minaccia dell'UNESCO di depennare Istanbul dalla Lista del Patrimonio Mondiale per le sue violazioni delle convenzioni, hanno fatto crescere l'interesse negli sforzi alternativi dei volontari del progetto STOP. A giugno 2009, il presidente di TOKI ha invitato i volontari di STOP ad Ankara a presentare il progetto. In seguito alla richiesta i rappresentanti dei volontari ebbero un incontro con TOKI ad Ankara e spiegarono lo scopo principale del progetto. TOKI chiese ai volontari di rivedere il progetto entro un mese secondo l'attuale situazione del quartiere, che nel frattempo era stato quasi interamente demolito. Dopo l'incontro, ha iniziato a lavorare al progetto alternativo un nuovo laboratorio (StudioSulukule), che inizialmente consisteva nella Piattaforma Sulukule l'Atelier Solidarietà - ma aperto ad ogni partecipazione ed appoggio. Al momento, questo laboratorio è in pieno progresso per un piano alternativo il cui scopo è riottenere il diritto d'alloggio dei residenti di Sulukule e minimizzare i danni sinora causati. Le decisioni iniziali sono state poi condivise con un pubblico più vasto e con i media in due incontri, ottenendo un grandissimo appoggio.

Come volontari del progetto alternativo, vorremmo rivolgere un appello urgente alle istituzioni coinvolte perché diano il loro appoggio in questo periodo critico, per incoraggiare TOKI a considerare seriamente il progetto alternativo. Abbiamo preparato una lettera campione per le istituzioni da mandare via fax a Erdoğan Bayraktar, presidente di TOKI, al (0090) 312 266 77 48. D'altra parte, vorremmo sottolineare che apprezzeremmo se le istituzioni preparassero una propria versione della lettera.

Vi pregheremmo inoltre di mandare una copia del fax alla mail indicata di seguito.

Un grande grazie per il vostro appoggio.

Sulukule Studio

Contatti:
Aysim Türkmen
e-mail: aysimt@yahoo.com

… August, 2009

Dear Mr. President of TOKI,

I / We have been informed that TOKI, the Mass Housing Administration of the Republic of Turkey is considering a re-evaluation of the urban renewal process for the Sulukule neighborhood in the historical peninsula of Istanbul. I / We appreciate this intention, as I / we have been following the process in Sulukule since 2006 with great concern. Up to now I / We observed the process as evictions and demolitions, in addition to sales to the third parties under the pressure of Law 5366 that I / we do not approve at all. I / We understand this as a violation of housing rights, in particular of vulnerable groups.

I / We have been informed that upon TOKI’s intention to revise the process, a new workshop (Sulukule Atölye) was initiated by concerned citizens and experts to prepare an alternative plan which aims to regain the housing rights of Sulukule residents and minimize the damage that has been caused so far. I am / We are happy to learn that the workshop process and its initial outcomes are being discussed with academic, civic and official institutions and until now enjoyed a very high degree of support, participation and enthusiasm.

I / we strongly support TOKI in its intention to reconsider the process in collaboration with the representatives of the SULUKULE ATÖLYE. We also expect TOKI to continue and strengthen the dialogue with them. I / We will continue to follow the process and look forward to the implementation of the alternative plan that resettles the Sulukule community into its neighborhood.

I / We hope to see these public-private partnerships that promise participatory processes in the following TOKI projects, too.

Kind regards,
 
Di Fabrizio (del 27/08/2009 @ 09:21:48, in casa, visitato 1703 volte)

Da British_Roma

Diana e Arthur Hughes, nonni e Rom,  per quattro volte non sono riusciti ad ottenere i permessi per la loro casa, ogni volta che hanno fatto appello è stato rigettato. Il motivo risiede nella mancanza di valutazione del rischio di inondazione da cui il rifiuto da parte del consiglio, anche se non risulta che l'area sia mai stata inondata. Alcuni dei loro nipoti frequentano la scuola primaria a Tintinhull e a Stanchester, il più giovane ha 3 settimane, e il più grande 21 anni ma è mentalmente handicappato, avendo l'età mentale di 4 anni e necessitando di assistenza costante. Alla famiglia è stato comunicato che gli Hughes potrebbero andare in prigione se non obbedissero all'ingiunzione dell'Alta corte. I bambini hanno bisogno di istruzione se vogliono avere una possibilità di avere lavoro quando saranno più grandi. Diana e Arthur Hughes si rendono conto dell'importanza di stabilità e della scolarizzazione per i loro 10 nipoti.

Best regards

Joseph G. Jones
Gypsy Council
joseph@jones.tf

You may want to Sign the petition

 
Di Fabrizio (del 29/08/2009 @ 09:29:02, in casa, visitato 2123 volte)

Elisabetta segnala tre articoli sulla situazione a Pavia. Mi rimane la curiosità di sentire il parere di Rom e Sinti

Il secolo dei "campi" è finito
Pavia è città dell'eterno ritorno, dell'eterno errore. Essendo un meccanismo archetipico non conosce colore politico. Siamo ancora qui a discutere di "campo nomadi", di ghetti progettati congiuntamente e
con il consenso dei ghettizzati a spese di tutti i cittadini. Nella città dei Saperi non si riesce a concepire altro che lo stereotipo, il ritorno ossessivo degli stessi concetti, degli stessi errori. La giunta (Pdl) lo vuole fare, ma non sa dove; le voci citano qualche quartiere e questi per voce di esponenti del Pd fanno sapere che "no pasaran". Lo spettacolo è deprimente, i pensieri tristi, lo spettacolo di infima qualità. Eppure basterebbe ragionare sulle parole e conferire ai Sinti e Rom lo status di cittadini, come si fa per qualsiasi altro cittadino. Ma parlare di "nomadi" è troppo attraente, fa sentire tutti competenti: tu sei nomade e io ho invece le radici. E' differenza che di per sé basta a marcare un abisso e la costrizione in un ruolo blindato di centinaia di concittadini. Nel febbraio scorso ho scritto una lettera al quotidiano locale; ho espresso ciò che penso: nomadi non ce ne sono. Mi sembra che nulla sia cambiato da allora; gli stessi equivoci, le stesse misere parole, la stessa politica che non sa essere altro che il portavoce della medietà senza coscienza, senza preparazione e senza linguaggio significativo e aderente alla storia e alla memoria. Una medietà antropologica più che politica: questa dimensione sembra perduta (per sempre?). In questa città non ci devono essere nemici (che devi farti amico) - o nodi d'incaglio - che non siano i "nomadi" (anche se nomadi non sono), i quali, servendo perfettamente l'incapacità della politica d'essere protagonista e illuminata, devono persistere ad essere artatamente tali. Di seguito è l'articolo che "La Provincia pavese" dedica oggi, 27 agosto 2009, al tema "campo nomadi") e a seguire il mio intervento del 28 febbraio 2009.
Irene Campari

Il Pd: «No i nomadi al Vallone»
PAVIA. Da un lato il vicesindaco Gian Mario Centinaio - Lega - ha ribadito che una soluzione per i 450 sinti bisogna trovarla, «perché comunque sono cittadini pavesi anche loro». Dall'altro lato Tullio Baruffi, presidente del circolo di Pavia nord est del Partito Democratico è pronto a dare voce ai residente del Vallone che non vogliono il campo vicino sotto casa.
Prima lettura: Sinistra e Destra, nell'eterna divisione pro-stranieri una, contro-stranieri l'altra, si stanno scambiando i ruoli.
Seconda lettura: nella più recente divisione tra il partito radicato sul territorio - la Lega - e quello assente - la generica Sinistra, inizia a farsi sentire chi non vuole essere etichettato come assente, perché la voce dei cittadini è pronto ad ascoltarla.
E poi c'è la terza lettura, che in fondo mette d'accordo tutti: prima di prendere qualsiasi decisione in merito al campo nomadi servirà il confronto con la città.
Tullio Baruffi ha raccolto il malumore del Vallone. «C'è chi sottolinea che il valore degli immobili crollerà - spiega Baruffi - chi ha paura. Il fatto è che non si può mandare tutto al Vallone. Hanno detto che li metteranno o al Carrefour o al Bivio Vela, ma comunque graviteranno dalle nostre parti. Hanno detto che si rivolgeranno ai quartieri - continua Baruffi - ma se non ci sono più con chi parleranno? Prima di prendere decisioni chiediamo che vengano a parlare con la gente. Se un 'assemblea non la faranno loro, la faremo noi». Quel «loro» si riferisce a maggioranza e opposizione.
«E' una questione delicata quella del campo nomadi - sottolinea Matteo Mognaschi, consigliere della Lega Nord - su cui dobbiamo ancora parlare al nostro interno. E' un problema che l'amministrazione di centro sinistra non ha affrontato per anni». E la posizione del circolo Pd del Vallone? «E' strano che il Pd sia così vicino alle esigenze del territorio - dice Mognaschi - è una posizione singolare. Ma sicuramente serve un confronto con i cittadini». Ed è quello che dice anche Antonio Maria Ricci, segretario cittadino del Pd. «Una sistemazione per il campo nomadi deve essere trovata - sottolinea - tanto è vero che è nel programma che abbiamo presentato per sostenere Albergati. Indipendentemente dal colore politico, bisogna parlare con i cittadini della zona dove lo si vuole insediare. Come i nomadi hanno la necessità di trovare una collocazione adeguata, i cittadini dei quartiere devono essere incontrati. Bisognerebbe aprire un tavolo con queste comunità, associazioni, amministratori e le forze politiche - aggiunge Ricci - per evitare di creare divisioni».
Marianna Bruschi , "La Provincia pavese", 27 agosto 2009


Nomadi o no? Decidiamo sui Sinti di Irene Campari
Il tema del campo nomadi sarebbe stato argomento da affrontare nel passato entro i termini di un contesto civile che si propone una reale integrazione di gruppi solo apparentemente "diversi" da quelli radicati. Le direttive europee prevedono l'accoglimento di comunità di passaggio in luoghi attrezzati con servizi adeguati per la tutela della salute e dei diritti fondamentali. Tuttavia, le amministrazioni civiche dovrebbero decidere come considerare le comunità Sinti: sono "nomadi" o non lo sono? Quali stili di vita definiscono i cittadini "nomadi"? E' sufficiente un'autocertificazione? Il rispetto delle consuetudini delle culture e gli atteggiamenti antidiscriminatori passano tramite la chiarezza su quel punto, che deve darsi senza infingimenti o opportunismi. Una comunità che risiede in città da più di quarant'anni non può plausibilmente dirsi "nomade". Basta voler vivere in roulotte per confermarsi tali? Non mi pare altrettanto plausibile. Negli ultimi anni ho osservato piuttosto un gioco delle parti tra istituzioni locali e comunità Sinti tendente a dar per scontato quel carattere accettando la soluzione del "campo" come scontata e senza alternative. E' probabile che ci fosse una reciprocità conveniente, che però non ha fatto altro che alimentare sentimenti negativi dei cittadini pavesi "stanziali" nei confronti dei cittadini pavesi "nomadi". Da sempre presentati così, hanno attirato su di sé il pregiudizio della diversità antelitteram, quella fondata sulla proprietà della terra. Per chi è stanziale questa struttura l'habitus; chi è nomade apparterrebbe invece ad una cultura altra e sfuggente, che appare nell'immaginario antropologico come quella che minaccia i "radicati" proprietari in virtù della propria libertà dai vincoli del bene fondiario. Sarebbe ora di affrontare fino in fondo questo nodo. L'Amministrazione comunale uscente aveva stanziato 90 mila euro per un progetto
di nuovo campo per i Sinti. Non ha mai specificato dove l'avrebbe collocato.
Tantomeno lo faranno in campagna elettorale; è tema che toglie consenso. Ma rimane lì come idea territorialmente vaga, per accontentare da una parte i Sinti e dall'altra non inibirsi il favore dell'elettorato. Circa 35 mila euro sarebbero andati ad associazioni per "mediare" e fare accettare la comunità Sinti "nomade" da quella radicata. E' un circolo vizioso da interrompere. Se risiedono a Pavia da tanti anni, i figli hanno studiato qui, lavorano qui, qual è la necessità che spinge a dichiararne il "nomadismo"? I diritti sono diritti, e si realizzano anche nello spazio. I campi hanno da sempre richiamato qualche tratto più o meno marcato di "extraterritorialità", o, nei peggiori contesti, i "ghetti". Ritengo che a Pavia non si debbano più sperimentare né i primi né i secondi, come all'ex Snia. Se bisogno ci sarà di accogliere comunità indigenti di cittadini europei, saranno necessarie aree attrezzate e regolamentate per una sosta breve in attesa di soluzioni a lungo termine, per evitare che le aree dismesse diventino specchio della nostra vergogna ed incapacità di gestire l'umanità, e ciò valga anche per i rapporti tra cittadini Sinti e cittadini Rom.
Per le comunità residenti finora nei campi cittadini vedo la proposta del Prefetto Buffoni - distribuire gli insediamenti in piccole e distribuite aree - come temporanea. I cittadini europei di origine Sinti dovrebbero accedere ad abitazioni reperibili sul libero mercato. Il "nomadismo" autentico temo che si esprima con altre modalità da quelle fin qui mostrate dai nostri concittadini europei di origine Sinti. Una posizione come quella espressa disinnescherebbe anche l'uso strumentale che dei campi per le comunità Sinti potrebbe essere agevolmente fatto nell'imminente campagna elettorale.
Irene Campari, Circolo Pasolini Pavia
"La Provincia pavese", 28 febbraio 2009

 
Di Fabrizio (del 02/09/2009 @ 09:41:07, in casa, visitato 2241 volte)

Sprintonline.com

Associazione Comitato quartiere Villanova
Associazione Comitato quartiere Fiumesino

RICHIESTA DI INTERVENTO AL PREFETTO DI ANCONA: LA FRETTA E LA PROPAGANDA DEL SINDACO BRANDONI SUL CAMPO NOMADI RISCHIANO DI CREARE SERI PROBLEMI ALLE FAMIGLIE E AI QUARTIERI

Le Associazioni di quartiere Comitato Fiumesino e Comitato Villanova, l’Associazione L.H.A.S.A., i Rappresentanti delle Famiglie ROM residenti nell’area sosta di Falconara Marittima, hanno inviato una nota ed una richiesta di intervento al Prefetto di Ancona in cui esprimono forte preoccupazione per le reiterate esternazioni del Sindaco di Falconara Marittima volte alla messa in atto della affrettata decisione della chiusura del cosiddetto “campo nomadi” senza aver prima individuato alloggi dove sistemare i suoi occupanti e senza preoccuparsi di evitare concentrazioni ghettizzanti le quali creerebbero situazioni deleterie e di disagio in determinate zone del territorio comunale.
Nella nota inviata al Prefetto le Associazioni e i Rappresentanti della comunità ROM residente hanno congiuntamente ribadito al Prefetto di Ancona:
- DI NON VOLERE LA PERPETUAZIONE DELLA PRECARIETÀ DEL “CAMPO NOMADI”;
- DI VOLER EVITARE DI GETTARE NELLA STRADA NUCLEI FAMILIARI CHE RIMARREBBERO SENZA UNA ABITAZIONE;
- DI VOLER EVITARE DI RICREARE NEGLI ALLOGGI DI EMERGENZA DEL COMUNE UNA SITUAZIONE CONCENTRAZIONARIA SIMILE A QUELLA DEL CAMPO NOMADI;
- DI VOLER EVITARE LA CREAZIONE DI COSIDDETTI “QUARTIERI GHETTO” A CAUSA DELLE MIOPI POLITICHE DELLE AMMINISTRAZIONI COMUNALI DI ACQUISTO ED AFFITTO DI ALLOGGI IN EMERGENZA NEI SUDDETTI QUARTIERI DI FIUMESINO E VILLANOVA DI FALCONARA M.MA.

Questo comune sentire degli scriventi è frutto del desiderio di favorire l’inserimento di ogni famiglia, di qualsiasi provenienza geografica e culturale, nel tessuto sociale della città di Falconara, nel rispetto delle Leggi vigenti e dei Regolamenti comunali che riguardano anche gli “alloggi destinati a situazioni di emergenza sociale”.

Le Associazioni hanno evidenziato nella nota che la improvvida determinazione del Sindaco di Falconara Marittima si inserisce in una assoluta, odierna confusione per ciò che riguarda gli “alloggi destinati a situazioni di emergenza sociale” e pertanto, qualsiasi decisione affrettata e propagandistica dell’Amministrazione comunale risulterebbe deleteria per tutti: per i residenti dei quartieri e per i residenti che oggi dimorano nel campo nomadi.

Per i Comitati
Franco Budini
tel.: 340 3802508

 
Di Fabrizio (del 06/09/2009 @ 09:16:16, in casa, visitato 1835 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

31 agosto 2009 - Source: B92 Smantellato l'insediamento rom nel centro di Belgrado

Le famiglie rom che vivevano in uno sgangherato insediamento sotto un  ponte di Belgrado sono state rilocate questo lunedì.

Hanno lasciato i resti di un deposito che si stava accatastando vicino all'insediamento, denominato come "anti-igienico", che ora i servizi cittadini stanno cercando di bonificare.

114 famiglie che erano registrate a Belgrado e che sinora avevano vissuto nei pressi del ponte Gazela sul fiume Sava, sono state spostate in 13 municipalità di Belgrado.

Ad ogni famiglia è stato fornito un container ammobiliato, collegato alle infrastrutture sanitarie.

I bambini dell'insediamento che non andavano a scuola non dovranno frequentare le classi, e la città aveva precedentemente promesso di fornire loro libri di testo e trasporto gratuiti.

Nel contempo, 53 famiglie rom che vivevano a Gazela ma erano registrate in otto municipalità della Serbia meridionale, sono ritornate nelle loro città.

E' stato fatto un accordo con gli auto-governi locali per quanti non avevano nessun posto dove andare, per provvedere loro con alloggi temporanei sino ad una soluzione permanente.

Il trasferimento di lunedì è avvenuto senza incidenti.

Stamattina, Osman Balić, coordinatore del Decennio Rom, ha detto che dev'essere posta particolare attenzione proprio a quanti non erano registrati a Belgrado, ma ha detto a B92 di essere soddisfatto perché verrà risolto il problema di diverse centinaia di persone.

La mossa delle autorità cittadine arriva perché la ricostruzione del ponte non potrà avvenire finché l'insediamento non sarà smantellato.

Per questa ragione i lavori erano già stati rimandati diverse volte.

La Banca d'Investimento Europeo ha detto che una delle condizioni per i suoi prestiti, fondi per la ricostruzione, fosse che "il lavoro fosse svolto adeguatamente", informano i rapporti.

 
Di Fabrizio (del 07/09/2009 @ 09:39:23, in casa, visitato 2050 volte)

Segnalazione di Maria Grazia Dicati

 Per chi legge da Facebook, il video è QUI

Cari amici
L'Opera Nomadi ha denunciato [...] che un intero comparto di alloggi popolari nel quartiere di Arghillà a Reggio Calabria molto probabilmente è stato costruito su una falda acquifera. Queste costruzioni non sono stabili inoltre come se non bastasse questi stessi alloggi hanno una serie di problemi strutturali.

Giacomo Marino presidente Opera Nomadi di Reggio Calabria

 

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