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\\ Mahalla : VAI : conflitti (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 01/10/2012 @ 09:18:32, in conflitti, visitato 2271 volte)

Realizzato con la collaborazione di Davide Zaccheo

L'ENNESIMO ATTO BARBARICO DI ALEMANNO E BELVISO NEI CONFRONTI DEI ROM DI TOR DE CENCI di Davide Zaccheo

foto di Serena Masci durante le operazioni di sgombero (cliccare sull'immagine per scaricarla a grandezza personale)

La mattina del 28 settembre 2012 un dispiegamento di forze della polizia municipale di Roma Capitale affiancati da tre cellulari della polizia di stato, due pullman da 50 posti cadauno adibiti al trasporto di persone, due camion con sopra due ruspe per la demolizione, irrompevano senza preavviso nel campo nomadi di Tor de Cenci a Roma e procedevano sotto gli occhi dei bambini che erano già saliti sul pullman del comune di Roma che li avrebbe portati a scuola, alla demolizione dei container rimasti e al trasferimento delle restanti 170 persone del campo. Di fronte ad una azione cosi minacciosa tutti i bambini sono scesi dal pullman per rimanere con le loro famiglie.

Tutto ciò all'indomani della sentenza di primo grado del Tar che annullava il ricorso fatto da alcune famiglie rimaste al campo alla fine di luglio in seguito alla consegna dell'ordinanza di sgombero da parte del sindaco Alemanno e dopo il trasferimento nel nuovo campo nomadi della Barbuta della maggioranza dei rom residenti.

La notte tra domenica 23 e lunedì 24 un'intera comunità di bosniaci che erano stati trasferiti alla Barbuta un mese e mezzo prima, aveva fatto ritorno a Tor de Cenci dopo aver denunciato pubblicamente le minacce dal gruppo storico residente nel nuovo campo situato tra il Comune di Roma e quello di Ciampino. Questo gruppo ha dormito per circa 5 giorni all'aperto sulle stesse piazzole dove erano situati i container che il comune gli aveva demolito. I loro figli non sono andati a scuola per circa una settimana a causa della mancanza di acqua per lavarsi.

Le ruspe hanno abbattuto i container delle famiglie rimaste davanti agli occhi inermi dei bambini del campo. Gli agenti della polizia municipale di Roma Capitale non hanno usato nessun tipo di precauzione, il tutto è avvenuto dall'inizio alla fine davanti ai bambini e alle donne che piangevano.

Monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas Diocesana di Roma, intervenuto durante le demolizioni ha gridato "Barbari" a chi in quel momento dirigeva le operazioni al fine di radere al suolo il campo. Un volontario della comunità di Sant'Egidio e due operatori dell'Arci Solidarietà venivano fermati e identificati dalla polizia municipale semplicemente perché stavano scattando delle fotografie durante l'abbattimento dei container.

Oltre al danno anche la beffa. Ai rom rimasti senza container è stato comunicato il trasferimento temporaneo in un centro di accoglienza del Comune di Roma dove dovranno restare per circa 10 giorni in attesa che finiscano i lavori dell'area di Castel Romano dove dovrebbero essere trasferiti definitivamente e dove già vivono 900 rom.

Nel centro di accoglienza i rom sono stati sistemati in due stanzoni con brande e materassi. Le condizioni di vita del centro sono ai limiti della decenza, con bagni chimici e docce poste all'esterno dell'edifici. Tra loro ci sono donne incinte, una anziana di 80 anni malata di cuore e una donna sempre anziana da poco uscita dall'ospedale a causa di un ictus.

I Rom di Tor de Cenci trasferiti nel centro di accoglienza del comune di Roma hanno deciso per Lunedì 1 ottobre 2012 uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni disumane i cui sono stati collocati, condizioni che calpestano qualsiasi tipo di diritto umano fondamentale.

    Pensavamo che fosse la solita giornata: ..... arrivi al campo e li trovi l'autobus o comunque arriverà, sai che a breve all'orizzonte vedrai i primi bambini che sorridendo gioiosi entusiasti ti corrono incontro, questa mattina il rituale non è stato completato.
    Il primo fotogramma: tre cellulari della polizia, e un silenzio spezzato dalle sirene prima in lontananza e poi sempre più assordanti, all'improvviso sul volto dei bambini espressioni attonite e di smarrimento, per loro quella doveva essere una mattina uguale a tante altre, si sale sull'autobus e si va a scuola; ma cosi non è stato. Lo spettacolo ignobile che è stato allestito davanti ai loro occhi si è aperto con l'arrivo di un mezzo pesante che dotato di braccio meccanico si è accanito sulle loro "case" e le ha ridotte in macerie senza dare il tempo sufficiente per portare fuori tutta la loro vita e ad ogni "casa" che veniva giù, le espressioni sui visi dei bambini sempre più marcate attonite spaurite, e spaventate e il pianto che via via aumentava.
    Nessuno si è soffermato a spiegare loro cosa stava succedendo e perché con tanto accanimento stavano abbattendo le loro case, tutto è avvenuto nella più totale indifferenza. Nessuno si è fermato a prestare la doverosa e appropriata attenzione a quei bambini, la stessa attenzione che si presta a qualsiasi altro bambino che vive però al di la del cancello che delimita il confine tra degno di tutela e indegno di esserlo. Nessun gesto di rassicurazione di sostegno di supporto per attenuare il pesante carico di un avvenimento che loro non riescono a comprendere a pieno perché si percepiscono dei bambini come tanti altri; e chi e con quale coraggio riuscirebbe a guardargli negli occhi e dirgli visto che sei uno zingarello/a non puoi abitare troppo vicino a noi, mai dalle labbra di nessuno uscirebbero tali parole, ma quello che è avvenuto davanti ai loro occhi anche se non è stato detto e stato fatto, sempre nella più totale imperturbabilità.
    Quello che chi non era li non vedrà mai e a cui nessun blog darà mai rilievo saranno gli occhio colmi di lacrime di quei bambini, la giovane madre costretta a cambiare il pannolino di suo figlio sul parabrezza di una macchina, le lacrime che scendono sul volto delle giovani donne che sotto gli occhi impauriti dei loro figli preparano velocemente un enorme fagotto, l'espressione attonita della giovane madre che stinge tra le braccia la sua secondogenita nata solamente una settima addietro, che con lo sguardo inquieto cerca il marito per trovare rassicurazioni dopo che gli viene detto che deve abbandonare la sua casa, l'anziana donna che non parla una parola di italiano che con il viso affranto si porta le mani alle tempie e ripete da prima a voce alta quattro o cinque parole fino a quando il fiato non gli si strozza in gola; e quando tutto è concluso enormi fagotti sparsi in diversi punti, e intere famiglie sedute accanto che si guardano intorno e attendono di essere deportate al centro di accoglienza. Queste sono immagini che pesano, e pesano ancor di più visto che l'istituzione che doveva garantire e tutelare questi bambini con assoluta impassibilità ha predisposto una azione fredda e rapida e senza preavviso, incuranti delle ripercussioni sui bambini dovuti alla privazione di punti di riferimento e dei luoghi in cui sono nati e cresciuti e di cui si sentono ormai parte.
    Sotto il cumulo di lamiere non ci sono solo utensili vestiti giochi ma anche i diritti fondamentali e inviolabili dei bambini e adulti a cui per l'ennesima volta non viene data voce, e che per l'ennesima volta vengono calpestati sempre nella più completa indifferenza.

Tor de' Cenci, i rom alla Fiera di Roma "Da lunedì sciopero della fame"


Infanzie che non tornano:

E' stato tanti anni fa, ero ancora bambino (un bravo bambino, allora). Sotto casa mia il cantiere della metropolitana in costruzione, poco più in là una fabbrica che stava per essere demolita. Io, tre anni, passavo i pomeriggi incantato a guardare i camion e le ruspe al lavoro.
Oggi, 50 anni dopo, la ruspa è tornata a trovare un bambino di 3 anni, a Tor de Cenci. Poi se n'è andata, forse a cercare qualche altro bambino.
A Tor de Cenci, i piccoli vagano tra le macerie, cercando qualcosa da salvare. Tra cocci di vetro e pezzi di plastica, una scarpa, un quaderno strappato, un orsacchiotto di peluche con un occhio solo, il cuscino del nonno, quello straccio con attaccate due perle forse era il vestito da sposa della sorella più grande. Accendini, l'altoparlante della radio, una busta con dentro i documenti... la lunga fatica per essere normali che anche stavolta si muta in fumo.

Fabrizio Casavola

Nel frattempo in Francia, a Marsiglia, i soliti BRAVI CITTADINI davano alle fiamme un insediamento rom. La foto è tratta da TeleFrance1, e tutto sembra legarsi, qualcosa di già visto, già sentito, già odorato, dimenticato troppo in fretta.

 
Di Fabrizio (del 04/10/2012 @ 09:18:07, in conflitti, visitato 1554 volte)

Da Hellenic_Roma

France24 Incontro tra un villaggio ed i Rom sfocia in violenza

Un incontro per discutere i problemi legati alla popolazione rom nel piccolo villaggio di Anthili, mercoledì (12 settembre, ndr.) si è trasformato in una vera e propria rissa, da noi documentata.

L'incontro era stato convocato dal sindaco la Lamia, la vicina città sotto la cui amministrazione ricade Anthili. Due settimane prima, il sindaco aveva chiuso un grande campo rom a nord di Lamia, cosa che aveva causato un afflusso di famiglie ad Anthili.

In Grecia ci sono circa 250.000 Rom. Sparsi in tutto il paese, vivono soprattutto ai margini delle città. Alcuni di loro mantengono vive le loro tradizioni ed abitudini nomadi. Molti però hanno adottato uno stile di vita urbano e sedentario. I Rom nomadi che vivono nei campi tendono a vivere ai margini della società e frequentemente sono vittime di discriminazioni..

L'alloggio è un problema ricorrente per questa comunità. Molti Rom vivono in tende piantate su terreni che non appartengono loro, da cui vengono a volte sgomberati a forza.

Foto e video del nostro Observer.



CONTRIBUTO di Nick Parmenopoulos
"La crisi economica ha alimentato l'odio dei greci contro i Rom"

Nick Parmenopoulos vive a Lamia e scrive per il sito di news alternative Altpress Fthiotida. Ha girato diversi video sugli scontri di Anthili.

    I Rom del villaggio non sono stati invitati all'incontro, ma hanno deciso lo stesso di partecipare. Hanno ritenuto che fosse perfettamente normale perché si parlava di loro. Ma quando sono arrivati al municipio, degli abitanti esasperati hanno sbarrato loro la strada, e da qui è nata una rissa. Una dozzina di componenti di Alba Dorata [partito della destra radicale sempre più popolare a seguito della crisi economica, nota dell'autore] li attendeva per arrivare allo scontro. Tuttavia il loro leader ha detto loro di non farsi coinvolgere. Alba Dorata era presente all'incontro perché un consigliere comunale aveva chiesto loro di fornire il servizio d'ordine, ma di limitarsi ad osservare. Alla fine, è intervenuta la polizia a porre fine alla rissa. Fortunatamente, non ci sono stati feriti gravi.

    Un discreto numero di abitanti è arrabbiato non solo con i Rom, ma anche contro il sindaco George Kotronias, per avere ordinato la chiusura del campo a nord di Lamia, localmente noto come Xireas. In questo campo abbandonato vivevano circa 200 famiglie rom, alcune da oltre tre decenni. Una volte cacciate, molte di queste famiglie sono andate in cerca di parenti o amici che avevano acquistato casa alla periferia di Anthili. Circa venti famiglie erano state in grado di acquistare casa, vent'anni fa, per i sussidi allora forniti dall'Unione Europea.
    Tra quanti hanno preso parte alla riunione, molti si sono lamentati del numero crescente di bambiuni rom nelle classi, e di come questi tendessero ad essere sporchi, malati, ecc. Il preside ha provato a spiegare che, legalmente, questi bambini rom avevano lo stesso diritto di frequentare la scuola di qualsiasi altro bambino, cosa che ha sollevato grida indignate.
    Il sindaco ha segnalato durante l'incontro di aver chiamato un avvocato per organizzare la rilocazione in un nuovo campo dei Rom arrivati di recente. Ma ho visto questo campo e potrebbe accogliere soltanto dalla dieci alle quindici famiglie...

    La crisi economica ha alimentato l'odio dei Greci verso la comunità rom. Molti Greci sono convinti che non solo i Rom siano ladri - cosa che personalmente penso riguardi solo una minoranza di loro - ma che traggano anche vantaggio dai programmi assistenziali del governo. Ma le misure di austerità adottate dal governo greco nei mesi scorsi hanno notevolmente ridotto questi sussidi.
    Ed ora ad Anthili stanno prendendo piede le voci più folli. I Rom stanno dicendo che centinaia di membri di Alba Dorata vorrebbero attaccarli e bruciarli vivi. Ma ci sono anche voci che i Rom attaccheranno il villaggio. In sintesi, tutti hanno paura di tutti.

Il sindaco George Kotronias si rivolge agli abitanti del villaggio di Anthili.


Approfondimento: da Giornalettismo del 17 settembre 2012

 
Di Fabrizio (del 08/11/2012 @ 09:03:27, in conflitti, visitato 1891 volte)

Rassegna stampa (immagine da gijobs.com)

Panico tra le popolazioni a nord e a sud, per l'arrivo di pericolosi extraterrestri... anche se la loro presenza è documentata almeno dal 1422. Le potenti truppe italiche, intervenendo immantinentemente e con sommo sprezzo del pericolo, mantengono il controllo della situazione. Il presidente Obama, interpellato sull'ipotesi di un intervento USA, ha risposto di avere altre gatte da pelare. (DISCLAIMER: nessun gatto è stato maltrattato per questo annuncio)


ROMAGNAnoi - RIMINI - Blitz di carabinieri in un accampamento di nomadi. L'alta concentrazione di Rom e Sinti presenti l'altro giorno in città ha messo in allarme la popolazione e di conseguenza i carabinieri che sono intervenuti per controllare che tutto fosse in ordine. Alle 13 e 10 di sabato scorso, a seguito di una mirata attività informativa svolta sul territorio, i carabinieri del nucleo radiomobile di Rimini, delle stazioni di Santarcangelo e Viserba sono intervenuti a Santarcangelo di Romagna dove erano stati segnalata la presenza cospicua di camper e roulotte di nomadi nelle aree di sosta adiacenti alla città.

I carabinieri, in maniera oculata, hanno svolto un capillare controllo del territorio finalizzato ad identificare le persone che sostavano. L'attività permetteva di individuare che si trattava per lo più di giostrai giunti nella città clementina in occasione della festività dei morti e della tradizionale fiera di San Martino che si svolgerà nel prossimo week end. I controlli permetteva ai militari di effettuare un monitoraggio preciso dei componenti familiari che effettivamente sostano nelle aree industriali, artigianali e nelle adiacenze del cimitero. Questa azione di verifica e prevenzione sul territorio proseguirà incessantemente anche nei prossimi giorni e fino all'evento fieristico.


La città DI SALERNO - Ancora zingari in città. Nuovo campo nomadi nel piazzale retrostante lo stadio comunale Pastena, in piazza Pozzo, e, come da copione, arriva la protesta dei residenti. Dopo l'intervento delle forze dell'ordine per convincere alcuni gitani a cambiare locazione circa due settimane fa, il problema si ripropone con una nuova tribù, ancora più numerosa della precedente, che ha trovato collocazione alle spalle dell'impianto di viale Barassi. Il gruppo di zingari si trova nella zona da due giorni. Secondo alcuni abitanti del quartiere, si tratterebbe di almeno una ventina di unità e sei di mezzi, tra cui roulotte ed autovetture.

Diversi residenti del quartiere Taverna delle Rose avrebbero già fornito informazioni utili al comando di Polizia municipale di Battipaglia. Gli agenti, coordinati dal comandante Gerardo Iuliano, dovrebbero attivarsi nelle prossime ore. I medesimi residenti avrebbero poi intenzione di richiedere al comando di Polizia municipale un maggior controllo della zona e magari l'installazione di una telecamera da collegare all'impianto generale di videosorveglianza.

Un dispositivo per la ripresa e la registrazione delle immagini è già presente in viale Barassi, nel piazzale antistante lo stadio Pastena. La richiesta degli abitanti è di installare una telecamera anche nella zona retrostante l'impianto, dove solitamente trovano rifugio i gitani di passaggio.


OK, non c'è neanche la notizia. Ho pubblicato il tutto solo per la coincidenza di aver letto di seguito i due articoli lunedì scorso, sperando di evitare una qualsiasi psicosi.

A proposito di psicosi... mettete insieme un articolo di settimana scorsa, la provincia profonda e una misteriosa macchina rossa. Ecco una notizia di mercoledì scorso:

L'Eco di Caserta - ROCCAMONFINA (Caserta) – Ma cosa sta succedendo nel paese roccano? Da giorni un’auto rossa circola in paese in cerca di bambini. Qualche settimana addietro, nella vicina Teano, mentre una mamma era intenta ad aggiustare la maglietta al figlioletto, degli uomini, verosimilmente zingari, si avvicinano alla signora e stavano prelevando il bambino più piccolo dalla carrozzina, fortunatamente il fratellino più grande si è accorto ed ha iniziato ha strillare mettendo in fuga i malfattori. Un altro caso è successo qualche giorno addietro a Roccamonfina quando ad un bambino della locale scuola media, mentre usciva dalla scuola dopo il solito orario, si è avvicinata un’auto rossa con a bordo gli stessi uomini che inequivocabilmente erano zingari, si sono avvicinati al bambino invitandolo ha salire sull’auto che lo avrebbero accompagnato a casa dai genitori. Il bambino, memore delle raccomandazioni dei genitori, spaventato rifiuta l’invito senza dare per nulla ascolto ai due uomini, così corre, raggiunge casa e racconta l’accaduto ai genitori. A questo punto crediamo che le forze dell’ordine devono dare risposte ai cittadini per far si che nei paesi torni la tranquillità.


Per terminare, vorrei riconoscere il merito a quell'articolo di settimana scorsa che, coscientemente o meno, sembra aver innescato questa nuova spirale di terrore e fantascienza:

Il fattaccio "sembra" sia avvenuto a Corsico, in realtà si "sarebbe" svolto a Pieve Emanuele, i carabinieri competenti quindi sono quelli di Rozzano e non di Corsico (ndr: siamo nella periferia sud-ovest di Milano).

Tralascio gli scontati giudizi sull'imparzialità del Giornale:

  • Si accenna addirittura ad un colpo di pistola, è possibile che nessun altro riporti la notizia?
  • Come mai a distanza di una settimana nessuno ne ha più parlato?
  • Oltre metà dell'articolo è composto da ipotesi, segnalazioni già smentite in passato e dati che non c'entrano niente col caso segnalato. Tutto finalizzato all'affermazione che appare a metà scritto "Suggestioni? Mica tanto"
  • L'idea è che più che di rapimento, si parli di "rapimenti percepiti"
 
Di Fabrizio (del 07/01/2013 @ 09:02:59, in conflitti, visitato 1503 volte)

Contropiano.org di Marco Santopadre

Un deputato di Alba Dorata guida il secondo assalto in pochi mesi contro un quartiere abitato da rom nel comune di Etolikon. La polizia arresta quattro nazisti e ne ricerca altri nove.

Continuano gli attacchi degli squadristi di Alba Dorata contro gli immigrati e le minoranze presenti in Grecia. L'ultimo assalto risale a venerdì, nella località di Etolikon, nell'ovest del paese. Una settantina di persone, tra cui alcuni abitante del piccolo comune, con il volto coperto da passamontagna o comunque incappucciati, hanno attaccato un quartiere abitato in prevalenza da rom, ed hanno incendiato sei case e quattro automobili. Non si ha notizia di feriti nell'attacco, anche perché all'arrivo della squadraccia neofascista la maggior parte degli abitanti del quartiere aveva abbandonato le proprie case.

A fornire la scusa ai neonazisti per il pogrom una lite, avvenuta poco prima, tra due abitanti del paese e due rom, durante la quale un 24enne era rimasto ferito. Poco dopo la Polizia aveva arrestato e portato in commissariato i due cittadini di origine rom. Ma il tam tam aveva portato decine di persone davanti al commissariato, e presto il presidio si è trasformato in spedizione punitiva.

Molti abitanti di Etolikon tendono a sminuire la gravità di quanto accaduto, definendola una questione locale, una resa dei conti interna al piccolo centro. Ma molti testimoni affermano che all'aggressione hanno partecipato parecchi militanti di Alba Dorata, tra questi anche un deputato della formazione neonazista al Parlamento di Atene, Konstantinos Barbarusis, da tempo attivo contro i rom. Il che fa pensare che il pogrom fosse stato organizzato in precedenza, in attesa di qualche occasione per poterlo mettere in pratica. Nel mese di agosto, nello stesso comune di Etolikon, si era già verificata un'aggressione di massa contro il quartiere abitato dai rom, e quella volta a parteciparvi furono addirittura 200 persone, furono usate anche armi da fuoco e ci furono 5 feriti tra gli aggrediti. Al deputato squadrista Barbarusis il parlamento aveva già deciso di ritirare l'immunità parlamentare dopo che nell'autunno era stato riconosciuto mentre partecipava ad una delle tante aggressioni contro i venditori ambulanti di cui Alba Dorata si è resa protagonista negli ultimi mesi.

Ed oggi la polizia greca ha arrestato quattro dei responsabile del pogrom anti rom di venerdì a Etolikon, e ha avvertito che altri nove potrebbero essere fermati nelle prossime ore.

 
Di Fabrizio (del 13/01/2013 @ 09:06:47, in conflitti, visitato 1295 volte)

Giovedì 17/01 a Torino

E' passato poco più di un anno da quando, a fine 2011, la bugia di una ragazza, che aveva raccontato di essere stata violentata da due Rom, è diventata la scusa per trasformare la Continassa di Torino in un vero e proprio Pogrom. Pochi giorni dopo Sandra ritrattò, spiegando di aver avuto paura, ma da allora i riflettori continuano ad accendersi e spegnersi ai margini dei margini del capoluogo torinese, sullo sfondo di uno Juventus Stadium che ha una parte nella storia di intolleranze e di razzismi molto simile a quella di altre città italiane.

Una storia complessa e articolata, perfettamente raccontata da due tra le migliori esperte della materia: Carla Osella, sociologa, pedagogista e scrittrice, appartenente alla Comunità delle Figlie di S. Angela Merici e membro del Comitato Nazionale di Servizio di RnS, che cammina accanto a rom e sinti da oltre 40 anni, attraverso l'AIZO, Associazione Italiana Zingari Oggi, e Mara Francese, docente di Antropologia Culturale nella Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Torino, in cui svolge anche attività di ricerca sui movimenti migratori e sull'identità, nonché consigliere circoscrizionale proprio alla Continassa.

Il risultato di questo fortunato incontro è il Pogrom della Continassa, nuova uscita della collana TRACCE di sabbiarossa ED, in distribuzione in questi giorni, che verrà presentato in anteprima nazionale il prossimo giovedì, 17 gennaio, alla libreria Coop di piazza Castello 113 a Torino, ore 18. Nelle 152 pagine, corredate da tavole a colori per esaminare la percezione dei bambini torinesi nei confronti del popolo Rom, sarebbe stato facile transigere ad accuse o denunce. La scelta delle autrici, invece, è stata quella di far parlare i fatti e le persone, lasciando ai lettori la possibilità di stabilire da che parte stanno torto e ragione. Il volume, rilegato con cucitura a mano, in filo refe, con bandelle laterali, è impreziosito dall'immagine originale di copertina, realizzata, come ogni cover di sabbiarossa EDIZIONI, dall'artista torinese Caterina Luciano, che ha scelto, per la collana TRACCE, la tecnica dei diorama. Sarà presente anche lei, con gli editori, al battesimo ufficiale del libro che inaugura il 2013.

Nel blog Il Pogrom della Continassa, si legge, tra i tanti contributi, quello di Marius: «Vorrei sognare come tutti e svegliarmi al mattino in una casa riscaldata, poter prendere il caffè seduto su una sedia comoda. Vorrei che i miei figli potessero frequentare ogni giorno la scuola, avere un lavoro bello e importante, in cui impegnarsi. Vorrei aver studiato da bambino ed essere capace di leggere e scrivere, vorrei poter sognare come i miei coetanei, che vedo passare per le strade, ma non posso sognare.
Perché? Io non posso svegliarmi al mattino al caldo, perché abito in una baracca alla periferia di una grande città, se voglio che sia riscaldata sono obbligato ad alzarmi ed accendere il fuoco, e se non ho messo la legna sotto una tettoia, l'umidità della notte la bagna. Se voglio fare il caffè, devo avere acceso il fuoco, se mi siedo devo fare attenzione che la sedia, raccolta di recupero, non si rompa sotto il mio peso»
.

Ulteriori approfondimenti sul sito della casa editrice, www.sabbiarossa.it

 
Di Fabrizio (del 07/04/2013 @ 09:01:36, in conflitti, visitato 2063 volte)

Voice of America I Dom: rifugiati invisibili dalla Siria - Cecily Hilleary - March 22, 2013

Una famiglia dom si accampa, Turchia meridionale

Oltre 70.000 persone sono state uccise e centinaia di migliaia lasciate senza casa dalla guerra civile in Siria, che sta spargendo miseria tra tutti i gruppi etnici e religiosi della nazione.

Ma c'è una minoranza etnica che ha subito oltre la propria quota di sofferenza - sia durante i combattimenti odierni e nei secoli precedenti - e pochi fuori dalla Siria ne conoscono qualcosa. Il gruppo è quello dei Dom ed è presente in Siria da prima dell'impero ottomano.

Spesso etichettati col peggiorativo "zingari", i Dom prendono il nome dalla loro lingua, il domari, che significa "uomo". Si sono aggiunti all'esodo di cristiani, musulmani ed altri Siriani, rifugiatisi in Giordania, Libano, Turchia e altrove. Ma dovunque vadano, si trovano di fronte ad un benvenuto men che tiepido. Come ci ha detto una fonte: "Sono le persone più disprezzate del Medio Oriente."

Chi sono i Dom?

Complicati ed incompresi, i Dom sono presenti in Medio Oriente da almeno un migliaio di anni. La maggior parte delle informazioni su di loro proviene dalla lingua stessa, il domari, una variazione dell'hindi. E' simile al romanì, la lingua dei Rom europei, il che suggerisce una comune radice indiana.

Sia il romanì che il domari sono disseminati di imprestiti da altre lingue, riflesso di una storia di migrazione dall'Iran e altrove. A parte questo, si sa poco della loro origine - o manca l'accordo tra gli studiosi.

Durante il periodo ottomano, i Dom si spostarono liberamente in tutto il Medio Oriente come nomadi "legati al commercio", fornendo servizi alle comunità ovunque si insediassero. La caduta dell'impero ottomano in seguito alla I guerra mondiale, portò alla formazione degli stati nazionali con confini propri, cosa che limitò notevolmente i movimenti dei Dom.

In Siria, e altrove nella regione, vengono chiamati Nawar - probabilmente una parola derivata da "fuoco", riferita al loro lavoro tradizionale come fabbri ferrai. Ma negli anni la parola "Nawar" si è evoluta in peggiorativo, finendo coll'indicare una persona ignorante e incivile.

I Dom si differenziano anche in base alla regione abitata o al lavoro svolto. Ad Aleppo e Idlib, sono chiamati Qurbat e lavorano come fabbri o dentisti non diplomati. I cosiddetti Riyass vivono a Homs e Hama, dove vendono manufatti o come intrattenitori alle feste. Alcune donne, chiamate Hajiyat, danzano nei night di Damasco, mendicano o predicono il futuro.

I numeri

    "La popolazione ufficiale dom potrebbe essere superiore alle stime, perché molti di loro si descrivono come Curdi, Arabi o Turcomanni." Kemal Vural Tarlan

E' quasi impossibile stimare la popolazione dom in Siria, in quanto spesso nascondono la loro identità per paura di essere stigmatizzati. Secondo International’s Ethnologue sarebbero 37.000 i Dom siriani che parlano il domari, assieme all'arabo. Ma per il giornale siriano Kassioun nel 2010 forniva il doppio di quel numero.

Kemal Vural Tarlan è un fotografo, documentarista, scrittore e attivista che si focalizza, dice, su quanti vivono ai margini della società, principalmente Dom e Rom. E' anche autore del sito Middle East Gypsies.

Dice che i Dom sono visti come estranei e intrusi, perciò sono quasi universalmente discriminati, Quindi spesso nascondono la loro origine etnica, attraverso ciò che chiamano la capacità dell'invisibilità, che li aiuta a spostarsi dentro e fuori le comunità.

La popolazione dom ufficiale potrebbe essere di parecchio superiore alle stime, perché molti Dom si descrivono come Curdi, Arabi o Turcomanni," dice Tarlan. Qualunque sia il loro numero, ne vivono in Siria più che da qualsiasi altra parte del Medio Oriente.

Fotogalleria

 
Dom rifugiati in Turchia

La Turchia è stata la patria degli "zingari" sin dall'epoca bizantina, e nel 2005 l'ACNUR stimava la popolazione Rom-Dom in 500.000. Kemal Tarlan ha passato diverso tempo nelle ultime settimane sul confine, per documentare l'afflusso dei Dom dalla Siria. I Dom si sono insediati nelle città della Turchia meridionale di Kilis, Gazientep and Shanliurfa.

"Inizialmente hanno potuto registrarsi nei campi profughi ufficiali," dice, "ma ora non è più possibile, perché sono pieni."

Alcuni Dom sono andati ad abitare con el famiglie in città. Quelli che non hanno un posto dove andare, vivono in tenda come nomadi. Tarlan dice che ricevono poca assistenza dal governo, così mendicano per sopravvivere o cercano lavoro nei campi.

"Ma la maggior parte è disoccupata," dice, e questo ha portato a tensioni locali. Recentemente, dopo che i cittadini di Shanliurfa hanno iniziato a lamentarsi dell'aumento dei piccoli furti, le autorità hanno smantellato e dato alle fiamme un'improvvisata tendopoli. I mezzi di comunicazione si riferivano a loro come "i Siriani". Ma Tarlan dice che la maggior parte erano Dom.

Nel Libano

    "Vivono tutti in condizioni disastrose. Non trovano lavoro, eccetto che nel riciclo destinato alla discarica: alluminio, ferro o cartone; giusto di che sopravvivere." Catherine Mourtada, Tahaddi

Con Beirut a sole 65 miglie di distanza, molti Dom da Damasco sono scappati in Libano. Catherine Mourtada è cofondatrice di Tahaddi (Sfida) una OnG che offre assistenza ai diseredati di Beirut, tra cui ci sono molti Dom.

"Sono esclusi dal normale sistema scolastico, anche perché non soddisfano i criteri di ammissione o perché le scuole pubbliche sono piene. Così, vengono da noi," dice Mourtada.

Mourtada ha visto crescere il numero dei Dom provenienti dalla Siria, che cercano di rimanere presso i loro parenti libanesi.

"Sono già molto poveri, e ora devono accogliere altri membri della loro famiglia molto poveri, che arrivano dalla Siria, quindi per loro è molto dura. Vivono tutti in condizioni terribili," dice. "Non trovano lavoro, eccetto che nel riciclo destinato alla discarica: alluminio, ferro o cartone; giusto di che sopravvivere."

In alcuni casi, i Dom di Beirut sono costretti a mandare via i loro parenti siriani. "Così devono trovare da qualche parte una stanza in affitto. Sono fortunati se riescono a trovare un bagno o acqua corrente," continua Mourtada.

Dato che in Libano non ci sono campi profughi ufficiali, come invece in Giordania o in Turchia, Mourtada dice che i Dom hanno iniziato ad insediarsi in tendopoli nella valle della Bekaa.

In Giordania

Nel 1999, Amoun Sleem fondò la Domari Society, un centro culturale ed educativo nel quartiere di Shu'fat a Gerusalemme Est. Dom lei stessa, racconta di aver sperimentato sulla propria pelle la discriminazione, la marginalizzazione culturale e la povertà che per molti Dom sono il risultato dell'analfabetismo.

Dice: "Ogni volta che un disastro colpisce il Medio Oriente, nessuno si da pensiero di quale sarà l'impatto sui Dom."

Sleem aggiunge di aver ricevuto notizie su molti Dom rifugiati che vivono nel campo di Zaatari o nelle sue vicinanze, a Mafraq, in Giordania. Sta tentando di ottenere un permesso per visitare il campo, ma per questo sta incontrando diverse difficoltà. Nel contempo, sta cercando di incoraggiare le famiglie Dom giordane ad ospitare i rifugiati.

"Non è molto facile," dice, "ma se accadesse, sarebbe davvero una cosa molto buona."

 
Di Fabrizio (del 13/04/2013 @ 10:43:00, in conflitti, visitato 3559 volte)

COMUNICATO STAMPA Gruppo sostegno Forlanini - 333/4451206

Nella notte tra il 12 e il 13 aprile, poco prima dell'una, alcune persone hanno tentato di lanciare delle bottiglie incendiarie oltre i cancelli dell'insediamento rom informale di via Dione Cassio, in zona viale Ungheria (est di Milano, zona 4). La pronta reazione degli abitanti ha evitato l'attentato, con la fuga degli assalitori.

Secondo le testimonianze degli abitanti del campo, nei dintorni c'era un inquietante andirivieni di auto che ha accompagnato l'attacco e ha raccolto i fuggiaschi.
Si tratta della conseguenza di una squallida manifestazione neofascista - imbastita da organizzazioni collaterali alla Fiamma Tricolore - che si è tenuta nel tardo pomeriggio di venerdì, tra saluti romani, urla da stadio e soprattutto slogan inquietanti, inneggianti al farsi giustizia da sé, all'esasperazione di toni razzisti, alla retorica della xenofobia e del degrado.

Riteniamo profondamente sbagliato che la Questura abbia concesso l'autorizzazione a questa manifestazione, malgrado la richiesta preventiva che avevamo formulato, sensibilizzando tempestivamente le autorità.

Riteniamo pericolosissimo che gli slogan razzisti di qualche ora prima abbiano avuto il loro esito in questo attacco notturno, che poteva causare una strage crudele.

Riteniamo che non si stato assolutamente adeguato il presidio delle forze dell'ordine nei confronti del campo, che pure avevamo sollecitato, rispetto ai prevedibili strascichi della manifestazione; al momento dell'attacco, una pattuglia della polizia di stato stazionava a diverse centinaia di metri dall'insediamento, all'angolo tra via Quintiliano e via Dione Cassio, e non è intervenuta tempestivamente, quando invece sarebbe stato più opportuno un presidio davanti all'entrata del campo. La nostra richiesta di un intervento dei Carabinieri tramite il 112, fatta nella notte a ridosso dell'attacco, non ha avuto esiti.

Milano, 13 aprile 2013

 
Di Fabrizio (del 16/04/2013 @ 11:39:48, in conflitti, visitato 1933 volte)

cronaca e foto su MilanoInMovimento


COMUNICATO STAMPA

Milano, 15.4.2013 - Gruppo sostegno Forlanini

Questo pomeriggio, alle 18,30, si è tenuta una seconda manifestazione promossa ancora una volta da organizzazioni collaterali alla Fiamma Tricolore in prossimità dell'insediamento di via Dione Cassio, sul lato di viale Ungheria, dopo quella di venerdì scorso.
La manifestazione non era stata autorizzata, ma è di fatto stata esplicitamente tollerata dalle forze dell'ordine nel suo avvio e nel suo sviluppo (prima con un blocco stradale, poi con vari tentativi di corteo, poi con le scorribande isolate verso il campo dal lato di viale Ungheria e successivamente con un vero e proprio assalto fino ai confini dell'insediamento, con il lancio di sassi all'interno del campo, che ha causato il ferimento di un abitante e comprensibile ansia negli abitanti).
La gestione della piazza da parte delle forze dell'ordine è stata assolutamente approssimativa e insipiente, lasciando ampio varco alle iniziative dei manifestanti, tra i quali stavolta hanno fatto ampia mostra di sé slogan fascisti (“Boia chi molla” ecc.), saluti romani, esibizione di magliette coll'effigie del duce.
Stigmatizziamo fortemente questa pessima gestione dell'ordine pubblico: ci era stato assicurato che non sarebbe stata autorizzata alcuna manifestazione, specie dopo la prima, del 12, che aveva già avuto caratteri molto preoccupanti già segnalati, e dopo in particolare il tentativo di attacco al campo, con bottiglie incendiarie, verificatosi nella notte tra il 12 e il 13 aprile, che abbiamo denunciato.
Ci preoccupa molto la sottovalutazione di questo evento, che sappiamo esser stato attribuito da alcune interpretazioni, anche delle forze dell'ordine - più che agli esiti della manifestazione neofascista di poche ore prima, in cui si era invocato il diritto dei cittadini a farsi giustizia da soli - agli strascichi di un incidente stradale pur grave che era avvenuto nei pressi del campo in via Dione Cassio il pomeriggio del 12 e che è stato pretestuosamente messo a carico di ospiti del campo, mentre neanche dai controlli della Polizia locale risulta un loro reale coinvolgimento.
Il ripetersi di episodi in cui si tenta, si esibisce o si mette in opera l'attacco violento fa capire da quale parte, in realtà, vengono l'insicurezza e la minaccia che si addebitano agli abitanti del campo; ci sono forze razziste e neofasciste che stanno investendo potentemente sulla questione, soffiando sul fuoco del disagio e dell'emarginazione, e che non sono adeguatamente contrastate dalle forze dell'ordine, che pure avrebbero tutti i titoli per intervenire e prevenire, come anche oggi sarebbe potuto succedere, con la proibizione della manifestazione.
Ci è giunta notizia che nella giornata del 16 potrebbero ripetersi, anche in prossimità del campo, nuove manifestazioni. Chiediamo che non vengano assolutamente autorizzate né tollerate, per evidentissimi motivi.
Per parte nostra, insisteremo - insieme colle altre associazioni che lavorano nel campo - sulla strada dell'inclusione sociale, della democrazia e dell'antirazzismo, che sappiamo essere quella che meglio tutela i diritti civili e sociali di chiunque viva in un territorio, sia esso italiano o straniero.
Sollecitiamo i poteri pubblici - a partire dal Comune, i cui progetti di inclusione sociale, che stanno per avviarsi, ci sembrano muoversi nella direzione giusta -, le forze politiche e sociali e i titolari della gestione dell'ordine pubblico e della convivenza a perseguire insieme a noi, con fermezza, quella strada.

 
Di Fabrizio (del 17/04/2013 @ 09:09:09, in conflitti, visitato 2716 volte)

Operazione prevenzione: controllati i campi nomadi - I Carabinieri hanno identificato 300 persone. Multe per motivi igienici e una denuncia Segnalate all'Ipes due famiglie in roulottes che risultano titolari di alloggi sociali [local ALTO ADIGE]

Ci sembrava un film degli anni '70 dove per catturare una banda di criminali circondavano un intero rione per non lasciare fuggire nessuno.

Ancora oggi che siamo nell'anno 2013, quando in Europa si parla di pari diritti e pari opportunità per tutti, Bolzano, nell'area di sosta in via Trento 50 (ma non solo), dove la maggioranza di persone che ci abitano sono anziani, bambini e ragazzi, le forze dell'ordine sono intervenute in massa per "un controllo di routine" secondo loro, identificando tutti gli abitanti senza dare ulteriori spiegazioni, come se nessuno sapesse che in via Trento 50 ci abitiamo solo noi, famiglia Gabrielli, nati e residenti a Bolzano da sempre.

Ovviamente non c'era nulla di cui le forze dell'ordine potessero accusarci, in compenso questo dispiegamento impressionante di forse dell'ordine è riuscito a spaventare i bambini e anziani. Questo, che è un vero e proprio atto di forza solo "per un controllo di routine", è oltraggioso e vergognoso per tutti noi che con tutte le nostre forze stiamo cercando di farci conoscere dai nuovi vicini per riuscire a convivere in pace e armonia con tutti. Dopo questo raid delle forze d'ordine che cosa penseranno i nostri vicini? Che cosa diranno vedendo tutti quei carabinieri!

A quanto mi risulta, i controlli sono stati fatti in vari insediamenti di "zingari", ma tutt'ora non ne sappiamo il motivo. Mi rivolgo ai cittadini di Bolzano: pensate se un giorno le forze d'ordine, polizia o i carabinieri, con un dispiegamento impressionante di forze arrivassero a casa vostra vi chiedessero i documenti per identificarvi, trattandovi come delinquenti e senza darvi nessuna spiegazione. Voi che fareste?

Mia madre che ha vissuto i tempi delle deportazioni hitleriane e ne ha ancora vivo il ricordo, ha detto che le sembrava di essere tornata in dietro nel tempo, all'epoca dei raid che rastrellavano sinti e rom per portarli a morire nei campi di concentramento.Come presidente dell'Associazione Nevo Drom, mi sento obbligato a condannare questi atti di forza e auspico che in avvenire nel Trentino Alto Adige e in tutta l'Italia, non si ripetano mai più episodi ingiustificati di questo genere che trattano i Sinti come cittadini senza diritti.

Radames Gabrielli

 
Di Fabrizio (del 26/04/2013 @ 09:00:23, in conflitti, visitato 1740 volte)

CORRIEREIMMIGRAZIONE 22 aprile 2013 | di Stefania Ragusa

La deportazione dei rom dalla Germania al Kosovo: chi se la ricorda più? Eppure è un fatto di pochi anni fa. Un bellissimo libro di poesie ci aiuta a non dimenticare.

Dei saggi non noiosi si dice spesso che si leggano come romanzi. In questo caso ci troviamo, invece, di fronte a una raccolta poetica che ha l'effetto di una narrazione giornalistica di alto livello, capace di unire la precisione storica dei fatti con i vissuti dei protagonisti. Ne Il pianto degli zingari Paul Polansky, intellettuale controverso ma imprescindibile per chiunque sia interessato al tema rom, ci parla di una vicenda assi incresciosa, vicina nel tempo e nello spazio, ma finita in uno spesso e ovattato dimenticatoio: la deportazione dei rom, dalla Germania al Kosovo, in campi pesantemente inquinati dal piombo, nel 2010.

In molti casi, ad essere deportati, sono stati bambini nati e cresciuti in Germania, che non conoscevano altra lingua che il tedesco ed erano assolutamente impreparati alla vita nei campi. Si trattava dei figli dei profughi arrivati soprattutto in Germania, ma anche in altri Paesi europei, in seguito alla guerra dei Balcani del 1999. I rom erano stati considerati dalla maggioranza albanese collaborazionisti dei serbi, le loro case bruciate e distrutte. Per questo, a più riprese, erano fuggiti all'estero. Ma alla nascita del Kosovo, grazie a sbrigativi e discutibili accordi con Pristina, e nonostante segnali evidenti che davano a pensare circa la loro effettiva sicurezza, sono stati rimandati indietro.

Il racconto è affidato a Danica, una bambina molto intelligente, che frequenta la scuola a Monaco, prendendo ottimi voti, e sogna di fare il medico o l'insegnante. Danica ricostruisce la vicenda in poche, calibrate parole. A partire dalla notte in cui arrivarono gli albanesi a bruciare la loro casa: "I nostri vicini Albanesi non ci violentarono/ Soltanto, continuarono ad urlare/ che avevamo soltanto due minuti/ per salvarci la vita/ Erano le quattro/ quella mattina/ quando scappammo/ ancora in pigiama ...". Poi ci fu l'arrivo e l'incontro con le cugine nate in Germania e che non parlavano romanés, figlie dello zio scappato anni prima: "Alla fine della giornata/ stavano insegnandomi/ una nuova lingua/ dissero che dovevo dimenticare/ di essere una zingara". Poi, la nuova vita, la scuola, la vicina affettuosa, l'avvocato rassicurante ma certamente non in grado di ipotecare il futuro e il padre che non voleva diventare un tedesco ma che si trova a ricredersi in pochi istanti di fronte alla possibilità di lavorare. E poi, ancora, l'epilogo inaccettabile con i poliziotti che, come gli Albanesi, arrivano la mattina presto "ed erano come la Gestapo nelle storie di papà". Ma Danica anche all'interno del campo avvelenato dal piombo, mette in atto la sua resistenza. Insegna il tedesco agli altri bambini. Prova a incontrare il mondo fuori. E progetta il ritorno in Germania.

In appendice un testo firmato da Rainer Schulze, docente di Storia moderna Europea all'università di Essex, tratteggia un quadro di riferimento che permette di inquadrare meglio la vicenda. Il pianto degli zingari, che è stato tradotto da Fabrizio Casavola, grande conoscitore del mondo rom e ideatore del blog Mahalla, illustrato da Stephane Torossian e pubblicato da Volo Press, è un testo che si presta a molti livelli di lettura. Anche per questo sembra fatto apposta per essere proposto nelle scuole. Noi ci auguriamo che lo sia, che non si perda diventando una piccola perla riservata agli addetti ai lavori. Perché di questa informazione e di questa memoria oggi c'è bisogno come il pane. Soprattutto tra i più giovani.

 
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