Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.
Di Fabrizio (del 01/10/2012 @ 09:18:32, in conflitti, visitato 2270 volte)
Realizzato con la collaborazione di Davide Zaccheo
L'ENNESIMO ATTO BARBARICO DI ALEMANNO E BELVISO NEI CONFRONTI DEI ROM
DI TOR DE CENCI di Davide Zaccheo
foto di Serena Masci durante le operazioni di sgombero
(cliccare sull'immagine per scaricarla a grandezza personale)
La mattina del 28 settembre 2012 un dispiegamento di forze della polizia
municipale di Roma Capitale affiancati da tre cellulari della polizia di stato,
due pullman da 50 posti cadauno adibiti al trasporto di persone, due camion con
sopra due ruspe per la demolizione, irrompevano senza preavviso nel campo nomadi
di Tor de Cenci a Roma e procedevano sotto gli occhi dei bambini che erano già
saliti sul pullman del comune di Roma che li avrebbe portati a scuola, alla
demolizione dei container rimasti e al trasferimento delle restanti 170 persone
del campo. Di fronte ad una azione cosi minacciosa tutti i bambini sono scesi
dal pullman per rimanere con le loro famiglie.
Tutto ciò all'indomani della sentenza di primo grado del Tar che annullava il
ricorso fatto da alcune famiglie rimaste al campo alla fine di luglio in seguito
alla consegna dell'ordinanza di sgombero da parte del sindaco Alemanno e dopo il
trasferimento nel nuovo campo nomadi della Barbuta della maggioranza dei rom
residenti.
La notte tra domenica 23 e lunedì 24 un'intera comunità di bosniaci che erano
stati trasferiti alla Barbuta un mese e mezzo prima, aveva fatto ritorno a Tor
de Cenci dopo aver denunciato pubblicamente le minacce dal gruppo storico
residente nel nuovo campo situato tra il Comune di Roma e quello di Ciampino.
Questo gruppo ha dormito per circa 5 giorni all'aperto sulle stesse piazzole
dove erano situati i container che il comune gli aveva demolito. I loro figli
non sono andati a scuola per circa una settimana a causa della mancanza di acqua
per lavarsi.
Le ruspe hanno abbattuto i container delle famiglie rimaste davanti agli occhi
inermi dei bambini del campo. Gli agenti della polizia municipale di Roma
Capitale non hanno usato nessun tipo di precauzione, il tutto è avvenuto
dall'inizio alla fine davanti ai bambini e alle donne che piangevano.
Monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas Diocesana di Roma, intervenuto
durante le demolizioni ha gridato "Barbari" a chi in quel momento dirigeva le
operazioni al fine di radere al suolo il campo. Un volontario della comunità di
Sant'Egidio e due operatori dell'Arci Solidarietà venivano fermati e
identificati dalla polizia municipale semplicemente perché stavano scattando
delle fotografie durante l'abbattimento dei container.
Oltre al danno anche la beffa. Ai rom rimasti senza container è stato comunicato
il trasferimento temporaneo in un centro di accoglienza del Comune di Roma dove
dovranno restare per circa 10 giorni in attesa che finiscano i lavori dell'area
di Castel Romano dove dovrebbero essere trasferiti definitivamente e dove già
vivono 900 rom.
Nel centro di accoglienza i rom sono stati sistemati in due stanzoni con brande
e materassi. Le condizioni di vita del centro sono ai limiti della decenza, con
bagni chimici e docce poste all'esterno dell'edifici. Tra loro ci sono donne
incinte, una anziana di 80 anni malata di cuore e una donna sempre anziana da
poco uscita dall'ospedale a causa di un ictus.
I Rom di Tor de Cenci trasferiti nel centro di accoglienza del comune di Roma
hanno deciso per Lunedì 1 ottobre 2012 uno sciopero della fame per protestare
contro le condizioni disumane i cui sono stati collocati, condizioni che
calpestano qualsiasi tipo di diritto umano fondamentale.
Pensavamo che fosse la solita giornata: ..... arrivi al campo e li trovi
l'autobus o comunque arriverà, sai che a breve all'orizzonte vedrai i primi
bambini che sorridendo gioiosi entusiasti ti corrono incontro, questa mattina il
rituale non è stato completato.
Il primo fotogramma: tre cellulari della polizia, e un silenzio spezzato dalle
sirene prima in lontananza e poi sempre più assordanti, all'improvviso sul volto
dei bambini espressioni attonite e di smarrimento, per loro quella doveva essere
una mattina uguale a tante altre, si sale sull'autobus e si va a scuola; ma cosi
non è stato. Lo spettacolo ignobile che è stato allestito davanti ai loro occhi
si è aperto con l'arrivo di un mezzo pesante che dotato di braccio meccanico si
è accanito sulle loro "case" e le ha ridotte in macerie senza dare il tempo
sufficiente per portare fuori tutta la loro vita e ad ogni "casa" che veniva
giù, le espressioni sui visi dei bambini sempre più marcate attonite spaurite, e
spaventate e il pianto che via via aumentava.
Nessuno si è soffermato a spiegare loro cosa stava succedendo e perché con tanto
accanimento stavano abbattendo le loro case, tutto è avvenuto nella più totale
indifferenza. Nessuno si è fermato a prestare la doverosa e appropriata
attenzione a quei bambini, la stessa attenzione che si presta a qualsiasi altro
bambino che vive però al di la del cancello che delimita il confine tra degno di
tutela e indegno di esserlo. Nessun gesto di rassicurazione di sostegno di
supporto per attenuare il pesante carico di un avvenimento che loro non riescono
a comprendere a pieno perché si percepiscono dei bambini come tanti altri; e chi
e con quale coraggio riuscirebbe a guardargli negli occhi e dirgli visto che sei
uno zingarello/a non puoi abitare troppo vicino a noi, mai dalle labbra di
nessuno uscirebbero tali parole, ma quello che è avvenuto davanti ai loro occhi
anche se non è stato detto e stato fatto, sempre nella più totale
imperturbabilità.
Quello che chi non era li non vedrà mai e a cui nessun blog darà mai rilievo
saranno gli occhio colmi di lacrime di quei bambini, la giovane madre costretta
a cambiare il pannolino di suo figlio sul parabrezza di una macchina, le lacrime
che scendono sul volto delle giovani donne che sotto gli occhi impauriti dei
loro figli preparano velocemente un enorme fagotto, l'espressione attonita della
giovane madre che stinge tra le braccia la sua secondogenita nata solamente una
settima addietro, che con lo sguardo inquieto cerca il marito per trovare
rassicurazioni dopo che gli viene detto che deve abbandonare la sua casa,
l'anziana donna che non parla una parola di italiano che con il viso affranto si
porta le mani alle tempie e ripete da prima a voce alta quattro o cinque parole
fino a quando il fiato non gli si strozza in gola; e quando tutto è concluso
enormi fagotti sparsi in diversi punti, e intere famiglie sedute accanto che si
guardano intorno e attendono di essere deportate al centro di accoglienza.
Queste sono immagini che pesano, e pesano ancor di più visto che l'istituzione
che doveva garantire e tutelare questi bambini con assoluta impassibilità ha
predisposto una azione fredda e rapida e senza preavviso, incuranti delle
ripercussioni sui bambini dovuti alla privazione di punti di riferimento e dei
luoghi in cui sono nati e cresciuti e di cui si sentono ormai parte.
Sotto il cumulo di lamiere non ci sono solo utensili vestiti giochi ma anche i
diritti fondamentali e inviolabili dei bambini e adulti a cui per l'ennesima
volta non viene data voce, e che per l'ennesima volta vengono calpestati sempre
nella più completa indifferenza.
E' stato tanti anni fa, ero ancora bambino (un bravo bambino, allora). Sotto
casa mia il cantiere della metropolitana in costruzione, poco più in là una
fabbrica che stava per essere demolita. Io, tre anni, passavo i pomeriggi
incantato a guardare i camion e le ruspe al lavoro.
Oggi, 50 anni dopo, la ruspa è tornata a trovare un bambino di 3 anni, a Tor de
Cenci. Poi se n'è andata, forse a cercare qualche altro bambino.
A Tor de Cenci, i piccoli vagano tra le macerie, cercando qualcosa da salvare.
Tra cocci di vetro e pezzi di plastica, una scarpa, un quaderno strappato, un
orsacchiotto di peluche con un occhio solo, il cuscino del nonno, quello
straccio con attaccate due perle forse era il vestito da sposa della sorella più
grande. Accendini, l'altoparlante della radio, una busta con dentro i
documenti... la lunga fatica per essere normali che anche stavolta si muta in
fumo.
Fabrizio Casavola
Nel frattempo in Francia, a
Marsiglia, i soliti BRAVI CITTADINI davano
alle fiamme un insediamento rom. La foto è tratta da
TeleFrance1, e tutto sembra legarsi, qualcosa di già visto, già sentito, già odorato, dimenticato
troppo in
fretta.
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