Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 24/10/2009 @ 09:40:43, in scuola, visitato 1495 volte)
Esiste un mondo meno visibile, meno chiacchierato, probabilmente anche meno
esteso, nel grande calderone della scolarizzazione dei minori rom che risiedono
nel Comune di Roma.
Questo mondo è fatto di madri e padri che colgono nel senso più pieno il valore
aggiunto, educativo e sociale, che la scuola rappresenta per i loro figli. Madri
e padri che, certamente sostenuti da amici e volontari ma in maniera del tutto
autonoma e responsabile, si prendono carico essi stessi della scolarizzazione
dei propri ragazzi.
Questo mondo è fatto di donne che con enorme difficoltà e altrettanta dignità
cercano di curare, per quanto sia possibile in quelli che vengono definiti
"insediamenti abusivi", l'igiene dei figli per renderli più "simili" ai loro
coetanei, sforzandosi per questo di dar loro il vestito alla moda o un mp3
funzionante "come ce l'hanno tutti".
Questo mondo è fatto di bambini che con difficoltà ma anche grande entusiasmo la
mattina si preparano per andare a scuola, al freddo o nella polvere, tra
l'urgenza di rimediare un quaderno e la necessità di racimolare alcuni spicci
per la merenda.
Nessun pulmino all'orizzonte. Nessun operatore sociale dell'associazione di
turno a cercare di convincerli o a chiedere il certificato medico per la
riammissione dopo troppi giorni di assenza. Nessun sostegno da parte di chi
questi sforzi encomiabili dovrebbe incentivarli e premiarli.
L'aiuto a queste persone, anzi il riconoscimento pieno ed il rispetto del
diritto all'istruzione di tutti i bambini e ragazzi non viene garantito da
nessuna parte. Un progetto che favorisca interventi di sostegno e stimolo alle
responsabilità genitoriali – che questi genitori si assumono in pieno almeno per
quanto riguarda l'aspetto educativo/scolastico – non esiste, o per lo meno non
li riguarda.
Eppure nel bando di gara d'appalto per affidare il servizio di scolarizzazione
dei minori rom tra i criteri di valutazione dell'offerta compare la
"responsabilizzazione adulti appartenenti alle comunità rom". Ma intorno a
queste famiglie si crea il vuoto istituzionale. Le associazioni non sono
autorizzate ad agevolare queste realtà, non possono assistere (se non a titolo
personale) i genitori nell'iscrizione scolastica, i pulmini che raccolgono gli
alunni rom dei vicini campi autorizzati non possono accompagnare i loro bambini,
neanche se frequentano le stesse scuole.
Ultima dichiarazione ufficiale circa il loro status di alunni e genitori di
serie B, la circolare n. QM 22484 del 7 luglio del 2009 la quale obbligava i
genitori degli alunni regolarmente iscritti a presentare la documentazione ISEE
al fine di ottenere i buoni didattici e i buoni libro. Ovviamente molte delle
famiglie che vivono in questi campi non autorizzati sono sprovviste di documenti
di identità, indispensabili per la riscossione di questo beneficio minimo ma
preziosissimo concesso ai nuclei familiari che versano in situazioni di disagio
economico. Pertanto questi agognati buoni abbiamo dovuto toglierceli dalla
testa...Fino al giorno in cui tale circolare non viene rettificata, per cui la
IV Unità Organizzativa Ufficio Progetti Speciali e Intercultura del Dipartimento
XI per le Politiche Educative e Scolastiche del Comune di Roma, in relazione
alla sopracitata precedente circolare, stabilisce che per quelle "famiglie rom
provenienti dalla ex Jugoslavia impossibilitate a presentare la documentazione
ISEE in quanto sprovviste di documenti di identità ma autorizzati alla
permanenza dal Comune di Roma nei campi autorizzati e regolarmente censiti
[…] gli Enti convenzionati presenteranno una dichiarazione di nullatenenza
grazie alla quale potranno ritirare dalle scuole i relativi buoni".
Da cittadini attenti, siamo molto lieti di registrare questo enorme passo avanti
compiuto dalle nostre istituzioni sulla strada della democrazia per tutti. Ma ci
troviamo purtroppo costretti a denunciare per l'ennesima volta che tra questi
tutti non è compreso il mondo fatto di padri, madri e bambini il cui status di
irregolari non toglie (per fortuna) l'obbligo scolastico per i minori in età
scolare ma solo il diritto concreto ad un'istruzione di serie A.
Questo mondo però a noi piace, è un mondo più reale, per molti aspetti più
responsabile, un mondo in cui le difficoltà non cancellano la necessità di
essere dei genitori attenti che scelgono di intraprendere un percorso di
emancipazione ed autonomia, e accanto a questo mondo vogliamo continuare a
lottare per il riconoscimento pieno dei diritti di tutti.
Una scuolina per crescere - ARPJ Tetto ONLUS
Di Fabrizio (del 10/11/2009 @ 09:28:09, in scuola, visitato 1798 volte)
Segnalazione di Tommaso Vitale
09 novembre 2009 - di Paolo Repetto
Ieri a Milano fiaccolata a sostegno dei senza casa accampati in via Rubattino e
in attesa da mesi dello sgombero. In corteo anche le insegnanti dei bambini e le
mamme dei compagni di scuola
La lettera che ieri chiamava a raccolta uomini e donne di buona volontà, in
vista della fiaccolata milanese in difesa dei cittadini rom in attesa di
sgombero, è di per sé significativa: "Molti di voi – scriveva Basilio,
volontario di un circolo Arci della zona, ai suoi "contatti" via e-mail – sono
certamente consapevoli della situazione drammatica dei rom che stanno in via Rubattino; sapete anche che molti bambini di quel gruppo sono positivamente
inseriti a scuola, e che l’azione delle maestre e dei genitori della scuola
hanno sin qui impedito lo sgombero, privo di soluzioni organizzative che
consentano la prosecuzione delle iniziative di integrazione".
Lo sgombero, si leggeva ancora, "è sempre più vicino: Flaviana, una delle
maestre, e altre persone che lavorano come volontari a via Rubattino chiedono di
trovarci oggi, domenica 8 alle 18.00-18.30, per una fiaccolata di solidarietà
con queste persone. L’appuntamento è alla fontana tra i supermercati".
La fiaccolata si è poi regolarmente svolta, vedremo quali effetti riuscirà a
sortire nei prossimi giorni.
Va però ricordato che sia dell’eventualità di ristabilire l’ordine (per così
dire) nella strada periferica milanese sia soprattutto dell’impegno a favore dei
progetti di integrazione si parla da tempo, ovviamente in ambienti circoscritti,
molto distanti da quei meccanismi funzionali alla lobotomizzazione delle
coscienze e all’individualismo spinto che appassionano sempre più i mass media
nostrani.
A lanciare l’allarme contro il possibile brutto finale di una bella storia era
stata Amnesty International insieme alle associazioni di solidarietà cittadine
(dalla comunità di Sant’Egidio all’Arci, passando per alcune parrocchie e il
Naga, centro medico aperto agli immigrati e attivo da decenni a Milano).
Tutti assieme si mossero a difesa della comunità rom sistemata in via Rubattino.
Venne diffuso anche un appello volto a sensibilizzare i genitori delle altre
classi scolastiche facenti parte del plesso che ospita i bimbi romanì, chiedendo
la disponibilità a firmare la lettera redatta da una maestra della scuola di via
Pini, Flaviana Robbiati, e indirizzata al sindaco di Milano, Letizia Moratti, al
Prefetto e commissario straordinario per l’emergenza "nomadi" (anche se il
popolo romanì non è più tale da decenni), oltre che all’assessore competente
(con delega alle politiche sociali e alla scuola).
Da circa due anni, spiegava la lettera, è presente sul territorio la comunità
rom e sinti di via Rubattino: proprio grazie alla "collaborazione tra istituto,
volontari della comunità di S. Egidio, Padri Somaschi e parrocchie, sono stati
avviati percorsi di integrazione, primo fra tutti quello di scolarizzazione dei
bambini".
A frequentare le classi sono 36 bambini, che "a seguito dell’imminente sgombero
del campo, si vedranno impossibilitati a continuare la frequenza: ciò potrebbe
compromettere la possibilità di questi scolari di veder realizzato il loro
diritto all’istruzione e potrebbe interrompere il percorso di integrazione che
ha coinvolto nel corso dello scorso anno gli scolari rom insieme a quelli del
quartiere e le loro famiglie. La rete di relazioni e il clima positivo venuti a
instaurarsi potrebbero essere vanificati se questi bambini non verranno messi
nelle condizioni di poter continuare a frequentare le scuole cui sono
attualmente iscritti".
La lettera chiedeva dunque alle istituzioni un impegno per evitare la
"cessazione della possibilità di frequentare i nostri istituti". Pertanto "le
istituzioni da voi rappresentate si attivino affinché le famiglie rom del campo
di via Rubattino, con figli nell’età della scuola dell’obbligo, siano messe
concretamente nelle condizione di poter continuare ad adempiere al loro
diritto/dovere di mandare i figli a scuola, non in una scuola qualunque, ove
tutto il percorso didattico e di integrazione andrebbe ricostruito, ma in
continuità con quanto già in atto. Crediamo che il diritto alla scuola non possa
essere garantito solo formalmente dal fatto che esistono istituti scolastici su
tutto il territorio italiano, ma che vada fatta una scelta sostanziale e che si
comprenda come l’interruzione di percorsi avviati significhi in realtà la
negazione dei diritti di questi bambini".
La vicenda che riguarda la cittadinanza di via Rubattino, quella italianissima
affiancata alla comunità romanì, porta con sé alcuni insegnamenti rivolti alla
coscienza di ciascuno e alla classe politica: l’integrazione è possibile e può
arricchire le persone al di là della classe sociale, della razza o della lingua
d’origine. Di certo non la si costruisce sugli slogan o come conseguenza di
vuoti richiami "buonisti". Può germogliare come frutto di lunghi e faticosi
interventi sul territorio, che richiederebbero tra l’altro adeguate sponde sul
terreno comunicativo: per rendere partecipe il cittadino "comune" di ciò che di
buono può accadere tra immigrati e nomadi accampati nel quartiere accanto al
suo.
Ad oggi si tratta di un’eresia, visto che al teleutente viene riservato
esclusivamente il fatto di cronaca scelto tra i più raccapriccianti, che vede
protagonista il "marocchino" (o l’albanese…) che, ha "infierito sul vicino di
casa" dopo averlo "trucidato" e dopo aver "beneficiato dello sconto di pena".
Un’eresia che però vale la pena praticare, per contribuire a salvare la nostra
società dalla sua drammatica involuzione.
Di Fabrizio (del 11/11/2009 @ 09:05:01, in scuola, visitato 1717 volte)
Da
British_Roma (i link presenti nell'articolo sono tutti in inglese)
Wired.co.uk Drom: il gioco di strada che esplora la vita di strada By Michael
Conroy
04/11/2009 - Se casa tua fosse una roulotte e tu vivessi a Londra, dove ti
sistemeresti per la notte? Ti sentiresti sicuro? E se dovessi contare solo sulla
bontà degli sconosciuti per trovare un posto per rimanere?
Questa è la premessa di
Drom, un
gioco pervasivo che esplora la precaria vita
dei Rom [...] la vecchia generazione del popolo nomade che una volta si muoveva
attraverso l'Inghilterra e le altri parti d'Europa, ma che oggi trovano il loro
modo di vita sempre più minacciato dall'espansione urbana e dal cambiamento
delle leggi consiliari.
Drom (che significa "strada") coincide con la tappa di tre settimane
di Shraddha
al Teatro di Soho, una storia d'amore tra una ragazza zingara e un giovane
immobiliarista, sullo sfondo del trasferimento dell'insediamento rom di Hackney
a Londra Est, perché quel terreno è interessato ai lavori per le Olimpiadi di
Londra.
I due viaggianti del gioco saranno trasportati attraverso le vie di Londra,
cercando un riparo notturno dove parcheggiare in sicurezza, guidati soltanto dai
consigli dei giocatori online, che possono inviare suggerimenti via email,
Twitter o SMS. I giocatori devono indicare una località ed una motivazione al
loro consiglio, ma d'altra parte i viaggianti possono decidere indipendentemente
dal capriccio dei giocatori.
Ogni venerdì e sabato durante la tappa di Shradda, i viaggianti
sceglieranno un sito raccomandato da un estraneo, piazzeranno il campo e
documenteranno i risultati. I progressi verranno tracciati in tempo reale via
GPS, e gli stessi viaggianti terranno un video blog sulle loro esperienze.
Saranno "spostati" dalle autorità o incontreranno altri fatti fatti spiacevoli,
il loro vagare verrà registrato da videocamere nascoste nelle roulotte. Col
passare delle settimane si sposteranno a spirale verso il Teatro di Soho, ed il
vincitore sarà chi troverà dove passare una notte il più vicino a quella sede.
Simon Johnson, co-fondatore di
Simon Games ed uno
dei designer di Drom, spiega che lo scopo del gioco è adoperare i mezzi del social networking
per creare empatia tra giocatori e viaggianti, e così far crescere la conoscenza
della storia e della cultura romanì:
"Abbiamo voluto Drom per evidenziare alcuni dei temi di Shradda, per
portarli fuori dal teatro e misurarci con loro attraverso il gioco," dice Evans,
che sarà uno dei viaggianti nella roulotte. "Ci siamo focalizzati soprattutto su
un aspetto - l'effetto distruttivo della chiusura dei siti sulla vita delle
comunità zingare e viaggianti. Vogliamo che la gente consideri cosa farebbe in
una simile situazione."
Di Fabrizio (del 22/11/2009 @ 09:32:31, in scuola, visitato 1738 volte)
AgenFax.IT
Entro il dieci Dicembre in Provincia di Novara sarà completata la
schedatura di tutti gli scolari “ non interamente italiani”. Si comincia con
romeni e nomadi
(se. bag. 20/11) - Con una lettera circolare, recapitata a tutte le Dirigenze
didattiche di ogni scuola di qualsiasi ordine e grado della provincia di Novara,
il Dirigente scolastico provinciale Giuseppe Bordonaro, coadiuvato dalla
funzionaria del Provveditorato Maria Grazia Albertini, ha ordinato la schedatura
di tutti gli alunni di nazionalità straniera, di quelli che hanno almeno un
genitore straniero e quindi la doppia nazionalità, nonché di tutti i figli di
nomadi ivi compresi quelli italiani.
Nell’opera di schedatura, oltre alle notizie ed ai dati anagrafici
concernenti l’alunno, dovranno essere indicate le condizioni dei rispettivi
genitori, incluso l’eventuale stato di clandestinità degli stessi, e
dell’alloggio in cui la famiglia vive. Dovrà essere fatta anche menzione
dell’eventuale condizione di “trovatello” dell’alunno. Tutte notizie la cui
raccolta è in parte vietata dalle norme nazionali sulla Privacy e da quelle Onu,
condivise a suo tempo dall’Italia, sulla protezione dei diritti dell’infanzia.
Il lavoro demandato alle singole dirigenze scolastiche che si avvarranno dei
vari docenti per completarlo, ricorda da vicino quello che si voleva compiere
nella rovente estate del 2008 in tutti i campi nomadi d’Italia quando alla
Polizia ed ai Carabinieri era stato chiesto di rilevare le impronte digitali
anche ai minori di anni dieci. Il progetto poi in parte non venne attuato a
causa del deciso intervento dell’Unione europea. Già da oggi si comincia con le
rilevazioni concernenti bambini romeni, italiani con un genitore di nazionalità
romena e nomadi di ogni nazionalità, anche autoctona. A ruota seguirà la
schedatura degli altri. Con la probabilmente ipocrita motivazione di voler
agevolare l’inserimento di questo genere di bambini ed adolescenti nel sistema
scolastico italiano, il Dirigente scolastico novarese dunque ha inaugurato una
campagna che presto si diffonderà su tutto il territorio nazionale. “Che le
motivazioni addotte dal Provveditorato nel richiedere la schedatura siano
ipocrite lo si evince dal fatto che anche cittadini pienamente italiani, come
sono quelli con la doppia nazionalità o i nomadi autoctoni, devono essere
registrati. Probabilmente si intende solamente appesantire il clima di odio e
sospetto nei confronti degli stranieri al fine di emarginarli dal contesto
scolastico e sociale ed indurli a lasciare l’Italia. Pulizia etnica si chiama. A
voce in Provveditorato poi ci hanno detto di iniziare da romeni e nomadi”
afferma un insegnante che chiede l’anonimato, ribadisce che vorrebbe fare
obiezione di coscienza contro tale odioso compito discriminatorio ma che ha
troppa paura di perdere il posto di lavoro. I partiti d’opposizione in una città
in mano al centro-destra, il Sindaco è leghista, ora promettono un’opposizione
durissima in ogni sede istituzionale ed invitano gli insegnanti che figurano
pure tra i loro iscritti all’obiezione di coscienza. Da oggi però in Italia non
esistono più solamente gli invisibili senza diritti, come sono gli stranieri
siano essi comunitari che extracomunitari od i nomadi, ma in questa categoria da
criminalizzare ad ogni costo entrano a far parte pure i sangue misti la cui
unica colpa è quella di avere un padre od una madre che ad un certo punto della
loro vita hanno deciso di donare il proprio amore ad un partner non italiano.
Di Fabrizio (del 13/01/2010 @ 09:45:10, in scuola, visitato 1431 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
4 gennaio 2010, Fonte: B92
NIŠ - Il numero degli studenti rom che in Serbia frequentano le università è
triplicato negli ultimi anni.
C'erano solo sei Rom che studiavano a Niš nel 2005, mentre oggi ce ne sono a
dozzine [...]
Molti studenti rom all'Università di Niš studiano medicina, sono numerosi
anche alla facoltà di filologia.
Il "romologo" e professore universitario Dragoljub B. Đorđević dice che il
bisogno di istruzione della popolazione rom sta crescendo simultaneamente con i
cambiamenti nella loro struttura sociale-economica e con le condizioni
legali-politiche.
Anche se il numero di studenti rom sta crescendo nella città meridionale, è
ancora significativamente basso comparato a Belgrado e Novi Sad.
Di Fabrizio (del 14/01/2010 @ 09:15:51, in scuola, visitato 1591 volte)
Segnalazione di Maria Grazia Dicati
Secondo un rapporto pubblicato oggi da Amnesty International, le autorità
della Repubblica Ceca continuano a inserire i bambini e le bambine rom in scuole
per alunni con "lieve disabilità mentale"
«Nonostante le denunce a livello nazionale e internazionale, persiste nella
Repubblica Ceca una discriminazione sistematica nel campo dell'istruzione ai
danni dei rom. Le autorità devono porre fine alla segregazione scolastica dei
bambini e delle bambine rom e agire per affrontare in modo deciso le cause
profonde di questa discriminazione», ha dichiarato Nicola Duckworth, direttrice
del Programma Europa e Asia Centrale.
Il rapporto di Amnesty International, intitolato "Ingiustizia rinominata.
Persiste la discriminazione nell'istruzione dei rom nella Repubblica Ceca",
esamina la discriminazione ancora esistente nel campo dell'istruzione,
nonostante una sentenza emessa nel 2007 dalla Corte europea dei diritti umani.
La Corte, in quella circostanza, aveva stabilito che la Repubblica Ceca aveva
discriminato i bambini e le bambine rom inserendoli in "scuole speciali" per
alunni con disabilità mentale in cui ricevevano un'istruzione inferiore agli
standard.
Prima della sentenza dell'organo di giustizia europeo, la nuova legge in materia
di educazione emanata nel 2005 aveva semplicemente rinominato le "scuole
speciali" in "scuole elementari per attività pratiche". Il sistema tuttavia era
rimasto ed è tuttora essenzialmente lo stesso.
"Anche le recenti misure annunciate lo scorso novembre, per agevolare la
carriera scolastica dei rom, risultano insufficienti in quanto solo parziali e
neanche legalmente vincolanti" – ha aggiunto Duckworth.
Amnesty International ha visitato diverse scuole di Ostrava, dove nel 1999, per
conto di 18 bambine e bambini rom, aveva avuto origine la causa che ha portato
alla sentenza della Corte europea.
L'organizzazione per i diritti umani ha verificato che i bambini e le bambine
rom sono ancora ampiamente presenti nelle cosiddette "scuole per attività
pratiche" (in alcuni casi, costituiscono fino all'80 per cento degli iscritti) e
nelle classi per alunni con "lieve disabilità mentale".
I bambini e le bambine rom sono inoltre segregati in scuole per soli rom, che
forniscono un'istruzione di qualità inferiore, limitando il loro futuro sia nel
campo educativo che in quello del lavoro.
L'inserimento dei bambini e delle bambine rom nelle "scuole per attività
pratiche" e nelle classi per alunni con "lieve disabilità mentale" si basa su
test di entrata che non tengono conto delle differenze linguistiche e culturali
dei rom e che possono essere ulteriormente inficiati dal pregiudizio degli
operatori che conducono i test.
"Il dovere di assicurare una positiva inclusione dei rom nel sistema educativo
spetta alle autorità ceche, che hanno l'opportunità unica di invertire la rotta,
dopo decenni di discriminazione e segregazione" – ha commentato Duckworth.
"L'istruzione è la via per uscire dal circolo vizioso di povertà ed
emarginazione che colpisce gran parte della popolazione rom. Se il governo della
Repubblica Ceca non darà uguali opportunità ai bambini e alle bambine rom,
negherà loro la possibilità di avere un futuro migliore e di partecipare
pienamente alla vita del paesa" – ha concluso Duckworth
Amnesty International chiede alle autorità ceche di:
1) congelare tutti gli inserimenti nelle "scuole elementari per attività
pratiche" e nelle classi per alunni con "lieve disabilità mentale" per l'anno
scolastico 2010/11, in vista di un riesame dell'opportunità di questi istituti;
2) rafforzare con atti legislativi la fine della segregazione nel campo
dell'istruzione e adottare un piano d'azione complessivo per eliminare la
segregazione scolastica dei bambini e delle bambine rom;
3)garantire sostegno aggiuntivo immediato ai bambini e alle bambine rom che ne
necessitano, per favorire la loro partecipazione attiva e sviluppare nel modo
più ampio possibile le loro potenzialità, integrandoli nel sistema educativo
principale.
Di Fabrizio (del 27/01/2010 @ 09:47:24, in scuola, visitato 2025 volte)
Ancora da
Reggio Emilia
La Gazzetta di Reggio di Linda Pigozzi
Sono circa 200 i bambini sinti che frequentano la scuola dell’obbligo negli
istituti reggiani. Molti di loro con frequenza regolare e risultati
soddisfacenti. Un passo importante, quello della scolarizzazione, nel percorso
d’inclusione.
Il percorso viene costantemente monitorato da operatori socio-educativi che a
frequenza regolare si recano nei campi e si occupano di tenere i contatti
con gli insegnanti. Per facilitare l’a ccesso scolastico, poi, il Comune mette a
disposizione i libri di testo e, in alcuni campi, anche un servizio di trasporto
verso la scuola.
Solo un esempio, quello relativo alla scolarizzazione di bambini e ragazzi
sinti, di un progetto organico sul quale l’amministrazione comunale sta puntando
ormai da tempo. E che punta al superamento della logica del confino che per
decenni si è concretizzata con il «campo nomadi». Lo sforzo del Comune non
riguarda soltanto bambini e ragazzi. In corso sono infatti progetti di
formazione dei giovani e d’inserimento lavorativo per gli adulti. In tutto sono
circa 800 i sinti che risiedono nel reggiano.
«Abbiamo adottato importanti politiche d’inclusione - sottolinea Matteo
Sassi, assessore alle politiche sociali -. Il Comune porta quotidianamente
avanti progetti e iniziative tramite operatori che ogni giorno si confrontano
con questa realtà cercando di comprendere quali siano i bisogni reali e le
strade più opportune da percorrere. Il percorso d’eccellenza è quello del
superamento della logica del campo. Il nostro progetto della microarea è stato
una scelta precisa in tal senso, che non siamo stati gli unici in Italia ad aver
adottato. Microaree sono state allestite, ad esempio, nei comuni di Mantova,
Venezia, Modena. Lo scopo è quello di superare un’anomalia tutta italiana e cioé
quella del campo nomadi che non è presente in nessun altro paese europeo. Ora, a
distanza di tempo dall’allestimento della prima campina, possiamo affermare come
il bilancio sia positivo. Ci teniamo particolarmente a confrontarci con la
cittadinanza, visto come era stata accolto il progetto della campina in un primo
momento. Nella fase iniziale, infatti, si speculò molto e non dimentichiamo che
ancora oggi c’è una parte politica che dice che i campi vanno superati e poi fa
di tutto per mantenerli, per tenere in piedi un’assurda paura delle zingaro».
Il bilancio sulla microarea di via Felesino verrà steso nel corso del convegno
organizzato per martedì 26 allo spazio Gerra di piazza XXV aprile dal
significativo titolo «Percorrere strade nuove», proprio per indicare che
esistono «percorsi nuovi e modalità di relazione fra la città e i sinti».
La campina è stata assegnata a una famiglia allargata che in precedenza era
sistemata in un campo affollato. L’esperienza di questa famiglia, che in
collaborazione con gli operatori del Comune ha colto la possibilità di
modificare la propria condizione abitativa e sociale, è stata documentata
attraverso immagini e parole nel libro «Dal campo alla città» che sarà
presentato nel corso del convegno. Una seconda pubblicazione dal titolo
«Percorrere strade nuove» dà invece voce a sinti e operatori coinvolti nei
progetti di mediazione culturale promossi dal Comune negli ultimi 5 anni.
(24 gennaio 2010)
Di Fabrizio (del 28/01/2010 @ 09:25:15, in scuola, visitato 3750 volte)
Ricevo da Paolo Ciani
Lettera Istituto Comprensivo “via dell’Archeologia” Scuola frequentata dai
bambini Rom di Via di Salone portati al "Cara" di Castel Nuovo di Porto
AL SINDACO DI ROMA Gianni Alemanno
AL PREFETTO DI ROMA
AL V DIPARTIMENTO Politiche sociali
AL XV DIPARTIMENTO politiche educative
AL CAPO DEI VIGILI URBANI Di Maggio
p.c. Alla Comunità di S. Egidio
Alla Casa dei Diritti sociali
A Ermes
Agli organi di stampa
“ Portati via! ”
I diritti degli invisibili
I docenti dell’Istituto Comprensivo di via dell’Archeologia, in
considerazione degli esiti dell’attuazione del piano nomadi del comune di
Roma - che implica in particolare lo spostamento di famiglie di alunni
frequentanti l’Istituto dal campo di via di Salone al CARA di Castelnuovo di
Porto - si interrogano, nello specifico scolastico, sull’opportunità di una
azione che vanifica i risultati positivi conseguiti negli anni e gli sforzi
delle parti coinvolte nell’obiettivo di un progressivo miglioramento
dell’integrazione.
Le motivazioni sottese a quanto affermato sono le seguenti:
la distanza fra il CARA di Castelnuovo di Porto e l’istituto è tale da
costituire impedimento alla fruizione del diritto allo studio dei bambini;
il trasferimento in altra scuola interromperebbe la fruizione di un percorso
scolastico continuativo, predisposto ed attuato sin dalla scuola dell’infanzia,
e potrebbe dar luogo a regressioni nell’apprendimento e nella relazione;
la progettualità di continuità richiede un’azione costante e lungimirante che si
costruisce attraverso il confronto costante e la mediazione;
essere una comunità scolastica significa superare i limiti imposti dalle storie
personali, attenti alla crescita degli alunni, promuovere progettualità di
continuità, favorire una integrazione che lungi dall’essere omologazione sia
conoscenza ed arricchimento reciproco
I docenti possono affermare che gli alunni oggi “portati via” dalle loro
scuole hanno frequentato regolarmente, hanno maturato un atteggiamento positivo
e motivato nei confronti della scuola, instaurando sereni e proficui rapporti
con i compagni e con gli insegnanti; molti dei famigliari, inoltre, si sono
sempre interessati al loro andamento scolastico.
Negli anni sono stati attuati percorsi, rivolti a tutti gli alunni, che hanno
consentito, nel tempo l’instaurarsi di un clima di fiducia reciproca e
l’acquisizione di risultati significativi nella crescita globale della
personalità. Tutto ciò senza avvertire il bisogno, da parte dei docenti, di
attirare l’attenzione sugli ottimi risultati raggiunti perché questo è il lavoro
normale di una scuola che funziona.
I docenti notano con dispiacere che la scuola è chiamata in causa per ogni
problematica, ma non è stata neanche presa in considerazione come interlocutore
nell’attuazione del piano nomadi; è convinzione comune che interventi efficaci,
soprattutto nel sociale, si realizzino attraverso azioni coerenti e sinergiche
di più istituzioni. Perché allora la scuola non è stata consultata prima di
procedere con le azioni predisposte? Ovviamente nella parte che riguarda le
proprie competenze e cioè per valutare le possibili conseguenze e le ricadute di
uno spostamento che avviene a metà anno scolastico e a metà di un percorso di
vita per molti degli alunni iscritti.
I docenti chiedono che, nel tutelare i diritti umani di tutti, sia in
particolare garantito il diritto dei minori alla frequenza scolastica in una
situazione di continuità.
Ricordano che si parla di alunni, persone, esseri umani, non pratiche da
sbrigare, nomi da depennare semplicemente da un elenco: sono sentimenti,
emozioni, percorsi di una storia condivisa, che all’improvviso scompaiono. La
scuola con loro ha conosciuto la diversità di un differente stile di vita, le
difficoltà di inverni passati al freddo nei container, la dignità e lo sforzo
fatto ogni giorno per stare insieme, e l’uguaglianza come quella di essere
bambini come altri bambini, niente di più niente di meno.
Lungi dall’esprimere un giudizio politico o fare politica, i docenti vogliono
unicamente essere messi in condizione di fare bene il proprio lavoro.
E’ in fondo un’esigenza normale. Niente di più e, viene da dire, “non uno di
meno”.
Roma, 25 Gennaio 2010
Istituto Comprensivo
“via dell’Archeologia”
Roma
Di Fabrizio (del 20/02/2010 @ 09:09:10, in scuola, visitato 1774 volte)
I continui spostamenti che hanno costretto i nomadi a girare per tutta la
città hanno impedito alla comunità di poter proseguire in maniera efficace il
proprio percorso di integrazione: lo denunciano non solo loro, ma anche le
maestre che si sono occupate dei piccoli alunni rom
Il piccolo Marius, un rom di 10 anni, ha cambiato sette campi nomadi in un anno.
Marius vive da alcuni anni nelle baraccopoli di Milano, insieme a una decina di
altri bambini con le loro famiglie. Sono stati sgomberati sette volte, ma alla
fine sono rimasti sempre nella stessa città.
Il primo campo di Marius nel capoluogo lombardo è stato quello situato presso il
Cavalcavia Bacula: lui è arrivato insieme ai genitori e alle tre sorelline nel
febbraio del 2009, ma il campo è stato sgomberato un mese più tardi.
Poi si sono trasferiti nell’insediamento di via Rubattino: vi hanno vissuto da
aprile a novembre del 2009. Il 20 novembre sono passati nel campo di via Caduti
di Marcinelle: un breve soggiorno, visto che le ruspe dello sgombero sono
arrivate il 22 novembre.
Il giorno successivo c’è stato l’approdo al campo di Viale Forlanini: è stato un
altro soggiorno-lampo, visto che i nomadi sono stati cacciati dopo sole 24 ore.
Il “balletto” degli spostamenti ha spinto allora i rom fino al campo della
Bovisaca, nella zona popolare della Bovisa. Qua hanno resistito un po’ più a
lungo, fino allo sgombero del 30 dicembre.
Il pellegrinaggio è andato avanti, la “tappa” del Capodanno 2010 è stata il
campo situato tra via Umbria e via Redecesio. Dopo un mese e mezzo, il 16
febbraio i nomadi hanno fatto le valigie anche da qua per spostarsi al capannone
delle “Lavanderie di Segrate”. Ma lo sgombero è avvenuto nella stessa giornata.
Tutta questa “via crucis” ha creato a Marius e agli altri bambini notevoli
problemi di integrazione, specie per quanto riguarda l’inserimento a scuola. A
denunciarlo sono le maestre delle scuole elementari di via Pini e via Feltre:
come ha spiegato un’insegnante dell’istituto di via Feltre, i continui
spostamenti hanno provocato ostacoli nei percorsi di integrazione cominciati da
docenti e genitori di alunni italiani.
I piccoli alunni rom sono stati dipinti come studenti desiderosi di imparare: ad
esempio, sono stati quasi sempre in regola con i compiti. E proprio questa
reputazione aveva aiutato i genitori italiani a superare le iniziali diffidenze
nei confronti della comunità rom.
Partendo dai bambini, le famiglie italiane avevano cominciato a prendersi cura
anche dei loro genitori: molte mamme nomadi hanno infatti ricevuto aiuti per
poter andare dal dentista e dal ginecologo.
Le continue peregrinazioni della comunità rom milanese ha però interrotto questo
processo di integrazione. I reiterati sgomberi hanno avuto anche ripercussioni
economiche sugli enti locali: un volontario della comunità di Sant’Egidio ha
spiegato che ogni sgombero costa al Comune fino a 30 mila euro.
Di Fabrizio (del 21/02/2010 @ 09:27:53, in scuola, visitato 2047 volte)
Da
Romano Lil
L'assessore all’Istruzione Piron fornisce i dati: "Gli studenti che
attualmente frequentano gli istituti padovani sono 129, mentre lo scorso anno
erano 114. I progetti di integrazione sono stabiliti per legge"
PADOVA – L’integrazione e il successo scolastico degli alunni sinti e rom
sono possibili: lo dimostrano i dati diffusi oggi dal comune di Padova, in
risposta alle recenti polemiche sollevate dall’opposizione – soprattutto
leghista – sul costo dei progetti per questa parte di popolazione studente.
Secondo i dati, infatti, oltre l’85% degli iscritti sinti e rom ha concluso
l’anno scolastico 2008/2009 con l’ammissione alla classe successiva. Se si
guarda all’anno precedente, la percentuale di successo era ferma a 74,26%.
“L’opposizione deve capire che non si può fare campagna elettorale ogni giorno
dell’anno – è il commento dell’assessore comunale all’Istruzione Claudio Piron –
e deve chiedersi quanto costerebbe tenere questi bambini in strada, da un punto
di vista non solo economico, ma anche sociale e della convivenza”.
Ricordando che i progetti di integrazione di questo tipo sono stabiliti per
legge e la loro attuazione non è dunque a discrezione del comune, Piron fornisce
alcuni dati sull’entità e il costo dei servizi: le associazioni Opera nomadi e
Aizo (associazione italiana zingari oggi) lo scorso anno hanno garantito 3.750
ore di assistenza agli studenti all’interno delle scuole, cui vanno aggiunte
altre ore di difficile quantificazione destinate al contatto con le famiglie e
con i servizi sociali. La spesa prevista per queste attività è di 85 mila euro,
cui ne vanno aggiunti altri 26 mila per i servizi di trasporto dal campo San
Lazzaro e € 400 di contributo annuale economico alle famiglie.
Complessivamente, gli studenti che attualmente stanno frequentando gli istituti
padovani sono 129, mentre lo scorso anno erano 114 e l’anno ancora precedente
101. Secondo quanto sostenuto dal comune, non ci sarebbero sul territorio
bambini che non ottemperano all’obbligo scolastico: l’aumento delle presenze
sarebbe quindi spiegato con l’aumento di famiglie rom e sinti a Padova. Nel
dettaglio, sono 11 i bambini inseriti nella scuola dell’infanzia, 73 in quella
primaria, 37 alle medie e 8 in scuole superiori o in centri per la formazione
professionale. “L’obiettivo – spiega Lucia Fantini, responsabile del settore
Servizi scolastici – è di incrementare le presenze nelle scuole dell’infanzia e
soprattutto alle superiori, per poter offrire agli studenti una prospettiva
lavorativa migliore”.
E l’assessore Piron conclude: “E’ importante ricordare, in questo quadro, che la
maggior parte di questi studenti sono italiani a tutti gli effetti, spesso da
generazioni, e che sono stanziali. Ed è fondamentale chiedersi quali alternative
ci possono essere a quanto fatto finora secondo l’opposizione: le deportazioni?
Le liste? Le impronte digitali? Io non ci sto”. (gig)
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