Milano, la “quadriglia dei Rom”: in un anno cambiano 7 campi
Di Fabrizio (del 20/02/2010 @ 09:09:10, in scuola, visitato 1774 volte)
I continui spostamenti che hanno costretto i nomadi a girare per tutta la
città hanno impedito alla comunità di poter proseguire in maniera efficace il
proprio percorso di integrazione: lo denunciano non solo loro, ma anche le
maestre che si sono occupate dei piccoli alunni rom
Il piccolo Marius, un rom di 10 anni, ha cambiato sette campi nomadi in un anno.
Marius vive da alcuni anni nelle baraccopoli di Milano, insieme a una decina di
altri bambini con le loro famiglie. Sono stati sgomberati sette volte, ma alla
fine sono rimasti sempre nella stessa città.
Il primo campo di Marius nel capoluogo lombardo è stato quello situato presso il
Cavalcavia Bacula: lui è arrivato insieme ai genitori e alle tre sorelline nel
febbraio del 2009, ma il campo è stato sgomberato un mese più tardi.
Poi si sono trasferiti nell’insediamento di via Rubattino: vi hanno vissuto da
aprile a novembre del 2009. Il 20 novembre sono passati nel campo di via Caduti
di Marcinelle: un breve soggiorno, visto che le ruspe dello sgombero sono
arrivate il 22 novembre.
Il giorno successivo c’è stato l’approdo al campo di Viale Forlanini: è stato un
altro soggiorno-lampo, visto che i nomadi sono stati cacciati dopo sole 24 ore.
Il “balletto” degli spostamenti ha spinto allora i rom fino al campo della
Bovisaca, nella zona popolare della Bovisa. Qua hanno resistito un po’ più a
lungo, fino allo sgombero del 30 dicembre.
Il pellegrinaggio è andato avanti, la “tappa” del Capodanno 2010 è stata il
campo situato tra via Umbria e via Redecesio. Dopo un mese e mezzo, il 16
febbraio i nomadi hanno fatto le valigie anche da qua per spostarsi al capannone
delle “Lavanderie di Segrate”. Ma lo sgombero è avvenuto nella stessa giornata.
Tutta questa “via crucis” ha creato a Marius e agli altri bambini notevoli
problemi di integrazione, specie per quanto riguarda l’inserimento a scuola. A
denunciarlo sono le maestre delle scuole elementari di via Pini e via Feltre:
come ha spiegato un’insegnante dell’istituto di via Feltre, i continui
spostamenti hanno provocato ostacoli nei percorsi di integrazione cominciati da
docenti e genitori di alunni italiani.
I piccoli alunni rom sono stati dipinti come studenti desiderosi di imparare: ad
esempio, sono stati quasi sempre in regola con i compiti. E proprio questa
reputazione aveva aiutato i genitori italiani a superare le iniziali diffidenze
nei confronti della comunità rom.
Partendo dai bambini, le famiglie italiane avevano cominciato a prendersi cura
anche dei loro genitori: molte mamme nomadi hanno infatti ricevuto aiuti per
poter andare dal dentista e dal ginecologo.
Le continue peregrinazioni della comunità rom milanese ha però interrotto questo
processo di integrazione. I reiterati sgomberi hanno avuto anche ripercussioni
economiche sugli enti locali: un volontario della comunità di Sant’Egidio ha
spiegato che ogni sgombero costa al Comune fino a 30 mila euro.
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