Segnalazione di Tommaso Vitale
09 novembre 2009 - di Paolo Repetto
Ieri a Milano fiaccolata a sostegno dei senza casa accampati in via Rubattino e
in attesa da mesi dello sgombero. In corteo anche le insegnanti dei bambini e le
mamme dei compagni di scuola
La lettera che ieri chiamava a raccolta uomini e donne di buona volontà, in
vista della fiaccolata milanese in difesa dei cittadini rom in attesa di
sgombero, è di per sé significativa: "Molti di voi – scriveva Basilio,
volontario di un circolo Arci della zona, ai suoi "contatti" via e-mail – sono
certamente consapevoli della situazione drammatica dei rom che stanno in via Rubattino; sapete anche che molti bambini di quel gruppo sono positivamente
inseriti a scuola, e che l’azione delle maestre e dei genitori della scuola
hanno sin qui impedito lo sgombero, privo di soluzioni organizzative che
consentano la prosecuzione delle iniziative di integrazione".
Lo sgombero, si leggeva ancora, "è sempre più vicino: Flaviana, una delle
maestre, e altre persone che lavorano come volontari a via Rubattino chiedono di
trovarci oggi, domenica 8 alle 18.00-18.30, per una fiaccolata di solidarietà
con queste persone. L’appuntamento è alla fontana tra i supermercati".
La fiaccolata si è poi regolarmente svolta, vedremo quali effetti riuscirà a
sortire nei prossimi giorni.
Va però ricordato che sia dell’eventualità di ristabilire l’ordine (per così
dire) nella strada periferica milanese sia soprattutto dell’impegno a favore dei
progetti di integrazione si parla da tempo, ovviamente in ambienti circoscritti,
molto distanti da quei meccanismi funzionali alla lobotomizzazione delle
coscienze e all’individualismo spinto che appassionano sempre più i mass media
nostrani.
A lanciare l’allarme contro il possibile brutto finale di una bella storia era
stata Amnesty International insieme alle associazioni di solidarietà cittadine
(dalla comunità di Sant’Egidio all’Arci, passando per alcune parrocchie e il
Naga, centro medico aperto agli immigrati e attivo da decenni a Milano).
Tutti assieme si mossero a difesa della comunità rom sistemata in via Rubattino.
Venne diffuso anche un appello volto a sensibilizzare i genitori delle altre
classi scolastiche facenti parte del plesso che ospita i bimbi romanì, chiedendo
la disponibilità a firmare la lettera redatta da una maestra della scuola di via
Pini, Flaviana Robbiati, e indirizzata al sindaco di Milano, Letizia Moratti, al
Prefetto e commissario straordinario per l’emergenza "nomadi" (anche se il
popolo romanì non è più tale da decenni), oltre che all’assessore competente
(con delega alle politiche sociali e alla scuola).
Da circa due anni, spiegava la lettera, è presente sul territorio la comunità
rom e sinti di via Rubattino: proprio grazie alla "collaborazione tra istituto,
volontari della comunità di S. Egidio, Padri Somaschi e parrocchie, sono stati
avviati percorsi di integrazione, primo fra tutti quello di scolarizzazione dei
bambini".
A frequentare le classi sono 36 bambini, che "a seguito dell’imminente sgombero
del campo, si vedranno impossibilitati a continuare la frequenza: ciò potrebbe
compromettere la possibilità di questi scolari di veder realizzato il loro
diritto all’istruzione e potrebbe interrompere il percorso di integrazione che
ha coinvolto nel corso dello scorso anno gli scolari rom insieme a quelli del
quartiere e le loro famiglie. La rete di relazioni e il clima positivo venuti a
instaurarsi potrebbero essere vanificati se questi bambini non verranno messi
nelle condizioni di poter continuare a frequentare le scuole cui sono
attualmente iscritti".
La lettera chiedeva dunque alle istituzioni un impegno per evitare la
"cessazione della possibilità di frequentare i nostri istituti". Pertanto "le
istituzioni da voi rappresentate si attivino affinché le famiglie rom del campo
di via Rubattino, con figli nell’età della scuola dell’obbligo, siano messe
concretamente nelle condizione di poter continuare ad adempiere al loro
diritto/dovere di mandare i figli a scuola, non in una scuola qualunque, ove
tutto il percorso didattico e di integrazione andrebbe ricostruito, ma in
continuità con quanto già in atto. Crediamo che il diritto alla scuola non possa
essere garantito solo formalmente dal fatto che esistono istituti scolastici su
tutto il territorio italiano, ma che vada fatta una scelta sostanziale e che si
comprenda come l’interruzione di percorsi avviati significhi in realtà la
negazione dei diritti di questi bambini".
La vicenda che riguarda la cittadinanza di via Rubattino, quella italianissima
affiancata alla comunità romanì, porta con sé alcuni insegnamenti rivolti alla
coscienza di ciascuno e alla classe politica: l’integrazione è possibile e può
arricchire le persone al di là della classe sociale, della razza o della lingua
d’origine. Di certo non la si costruisce sugli slogan o come conseguenza di
vuoti richiami "buonisti". Può germogliare come frutto di lunghi e faticosi
interventi sul territorio, che richiederebbero tra l’altro adeguate sponde sul
terreno comunicativo: per rendere partecipe il cittadino "comune" di ciò che di
buono può accadere tra immigrati e nomadi accampati nel quartiere accanto al
suo.
Ad oggi si tratta di un’eresia, visto che al teleutente viene riservato
esclusivamente il fatto di cronaca scelto tra i più raccapriccianti, che vede
protagonista il "marocchino" (o l’albanese…) che, ha "infierito sul vicino di
casa" dopo averlo "trucidato" e dopo aver "beneficiato dello sconto di pena".
Un’eresia che però vale la pena praticare, per contribuire a salvare la nostra
società dalla sua drammatica involuzione.