Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
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Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.

La redazione
-

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 19/08/2007 @ 09:05:53, in media, visitato 1842 volte)

Parla molto di noi la questione "zingara"
Alberto Burgio

Ciclicamente, come le polemiche sui morti della strada o i roghi estivi (esempio non casuale), riesplode la questione dei campi nomadi. Che ci sia di mezzo il morto (i morti, come i bimbi arsi vivi a Livorno in quello che pare un ennesimo atto criminale) o le gesta squadriste dei padani (come l'anno scorso a Opera), cambia poco. Sta di fatto che di questa questione è impossibile liberarsi. Per nostra fortuna.
Perché? Perché la questione degli «zingari» parla di noi. Qualche giorno fa sul manifesto Enzo Mazzi diceva degli intrecci tra la loro e la nostra cultura. Si potrebbe scavare ancora e scoprire che c'è un legame profondo tra l'esperienza (e il disagio) della stanzialità e l'esperienza (lo stereotipo) del nomadismo. Che diventa un'icona del rimosso e catalizza (qui c'è una convergenza con l'antisemitismo) i furori razzisti della civitas christiana.
Ma non parla di noi solo per questo, la questione «zingara». È parte integrante della nostra storia politica. Di noi italiani (italiani come e non più delle decine di migliaia di rom e sinti cittadini di questa Repubblica), di noi europei (come altre decine di migliaia di rom e sinti e camminanti che vivono nelle nostre città). Faremmo bene a ricordarcene, e invece ce ne dimentichiamo. Perché si tratta di pagine cupe e pesanti come pietre.
La prima riguarda le guerre «umanitarie» nei Balcani. I rom di origine jugoslava (bosniaca e kosovara) sono profughi di quelle guerre di cui l'Italia fu sciagurata protagonista. Sono sfuggiti a vendette e «pulizie etniche» che hanno via via assunto le proporzioni di un pogrom. Si imporrebbe quindi, per cominciare, un bilancio serio dei conflitti che insanguinarono la Jugoslavia lungo gli anni Novanta. Un bilancio che non rimuova la destabilizzazione che li preparò con l'intervento di formazioni terroristiche sotto copertura occidentale.
La seconda pagina del nostro album riguarda le sistematiche persecuzioni inflitte a sinti e rom dopo l'89 in tutte le loro terre d'origine, dalla Slovacchia alla Boemia, dalla Moldavia alla Cechia, all'Ungheria, alla Romania. Nell'indifferenza generale della civile Europa.
La terza (sfondo alle altre) concerne lo sterminio nazista, cui il nostro paese partecipò con leggi e deportazioni. Si diceva delle convergenze con l'antisemitismo. Nel 1936 il Reich equiparò gli «zingari» - emblema di «asocialità» - agli ebrei. Lo sfondamento della Wehrmacht a est fu l'inizio di un calvario che mise capo allo sterminio di mezzo milione di sinti e rom. Ma anche l'Italia fece la sua parte. La persecuzione dei rom prese avvio qui, nei primi anni del fascismo. E le leggi del '38 riguardarono anche gli «zingari», non solo gli israeliti.
Storia? Non soltanto. Alla base di queste nefandezze operarono stereotipi che ancora impregnano le nostre discussioni. Di questo popolo si dipinge un ritratto che non è il suo. I rom jugoslavi avevano le loro case prima che esse venissero sottratte loro a forza. E all'est vivevano sì in condizioni disagiate, ma con un grado di integrazione che noi neppure immaginiamo.
Ma a chi interessa capire se urge giudicare? Si dice del degrado dei campi nelle nostre periferie. Quei campi che tanto spiacciono al cattolico onorevole Casini, ansioso per il decoro delle nostre «grandi città». Quei campi per i quali il democratico sindaco di Torino (come tanti altri dell'Unione, da Roma a Pavia) invoca «poteri straordinari» per i prefetti e interventi «anche oltre le regole pubbliche», pur di «ridurre il numero di rom». Allora bisogna dirlo chiaro: i campi come li conosciamo in Italia non si trovano in altri paesi europei perché altrove i rom vivono in comuni abitazioni grazie a un efficace sistema di sostegno, nel pieno rispetto delle regole.
Dopodiché siamo d'accordo: le prediche non bastano e nemmeno basta la memoria (che pure è un dovere politico, oltre che morale). Dunque che fare? Non si può scantonare da alcuni punti fermi. I rom rumeni non sono extracomunitari, sono europei come tutti gli altri. I rom italiani (70 mila) sono cittadini italiani, come tutti gli altri. A qualcuno potrà spiacere, ma è così. Quindi nessun diritto speciale, nessun trattamento ad hoc. Quanto agli apolidi, essi sono profughi, protetti dalla Costituzione, che riconosce loro (ancora) il diritto d'asilo. Piuttosto chiediamoci: quale risarcimento pensiamo si debba ai rom immigrati nel nostro paese l'Italia, oggi accusata dalla Ue di non applicare la direttiva «contro la discriminazione basata sulla razza e le origini etniche», ieri in prima linea nelle guerre balcaniche?
Veniamo al Kosovo. In questi anni, pur controllando militarmente parte del territorio, l'Italia non è stata in grado (per responsabilità bipartisan) di tutelare la presenza dei rom nella regione. Nel Kosovo di oggi, protettorato militare e luogo di loschi incontrastati traffici, le minoranze (i rom, ma anche la piccola comunità ebraica) non hanno possibilità di sopravvivenza e sono costrette a esodi di massa, che riversano centinaia di migliaia di persone nel resto dell'Europa e in particolare in Italia. Domanda: dopo aver bombardato case, ospedali e infrastrutture civili, dopo aver consegnato il territorio alla mafia kosovara (per tacere dello scandalo degli aiuti umanitari, delle tonnellate di beni di vario genere destinati alle popolazioni balcaniche e rimasti a Bari, dei legami con la malavita meridionale), quali programmi sociali ci impegniamo a sostenere? Quale tutela dei tesori storici e artistici, quale difesa delle minoranze, della vita e della cultura di ognuno?
Le forze di occupazione in Kosovo (di questo ormai si tratta) preferiscono assecondare l'irredentismo schipetaro-albanese e gli appetiti degli americani (che intanto hanno installato, in funzione antirussa, la più grande base militare della regione). In questo quadro si gioca la partita dell'indipendenza formale del Kosovo albanesizzato, per la quale anche il nostro governo pare propendere.
Non si finga di non sapere che, ove venisse concessa, l'«indipendenza» cancellerebbe qualsiasi possibilità di convivenza democratica e paritaria tra le popolazioni della regione. E negherebbe ai rom ogni speranza di fare ritorno nella propria terra.
Non si faccia il solito doppio gioco di causare disastri e poi lanciare accuse per le loro conseguenze.

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Di Fabrizio (del 20/08/2007 @ 09:12:14, in Europa, visitato 3397 volte)

08/12/07 - By Nicole Itano WeNews correspondent

I Rom in Albania hanno sempre affrontato la povertà e la discriminazione, ma dopo la caduta del comunismo nel 1991, la situazione delle donne Rom è peggiorata. Si è abbassata l'età dei matrimoni e un numero crescente di ragazze non ha mai frequentato la scuola.

TIRANA, Albania (WOMENSENEWS) I caffé trendy di questa città colorata e risorgente sono lontani da Breju Lumi, una baraccopoli di fango, strade distrutte e baracche di metallo, dove vive Nexhmije Daljani.

Una volta il paese più povero ed isolato d'Europa, oggi l'economia dell'Albania sta crescendo rapidamente e il paese sta compiendo la transizione dal comunismo alla democrazia e al capitalismo del libero mercato.

Ma a Breju Lumi - il cui nome significa "sponda del fiume" anche se l'unica acqua è il letto asciutto riempito di immondizie - la maggior parte delle case non ha acqua corrente, fognature od elettricità, ed i bambini corrono per le strade a mezzogiorno mentre dovrebbero essere a scuola.

Qui le famiglie più povere, come quella di Daljani, appartengono ai Rom, termine che i membri della comunità preferiscono al derogatorio "Zingari".

"Io e i due figli più piccoli andiamo a mendicare," dice Daljani, che ha 22 anni e tre figli piccoli, senza marito o lavoro. "E' l'unico modo per mangiare."

Daljani ebbe il suo primo figlio a 17 anni. A 21, suo marito lo lasciò con tre figli. Ora vive in una baracca di metallo e come per molti Rom, la sua unica fonte di reddito è l'accattonaggio.

Il figlio più grande, disabile mentale, va in un centro diurno guidato da una OnG chiamata Children of the World.

La vita è più dura

Per molti Rom, soprattutto donne, la vita si è fatta più dura con la fine del comunismo. Le ragazze si sposano ed hanno figli prima, povertà e disoccupazioni sono rampanti, mentre l'accesso ai servizi sanitari e scolastici è declinato drammaticamente.

Al tempo del comunismo, ai Rom - come a tutti i cittadini - venivano dati lavoro e casa e obbligati ad andare a scuola. A quei tempi, tutti gli Albanesi erano poveri, ma i Rom non erano più poveri di ogni altro gruppo.

Con il collasso dei servizi sociali, le disparità tra Rom ed altri Albanesi sono cresciute nella sanità e negli standards di vita. Un recente studio del Fondo Sviluppo delle Nazioni Unite ha trovato che le entrate medie dei Rom sono meno della metà dei non-Rom che vivono nelle medesime comunità.

"La qualità dei servizi è diminuita," dice Arlinda Ymeraj, incaricato delle politiche sociali dell'UNICEF, nel Fondo per l'Infanzia delle Nazioni Unite in Albania. "Rispetto al passato c'è più disparità nell'accesso ai servizi e determinati gruppi ne soffrono."

Oggi il 57% delle donne Rom - paragonato al 48% degli uomini - non è mai andata a scuola, un declino rispetto all'era comunista, secondo i dati della Banca Mondiale.

Da allora la media dell'età matrimoniale è scesa a livelli che preoccupano gli esperti dello sviluppo.

Età del matrimonio, tassi di nascita

In Albania la media dei matrimoni tra le Romnià è di circa 15 anni, comparata alla media nazionale (23) e quella dei Rom maschi (18). Anche l'età della prima gravidanza è scesa: prima del 1990 era di circa 19 anni, oggi è di 17. Per gli uomini Rom è di 21.

La giovane età dei matrimoni e delle gravidanze tra i Rom li mette ad alto rischio dall'abuso e dal traffico di persone, limita l'accesso alla scolarizzazione e può portare ad alti tassi di mortalità per le donne ed infantile, dicono le Nazioni Unite.

Nell'Europa Centrale ed Orientale vivono tra i 7 e i 9 milioni di Rom, in Albania sarebbero circa 95.000. Come gruppo, rimangono tra i più poveri e discriminati nel continente e spesso vivono ai margini della società. Oltre il 70% delle famiglie Rom nel paese sono considerate molto povere e molte, come quella di Daljani, vivono in condizioni estreme.

Le cause di questa esclusione sociale sono dibattute. Molti Rom lamentano discriminazioni, ma altri dicono che rifiutano di integrarsi nella società maggioritaria. I Rom - tradizionalmente nomadici, ma ora largamente stanziali o semi-nomadici - sono un gruppo etnico distinto con la loro propria lingua e sistema di credenze.

"Le famiglie Rom hanno una cultura molto differente," dice Marinela Cani, assistente sociale che lavora con le famiglie di Breju Lumi. "Non pensano al domani."

Jalldyz Ymeri, nonna di 42 anni che vive in due stanze con otto familiari e mendica per vivere, dice che la vita è diventata molto più dura dalla caduta del comunismo.

Meno anni a scuola

Lei è andata alle superiori, sua figlia no. Secondo la Banca Mondiale, prima della fine del comunismo le donne Rom avevano una media di 6,2 anni di scolarità. Oggi la media è meno di 4.

Le donne Rom in Albania dicono che anche l'accesso ai servizi sanitari è deteriorata. Dicono che molti bambini nascono in casa e che molte donne non hanno educazione prenatale. L'Albania non ha statistiche attendibili su mortalità infantile e delle puerpere, ma molti esperti ritengono che i tassi tra i Rom siano più alti della media nazionale.

La sanità pubblica in Albania dovrebbe essere gratuita, ma molti dottori chiedono soldi.

"Ci trattano così perché siamo Rom. Se non possiamo pagare, ci mandano via," dice Ymeri, il cui nipotino di 3 anni è morto perché lei non aveva abbastanza denaro.

Le condizioni sono talmente cattive che molti Rom hanno lasciato il paese per andare nella confinante Grecia, che è parte dell'Unione Europea. Benché siano discriminati - con in più il rischio di deportazione - molti dicono che la vita lì è migliore perché è più facile trovare lavoro, o fare soldi mendicando o suonando per i turisti. Ymeri e la sua famiglia hanno passato diversi anni in Grecia e dice che le è dispiaciuto dover tornare in Albania.

Ma anche in Grecia - una terra promessa per i Rom albanesi - la vita è dura.

In un insediamento rom chiamato Grthaios, in un'area industriale di Atene, le famiglie vivono in baracche di legno circondate da pile di immondizia. La casa di una stanza di Elena Zerollari, 39 anni e madre di 5 figli, è pulita e ordinata. [...] Zerollari, che è originaria dell'Albania, dice che molte cose sono migliori in Grecia: i dottori li trattano meglio ed è più facile trovare lavoro. I bambini che ha avito da quando è arrivata in Grecia sono nati tutti in ospedale.

Ma Zerollari dice che le piacerebbe una casa con acqua corrente e che i suoi figli andassero a scuola. La scuola accetta i bambini rom, dice, ma molti abbandonano perché sono molestati per i loro vestiti o perché senza scarpe.

"I Rom non dovrebbero vivere così per sempre," aggiunge. "Vogliamo essere come voi."

Nicole Itano is a freelance reporter based in Athens, Greece. Before moving to Greece in 2006, she spent five years reporting from across the African continent. Her book, "No Place Left to Bury the Dead," about AIDS in Africa will be published in November by Atria Books.

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Di Fabrizio (del 21/08/2007 @ 09:29:07, in conflitti, visitato 2604 volte)

Da La Voix des Rroms

Domenica scorsa, quattro giovani rroms di Sofia (Bulgaria) sono stati attaccati da skinheads. Uno di loro si è trovato all'ospedale con una mandibola rotta. Il giorno dopo, una sommossa è cominciata nella zona di Fakulteta, un ghetto dove vivono i giovani rroms. La polizia ha fermato quattro Rroms sospettati di avere incitato questa sommossa dove circa 300 Rroms avrebbero cercato la rivalsa. Le autorità poliziesche, ministro dell'interno in testa, garantiscono che metteranno fine immediatamente a qualsiasi velleità di conflitto.

La zona di Fakultèta è conosciuta per la povertà estrema dei suoi abitanti rroms, vittime di una eesclusione e di una ghettizzazione totale. Secondo l'agenzia di stampa a Focus, Rroms, armati di bastoni e di coltelli, avrebbe gridato "morte ai bulgari", di fronte alle forze di polizia che hanno loro impedito di partire verso la zona dove aveva avuto luogo il litigio all'origine della sommossa.

Con elezioni locali previste per l'autunno, è difficile fare la selezione delle informazioni secondo la loro veridicità. La Bulgaria passa per lo stesso fenomeno della Francia in 2002. Volen Siderov, il capo di Ataka, movimento di destra estrema, è arrivato al secondo turno. Fra gli slogan gridati nelle sue riunioni, c'era anche: "Trasformiamo i zingari in sapone!"

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Di Sucar Drom (del 22/08/2007 @ 09:13:54, in blog, visitato 2699 volte)

Diciamo basta a sgomberi e espulsioni... a chiare lettere
Tre organizzazioni non governative indipendenti hanno inviato oggi lettere al Primo Ministro italiano Romano Prodi ed al Primo Ministro romeno Calin Popescu Tariceanu per chieder loro di intervenire urgentemente per fermare le espulsioni forzate di rom romeni dai loro alloggi a Roma.
Le espulsioni,...

Il Consiglio d'Europa accusa l'Italia
“Quando un bambino rom muore a causa di condizioni di vita deplorabili, la responsabilità è dell'intera società, non solo dei genitori”, ha dichiarato la Vice Segretario g...

Livorno, inquietante lettera a "Il Tirreno"
Livorno, 18 ago. - (Adnkronos) - Con un'inquietante lettera al quotidiano 'Il Tirreno' un sedicente 'Gruppo armato pulizia etnica' ha rivendicato stamattina l'incendio al campo rom di Livorno della not...

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Di Fabrizio (del 23/08/2007 @ 09:39:11, in media, visitato 2407 volte)

Nuovi media Rom stanno prendendo le misure per educare il pubblico alle tematiche Rom

Uno dei ruoli dei media è educare la popolazione. La gente ottiene una gran mole di informazioni attraverso i media. Si possono imparare lingue, le ricette dei grandi cuochi, fitness dalle celebrità. Si può imparare tanto sugli altri popoli - come si comportano, come vivono. Il pericolo nel maneggiare così tante informazioni è di essere presi nelle rappresentazioni stereotipati su alcuni gruppi di persone.

I componenti delle OnG Rom sono coscienti del ruolo che i media possono avere. Per contrastare i pregiudizi prevalenti provano a spingere informazioni sulla cultura rom, nei programmi radio e TV e sui giornali. [...]

"I media dovrebbero trasferire informazioni complete. Ma per i media è più attraente scrivere di ciò che è negativo. Cosa scriveranno i media? Di una ragazza Rom che ha vinto il Campionato Mondiale di Taekwondo o dei Rom a Vsetín che hanno danneggiato una casa? Secondo la mia opinione dovrebbero scrivere di entrambe," dice Zdenk Horváth,  direttore esecutivo di Athinganoi, una OnG rom che tenta di aiutare il suo popolo negli studi.

Io penso che il 90% dei Cechi si crea la propria opinione sul mondo, secondo come i media coprono gli eventi. Così mi chiedo se il mio lavoro è davvero importante. Potrò realizzare quattro buoni programmi che aiuteranno 100 persone, ma poi torno a casa e vedo i Rom presentati come cattiva gente," aggiunge Horváth.

Tutte le fonti Rom come Romano voďi o Romea TV pongono enfasi sul loro ruolo educazionale. Informano il pubblico sui Rom famosi, sia storici che contemporanei. Introducono i lettori alla cultura rom e lo fanno anche i romanes per favorire il suo uso.

E' importante avere giornalisti Rom nei media nazionali, e devo essere ben professionalizzati. E' per questo che OnG come Dženo o Eomea organizzano corsi speciali per giovani Rom che vogliono diventare giornalisti. "Il prodotto" di questo è Richard Samko, il secondo Rom che è diventato presentatore alla TV ceca e anche giornalista del settimanale "O Roma Vakeren" che è trasmesso su Radio 1.

By Alice Tejkalová - University of Montana School of Journalism

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Di Fabrizio (del 24/08/2007 @ 09:41:17, in Europa, visitato 2149 volte)

Ricevo e porto a conoscenza:

http://www.idebate.org/roma/profiles.php

Carissimi!

Come ideatore della pagina web http://www.idebate.org/roma/ vi sarei grato se voleste assistermi con informazioni su individui Rom, ben integrati nella società civile, e che nel contempo non abbiano perso la loro identità etnica. Questi profili sono richiesti per combattere i forti stereotipi negativi contro i Rom diffusi in Europa.

Il profilo può essere composto in questo formato (in lingua inglese):

Name
Year of birth
Country of residence
Profession
Biography in brief
Photo (if available)

Potete inviarmi informazioni a romale@zahav.net.il

Baxt, sastipe!

Kind regards,
Valery Novoselsky.
Editor of Roma Virtual Network.
http://www.valery-novoselsky.org/romavirtualnetwork.html

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Di Fabrizio (del 25/08/2007 @ 09:19:03, in Italia, visitato 2550 volte)

Ricevo da padre Agostino Rota Martir e porto a conoscenza

Porto le condoglianze ai genitori e famigliari dei 4 bimbi Rom bruciati in fiamme.

Dopo la strage che ha visto questi 4 bimbi Rom bruciare nella loro baracca sono tanti che dimostrano la loro bontà verso questi bambini e le loro famiglie Rom: associazioni, Consigli stranieri di Livorno (dicono di collaborare con rappresentanti Rom), Sindaco, Assessori, sacerdoti….ma i genitori continuano ad essere accusati di abbandono e sono tutt’ora in carcere.

Ma ai miei occhi io penso che tutti, io compreso abbiamo le nostre responsabilità per questa tragedia.

Tutti noi in questi ultimi mesi vedevamo e continuiamo a vedere scene di gruppi di Rom Rumeni (cittadini Europei!) che stanno sotto i nostri ponti e cavalcavia delle nostre belle città.

Questa è una realtà che sta sotto gli occhi di tutti, anche quelli che dicono che Livorno è una città accogliente, ma occorre mostrare questa accoglienza soprattutto a quelle famiglie Rom che erano presenti sotto quel cavalcavia, dove hanno trovato la morte quei 4 bimbi Rom.

Anche l’intervento del Papa Benedetto XVI sottolinea la necessità di più accoglienza, attraverso azioni concrete di solidarietà verso costoro, vittime della nostra cecità e indifferenza.

A che serve celebrare i funerali nella cattedrale di Livorno?

Forse è perché vogliamo mostrare la nostra “faccia buona”?

Perché allora permettiamo che i loro genitori stiano ancora in carcere (sono già 2 settimane) anche con l’accusa dubbia di abbandono, o che gli altri famigliari continuino a vivere sotto un ponte?

Le Autorità devono continuare ad indagare anche sulla pista dell’aggressione perché ci sono dei segnali chiari, innanzitutto le dichiarazioni dei famigliari stessi, anche se sono in pochi che vogliono crederci. Perché?

“Perché sono zingari!”

Se una tragedia simile fosse successa ad una famiglia Francese, Belga, o Tedesca …

di sicuro ci sarebbe stata una reazione forte e chiara, che avrebbe provocato un caso diplomatico tra Stati.

La Romania, purtroppo non piange in grande la morte dei bimbi Rom, si è limitata ad inviare una loro TV per filmare il luogo della tragedia.

Noi Rom abbiamo la nostra bandiera, ma non abbiamo una nostra “Madre Terra” che piange per noi.

Infine, faccio alcuni appelli.

Il primo è quello di liberare i genitori dal carcere per poter piangere i loro figli: è un loro diritto, perché scritto nel cuore di ogni essere umano!

Secondo, e mi rivolgo in primo luogo alle Istituzioni (Stato, Regioni, Comuni….) quando volete cercare delle soluzioni ai nostri problemi non ripetete gli sbagli passati, esempio quello dei campi nomadi, che a suo tempo sono stati decisi dagli “esperti Rom-Gagè” (i Gagè sono tutti quelli che non sono Rom).

Noi come Comitato “Rom e Sinti Insieme” abbiamo chiesto al Governo e ad alcuni Ministri di partecipare attivamente come consulenti o referenti ai Tavoli dove si decide il nostro futuro.

La mia esperienza decennale in Italia mi dice che volendo è possibile collaborare insieme tra consulta di stranieri e Istituzioni.

Noi Rom vogliamo e dobbiamo integrarci con il popolo Italiano ed Europeo, solo chiediamo di darci una possibilità, ad esempio per noi Rom di Ex Yugoslavia presenti in Italia da diverse generazioni di avere un Permesso di Soggiorno per motivi Umanitari e di Lavoro per poter vivere e lavorare legalmente.

Etem Dzevat, Presidente Associazione Comunità Europea Rom di Pisa

Membro della Consulta Stranieri Provincia di Pisa

Membro del Comitato Rom e Sinti Insieme.


Pisa, 24 Agosto 2007

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Di Sucar Drom (del 26/08/2007 @ 09:41:59, in blog, visitato 2878 volte)

Rom e Sinti, le regole applicate in alcuni Paesi UE
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Di Fabrizio (del 27/08/2007 @ 09:29:43, in casa, visitato 12190 volte)


di Vincenzo Galiano

CASONI di Vegni, Avi, Casissa, Noci, Canate di Marsiglia. Nomi di antiche frazioni abbandonate, tutte più o meno sperdute tra i monti. Impropriamente qualcuno li chiama paesi, ma sono piccoli agglomerati di case in pietra, in gran parte diroccate. Testimonianza di un passato rurale che potrebbe tornare a vivere se le istituzioni dessero corpo alla proposta lanciata al SecoloXIX da Edin Hrustic, portavoce dei rom slavi dell’ex campo nomadi della Foce e, oggi, inquilini delle case popolari di Comune e Arte. «Perché si chiede Hrustic non dare la possibilità di ripopolare le piccole località disabitate dell’entroterra agli zingari che stentano a integrarsi o accettano con difficoltà la vita nei condomini?». «Io stesso continua Hrustic, dipendente di una ditta che effettua servizio di rimozione delle auto con carroattrezzi prenderei in considerazione l’idea di ristrutturare, anche tramite mutuo, un vecchio rustico abbandonato. I lavori di recupero potrebbero essere eseguiti direttamente dagli stessi zingari con l’aiuto delle amministrazioni pubbliche.

Il vantaggio sarebbe una vita più autonoma e all’aria aperta: quella che, in fondo, manca a molti di noi». Questa potrebbe anche essere la soluzione per dare un tetto alle decine e decine di rom romeni che stazionano a Genova in accampamenti abusivi privi di tutto, a rischio di incidenti ed epidemie. Tanto più che il lavoro nei campi, la manutenzione dei giardini e la pulizia dei boschi erano tra le attività tradizionalmente praticate dai rom sotto l’ex regime di Ceausescu.Ma quanto è praticabile l’idea di affidare agli zingari il compito di rivitalizzare remoti presidi montani? L’ipotesi non piace ai volontari della Comunità di Sant’Egidio, da sempre impegnata in prima linea nell’aiuto ai nomadi divenuti stanziali. «Isolare queste persone non è certo il modo migliore per favorirne l’integrazione e sarebbe un passo indietro rispetto al lavoro di tutti questi anni», osserva Claudio Bagnasco, tra i responsabili dell’assistenza ai rom in seno all’associazione no profit di ispirazione cattolica.

Sulla carta, l’operazione sembrerebbe fattibile. Perché sono diversi i borghi fantasma dell’entroterra e, appunto, perché l’ipotesi non pare sgradita agli stessi rom, slavi e romeni. Ovviamente, non mancano gli ostacoli. Il primo riguarda la difficile accessibilità dei paesi abbandonati. Per esempio Noci, un pugno di case disabitate da decenni nei pressi dell’omonimo invaso che alimenta l’acquedotto comunale e non lontano da Montoggio, è raggiungibile solo attraverso una pessima strada sterrata, preferibilmente a bordo di una jeep. «E pensare che Noci è forse il posto meno isolato», dice Marco Balostro, escursionista appassionato di fotografia, che, insieme a Davide Pambianchi, fotoreporter del Secolo XIX, ha documentato l’abbandono di cinque antichi insediamenti tra la Provincia di Genova e il Basso Piemonte. Luoghi come Avi, vicino a Roccaforte ligure, Rivarossa e Casoni di Vegni, tutti in Valborbera, provincia di Alessandria. E frazioni che gravitano su Genova, quali Casissa, valle di Vobbia, alle spalle di Ronco Scrivia, dove si è conservata intatta un’antica chiesa. O come Lavazzuoli, in Valbrevenna. Canate di Marsiglia, in alta Valbisagno, è un’altra frazione abbandonata che, però, ha il pregio della vicinanza alla città.

«Comunque conclude Balostro in tutte queste località, soprattutto d’inverno, la vita è dura. Non a caso ’60, gli insediamenti più disagiati si sono spopolati nel giro di poco tempo». Infatti, il portavoce dei rom”sfrattati” dall’ex campo di via dei Pescatori pensa a sistemazioni meno avventurose: «Ho notizie dice Hrustic di ruderi abbandonati sopra Sestri, sul monte Gazzo e nelle vicinanze della discarica di Scarpino». Nelle località Cassinelle e Bianchetta effettivamente esistono modeste dimore in disuso. A Panigaro c’è una vecchia fabbrica di mattoni, accanto a una cava. Potrebbe essere adatta a diventare quell'asilo notturno per romeni senza tetto prima ipotizzato e, poi, ufficialmente accantonato dalla giunta Vincenzi? «Non penso proprio sbotta Stefano Bernini, presidente Ds del municipio Medio Ponente Sapete quanto costa la bonifica di una vecchia cava?». Hrustic non si fa illusioni: «I tentativi dei romeni di riutilizzare case o vecchie fabbriche fuori dai centri abitati sono falliti per l’opposizione della gente del posto. Per quanto mi riguarda, sto bene nella casa popolare e posso benissimo rimanerci. I problemi riguardano solo pochissimi rom. E non è vero che siamo morosi: quelli che erano in ritardo coi pagamenti, hanno cominciato a mettersi in regola».

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Di Fabrizio (del 28/08/2007 @ 08:58:39, in Europa, visitato 2214 volte)

Intervista: il reporter TV Richard Samko - Praga, 20.8.2007, 13:01, (By Alice Tejkalová and Israel Tockman - Common Ground)

"Gli skinheads non sanno cosa dire ad un Rom giornalista"

Richard Samko (29 anni) ha lavorato per la Televisione Ceca (la più grande stazione TV non privata) per almeno 8 anni. Ha cominciato scrivendo piccoli pezzi ed è diventato un rispettato giornalista ed il secondo presentatore rom della televisione. Ci ha parlato della sua infanzia a Náchod, della preparazione agli esami, della sua famiglia e su come la TV ceca tratta i raduni skinheads.

Come sono stati i tuoi primi anni di scuola?

Sono di Náchod, una città a 150 km da Praga, vicino al confine polacco. Per quattro anni ho frequentato una piccola scuola, tutto andava bene. C'erano solo tre studenti Rom - io, mio fratello e un altro bambino. Provengo da una famiglia Rom tradizionale. Mio padre aveva nove fratelli e sorelle e mia madre otto. Ma sono cresciuto in un blocco di appartamenti tra i "gagè" ed avevo un fratello e una sorella. Mio padre non voleva vivere nel centro di Náchod e costruì un altra casa per noi. Ci ho vissuto sino a 15 anni. A scuola non ebbi problemi. A volte i miei compagni mi deridevano per il colore scuro della mia pelle, ma non ci furono seri problemi razziali.

Perché tuo padre ha voluto dividersi dalla sua famiglia?

Voleva per noi un futuro migliore per noi; che ognuno avesse la sua stanza ed il suo letto. Non voleva che passassimo la sua esperienza - per esempio, dormire con i suoi fratelli in uno o due letti. [...] Ma non ci separammo del tutto dalla sua famiglia. Andavamo in visita dai nostri nonni, anche se non vivevamo più con loro.

I tuoi genitori erano andati a scuola, e ti hanno appoggiato nel tuo processo educativo?

Sia mio padre che mia madre sono nati in tipico povero villaggio Rom in Slovacchia e arrivarono poi in Boemia al seguito dei genitori. Mio nonno era solo capace di firmare una lettera e mio padre ha frequentato solo cinque anni di scuola. Tutti i membri della mia famiglia erano illetterati e vennero in Boemia per lavori manuali. Mia madre parlava solo l'ungherese ed un po' di slovacco. Mio padre fece pressione perché io e i miei fratelli andassimo a scuola, ma è stata nostra madre che ci aiutava (o almeno ci provava) con i compiti a casa. Li ammiro veramente. Non erano scolarizzati, ma volevano che noi lo fossimo, anche se non erano in grado di aiutarci. In ogni modo, noi facemmo del nostro meglio per soddisfare le loro aspettative, perché hanno fatto molti sforzi perché noi avessimo un futuro migliore.

Cosa hai fatto dopo le elementari?

Sono andato ad una scuola per cuochi e camerieri a Nové Město nad Metují, una piccola città vicino a Náchod.

Perché hai scelto questa scuola?

Ho preso parte a spettacoli teatrali quand'ero alla scuola dell'obbligo e un insegnante che si era affezionato a me voleva che studiassi arte drammatica. [...] Ma i miei voti non erano tanto buoni, così non avevo possibilità di andare al ginnasio. Ho sceltola scuola per cuochi perché non era lontana da casa e mi è sempre piaciuto cucinare. Alla fine del corso di studi iniziai in un piccolo ristorante con giardino con la mia ragazza, Angelica, che ora è mia moglie.

Dženo e Zdeněk Šámal mi hanno aiutato molto.

Come sei finito a studiare il programma per giornalisti rom sponsorizzato dalla OnG Dženo?

Ci fu una grande possibilità nella mia vita quando raggiunsi i 15 anni. Iniziai ad andare tra i Rom. Era qualcosa come tornare alle mie radici. Per esempio, abbiamo un giorno speciale per i bambini Rom e di solito volevano me o qualcuno dei miei amici per presentare questi eventi. Ero una specie di commediante e la gente lo sapeva ed è per questa ragione che mi contattavano.

Ho passato la prova introduttiva e fui accettato l corso di sei mesi per Rom giornalisti. Iniziai ad ottobre 1998 e terminai a marzo 1999. Ogni settimana si studiava da giovedì a domenica e dopo pochi mesi iniziammo ad andare nelle stazioni radio e TV per fare pratica. Il mio grosso vantaggio fu che Zdeněk Šámal era a capo dello staff delle notizie della TV ceca e mi aiutò in questo progetto.10 di noi furono assunti nella televisione ceca, ma la maggior parte mon durarono.

Perché?

E' difficile da spiegare... è parte del carattere dei Rom. Guarda, ognuno è un individuo, ma abbiamo tutti delle caratteristiche in comune: Vogliamo un risultato immediato. Forse arriva dal passato - "Ho lavorato e mi pagano subito." Aspettare è duro per noi. E' questa la ragione per cui non molti Rom frequentano la scuola. Cinque anni è per noi un periodo lungo. Un giovane pensa: "Se vado con mio nonno a costruire case, in cinque anni faccio mezzo milione di corone."

I Rom con cui iniziai a lavorare in TV non furono abbastanza pazienti. Ho aspettato cinque anni per diventare presentatore ed altri due per ottenere un regolare impiego. Durante questo periodo non avevo molti soldi. [...] ma sentivo che era l'opportunità della vita e che non sarebbe passata un'altra volta.

Forse non sono in grado di spiegarvi l'approccio dei Rom alla vita, ma è qualcosa di profondo in noi, la consapevolezza di una natura transitoria delle cose. E' conensso al nostro destino, all'olocausto. Vivi per l'oggi e non vuoi pensare al domani.

Sei grato a Dženo?

Naturalmente. Ivan Veselý e Jarmila Balážová mi hanno offerto la prima possibilità, mi hanno aiutato agli inizi. E sono in una posizione dove tanti Rom vorrebbero essere. In molti hanno iniziato a lavorare con la TV ceca,  ma non hanno potuto continuare questo percorso. E'dura per chi studia giornalismo. E' molto difficile per chi ha solo due mesi di corso alle spalle di continuare.

A volte i Rom pensano che io non lo sia affatto.

Da quando hai iniziato a lavorare come giornalista, hai sperimentato del pregiudizio nei tuoi confronti?

Ho avuto un'esperienza con gli skinheads andai a Nové Město a visitare Angelica. Una volta mi picchiarono. Ma nessuno mi ha urlato contro per la strada o cose del genere. A lavoro i miei colleghi non mi hanno mai fatto pesare l'essere Rom. Tanta gente mi ha aiutato all'inizio e nessuno è stato contro di me perché ero Rom. Ma quando ho iniziato a vivere a Praga, uscendo da casa sentivo molto forte il pregiudizio. Ora va meglio.

So che le cose non sono soltanto rosee. Anche tra di noi c'è il cattivo, chi ruba eccetera. Ma non so perché la gente generalizza. Per esempio, perché dovrei aver paura di una persona che è seduta accanto a noi al ristorante. Posso lasciare il mio cellulare sul tavolo accanto a lui senza problemi. Ma se invece fosse un gruppo di Rom seduti lì, allora alcuni porrebbero le borse sul lato opposto del tavolo. Perché?

Qualcuno ha espresso pregiudizi verso di te mentre intervistavi la gente per strada?

Se appaio con una telecamera, la gente non vede che sono Rom. Penso, vedano un giornalista della TV ceca. Ho anche storie divertenti. Per esempio una volta trasmettevo da una festa religiosa rom a vatý Kopeček; intervistavo un Rom chiedendogli le differenze tra le celebrazioni Rom e no. Mi rispose: "Quando VOI fate una festa è completamente differente dalle NOSTRE." Non aveva capito che anch'io ero Rom!

A lavoro mi hanno ammonito di non andare tra i razzisti, tra gli skinheads. Ma io amo queste situazioni strane. Così per circa tre anni ho riportato i rallies degli skinheads col mio collega Karel Rožánek. Una volta ero da qualche parte fuori Praga e l'atmosfera era tesa perché loro erano molto muscolari. Ma avresti dovuto vedere le loro facce quando mi sono avvicinato con la telecamera e il microfono ed ho iniziato a porre domande. Sapevano che ero Rom e non sapevano che dire o che fare. Erano semplicemente scioccati.

Vedendo un Rom giornalista?

Esattamente. Erano totalmente confusi. Mi accade anche quando seguo per lavoro le loro dimostrazioni. Non sanno come reagire. Le loro rimangono aperte. Una sola volta ho avuto un incidente con due ubriachi, ma io e il cameraman ci siamo rifugiati in macchina e siamo andati via. Forse è questa la maniera per mostrare realmente come sono.

I genitori devono persuadere i loro figli ad andare a scuola

Ora ti stai preparando agli esami ad una scuola a Praga. Perché?

Ho terminato gli studi per cuoco e cameriere ma non ho fatto gli esami finali. Così ho iniziato un corso a distanza in una scuola evangelica per diritto sociale un paio di anni fa ed ora lo sto terminando. [...] Lì ho incontrato tante persone, specialmente lavoratori sociali ed ho conosciuto i loro problemi.

Nessuno nella TV mi ha spinto agli studi superiori o a fare gli esami, ma è qualcosa di profondo dentro me, qualcosa del tipo: Sei un Rom e lavori nella TV, se ci fosse qualcosa nel futuro che non volesse che tu lavori lì, allora saresti nei problemi.

Ti sei mai sentito discriminato a scuola per essere un Rom?

Non ho mai imparato qualcosa sulla storia e la cultura Rom finché non ho iniziato a frequentare il corso di giornalismo. Ho imparato così che ci sono libri scritti in romanes, ci sono autori Rom, musicisti... Non penso che il problema sia che queste informazioni non siano nei libri di testo. Credo che i genitori dovrebbero insegnarle ai loro bambini. Non è discriminazione. E' più un fraintendimento delle condizioni in cui vivono i Rom. Per esempio, io sono stato davvero fortunato perché i miei insegnanti erano realmente preoccupati per me. Ma alcuni insegnanti semplicemente non si preoccupano se tu sei indietro rispetto agli altri. Siedi in fondo e ti lasciano solo.

Pensi che ci sia un sistema per persuadere tutti i bambini Rom a frequentare regolarmente, visto che una larga porzione di loro non va a scuola?

Mia sorella ha due figlie. Incontrano persone che dicono loro che sono zingare. Io provo a spiegare la situazione e dico "Dovete essere orgogliose di essere Rom! Avete una ricca cultura!" E loro lo capiscono. Le incoraggio a studiare. Dico loro: "Tu sarai una dottoressa e tu un'avvocatessa. E' chiaro?" Hanno già fatto i loro piani. Vedono il mio successo. Mi vedono in TV e così mi ascoltano con attenzione, io ne sono molto contento. Sono sempre orgogliose quando prendono buoni voti e si vergognano quando non succede.

Ma realmente non saprei come migliorare l'intero sistema, perché i miglioramenti devono arrivare dalle famiglie. I genitori devono persuadere i loro bambini ad andare a scuola. I miei genitori sono cresciuti poveri e ci hanno spinti tutti a scuola. Questo è il terreno.

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