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Wim Wenders
-

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 03/06/2007 @ 09:22:58, in Italia, visitato 1587 volte)

Ricevo da Maurizio Pagani

Ad un anno c.ca dall’elezione del nuovo Sindaco di Milano e ad una settimana appena dalla vittoria del centro destra in molti dei Comuni del Nord, il tema della presenza dei “Rom” continua a tenere banco sui giornali e nei commenti di chi, durante le elezioni, si è sbilanciato in promesse di ogni genere circa la loro possibile “cacciata” in caso di vittoria del proprio schieramento.

Come stiano in realtà le cose, non da un anno a questa parte, ma ormai da oltre un decennio, da quando cioè una salda coalizione di centro destra governa la città, o come questa problematica sia stata gestita dal Governatore Formigoni in Regione, ormai al suo terzo mandato, è sotto gli occhi di tutti, o almeno lo sono gli effetti prodotti, in buona misura disastrosi.

Pur continuando a rappresentare una piccola minoranza di persone, c.ca 5.000 a Milano, forse 10.000 o poco più in tutta la Provincia, e nonostante moltissime delle comunità rom e sinte siano composte da cittadini italiani, cioè non distinguibili né discriminabili di fronte alla legge per la loro appartenenza “etnica”, il tema, come si diceva, suscita scalpore e tensioni, su un fronte politico e sull’altro, per l’impossibilità di piegarlo ad una semplice risoluzione. Quella di “cacciarli”.

Certamente non ha giovato l’intervento del Ministro degli Interni Amato che ha offerto un pacchetto di misure per aumentare la sicurezza nelle aree metropolitane, indicando proprio i Rom come uno dei principali problemi di ordine pubblico da affrontare.

O ancora, nel cortile di casa, il commento del Sindaco di Sesto, Oldrini (DS), uno tra i pochi rieletti al primo turno nel centro sinistra, che ha rivendicato con orgoglio gli interventi di sgombero dei Rom da quel territorio.

Ma che dire di Veltroni a Roma e della sua idea, quasi impronunciabile per quanto inverosimile, di realizzare 4 nuovi campi nomadi, spostando alcune migliaia di rom dal centro urbano alla desolazione del raccordo anulare?

Mi ha colpito, tra le tante o poche manifestazioni di dissenso, quella di alcuni cittadini ebrei romani che hanno rivendicato la propria posizione contraria a questo progetto che sarà finanziato dal Governo, rievocando il proprio passato “storico” carico di discriminazioni e sofferenze.

A quando un analogo gesto di solidarietà da parte della comunità ebraica milanese?

Maggiore fortuna sembrano viceversa aver riportato quelle forze politiche (Lega Nord e AN in testa, ma non è certamente da meno Forza Italia) da sempre ostili ad ogni misura di buon governo del territorio, che fino a prova contraria ha sempre favorito una migliore convivenza tra le comunità locali e quelle rom anziché peggiorarla.

Ma i cittadini, o almeno la maggioranza di quelli che vanno a votare, sembrano pensarla allo stesso modo.

A Rho, comune dove il centro sinistra si è a lungo arenato sulla questione del “campo nomadi”, realizzandolo un mese prima della elezioni (…) e perdendole, tra i nuovi venuti c’è chi ha trovato il modo di dire: “adesso cacciamoli” ( e ridaglie), ma poi ha aggiunto: “e già che ci siamo, cacciamo anche tutti quei ragazzini (54) che frequentano le scuola materna, elementare e media.

Compagni di banco dei loro figli.

Per usare un linguaggio a me inusuale, si potrebbe dire che la “parabola” avviata con indubbia efficacia manageriale attraverso il sodalizio Moratti – Moioli / Don Colmegna – Casa della Carità un anno fa a Milano, è giunta ad una svolta e ha fatto scuola (loro lo chiamano Patto, modello ecc.).

Alla costruzione dell’immagine del “Rom”, un po’ straccione e un po’ accattone, da associare prontamente a quella del deviante da redimere e reprimere, si aggiunge ora, con il concorso morale e politico di chi dovrebbe costituire sulla carta un’alternativa politica e culturale, il centro sinistra, quella del “fastidio” da cui liberarsi prima possibile, meglio se in prossimità delle elezioni o per decreto.

Ma chi può contestare tutto ciò, visto anche l’inopinabile appoggio al “pensiero unico”offerto dagli organi di stampa?

Maurizio Pagani - Vicepresidente Opera Nomadi Milano

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Di Fabrizio (del 04/06/2007 @ 09:21:16, in Europa, visitato 2158 volte)

Tommaso Vitale segnala questo articolo di Repubblica

Viaggio nei paesi europei alla ricerca di un'integrazione possibile
Nel continente sono tra i 9 e i 12 milioni: ma non esistono censimenti
I rom e l'Europa, dal rigore tedesco alla Francia modello "bastone e carota"
I Rapporti della Divisione Roma and Travellers del Consiglio europeo
L'Italia ha la maglia nera. Ovunque esistono Uffici centrali nazionali
di CLAUDIA FUSANI

ROMA - Sono "qualcosa" che non può essere ignorato. "Esistono" e devi farci i conti. Sono, spesso, un "problema" per gli altri, cioè "noi"; ma soprattutto per se stessi: condizioni igienico sanitarie pessime, massimo della devianza, nessuna integrazione. Tutto vero. Eppure se cerchi di capire come l'Europa affronta la questione rom e zingari rimbalzi in un muro di vaghezza e pressapochismo. Nonostante gli sforzi del Dipartimento Roma and Travellers (Rom e camminati, due delle varie etnie zingare), l'ufficio nato nel 1993 a Strasburgo nell'ambito del Consiglio Europeo per fronteggiare la questione rom e che ogni anno produce pagine e pagine di relazioni, rapporti internazionali, raccomandazioni, manca totalmente un progetto esecutivo. Dalle parole non si riesce a passare ai fatti. Risultato: se l'Italia non sa da che parte cominciare per affrontare la questione rom, l'Europa è messa più o meno nelle stesse condizioni.

"Purtroppo non esiste un modello unico per affrontare la questione" dice Maria Ochoa-Llido, responsabile del Dipartimento rom e migranti del Consiglio di Europa. "La situazione varia da paese a paese e ogni governo affronta la questione con un proprio approccio politico. Negli ultimi venti anni le cose stanno cambiando e il Consiglio d'Europa se ne sta facendo carico sul fronte dei diritti umani, dei diritti delle minoranze e in funzione dell'integrazione sociale".


Negli anni, attraverso numerose Raccomandazioni - ad esempio sulle condizioni abitative (2005), sulle condizioni economiche e lavorative (2001), sui campi e sul nomadismo (2004) - si è cercato di dare almeno una cornice di riferimento, linee guida ai vari stati per gestire la continua emergenza rom. Buone intenzioni, quindi, ma scarsi risultati. Secondo il Rapporto annuale della Commissione europea contro il razzismo e le intolleranze presentato al Parlamento Europeo il 23 novembre 2005, i Rom risultano la popolazione più discriminata d'Europa. Svantaggiati nel lavoro, nell'alloggio, nell'istruzione e nella legislazione ma anche vittime regolari di continue violenze razziste. Il Rapporto - va detto - non si occupa dell'aspetto devianze, cioè criminale, che caratterizza da sempre la popolazione rom e che tanto pesa nel non-inserimento sociale degli zingari.

Una minoranza di 9-12 milioni di persone - Uno dei file più aggiornati della Divisione Roma and Travellers sono i numeri. Che vista l'assenza di censimenti della popolazione rom - per il timore che possano diventare strumenti discriminatori - è già tantissimo. In Europa si calcola che viva un gruppo di circa 9-12 milioni di persone, in qualche paese del centro e dell'est europa - Romania, Bulgaria, Serbia, Turchia, Slovacchia - arrivano a rappresentare fino al 5 per cento della popolazione. Scorrendo i fogli delle statistiche ufficiali europee (aggiornate al giugno 2006), colpisce come nei paesi della vecchia Europa, nonostante la presenza e l'afflusso continuo di popolazione rom, manchi del tutto un loro censimento. Eppure conoscere i contorni del problema dovrebbe essere il primo passo per approcciarlo. Sono censiti solo gli zingari che vivono nei paesi dell'est Europa, dal 1400 la "casa" dei popoli nomadi in arrivo dall'India del nord est.

La Romania guida la classifica dei paesi con maggior numero di gitani: l'ultimo censimento ufficiale del 2002 parla di una minoranza che si aggira tra il milione e 200 mila e i due milioni e mezzo. Seguono Bulgaria, Spagna e Ungheria a pari merito (800 mila), Serbia e Repubblica Slovacca (520 mila), Francia e Russia (tra i 340 e 400 mila; ma secondo il rapporto di Dominique Steinberger del 2000 in Francia vivrebbero almeno un milione di zingari), Regno Unito (300 mila), Macedonia (260 mila), Repubblica ceca (300 mila), Grecia (350 mila). L'Italia è al quattordicesimo posto con una stima, ufficiosa in assenza di un censimento, che si aggira sui 120 mila. Sappiamo che oggi quel numero è salito fino a 150-170 mila. Facendo un confronto con i paesi della vecchia Europa, è una stima inferiore rispetto a Spagna e Francia, Regno Unito e Germania. Sui motivi di queste concentrazioni la Storia conta poco: se è vero che la Germania nazista pianificò, come per gli ebrei, lo sterminio degli zingari (Porrajmos) e nei campi di concentramento tedeschi morirono 500 mila rom, in Spagna la dittatura di Franco ha tenuto in vigore fino agli anni settanta la legislazione speciale contro i gitani eppure gli zingari continuano ad essere, e sono sempre stati, tantissimi.

Il caso italiano - A scorrere i Rapporti del Consiglio europeo, l'Italia sembra avere la maglia nera nella gestione della questione rom. La lista delle "mancanze" italiane è lunghissima. Contrariamente agli altri paesi della vecchia Europa, non abbiamo una politica certa sui documenti di identità e di soggiorno mentre in altri paesi hanno la carta di soggiorno e anche i passaporti. Nonostante molti Rom e Sinti vivano in Italia da decenni, non hanno la cittadinanza col risultato che migliaia di bambini rom nati in Italia risultano apolidi; gli stessi bambini non vanno a scuola e non hanno accesso all'educazione; non sono riconosciuti come minoranza linguistica. L'Italia, soprattutto, continua ad insistere nell'errore di considerare queste persone nomadi segregandole in campi sprovvisti dei servizi e diritti basilari mentre invece sono persone a tutti gli effetti stanziali. Si legge a pag. 29 del rapporto: "Non si riscontra a livello nazionale un coordinamento. E in assenza di una guida a livello nazionale, la questione non potrà mai essere affrontata in modo valido". Bocciati, su tutta la linea. Persino "puniti" nel dicembre 2004 per la violazione della disposizione sul diritto alla casa. "Puniti" anche Bulgaria e Grecia.

Gli Uffici centrali - Il nome di per sé evoca scenari da tragedia, liste, schedature, concentrazione di informazioni. Nel 1929 a Monaco nacque "L'Ufficio centrale per la lotta contro gli zingari in Germania", furono schedati, nel 1933 furono privati di tutti i diritti, poi lo sterminio. Eppure un Ufficio centrale sembra essere l'unico modo per affrontare seriamente la questione rom, capire quanti sono, dove vivono, di cosa hanno bisogno, tenere sotto controllo arrivi, partenze, doveri e responsabilità oltre che diritti. All'estero esiste un po' ovunque qualcosa di simile, in Germania, in Francia, in Olanda, Belgio e in Spagna. "In questi uffici - racconta Massimo Converso, presidente dell'Opera nomadi - lavorano anche i rom, sono mediatori culturali, parlano la lingua e i dialetti, conoscono le abitudini dei vari gruppi, dettagli per noi insignificanti e invece per loro fondamentali. Non si può prescindere da questo se si vuole affrontare il problema con serietà e concretezza". Ministero dell'Interno e Solidarietà sociale hanno avviato dei "tavoli tecnici" con esperti e rom. Ma il ministro Giuliano Amato sta pensando a qualcosa di più: un Ufficio governativo e una conferenza europea per avere gli strumenti e il luogo dove fronteggiare la questione.

Lo statuto francese - Nonostante "la grande preoccupazione" del Consiglio europeo "per i ritardi e l'emarginazione", la Francia (con 340 mila o un milione di manouche) sembra aver adottato il modello migliore sul fronte dell'accoglienza per i rom. Un modello che si muove tra l'accoglienza e la tolleranza zero, due parametri opposti ma anche complementari: da una parte la legge Besson (la prima versione risale al 1990, una successiva è del 2000) che prevede che ogni comune con più di cinquemila abitanti sia dotato di un'area di accoglienza; dall'altra la stretta in nome della sicurezza dell'ex ministro dell'Interno, attuale presidente, Nicolas Sarkozy che nel febbraio 2003 ha voluto la stretta e ha previsto (articoli 19 e 19 bis della legge sulla sicurezza interna) sanzioni particolarmente pesanti contro le infrazioni allo stazionamento. Chi non rispetta le regole dei campi e dell'accoglienza è fuori per sempre. E chi occupa abusivamente un'area può essere arrestato e il mezzo sequestrato. La legge Besson immagina i campi come una soluzione di passaggio e prevede, contestualmente, un programma immobiliare di case da dare in affitto ai gitani stanziali e terreni familiari su cui poter costruire piccole case per alcune famiglie semistanziali e in condizioni molto precarie.

Di tutto ciò è stato realizzato poco ma comunque qualcosa. Nella regione di Parigi sono stati creati campi per 560 posti in dieci anni (ne servirebbero tra i 6 e gli 8 mila) e in tutto il territorio francese ce ne sono 10 mila, un terzo di quelli necessari. Ma molti gitani e manouche vivono in case popolari e in vecchi quartieri. Pagano affitto, luce e acque. "Siamo responsabilizzati - racconta Arif, rom kosovaro, un pezzo della cui famiglia vive in Francia - viviamo nei centri abitati, non siamo emarginati, facciamo lavori come facchino, gommista, piccolo trasporto, pulizie, guadagniamo e firmiamo un Patto di stabilità per cui i ragazzi sono obbligati ad andare a scuola ed è vietato chiedere l'elemosina. Se siamo disoccupati per sei mesi abbiamo il sussidio - un mio parente prende 950euro al mese - e abbiamo anche gli assegni familiari. Certo chi sbaglia, chi delinque, chi ruba, chi non manda i figli a scuola, viene cacciato dalla Francia. E su questo punto siamo noi i primi ad essere d'accordo". Un altro risultato, visibile, è che in Francia difficilmente si vedono zingari in giro, ai semafori o nelle vie dei centri cittadini. E' vietata l'elemosina e l'accattonaggio. Recentemente l'ex ministro dell'Interno Sarkozy ha sottoscritto un piano con la Romania per il rimpatrio dei rom romeni.

Il caso tedesco - Il Rapporto del Consiglio europeo, datato 2004, parla di "svantaggi sociali, pregiudizio, discriminazione per quello che riguarda la casa, il lavoro e la scuola e di casi clamorosi di razzismo" . Detto tutto ciò in Germania i 130 mila circa tra Rom e Camminanti sono considerati per legge "minoranza nazionale". Hanno diritti e doveri. "Dagli anni sessanta, con la caduta del modello socialista titino - racconta Massimo Converso, presidente dell'Opera nomadi italiana - e con le prime diaspore rom dall'est europeo verso l'occidente europeo che poi si sono ripetute negli anni ottante e novanta con le guerre nei Balcani, la Germania ha accolto queste migliaia di persone in fuga con un progetto di welfare. Sono state assegnate case, singole o in palazzine popolari, hanno avuto il sussidio per il vitto, chi ha voluto è stato messo in condizione di lavorare. Tutto questo - continua Converso - al prezzo di rispettare i patti e la legge. Altrimenti, fuori per sempre. Ci sono stati anni in cui interi gruppi stavano per lunghi periodi in Germania, poi venivano in Italia dove invece non è mai stato pensato un vero, severo e anche rigido piano di accoglienza e dove gli zingari hanno avuto da sempre maggiori e diverse fonti di reddito, ben più remunerative perché spesso illegali".

La Spagna come la Bulgaria - Nonostante Franco, le leggi speciali e le persecuzioni, la Spagna ha una delle comunità gitane più popolose e in Europa occupa il terzo posto dopo Romania e Bulgaria con 800 mila presenze. Dalla fine degli anni Ottanta il governo centrale ha elaborato un Programma di sviluppo per la popolazione rom anche se il budget annuale sembra abbastanza ridotto (3,3 milioni di euro a cui però si aggiungono i finanziamenti delle singole regioni e delle ong). Anche in Spagna ogni regione ha un Ufficio centrale che coordina gli interventi e le politiche per gli zingari in cui lavorano sia funzionari del governo che rom con funzioni di mediatori culturali. Il risultato è che non esistono quasi più campi nomadi, quasi tutti - chi non lavora ha un sussidio di circa 700 euro al mese per sei mesi - vivono in affitto nei condomini popolari o in case di proprietà, nelle periferie ma anche nelle città. Dipende dal livello di integrazione. Che è in genere buono anche se resta alto il tasso di criminalità: furti ma soprattutto spaccio di droga. Sono zingare il venti per cento delle donne detenute nelle carceri spagnole. Negli ultimi mesi nelle periferie delle grandi città, a Barcellona come a Madrid, a Siviglia e a Granada, stanno rispuntando baraccopoli e favelas: sono gli ultimi arrivati, i rom della Romania, la nuova emergenza.

La ricetta del "politico" gitano - La Spagna ha saputo produrre, finora, l'unico europarlamentare gitano: si chiama Juan de Dios Ramirez Heredia, è stato rappresentante dell'Osservatorio europeo contro il razzismo e la xenofobia e nel 1986 ha fondato la Union Romanì, federazione della associazioni gitane spagnole. Heredia , in un'intervista rilasciata al magazine europeo Cafè Babel, immagina il futuro della comunità rom: "Potrà essere migliore solo se sapremo mantenere una certa dose di sopravvivenza e riusciremo ad essere presenti dove si prendono decisioni politiche. Non ha senso che in paesi come la Spagna, dove siamo 800 mila, non ci sia un solo gitano deputato o senatore". A gennaio scorso, per la prima volta, la Serbia - 600 mila rom ufficiali senza contare quelli partiti negli anni e ora in giro per l'Europa senza documenti - ha accettato in Parlamento due deputati dei partiti delle minoranze gitane, l'Unione dei rom e il Partito dei rom.

Sono 36 milioni gli zingari nel mondo. Diciotto milioni vivono ancora in India. Un milione circa è riuscito ad arrivare anche negli Stati Uniti. A parte poche migliaia di loro che sono riusciti ad avere una vita normale e ad emergere, ovunque sono rimasti gli ultimi nei gradini della società.
(3 fine)

(3 giugno 2007)

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Di Fabrizio (del 04/06/2007 @ 10:44:00, in Italia, visitato 2396 volte)

Ciao,

Mi chiamo Vittoria, sono tedesca, ma vivo da diversi anni a Verona che ormai considero la mia città. Purtroppo ho visto questo articolo oggi sull'Arena, il quotidiano di Verona, dove hanno appena eletto un sindaco leghista (Tosi).
Con molta preoccupazione vi segnalo questo articolo, in particolare la parte dove Tosi dice che l'etnia Rom ormai è destinata a finire. (Tosi è già stato processato per istigazione all'odio razziale in precedenza)

Vittoria.

Il primo cittadino con una troupe di «Ballarò» nei due luoghi simbolo delle sue campagne: ex Cartiere e campo nomadi
Il sindaco: fine dell’esperimento Rom
«Integrazione fallita per scelta loro, degrado, criminalità: Boscomantico chiuderà presto»

Tosi ricorda che «lo spaccio alle ex Cartiere non è competenza del Comune ma delle forze dell’ordine»

di Giampaolo Chavan

Un sopralluogo con la troupe di Ballarò, il programma di Raitre in onda tutti i martedì, alle ex Cartiere e nel campo Rom di Boscomantico.
L’occasione per ribadire i punti cardine da realizzare a stretto giro di posta del programma elettorale della Casa delle libertà. E così arriva la conferma dal primo cittadino: il campo rom di Boscomantico chiuderà molto presto. Il nuovo sindaco lo dice a pochi passi dall’ingresso della ventina di prefabbricati dove vivono 200 nomadi di cui almeno la metà sono bimbi che frequentano asili e scuole vicine.
«Il programma prevede la cessazione di questo esperimento di integrazione fallito» afferma Tosi. E aggiunge, a poca distanza dall’ingresso del campo mentre il giornalista della trasmissione Rai intervista i Rom: «Questo esperimento ha portato solo degrado e criminalità con episodi clamorosi come l’operazione Gagio con i Rom che vendevano i figli ai pedofili. I Rom sono stati coinvolti in tutti i reati possibili e immaginabili e sono stati mantenuti dall’ex amministrazione comunale».
A portare alla chiusura del campo anche il fatto che «qui a Boscomantico non c’è un cittadino italiano perchè sono tutti romeni entrati per lo più in modo clandestino sul nostro territorio». A deludere il neosindaco l’esito di questa esperienza, voluta dall’amministrazione Zanotto: «Qui non c’è integrazione, ai semafori c’è la situazione di prima, il livello di degrado e criminalità è rimasto uguale. È stata la Procura veronese a definirlo una fucina di criminalità». Tanto più che l’etnia Rom, a parere del sindaco Flavio Tosi, sembra avere un futuro già segnato: «Ho una sentenza della Procura (forse intendeva il tribunale, ndr) del 1995 che condanna i nomadi. La motivazione sostiene che è abitudine per loro utilizzare i figli per compiere reati e per raccogliere l’elemosina. Li costringono in questo senso e i figli una volta che diventeranno grandi non potranno fare altro che reinserirsi nello stesso meccanismo». La morale, a parere di Tosi, è una sola: «Questo è un meccanismo che porta alla non integrazione per scelta di questo tipo di comunità, e si vede da questo tipo di modo di vivere (e rivolge lo sguardo al campo rom ndr). Quindi, se non c’è volontà di integrazione di chi arriva nel nostro territorio, non vedo perchè la nostra amministrazione deve ospitare e mantenere chi non si vuole integrare». Porte aperte, invece, «a chi si vuole integrare e vuole rispettare le leggi».
La solidarietà della nuova giunta Tosi è già tracciata: «C’è un fatto di equità perchè i Rom sono cittadini romeni e io so che il Comune ha anche una povertà tutta veronese (anziani e giovani coppie con difficoltà economiche) e l’amministrazione dovrebbe iniziare a rivolgere la propria attenzione verso le nostre fasce deboli».
La troupe del conduttore Giovanni Floris si era recata poco prima anche alle ex Cartiere. «Con la proprietà è doveroso da parte dell’amministrazione comunale incontrarsi e approvare un progetto il prima possibile» afferma Tosi. È fondamentale dare un’indicazione a chi è titolare di quell’area a Basso Acquar: «La proprietà potrà procedere alla demolizione e smaltimento delle ex Cartiere solo quando saprà che il Comune gli dà le garanzie precise su quello che potrà fare».
Il problema è l’investimento che non può essere fatto per milioni di euro, «tanto costano la demolizione e lo smaltimento senza avere garanzie sui progetti». Poi parte un’altra stoccata all’amministrazione Zanotto: «Per più di due anni non ha fatto nulla se non una delibera durante la campagna elettorale». Nel frattempo, le ex Cartiere rimangono il luogo prediletto per gli spacciatori: «Prima dell’accordo con la proprietà non puoi fare nient’altro. Lo spaccio nelle cartiere? Non è competenza del Comune, è competenza eventualmente delle forze dell’ordine. Dico eventualmente perchè, in realtà, le ex Cartiere rimangono terra di nessuno per il tipo di area, per la possibilità di accesso incontrollato e così sarà finchè non viene rasa al suolo e bonificata».

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Di Fabrizio (del 05/06/2007 @ 10:16:23, in Kumpanija, visitato 2563 volte)

Da British_Roma

The Times 1 June 2007

Jan Kochanowski
Un Rom sfuggito dalle strette maglie naziste e divenuto studioso emerito della cultura romani

Jan Kochanowski ha lasciato una solida eredità di libri in francese ed inglese, di studi zingari, di cui aveva una conoscenza diretta.

Non sembrava destinato alla vita di studioso. Nato in una tribù dei clan Gila, Stanga e Frundze, che vivevano in tende nelle foreste alla periferia di Cracovia, Polonia, nel 1920, vagabondando senza meta con la sua famiglia estesa attraverso gli stati sovietici del nord est Europa, e divenne esperto nelle tecniche zigane di sopravvivenza. Così a circa 20 anni si ritrovò in Lettonia nel mezzo dell'invasione tedesca, e parecchie volte riuscì ad evitare i campi di lavoro e di sterminio.

Molti della sua famiglia morirono gassati in un sinagoga dove erano ammassati, altri morirono quando i tedeschi diedero fuoco all'hangar dove avevano cercato rifugio. Quando altri Rom vennero schierati in un bosco per essere fucilati, il comandante tedesco prese Kochanowski da parte, dicendo: "Non il ragazzo."

I suoi fratelli e sorelle non furono tanto fortunati. Caddero vittime del genocidio che sopraffece tanto gli Zingari che gli Ebrei. Suo padre raggiunse le forze sovietiche e morì come comandante dell'Armata Rossa durante i combattimenti a Smolensk nel 1942.

Diversi anni prima, Kochanowski si era iscritto su un corso di studio a Riga. Un pomeriggio gli arrivò un messaggio da parte si sua madre di lasciare immediatamente la scuola perché i nazisti lo aspettavano per arrestarlo. Lei aveva trovato un posto per nascondersi, a lui sconosciuto, ma seppe che doveva lasciare la Lettonia.

Kochanowski andè in Francia dove, aveva imparato, l'autorità tedesca stava vacillando. A Parigi nel 1944, d'altra parte, fu preso dai tedeschi e messo con altri 100 lettoni nel campo periferico di Beauregard. Nuovamente, scappò e nel gennaio 1945 raggiunse le Forze Polacche sotto il comando britannico.

La sua familiarità col polacco, le lingue baltiche ed il russo lo portarono all'attenzione dell'intelligence britannico, ma declinò l'offerta di lavorare come spia nell'Europa del dopoguerra. Era comunque orgoglioso di aver ricevuto una medaglia per meriti di servizio e volle stabilirsi in Francia. Era un povero rifugiato senza alcuna prospettiva, quando si innamorò di Elisabeth Morel, figlia di un industriale. Dopo il loro matrimonio a Parigi nel 1950, si trasferirono in una grande casa, anche se il matrimonio di un'alta borghese con uno Zingaro era stato considerato uno scandalo.

Ci furono pressioni contro questo matrimonio. Kochanowski non era in grado di trovare un impiego regolare, passando invece molto del suo tempo studiando all'Università di Parigi. Un po' di denaro gli arrivava dal teatro. Già da bambino era un buon ballerino e cantante, così la Troupe Bohémien fu lieta di averlo assieme - ma non di pagarlo quanto era la sua popolarità presso il pubblico.

Sua moglie notava, anche, che lui si sentiva colpevole di essere uno dei due membri della sua famiglia scampati al terrore nazista. Nel 1960, erano nati nel frattempo due bambini e una bambina, lasciò la famiglia. Aveva un PhD in linguistica dalla Sorbona, e la determinazione a fare propaganda per i Rom e scrivere di loro.

Non fu facile. Altri studiosi contestavano le sue credenziali. Sua madre dovette arrivare a Parigi da Riga per conversare con lui, nel loro dialetto romani, sui loro costumi, in fronte ad una giuria accademica. Sperando di aver taciuto i rumori sulla sua persona, Kochanowski fondò la propria associazione, Romani Yekhipe (Romani Assieme).

Nonostante il budget risicato, divenne influente. In Francia giocò un ruolo fondamentale nell'abolire i documenti speciali richiesti ai Rom con i loro personali dettagli fisici.

Kochanowski partecipò regolarmente alle conferenze romani internazionali, dove promosse una controversa teoria linguistica sulla ragione della migrazione verso ovest del suo popolo dall'India del nord. Con il suo nome polacco, e talvolta sotto il patronimo romani di Gila, pubblicò parecchio sui Rom e i oro dialetti, incluso uno dei primi libri di istruzione, Parlons Romani. Il suo lavoro fu sempre stimato ma, con suo gran rammarico, non lo portò mai a posizioni accademiche.

Kochanowski vedeva l'assimilazione come la morte culturale dei Rom e richiedeva loro di essere orgogliosi della propria etnicità. Sempre diceva a Saster, il suo primogenito, di "amare la natura e rispettare ognuno, ballare, cantare... e fare l'amore con amore".

Per paradosso, i suoi figli finirono completamente assimilati nel mondo non-Rom. Parte di ciò avvenne perché durante la loro crescita non ebbero modo di imparare le loro tradizioni ancestrali e la madre lingua.

Sua figlia morì a 25 anni, dei figli sopravissuti uno diventò direttore del balletto nazionale del Gabon e l'altro generale dell'aviazione militare francese. Anche sua moglie gli è sopravissuta. Al suo funerale a Beauvais, la bara è stata avvolta nella bandiera rom.

Jan Kochanowski (Vania de Gila), studioso romani, nacque il 6 agosto 1920. Morì di cancro al pancreas il 18 maggio 2007, ad 86 anni.

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Di Fabrizio (del 06/06/2007 @ 09:37:31, in Europa, visitato 2343 volte)

Un brano appena apparso su Redattore Sociale, subito segnalatomi da diversi lettori. Grazie

05 - 06 - 2007
''Al Parlamento Europeo dovrebbero sedere 16 membri rom''
''In un mondo ideale'': è invece estremamente scarsa la rappresentanza politica nell'Ue di rom e sinti, dice il nuovo rapporto di Enar e di Erio.
La prima barriera? I partiti politici


BRUXELLES - "In un mondo ideale, il mondo politico dovrebbe riflettere fedelmente la propria base di rappresentanza. Se così fosse, i dieci milioni di rom presenti in europa dovrebbero godere di una rappresentanza del 2% negli organi decisionali. Ad esempio, al Parlamento Europeo dovrebbero sedere 16 membri rom, ma è una cifra molto lontana dalla realtà": questo brano, tratto dal 'fact sheet' congiunto di Enar (European Network Against Racism) e di Erio (European Roma Information Office) "Partecipazione politica di rom, nomadi, e sinti", rende bene l'idea di quanto queste comunità subiscano una spiccata sottorappresentazione, nonostante i regimi democratici vigenti ovunque in Europa. Rom, sinti e nomadi costituiscono la minoranza etnica più numerosa nel Vecchio Continente, in particolare nei paesi dell'Europa centrale e orientale. Dappertutto però il loro livello di rappresentanza è basso.

Le cause di ciò sono molteplici, e inserite in un circolo vizioso costituito da pregiudizi da parte degli organi politici (partiti e istituzioni), povertà e ignoranza da parte di queste minoranze. La partecipazione alle elezioni per queste comunità è molto bassa, indicando un grado elevato di disillusione per ciò che il potere politico può fare per loro. D'altra parte però molti sistemi elettorali alzano verso queste minoranze barriere insormontabili, richiedendo ad esempio una localizzazione geografica per essere iscritti nei registri degli elettori. A questo si deve aggiungere che spesso i membri di questi gruppi etnici sono sprovvisti di uno status civico: molti di loro non hanno nemmeno una carta d'identità, e atti come matrimoni o nascite non sempre vengono fatti registrare. Ma anche nel caso si abbiano questi documenti, capita che non vengano riconosciuti come validi passando da uno Stato all'altro, fatto frequente nel nomadismo.

Venendo al dettaglio dei meccanismi di esclusione, i partiti politici sono la prima barriera individuata nel rapporto all'inclusione dei rom nella vita politica. C'è una generale riluttanza da parte dei partiti più importanti nel fare proprie le istanze di rom, nomadi e sinti, di candidarli nelle proprie liste, o comunque di dimostrare vicinanza a questi gruppi, dato che non sono generalmente ben visti dall'opinione della massa. E quando un rom ce la fa a farsi candidare, ciò avviene sempre in posizioni di lista che lo rendono ineleggibile. Nemmeno la creazione di partiti politici su base etnica aiuta, a causa della scarsa attenzione che i nomadi stessi riservano alla vita politica. Ad esempio in Bulgaria, il paese con la comunità più numerosa, nel 2005 il partito Euroma non ha piazzato nemmeno un eletto. Vi chiaramente sono eccezioni, come le due europarlamentari rom Viktoria Mohacsi e Livia Jaroka, ma nella maggior parte dei casi sui tratta di successi alle elezioni locali. Questo è un ambito più vicino agli interessi diretti di queste minoranze, e a una maggior partecipazione si lega un maggior successo.

Nel documento di Erio e Enar vengono individuate alcune buone pratiche per contrastare questo stato di cose, come lo sono ad esempio gli organismi di autogoverno per i rom ungheresi. Nonostante le critiche a questa iniziativa (mancanza di poteri effettivi, di fondi, di competenze, esclusione dalla vita politica dominante), questi organismi si sono rivelati un'ottima palestra per promuovere la coscienza di comunità e dei propri diritti, incoraggiando una partecipazione politica che può fuoriuscire dai limiti dell'iniziativa. In questo processo, il ruolo delle ONG e le risorse offerte dal loro lavoro vengono visti come preziosissimi, ad esempio incentivando al partecipazione al voto o le candidature. Incontri e tavole rotonde tra politici, amministratori e rappresentanti di questi gruppi offrono un'ulteriore piattaforma di confronto e di partecipazione. Alcuni partiti si sono poi impegnati a includere nei loro ranghi delle minoranze.

Ma tutto questo non basta. A discapito della complessità del problema e del circolo vizioso che lo alimenta, fondamentale resta - sottolineano Erio e Enar - la partecipazione attiva e diffusa i rom, sinti e nomadi alla vita politica. Ai governi e a i partiti invece si chiede di attuare strategie che creino un terreno fertile per un loro coinvolgimento effettivo, cominciando anche ad assumere rom nelle amministrazioni pubbliche, a partire dal livello locale. Un occhio di riguardo viene richiesto poi per l'inclusione di frange marginalizzate nell'emarginazione, come le donne e i giovani. (matteo manzonetto)

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Di Fabrizio (del 06/06/2007 @ 10:07:41, in Italia, visitato 1978 volte)

Mi sono arrivate quasi assieme: l'annuncio di un convegno ed una sua lettura critica da parte di Maurizio Pagani - vicepresidente Opera Nomadi Milano

La Fondazione ISMU organizza il 13 Giugno 2007 presso il Centro Congressi della Fondazione Cariplo in via Romagnosi 6,
Milano Ore 10.30 – 13.30 Il Seminario su

"Insediamenti Rom/Sinti e popolazioni maggioritarie: i rapporti possibili"

PROGRAMMA PROVVISORIO
10.00 WELCOME COFFE E REGISTRAZIONE DEI PARTECIPANTI

10.30-12.30 Introduce e modera: Maurizio Ambrosini, Università degli Studi di Milano
Intervengono:
Don Virginio Colmegna, Casa della Carità
Mariolina Moioli, Assessore Famiglia, Scuola e Politiche Sociali, Comune di Milano
Renato Saccone, Prefettura di Milano
Antonio Tosi, Politecnico di Milano
Carlo Berini, Istituto di Cultura Sinta, Mantova

12.30 – 13.30 Dibattito

Conclude Vincenzo Cesareo Fondazione ISMU

Si ringrazia la Fondazione Cariplo per la concessione del Centro Congressi


A proposito del seminario promosso dall'ISMU vorrei proporvi alcune brevi riflessioni.
Come alcuni di voi già sapranno, la ricerca, a cui abbiamo partecipato anche noi come Opera Nomadi, è stata presentata in Regione c.ca 2 mesi fa sollevando alcune questioni che sono rimaste senza risposta (in particolare le analisi riferite all'abitare e alle politiche di accoglienza).
Nel frattempo, tutto è continuato come se nulla fu desse, da una parte il binomio Moioli (Moratti) - don Colmegna, con la messa a regime del "Patto di legalità e solidarietà" in via Triboniano e l'enfasi posta sulle politiche emergenziali, dall'altro una pletora di persone (soprattutto le comunità rom e sinte) e di associazioni ridotte a sudditi storditi e silenti.
Giova forse ricordare che non più di 3 settimane orsono, alcune delle persone in indirizzo si recarono con Basilio Rizzo dal Prefetto per contestare non solo il metodo autoritario ed escludente del nuovo corso milanese ma anche e soprattutto i risultati deludenti che fino ad oggi ha raccolto (con buona pace di chi ancora non se ne è accorto). In quella sede si preferì infatti discettare più di pragmatismo che di principi ed etica (perchè ad esempio non contestare apertamente un "Patto" che sancisce una evidente differenza di trattamento tra i cittadini? o ancora l'espulsione dei 24 Rom dal Ceas di P.co Lambro in assenza assoluta di regole di garanzia?). Parlammo quindi di quello che non viene fatto dall'Amministrazione Comunale nell'ambito scolastico e sociale, dell'abbandono delle aspettative di chi abita nei campi, della rinuncia a sostenere le esperienze di lavoro delle cooperative rom che operano sul territorio ecc.
Permettetemi quindi di avanzare dei cattivi pensieri in merito all'impostazione dei lavori. Mi domando infatti perchè da essi siano stati esclusi gli interlocutori (molti) che operano da decenni in questa ambito a Milano? Non dubito certo delle capacità dialettiche dei curatori della ricerca a cui rinnovo la mia stima, o di Carlo Berini dell'Istituto di Cultura Sinta ( e Opera Nomadi di Mantova) noto per il suo forte temperamento, ma non posso altresì che considerare negativamente l'eccesso di zelo (interessato?) che gli ambiti accademici, così come la stampa locale, mantiene deferente da tempo di fronte ai politici di turno.
A chi giova tutto ciò?

Maurizio Pagani - vicepresidente Opera Nomadi Milano

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Di Fabrizio (del 07/06/2007 @ 10:04:02, in conflitti, visitato 2579 volte)

Da Kosovo_Roma

Cari amici di roma-kosovoinfo, questi gli aggiornamenti sul nostro sito
News

04 Giugno 2007
Amnesty International "estremamente preoccupata" sui ritorni forzati in Kosovo
Nel suo rapporto, Amnesty International (AI) ammonisce sui ritorni forzati delle minoranze etniche in Kosovo. L'organizzazione è "estremamente preoccupata" su come alcuni stati europei stiano preparando deportazioni in Kosovo, anche se il conflitto politico sullo status della provincia può portare a rinnovate violenze, secondo AI. "Sinora, né l'UNMIK (l'Amministrazione ad Interim ONU) né l'attuale PISG (Istituzioni Provvisorie di Auto Governo) sono state capaci di garantire un sicuro sviluppo in cui i membri delle minoranze possano ritornare in sicurezza e dignità", dice AI. Secondo sue stime, dal luglio 1999 oltre 235.000 Serbi, Rom e membri di altre minoranze etniche hanno lasciato il Kosovo. Solo il 6% ha fatto ritorno. Il rapporto completo è disponibile nella sezione "Documenti":
http://www.roma- kosovoinfo. com/index. php?option= com_content&task=view&id=22&Itemid=35#Forced% 20Returns

28 Maggio 2007
L'ONU continua ad ignorare la richiesta di giustizia per i Rom kosovari
A nome dei 158 Rom IDP (Persone Internamente Disperse) il Procuratore Dianne Post ha compilato un reclamo contro l'ONU nel febbraio 2006. Dalla distruzione dell'insediamento a Mitrovica sud nel luglio 1999, i Rom vivono in campi, costruiti su terreni altamente contaminati. I campi hanno continuato ad esistere sino all'aprile 2006, sotto la supervisione delle Nazioni Unite, nonostante fossero riportati livelli estremi di contaminazione da piombo. Dianne Post chiede supporto, dato che sinora l'ONU non ha risposto al reclamo.
http://www.roma- kosovoinfo. com/index. php?option= com_content&task=view&id=131&Itemid=1

24 Maggio 2007
Rapporto 2007 di Amnesty International: Discriminazione sulle minoranze in Kosovo
Secondo il rapporto annuale di Amnesty International, che copre lo stato dei diritti umani in 153 paesi, le minoranze etniche continuano a fronteggiare serie discriminazioni nella provincia serba del Kosovo. Atti di violenza che sono motivati da odio etnico sono difficilmente perseguiti, il numero di quanti hanno fatto ritorno in Kosovo rimane basso. Quanti sono stati rimpatriati a forza dagli stati membri EU non ricevono supporto dalle autorità pubbliche, critica AI.
http://www.roma- kosovoinfo. com/index. php?option= com_content&task=view&id=133&Itemid=1&lang=en

Media

AFP: Roma minority demands to be part of Kosovo status negotiations, 29.5.2007
http://www.dzeno. cz/?c_id= 14462

"Building a new beginning - The return to Roma Mahala", in: UNMIK, Focus Kosovo, March 2007.
http://www.unmikonl ine.org/pio/ fokus_kosovo_ eng.htm

Documenti

Amnesty International: Kosovo (Serbia). No Forcible Return of Minorities to Kosovo, Maggio 2007.
http://www.roma- kosovoinfo. com/index. php?option= com_content&task=view&id=22&Itemid=35&lang=en#Forced% 20Returns

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Di Sucar Drom (del 07/06/2007 @ 14:54:17, in blog, visitato 1977 volte)

Il Comitato Rom e Sinti Insieme si incontra il 16 giugno a Mantova
Negli ultimi giorni la situazione in Italia per le Minoranze Sinte e Rom è sempre più grave e difficile. La settimana scorsa avevamo preparato un progetto per continuare insieme il lavoro su una proposta legislativa ma il precipitare degli eventi ha di fatto bloccato la segreteria tecnica del Comitato.
Crediamo indispensabile incontrarci insieme per decidere come proseguire e quali iniziati...

Lettera aperta al Direttore del Corriere della Sera
Egregio Direttore, siamo stupiti per la pubblicazione del servizio “I baby borseggiatori della Stazione Centrale” del 1 giugno, a firma di Gianni Cantucci. Un servizio fotografico offerto ai lettori con ampio risalto addirittura sulla prima pagina del Suo giornale.
É sc...

Roma, seminario nazionale sui diritti delle minoranze rom e sinte
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità, annuncia che si terrà il 19 Giugno 2007 a Roma, nella Sala Monumentale di Largo Chigi n. 19, il seminario dal titolo "i diritti fondamentali dei Rom e Sinti".
Di seguito il programma provvisorio
Ore 14:30 – 14:45
"Introduzione: verso una piena effettività dei diritti fondamen...

Trento, si presenta la nuova associazione "Nevo Drom TN"
Siete tutti invitati domani, mercoledì 6 giugno 2007, alla conferenza stampa per la nascita della prima associazione sinta nel trentino, denominata “NEVO DROM TN” (Associazione Culturale di promozione sociale).
L’Associazione, formata prevalentamente da Sinti, persegue obiettivi culturali e sociali allo scopo di favorire l’interazione tra le varie Culture Europee, sensibilizzare ad una cult...

Roma, la proposta di un Patto democratico e solidale
Il 18 di maggio il prefetto di Roma Achille Serra, il sindaco della Capitale Veltroni, i presidenti della Provincia Gasbarra e della Regione Marrazzo hanno siglato un accordo con il ministro dell'interno Giuliano Amato, definito "Patto per Roma sicura”.
Analoghe iniziative sono già state prese a Milano e a Torino e ben presto saranno estese a numerose aree del Paese.
Secondo que...

Varese, Conferenza “Cultura Rom e Mediazione”
Presso l’Istituto Universitario in Scienze della Mediazione Linguistica di Varese, sabato 9 giugno alle ore 10.30, avrà luogo una conferenza tenuta da Eligio Benci, responsabile del Campo Rom di via Germagnano a Torino e dalla segreteria dell’ufficio Rom Sinti e Nomadi di Torino.
Questo intervento rientra nel più ampio programma dei seminari di Mediazione Culturale attuati dall’Istituto, c...

Raffaele Zanon (AN) : "Servono regole più severe contro i Rom"
Il consigliere regionale di Alleanza Nazionale Raffaele Zanon (in foto) ha annunciato che ha chiesto la discussione urgente in Commissione del progetto di legge che si propone di regolamentare e disciplinare gli interventi sulla presenza delle popolazioni nomadi nella Regione Veneto, attuando un maggior controllo della legittimità della loro presenza nei territori comunali.
Per Zanon: "...

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Di Fabrizio (del 08/06/2007 @ 10:13:27, in media, visitato 1604 volte)

Da Roma_Daily_News

Nessuno ha mai sentito parlare del villaggio di Tomor, eccetto quanti vivono lì attorno. Ora, questo piccolo villaggio nel nord Ungheria fa notizia. Una fondazione ha deciso di aiutare gli abitati, la maggior parte disoccupati e di scarsa scolarizzazione, a rompere la segregazione, fornendo loro computers e collegamento wi-fi. Asseriscono che è un aiuto, ad esempio, nel terminare gli studi, ottenere una professione e quindi un lavoro.

In quest'area la segregazione è diffusa. I bambini rom (ed a Tomor molti sono i Rom) spesso frequentano scuole segregate [...] ed in pochi terminano gli studi. Questa la ragione per cui la fondazione chiamata Rom Som ha deciso di aiutarli. Ora esistono dei centri comunitari in sei villaggi dove gli abitanti possono studiare o semplicemente navigare nel web.

Nondimeno, un altro progetto è partito a Tomor. Con l'aiuto di alcune compagnie, per i villici sono disponibili computer al prezzo scontato di € 80, che ricorda l'iniziativa di Nicholas Negroponte  del laptop a $ 100, cosa che ha ispirato l'iniziativa ungherese. Sono possibili anche pagamenti mensili. Ed accanto ai computers, la connessione free wi-fi copre l'intero villaggio.

Dice la fondazione che se il programma funzionerà, continueranno in altri villaggi e che potrebbero estendere il programma all'estero. Comunque, una cosa è sicura: gli abitanti di Tomor sono entusiasti.

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Di Fabrizio (del 09/06/2007 @ 09:33:17, in Kumpanija, visitato 2303 volte)

Da Roma_Daily_News

Parlando di intellettuali rom in Russia, dobbiamo senza dubbio menzionare le sorelle Pankov, Natalia e Lubov. Natalia era chimica e Lubov biologa. Entrambe le sorelle avevano un'alta coscienza nazionale e spesso affermavano che non potevano permettersi di fare alcunché di sbagliato perché rappresentavano il loro popolo.

Durante la II guerra mondiale le due sorelle si dimostrarono vere patriote. Luba e Natasha erano sorelle di Nickolay Pankov (anche lui eminente Rom, famoso, per esempio, per la sua traduzione del poema di Pushkin "Zingari" in lingua romani). Il loro padre volle che ricevessero educazione superiore. Ma quando la Germania di Hitler dichiarò la guerra all'URSS, le ragazze dovettero lasciare gli studi e iniziarono a lavorare a Mosca nell'industria bellica. "Non è tempo per studiare" dissero al padre. Lavorando sino all'esaurimento, le due ragazze costruivano contenitori per razzi.

Dopo la guerra si laurearono. Di seguito una piccola biografia.

Natalia Pankova (1924-1991). Assistente Ricercatrice dell'Istituto Sottoprodotti Organici e Tinture, dove lavorò per 35 anni. Ebbe una carriera professionale di successo. Per esempio, registrò 30 sviluppi avanzati della tintura di cianuro (ricevendo per questi il certificato di invenzione). Natalia aveva anche talento: cantava e ballava molto bene, dipingeva con matite e colori naturali.

Lubov Pankova nacque nel 1925 Ottenne un dottorato in Biologia nel campo della fisiologia umana ed animale. Ha lavorato principalmente nell'area della fisiologia clinica. E' Assistente Senior di Ricerca di un laboratorio fisiologico dell'Istituto Centrale di Esame Avanzato della Capacità ed Organizzazione Lavorale per Disabili. Le sue ricerche furono su un macchinario per le relazioni intercentrali con le loro anomalie e compensazioni. Lubov lavorò anche per l'Accademia delle Scienze dell'URSS ed istituti pedagogici, dove insegnò fisiologia umana ed animale, attività nervosa e peculiarità anatomica e fisiologica dei bambini e dei teenagers. Inoltre, è autrice e co-autrice di diversi libri di studio e di oltre 50 lavori scientifici, pubblicati principalmente nella stampa. Lubov ha anche fatto molto per preservare e registrare la storia nazionale. Ha scritto le propriememorie, che sono in attesa di pubblicazione.

[...]

Thanks to Nickolay Bessonov for the information

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