Posted By ALISON LANGLEY REVIEW STAFF WRITER - Martedì (22 luglio ndr)
Adam Horvath ha viaggiato da Toronto a Niagara Falls per convincere il Ministro
della Giustizia, Rob Nicholson, che suo padre non è un criminale.
"Voglio provare che mio padre è innocente. Voglio dirgli che vogliamo solo
vivere come una famiglia normale," ha detto.
Il ragazzo tredicenne e sua madre Erika sperano di incontrare il parlamentare
a Niagara Falls per discutere sulla prevista estradizione di suo padre verso la
nativa Ungheria.
Adolf Horvath sta per tornare in patria dopo che le autorità ungheresi ne
hanno richiesto l'estradizione per essere processato per quelle che la sua
famiglia lamenta essere accuse non provate.
Recentemente, l'ordine di estradizione è stato sostenuto dalla Corte
d'Appello dell'Ontario e dalla Corte Suprema Canadese.
Adolf, 51 anni, si è nascosto da marzo ed il Canada ha emesso un mandato di
cattura per il suo arresto.
"Non aveva altra scelta," ha detto Erika sulla decisione del marito di
rendersi irreperibile.
Circa 15 supporter del rifugiato Rom si sono riuniti davanti all'ufficio di
Nicholson in St. Paul Avenue per appellarsi al ministro perché riconsideri
l'ordine di estradizione.
"E' l'unica persona che può fermare l'estradizione è spero che lo farà perché
non è giusto. Questa non è giustizia," ha detto Erika.
24 luglio 2008
Virginie Verdier-Bouchut / Proximum - L'Alta Autorità di lotta contro le
discriminazioni e per l'uguaglianza
(Halde) ha stimato, in una delibera dello scorso 7 luglio, che è discriminatorio
rifiutare la consegna d'una carta nazionale d'identità (CNI) a persone della
comunità della gens du voyage giustificandolo perché domiciliati su "un terreno
non adatto alla costruzione". Queste persone, "di nazionalità francese,
installati da 10 anni su un terreno non edificabile, avevano costruito senza
autorizzazione una baracca. A proposito, una decisione del giudice aveva
constatato l'illegalità della costruzione e ne aveva ordinato la demolizione. In
base a questo, il prefetto ha rifiutato di rinnovare la loro CNI stimando che
non si giustificasse il domicilio". Secondo la Halde, "la carta nazionale
d'identità viene rilasciata senza condizione di età dai prefetti e
sotto-prefetti a tutti i Francesi che ne facciano domanda nel distretto nel
quale sono domiciliati o hanno residenza, o, se necessario, nel quale si trova
il loro comune di riferimento. Essa è rinnovata alle stesse condizioni." [...]
La prova del domicilio o della residenza è stabilita da qualsiasi mezzo, in
particolare dalla produzione di un titolo di proprietà, di un certificato di
pagamento, di una ricevuta d'affitto, del gas, dell'elettricità o del telefono o
di un attestato di assicurazione dell'alloggio (decreto 55-1937 del 22 ottobre
1955 modificato dal decreto 2007-893 del 15 maggio 2007 che istituisce la carta
nazionale d'identità).
Gli interessati avevano unito alla loro domanda di rinnovo della CNI, copia
del titolo di proprietà, avvisi di pagamento EDF e
Télécom. Pertanto, portavano la prova di un domicilio reale nel comune, sola
condizione posta dal testo. Così il prefetto si è basato "su di un criterio
apparentemente neutro che ha un effetto discriminatorio sulle persone occupanti
dei terreni con delle installazioni precarie e che appartengono maggiormente
alla comunità della gens du voyage". A seguito delle osservazioni dell'Alta
Autorità, il prefetto ha deciso di rivedere la sua decisione ed ha finalmente
rilasciato la CNI alla copia interessata.
La Halde ha ugualmente deciso "di portare questa delibera all'attenzione del
ministro degli Interni e di invitare quest'ultimo ad elaborare una circolare
all'attenzione delle prefetture, ricordando il diritto di tutti alla consegna
della carta nazionale d'identità [..] indipendentemente dalle modalità del loro
alloggio, anche se temporaneo e senza condizione di forma".
Références : Halde, délibération 2008-157 du 7 juillet 2008 ; article 2 du
décret 55-1397 du 22 octobre 1955 modifié par décret 2007-893 du 15 mai 2007
instituant la carte nationale d'identité.
Spagna, Italia: Due tattiche per affrontare l'immigrazione illegale L'Italia sta usando i poteri per lo stato d'emergenza, mentre la
Spagna ha introdotto misure che includono il rimborso agli immigrati disoccupati
per tornare a casa
By Lisa Abend | Correspondent
and Anna Momigliano | Contributor
Soldati italiani controllano i documenti dei venditori ambulanti fuori da una
stazione ferroviaria alla periferia di Roma.
Tony Gentile/Reuters
Dall'edizione del 7 agosto 2008
MADRID e MILANO - Miriana ha passato la notte dormendo in un parco, e ha
trascorso i suoi giorni elemosinando fuori da un negozio di Madrid. La giovane
ammette che guadagnava di più in Italia, dove ha vissuto per un anno. Ma per
questi immigrati rumeni, che sono anche Rom, è stata facile la decisione di
spostarsi in Spagna.
"Qui, la gente è migliore," spiega in spagnolo incerto. "Non hanno così tanto
odio."
Sia la Spagna che l'Italia, situate di fronte all'Africa sulla costa
Mediterranea, hanno fronteggiato negli ultimi due anni un grande afflusso di
immigrati illegale - 18.000 intercettati solo l'ultimo anno dalla Spagna, e
12.000 dall'Italia quest'anno. Ma i loro governi, pur condividendo la
convinzione che al problema dev'essere posto urgentemente un freno, hanno
approcci differenti per raggiungere lo stesso obiettivo.
Mentre la Spagna lotta per bilanciarsi tra il limitare l'immigrazione e
proteggere i diritti umani, l'Italia ha implementato misure di stato d'emergenza
e anche previsto le impronte ai Rom - misure denigrate come "xenofobe" da Thomas Hammarberg,
commissario del Consiglio d'Europa per i diritti umani.
"Il governo spagnolo ha una politica molto rigorosa," dice Roberto Malini,
presidente dell'organizzazione italiana per i diritti umani EveryOne. "Gli
italiani hanno una politica intimidatoria: l'idea è di spaventare gli immigrati,
così quando tornano a casa, diranno ai loro compatrioti che l'Italia non è un
posto per gli stranieri."
ITALIA: STATO D'EMERGENZA
Il 25 luglio, il governo di Silvio Berlusconi ha approvato un decreto che
permette al governo di usare truppe militari per controllare i 16 centri
d'internamento per immigrati e ha dispiegato altri 3.000 soldati in diverse
città nello sforzo di controllare il crimine, che è spesso attribuito agli
immigrati.
Il Parlamento ha anche votato recentemente una legge che specifica che i
migranti illegali condannati per crimini possono essere trattenuti oltre un
terzo più degli italiani condannati per lo stesso crimine. Con la nuova
legislazione le proprietà degli immigrati illegali possono essere confiscate.
Questi passi hanno disturbato gli attivisti dei diritti umani. "Nei centri di
identificazione per nord africani, gli immigrati spesso sono vittime di violenze
ed intimidazioni," dice Malini. "Ma non sono in posizione di protestare, perché
saranno espulsi."
Le misure italiane hanno colpito più severamente i Rom. Anche se molti hanno
vissuto per anni in Italia, molti sono arrivati dalla Romania quando quel paese
è diventato parte dell'Unione Europea nel 2007. Il predecessore di Berlusconi,
l'ex primo ministro Romano Prodi, aveva ordinato alcune deportazioni di Rom,
nonostante la loro cittadinanza UE. Sotto Berlusconi, l'Italia è andata oltre,
iniziando a giugno un censimento dei Rom che include le impronte digitali.
La discriminazione è stata alimentata dai titoli dei media come "Invasione
dei Nomadi". Ed è continuata anche in altri modi. A luglio, la Lega Nord ha
presentato in una regione una proposta che vorrebbe proibire i "negozi di kebab"
ed i ristoranti cinesi dai centri delle città perché "incompatibili col contesto
storico". Gruppi di vigilantes in Italia meridionale hanno dato fuoco alle
enclave Rom ed attaccato i loro abitanti.
SPAGNA: BILANCIANDO DIRITTI E MISURE SEVERE
In Spagna, dove gli immigrati legali da soli sono quasi il 9% della
popolazione, il primo ministro José Luis Rodríguez Zapatero ha sorpreso molti
questa primavera all'inizio del suo secondo mandato con un voltafaccia sulle
politiche migratorie precedentemente clementi della sua amministrazione.
A giugno, dopo che solo tre anni fa aveva autorizzato una legalizzazione di
massa di 750.000 lavoratori senza documenti, Zapatero ha espresso appoggio alla
Direttiva UE sul Rimpatrio - una politica che permette agli stati membri di
trattenere i migranti senza documenti, minori inclusi, sino a 18 mesi e, se
deportati, impedire il loro ritorno.
Di fronte ad un tasso di disoccupazione del 10,7%, il nuovo ministro del
lavoro ha annunciato un piano che mira a pagare gli immigrati senza lavoro se
tornano in patria. Il governo regionale catalano, tra i più progressisti in
Spagna, ha autorizzato un programma che segregherebbe temporaneamente i bambini
immigrati neo arrivati dai paesi non-europei, in scuole speciali designate a
prepararli meglio per l'integrazione nel sistema educativo regolare. Il governo
sta impiegando grandi risorse per prevenire i battelli dei migranti dal
raggiungere le coste spagnole, e deportando più frequentemente quanti fanno
approdo.
Le politiche migratorie di Zapatero sono state criticate dalle organizzazioni
per i diritti dei migranti. Antonio Abad, segretario generale della Commissione
Spagnola di Aiuto ai Rifugiati (CEAR) puntualizza, per esempio, che aumentando
il controllo dalle coste marocchine e mauritane, le autorità spagnole hanno
costretto i migranti sub-sahariani ad iniziare più a sud il loro viaggio per
mare, mettendosi ulteriormente in pericolo."Riguarda le persone che hanno
bisogno della massima protezione e rende loro le cose ancora più difficili,"
dice. Critica anche l'appoggio di Zapatero alla Direttiva sul Rimpatrio. "Quando
si limitano i diritti di una persona, si limita tutta la società," aggiunge.
Tuttavia Zapatero ha bilanciato queste politiche più rigide con altri tipi di
sforzi. Ad aprile ha nominato il primo migrante nel suo gabinetto ed ha promesso
per la fine del suo mandato di estendere il diritto di voto ai migranti legali.
Questi sforzi, dice Abad, fanno la differenza. "Dal lato positivo,possiamo
vedere che il governo ha una strategia per l'integrazione... E' totalmente
differente dalle misure razziste viste in Italia."
Di Fabrizio (del 06/09/2008 @ 09:05:19, in Regole, visitato 1829 volte)
Cari amici: Questa è una cattiva notizia. Berlusconi vince, noi gitani perdiamo.
La Commissione permanente dell'Unión Romaní si è riunita con carattere
d'urgenza per analizzare la notizia che abbiamo letto stamattina (5
settembre ndr) sui giornali: "L'Unione Europea approva la legge per
controllare i gitani". Nel documento che segue riassumiamo il pensiero unanime
della nostra organizzazione a riguardo di ciò.
Dobbiamo riconoscere che la notizia appena conosciuta, secondo cui la
Commissione Europea ha dato via libera e ora benedice il censimento dei bambini
gitani che il Governo italiano sta realizzando, è stata come un secchio di acqua
fredda gettato sulle nostre teste. Come dura poco, Signore, l'allegria nella
casa dei poveri!
Eravamo così contenti a sapere che il Parlamento Europeo e la sua Commissione
si erano manifestati contrari alla forma con cui le autorità italiane volevano
"timbrare" i gitani! E poi è arrivata la chiesa cattolica che si è messa al
nostro lato, ed all'unisono le associazioni dei migranti, ed anche i sindacati,
e la lobby ebraica con tutta la sua forza. E noi, i gitani, abbiamo manifestato
a Roma, Madrid, Vienna e Bruxelles per denunciare delle misure che ci
ricordavano tempi passati di lacrime, campi di concentramento e forni fumanti.
Ed a cosa è servito? A ben poco, viste le dichiarazioni di Michele Cercone,
portavoce della Giustizia, Libertà e Sicurezza della Commissione Europea, che ha
manifestato che "dall'analisi delle informazioni fornite dalle autorità
italiane, non ci sono indizi per cui né le ordinanze né le direttive
autorizzino alla raccolta di dati relativi all'origine etnica o alla religione
delle persone censite". Quanto cinismo. A ragione, dice il Vangelo che "i figli
delle tenebre sono più saggi dei figli della luce".
A noi tutto ciò sembra uno sproposito. Crediamo, inoltre, che il Governo
italiano non ha fatto altro che riprendere i sui testi iniziali, cancellando
quelle espressioni che chiaramente ricordavano epoche del controllo nazista ed i
numeri tatuati sulla pelle delle persone. L'affanno repressivo era così evidente
che accecati dal trionfo elettorale non hanno cercato riparazioni, anche ai
condannati a morte occorre dare alcune garanzie processuali per giustificare la
loro condanna. Per questo la società civile ha alzato nel cielo il grido ed
il Governo di Berlusconi ha sofferto i rimproveri più duri che mai un altro
governo democratico aveva ricevuto dopo la II guerra mondiale.
Oggi abbiamo fatto un gravissimo passo indietro. A noi, gitani e gitane che
formiamo la Unión Romaní, non servono le ragioni date dalla Commissione Europea.
Specialmente quando la stessa portavoce della Giustizia riconosce che quanto ora
si pretende fare in Italia non è di registrare tutti, ma che "si tratta di un
ricorso molto ben limitato". Limitato? Limitato a chi? Ai più poveri, ai
mendicanti, a quelli più scuri, alle bimbe che vestono gonne colorate? Dicono
che ora non chiederanno ai genitori dei bambini se sono gitani. E' davvero
necessario chiedere questo quando i "controllori" entrano in un accampamento di
migranti, di rifugiati o semplicemente di poveri marginalizzati dal sistema?
La portavoce di Giustizia della Commissione ha utilizzato un termine
raggelante per giustificare questo censimento infame di impronte digitali. Ha
detto che il Governo italiano lo farà "come ultima soluzione". Cosa ci ricorda?
Fu Adolf
Eichmann che utilizzò questa stessa espressione per risolvere il problema ebreo
e dare inizio all'olocausto. Il Governo italiano che si prenderanno le impronte
digitali a quelle persone che "non potranno essere identificate in altro modo".
Che barbarie! Siamo tornati al sistema del carnet di identità antropometrico già
scartato da tutti i paesi democratici civili.
Noi reclamiamo coerenza alle autorità europee. Noi chiediamo che si sopprima
radicalmente questa norma. Noi chiediamo che il Governo italiano dica
pubblicamente che non registrerà negli archivi della polizia i bambini e le
bambine gitani prendendone le impronte. Noi, i gitani spagnoli, chiediamo
solamente che non si rispetti solamente la lettera della Legge -abbiamo già
visto con quanta abilità le autorità italiane la ricompongono - ma anche lo
spirito della Legge. Questa dice che tutti gli esseri umani sono uguali e che
sono investiti del medesimo principio di dignità per il solo fatto di essere
nati.
Juan de Dios Ramírez Heredia -
Presidente de la Unión Romaní
Dirección Postal/Postal Address:
Apartado de Correos 202
E-08080 BARCELONA (Spain)
di Rita Guma (presidente Osservatorio sulla legalita' e sui diritti
onlus)
Poiche' si continuano a leggere rivendicazioni di alcuni riguardo al parere
della Commissione UE sulla questione del 'censimento' dei Rom in Italia, vanno
fatte alcune precisazioni.
Il commento del sottosegretario Mantovano ce ne da' lo spunto. "La valutazione
della Commissione europea, di integrale apprezzamento per le misure adottate dal
Governo italiano sui campi nomadi, non ha bisogno di commenti: è chiara ed
esplicita. - ha affermato Mantovano - Mancano ancora, invece, le scuse pubbliche
di tutti quegli italiani che, all'opposizione dentro e fuori il Parlamento,
non hanno esitato a buttare fango sull'Italia pur di contrastare l'azione
dell'Esecutivo. Ma non si può avere tutto... Resta il rammarico di tre mesi
persi dietro a polemiche che, al vaglio del massimo organismo dell'UE, si sono
rivelate per quello che erano: dannose e strumentali".
Come Mantovano sa benissimo, la Commissione UE e' un organo politico, non
giudiziario, ed emanazione dei governi, non degli elettori tutti in quanto non
elettiva, quindi le sue valutazioni risentono degli equilibri politici, tanto e'
vero che la Corte di Giustizia UE - che e' invece l'organo UE deputato alle
valutazioni sulla legalita' dei comportamenti europei alla luce della normativa
UE - non sempre sposa la concezione della Commissione di cio' che e' legale.
Ad esempio - proprio parlando di diritti civili - la Commissione ha concluso
accordi con gli USA sui dati sensibili dei passeggeri UE in viaggio per gli
Stati Uniti su cui il parlamento UE (organo elettivo) - timoroso per la privacy
dei cittadini europei - ha portato la Commissione davanti alla Corte di
Giustizia, che ha dato torto alla Commissione.
Il principio di separazione dei poteri esiste proprio perche' chi opera in un
ruolo politico non puo' anche amministrare la giustizia con sufficienti
garanzie, e peraltro la legislazione UE, che la Commissione UE ha dichiarato
essere stata rispettata dalle misure del governo italiano in questa circostanza,
non e' un trattato finalizzato a garantire i diritti umani.
Ricordiamo inoltre che i metodi adottati dal governo italiano nel caso dei Rom
sono stati criticati dal Commissario per i diritti dell'uomo del Consiglio
d'Europa e che il Consiglio d'Europa (di cui fa parte la Corte per i diritti
dell'uomo) e' una organizzazione che trova il suo fondamento nella "Convenzione
europea dei diritti dell'uomo", sottoscritta anche dall'Italia.
Quindi il Commissario Hammarberg - che prima di emettere il suo giudizio e'
stato due giorni in Italia - e' un esperto di diritti che basa il suo giudizio
su norme nate proprio per tutelare i diritti.
Quindi Mantovano ed altri dovranno accettare che, nonostante il pronunciamento
della Commissione presieduta da Barroso (un politico la cui ricandidatura e'
stata peraltro sponsorizzata da Berlusconi), in molti Italiani (e non) resti
ancora il dubbio sul rispetto dei diritti umani conseguente alle misure sui
campi nomadi adottate dal governo nelle varie fasi della vicenda.
Di Fabrizio (del 15/09/2008 @ 09:22:12, in Regole, visitato 1716 volte)
Da
Roma_Francais - (NDR il riccio è un piatto tradizionale tra i Rom e i Sinti,
attenzione se andate in Francia!)
BORDEAUX - Il tribunale correttivo di Bordeaux ha condannato lunedì due
uomini a pagare un totale di 6.000 €u. per aver catturato dieci ricci, specie
protetta in Francia dal 1976. Secondo la legge sono passibili di sei mesi di
prigione e di 9.000 €u. di multa.
I due uomini, membri della comunità della gens du voyage, sono
comparsi nel quadro di una procedura di riconoscimento preliminare di
colpevolezza. Sono stati accusati di delitto flagrante nel corso di una notte
del febbraio 2008, quando cacciavano con due cani addestrati, e di avere già
dieci ricci adulti in una gabbia.
Hanno spiegato davanti al tribunale che si tratta di un costume zigano. "Si
fa così una volta all'anno, e non sapevamo affatto che fosse una specie
protetta. Non è scritto sul permesso di caccia. Ora che lo sappiamo, non lo
faremo più", ha perorato uno dei due davanti al tribunale.
Quattro associazioni di difesa degli animali erano parte civile:
l'associazione
Stéphane Lamart, la Società nazionale di difesa degli animali, la SPA ed il
Santuario dei ricci. Hanno ottenuto ciascuna 500 €u. di danni e 500 di spese per
la giustizia. I due uomini sono stati inoltre condannati a 1.000 €u. di ammenda
ciascuno.
"E' caro un chilo di riccio! Questi ricci non sono stati uccisi o maltrattati
e sono stati rilasciati. Non si contesta la condanna giudiziaria, ma l'importo
dei danni e interessi alle parti civili, dato che i miei due clienti hanno
scarse entrate", si è rammaricata il loro avvocato, Sandrine Joineau-Dumail.
Per Patrice Grillon, avvocato dell'associazione Stéphane Lamart e della SNDA,
"è una decisione molto educativa, Si possono avere dei costumi, ma la legge dev'essere
applicata dappertutto. Adesso, tutti sapranno che i ricci sono animali protetti,
come gli scoiattoli, gli orsi o i lupi".
Il Santuario dei Rrom chiede che i Rrom siano dichiarati specie protetta.
Che non li si insulti
Che si lascino andare i loro bambini a scuola
Che gli si dia lavoro
Che non si mettano sistematicamente i Viaggianti in siti disgustosi, inquinati o
radioattivi
Che non si prendano le loro impronte come nei campi di concentramento
E soprattutto che non si lancino bombe molotov o milizie armate come in Italia
24 settembre 2008 - In seguito alla conferenza europea sui Rom, Christine
Boutin, che rappresentava il governo francese, ha promesso ai 400.000 Rom,
come pure alla gens du voyage che vive in Francia, la soppressione dei
titoli di circolazione e degli ostacoli al diritto di voto. Queste misure
discriminatorie dovranno essere soppresse.
In effetti, per poter circolare ed esercitare la propria professione, la
gens du voyage ha l'obbligo di avere un titolo di circolazione, validato
ogni trimestre dalla polizia. L'ottenimento di questo diritto a circolare è
condizionato alla residenza in un comune e al parere favorevole del sindaco e
del prefetto. Inoltre, questo titolo è indispensabile per accedere alle aree di
sosta destinate ai veicoli della gens du voyage, quando esistono.
Quanto al diritto di voto, la gens du voyage non può esercitarlo se
non può provare la sua residenza in un comune da almeno tre anni.
Si tratta quindi di riconoscere loro dei diritti elementari, ma la ministra
non ha fornito alcuna data per la realizzazione di queste promesse.
Di Fabrizio (del 02/10/2008 @ 16:46:43, in Regole, visitato 3923 volte)
Questo articolo di
La Repubblica è segnalato da Marco Brazzoduro
La Procura di Venezia apre un fascicolo sul vice sindaco di Treviso
Le frasi alla festa della Lega: "Vadano a pisciare nelle loro moschee" "Dal palco istigazione al razzismo" Indagato il leghista Gentilini
da youtube la registrazione integrale del comizio di Gentilini
L'ARTICOLO: VENEZIA - La Procura di Venezia ha aperto un fascicolo
sulle frasi contro gli islamici pronunciate dal vice sindaco di Treviso
Giancarlo Gentilini durante la festa della Lega Nord a Venezia, il 14 settembre
scorso. L'ipotesi di reato è di istigazione all'odio razziale.
IL DISCORSO DA "LA TRIBUNA DI TREVISO" Dal palco, lo "sceriffo" aveva tuonato "contro quelli che vogliono aprire le
moschee e i centri islamici", scagliandosi contro "i phone center, i cui
avventori si mettono a mangiare in piena notte e poi pisciano sui muri: che
vadano a pisciare nelle loro moschee". Gentilini se l'era poi presa con "i
bambini che vanno a rubare agli anziani" e aveva dichiarato di non volere vedere
"neri, marroni o grigi che insegnano ai nostri bambini".
L'azione della magistratura non sembra comunque turbare l'esponente leghista:
"Ho detto quelle cose perché non voglio zingari che chiedano l'elemosina,
clandestini che compiano atti illegali e, almeno per ora, moschee e centri
islamici, perché questo è un problema nazionale".
Gentilini afferma di aver solo riportato le lamentele dei suoi concittadini e di
voler continuare a battersi "per la disciplina, l'ordine e il rispetto delle
regole".
Roma, 21 settembre 2008 - Parlano italiano, mangiano italiano e tifano per le
star del calcio italiano, ma non sono italiani. Nei fatti, è difficile dire cosa
sono.
Migliaia di persone stanno vivendo in Italia senza cittadinanza o documenti
d'identità di un qualche paese. Molti erano cittadini di paesi che non esistono
più, come la Jugoslavia o l'Unione Sovietica. Ma non hanno mai ricevuto la
cittadinanza dai paesi che hanno rimpiazzato la loro nazione che non c'è più, ed
inoltre sono venuti a mancare i requisiti per diventare cittadini in Italia.
E' difficile capire quanti siano perché sopravvivono ai margini della
società, ma la Comunità di Sant’Egidio, un'organizzazione cattolica di Roma,
pone il numero tra i 10.000 e i 15.000 Sono spesso cacciati dalle autorità, che
cercano di deportarli come immigranti illegali anche se non hanno dove andare.
La vita nel limbo può essere particolarmente dura per chi è nato ed è andato
a scuola in Italia. Una volta che compiono 18 anni, per la legge diventano poco
più che immigranti illegali.
"Noi non siamo jugoslavi, non siamo italiani. Siamo come nuvole," dice Toma
Halilovic, che vive con i suoi genitori, moglie e bambini in due container in un
campo improvvisato alla periferia di Roma.
Halilovic, 26 anni, è nato nella capitale italiana da genitori jugoslavi
arrivati qua illegalmente negli anni '70. Ha frequentato la scuola dell'obbligo,
fatto amicizie con i bambini del posto e si è appassionato per la squadra di
calcio dell'AS Roma.
Quando compì 18 anni, pensava avrebbe ottenuto la cittadinanza. I figli nati
da stranieri in Italia non ottengono automaticamente la cittadinanza, ma possono
richiederla tra i 18 e i 19 anni se hanno vissuto continuativamente e legalmente
nel paese.
Halilovic dice che la sua richiesta è stata rigettata per un tecnicismo. Alla
nascita non è stato registrato come residente, perché in quel periodo non era
richiesto dalla legge.
"Mi hanno detto che sono nato in transito," dice. "Cosa significa? Questo è
il mio paese."
In alcuni casi, i genitori non registrano i figli alla nascita perché hanno
perso la cittadinanza del loro paese d'origine e non possono rinnovare i loro
permessi di residenza italiani, dice Paolo Morozzo della Rocca, professore di
legge sull'immigrazione all'Università di Urbino.
Molti dei quasi invisibili in Italia sono Zingari dall'ex Jugoslavia. La
mancanza di carte d'identità e permessi di lavoro offre loro poche opportunità
di studiare, avere un lavoro e lasciare i poveri accampamenti che ospitano molta
della popolazione di 150.000 Zingari in Italia.
Una soluzione per quelli come Halilovic è di dichiararsi ufficialmente
apolidi. Una convenzione del 1954 dell'ONU, riconosce loro uno speciale
passaporto, permesso di risiedere e lavorare in Italia, ed un rapido percorso
verso la cittadinanza.
L'Alto Commissariato ONU per i Rifugiati dice che nel 2007, i governi hanno
riconosciuto 886 apolidi in Italia, 948 in Francia, 4.461 nei Paesi Bassi e
9.091 in Germania. La Francia ha approntato un ufficio governativo per
investigare sulle richieste di apolidia e trovato che impiegano di solito circa
sei mesi.
Ma in Italia c'è una situazione da comma 22: il Ministero degli Interni
richiede un permesso di residenza per riconoscere l'apolidia. Ed il permesso non
può essere ottenuto senza un passaporto valido, che gli apolidi non hanno. Il
Ministero dell'Interno non ha commentato.
L'unica alternativa è far causa al ministero in un tribunale civile, cosa che
può prendere almeno tre anni, dice Morozzo della Rocca. Nota che la maggior
parte della gente senza documenti manca del tempo e dei soldi per rivolgersi ad
un tribunale.
"L'Italia si sta comportando con disonestà nell'applicare la convenzione,"
dice.
Il Ministro degli Interni Roberto Maroni ha detto recentemente che il governo
intende garantire la cittadinanza ai bambini Zingari abbandonati nati in Italia.
Ma i gruppi umanitari dicono che la vera sfida è accellerare il processo per
dare agli apolidi i loro diritti.
Un problema è la difficoltà nel distinguere tra chi è veramente senza
cittadinanza ed i migranti clandestini che si sbarazzano dei loro documenti dopo
essere entrati in Italia, sperando di evitare il rimpatrio, dice Oliviero Forti,
capo dell'ufficio immigrazione della Caritas.
"Per qualcuno è un piano: Strappano i loro documenti e prendono vantaggio
dalla situazione," dice Forti. "Ma ci sono anche quelli nati nel nostro paese,
hanno vissuto qui ed improvvisamente si scoprono ad essere illegali."
Di Fabrizio (del 03/10/2008 @ 09:42:15, in Regole, visitato 1586 volte)
Ricevo da Clochard
La recente richiesta di archiviazione delle denunce presentate sulla base
della notissima ordinanza fiorentina contro i "lavavetri" sposta sul piano del
diritto un dibattito che sino ad oggi è stato dominato dalla politica. Inutile
disquisire se il procuratore di Firenze sia tecnicamente nel giusto nella sua
richiesta di archiviazione, tanto più che la politica muscolare prospettata dal
sindaco Domenici preannuncia una ricerca con il lanternino del comma utile a
fungere da deterrente verso la temuta rioccupazione degli incroci. Tanto vale
quindi attendere il prossimo atto. E' invece utile fornire ai cittadini qualche
dato di contesto sino ad oggi trascurato.
Per chi non ami nascondersi dietro un dito, è evidente che l'attività dei
lavavetri è nella quasi totalità dei casi una forma malamente dissimulata di
mendicità. Ne condivide la funzione economica, e pone gli stessi, oggettivi,
problemi di potenziale sfruttamento e difficile inserimento nel tessuto urbano.
Ora, piaccia o no, la mendicità degli adulti è nel nostro ordinamento
perfettamente lecita. La sanzione della mendicità "semplice" è stata dichiarata
incostituzionale nel 1995. Cosa ancora più imbarazzante, e da nessuno sinora
ricordata, è che il reato di mendicità "invasiva", che la sentenza della corte
costituzionale aveva lasciato in piedi, venne cancellato dal legislatore nel
1999, senza introdurre alcuna sanzione amministrativa. Scelta incauta del
governo dell'epoca? Forse, ma comprensibilmente ciò non muta la realtà del
diritto. Il lavavetri e il mendicante possono commettere reati comuni (molestie,
minacce, e così via)? Certo. Ed è anche possibile che gli strumenti a
disposizione per la repressione di questi reati (che spesso prevedono una
querela della parte offesa) siano deboli. Esistevano, in paesi e epoche non
remoti, norme che punivano più gravemente i reati commessi da mendicanti. Pochi,
credo, ne sosterrebbero pubblicamente la reintroduzione.
Non occorre poi essere giuristi raffinati per comprendere che il potere degli
amministratori locali di proibire atti altrimenti leciti con ordinanze la cui
violazione diventa indirettamente un reato è un'arma potenzialmente insidiosa
per la libertà individuale, vista la discrezionalità insita nelle valutazioni
sottostanti. Anche qui, va mantenuto un minimo di rigore. Le richieste ai
semafori possono essere, come altre disavventure del quotidiano, fastidiose.
Anche i lavavetri (come avvocati, professori, assessori, e così via) possono
essere maleducati ed arroganti. E' anche però onesto chiedersi su quale base si
valuti l'effettiva dimensione dei fenomeni di comportamento realmente
aggressivo, al di là della generica intolleranza diffusa nella popolazione.
"Leggende metropolitane" e altri fantasmi sono moneta corrente in queste
vicende, e sarebbe interessante sentire come i lavavetri percepiscono noi
automobilisti.
L'occasionale lavaggio non richiesto può essere - anche per chi scrive - fonte
di irritazione. Ma siamo sicuri che l'interesse alla totale tranquillità del
cittadino in quella peculiare e sacra appendice che è ormai l'automobile sia
un'adeguata motivazione per la messa in moto di strumenti sanzionatori così
solleciti e severi? A questo interrogativo aggiungeremo un dubbio anche più
sgradevole. Rispettare lo "stato di diritto" nella quotidianità politica e
amministrativa impone certamente di non espandere a discrezione l'area di quanto
è suscettibile di sanzione penale. Ma presuppone anche che la messa in moto di
qualsiasi macchina sanzionatoria sia scevra da sospetti di parzialità e doppi
standard. La stretta sui lavavetri arriva invece quando quest'attività è a
Firenze in grande prevalenza svolta da Rom, verso i quali esiste un
radicatissimo pregiudizio In un paese dove, nonostante le costanti smentite
giudiziarie, continua a sopravvivere il mito dei "Rom che rubano i bambini",
ogni sospetto è lecito. Anche quello che l'ordinanza sia solo l'ennesimo caso in
cui tutta la potenza di un diritto lasciato ordinariamente "dormiente" viene
risvegliata solo per allontanare un gruppo comunque sgradito. Chi volesse
curiosare tra i fascicoli dei vari procedimenti penali che portarono alla
dichiarazione di incostituzionalità del reato di mendicità scoprirebbe che in
tutti i casi, nessuno escluso, quella norma penale altrimenti notoriamente
disapplicata era stata azionata contro Rom. E così via, in un'infinita serie di
simili vicende, italiane e non. Per la sua campagna di legalità il comune di
Firenze potrebbe in fondo trovare tra i Rom qualche valido consulente, visto che
di "tolleranza zero", a loro spese, hanno esperienza da qualche secolo.
Alessandro Simoni professore di sistemi giuridici comparati nell'Università di Firenze
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