Quando inizia ad interessarmi nel sorprendente mondo dei Gitani messicani,
a provare a recuperare le orme di mio nonno, "el Hungaro", che conobbi
pochissimo, il destino mi condusse verso la famiglia Costich, che amo e rispetto
come il mio proprio sangue. A partire da quel momento mi introdussi in un
universo di viaggi, storie ed esperienze che mi hanno segnato per la vita.
I forti legami emotivi che mi uniscono a varie famiglie Gitane mi hanno
permesso di ascoltare narrazioni dalla loro viva voce, che costituiscono la
storia orale di questo popolo. Nel contempo, le mie lunghe visite a diversi
accampamenti han reso possibile conoscere la quotidianità dei rappresentanti
della vita Gitana.
I Gitani han saputo adattarsi alla cultura messicana e alcune icone
nazionali sono presenti nelle loro case. Il 6 gennaio i Gitani Ludar
commemorano i loro defunti ed iniziano l'anno nuovo. Durante la Settimana Santa,
i Ludar non lavorano, si aiutano però vendendo salvavita e palle sulla
spiaggia. Montano anche piccoli trucchi visuali.
Anche se è difficile precisare con esattezza in quale anno arrivarono in
Messico le prime migrazioni di Gitani, probabilmente alla fine del secolo XVI e
poi durante i primi anni delle loro conquiste in America, tanto la Spagna che il
Portogallo cominciarono ad espellere verso le nuove colonie i gruppi di Gitani
che vagabondavano nelle terre europee. Molti di questi Gitani erano di origine
ungarica, dato che in quel periodo il vasto impero spagnolo comprendeva le terre
austriache. La presenza Gitana più antica in America di cui si ha conoscenza
proviene dal Brasile e data 1574. Mi consta che il popolo Gitano si trova oggi
principalmente in Argentina, Perù e Brasile, però anche in Colombia, Uruguay,
Cile, Guatemala, El Salvador, Honduras, Puerto Rico ed in misura minore a Cuba.
Le prime testimonianze sulla presenza Gitana in Messico di cui ho notizia,
appaiono nelle note di Albert Guilliam, viaggiatore statunitense che percorse
tra il 1843 e il 1844 il nord e il centro del Messico e menziona i Gitani
commercianti che giravano il paese. Anche il norvegese Kart Lumholtz ne allude
nella sua opera "El México Desconocido":
"Mi sorpresero all'improvviso le allegre chiacchiere e lo strano aspetto
di un gruppo di gente dai lunghi capelli sciolti che stavano bagnando alcuni
grandi cavalli [...] L'occupazione principale degli uomini è di calderai [...],
inoltre commerciano cavalli [...] Molti erano bosniaci e non mancavano alcuni
turchi e greci che portavano orsi e scimmie, però la maggioranza erano originari
dell'Ungheria, ungari vengono chiamati in tutto il Messico. Molti parlano bene
l'inglese e il francese, ed uno di loro mi disse che suo padre conosceva il mio
paese"
In effetti, in Messico, al pari di molti paesi dell'America Latina, li si
conosce col nome generico di "húngaros" perché considerati originari di questo
paese, però la loro vera origine è nel nord dell'India.
L prima grande migrazione documentata in Messico si da a partire dal 1890 e
proviene principalmente dall'Ungheria. Più in là arrivarono gruppi rumeni con
l'intenzione di entrare negli Stati Uniti. Un'altra grande ondata di migrazione
avvenne tra il 1920 e il 1926, a causa del razzismo contro questo popolo che si
intensificò dopo la I guerra mondiale. Si trattava di famiglie polacche ed
ungheresi che decisero di cercare la fortuna negli Stati Uniti, molte delle
quali si fermarono in Messico. Pochi anni prima, altri Gitani russi avevano
fatto lo stesso fuggendo dai moti rivoluzionari. Dato che il Messico aveva al
tempo una politica immigratoria abbastanza flessibile ed accoglieva senza
discriminazioni qualsiasi straniero, le famiglie Gitane arrivavano dalla Francia
in Messico passando da Cuba. Queste facilitazioni terminarono con la
promulgazione della legge sull'immigrazione nel 1930, con la quale venne
limitato l'ingresso nel paese di perseguitati politici ed esiliati.
In Messico vivono pochi Gitani di origine spagnola, la maggioranza arrivarono
da Ungheria, Polonia, Grecia, Bosnia, Yugoslavia, Turchia, Francia e Romania. Il
Gruppo maggioritario è quello dei Rom, diviso in clan e sottogruppi
principalmente di Kalderash, Husos, Grecos, Xoraxai, Xoropesti y Hungaresdos.
Parlano il romaní, lingua imparentata col sanscrito ed arricchita con prestiti
dialettali di altri idiomi. Vivono stabilmente nelle grandi città e centri
mercantili, intraprendendo senza dubbio lunghi viaggi col pretesto di strategie
commerciali, però la vera ragione è la nostalgia per il viaggio stesso. I
rumanos son Ludar e parlano rumeno antico, anche se le nuove generazioni
hanno perso completamente questa lingua. Son nomadi, anche se qualcuno mostra
l'intento di stabilizzarsi, però la tentazione di mettersi in cammino è più
forte di qualsiasi comodità della vita sedentaria. I Ludar chiamano
Gubert i Rom e questi a loro volta si riferiscono ai Ludar come
Boyhás, ed entrambe si autodenominano "paisanos" per differenziarsi dai
non-Gitani.
A parte le loro affinità, i Rom e i Ludar marcano le loro differenze.
Senza dubbio, mantengono relazioni commerciali e di mutuo aiuto. Per riferirsi
ai non-Gitani, i Rom li chiamano gadye ed i Ludar nians, nel caso
maschile, e surva al femminile.
Il matrimonio avviene generalmente tra membri dello stesso gruppo, però son
possibili matrimonio tra un uomo Rom ed una donna Ludar ed il matrimonio
con donne non Gitane, mentre è quasi inesistente quello tra un non-Gitano ed una
donna Gitana.
Ambedue i gruppi professano principalmente la religione cattolica, anche se è
importante la presenza della chiesa ortodossa ed evangelica La Vergine di
Guadalupe è la patrona dei cattolici, e Malverde, bandito convertito in santo il
cui santuario si trova a Culiacán, Sinaloa, è molto popolare tra i Gitani
viaggianti del nordovest del paese. Nonostante l'essere cattolici, molte delle
celebrazioni importanti come il battesimo o il matrimonio avvengono con i vecchi
costumi. Quello che per molti sarebbe superstizione, per loro sono codici che
rispondono al non detto, ad azioni senza spiegazione verbale che devono
compiersi perché l'ordine delle cose continui secondo il suo passo. Queste
azioni si portano col sangue ed iniziano da quando si nasce, così molti gruppi
non tagliano i capelli del neonato prima del battesimo. Inoltre si evitano i
fiumi ed i cimiteri, perché possono danneggiare il bebé. Come protezione bastano
una tirata d'orecchi ed un buffetto. Ci sono cose che non si menzionano perché
causano dolore, come i defunti e le disgrazie. Quello che si deve fare o dire
regola ogni atto del Gitano. Durante il battesimo i padrini depositano una
moneta sotto il bambino mentre lo vestono e lo cullano. Questa moneta sarà
conservata per sempre. Tutto questo è diretto alla buona sorte, che sia
protezione, salute o denaro.
Il commercio è fondamentale per la terza premessa. Durante i loro primi anni
dell'arrivo in terra americana furono commercianti ed esperti nel lavoro dei
metalli, principalmente i Kalderash o “Caldereros”. I Ludar hanno
un'antica tradizione di artisti e la loro principale attività è sempre stata lo
spettacolo artistico.
Però quando in Messico arrivò il cinema, tanto i Rom che i Ludar si
trovarono di fronte al progresso. Il cinema ambulante fu per entrambe i gruppi
la principale attività economica per varie generazioni. Questa nuova scoperta fu
portata nei posti più reconditi, prima con muli e carretti e dopo con veicoli
motorizzati. Con loro viaggiava il progresso, e le popolazioni rurali
conoscevano, a parte il cinema, anche l'energia elettrica generata da piccoli
impianti. Senza rendersene conto, i Gitani cominciarono a far parte della storia
culturale del paese. Gli anni '50, '60 e '70 del secolo passato costituirono gli
anni d'oro del cinema ambulante. La decadenza di questa attività data alla fine
degli anni '80 del secolo scorso, con l'introduzione degli apparati video e
delle antenne paraboliche nella provincia messicana. A partire da questo momento
fu necessario trovare alternative economiche. I Rom si inclinarono alla
riparazione di macchinari e principalmente alla compra vendita di automobili.
Invece, i Ludar recuperarono l'antica vocazione e convertirono le tende
da cinema in teatri ambulanti dove dispiegare le loro doti di maghi, fachiri,
illusionisti, pagliacci, imitatori e qualsiasi altra manifestazione artistica di
moda.
Le strategie economiche dei Ludar sempre si sono incamminate verso le
attività che permettano loro di continuare la transumanza. E' la loro ragione di
vita, per cui il destino ed il motivo non sono importanti, ma il pretesto del
viaggio. Mettere a dura prova il cammino fortifica l'animo e non esiste piacere
uguale al vincere la routine. Quando viaggio con le carovane condivido la stessa
sensazione di affrontare l'imprescindibile, che soccombe di fronte al potere
dell'improvvisazione. Paesaggi che si trasformano costantemente e che senza
dubbio sono familiari e vicini. Le notti al cielo aperto premiano la fatica
della giornata e propiziano il racconto di nuove esperienze che diventeranno
parte della storia di questo popolo. Non esiste limite alla creatività, così
uomini, donne e bambini risolvono qualsiasi imprevisto in maniera spontanea. La
notte, col suo silenzio interrotto da una voce che annuncia la prossima
pellicola od il seguente artista, propizia la libertà che risiede in un cielo
popolato di stelle e pareti che si spingono sino all'orizzonte.
Con la loro capacità naturale di adattarsi alle condizioni di ogni paese,
tanto i Rom che i Ludar fronteggiano i movimenti economici del Messico,
risolvendo con il loro istinto peculiare le vicissitudini dei cambi politici.
Ambedue i gruppi appartengono a questa terra e formano parte intrinseca della
cultura messicana, in un paese che ha permesso loro di essere liberi, condizione
che forma parte indissolubile della sua idiosincrasia.
* Artículo originalmente aparecido en: Nacional Geographic en Español.
Abril de 2001. Pp. 102-109.
** La búsqueda de sus ancestros Gitanos llevó a Lorenzo Armendáriz
García a emprender un constante ir y venir que es parte esencial de la
naturaleza de este pueblo. Gracias al apoyo y la beca que recibió de las
organizaciones mexicanas FONCA y PACMYC, pudo recorrer gran parte de México
y ha logrado recabar un registro fotográfico y cultural invaluable. Sus
esfuerzos han sido recompensados, pues fue invitado por
la Unión Romaní Internacional (IRU, por sus siglas en inglés) a
participar en el Quinto Congreso Internacional del Pueblo Gitano como
delegado en julio de 2000, y en la formación del Parlamento Gitano
Di Fabrizio (del 07/08/2007 @ 09:55:12, in Kumpanija, visitato 1882 volte)
Gli Zingari di Gerusalemme: il Popolo Dimenticato By Amoun Sleem
Una banda di ballerini e musicisti itineranti assunti da un re persiano? Una
casta di artisti, che difesero la loro patria contro l'invasione degli Unni nel
V secolo? Oppure un certo numero di tribù inviate dalla Persia ad un generale
turco-persiano e che mai fecero ritorno? Come e quando gli Zingari iniziarono la
loro migrazione, e come finirono a Gerusalemme da ogni dove? Agli inizi del
XVIII secolo, gli storici stabiliscono che il popolo zingaro ebbe origine da una
casta di artisti che si autodefiniva Dom (che nella loro lingua comune significa
"uomo"). I Dom di Gerusalemme sono tra le diverse comunità di Zingari che si
sono insediati in Medio Oriente. Come i Rom ed i Lom, la loro controparte in
Europa e Armenia, i Dom hanno una loro auto-consapevolezza pesantemente
influenzata dal paese che li ospita. In mezzo alle teorie sulle origini della
loro partenza dall'India, i Dom di Gerusalemme offrono una leggenda che li
radica saldamente al Medio Oriente.
Tanto tempo fa, c'erano due tribù guidate da due cugini residenti in Siria.
Un cugino, dopo aver ucciso il re, suscitò l'ira di sua sorella. Nel cercare una
rivincita, l'addolorata principessa mise le due tribù una contro l'altra ed
istigò una guerra tra loro, che causò la morte di entrambe i cugini. La
principessa non era ancora soddisfatta ed emise un decreto che obbligava a
vagabondare el deserto nelle ore più calde del giorno, cavalcando soltanto asini
e guadagnandosi da vivere soltanto con la danza e la musica. Da allora, alcuni
Dom si diressero in India, Iraq e nuovamente in Siria. Riconoscendo la Siria e
non l'India come la loro antica patria, i Dom alterarono la natura di "uomo" cui
si riferisce il loro nome in favore di un'identità mediorientale. Oggi i Dom
vivono in diversi paesi del Medio Oriente e la loro cultura si è mescolata con
quella degli arabi attorno.
Come in altri paesi, i Dom di Gerusalemme hanno accettato la lingua e la
religione del paese dove vivono. Sono musulmani e parlano arabo come pure il
Domari - il loro linguaggio nativo. Il Domari è una lingua distinta dal Romanì e
dal Lom. I suo stretti contatti col Punjabi furono chiave determinante nella
lontana eredità indiana, tuttavia l'effetto significativo dell'arabo sulla
lingua parla all'effetto dell'ultima patria dei Dom. Qualsiasi sia l'adattamento
nella religione, lingua o altro, gli Zingari di tutto il mondo mantengono
caratteristiche loro proprie ed i Dom non fanno eccezione.
I Dom di Gerusalemme rimangono una comunità infusa dai ritmi e dalle canzoni
di tradizione zigana, ma hanno abbandonato lo stile nomadico in favore di una
vita più sedentaria. Hanno fatto di Gerusalemme la loro casa da oltre 400 anni.
Originariamente stanziati in un'area fuori dalla Città Vecchia chiamata Wadi
Al-Joz, i Dom si sono poi spostati in un piccolo quartiere chiamato Burj Al-Laqlaq
all'interno delle mura della Città Vecchia. Minoranza etnica, la comunità Dom ha
sofferto in silenzio i decenni del conflitto arabo-israeliano. Il loro numero è
diminuito significativamente durante le battaglie attorno alla fondazione dello
stato di Israele. L'esodo maggiore è avvenuto durante la guerra del 1967, che ha
spinto quasi la metà dei Dom a cercare rifugio in Siria, Libano e persino in
India.
Nonostante una profonda identificazione con la cultura mediorientale, le
rimanenti 200 famiglie hanno subito severe discriminazioni da parte di
israeliani e palestinesi. Lodati una volta nella poesia persiana come
intrattenitori senza pari, una serie di cambiamenti culturali, politici ed
economici ha portato i Dom ad essere visti come deprecabili mendicanti. La
vergogna di essere Zingaro viene istillata in giovane età quando i bambini
iniziano la scuola. Anche se i Dom si considerano Palestinesi, la loro non
appartenenza all'etnia araba porta che il 60% non ha terminato le scuole
elementari. Senza specializzazioni e percorso scolastico, i Dom sono rinchiusi
in un circolo di povertà e derisione. Le generazioni più giovani preferiscono
assimilarsi completamente ai vicini Arabi. abbandonando i vestiti tradizionali,
la lingua, i costumi e qualsiasi altra cosa li possa distinguere come Zingari.
Il Centro Domari a Gerusalemme Est è stato fondato per contrastare il
deterioramento di una comunità una volta vibrante e restaurare il suo orgoglio.
Fondata nel 1999, l'organizzazione aiuta lo sviluppo economico, fornisce
supporto a donne e bambini ed agisce per la preservazione della cultura.
Principalmente donne e bambini frequentano classi, programmi di formazione, di
consulenza ed assistenza. Il Centro Domari presta particolare attenzione nel
ricostruire l'autostima dei membri più giovani, fornendo programmi per leggere e
scrivere per l'infanzia, corsi di lingua e cultura Domari ed altri supporti
scolastici. La speranza è che questo porti i Dom di Gerusalemme fuori dal loro
status di "intoccabili" attraverso l'educazione e l'autostima.
Amoun Sleem is the founder and director of the Domari Society of Gypsies in
Jerusalem. As a gypsy, she has shared the difficulties and challenges of her
community and is focused on helping her people succeed. She can be reached at
domari@alqudsnet.com
Di Fabrizio (del 14/08/2007 @ 09:17:51, in Kumpanija, visitato 1992 volte)
Da Mundo_Gitano (lungo, consiglio la lettura offline)
Ingegnere aeronautico, consulente per gli affari sociali del governo degli Stati Uniti, autore teatrale, poeta, giornalista, conferenziere, musico, filosofo, diffusore dellla cultura gitana in Internet nel tempo libero... Miguel Mendiola è un gitano stanziato negli Stati Uniti con cui si potrebbe conversare per ore e ore sugli argomenti più diversi e, come mostra nei suoi articoli, conta su un invidiabile senso dell'humour
[...]
Puoi commentarci alcuni dati della tua biografia?
Sono nato a Siviglia nel 1944. Sono nato in una famiglia mista paya (gagia) e gitana; anche se mi identifico di più con la parte gitana da parte di padre, in un barrio dove i vicini erano per lo più gitani e i payos che vivevano lì erano "gitanizzati". [...] Tutti avevamo una cosa in comune: la povertà. E quando si andava a mangiare da un vicino o dall'altro, non si pensava se uno era gitano o payo. Mi impressionava la solidarietà che esisteva e si dimostrava e come fosse possibile vivere in armonia specialmente quando la miseria ci lasciava nudi nella nostra umanità.
Da parte di padre, la mia famiglia era parte dei Vargas, una famiglia gitana molto antica ed estesa a Siviglia. Eravamo anche in buone relazioni con i Pavones, da parte di mia nonna Carmen. La mia famiglia ha sempre avuto passione per il Flamenco. Tutte le mie sorelle furono ballerine professioniste e mio fratello Rafael è chitarrista (fu membro del gruppo Farruco Los Bolecos). Io sono la pecora nera della famiglia. Imparai a leggere e scrivere, cosa che non era molto comune per i giovani del barrio, dove la gente aveva altre preoccupazioni più urgenti: la fatica giornaliera di non saper cosa comprare per mangiare. Grazie ad alcuni zii da parte di madre, ho potuto studiare un poco.
Mi sposai molto giovane e venni a lavorare in America, perché a Siviglia non vedevo chiaro nel mio futuro. Qui per diversi anni ho lavorato come ingegnere nell'industria aeronautica. Attualmente lavoro per i Servizi Sociali dello stato di California, come supervisore di dipartimento. Non so il perché, mi è sempre piaciuto riflettere sulle cose e come a Camarón, "mi domandavo sul mio passo per questo Mondo". Da qui il mio amore per la Filosofia. Credo che per questo odiai tanto il mio lavoro e trovavo sollievo in altre cose, leggendo, per esempio. Cominciai a scrivere su tutte le stupidate che mi capitavano, anche poesie, e ho non so quante casse piene di fogli e lettere, chissà a cosa serviranno, eccetto che ad aiutarmi a mettere in ordine i miei pensieri.
Mi incanta la musica folclorica e classica ed imparai da solo a suonare il flauto, semplicemente per intrattenermi. [...] Una volta scrissi un'opera teatrale andalusa. Venne presentata a Los Angeles con molto successo, ci lavoravano molti attori di teatro e del cinema ben conosciuti nell'area, diverse volte è stata sul punto di essere presentata in altri teatri, ma alla fine questo non succedeva mai per diverse disgraziate ragioni.
Quest'opera, La Salamandra contiene pezzi musicali che comprendono tutta la gamma del folclore andaluso, compreso soprattutto il flamenco (qui mi aiutarono mio fratello Rafael e mio cognato Enrique Soto "El sorderita"). I pezzi musicali accompagnano la trama e questo richiede che gli artisti sappiano anche ballare. E' un'opera difficile, però con un tema molto originale, anche se un buon direttore potrebbe semplificarla. Come succede sempre in queste cose, il problema è il denaro. Però intanto l'opera c'è, e qui sono anch'io al vostro servizio.
Quanti bambini hai mangiato oggi?
So che ti riferisci a "Una modesta proposta" [..] ispirata all'originale di Jonathan Swift, è una parodia che spero nessun abbia preso sul serio. Proponevo di tornare alla nostra venerabile tradizione di "mangia-bambini" per cui i payos che ci accusano di cannibalismo continuano ad avere ragione
[...] Esistono miti orribili sui gitani. Non molto tempo fa vidi un film dal titolo Il violino rosso. E' la storia di un violino che passando di mano in mano influenza la vita dei suoi padroni. Uno di loro muore e viene seppellito con il violino. Naturalmente, di seguito appaiono diversi gitani che la notte vanno nel cimitero, dissotterrano il morto e portano via il violino. Questo è un mito che prevale attraverso la storia e la letteratura: i gitani come saccheggiatori di tombe. Ma, se siamo tra i più paurosi al mondo! Io non vado da nessuna parte, nemmeno dal medico. Deve accompagnarmi qualcuno, altrimenti non ci vado. Come potremmo andare di notte in un cimitero a disseppellire i morti?! Però queste sono le immagini che vengono continuamente proiettate e che ci disumanizzano.
Credi che gli stereotipi ed i pregiudizi contro i gitani riguardino l'accesso al mondo del lavoro?
Sarebbe difficile che un impresario consideri dare un posto di lavoro ad una persona "sporca, vaga e bugiarda". Gli stereotipi sono ben saldi ed a quelli tradizionali dobbiamo aggiungere il più moderno di "drogato". Forse la miglior maniera di rispondere a questa domanda si troverebbe in quello che scrissi in un forum di Internet come risposta a chi accusava i gitani per stare dove sono e secondo loro siamo noi che non vogliamo integrarci e rifiutiamo il lavoro, pagare la tasse ed altro. "Il pregiudizio starebbe nell'attribuire a tutto un gruppo di persone virtù o difetti di una parte dei suoi componenti. Nel caso della comunità gitana,i razzisti vedono solamente il settore più povero e marginalizzato della comunità. [...] Analizzano le caratteristiche e concludono: Tutti gli individui di questo settore hanno attributi comuni. Già questo costituisce pregiudizio, perché in quel settore ci saranno sotto-settori ed individui che non corrispondono al comportamento segnalato. Entriamo per esempio in un barrio composto la maggior parte da gitani poveri, analfabeti e soprattutto marginalizzati dalla società. I razzisti concludono che tutti quanti vivono nel barrio sono gitani ed in secondo luogo che tutti sono pezzenti e drogati. Nessuna delle due cose è vera. Quello che può essere verità è che dentro a questo gruppo e dovuto alle condizioni estreme di vita, si incontra un maggior indice di delinquenza, come in tutti i gruppi marginalizzati, non importa siano payos o gitani.
Qualcuno menziona che le carceri sono piene di gitani. Una volta di più, è una dichiarazione falsa e razzista. Le carceri contengono payos e gitani, I numeri sono proporzionali al margine di povertà che esiste in entrambe i gruppi. Questo accade in tutti i paesi del mondo e con tutti i gruppi marginalizzati. Le carceri del mondo contengono molta gente povera. Punto.
Dichiarazioni di questa indole sono disegnate per segnalare un gruppo determinato come speciali. "Le carceri sono piene di gitani" non è che una accusa mal dissimulata di qualcosa di intrinsecamente nocivo nell'etnia gitana, per cui ci sono "tanti" gitani in carcere. Questo è il messaggio subliminale (non così subliminale per quanti di noi abbiamo passato tanto tempo studiando l'origine, la causa e l'effetto del razzismo).
Una volta scoperti questi attributi nel settore scelto, li si estende a tutto il gruppo in generale. Così abbiamo iniziato a parlare non dei pregiudizi, ma del razzismo. I commenti di questi razzisti iniziano sempre con "i gitani così, i gitani cosà", includendo tutti. Non tutti sono uguali e ho conosciuto alcuni gitani onesti, però... Il però è il però razzista, molto conosciuto nei circoli dove studiamo queste cose, E' il però che addolora, che dispiace.
Il linguaggio razzista ha la sua propria grammatica e le sue proprie regole sintattiche. Il razzista non sa ma sospetta. Sono quelli che iniziano con "Io non sono razzista, però...", "Non lo dico per offendere, però..." ed iniziano ad offendere, oppure "Non voglio criticare, però..." e procedono a criticare.
Confidano nella loro ignoranza per cui tutti i gitani sono ladri, drogati, rapitori di bambini, ecc. non interessa loro se le loro conclusioni sono verità o menzogna. Queste cose del razzismo non sono facili. Per educare un razzista, occorrono molta pazienza, molti anni e molti ricorsi, che naturalmente non abbiamo e tanto meno con un mezzo come questo.
La colpa della marginalizzazione sofferta dal popolo gitano ricade sui gitani stessi nel non volersi integrare nella società maggioritaria. La parola "integrazione" viene pronunciata con irritazione. Come una maestra impaziente che vuole aiutare l'alunno, che però non collabora. Questo dell'integrazione viene da molto lontano. Ai gitani non viene permesso di essere gitani e per integrarsi devono lasciare i loro uffici tradizionali, come il lavoro dei metalli, la compravendita, la vendita ambulante ecc. Però nessuno ci ha mai spiegato perché il dedicarsi alla vendita ambulante sia un segno di ribellione, di non volersi integrare. Milioni di gagé ha i propri affari e nessuno glielo impedisce né parla loro di integrazione. Un'altra cosa che da fastidio è che alcuni gitani insistano in una certa forma di vestirsi. [...] Che danno possano fare, più che a quanti capricciosamente vogliono imporre i loro gusti?
Per molto tempo, si è proibito loro di parlare la propria lingua. Per integrarsi occorre parlare la lingua della comunità maggioritaria. Però il gitano parla la lingua maggioritaria. Non fa nessun danno il potere parlare un altra lingua, come il catalano, il basco, che si parlano senza menzionare la parolina "integrazione".
Per integrarsi occorre lasciare i costumi e le tradizioni gitane ed adottare quelle della comunità maggioritaria. Molti gruppi regionali hanno costumi e tradizioni proprie che non sono necessariamente celebrati nel resto del paese. Però a loro non si richiede di lasciare costumi e tradizioni. Perché allora ai gitani? Una volta di più denoto in questa domanda un tono paternalista. Ed una volta di più stiamo parlando di certi settori della comunità gitana, perché non tutti i gitani seguono le antiche tradizioni. [...]
Cosa diresti ai bambini e bambine gitani ?
L'assenteismo scolastico tra i bambini è un problema grave e difficile da risolvere, specialmente quando ci riferiamo ai gruppi più marginalizzati.
E' particolarmente grave per il futuro di questi bambini quando si inizia male nella scuola primaria, Se non si piantano delle buone basi o non si termina il ciclo di studio, il bambino non tornerà a studiare, o se la fare più avanti sarà molto difficile
Quelle volte che si arriva alla scuola secondaria, c'è la frustrazione di tutto quanto non si è acquisito dei conoscimenti di base, costa nuovamente apprendere il livello superiore. [...] C'è mancanza di voglia, di motivazione e frustrazione che invitano ad abbandonare gli studi per sempre.
E' molto difficile parlare a bambini che vivono in condizioni sub-umane dei benefici del permanere nella scuola. Non c'è comunicazione perché questi concetti sono totalmente estranei a loro. A ciò dobbiamo aggiungere "l'aspettativa del fallimento". [...] E' dimostrato che l'indice di fallimento scolastico è molto elevata tra quei bambini ai cui si va dicendo che non avranno successo o glielo si fa intendere.
I tempi sono cambiati. Ai miei tempi, non avevo niente da decidere. Era mio padre, o la paura di mio padre, quello che mi faceva continuare. E dietro tutta la famiglia. [...] Credo sia cruciale per quanti oggi sono in un collegio, che hanno la fortuna di una borsa di studio, di terminare almeno gli studi di base. Non soltanto per loro, ma per tutta la comunità gitana. Abbiamo bisogno di gente con una professione, di leaders e di gente preparata. Necessitiamo di esempi. Questi chavales non hanno idea della trascendenza storica di cui fanno parte. [...]
Quali iniziative a favore della convivenza interculturale degli Stati Uniti sottolineeresti e quali potrebbero essere più facilmente adottabili in Spagna?
In questo paese non esiste la convivenza interculturale. Tutti i gruppi etnici, razziali e sociali sono segregati. I negri vivono nei loro quartieri, i cinesi nei loro e lo stesso per i latino americani. E nella società maggioritaria vediamo la separazione tra chi è ricco e chi non lo è tanto.
Non vedo nessuna iniziativa per poter cambiare il panorama. Ci sono molte leggi contro la discriminazione che dicono "Questo non si può dire e non si può fare quest'altro", ecc. In qualche caso, tante proibizioni risultano controproducenti, l'unica cosa a cui servono è separare maggiormente le differenti culture, allo svilupparsi di questo "non toccarmi" che ultimamente produce indifferenza. Io spero che questo sentimento di "politicamente corretto" che ha invaso la società americana non arrivi in Spagna.
Ciò che è sano è modificare l'equilibrio socio-economico tra i gruppi. Per questo abbiamo la politica di "azione affermativa" per cui tutte le imprese statali o che dipendano dal governo devono impiegare un certo numero di lavoratori di minoranze, secondo la percentuale che esiste nella società. In Spagna, traslando questa politica, avremmo un 2% di gitani impiegati dal governo e in tutte le aziende che dipendano dal governo.
Questa politica delle quote a prima vista sembra ingiusta. Però in qualche modo occorre pagare il debito storico, il danno causato da tanti anni di persecuzione e razzismo. A parte questo, non trovo sbagliato che tutti i gruppi di una società siano rappresentati nei differenti organi sociali, siano lavorali, politici o culturali.
Un articolo che pubblicasti sulla rivista I Tchatchipen lo titolasti "Il gitano nel XXI secolo". Sei ottimista o pessimista rispetto al nuovo secolo e millennio? Quali saranno i valori e le conoscenze più importanti?
Sono ottimista che in questa epoca le cose cambieranno significativamente e mi baso su due ragioni: le qualità gitane sono ideali per questo tempo di cambi drastici e la promozione di queste qualità, per mezzo di gitani preparati, sarà in funzione di progressione geometrica, lenta al principio, ma subito accelerata [...]
Parliamo un poco di queste "virtù" a cui tante volte mi riferisco e di cui sono tanto orgoglioso. Però chiarisco prima che quando parlo di qualità e virtù mi riferisco ad una cultura in generale e naturalmente ci sono eccezioni individuali.
La prima è la generosità inerente alla cultura gitana. Il fattore "bontà" come lo chiamo, contrapposto al fattore "avarizia" che predomina nelle culture lineari. Man mano che la società maggioritaria andrà facendosi più matura psicologicamente, inizierà a valorizzare individui con un alto livello di "coefficiente emozionale", più che di quello intellettuale. Una persona può avere un alto coefficiente di intelligenza ed essere allo stesso tempo un "gilipollas" che non serve a niente. Le imprese lavorali oggi van cercando gente che sia preparata, ma che sia anche flessibile, rapida a reagire ai cambi, che prenda decisioni in un batter d'occhio. In altre parole, tutto ciò di cui è carente un "idiota educato" o un "robot cibernetico". Questi saranno necessari per compiere una funzione specifica ma saranno, marco queste parole, i braccianti del secolo XXI. Non sanno ridere e ami impararono a piangere, per questo non intendono la natura umana. In questo secolo è sommamente importante, e chi meglio di un gitano per questo?
Quali valori stiamo cercando in questo secolo? Niente di più o di meno dei valori innati del gitano: osservazione, intuizione, adattabilità ecc. Il secolo XXI è alla nostra portata.
Chiaro che questi sono i termini generali, dobbiamo vincere tre ostacoli importanti:
Reputazione. Gli stereotipi nei quali stiamo asfissiando.
La mancanza di preparazione scolastica.
La poca esperienza in lavori non tradizionali.
Di questo parleremo un'altra volta. Però voglio tornare a parlare delle virtù gitane, anche se le mie sono opinioni molto personali basate sulla mia esperienza. Però spero di trovare appoggio in questa difesa del buono della cultura gitana e forse un giorno, che potremmo denominare "dell'effettività gitana", questo si converta in uno slogan universale tra di noi.
Questa effettività è più di un "coefficiente emozionale". Non conoscevo questo termine sino a poco tempo fa, anche se l'avevo descritto con le mie parole. Un amico, mentre parlavamo di queste cose, mi disse che le mie teorie sulla cultura gitana e "l'effettività gitana" erano comuni quel che un certo Goleman aveva denominato "coefficiente emozionale". Per il dottor Daniel Goleman, queste qualità includono l'intuizione, la capacità di osservazione, l'empatia e la destrezza, che marcano le persone con successo nella vita. Sono capacità basiche necessarie per il successo nel campo lavorale. Tutte sono qualità gitane per cui deduco che il gitano sia "emozionalmente intelligente".
Le persone che hanno un deficit di coefficiente emozionale solgono essere introverse, antisociali, riservate. Hanno gran difficoltà nell'intendere la comunicazione non verbale [...] Ecco il "gilipollas"... che è l'antitesi del gitano. Però, se il gitano è così "sveglio", perché non ha il successo che dovrebbe? Per i tre ostacoli di cui ho parlato prima.
Nel momento in cui il gitano otterrà una educazione scolare e si integrerà nella forza lavoro, vedremo un'ascensione esponenziale [...].
Dobbiamo tradurre queste qualità nel campo lavorale. Quando succederà, il gitano sarà molto impiegabile e molto sollecitato. Le grandi imprese stanno dannandosi per incontrare persone con queste qualità, che siano decisivi nel gestire le crisi, nella risoluzione dei conflitti e nel saper prendere decisioni con un'alta percentuale di successo. Credo che il secolo XXI sia il secolo del gitano.
Hai anche scritto che "la famiglia è il fulcro (il punto di appoggio) della vita del gitano". Come credi che interverranno i nuovi tempi nel concetto di famiglia nella cultura gitana?
Spero con tutta l'anima che non si perda niente, perché il giorno che il gitano non amerà la sua famiglia, non rispetterà i genitori, non gli importerà se un fratello è ammalato, sarà la fine della gitanità.
Il nostro amore per la famiglia va oltre quello che qualsiasi persona decente possa sentire per la sua gente. La nostra è devozione e sorpassa l'amore naturale tanto in qualità che come estensione. Amiamo e ci preoccupiamo per qualsiasi cugino di primo, secondo o terzo grado, mentre la maggioranza della gente neanche lo conosce o sospetta della sua esistenza. Questa unione e amore filiale è stata l'affinità degli atomi della nostra cultura. Tutto quanto pregiudica la conservazione di questo amore filiale, tutto - ripeto, è antizigano. Non importa se è qualcosa di tanto nobile cole la religione, tanto canaglia come la droga o tanto mondano come la politica, l'avarizia o l'egoismo. Di questo potremmo parlare a lungo e lo lasciamo ad un'altra occasione.
Pubblichiamo una
comunicazione organizzativa di persone e associazioni si occuperanno della
cerimonia di sepoltura dei quattro bambini morti nel rogo a Livorno.
La Diocesi di Livorno con
la Caritas, i Salesiani e la comunità di Sant’Egidio, in collaborazione con la
Prefettura ed il Comune di Livorno stanno attrezzando un area per
l’accoglienza delle diverse comunità rom provenienti dall’Italia.
Tutte le comunità rom
che arriveranno venerdì mattina per i funerali devono parcheggiare i propri
mezzi presso l’area attrezzata in VIA DEL LEVANTE (area luna park e
circo) che si trova in zona COTETO- SALVIANO.
Uscendo dalla variante
Aurelia direzione Salviano – Livorno, incontrerete i cartelli che segnalano
l’area.
E’ importante che i
diversi gruppi si rechino lì con i mezzi ed usino il servizio di pullman per il
Duomo messo a disposizione per l’occasione.
Il Duomo infatti si trova
in una piccola piazza al centro della città dove è VIETATO PARCHEGGIARE.
Per non essere multati è
stato organizzato un servizio di autobus dall’area attrezzata nella quale ci
saranno ad accogliere le persone i volontari delle associazioni rom, dei
salesiani e di africa insieme.
Le persone che desiderano
partecipare al funerale DEVONO COMUNICARLO.
Venerdì c’è il pranzo
funebre con i familiari presso l’area attrezzata.
Nell’area POSSONO
pernottare solo i familiari dei quattro bambini.
Per ulteriori informazioni
contattare Demir Mustafà del Comitato Rom e Sinti Insieme alle seguenti e
mail:
Di Fabrizio (del 04/10/2007 @ 09:31:10, in Kumpanija, visitato 2126 volte)
Leggendo gli articoli che informano sugli attacchi razzisti in Italia,
onestamente non riesco a vedere l'efficacia di tutti i processi politici ed
attività iniziate dalle istituzioni europee.
Promuovere il dialogo interculturale, affermare l'azione contro il razzismo,
promuovere la società democratica, aumenta la domanda su cosa stia succedendo al
popolo Rom in Europa.
In Italia scoppiano bombe molotov contro la comunità Rom, in Slovacchia dei
Rom sono stati uccisi ed ancora non ci sono reazioni ufficiali. I Rom dal Kosovo
vivono ancora nella paura di essere deportati in un paese che non offre
condizioni di vita basiche e sicure.
Ma ancora i paesi europei non considerano il fatto degli esistenti atti
discriminatori e del razzismo che quotidianamente crescono contro i Rom.
La tematica della segregazione è ancora presente in molti paesi, i bambini
Rom non sono accettati dagli insegnanti, molti i pregiudizi dagli altri
genitori. Viviamo nel XXI secolo, la debolezza della società sono i pregiudizi,
gli stereotipi e il razzismo.
La lotta per i diritti umani diventa lotta per sopravvivere di differenti
minoranze senza stato.
Quindi la domanda è se stiamo perdendo questa lotta o ci siamo trasformati in
marionette che servono a chi compie operazioni di diverso profilo.
Di Fabrizio (del 13/10/2007 @ 09:59:08, in Kumpanija, visitato 2522 volte)
Dove: presso il Pub "Le Pecore" in Via Fiori Chiari 21, a
Milano
Cosa:
Lunedì 15 ottobre ore 21 Introduzione della settimana Rom con
proiezione di video, cui segue l’intervento di MONI OVADIA
Martedì 16 ottobre ore 21 Concerto dei Rhapsodija Trio e di un gruppo
di musicisti rom
Mercoledì 17 ottobre ore 20.30 Proiezione del documentario OPERA GAGIA;
confronto aperto al pubblico con TOMMASO VITALE, ricercatore Università
Bicocca, ANTONIO BOCOLA, regista del documentario, esponenti delle comunità rom
Giovedì 18 ottobre ore 17 Favole rom per bambini gagi e rom Ore 21
Concerto del gruppo MUZIKANTI
Venerdì 19 ottobre ore 21 ROM CABARET, con Dijana Pavlovic, Marta
Pistocchi, Jovica Jovic
Sabato 20 ottobre ore 21 Proiezione di immagini appena raccolte in
Romania da Marilisa Cosello e Alessandro Stellari. Finale con intervento di
DARIO FO
Nel locale saranno esposta per tutto il periodo una mostra fotografica e
sarà visibile un’istallazione audio/video di Valeria Fondi Di Pietro.
Il programma e le eventuali variazioni sono consultabili su
www.lepecore.com
Le ragioni:
In questi ultimi mesi
sono stati effettuati 32 sgomberi di campi rom abusivi nel Milanese. Si tratta
di rom rumeni che dal 1 gennaio di quest’anno sono cittadini europei e hanno gli
stessi diritti e gli stessi doveri di tutti gli altri cittadini europei, come
noi; quindi non possono essere rispediti nel loro paese se non a determinate
condizioni. Si è così creata una situazione senza sbocco: sgomberati da qui,
questi uomini con le loro donne, i loro bambini e le quattro cose che hanno
salvato si spostano più in là. Da un punto all’altro, da uno sgombero all’altro.
Oggi ci sono tra 5 e
600 rom che vagano per Milano e provincia vivendo come possono.
Questa scelta non è
dettata, se non a parole, da ragioni di sicurezza. Infatti, non c’è dubbio che
sia più sicura una situazione in cui queste comunità si trovino sotto controllo
con gli uomini che non perdono il lavoro e i bambini che non perdono la scuola a
causa dei continui sgomberi.
Saranno poi le forze dell'ordine e il
sistema di giustizia ad occuparsi, ognuno nella propria funzione istituzionale,
dei casi da loro ritenuti perseguibili.
Sarebbe saggio
sospendere questa scelta che porta solo tensione e sgomberare, come avveniva
fino a pochi mesi fa, solo dopo aver trovato soluzioni che rispettino la dignità
e la condizione umana dei rom e poi guardare un po’ più lontano, a una strategia
che costruisca un quadro di certezze per tutti, cittadini italiani e comunità
rom, con una politica concordata di processi di inserimento reale nel mondo
lavorativo, scolastico e sociale.
I “campi nomadi” producono malattia,
disoccupazione, devianza, induzione alla criminalità, conflitti sociali: effetti
tipici del disagio sociale diffuso.
Bisogna quindi
abbandonare la logica dei campi e prevedere, come è avvenuto e avviene in molti
altri Paesi, ma anche in Italia, inserimento sociale, lavorativo ed abitativo
adeguato, come anche per i rifugiati e richiedenti asilo.
Noi crediamo che una
politica responsabile e degna di un Paese civile non debba inseguire il
malcontento, il disagio e anche il pregiudizio, ma costruire le condizioni di
diritti e doveri uguali per tutti per una convivenza pacifica e rispettosa delle
diverse culture.
Ci sembra importante
prima di tutto conoscere questo popolo, la sua cultura, le sue tradizioni, anche
la sua storia con le lunghe persecuzioni fino ai campi di concentramento; un
popolo pacifico che non ha mai fatto una guerra ed è distribuito in tutta
Europa, unico vero popolo europeo. Se si cercano i modi per comunicare con loro,
si può forse avere una idea diversa da quella che si fonda sull’ignoranza e sul
pregiudizio.
Questo ci aiuta a
considerarli per quello che sono, esseri umani come noi, in cerca, come noi, di
un po’ di benessere e di felicità che nei luoghi dai quali provengono sono loro
negati. E come esseri umani non possono essere abbandonati nel degrado nel quale
vengono cacciati.
Ora che arriva l’inverno le loro condizioni diventano tragiche: basti pensare ai
bambini, alle donne, molte delle quali incinte. Un primo segno di umanità nei
loro confronti deve essere quello di rendere la loro vita materiale meno
precaria e offrendo loro un ricovero decoroso almeno per superare una stagione
che sarà dura e difficile.
LE
ASSOCIAZIONI CHE PARTECIPANO:
Il Naga è un'associazione di volontariato
laica e apartitica, costituita a Milano nel 1987 allo scopo di promuovere
solidarietà e interventi socio- assistenziali in difesa dei diritti sanitari e
legali di immigrati temporaneamente presenti, rifugiati politici e Rom, senza
alcuna discriminazione di razza, religione, partito.
www.naga.it
L’Opera Nomadi si configura come un'associazione apartitica e
aconfessionale; dal 1970 è elevata a Ente Morale Nazionale. L'Associazione è
nata dalla consapevolezza che fosse necessario un movimento di volontari
organizzato per promuovere interventi atti a togliere gli zingari o gruppi di
origine nomade dalla situazione di emarginazione in cui sono relegati e per
aprire la collettività nazionale alla comprensione e all'accoglienza dei
diversi. www.operanomadimilano.org.
L’associazione “Aven Amentza” – Unione Rom e Sinti, è nata nel 2004,
con l’appoggio della Camera del Lavoro, per essere la voce politica e sindacale
nella difesa dei diritti di queste popolazioni. Fra le tante iniziative,
ricordiamo un anno e mezzo di sportello sindacale presso il campo di via
Triboniano, con FILLEA Cgil, per il controllo delle buste paga e delle
situazioni lavorative di numerosi Rom, soprattutto romeni e bosniaci.
Informazioni: Tel. 0248409114
UNALTRALOMBARDIA Associazione il cui scopo è quello di promuovere la
partecipazione diretta dei cittadini in tutti gli ambiti culturali e politici
nei quali si può realizzare un impegno civile contro la guerra, contro ogni
forma di ignoranza, intolleranza, violenza, censura, ingiustizia,
discriminazione economica, sociale, razziale, di genere.
www.unaltralombardia.it
Comitato Rom e Sinti insieme Associazione costituita dalle comunità
rom e sinte di diversa etnia presenti in Italia, con lo scopo di promuovere la
partecipazione diretta di esponenti di queste comunità anche in sedi
istituzionali.
www.comitatoromanophralipe.it
Gruppo Abele Il Gruppo Abele di Milano è impegnato sui problemi delle
dipendenze, del carcere e dell'esclusione sociale.
www.gruppoabele.org
Festa dei Popoli di Opera si occupa di organizzare eventi insieme alle
comunità di immigrati presenti nel territorio del sud Milano. Informazioni: Tel.
0257602678.
Associazione Liberi L’Associazione
culturale “Liberi” ha lo scopo di sviluppare una cultura incentrata sui valori
della convivenza civile, del diritto alla felicità, della tolleranza, della
solidarietà, della comunicazione libera e aperta e della continua ricerca di
nuove frontiere nella sfera dei diritti e delle libertà individuali e
collettive.
Ministero Sabaoth e Cooperativa Sociale Sabaoth Onlus,
è una realtà evangelica aderente alla denominazione Ceiam (Chiesa Evangelica
Internazionale e Associazione Missionaria). Da sempre operante nel sociale,
offre gratuitamente un centro ascolto, uno sportello lavoro, banco alimentare,
raccolta e distribuzione vestiario, corso di italiano per stranieri, assistenza
psicologica e legale per stranieri, senza alcuna discriminazione di razza, fede,
nazionalità o stato sociale.
www.ministerosabaoth.org
Di Fabrizio (del 21/10/2007 @ 09:16:49, in Kumpanija, visitato 2059 volte)
Daniel Sershen 10/15/07 - Yangi Makhalla, una polverosa periferia ai
margini della città meridionale di Oriz, ha una cattiva fama. In molti sono
riluttanti a metterci piede, l'insediamento ospita la popolazione kirghiza dei
Lyuli, un'abbandonata minoranza dell'Asia Centrale.
Invece, il cittadino medio incontra i Lyuli in un contesto differente:
mendicanti, predizione della fortuna o raccolta metalli, plastica e altri
materiali riciclabili. In una regione dove molti sono poveri e svantaggiati, i
Lyuli sono i più marginalizzati tra i marginalizzati.
Nina Kadryan, lavoratrice non-Lyuli di un servizio sanitario locale, dice
che i suoi colleghi erano scioccati dall'apprendere che lei visita regolarmente
l'area. "A volte mi chiedono, Non hai paura di frequentarli? Ma continuo a farlo
ogni giorno," ci dice.
Il punto di vista dalla Yangi Makhalla è piuttosto differente. E' il mondo
esterno che minaccia, oltre il muro di terra battuta che insieme li circonda e
li imprigiona. "Molti non escono dal quartiere," dice Abdurashid Urinov,
presidente dell'associazione dei residenti. Descrive un ciclo continuo di
diffidenza tra i Lyuli e gli altri, approfondito dalla mancanza di documenti ed
informazioni. "La maggior parte di loro non conosce i propri diritti."
Gli studiosi collegano i Lyuli ai Rom dell'Europa Orientale - tracciando per
entrambe i gruppi un'origine comune nel subcontinente indiano. Alcuni dei
leaders considerano i due gruppi distinti, puntando alle differenze nella lingua
e nella religione. La maggior parte dei Lyuli sono musulmani, mentre la maggior
parte dei Rom europei sono cristiani.
Nell'intento di sedentarizzare i Lyuli che erano itineranti, i sovietici
crearono Yangi Makhalla - che in uzbeko significa nuovo quartiere - dopo la II
guerra mondiale. Il gruppo aveva il proprio kolkhoz, o fattoria collettiva e
vivevano una vita tollerabile e segregata, secondo Urinov. Il collasso sovietico
del 1991 pose la fine alla fattoria collettiva, la terra divisa e redistribuita,
molti dicono in maniera non paritaria. Nel contempo, secondo Arsen Ambaryan,
direttore di un locale gruppo sui diritti umani, la politica del governo
kirghizo si è irrigidita. "Qui non ci sono conflitti diretti tra stato e
comunità, dicono le autorità. Se non ci disturbate, noi non vi disturbiamo. E'
una situazione di guerra e non di pace."
Nel 2004 il gruppo Ambaryan (Nostra Legge) ha condotto una ricerca lunga un
anno sulle condizioni di vita dei Lyuli nella regione di Osh. Si stima a
popolazione Lyuli in 3500, con la disoccupazione al 90%. Alcuni Lyuli
sopravvivono coltivando il loro residuo pezzo di terra, o lavorando a giornata
nei campi. Molti si sono rifugiati nell'accattonaggio.
Ma nonostante tutte le cose che mancano a Yangi Makhalla - acqua, denaro,
assistenza medica, educazione nella lingua Lyuli - ci sono delle mancanze più
critiche. Molti residenti non hanno documenti, vivendo senza accesso ai servizi
chiave governativi. Per quanto residenti a Yangi Makhalla, molti non hanno
registrato i loro passaporti dopo il crack della burocrazia sovietica, non
potendosi permettere il passaggio ai documenti kirghizi.
"Devo cambiare il mio passaporto, ma non ho i soldi" dice Israel Rzayev,
disoccupata che campa coltivando un pezzetto di terra.
In una regione dove la corruzione è alta e la polizia può fermare i passanti
con qualsiasi pretesto, dice Urinov, avventurarsi fuori casa senza un passaporto
valido è un invito all'estorsione. Un Lyuli detenuto, dice, "potrebbe anche aver
ragione, ma sarà sempre nel torto perché non ha documenti." Anche la ricerca di
lavoro senza documenti è difficile, aggiunge Urinov.
Concorda la moglie del mullah locale. "Se qualcuno va a lavorare al bazar e
la polizia lo trova senza documenti, pagherà una bella multa.
Più discutibili ma persino più importanti i certificati di nascita, perché
permettono di accedere ai benefici governativi ed, eventualmente, passaporti
propri. Ma il costo degli ospedali di maternità, per cui molte Lyuli
partoriscono in casa, ciò significa che i loro bambini non sono registrati
all'anagrafe.
Nella ricerca su circa 400 famiglie, il gruppo Ambaryan ha trovato che il 45%
dei bambini non ricevono supporto governativo per mancanza dell'atto di nascita.
"Siamo già alla terza generazione senza documenti."
Rzayev e gli altri genitori Lyuli sottolineano il circolo vizioso per cui la
mancanza di documenti preclude la possibilità di ottenere impiego o benefici di
stato, cosa che impedisce ai loro figli di migliorare la loro vita. "La neve
arriva presto - ma non abbiamo niente da mettere ai piedi dei bambini" dice
Rzayev, aggiungendo che questo significa che probabilmente non andranno a scuola
d'inverno.
Come parte dello studio, Ambaryan appoggia la sfida legale di una famiglia di
cinque persone completamente senza documenti, per vincere finalmente un giudizio
con le autorità per l'identificazione dei querelanti. Ambaryan spera che il caso
sia un precedente. Nel contempo, Kadryan dice che i Lyuli del Kyrgyzstan
continueranno la loro vita ai margini. "Qui non si vive - si sopravvive. E la
gente sopravvive come può."
Editor’s Note: Daniel Sershen is a freelance journalist based in Bishkek.
Di Fabrizio (del 17/11/2007 @ 09:16:41, in Kumpanija, visitato 1821 volte)
L'avvocato italiano Gustavo Zagrebelsky analizza la nozione di "straniero"
nella società occidentale. "Se le relazioni sociali fossero perfettamente
bilanciate, la parola straniero ed i suoi sinonimi correnti (migranti,
immigrati, extracomunitari) e le sue differenti variazioni (Nord-Africani,
Islamici, Rom, Cinesi ecc.) sarebbero parole neutrali deprivate di significato
discriminatorio... Nelle società precedenti lo straniero era il nemico per
definizione, che doveva essere limitato se non ucciso. L'umanità funzionava con
l'idea di essere divisa in comunità separate, naturalmente ostili l'un
l'altra. Da allora, l'idea di una società globale, con leggi comuni è progredita
con la moltiplicazione di convenzioni e dichiarazioni internazionali... Ma oggi,
il trabocchetto mortale si trova nella distinzione fra gli immigranti normali ed
irregolari."
Contributed by: WMC_News_Dept. - Interview by Ivana D'Alessandro
Esma Redzepova, la cosiddetta "Regina degli Zingari" è unaincredibile
artista che coopera con la campagna
Dosta! che promuove un miglior riconoscimento della cultura rom e del loro
essere cittadini europei. Nominata per il Premio Nobel per la Pace nel 2003,
Esma è stata anche la prima artista yugoslava a calcare le scene dell'Olympia di
Parigi. Orgogliosa delle proprie origini, Esma ha cominciato a cantare dall'età
di 13 anni. Il suo matrimonio con un "gagio", Stevo Teodosievski, fu uno
scandalo prima di diventare il simbolo del dialogo tra la comunità rom e la
società maggioritaria. L'abbiamo incontrata a Friburgo, nel quadro di
un'attività che è tuttora una sorpresa ma che verrà annunciata su
www.dosta.org.
Signora Redzepova, lei è una cantante conosciuta a livello
internazionale, è stata nominata al Premio Nobel per la Pace, è sposata con
un non-Rom... Molti direbbero che lei non corrisponde all'immagine dei Rom
che comunemente ha la gente, Si considera un'eccezione?
E'una domanda molto importante: se sono un'eccezione per il popolo Rom e per
essere stata nominata al Nobel per la Pace. Sento dii aver fatto molto per la
popolazione Rom. Sono stata la prima cantante che ha cantato in romanes nel
mondo, sono la Regina ufficiale della musica rom, incoronata a Chandigarh, in
India nel 1976. D'altra parte, sono speciale nel mondo musicale, non
un'eccezione per essere Rom. E' vero che ho fatto molto per dare visibilità alla
cultura Rom e per tenere insieme Rom e non-Rom, ma questo è normale, niente di
eccezionale.
I Rom sono tuttora la minoranza più discriminata in Europa. Secondo
lei quali sono le ragioni di ciò e come l'esempio di personalità come lei
può invertire la situazione?
Posso dire che la discriminazione contro i Rom è sempre esistita, ma il
popolo Rom l'ha sempre affrontata con dignità e l'ha sempre combattuta. Posso
dire che i Rom sono un popolo duro, che vive in tutto il mondo, ed è l'unico
popolo che non ha mai dichiarato guerre, l'unico popolo che non ha assimilato
degli altri.
L'attitudine Rom dovrebbe essere emulata e la loro cultura riconosciuta.
Anch'io, quando ero giovane, ho sofferto la discriminazione. Per esempio, alla
scuola elementare nessuna bambina voleva sedersi accanto a me, per la mia pelle
scura, perché ero differente dagli altri. Devo dire che ho avuto dei momenti
difficili nella mia vita di cantante rom, ma ho sempre provato a dimenticare
quei brutti momenti e cercato di ricordare le cose piacevoli che mi sono
successe come Esma Redzepova Teodosievska.
Come spiegheresti a un non-Rom chi sono i Rom e cosa significhi
esserlo nella società odierna?
Per me essere Rom significa felicità. Può sembrare strano a qualcuno che si
sia felici di essere Rom. Ma sono orgogliosa della mia origine etnica perché
sono orgogliosa della storia del mio popolo, della ricchezza della mia cultura e
dell'attitudine pacifica e cosmopolita del mio popolo che è sempre stato di una
grande apertura mentale. Il popolo Rom dovrebbe avere il diritto di scegliere il
posto dove vivere, perché non hanno un paese proprio.
Come vede la condizione delle donne Rom nella nostra società, e quale
il loro contributo alla Romanipen, l'identità e cultura Rom?
Devo dire che in Macedonia c'è un gran numero di donne Rom che giocano un
ruolo attivo non solo nella vita familiare, ma anche nella vita sociale: Molte
donne Rom lavorano sulle tematiche rom, difendono i diritti dei Rom e lottano
per il riconoscimento della cultura rom. La presenza delle donne Rom nella
società è anche dimostrata dal numero di donne Rom scolarizzate, che è in
costante aumento. In Macedonia ci sono ragazze e giovani donne che hanno
educazione superiore e grande conoscenza delle tematiche rom. Io sono tra quante
lavorano sulle tematiche rom e fanno un lavoro positivo per la comunità Rom.
Quali messaggi vorresti indirizzare ai non-Rom che leggono questa
intervista?
Il mio messaggio a tutti sarebbe di smettere di combatterci, di insegnare la
tolleranza, il rispetto e la mutua comprensione per garantire un miglior futuro
ai nostri figli ed un mondo migliore dove vivere.
This interview was made for the Council of Europe's Dosta! - Basta! campaign.
"Dosta" is a Romani word meaning "enough." Dosta is also an awareness raising
campaign which aims at bringing non-Roma closer to Roma citizens. For more
information about Dosta, go to www.dosta.org.
Il Fondo Nazionale della Ricerca Scientifica (FNRS) pubblica uno studio sulle
sorti della "gens du voyage" nella Svizzera del XX secolo, in particolare sulle
centinaia di infanti jenisch, sinti e rom prelevati a forza dalle loro
famiglie, con lo scopo di integrarli ed assimilarli, dalla Pro Juventute tra il
1926 e il 1973.
Florence Gaillard
Mercoledì 12 dicembre 2007
Gli Jenisch sono un gruppo etnico europeo. Si dicono di origine celtica ma la
tesi è contestata, così come quella che li fa discendenti di commercianti giudei
itineranti. Le loro origini rimangono dunque poco conosciute, ma hanno una
lingua loro - lo jenisch - il cui primo dizionario è apparso nel 2001. A volte
sono chiamati gli "Zingari bianchi" per le loro caratteristiche fisiche: capelli
ed occhi chiari.
Nomadi o largamente sedentari al giorno d'oggi, vivono soprattutto in
Germania (circa 200.000, nonostante le enormi perdite sotto il nazismo), in
Austria, in Francia e nella Svizzera orientale, dove sarebbero oltre 30.000, di
cui da 1.000 a 2.000 nomadi. Costituiscono il principale gruppo della gens du
voyage di nazionalità svizzera. Stephan Eicher, cantante zurighese ed icona
nazionale, è Jenisch da parte di padre.
I Sinti sono pure loro un gruppo etnico che vive soprattutto nell'Europa
germanofona. Hanno le stesse radici, modo di vita e struttura patriarcale dei
Manouches francesi - il chitarrista Django Reinhardt è Sinti. Sono, come i Rom
di Romania - ramo est europeo dello stesso gruppo etnico la cui presenza ha
recentemente preoccupato l'Europa occidentale - d'origine lontana indiana. Hanno
una lingua propria [...] Il loro numero in Svizzera è ritenuto in meno di 5.000
persone.
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