Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

siamo amici da quasi 50 anni, una vita! Per gli amici, questo e altro! Se passate di li', fategli un saluto da parte mia...

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Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.

La redazione
-

\\ Mahalla : VAI : Italia (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 30/09/2013 @ 09:04:23, in Italia, visitato 1562 volte)

  Associazione Italiana Zingari oggi Sezione di volontariato Trentino-Alto Adige

Aizo - Associazione Italiana Zingari Oggi - sezione di volontariato del Trentino Alto Adige chiede ai politici che si candidano di adoperarsi per creare le condizioni ideali all'integrazione dei diversi gruppi linguistici e culturali presenti sul nostro territorio. In particolare modo si vuole far presente la situazione dei sinti e dei rom.
L'atteggiamento nei confronti di queste popolazioni è andato via via peggiorando con l'acutizzarsi della crisi economica, di fatto sono i più deboli a rimetterci. La discriminazione nei confronti di queste popolazioni la si tocca con mano:

  • quando si fanno gli incontri per la legge LP 12 del 2009: legge che dal 2009 aspetta l'applicazione e che di fatto non è sostenuta da nessuna forza politica. La legge dovrebbe migliorare le condizioni delle popolazioni rom e sinte, agevolando l'inclusione con la popolazione maggioritaria. I rappresentati di quest'ultima ignorano questa legge e gli eventuali benefici creando diffidenza e distanza fra questi popoli, da sempre discriminati, e la politica (che dovrebbe rappresentarli- infatti la maggior parte dei sinti e dei rom sono italiani);
  • quando si parla di pacchetto o di legge sulle minoranze, una normativa quella del Trentino Alto Adige invidiata da tutta Europa; alla richiesta della popolazione sinta e rom di essere riconosciuta minoranza linguistica nessuno sostiene questo diritto;
  • quando si entra in una scuola dell'obbligo (e non solo, anche in tante scuole superiori) e ci si accorge che "a scuola" ha già tanti problemi... e ha dimenticato i bimbi sinti. Una scuola per tutti, che esclude in base alla diversità;
  • quando il diritto alla casa è optional: è veramente tanto tempo che si fanno inserimenti in appartamento di famiglie sinte e rom, a Trento da almeno 20 anni, a Rovereto circa una decina. Avete mai visto una di queste famiglie con un paio di figli e basta? Ebbene ogni famiglia numerosa che faccia domanda di casa Itea non può esigere il proprio diritto perché non ci sono case per famiglie numerose. Ma le case popolari le fanno per chi? Per i single? Oppure si ha il timore che le famiglie sinte numerose portino solo problemi?
  • quando un questionario fatto girare per un centinaio di aziende con la domanda: "Vuoi uno zingaro fra i tuoi operai?" ha fatto emergere che nessuno vuole sinti e rom. Venuti a conoscenza di questo ne abbiamo preso atto. Questa scoperta drammatica non ha provocato nulla;
  • quando gli atti di razzismo nei confronti della nostra ministra Kyenge sono motivo di scandalo, a tutti i livelli e da parte di tutti i partiti (esclusi i provocatori), mentre quando l'Associazione e i sinti abbiamo denunciato il Consigliere Giuliana per razzismo nessuno ci ha sostenuto; ci si potrebbe chiedere se esista un tipo diverso di razzismo.

Per questi motivi l'Associazione chiede che i politici tutti si esprimano pubblicamente sulle intenzioni o sul programma politico che intendono promuovere nei confronti delle popolazioni sinte e rom presenti sul territorio, ovvero se intendono ignorare la loro presenza o lavorare affinché in Trentino non ci siano cittadini di serie z, non ci siano ingiustizie, non trovi spazio il razzismo.

Il Presidente
Gian Luca Magagni

 
Di Fabrizio (del 04/10/2013 @ 09:07:48, in Italia, visitato 1217 volte)

Lunedì, 23 Settembre 2013 16:56 Dopo anni di "nomadismo" una casa stabile per l'associazione. Napoli città sociale

All'associazione Chi Rom e Chi no... da anni protagonista di interventi per la scolarizzazione, il sostegno e la lotta alla discriminazione nei confronti delle popolazioni Rom di Napoli il comune di Napoli riconosce una sede negli spazi dell'Auditorium di Scampia.

"Un luogo combattuto e conquistato con grande fatica alla fine di un percorso accidentato, difficile, ma costruito con fiducia e intesa con il comune di Napoli, che ha riconosciuto nella nostra storia e nei tanti progetti in cantiere un'occasione di sviluppo per il quartiere e per la nostra città", scrivono i membri dell'associazione, " In questo spazio, Chi rom e...chi no potrà continuare il lavoro di ricerca-azione sui temi dell'educazione, dell'housing, della pedagogia attiva, quello politico sullo spazio pubblico, sulla partecipazione attiva e consapevole dei cittadini rom, italiani e stranieri". L'associazione che tra i tanti laboratori attivati vanta l'acclamata esperienza teatrale di Arrevuoto che ha coinvolto ragazzi Rom e italiani e che di recente ha dato vita a La Kumpania l' impresa sociale (che lavora attraverso la gastronomia rom e italiana combattendo le discriminazioni etniche, sociali, di genere, creando forme di economia comunitaria) avrà ora una casa con una grande e sana cucina.

 
Di Fabrizio (del 05/10/2013 @ 09:07:13, in Italia, visitato 1269 volte)

Stefano Cavalli è di Piacenza, ha una bella cravatta verde, è anche commissario per la Lega Nord di Reggio Emilia. In regione è vicepresidente della Commissione II (Politiche economiche) e componente della commissione V (Turismo, cultura, scuola, formazione, lavoro, sport).

Ignoro quali siano le sue competenze sulle tematiche rom e sinte, ma evidentemente l'essere di Piacenza è una molla più forte della competenza.

Leggo sulle cronache locali (ilPiacenza e PiacenzaSera), che in una serie di dichiarazioni il nostro:

  • si lamenta di ben 63 case assegnate ai nomadi di Piacenza (non si specifica se siano Rom o Sinti, se siano siano stranieri, italiani oppure piacentini);
  • contemporaneamente si aspetta "la chiusura totale dei campi nomadi in tutta l'Emilia Romagna";
  • e ovviamente, chiude i suoi ragionamenti con "la diffusa e manifesta indisponibilità ad integrarsi delle comunità di nomadi": "per definizione, in transito e poco inclini all'integrazione"

Dall'alto della mia ignoranza, non capisco cosa voglia questo Cavalli, come intenda affrontare la situazione, con quali mezzi, soldi e tempi (e logica)

 
Di Fabrizio (del 08/10/2013 @ 09:06:24, in Italia, visitato 1322 volte)

ASSOCIAZIONE OPERA NOMADI MILANO
COMUNICATO STAMPA

Siamo ormai prossimi al raggiungimento di metà mandato Amministrativo della Giunta milanese e un bilancio seppur provvisorio su come sia stata affrontata e gestita dai due Assessorati competenti (Politiche Sociali e Sicurezza Volontariato) la "questione Rom" è doveroso farlo. Diciamolo subito con chiarezza, il nostro è un giudizio sostanzialmente negativo per l'inerzia con cui si affrontano i problemi quotidiani, quelli che nascono all'interno delle Comunità Romanì e non trovano nessun interlocutore esterno con cui confrontarsi e quelli dei cittadini che subiscono l'assenza di un soggetto pubblico e istituzionale a cui chiedere risposte concrete e non solo intenzioni. Due anni fa invocammo una valutazione generale della situazione, per capire come e in quanto tempo il corso delle nuove azioni avrebbero dovuto produrre dei risultati. D'altra parte non si fa un po' questo quando di apre un nuovo "cantiere"? Si spiegano i motivi dell'opera e il progetto, i tempi di realizzazione con i conseguenti disagi, il costo, la fine dei lavori. Non ricevemmo alcuna risposta e i risultati ad oggi sembrano indicarne il motivo: non fornire dei dati oggettivi e qualitativi di partenza per la conoscenza di un fenomeno che si è chiamati a gestire consente di non comprendere chiaramente cosa verrà fatto nel tempo, come e con quali esiti. Il "Progetto" approvato dal Comune circa un anno fa non solo disattende i problemi nella loro sostanza, ma si è rivelato pure uno "schiaffo" per tutte quelle Associazioni chiamate ad esprimere il proprio parere ma poi nei fatti estromesse nella realizzazione della strategia. Altro che partecipazione!

Ma già, quale strategia?

Un conto sono le parole, un conto i fatti.

Ci si nasconde dietro le restrizioni economiche ma, in verità, grazie ai fondi statali del precedente Piano Maroni così tanti soldi non sono mai stati posti a "bilancio", sia pure per mezzo di una Convenzione stipulata con la Prefettura, per la realizzazione di azioni di inclusione rivolte alle comunità romanì milanesi. Quello che manca sono però proprio le azioni, cioè continua a prevalere l'assenza o l'abbandono degli interventi sociali intesi in senso lato a partire proprio dai campi comunali. Non c'è stata nessuna rivisitazione rispetto ai criteri di gestione di, poche e sempre meno... azioni affidate in molti casi a Enti che pure hanno sostanzialmente fallito o esaurito i loro compiti di "mediazione sociale", abbandonando al contempo quelle buone pratiche che nel passato avevano pur tra mille difficoltà garantito un dialogo più costruttivo con le comunità romanì. Ogni giorno riceviamo segnalazioni da parte di cittadini che ci chiedono perché mai non ci sia un interlocutore in grado di metterli a confronto e lavorare insieme alle comunità zigane, almeno quelle stanziate stabilmente da anni nei quartieri. Non dovrebbero essere questi i "patti" di convivenza? Non avrebbero forse un interesse generale? Eppure non sono cittadini prevenuti e ostili in molti casi, ma persone che vivono sulla propria pelle un disagio crescente e la frustrazione di non sapere a chi rivolgersi. E questa frustrazione, che provoca rabbia, delusione e reazioni sconsiderate è la stessa che ritroviamo nelle Comunità Zigane lasciate allo sbando. Dobbiamo forse concludere che alla retorica bellicosa in stile De Corato si sia solo avvicendato un linguaggio meno esasperato ma con un orizzonte culturale che resta simile: l'esclusione di rom e sinti dalle politiche pubbliche e la loro inevitabile "assimilazione"?

Milano, 7 Ottobre 2013-10-07

 
Di Fabrizio (del 07/11/2013 @ 09:06:41, in Italia, visitato 1153 volte)

Il Messaggero Domenica 03 Novembre 2013 - 19:29 "Divieto di sosta ai nomadi, rimozione forzata": il cartello fa scoppiare la polemica

Sta facendo parecchio discutere un singolare divieto di sosta presente sul territorio comunale di Fermo. Per l'esattezza a Casabianca, in un'area comunale, a due passi dal centralissimo viale che porta al mare. Cos'è? Un divieto di sosta "ai nomadi" che rischiano, stando al messaggio che arriva dal cartello, la rimozione forzata della vettura.

Chiaramente il messaggio non è rivolto al noto gruppo pop rock che tanti successi ha mietuto nella storia musicale italiana che, anzi, se venisse a soggiornare a Fermo sarebbe certamente benvenuto. No, il messaggio è per i nomadi veri, ovvero per quelle popolazioni che vivono spostandosi da un posto all'altro. Ma attenzione: non ai pastori, ai beduini o ai berberi ma, mettiamola così, agli zingari, ecco! Nessuna multa è stata finora elevata e, a quanto risulta, nemmeno un'auto, una roulotte o un camper sono stati portati via dal carroattrezzi.

Allora a che serve quel cartello? E soprattutto: non rischia di essere discriminatorio? Se non lo è allora il sindaco di Porto Sant'Elpidio Nazareno Franchellucci può mandare una pattuglia dei suoi vigili a Fermo per apprendere le modalità in base alle quali i nomadi possono essere multati, i camperisti "normali" no. Così risolverebbe una volta per tutte l'annoso problema dell'area camper sul lungomare della sua cittadina dove d'estate arrivano, insieme ai camperisti, carovane di zingari e nessuno può dire loro niente perché altrimenti sarebbe discriminatorio. Se funziona potrebbe piazzare un cartello come quello di Casabianca e via. Problema risolto.

 
Di Fabrizio (del 10/11/2013 @ 09:01:55, in Italia, visitato 1757 volte)

Se ne scriveva ieri, ecco il testo da UPRE ROMA

Pubblicato Giovedì, 07 Novembre 2013 22:46

Signor sindaco,

ci rivolgiamo a lei per la seconda volta in quest'anno 2013. Questa volta lo facciamo per un fatto molto grave, accaduto il 6 novembre davanti al San Raffaele, che ha coinvolto la comunità regolare di via Idro. Due famiglie, si sono affrontate con esito tragico: un uomo è morto, un altro è ferito, molti sono finiti in carcere.

Ci rivolgiamo a lei con rammarico profondo perché al dolore si aggiunge la considerazione che si sarebbe potuto evitare questa tragedia. Non diciamo questo per giustificare i gravissimi atti di violenza, gli autori dei quali porteranno le conseguenze previste dalla legge. In casi come questo si parla di "zingari", quindi di qualcosa che fa parte del normale bagaglio dei pregiudizi. Noi invece parliamo di persone, di uomini, donne bambini che sono a tutti gli effetti cittadini di questa città e che sono preoccupati per lo stato di abbandono, per le condizioni di degrado in cui versano e che producono situazioni di allarme sociale che non possono essere trascurate.

Il campo di via Idro è un campo regolare dagli anni '80, ben inserito nella zona. Due fa la Consulta ha denunciato la situazione di grave pericolosità determinata dalla presenza violenta di un latitante, ha richiamato l'amministrazione sull'urgenza di realizzare gli interventi necessari, dal rispetto della legge all'"alleggerimento" con il trasferimento di una parte delle famiglie, a cui apparteneva la persona morta, nel Vogherese per un accordo siglato ben tre anni fa. Nulla di tutto questo è avvenuto, nel frattempo i conflitti sono esplosi: un anno fa è stata data alle fiamme l'abitazione della famiglia protagonista della tragedia di ieri e nonostante l'arresto, anche se tardivo, del latitante la sua famiglia non veniva espulsa e da allora nel campo vige un regime di enorme tensione anche per l'ingresso di comunità abusive che vengono tollerate da autorità ed ente gestore e che aggiungono tensione a tensione. Questa tragedia era annunciata, lo sapevamo noi, lo sapevano tutti, le associazioni di zona che pure sono intervenute più volte, gli enti gestori, gli amministratori. Adesso, dopo la tragedia, la comunità di via Idro non esiste più e anche le speranze di un intervento che ne salvi i resti sono molto deboli.

Questo non è un atto d'accusa, anche noi ci sentiamo responsabili per non essere stati più convincenti nei confronti dell'amministrazione, ma è una richiesta di intervento urgente perché le situazioni precarie sono tante e, mentre auguriamo che in questo caso dietro l'abbandono non ci siano interessi per diverse destinazioni per quell'area, come pure si sente dire, ripetiamo l'appello per le altre situazioni nei campi regolari che da troppo tempo non vengono risolte: parliamo per esempio dei campi di via Martirano e di via Novara, per i quali gli interventi tuttora incompiuti risalgono alla precedente amministrazione. Anche in questi campi la tensione è alta per le soluzioni continuamente procrastinate e per condizioni di vita che precipitano sempre più in basso.

Signor sindaco, ci rivolgiamo a lei, perché questa tragedia non rimanga catalogata tra i normali fatti di cronaca della nostra città, ma perché aiuti tutti noi ad affrontare i problemi delle nostre comunità con lo stesso impegno, lo stesso spirito solidale e con la stessa disponibilità alla partecipazione che meritano tutti i cittadini, qualunque sia la loro etnia. Con questo spirito le chiediamo un incontro per affrontare il quadro di una situazione che va affrontata con urgenza per stabilire situazioni di serenità in ogni comunità, condizione per un vero inserimento sociale.

La consulta Rom e Sinti di Milano ha avviato, in collaborazione con ERRC (Eropean Roma Rights Center), un'azione legale per la cancellazione dei dati personali - un vero archivio parallelo su base etnica - e per ottenere un risarcimento per danni morali da parte delle comunità di Milano che hanno subito il censimento etnico nell'ambito della cosiddetta "emergenza nomadi" decretata dal governo Berlusconi nel maggio del 2008. Questa "emergenza" - e tutti i suoi effetti: censimento, regolamento prefettizio - è stata definitivamente dichiarata illegittima, motivando le richieste di cancellazione dei dati e il risarcimento danni.

Il 4 ottobre il prefetto di Milano ha trasmesso all'avvocato della Consulta, Gilberto Pagani, il verbale di cancellazione dei dati, sia cartacei, sia digitali, raccolti con il censimento. Un primo importante risultato dell'azione della Consulta che ora proseguirà con la causa per il risarcimento danni di chi ha subito un censimento razziale nell'estate del 2008.

 

di Ombretta Rossi (x)

Le rappresentazioni degli Zingari nella tradizione locale sono state espresse attraverso storie che hanno le caratteristiche della leggenda o dei proverbi, attraverso i quali le popolazioni contadine hanno elaborato l'immagine dell' "altro", che non necessariamente doveva essere lo straniero, ma anche l'abitante del villaggio vicino.

Emblematica è una leggenda esistente sulla nascita di Frontale:

"Riguardo all'origine dell'abitato di Frontale la tradizione orale parla di un gruppo di nomadi che, in epoca imprecisata, stava risalendo la Valtellina per recarsi verso il nord. Non potendo proseguire oltre la chiusa di Serravalle a causa dell'ostilità della popolazione del bormiese, essi decisero di transitare per la Val di Rezzalo per aggirare l'ostacolo, attraverso il Passo dell'Alpe e il Gavia. Sopraggiunse l'inverno e la neve caduta in abbondanza impedì loro di proseguire il viaggio. Si stanziarono così sul pianoro che domina la valle in posizione soleggiata, attendendo l'arrivo della bella stagione.

Quando la primavera coprì i prati di fiori e le giornate si fecero più lunghe e calde, i nomadi pensarono che non avrebbero potuto trovare altrove un luogo così bello e decisero dunque di stabilire lì, per sempre, la loro residenza.

Il soprannome scherzoso che i sondalini usano per i indicare gli abitanti di Frontale è sc'troelech che, tradotto, significa "nomade"." 1

Un tempo, al bambino curioso di Frontale desideroso di sapere com'era venuto al mondo, gli adulti rispondevano di averlo trovato perché era stato abbandonato dagli Zingari!

Come mi è stato suggerito da Gabriele Antonioli, Zìnghen è anche il soprannome degli abitanti di Le Prese, tuttavia non se ne conosce il motivo.

A Sondalo era diffuso un proverbio riguardante gli abitanti di Grosotto, ritenuti poco ospitali, in cui si diceva : a Grosót al se férma gnènca i zìnghen.

Il termine "Zingaro" viene attribuito all'"altro" e utilizzato come un aggettivo dispregiativo, ad indicare le caratteristiche negative di chi non fa parte della comunità; richiama la sfera della diversità, è "l'altro" per eccellenza ed è considerato un personaggio socialmente pericoloso, per la sua vita caratterizzata dal vagabondare, soprattutto in una realtà contadina come quella valtellinese.

Nelle inchieste napoleoniche condotte in tutto il regno italico nel 1811, nel paragrafo riguardante i pregiudizi e le credenze diffusi nei territori del "Dipartimento dell'Adda", Giovanni Tassoni riporta una certa attitudine degli abitanti della Valtellina alla superstizione e a credere nella fattucchieria.

Si legge: "Diversi sono i pregiudizi, e varie le superstizioni [che] tormentano ed avviliscono lo spirito di queste popolazioni. Dipendono in gran parte dalla natura del paese che abitano. Lo spettacolo della natura fra i monti, particolarmente nella notte ha sempre qualche cosa di grande e di terribile, capace a scuotere non solo le menti de' deboli e degli ignoranti, ma pur anche talora quelle degli uomini colti ed illuminati. (…) Di qui nasce che generalmente si crede ai fattucchieri, alla malignità ed invidia, de' quali vengono attribuiti i fascini, le malattie e le disgrazie d'ogni genere. Anche i saltimbanchi, i ballerini da corda e qualunque giocolare vengono annoverati nella classe degli stregoni, e se il loro arrivo venisse accompagnato da qualche meteora, si vedrebbero esposti in qualche luogo a gravi dispiaceri." 2

Nel testo, come vediamo, non vengono citati esplicitamente gli Zingari, ma le figure a cui si fa riferimento evocano gli stessi: è infatti probabile che i saltimbanchi di cui parla il Tassoni fossero proprio loro. Si legge che essi erano considerati alla pari di stregoni ed era credenza che, se il loro passaggio fosse avvenuto in concomitanza di eventi atmosferici rari avrebbe portato disagi e sarebbe stato segnale di un brutto presagio.

In un altro documento, citato da Remo Bracchi ne: Nomi e volti della paura nelle valli dell'Adda e della Mera, come Anonimo foglio manoscritto bormino3, è presente una descrizione degli Zingari che richiama la sfera del mito più che quella della realtà.

Tale documento è stato fatto risalire ai primi anni del XIX secolo o alla fine del precedente e di provenienza dalla zona di Valfurva.

Il contenuto non fa pensare ad un documento istituzionale, bensì ad uno scritto personale, ad una sorta di diario delle "memorie", in cui l'autore scrive con l'intento di tramandare ai posteri alcuni insegnamenti.

Sugli Zingari si legge così: "Gli zingari non ponno stare più di tre giorni per ogni paese, per maledizione della Vergine da essi mal accettata in Egitto. Loro si permetta di applicare il fuoco alle paglie che non si accendono. Lontani però da loro i soldi, che qual calamita li attraggono. Del resto acontentali e fuge a facie eorum quasi di stregoni."4

Anche qui ritroviamo l'accostamento fra Zingari e il mondo della stregoneria "e fuge a facie eorum quasi di stregoni": "e fuggì da loro come se si trattasse di stregoni".

Attorno alla valle chiamata li Valmani d'Aprica vi sono delle credenze in cui la figura della zingara coincide con quella della strega: "I più anziani hanno sentito parlare, nella loro lontana giovinezza della dòna dal gioech, una strega che scorrazzava nella valle, apparendo e scomparendo improvvisamente. Inoltre i vicini abitanti di Corteno, per indicare la stessa valle oltre il loro crinale, la definivano al Canàl de la zìnghena, ossia "il canale della zingara", in pratica un sinonimo di strega."5 È da notare come in quest'ultimo caso il termine zingara richiami la sfera dell'alterità: infatti gli abitanti di Corteno collegano, alla figura della zingara, la zona della valle al dì là del loro crinale.

"L'equazione fra ‘zingara' e ‘strega', attraverso l'accezione di ‘vagabonda' si coglie ancora nella voce ogolina sc'trigòza ‘ragazza leggera, da poco, (Rini,64), tart. Strigòz (z) a ‘ragazza, donna leggera, sventata, scriteriata, che suscita pettegolezzi sulla sua condotta' (DVT, 1209)."

"A Livigno ‘il vento che soffia dal Passo del Foscagno (da sud) verso Trepalle, e porta pioggia' viene stigmatizzato come la zìngana, ossia ‘la zingara'. (Emanuele Mambretti). Nel suo capriccioso manifestarsi gli alpigiani sospettavano sempre qualcosa di cupamente disordinato."6

Ne La nascita e l'infanzia, il primo volume de Il ciclo della vita di Marcello Canclini7, dove viene riportata una raccolta di tradizioni popolari dell'Alta Valle, troviamo radicato il noto stereotipo che rappresenta gli Zingari e gli ambulanti in generale come rapitori di bambini: " Radicato nei fanciulli era anche il timore nei confronti degli zingari, i sc'plèngher, o degli ambulanti in genere, che già a partire dalla più tenera infanzia erano descritti dai genitori come rapitori di bambini. Il nome deriva quasi certamente dal termine professionale tedesco Spengler, lattoniere ambulante. A Piatta, in modo parallelo, era al magnàn, lo stagnino, l'uomo nero che rapiva i piccoli capricciosi. Quando il 19 giugno, festa di San Gervasio e Protasio, patroni di Bormio, ci si recava alla fiera, si insegnava ai ragazzi a stare ben aggrappati ai calzoni del papà o alla gonna della mamma, perché c'erano i sc'tròlich che i portàen ìa i bagón e i bagonìn, gli zingari che rapivano piccolini e grandicelli senza troppe distinzioni. Ne La leggenda della zingara del Sass de Scegn, trascritta dal professore Alfredo Martinelli, si narra che la zingara più vecchia del gruppo venne buttata, dagli altri componenti, in un dirupo formato dal Sass de Scegn ad Isolaccia e prima di morire lanciò loro una maledizione. Appena la zingara cadde, dove scorre il torrente Viola, si aprì una fenditura che inghiottì gli altri Zingari e li buttò nel fondo.

Secondo l'autore, da quel momento, il luogo divenne impenetrabile per gli abitanti, perché ancora frequentato dagli spiriti degli Zingari che, nelle notti di luna piena, si aggirano minacciosi e con intenti malvagi.

In Valtellina, soprattutto nella zona dell'Alta Valle, vediamo come, nonostante la bassa frequenza di passaggi di Zingari documentata, siano presenti delle cristallizzazioni, degli stereotipi fissi che connotano tali figure. Lo zingaro richiama la sfera del magico: "Sospeso tra terrore e poesia (…) è un' immagine piuttosto che un uomo concreto". 8

(x) (Estratto dalla tesi di laurea "Da Egiziani a banditi. Il transito degli Zingari in Valtellina nell'Età moderna" premiata al concorso in ricordo di Lisa Garbellini con la seguente motivazione: "La tesi della dott.ssa Rossi è un lavoro originale, che affronta una tematica insolita ma stimolante: la presenza di popolazioni zingare in Valtellina tra 16esimo e 18esimo secolo, attraverso una capillare rassegna bibliografica e un notevole lavoro di archivio. Il lettore viene accompagnato in un immaginario viaggio tra i secoli attraverso le differenti modalità di comportamento delle istituzioni nei confronti delle comunità zingare di passaggio sul nostro territorio".

[...]

 
Di Fabrizio (del 25/11/2013 @ 09:00:57, in Italia, visitato 1900 volte)

di Ernesto Rossi

Sono passati pochi giorni dalla Giornata Mondiale dei Diritti dell'infanzia. Il Comune ha rischiato di ripetere l'impresa di Moioli-decorato: lei a celebrarla coi discorsi, lui con lo sgombero di Rubattino. Occasione persa. Ma lo sgombero rimane: in via Brunetti e Montefeltro si prepara quello di circa 1500 rom romeni, metà bambini, che si sono lasciati 'accumulare' ...anzi, vi si è contribuito con tutti gli altri sgomberi diffusi sul territorio milanese di piccoli gruppi che venivano ad aggiungersi qui, non avendo dove rifugiarsi. Così ora si procede, con un unico intervento spettacolare. Una ripulitura generale della città, perché si presenti al meglio in vista dell'EXPO 2015.

Ma dove andranno, visto che i posti in emergenza che sono stati predisposti (via Barzaghi, Lombroso, Novara) non sembrano superare le duecento unità? E perché, proprio adesso che arriva il gelo di 'Attila', mettere per la strada centinaia di persone senza riparo e di bambini?

È 'l'Europa che ce lo chiede'? Non pare. A Natale del 2011 venne a Palazzo Marino il Signor Schokkenbrok, inviato appositamente dal Consiglio d'Europa. Incontrò a porte chiuse il Sindaco e gli assessori Granelli e Majorino: neppure un comunicato stampa, per una visita così importante, ma la materia era ...delicata: si chiedeva al Comune di Milano di cessare gli sgomberi o comunque di adeguarli alle prescrizioni dell'UE: preavviso, assistenza, destinazione alternativa garantita.
Sono anni che si parla di prevenzione. Per la salute, ma vale anche nel sociale. Costa meno, evita sofferenze. Serve a tutelare i Diritti fondamentali delle persone. Boh.

Insomma, per tutte queste ragioni (!) lunedì mattina si sgombera. Manteniamo le tradizioni.

Sono nomadi? E noi li aiutiamo.

 
Di Fabrizio (del 29/11/2013 @ 09:09:43, in Italia, visitato 2116 volte)

Spett. ex vicesindaco di Milano per una vita, per una volta i ladri non sono quelli che tutti immaginano. Quella che segue non è una storia facile.

Ci eravamo lasciati un paio di anni fa, con 500 sgomberi e passa sul gobbo. Cioè, sempre le stesse persone che venivano sgomberate e continuavano a girare lì attorno.

Era un gioco a rimpiattino, tu, polizia municipale e le ruspe da una parte, 2/300 rom con i carrelli della spesa dall'altra parte. E noi, buonisti nostro malgrado, a ripeterti: "Guarda che questi pezzenti conoscono il gioco meglio di te, non li caccerai mai!" Lo avessimo detto a un pirla qualunque, magari ci avrebbe dato retta, ma tu eri "l'eterno vicesindaco" (lei non sa chi sono me, signor cittadino) e te ne facesti un punto d'onore: continuasti anche quando era chiaro a tutti (anche a te, non negarlo) che non avresti tirato un ragno fuori dal buco. Perché:

  1. alternative non eri capace di trovarle da solo;
  2. pensavi che, in quanto vicesindaco e pure di destra, tu dovessi aver ragione "a prescindere", anche al di là dei fatti.

E' finita che le elezioni le hai perse tu, mica noi. E poi, dopo due anni, le stiamo perdendo anche noi, buonisti nostro malgrado.

    (E qua le cose si complicano: perché tra persone civili è sempre un casino stabilire chi perda le elezioni e perché. Occorre tornare a quella fine maggio del 2011)

MAGGIO 2011: Certo, il vento arancione, la sconfitta della destra, gli scandali (ricordate la casa di Batman?) grandi e piccoli... Sul fronte degli sgomberi, la gente (quella che vota) dopo anni di "cattivismo", aveva votato contro l'allora maggioranza perché da un lato s'era resa conto di quanti soldi andassero spesi in continui sgomberi senza risultati, in secondo luogo perché cominciava a intuire che, in fin dei conti, anche gli sgomberati fossero persone, bambini, anziani, malati... come tutti, e con gli stessi diritti di tante altre persone. Anche criminali? C'erano anche quelli, ma a furia di essere trattati tutti come CRIMINALI, a furia di essere trattati come pacchi postali, non c'erano altre prospettive che diventarlo.

Noi, buonisti nostro malgrado, ripartimmo da lì. Mi ricordo quello che ci raccontava una delle "madri e maestre di Rubattino":

    "Non facemmo niente di speciale, se non quello che ritenevano giusto. A volte eravamo da sole, più spesso c'era gente sconosciuta che ci chiamava, ci offriva aiuto e solidarietà. Perché quello che accadeva ai compagni di scuola dei nostri figli e dei nostri alunni era qualcosa che ci faceva vergognare come cittadine. Fu un momento di uscita da un ghetto mentale in cui si era noi da una parte e i rom dall'altra. Ci fu chi fece cose simili in passato, questa volta fummo in tanti, senza essere un movimento, senza altra identità che quella di cittadini e cittadine di Milano."

Nel frattempo, cosa combinava la macchina comunale, quelle stesse persone con cui si era affrontato la campagna elettorale spalla a spalla? Sgomberi ce ne sono stati ancora (in tutto questo tempo) ma si è trattato di una specie di "terapia a scalare": quello che prima veniva sbandierato ora avveniva col maggior silenzio possibile; di sicuro non sono stati 500, le famiglie non corrono più il rischio di essere divise, la polizia fa meno mostra di testosterone... a cinque mesi dall'insediamento della nuova giunta mantenevo tutta una serie di dubbi e insoddisfazioni. Dopo oltre due anni momenti critici continuano.

    (Il discorso va complicandosi ancora, abbiate pazienza)

Andando per punti:

  • Restando alla faccenda "sgomberi": non sono un tabù, ci sono dei casi in cui vanno effettuati. Ricordava Ernesto Rossi nel suo recente intervento che devono essere una misura da prendere quando non ci sono alternative, e quindi dev'esserci un adeguato preavviso, assistenza, una destinazione alternativa garantita. Non si tratta soltanto di trattati internazionali che l'Italia ha sottoscritto (e che ci indignano se è uno stato estero a non rispettarli), ma il nodo POLITICO è la gestione: lo sgombero deve presupporre determinate garanzie date da una trattativa con i soggetti coinvolti, altrimenti è solo una misura discrezionale del governante, buono o cattivo che sia.
  • Quindi le politiche, anche quelle repressive, devono presupporre interlocuzione: con i cittadini, con le loro associazioni, con i rom stessi. Questo è mancato assolutamente con l'amministrazione passata, con quella attuale, dopo un primo periodo di incomprensioni reciproche, il dialogo è stato una costante doccia scozzese. Da un lato si è certamente allargato il ventaglio dei soggetti coinvolti, dall'altro cittadini, associazioni, rom sono stati cooptati in singoli momenti periodici, escludendoli poi al momento delle decisioni e delle scelte. Certe volte il dialogo è avvenuto solo con circoli ristretti, rischiando di rompere le forme associative comuni che si erano formate. A parte questo, la costante dell'approccio alle richieste della "società civile" (se vogliamo usare un termine di moda) è stato di una sequela infinita di promesse, quasi mai mantenute. Rileggevo una sobria lettera inviata dalla comunità rom di via Idro (sì, proprio quella che impazza nelle cronache attuali) a giugno 2011: non una delle loro richieste è stata, non dico risolta, ma iniziata ad affrontare. Non c'è da stupirsi se ad un certo punto la situazione è precipitata O era quello per cui qualcuno lavorava in segreto già da allora?
  • Si è partiti, quindi, con speranze e promesse, già cassate a luglio 2011 dal famigerato "Patto di stabilità". Non ci sono soldi, ci è stato ripetuto in tutte le salse e anche un bambino lo capisce che senza palanche le promesse rimangono sogni. Però, ridurre le scelte e la progettualità ad una questione di FONDI DISPONIBILI è stato per questa maggioranza un lampante ERRORE POLITICO: da un lato perché il messaggio che ne deriva è che senza soldi non si possono fare scelte, e che siamo tutti MENDICANTI alla mercé del benefattore di turno (insomma, la solita politica classista); dall'altro perché esisteva (e forse esiste ancora) un capitale politico UMANO (lo stesso che ha deciso l'esito delle precedenti elezioni comunali) che poteva essere speso. Da questa impostazione politica comunale derivano alcune scelte: ad esempio sin dall'inizio  si erano ventilati colloqui tra comune e famiglie residenti nei campi comunali; per quanto fosse un'operazione a costo quasi zero, non sono ancora stati avviati; l'anno scorso è pure stata messa la cifra (spropositata, secondo la mia opinione) a bilancio nell'iper pubblicizzato PIANO COMUNALE, ebbene, tutto è ancora fermo.
  • Ma quando i soldi c'erano, che fine hanno fatto? De Corato ha potuto finanziare parte dei suoi infiniti sgomberi (ma la questione di dove provenissero i fondi è ancora misteriosa), dai 29 milioni circa del piano Maroni. L'altro grosso intervento fu la chiusura del campo comunale Triboniano-Barzaghi, con la campagna elettorale ormai in pieno svolgimento.
  • Alcuni degli sgomberati dei campi Brunetti e Montefeltro sono dei profughi di quell'altro sgombero di oltre due anni fa, tanto per dare una misura dell'efficacia di allora. Altra maggioranza, e il problema si ripropone. Differenti i toni: tutto tranquillo, le operazioni si sono svolte senza problemi, in 254 hanno accettato l'ospitalità offerta dal comune.
  • Certo, tutto tranquillo, SINORA. Ci sono 300 persone a spasso nella zona, in cerca di un posto dove rifugiarsi; viene da chiedersi:
  1. cosa è cambiato rispetto a due anni fa?
  2. così la situazione è destinata a rimanere tranquilla?
  • Il punto dell'ospitalità è interessante. Perché sembra che la capacità di ospitare da parte del comune non superasse le 200 presenze (su 600 sgomberati circa). Stabilito che comunque qualcuno si sarebbe "nascosto" per tempo, forse il comune offriva un'ospitalità inesistente.
  • Ma torniamo a parlare di soldi. Se De Corato (forse) finanziava i suoi sgomberi coi fondi del piano Maroni, quando il piano è stato bloccato, non solo sono terminati tutti gli interventi di sostegno alla comunità (compresi quelli dell'ordinaria manutenzione dei campi comunali, e non si capisce il perché) ma, anche volendo, non c'erano più soldi per sgomberare, dato che anche sgomberare ha un costo. Sbloccati nuovamente i fondi (ne restavano circa 5 milioni) ben 2 milioni vengono investiti nel centro do emergenza (emergenza? A De Corato sono fischiate le orecchie!) di via Lombroso, contro i 260.000 destinati a scuola e lavoro. La declinazione di EMERGENZA non si applicava ai nomadi: ma alla solita compagnia di imprese, cooperative, professionisti della gestione dei campi, che da tempo non vedevano più un soldo.
  • C'è un nuovo soggetto che da un po' di tempo sta facendo sentire il suo fiato, si chiama EXPO. A volte in maniera inquietante, altre volte in maniera più civile. Cioè, da 10 anni sento parlare di "superamento dei campi", senza vedere atti concreti corrispondenti. Là dove sinora non era arrivata la politica, stanno riuscendo gli appetiti suscitati da questo EXPO. Capita l'antifona, va ripetendolo anche il comune: i campi (comunali o no) s'hanno da chiudere, ed è stato trovato il sistema più semplice: basta non intervenire di fronte a qualsiasi urgenza, umana o strutturale che sia. Nel frattempo, come nel caso di via Lombroso, se ne stanno costruendo di nuovi, per la gioia degli amici di sempre, che offrano ospitalità a termine (mascherata da integrazione) e gestiti in maniera privatistica, come certe carceri USA.

Insomma, niente di facile e di promettente. Sembra che l'amministrazione attuale abbia scelto per "la riduzione del danno": politiche forse più UMANE di quelle precedenti (forse più ipocrite), che però non ne mettano in discussione le logiche e gli interessi.

Può essere, che qualche lettore particolarmente sveglio, noti qualche somiglianza tra l'approccio municipale alle questioni rom e quello ad altri punti problematici della città. Qualcuno, forse ragionerà sulla similitudini tra queste politiche, e la situazione nazionale dove, che si vota per la destra o la sinistra, ti servono sempre la stessa minestra. Non lo so ; - ) in Mahalla si ragiona di rom e di sinti, ma... si è anche ripetuto molte volte che come si affrontano queste problematiche è uno specchio di come veniamo trattati noi cittadini di serie A.

    PS: e le prossime elezioni? De Corato ed eredi hanno fatto poco o niente per meritarlo, ma secondo me non ci sarebbe niente di strano se la prossima volta a vincere fosse la sua banda.
 
Di Fabrizio (del 01/12/2013 @ 09:02:51, in Italia, visitato 1406 volte)

Asce: "Ingiustificata e senza mandato" L'UNIONE SARDA Venerdì 29 novembre 2013 20:27
L'associazione attraverso il presidente Antonio Pabis chiede di far luce sull'accaduto e scrive al prefetto Giuffrida.

"Un'irruzione ingiustificata". E' così che Antonio Pabis, presidente della Asce (Associazione sarda contro l'emarginazione), definisce la perquisizione da parte di un contingente dei carabinieri all'interno di tutte le abitazioni dell'insediamento in località Pizz'e Pranu a Selargius. "L'associazione è venuta a conoscenza di questa irruzione e, secondo una prima ricostruzione, pare che questa sia avvenuta senza che vi fosse un regolare mandato", sottolinea Pabis. Inotre, sempre secondo quanto riporta il presidente dell'Asce, "le modalità sono state ingiustamente invasive". L'Asce oltre denunciare l'accaduto ha chiesto un incontro con il Prefetto di Cagliari, Alessio Giuffrida attraverso una lettera nella quale si sottolinea che "l'accaduto non favorisca l'auspicato clima di inclusione sociale già più volte evidenziato anche dal Consiglio dei ministri".

 

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