Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 04/07/2007 @ 10:16:50, in scuola, visitato 1705 volte)
Da Slovak_Roma
L'associazione Luludi è una delle prime organizzazioni in Slovacchia dedicata al rafforzamento dell'identità culturale rom, tramite la letteratura ed ha pubblicato due numeri di una rivista bilingue per l'infanzia Rom chiamata Luludi (che in romanes significa "fiori")
Dezider Banga, conosciuto poeta Rom ed editore della serie, ci pensava dal 1997 dopo la pubblicazione del libretto per l'infanzia - Romano hangoro and Romani genibarica. Scopo della rivista è di colmare il gap del sistema educativo in Slovacchia - mancanza di adeguato materiale di lettura per i bambini Rom.
Le due uscite, supportate dal progetto VORBA sono dedicate alla crescita della consapevolezza culturale dei bambini rom, presentando loro materiale di facile lettura con storie e poemi. I testi sono affiancati da immagini colorate per attirare l'immaginazione dei bambini.
Le due uscite della rivista hanno raggiunto il loro target attraverso una distribuzione a tappeto delle istituzioni slovacche - scuole ed altre autorità educative.
Page Back - Issue 37 - June 2007
Di Fabrizio (del 08/07/2007 @ 09:53:23, in scuola, visitato 1838 volte)
Da Czech_Roma
Krnov, North Moravia, July 3 (CTK) - Il municipio di Krnov abolirà le classi speciali dove il 95% dei bambini sono Rom. L'ha comunicato oggi Dita Cirova, portavoce del municipio.
Cirova ha detto che il municipio intende integrare i Rom nelle altre scuole della città per evitare ulteriori problemi in seguito con le classi collettive.
Uno dei principali aspetti della decisione è che i costi per le scuole speciali sono diverse volte superiori delle altre scuole, aggiunge Cirova.
"Non intendiamo separare i Rom, quantunque i Rom stessi hanno scelto la scuola," dice la vicesindaca Alena Krusinova.
"Tuttavia, vogliamo offrire loro le stesse possibilità e condizioni di educazione come per il resto dei bambini di Krnov," dice la Krusinova.
La scuola segue i bambini dal primo al quinto grado ed è molto popolare tra i Rom, in quanto tiene conto dei loro problemi.
Gli insegnanti prestano attenzione alle relazioni e tradizioni dei Rom, la scuola fornisce corsi preparatori e attività libere e ci sono assistenti Rom. Ci sono gruppi di musica e danza.
Però i problemi emergono quando i bambini avanzano al sesto grado dell'istruzione.
"Entrano nelle classi dove già ci sono collettivi stabilizzati. A causa delle diverse caratteristiche e complessità, a volte è difficile per loro integrarsi" continua Krusinova.
Frequentando la scuola collettiva già dal primo grado, hanno maggiori possibilità di raggiungere livelli più alti e integrarsi col resto dei bambini, aggiunge.
L'integrazione partirà da settembre. D'altra parte, il municipio intende fornire le scuole di assistenti Rom.
Di Fabrizio (del 09/08/2007 @ 09:30:55, in scuola, visitato 2375 volte)
Ricevo da Maria Grazia Dicati
Cronistoria e Motivazione di un Percorso Matematico
Le proposte raccolte si riferiscono a un percorso di insegnamento-apprendimento
relativamente ad alcuni concetti aritmetici ed in particolare al concetto di
numero
Tale percorso é il risultato di una attività di "ricerca sul campo" come
fonte privilegiata per l'acquisizione di conoscenze e di tecniche più adeguate
per favorire l' apprendimento degli alunni Rom.
Per gli alunni Rom ai quali si riferisce lo specifico intervento didattico
l'apprendimento risultava condizionato da numerosi fattori, tra cui
l’insufficiente conoscenza della lingua italiana e la mancanza di esperienze
prescolastiche nella scuola dell’infanzia.
Tali problematiche, rivelatesi in tutta la loro gravità in un'alunna, hanno
rappresentato la "motivazione psicologica e professionale" per la
ricerca-azione.
“All’inizio del mio lavoro, come insegnante distaccata dalla classe, ben
presto mi sono accorta del grave dislivello degli alunni rom rispetto ai
compagni: tutti per quanto riguarda l’area logico matematica avevano grosse
lacune perfino sugli apprendimenti elementari e primari, concetti chiave che
pregiudicano gli apprendimenti successivi.
Una ragazzina di V conosceva a fatica i numeri entro il 10 con incertezza nella
lettura tra il 7 ed il 4 e il 6 ed il 9, un'altra di IV conosceva con difficoltà
i numeri entro il cento ma non conosceva la struttura della numerazione in base
10, un'alunna di II non conosceva i numeri e.... potrei continuare con altri
esempi.
Dopo i primi tentativi di ripercorrere le fasi in modo più lento,
individualizzando al massimo il percorso e utilizzando i materiali più comuni
(regoli, blocchi logici, multibase...), mi sono accorta che i risultati non
erano soddisfacenti ed inoltre i bambini erano demotivati e a volte si
rifiutavano di lavorare.
Si era tentato di utilizzare alcuni giochi motori, ma l’eccitazione ed altri
elementi interferivano nell’attenzione e nella concentrazione e non favorivano
né l’apprendimento né la relazione
Una bambina in particolare soffriva tremendamente e non riusciva a capacitarsi
sul fatto che tutti avevano imparato mentre lei no : era talmente frustata e si
sentiva così inferiore rispetto ai suoi compagni che anche nelle attività dove
era molto brava, ad esempio nel gioco della pallavolo, era impacciata e rigida;
in classe si mimetizzava, non interveniva e non partecipava , inutili erano le
mie spiegazioni sul fatto che lei parlava un’altra lingua e che l’insegnante,
non conoscendo tale lingua, si trovava in difficoltà.
D’altra parte la non conoscenza dei segni numerici e delle prime competenze
logico matematiche non permetteva molte possibilità di lavoro all’interno della
classe per cui durante le attività matematiche specifiche, si doveva procedere
con un lavoro differenziato non sempre motivante e/o gratificante.
Molto più grave era la situazione della ragazzina di V, che , sprovvista della
strumentalità minima di base , può aver vissuto in modo negativo i cinque anni
di scuola e in particolare una disciplina così importante come la matematica,
l’insegnante avrà pensato che la bambina forse aveva problemi o deficit
intellettivi e chissà che opinione sulla scuola si saranno fatto i genitori
della ragazzina.
Risultati così deludenti non contribuiscono certamente a creare quel clima di
fiducia e di stima tra il mondo dei rom e la scuola”.
Questa situazione alquanto generalizzata, è stata di stimolo per individuare
metodi e strategie alternative, per favorire l'apprendimento dei concetti in un
contesto di accettazione e valorizzazione del sé, nonché della "fiducia di
base".
E' chiaro dunque che la metodologia qui proposta, non é stata utilizzata con i
bambini Rom che seguivano il regolare programma scolastico.
“Si procedeva abbastanza parallelamente con la programmazione di classe e non
era completamente alternativo a ciò che l’insegnante di classe svolgeva, ma di
supporto e di integrazione, in quanto l’obiettivo primario era quello di far
partecipare a pieno titolo il bambino rom all’attività della classe .
Proposte che prevedono un insegnamento alternativo, secondo me, sono proposte
che possono tenere l’alunno lontano dalla classe ed inoltre in caso di un
cambiamento di scuola, cosa peraltro frequente tra i rom, l’alunno potrebbe
trovarsi in difficoltà;
ritengo quindi di fondamentale importanza considerare i metodi e gli itinerari
più comuni che vengono attuati nelle classi”
Le difficoltà riscontrate riguardavano l'acquisizione di "concetti chiave"
che pregiudicano gli apprendimenti successivi, quali:
- lettura e nella scrittura dei simboli numerici;
- aspetto ordinale del numero;
- aspetto cardinale del numero;
- valore posizionale delle cifre.
La metodologia proposta vuole sviluppare il concetto di numero
"valorizzando le precedenti esperienze degli alunni Rom nel contare e ricordare
i simboli numerici, in contesti di gioco di vita familiare e sociale"
“Osservando quello che facevano al campo e quali erano le attività che più li
attiravano, un po' alla volta e procedendo per tentativi, ho elaborato un
percorso che si attua attraverso alcuni giochi con le carte”.
Il gioco rappresenta per i bambini Rom e Sinti un elemento di forte
MOTIVAZIONE ad apprendere.
Il gioco, infatti, si presenta come un "luogo di apprendimento"
semplice, con regole precise e definite, dove la lingua non é più veicolo
privilegiato di conoscenza, ma semplice strumento a fini pragmatici.
Il bambino impara attraverso il fare, per semplici deduzioni, senza subire lo
"svantaggio" dovuto alla scarsa o mancata conoscenza della lingua italiana.
Il contesto di gioco organizzato, ripetitivo dal punto di vista simbolico,
linguistico, affettivo, emotivo e relazionale attraverso giochi individuali, in
coppia o per piccoli gruppi, rappresenta un momento positivo:
- di apprendimento alla pari dei coetanei gagé;
- di socializzazione attraverso la conoscenza ed il rispetto di alcune
regole;
- di relazione con se stesso e gli altri attraverso il superamento
dell'ansia;
- di conoscenza della lingua italiana, veicolo per assolvere a semplici
richieste e bisogni.
Le attività di gioco non sono proposte in forma alternativa ad attività e
materiali strutturati ma a loro integrazione.
“Durante gli spostamenti da una scuola all’altra i giochi che utilizzavo con
alcuni bambini rom precedevano il mio arrivo; appena iniziavo, mi veniva
richiesto” ci fai giocare al gioco del cambio?....”, questo mi faceva capire che
i bambini che appartenevano a famiglie diverse e che abitavano in luoghi
diversi, quando si ritrovavano, parlavano di scuola, contrariamente a quanto si
può pensare.
Inoltre alcuni giochi erano così coinvolgenti che dovevo costruirne una serie
per permettere loro di continuare a giocare anche al campo sia con gli adulti e
sia con i più piccoli che ancora non frequentavano e questo costituiva un bel
biglietto da visita per la scuola soprattutto per quei bambini che si dovevano
iscrivere”
Una simile proposta metodologica appare sempre più percorribile e produttiva,
nella misura in cui si realizza un raccordo metodologico didattico tra le
insegnanti che intervengono sul bambino Rom.
L'impostazione ludica delle attività, l'accordo sull'uniforme utilizzo della
simbologia pur nella molteplicità delle esperienze proposte agli alunni,
appaiono variabili determinanti per un apprendimento lineare e progressivo.
Inoltre, se il gioco rappresentava sempre il "momento operativo
significativo" era riproposto successivamente anche nella forma scritta
con schede predisposte che rispettavano la gradualità precedentemente espressa
nel gioco e utilizzavano i medesimi simboli.
FINALITA’ EDUCATIVE DEI GIOCHI
Il gioco come "metodologia privilegiata" per coinvolgere gli
alunni Rom in un percorso di apprendimento efficace e significativo, é una
scelta che risponde a molteplici finalità:
- valorizzazione di sé ed autostima;
- valorizzazione della lingua romanés
- apprendimento-prevenzione-recupero;
- conoscenza e rispetto delle regole scolastiche
Prima di tutto nel gioco si propone un clima positivo di accoglienza, in cui
l'alunno Rom si trova in condizione di assoluta parità con i coetanei e ciò
favorisce lo sviluppo dell'autostima attraverso il superamento di difficoltà
linguistiche e concettuali che spesso il bambino Rom incontra nella "lezione
tradizionale" basata sulla comunicazione verbale dei concetti.
Inoltre, nell'attività ludica, il bambino Rom utilizza con abilità le sue
capacità intuitive, deduttive e pratiche; questo suscita nei compagni
atteggiamenti di stima che accrescono la "fiducia in sé dell'alunno Rom e
favoriscono un più armonico sviluppo della sua dimensione affettiva ed emotiva"
Nel gioco il bambino Rom scopre un "ambiente gratificante" dove
apprendere in modo spontaneo e divertente, attraverso l'azione diretta e mirata
tendente ad uno scopo preciso ed immediato.
Attraverso il gioco l'alunno si appropria, per deduzione, di conoscenze e
concetti come punti di riferimento cognitivi da utilizzare in contesti
successivi e differenziati mediante generalizzazioni ed astrazioni.
Nel gioco, l'alunno Rom é motivato a conoscere e rispettare regole stabilite
precedentemente; in tal modo egli si confronta con regole "diverse" dalla sua
cultura di appartenenza e progressivamente acquisisce una gamma diversificata di
atteggiamenti e comportamenti.
- Il gioco é predisposto tenendo conto di alcune variabili fondamentali
quali:
- l'interesse che può suscitare nell'alunno;
- le conoscenze da raggiungere in coerenza con i fondamenti
epistemologici della disciplina;
- le abilità cognitive e linguistiche da potenziare;
- il percorso cognitivo da innescare nell'alunno considerando l'età
psicologica.
Quindi: "dall'esperienza diretta a quella pensata" dal "concreto
all'astratto".
Fondamentale, nella realizzazione del gioco, è l'atteggiamento dell'insegnante
che non può né estraniarsi, né dirigere con atteggiamento autoritario, nè
fungere da semplice spettatore; deve farsi piuttosto animatore che guida e
partecipa con il medesimo entusiasmo degli alunni, pronto a sostenere,
incoraggiare e gratificare.
Inoltre, poiché l'amicizia tra l'alunno Rom e gagé non sempre si instaura
spontaneamente, l'insegnante dovrà essere particolarmente attenta a cogliere i
minimi segnali di positiva convivenza e relazione, per potenziarli e
rafforzarli.
TIPOLOGIA ED ELENCO DEI GIOCHI
I giochi proposti utilizzano materiali con i quali i bambini Rom, per motivi
culturali, hanno maggior familiarità, quali il gioco con le carte, i dadi, il
denaro, le auto e la velocità
- il gioco a scopa
- la tombola (prima, seconda, terza)
- il primo gioco del cambio
- carta her
- il trenino dei numeri
- i numeri amici
- alla stazione del...
- il secondo gioco del cambio
- le carte di baba
Tutti questi giochi sono finalizzati a sviluppare il concetto di numero ad
integrazione delle attività di classe e si riferiscono ai diversi livelli di
acquisizione
1) Conoscenza del segno numerico
- nominalizzazione
- lettura
- scrittura
Il bambino Rom, non adeguatamente sostenuto dalla competenza linguistica in
lingua italiana, raggiunge questo livello con maggior difficoltà rispetto ai
bambini gagè; pertanto le tre abilità: pronuncia, lettura e scrittura
devono essere allenate attraverso specifici percorsi con una particolare
attenzione all'aspetto linguistico.
2) Aspetto ordinale del numero.
3) Aspetto cardinale del numero.
4) Valore posizionale delle cifre.
Per quanto riguarda l’aspetto cardinale del numero e il valore posizionale sono
stati utilizzati i giochi con le carte e l’uso del denaro, sviluppando in modo
graduale il processo della simbolizzazione e allenando le abilità del contare
come sequenza numerica verbale e come corrispondenza tra l’atto del contare e la
quantità numerica.
Mentre per l’acquisizione dell’aspetto ordinale del numero si è utilizzato uno
sfondo di tipo fantastico con l’utilizzo di un trenino un po' speciale, dove la
sequenza numerica verbale non era più una corrispondenza tra l’atto del contare
ed una quantità numerica, ma una corrispondenza tra l’atto del contare e uno
spostamento da sinistra a destra seguendo l’asse orizzontale dei numeri fino al
numero 9
L'esperienza con i bambini Rom ha evidenziato l'importanza di programmare
separatamente, percorsi graduali, mirati ed esaustivi per ciascuno dei quattro
obiettivi
La programmazione dettagliata di contenuti, attività e modalità di verifica, se
é la base di ogni lavoro scolastico, rappresenta la condizione assolutamente
inderogabile per guidare e controllare il processo formativo dei bambini Rom.
ORGANIZZAZIONE DEI GIOCHI
Alcuni giochi venivano realizzati in classe con tutti i compagni, per altri
giochi si utilizzava un’altra aula adibita a laboratorio interculturale : queste
le possibilità e le modalità
- bambino Rom più insegnante;
- gruppo di bambini Rom di diversa età e diverso livello di apprendimento
più insegnante;
- gruppo di bambini Rom e bambini gagé appartenenti alla stessa classe più
insegnante.
Le modalità indicate dovevano valutare diverse esigenze:
- i tempi di attenzione e concentrazione
- il numero ridotto come condizione più idonea per la attiva
partecipazione di tutti gli alunni;
- permettere all'insegnante di seguire l'alunno Rom con maggiore
continuità sia per gli apprendimenti logico matematici, che per il rispetto
delle regole;
- offrire all'alunno Rom la possibilità di allenarsi senza sforzo su
abilità acquisite, soprattutto in riferimento a problemi dovuti alla
frequenza irregolare e alle mancate esercitazioni pomeridiane
La scelta di una modalità di gioco rispetto ad un'altra dipendeva:
- dalla disponibilità di orario per l'insegnamento individualizzato;
- dal rapporto instaurato tra l'alunno Rom e l'insegnante;
- dal tipo di collaborazione offerta dalle altre insegnanti del
team,soprattutto in ordine alla gestione dei tempi di compresenza;
- dalla difficoltà del bambino a stare in classe per seguire il
normale
programma;
- dalla necessità di creare momenti d'incontro positivi e
soddisfacenti
tra tutti gli alunni Rom del gruppo e tra gli alunni Rom e gli alunni gagé
che frequentavano la stessa classe.
E’ superfluo sottolineare che la terza modalità è la più produttiva ed
efficace non solo per i risultati che si sono registrati sul livello di
apprendimento ma soprattutto sul versante relazionale ed affettivo : la
relazione positiva con i compagni costituisce una condizione fondamentale per
l'apprendimento.
Inoltre inizialmente venivano utilizzati come unica attività alternativa
alle lezioni in classe, in un successivo momento, nella misura in cui procedeva
la socializzazione, venivano proposti come base e motivazione alle attività
scolastiche, infine erano concessi come gratificazione e/o premio.
Di Fabrizio (del 03/09/2007 @ 09:20:34, in scuola, visitato 2279 volte)
Invio mio articolo sulla didattica interculturale,
se volete pubblicarlo.
Saluti Maria Grazia Dicati
Premessa
La significativa presenza, all’interno delle scuole,
di bambini stranieri ha evidenziato e fatto emergere prepotentemente la
questione della cultura e della lingua come elementi basilari da tenere
nella dovuta considerazione nel percorso scolasico, tanto che le parole
educazione e pedagogia interculturale sono ormai entrate nel
linguaggio complessivo della scuola.
I rom e i sinti, pur essendo, per la maggior parte
cittadini italiani, possono essere considerati gli stranieri più vecchi
(in Italia dal 1400) per quanto riguarda LA LORO CULTURA E LA LORO
LINGUA, anche se questi due aspetti non sono mai stati sufficientemente
accreditati se non per gli aspetti più appariscenti e folcloristici
quali il nomadismo, l’abbigliamento, le abitazioni…
Ma, gli insegnanti con bambini rom in classe, prima
ancora che iniziasse l’immigrazione da altri paesi e non si fosse
sviluppato un dibattito così forte sulla cultura, sulla lingua altra e
sull’apprendimento dell’italiano come seconda lingua (L2), dovevano
comunque fare i conti con questi due fattori.
I bambini stessi li ponevano quotidianamente e, a
meno che uno non chiudesse occhi ed orecchie, non era possibile
ignorarli.
Come si fa ad ignorare una bambina che si pone e ti pone
questa domanda :
” Perché Maria Grazia devo imparare a parlare come
gli altri bambini e gli altri bambini invece non devono imparare a
parlare come parlo io?” E quasi per una forma di protesta o per farci
capire il suo disagio psicologico e le sue oggettive difficoltà, a
volte, si rapportava con me e con i docenti solo in lingua romanés: io
le chiedevo qualcosa e lei parlava e rispondeva solo utilizzando la sua
lingua romanés.
La risposta potrebbe sembrare facile, bastava dire
che nessuno conosceva la sua lingua, ma in realtà non era solo questo,
la richiesta esprimeva un bisogno più interiore rispetto alla sua
identità.
Ancor oggi, infatti, nonostante l’interculturalità sia una concetto
acquisito e condiviso in una realtà sociale e scolastica multiculturale,
sembra che il progetto interculturale arrivi fino ad un certo punto
oltre il quale ci sono i rom e i sinti.
Nell’unica e superata C.M. 207/86 “Scolarizzazione
degli alunni nomadi e zingari” i bambini rom vengono definiti come
“soggetti svantaggiati sul piano socioculturale”, ma l’appartenenza ad
una cultura diversa e il parlare una lingua diversa, peraltro
antichissima, può determinare uno svantaggio socioculturale?
Con quali parametri viene valutato lo svantaggio?
Qual è la cultura di riferimento rispetto alla quale la cultura rom è
inferiore?
Non c’è forse il rischio di confondere gli elementi
propri della cultura romanì con gli effetti dell’emarginazione e
dell’esclusione sociale, propri di qualsiasi comunità costretta a vivere
in determinate condizioni?
La scuola, e non solo, avrebbe il compito e il dovere di chiarirsi sul
modello culturale a cui fare riferimento e dimostrare che l’educazione
interculturale può tradursi in forme organizzative e strategie
didattiche di lavoro quotidiano, NON solamente come interesse e scelta
del singolo docente più sensibile e motivato perché ha il bambino rom/sinto
in classe, ma come progetto anche dove non frequentano bambini rom,
sinti o bambini stranieri.
Solo in questo modo si concorrerà a costruire quel
dialogo necessario ad una civile e positiva convivenza, eliminando
qualsiasi forma di barriera fisica, mentale, culturale, che ci impedisce
di conoscere ed interagire con chi è diverso.
Non è quindi possibile parlare di didattica
interculturale relativamente ai rom e ai sinti senza un legittimo
riconoscimento della culturale e della lingua romanì, condizione
inderogabile per la costruzione e la condivisione del progetto
educativo interculturale tra le comunità Rom-Sinte e la scuola .
La Didattica interculturale
Diventa però superficiale e riduttivo parlare di
DIDATTICA INTERCULTURALE facendo riferimento solamente alla
canzonetta, al balletto, alla poesia, o alla costruzione della maschera
africana……, in quanto tali interventi potrebbero fissare e non
contrastare gli stereotipi e i pregiudizi.
Un progetto interculturale dovrebbe, a mio giudizio,
innanzitutto contemplare la DIMENSIONE
RELAZIONALE tra i docenti della scuola e le famiglie dei i
bambini rom /sinti.
Come può fare un insegnante a progettare il suo
intervento educativo e didattico se non conosce le modalità educative
dei bambini rom?
Come fa ad interpretare i loro comportamenti ed
atteggiamenti nel momento in cui si differenziano dagli altri bambini?
Come predisporre gli interventi per motivarli, per
gratificarli, per valorizzarli! Quali modalità deve mettere in campo per
rimproverarli e in quali circostanze è doveroso farlo ?
Rispetto a questi interrogativi risulta troppo
sbrigativo e teorico sostenere ed esigere il rispetto delle regole in
base al principio di uguaglianza di tutti gli alunni : tale affermazione
diventa irrealizzabile se non si parte dal presupposto che “a volte” il
punto di partenza della maggior parte degli alunni non rom/sinti
costituisce il punto di arrivo per gli alunni rom/sinti, tragurdo
che richiede una progettazione specifica sulle competenze sociali e
comportamentali da acquisire all’interno della scuola.
Non si chiede agli insegnanti di accettare o di
condividere le scelte educative dei rom e dei sinti, anzi si potrebbe
anche essere contrari ai loro stili educativi, ma si richiede
conoscenza, comprensione e rispetto per chi ha adottato un modello
educativo adeguato alla vita di un popolo nomade, secondo convinzioni e
motivazioni storiche, culturali e sociali.
Come si può adeguare il nostro intervento educativo e
non conoscere che il bambino rom viene educato all’autonomia, ad essere
responsabile delle sue scelte, che difficilmente viene obbligato a fare
ciò che non vuole, che diverse sono le modalità del rimprovero, che è
innanzitutto educato al vincolo del sangue, alla solidarietà della sua
famiglia e del suo gruppo di appartenenza in opposizione alla società
stanziale spesso ritenuta minacciosa e nemica………
Ecco quindi l’importanza della conoscenza e del
dialogo innanzitutto con le famiglie dei bambini rom e sinti e, dove non
fosse possibile, attraverso il rapporto con i mediatori culturali dello
stesso gruppo rom/sinto, grazie ai quali diventa più semplice la
disponibilità, l’apertura e l’interazione per realizzare il percorso di
continuità educativa tra ciò che il bambino apprende nel suo contesto
familiare e ciò che deve imparare a scuola.
Un secondo aspetto che la DIDATTICA INTERCULTURALE
dovrebbe considerare riguarda la METODOLOGIA
DELLE SINGOLE DISCIPLINE : si può forse sottovalutare che il
bambino rom/sinto appartiene ad un popolo con una cultura orale?
Un’approfondita e seria riflessione pedagogica sullo
stile cognitivo di bambini di cultura orale, probabilmente potrebbe
scandagliare meglio le loro difficoltà di apprendimento (nelle nostre
scuole) e di conseguenza ricercare e sperimentare le strategie adeguate
da adottare.
Nella scuola infatti si registrano tra i vari docenti
posizioni differenziate : alcuni sostengono che i bambini rom/sinti
hanno uno stile cognitivo uguale a qualsiasi altro bambino e di
conseguenza si devono adottare gli stessi metodi per l’apprendimento;
altri invece sono convinti che la causa dell’insufficiente apprendimento
è da addebitare allo stile cognitivo diverso; altri ancora considerano
le difficoltà di apprendimento come dei disturbi e quindi propongono
metodologie ed interventi simili a quelli che si utilizzano con i
bambini disabili o con percorsi individualizzati fuori dalla classe.
Escludendo però che tutti i bambini rom possano avere deficit
intellettivi, i dati oggettivi relativi all’apprendimento, sono
estremamente al di sotto degli standard minimi richiesti per tutti gli
alunni : nella maggior parte dei casi i bambini rom/sinti raggiungono un
livello nettamente inferiore a quello degli altri bambini, pur restando
spesso a scuola per tempi più lunghi rispetto agli altri ; in molti
casi non riescono ad acquisire nemmeno la strumentalità della lettura e
della scrittura, motivazione primaria per cui i rom mandano i loro
figli a scuola.
Si può ignorare che nel loro gruppo si esprimono e
comunicano in romanés e che la competenza nella lingua italiana potrebbe
essere molto limitata?
Considerando poi che nella maggior parte dei casi
sono bambini che hanno esperienze esclusivamente con i coetanei del loro
gruppo e che i bambini non rom difficilmente fanno amicizia con loro,
anzi spesso li temono, non si può non intervenire a livello
metodologico con modalità socializzanti e di lavoro cooperativo.
Tutto questo potrebbe richiedere un’organizzazione
della classe più flessibile, per piccoli gruppi o attività di
insegnamento personalizzato, con orari di lavoro ben definiti ed con
criteri valutativi adeguati al percorso didattico delineato.
Infine parlare di DIDATTICA INTERCULTURALE,
significa non trascurare i percorsi di
EDUCAZIONE ALLE DIVERSITÀ, come sfondo integratore delle
discipline, non come spazio a parte, non
come qualcosa che si aggiunge, ma qualcosa che va a modificare, a
integrare le discipline scolastiche seguendo due livelli :
- livello base secondo il principio che non siamo tutti
uguali, ma TUTTI DIVERSI, allo scopo di far acquisire agli
alunni gli strumenti di base, l’alfabeto e quelle competenze utili
per affrontare tematiche più impegnative. Se la finalità educativa
per interiorizzare che “diversità” non è sinonimo di inferiorità,
ma costituisce una risorsa utile per tutti, è necessario in questa
fase, a mio parere, lavorare su un terreno neutro, utilizzando più
codici, dai semplici racconto ai film, che favoriscano la
riflessione sulle dinamiche e sui comportamenti tra soggetti diversi
: “ la rana che vuole diventare grande come il bue, l’elefantino
Dumbo che viene deriso per le sue orecchie….il traghetto sputa acqua
che per sentirsi accettato deve uccidere….” o film sull’identità,
sulla difficoltà di comprensione, sui pregiudizi….
- livello specifico per la conoscenza del mondo rom, della
cultura e della storia, cultura che si confronta ed interagisce alla
pari con altre culture, a cui è dovuto rispetto e considerazione.
Testimonianze Sinte/Rom
“NON ASSIMILATECI” chiede Yuri Del Bar,
Mediatore Culturale Sinto, attualmente Consigliere Comunale
nella città di Mantova “costruiamo insieme una scuola interculturale,
una scuola dove vi siano tracce della nostra cultura e della nostra
storia di rom e sinti italiani
La mia è una cultura orale, non una cultura
scritta. La scuola per la cultura sinta non ha lo stesso valore che ha
nella cultura maggioritaria, dove è
anche uno strumento sociale.
La scuola, per la mia cultura adesso, è vista come
strumento per imparare a leggere, scrivere e far di conto, pura
istruzione. La nostra associazione, ed io come mediatore culturale,
tende ad aiutare i ragazzi ad avere un’esperienza positiva nella scuola
perché loro saranno i genitori di domani. Se un genitore ha avuto una
buona esperienza scolastica quando era bambino, aiuterà il proprio
figlio nella sua esperienza scolastica. Un’ultima cosa rivolta agli
insegnanti: un bambino sinto per sentirsi bene a scuola, deve sentirsi
ACCETTATO. Provate ad immaginare per un attimo un
mondo dove la mia cultura, maggioritaria in senso numerico, obblighi i
vostri figli, minoranza in senso numerico, a frequentare la nostra
“scuola”, il nostro modo di educare.”
Anche Giorgio Bezzecchi , Mediatore culturale e
linguistico rom e consulente presso
scuole, Enti locali,Associazioni….afferma “ una particolare
ATTENZIONE ALLA CULTURA ED ALLA LINGUA DEI ROM E DEI SINTI
non soltanto incoraggerà la frequenza, ma potrà fornire agli stessi un
valido aiuto perché acquistino una piena coscienza culturale dell’oggi e
del domani
La sfida culturale che la scuola dovrebbe percorrere è
innanzitutto quella di accogliere il bambino rom e sinto col suo
bagaglio culturale, la sua lingua, le sue condizioni di vita spesso
difficili e conflittuali con la società maggioritaria….”
Maria Grazia Dicati
Di Fabrizio (del 07/09/2007 @ 09:42:20, in scuola, visitato 1525 volte)
Da settembre i Rom della Repubblica Ceca potranno frequentare un corso di computer per principianti, organizzato dall'associazione Romea [...]
Il centro offre anche libero accesso ad Internet. Viene visitato da 259 persone a settimana. I Rom possono anche cercare lavoro via Internet, aggiunge Adam Pospisil di Romea.
Durante lo scorso mese, 5 dei 20 clienti registrati hanno trovato lavoro nella borsa del lavoro Internet per Rom, la maggior parte nei servizi sociali, come in organizzazioni per disabili o consumatori di droghe, e nel campo delle costruzioni.
Pospisil dice che i Rom mostrano alto interesse per altri siti Rom, visitati da 400 persone ogni giorno.
Nel caso di discriminazioni, i Rom e le altre persone possono usufruire di un numero verde gratuito. Circa 70 persone al mese usano questa linea.
Di Fabrizio (del 11/09/2007 @ 09:38:39, in scuola, visitato 1984 volte)
Buon divertimento da Maria Grazia
Dicati
Nell’articolo “ I bambini rom/sinti
imparano LA MATEMATICA anche GIOCANDO A CARTE”, già pubblicato in questo
blog, si mette in evidenza quali modalità e quali strategie
metodologiche sono state utilizzate al fine di tradurre in pratica una
“DIDATTICA INTERCULTURALE” in grado di coniugare motivazione,
apprendimento, socializzazione e rispetto delle regole.
Infatti, se da un lato le proposte
raccolte, si riferiscono a un percorso di insegnamento-apprendimento
relativamente ad alcuni concetti aritmetici previsti nei programmi
ministeriali, dall’altro lato utilizzano materiali con i quali i bambini
Rom, per motivi culturali, hanno maggior familiarità, quali il gioco
con le carte, i dadi, il denaro, le auto e la velocità
Questa "ricerca sul campo" che aveva
l’obiettivo di esaminare quali fossero le cause che impedivano
l'acquisizione di conoscenze e l’ apprendimento degli alunni Rom, non ha
la pretesa della ricerca scientifica, ma costituisce una “buona prassi”
che, sperimentata nel tempo, ha dimostrato una sua coerenza e validità
A titolo puramente esemplificativo, presento uno dei
giochi “il trenino dei numeri“ con il relativo testo dal titolo
“Viaggiare fino a 100…….con il trenino dei numeri”
“Viaggiare fino a cento…con il trenino dei numeri”
è un quaderno operativo che propone un percorso didattico relativamente
all’acquisizione della numerazione (base 10) entro il cento, ampiamente
sperimentato ed utilizzato con i bambini rom con questa specifica
difficoltà di apprendimento
Il percorso è suddiviso in quattro
unità che corrispondono ai quattro obiettivi da raggiungere dove il
primo obiettivo è introdotto dal racconto di Gianni Rodari “Il trionfo
dello zero” per proseguire con altre tre brani collegati al racconto di
Rodari.
Il kit si compone del :
- Testo di 110 pagine (formatoA4) con spiegazioni,
esercitazioni scritte, numeri da 0 a 99 in lingua romanés (harvato)
- Un trenino (20 x300cm) composto da 10 vagoni
suddivisi in 2 scompartimenti più la motrice, dove i numeri
riportano lo stesso colore dei regoli e il corrispondente numero in
romanés
- 9 cartoncini rettangolari ripiegabili con i
numeri da 10 a 90
- Un cartellone con la rappresentazione della
filastrocca di Rodari
- 9 automobiline in cartoncino colorato
- Un fischietto, una paletta ed un berretto da
capostazione per l’animazione, la drammatizzazione e simulazione
del gioco
Il percorso può essere utilizzato con
varie modalità :
- a livello preventivo
- a livello integrativo con quanto si sta facendo
con gli altri bambini
- a livello di recupero quando l’alunno non ha
appreso le regole della numerazione in base 10
Inoltre il materiale permette
l’acquisizione dei concetti anche escludendo le esercitazioni scritte
del testo e quindi lavorando soprattutto sull’oralità
Spiegazioni e presentazione dei
materiali da usare sono riportate in modo molto dettagliato nel quaderno
operativo.
Entrare nel mondo dei numeri con il gioco delle
carte
Vorrei continuare nella presentazione
di altri tre giochi con le carte, allo scopo di documentare, attraverso
esempi concreti, come la DIDATTICA INTERCULTURALE, a mio parere, può
considerarsi tale se mette in campo una pluralità di proposte con
metodologie e materiali anche non strutturati, con cui alcuni alunni
potrebbero avere una maggiore familiarità ed interesse.
Se molti bambini rom e anche non rom,
hanno imparato la numerazione entro il cento in modo piacevole e
semplice con “il trenino dei numeri”, lo devono soprattutto ad un loro
compagno rom : Toni.
Questo alunno aveva appreso la
numerazione in base 4/5/6……. e sapeva numerare oralmente e per iscritto
perfettamente e più velocemente anche dei compagni non rom i quali erano
invece condizionati proprio dal fatto che conoscevano già la numerazione
in base 10.
Analizzando attentamente quali fossero
le cause di tali difficoltà, mi sono resa conto che il problema non era
di ordine concettuale, dal momento che Toni era in grado di numerare e
calcolare in una qualsiasi base , ma era una difficoltà esclusivamente
di ordine linguistico, visto che parlava romanès.
Il percorso strutturato, secondo i
quattro obiettivi descritti nel testo “Viaggiare fino a cento…. con il
trenino dei numeri”, ci ha permesso di lavorare non solo sul recupero di
alunni con questa difficoltà, ma, con opportuni accorgimenti, il
percorso è stato utilizzato anche a livello preventivo, tanto che i
bambini di prima elementare, entro dicembre, sapevano già numerare fino
a cento oralmente.
Anche i tre giochi di carte seguenti
hanno tutti un alunno ispiratore : Simone, Emanuele e Marianna, tre
bambini rom di prima elementare che, non avendo seguito il percorso di
pregrafismo della scuola dell’infanzia, non avevano ancora acquisito la
concettualizzazione del segno e del colore, né erano in grado di stare
seduti e rispettare le regole e comunicavano solo in romanés.
Per loro era quasi impossibile
iniziare con le esercitazioni sul quaderno, su un foglio o su una scheda
: qualsiasi proposta diventava incomprensibile, demotivante e fattore di
ansia che si tramutava in irrequietezza e disturbo per tutti.
In questo caso è stato necessario
organizzare la classe in piccoli gruppi che a rotazione giocavano e
lavoravano con le carte : si raggiungevano medesimo obiettivi, ma i
giochi erano più divertenti e favorivano la conoscenza reciproca.
Ognuno dei tre giochi, “SCOPA” “GIOCO
DEL CAMBIO” “CARTA HER”, richiede un mazzo di carte specifico e ognuno
persegue determinato obiettivi.
Il Primo gioco “ A SCOPA” costituisce
un iniziale approccio nel mondo dei segni, utilizza un semplice mazzo di
carte, il simbolo di maggioranza in cartoncino rosso maneggevole e una
tabella per la registrazione delle vincite.
- riconoscere ed associare segni numerici uguali
(discriminazione visiva)
- ricopiare e scrivere autonomamente i numeri da 0
a 9 (pregrafismo)
- contare : in italiano e in romanes ( acquisizione
lingua italiana e valorizzazione
lingua romanés)
- confrontare quantità secondo un rapporto di uno a
uno (equipotenza)
- conoscere ed utilizzare correttamente nel
contesto del gioco il segno di maggioranza, minoranza e uguaglianza
(simbologia)
Solo in un secondo momento e solo dopo
l’interiorizzazione dei concetti si procede con le esercitazioni scritte
e non viceversa.
Le esercitazioni riproposte
successivamente anche nella forma scritta con le relative schede,
riprendono gradualità e simbologia utilizzata nel gioco e quindi la
verifica finale accerta :
- Se l’alunno riconosce i segni numerici uguali
(non se li sa nominare, perché questa non é la finalità del
gioco)
- Se l’alunno segue correttamente il tracciato
- Se l’alunno ricopia autonomamente
- Se l’alunno sa contare correttamente in
italiano e in romanés
- Se l’alunno sa riconoscere la quantità ed
usare il segno di maggioranza/minoranza/uguaglianza
IL Secondo gioco “DEL CAMBIO” entra più nello specifico
nelle abilità numeriche sul piano linguistico e concettuale ed in
particolare sul valore posizionale delle cifre
Si richiede il seguente materiale
:
- Un altro mazzo di carte, diverso da quello del
gioco a scopa;
- un cassetto dei soldi in cartoncino per ogni
bambino (per depositare le vincite) suddiviso in tre settori, ognuno
contraddistinto da tre simboli diversi che rappresentano le unità,
le decine e le centinaia ;
- una scatola che rappresenta la banca, anch’essa
suddivisa in tre parti, contrassegnate dai medesimi simboli dei
settori del cassetto dei soldi contenente le banconote fotocopiate
(1/10/100 euro);
- una tabella per la registrazione delle partite e
l’immancabile segno di maggioranza in cartoncino rosso;
Gli obiettivi di questo secondo gioco
riguardano in modo specifico :
- Riconoscere e nominare i simboli numerici
- Numerare oralmente da 0 a 10
- Individuare le quantità espresse dal numero
- Apprendere ed usare la simbologia relativa a
unità, decine, centinaia
- Acquisisce il concetto di cambio e del valore
posizionale delle cifre
- Utlizzare le quantità secondo 2 criteri : es
6 = 1+1+1+1+1+1 oppure 6 = 5 +1 (primo approccio proprietà
associativa)
Infine il terzo gioco “CARTA HER”
(simile ad un gioco molto conosciuto nel Veneto) ha come obiettivi la
memorizzazione di coppie di numeri che compongono il 10 per acquisire
quell’automatismo di base indispensabile al calcolo veloce strutturato
E’ un gioco molto divertente ed
eccitante : questo terzo mazzo di carte con i simboli numerici varia
quantitativamente a seconda del numero dei partecipanti, tenendo
presente di non superare le 6/8 carte per bambino.
Su ogni carta sono rappresentati i
simboli numerici di una cifra, escludendo lo 0, più una carta chiamata
HER con l’immagine di un asino (her = asino in Romanes)
Il capogioco, dopo aver assegnato ai
giocatori tutte le carte del mazzo, almeno 6, stabilisce la rotazione;
ogni alunno con le carte ricevute, senza mostrarle ai compagni, deve
formare tutte le possibili coppie del 10 ed eliminarle ponendole al
centro del tavolo tenendo in mano le carte che non si possono
abbinare.
A questo punto pesca allora dal
compagno vicino una carta qualsiasi verificando se può formare una
coppia del 10 con una delle sue ; in caso positivo elimina la coppia del
10 appena formata; in caso contrario tiene in mano anche la carta
pescata.
Il suo compagno vicino ripeterà la
stessa operazione pescando da lui e così procedendo, vengono eliminate
tutte le coppie del 10.
I giocatori che via via rimangono
senza carte, avendo accoppiato ed eliminato le carte, sono salvi, mentre
un solo giocatore si troverà in mano la carta HER, che dovrà eseguire
una simpatica e spiritosa “penitenza” stabilita dai compagni vincitori.
Di Fabrizio (del 15/09/2007 @ 09:39:08, in scuola, visitato 1848 volte)
Da Bandiera Gialla
Il concorso, voluto dalla Commissione europea, è riservato ai ragazzi dai 12 ai 18 anni
red.
Hai tra i 12 e i 14 anni? O tra i 15 e i 18 anni? Crea un gruppo di almeno 4 persone più un adulto. Realizza un poster contro le discriminazioni in Europa. Consegna il tuo poster entro il 31 ottobre 2007. Se vinci, sarai ospite della Commissione Europea. Nell'Anno europeo per le Pari Opportunità, infatti, la Direzione Generale Giustizia, Libertà e Sicurezza della Commissione europea ha indetto il concorso "L'Unione Europea e la non discriminazione". Il concorso intende promuovere la conoscenza dei temi legati al principio di non discriminazione sancito nell'art. 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, attraverso la realizzazione di un poster che li illustri graficamente. Il poster (su un foglio A2 dimensioni 42X59 cm) non deve essere piegato perché può essere utilizzato in futuro (per la consegna deve essere utilizzato un tubo).L'obiettivo finale è che i giovani acquisiscano una conoscenza più approfondita del principio di non discriminazione e siano in grado di promuoverlo e difenderlo. I partecipanti, divisi in due gruppi di età (12-14 anni e 15-18 anni) dovranno formare delle squadre composte da un minimo di 4 giovani più un adulto. Il termine ultimo per potersi iscrivere è lunedì 15 ottobre mentre per l’invio dei poster si ha tempo sino a mercoledì 31 ottobre 2007. Le squadre finaliste saranno invitate a Roma e, in caso di selezione, alle finali europee di Bruxelles per la cerimonia di premiazione finale, ospiti del Vice Presidente della Commissione Europea Franco Frattini. E’ attivo il sito web www.eurogiovane.eu su cui trovare una serie di documenti utili per il concorso (presentazione, calendario, regolamento, kit pedagogici, quiz, moduli per l’iscrizione e la partecipazione). Il coordinamento del concorso sul piano nazionale è affidato all’Ufficio di Rappresentanza della Commissione Europea mentre l’organizzazione logistica è assicurata dall’Associazione Culturale Affabulazione. Per informazioni Ass. Cult. Affabulazione P.zza M. V. Agrippa, 7 h 00121 - Ostia Lido (Roma) Tel./Fax 06/86.90.35.40 www.eurogiovane.eu e-mail ufficiale: italia@eurogiovane.eu cell. 339/498.46.69 (Filippo Lange)
Di Fabrizio (del 26/09/2007 @ 09:17:43, in scuola, visitato 2374 volte)
Da Maria Grazia Dicati
La Commissione europea ha dichiarato il 2008 "Anno del dialogo
interculturale" al fine di promuovere il dialogo tra le culture quale strumento
atto ad aiutare i cittadini europei, e tutti coloro che vivono nell'Unione
europea ad acquisire le conoscenze e la capacità che gli consentiranno di agire
in un contesto più aperto e più complesso.
Anche la scuola per la radicale trasformazione delle nostre classi da
monoculturali a multietniche, ha elaborato in questi ultimi anni interessanti
riflessioni sul ruolo delle diversità culturali, ma nonostante il contesto
multietnico, parlare delle minoranze sinte e rom, costituisce uno scoglio ancora
da esplorare e da scandagliare, a meno che non vengano considerati gli aspetti
folcloristici o problematici come elementi della cultura romanì.
La scuola “di tutti e per tutti” non può assolvere in modo esaustivo il suo
compito educativo se non attraverso la didattica interculturale che riconosce e
legittima il valore positivo anche delle altre culture, nessuna esclusa.
Al fine di contrastare questa percezione superficiale, le associazioni
costituenti del “Comitato Rom e Sinti insieme”, coerentemente con quanto
discusso e proposto nella piattaforma di Cecina, hanno appoggiato e sostenuto la
pubblicazione del quarto libretto di Maria Grazia Dicati da proporre alle scuole
per la biblioteca multiculturale
Il testo, oltre al racconto illustrato, propone alcune tematiche e proposte
didattiche per una programmazione di percorsi interculturali indispensabili ad
avvicinarsi ed entrare in relazione con questa cultura.
Per quanti fossero interessati a sostenere questa iniziativa, chiediamo di
informare e contattare le varie scuole e gli assessorati dell’Ente Locale
affinché ne acquistino copie per le scuole materne, elementari e medie.
Il costo richiesto per ogni copia è di 6€ (più spese spedizione) : tutto il
ricavato sarà utilizzato per la pubblicazione di altri libretti sempre relativi
alla cultura e per sostenere il neo-comitato dei Rom e Sinti
Per informazioni si prega di contattare
Comitato Rom e Sinti Insieme
Segreteria Tecnica: via don Enrico Tazzoli n°14, 46100 Mantova –
telefono 0376 360 643 fax 0376 318 839
e mail: romsinti.insieme@libero.it
Di Fabrizio (del 26/09/2007 @ 10:14:30, in scuola, visitato 2718 volte)
Merito di sé stessa, della sua famiglia e di Capodarco
E’ la prima volta che succede nei licei romani. Quest’anno al Virgilio, liceo
classico storico della capitale, si è iscritta una ragazza Rom. Ha una grande
determinazione, voglia di fare e soprattutto un gruppo familiare alle spalle che
la spinge e la incoraggia. Ma la studentessa Rom ha avuto anche un’altra
piccola-grande fortuna, quella di incontrare sulla sua strada, qualche anno fa,
un gruppo di persone che si dedicano quasi esclusivamente all’inserimento
scolastico dei ragazzi e delle ragazze Rom e Sinti. Stiamo parlando della
cooperativa Ermes, nata dall’esperienza diretta della Comunità di Capodarco
di Roma che in sedici anni ha visto raddoppiare il numero dei ragazzi inseriti
nelle scuole di ogni ordine e grado.
“Nell’anno scolastico 1991-92 – racconta Salvo Di Maggio, fondatore della
cooperativa Ermes che fa parte del consorzio Bastiani – erano iscritti alle
scuole di Roma non più di 180 ragazzi Rom e Sinti. Con l’anno scolastico che è
appena cominciato abbiamo superato abbondantemente i 2000. Credo che si arriverà
complessivamente a 2200 ragazzi e ragazzi”. Di questi una buona parte, anzi
circa la metà è iscritta alle scuole elementari. La cooperativa Ermes opera in
15 insediamenti della capitale che sono collocati in sette municipi. Quando si
parla di insediamenti non si intende solo il campo, ma anche i villaggi
attrezzati o gli insediamenti abitativi normali come quelli che a Roma si
trovano nella zona della Romanina e di Porta Furba. I Rom e i Sinti sono infatti
inseriti sempre più spesso nel contesto urbano e a differenza di quello che si
pensa normalmente sono sempre più spesso stanziali e vivono in abitazioni
normali (quest’anno partiranno anche i nuovi progetti per l’inserimento
abitativo dei Rom finanziati dal ministero della Solidarietà Sociale).
Finora l’inserimento scolastico dei minori Rom e dei Sinti è avvenuto in 110
scuole di Roma. “All’inizio è stata dura convincere le madri e le famiglie, -
racconta ancora Salvo Di Maggio - poi piano piano si è fatta strada la
convinzione dell’importanza della scuola e dell’educazione. I problemi maggiori
si incontrano alle medie, quando i programmi di studio si fanno più complessi e
quando le difficoltà linguistiche dei ragazzi diventano maggiori. Spesso questi
ragazzi Rom non parlano l’italiano nei loro gruppi di riferimento. La loro
lingua è il romanè e l’italiano, anche se sono nati in Italia, non può che
essere la seconda lingua. Il gap maggiore tra loro e i ragazzi e le ragazze
italiane si registra quindi proprio alle medie. Per questo la notizia
dell’iscrizione della ragazza Rom al Virgilio è un segnale molto importante. E’
la prova cioè che i percorsi di inserimento scolastico che sono stati avviati
negli anni passati stanno funzionando.
Per quanto riguarda il razzismo o comunque in generale i fenomeni di
intolleranza, il giudizio di chi ha condotto i progetti di inserimento
scolastico è positivo. Ci sono casi di chiusura, come succede per esempio in
alcune scuole che rifiutano di iscrivere ragazzi Rom. Ma in generale c’è una
grande disponibilità da parte delle famiglie italiane. La cosa più importante
che nelle esperienze di inserimento si sta sviluppando è quella dei laboratori
educativi. Non basta infatti inserire nelle scuole i ragazzi Rom. Servono anche
percorsi educativi e culturali che coinvolgano tutti gli altri ragazzi italiani.
Fonte: Comunità di
Capodarco
Di Fabrizio (del 07/10/2007 @ 09:26:14, in scuola, visitato 2047 volte)
Una trentina di ragazzi giocano a piedi nudi nel mezzo della strada. I vestiti sporchi non coprono i loro corpi magri. [...] Petra, una delle ragazze,
ha 14 anni, anche se il suo corpo snello e le braccia piccole le danno l'aspetto
di un'undicenne, è una ragazza savia e felice.
In una normale scuola secondaria in Romania, una ragazza della sua età
sarebbe all'ottavo grado, studiando lingue, fisica o geometria. Ma lei è solo al
sesto grado di una "Scuola Speciale" per ritardati mentali.
"Non imparavo abbastanza nella scuola normale" dice Petruta. Se le si chiede
cos'ha di speciale il suo nuovo posto di studio, risponde: "Beh, ci sono solo
Rom là, soltanto noi 'Zingari'!"
Petruta ha altri quattro fratelli e sorelle e i suoi genitori sono
disoccupati. La costruzione improvvisata che occupano ha quattro pareti
d'argilla ed un tetto di plastica. Il tempo è tempestoso e il vento fa saltare
il tetto, lasciando i cinque bambini in due piccoli letti svegli con il cielo
grigio sopra di loro.
La famiglia vive con i 30 €uro mensili dell'assegno di disoccupazione del
padre aggiunti a 7 €uro per ogni figlio. Come media, la famiglia vive con 2 €uro
al giorno.
Talvolta Petruta fa lavori di casa dai vicini. "Sono brava a pulire i tappeti
dei rumeni, " dice.
Chiedendole come va la sua scolarizzazione, Petruta ammette di non saper
ancora leggere o scrivere. Ma non è un'eccezione - ci sono migliaia di bambini
come lei in Romania. Questa giovane vive nella piccola città di Dumbraveni nella
regione di Sibiu, un povero distretto ostile ai Rom. Circa 150 bambini vivono lì
attorno. Oltre il 90% va alla Scuola Speciale - Centro per l'Insegnamento
Inclusivo, che il Ministero dell'Educazione ha costruito per i bambini ritardati
fisicamente o mentalmente. Attualmente, solo i bambini Rom ci vanno, anche se
nessuno di loro è disabile.
Superficialmente, questa situazione sembra soddisfare genitori, autorità
locali ed insegnati. I bambini che vanno in queste scuole hanno un certificato
che li dichiara handicappati. Questo permette di ottenere il doppio degli
assegni familiari - 14 €uro al mese. La maggior parte dei genitori non ha altre
fonti stabili di reddito.
I bambini stanno nella Scuola Speciale mattina e pomeriggio, dove
ricevono attente cure dagli insegnanti. Hanno anche pasti gratis ad ora di
pranzo. L'autorità locale è contenta, perché questo significa che i bambini Rom
"durante il giorno sono curati".
D'altra parte, i bambini non sviluppano nessuna abilità che li possa aiutare
ad ottenere una solida educazione. Alla fine della scuola, in pochi sanno
leggere o scrivere il rumeno.
La maggior parte di questi bambini sono forzati in questo sistema. A causa
del loro retroterra e vita a casa, se andassero in una scuola normale, avrebbero
scarse possibilità di eccellere. Inoltre, quando per due volte in fila non
passano l'anno sono espulsi, come qualsiasi bambino rumeno.
Metà della comunità di Dumbraveni non ha elettricità. I bambini non hanno un
posto dove fare i compiti. Molti di loro sono anche denutriti - specialmente se
non hanno accesso a pasti caldi. In pochi possono permettersi di comprare libri,
penne o quaderni.
Se espulsi da una scuola tipica, devono avere una seconda possibilità
attraverso il Centro per l'Insegnamento Inclusivo e le sue Scuole Speciali. Ma a
Dumbraveni, molti bambini Rom iniziano il loro primo grado all'età di 7/8 anni
direttamente nelle Scuole Speciali.
Autorità contente
Tutte le parti coinvolte dai capi scolastici al medico di famiglia
"consigliano" i genitori Rom a mandare i loro figli direttamente alla Scuola
Speciale. Sono valutati psicologicamente da una Commissione Distrettuale. Poi,
di solito, nove su dieci di questi bambini ricevono un certificato che li
dichiara handicappati, che permette loro di frequentare la Scuola Speciale.
Vasile Prodan, lo psicologo scolastico, discerne che i bambini Rom non sono
"equipaggiati mentalmente" come gli altri bambini. "Non vanno all'asilo
d'infanzia e non ricevano alcun tipo di educazione dai loro genitori," dice.
Anche le autorità dicono che la situazione discende dalla comunità Rom
stessa. "Questi bambini non vogliono andare alla scuola normale," dice Traian
Dur, sindaco di Dumbraveni. "E gli altri bambini li deridono perché sono
sporchi, e ciò li rende insicuri. Così vanno alla Scuola Speciale. Qui si
sentono bene perché ci sono solo Rom della stessa provenienza."
Nonostante la natura illegale della cosa, le autorità locali e centrale sono
d'accordo che, da una prospettiva sociale, è uno scenario realista.
"Non ci sono abusi commessi a Dumbraveni, ma questo non significa che stiamo
affrontando una situazione ideale che, infatti non credo sia unica," dice Diana
Trenchea, consigliera del Ministero dell'Educazione. "E' una convenienza per
tutti. E non è la prima volta che sentiamo di situazioni dove i genitori usano i
loro figli per migliorare la loro situazione finanziaria."
D'altra parte, quando i bambini cresceranno, [...] si ritroveranno a
ripercorrere le impronte dei genitori e vivere senza un tetto, elettricità e
lavoro - mandando i loro figli nello stesso tipo di istituzione.
Il Ministero infrange la sua stessa legge
Una delle OnG più attive specializzata sui problemi Rom, RomaniCRISS, ha
compilato una protesta al Consiglio Nazionale per Combattere la Discriminazione,
ammonendo che, nei casi come quello di Dumbraveni, esiste una forma di apartheid
educazionale.
"Segregazione è la separazione fisica dei bambini basata sul piano etnico e
non quello linguistico," dice Marian Mandache, capo del Dipartimento dei Diritti
Umani di RomaniCRISS. "Abbiamo esempi di segregazione in tutto il paese, nel
distretto di Dolj, a Cluj, Mures, Harghita, Neamt e Iasi. Ma nel caso Dumbraveni
c'è un chiaro segno di infrazione della legge, perché solo i bambini portatori
di handicap possono andare in una scuola per handicappati." Mandache dice che
spetta al Ministero dell'Educazione correggere la situazione.
Una soluzione sarebbe un compromesso educativo, una somma di denaro che lo
stato donerebbe alle famiglie come incentivo per mandare i loro figli nelle
scuole normali e per tenerli lì.
"Manca la volontà politica per risolvere i problemi Rom in questo paese,"
dice Mandache. "I politici hanno i soldi per costruire la Cattedrale della
Redenzione e possono far riparare le strade ogni anno. Ma non hanno soldi per
aiutare dei poveri bambini."
Ma per Gelu Duminica, direttore esecutivo dell'OnG Agentia Impreuna, non è
questione di razzismo. Dice che il Governo manca di volontà di cambiare lo stato
dei segmenti più poveri in generale, e non dei Rom in particolare.
"La gente povera è facile da prendere in giro" dice Duminica. "Se
l'autorità locale dona del cibo prima delle elezioni, avranno indietro i loro
voti."
Il Governo ha allocato due miliardi di €uro dai fondi europei per i prossimi
sette anni per risolvere il problema delle categorie svantaggiate come gli
handicappati, i Rom e le persone di oltre 45 anni.
Un altro problema è la trappola sociale che attanaglia alcune famiglie povere
- che danno figli alla luce soltanto per i 230 €uro mensili che lo stato
garantisce per i primi due anni di vita. Ma cosa succede quando tutti i figli
hanno più di due anni? Mircea, padre di 34 anni a Dumbraveni, ha cinque figli,
quattro dei quali maggiori di due anni. A malapena ma tutti mangiano.
"Lo stato ci ha chiesto di fare bambini quando la natalità andava sostenuta,"
dice "e se lo 'Zingaro' non ha un posto per lavorare, allora fa figli, così può
mangiare."
Traian Dur, sindaco di Dumbraveni, un politico locale rispettato dalla
comunità Rom, dice che i Rom hanno bisogno di maggiori opportunità di lavoro.
Questo risolverebbe il problema. Ma nella città non c'è lavoro per loro. "Il
giorno stesso che i Rom vengono pagati, spendono tutto al bar più vicino,"
aggiunge.
Occorre un moviemnto a tenaglia - educare nel contempo tanto i Rom che il
resto della società. Gelu Duminica ritiene che occorra focalizzarsi non sulla
scuola di per sé e sull'educazione statale, ma nell'educare i genitori Rom, gli
insegnanti e la maggioranza rumena nel cambiare le loro percezioni.
"Ci sono molti stereotipi, come nel fatto che tutti gli 'Zingari' siano
cattivi o rubino," dice Duminica. "La maggioranza dovrebbe imparare, meglio se
in corsi sponsorizzati dalle scuole pubbliche, a superare i propri pregiudizi e
comprendere che i Rom sono come tutti gli altri uomini o donne." Dall'altro
canto, i genitori Rom hanno bisogno di consulenza su come fare le migliori
scelte per i loro bambini e capire i benefici dell'educazione, mentre gli
insegnanti dovrebbero imparare come trattare i bambini che arrivano da famiglie
povere, o da una cultura o un'etnia differente.
La scuola dell'infanzia
I bambini Rom di solito non frequentano gli asili nido.
Questo significa che non hanno un'educazione formale prima dei sette anni -
quando per legge devono andare a scuola. Senza una scuola d'infanzia dietro di
loro, questi bambini non sono abituati, ad esempio, a rimanere seduti per 50' o
come usare una penna. La maggior parte del tempo, si trovano in una situazione
scomoda. Dopo poche settimane, rifiutano di andare a scuola. Alcuni studi
sociologici hanno mostrato che i bambini Rom sono abituati a ricevere molto
affetto dalle loro famiglie, specialmente dalle madri. Nel primo grado
dell'istruzione trasferiscono questo affetto verso gli insegnanti. I maestri
devono conoscere queste informazioni, così che possano capire il retroterra dei
loro alunni.
Se niente cambia, le situazioni come quelle di Dumbraveni continueranno.
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