Rom e Sinti da tutto il mondo

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 06/10/2011 @ 09:24:24, in Regole, visitato 1298 volte)

Articolo tutto sommato divertente e paradossale quello de La Provincia di Varese.

Molto italiano, soprattutto, indicate tutte le nazionalità coinvolte: mi sorge però un dubbio su che nazionalità sia quella sinta e da chi sia riconosciuta presso l'ONU (insomma c'è sempre chi è meno italiano degli altri). Una svista grammaticale (almeno spero che lo sia!) fa sì che sia stato condannato anche il povero singalese che ha provato ad inseguire i rapinatori. Non si capisce se la vittima del furto debba essere classificata italiana oppure padana.

Veniamo però a sapere che in assenza di nazionalità, la vittima è illustre, anzi: nientepopodimenoché è la moglie dell'attuale Ministro degli Interni (padano o italiano? Mi resta il dubbio). Fatto l'elenco della refurtiva, l'articolo non può fare a meno di notare che le indagini (padane o italiane che siano), sono state quantomeno "sollecite" in questo caso (o sollecitate?). Insomma, questi scalcagnati borseggiatori (per cui istintivamente provo simpatia) hanno avuto sfiga, più o meno come quando in Sicilia qualche piccolo balordo, senza saperlo, pesta i piedi ad un mafioso locale.

Ultima annotazione: furto commesso il 17 novembre 2010, arrestati il 3 febbraio, l'articolo è del 3 ottobre. O la giustizia nel frattempo ha ripreso il suo passo abituale, o nella redazione in quella provincia non hanno molto da fare.

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Di Fabrizio (del 06/10/2011 @ 09:52:22, in blog, visitato 1729 volte)

Da Coopofficina (forse il prof. Guarnieri sarà noioso e monotematico, ma possiamo dargli torto?)

Tante persone ed organizzazioni tentano di "aiutare" la popolazione romanì a superare disagi e difficoltà sociali, culturali ed economici. Ma se da troppo tempo e troppo spesso questo "aiuto" si trasforma in un disastro una motivazione deve pur esserci.

Le assenze di conoscenza e di partecipazione attiva e professionale dei rom sono motivazioni concrete della grave condizione della popolazione romanì.

Ma i danni prodotti nel passato, ed ancora oggi, alle comunità romanì, portano a pensare anche ad altre motivazioni e responsabilità che spesso sfuggono all'attenzione senza un'analisi professionale ed onesta, senza una serena autocritica.

Responsabilità delle numerose ricerche che hanno descritto e descrivono una realtà romanì stereotipata e quindi falsa, e sulla base di queste ricerche sono state attivate politiche NON coerenti alla realtà ed ai bisogni reali.

Responsabilità di una partecipazione come un mezzo degli stessi rom, che per un pugno di mosche si sono prestati a realizzare il danno alla collettività romanì e non.

Responsabilità della politica e delle istituzioni che non vogliono dialogare direttamente con le professionalità e le organizzazioni rom, credibili e documentati.

Certamente tutti riconoscono che le politiche attivate nel passato per la popolazione romanì erano sbagliate e concordano che le principali motivazioni del fallimento sono da attribuire:

  1. all'assenza di partecipazione attiva e propositiva, credibile e professionale dei rom
  2. alla diffusione di una falsa conoscenza interpretativa del mondo romanò che ha portato alla proposta ed alla realizzazione di politiche sbagliate, impedendo l'evoluzione della cultura romanì

Quindi dovrebbe scattare l'applicazione della più elementare regola democratica ed antidiscriminatoria: in qualsiasi iniziativa avviata per le comunità rom e sinte la Federazione romanì, rappresentatività romanì credibile e professionale, (o altra documentata rappresentatività romanì) deve essere co-protagonista attiva e propositiva a tutti i livelli.

Ma cosi non è ...

forse perché le persone rom/sinte che possiedono conoscenze e competenze danno fastidio, come danno fastidio le organizzazione rom credibili e professionali con un chiaro progetto politico.

Deve pur esserci una motivazione che porta le persone e le organizzazioni a trasformare un tentativo di aiuto alla popolazione romani in un disastro.

Potrei citare tante iniziative pubbliche, anche recenti, in cui la popolazione romanì è stata ignorata oppure è stata considerata SOLO folclore e/o arredamento, mentre è ignorata la partecipazione attiva e qualificata:

  1. La commissione diritti umani del Senato della Repubblica lo scorso anno ha promosso, attraverso le audizioni e qualche visita "speciale", una iniziativa di ricerca sulla realtà rom in Italia per stilare un rapporto. I diretti interessati (le professionalità e le organizzazioni rom) non sono stati ascoltati. Il rapporto viene presentato con orgoglio dalla Commissione del senato, ma è lontana anni luce dalla realtà, dai bisogni della popolazione romanì e dalle soluzioni politiche da avviare.
  2. Lo scorso 01 Ottobre un'associazione impegnata nel contrasto alla discriminazione ha promosso a Roma un folcloristico "pride rom" senza coinvolgere nessuna organizzazione rom italiana nella promozione dell'iniziativa. Questo è il modello di contrasto alla discriminazione quando si tratta di rom.
  3. Nei prossimi giorni a Roma presso il Senato della Repubblica e Comune di Roma le Fondazioni europee organizzano un Forum sull'inclusione delle comunità rom, MA tra i relatori non c'è traccia di professionalità ed organizzazioni rom d'Italia. Parlano e sparlano di rom, senza i diretti interessati, senza interlocutori rom credibili e professionali. Questo è il modello di inclusione delle comunità rom.
  4. Viene promosso un incontro in Vaticano della popolazione romanì con il Santo Padre Benedetto XVI° senza coinvolgere una rappresentatività romani nella programmazione dell'iniziativa. I diretti interessati sono stati chiamati per fare folclore, arredamento, e per confermare pregiudizi e stereotipi. Hanno promosso questo incontro per dare visibilità ai bisogni della popolazione romanì oppure per cercare autoreferenzialità sul mondo rom? Questo è il modello di partecipazione quando si tratta di rom.

ecc. ecc.

E' possibile parlare e sparlare della popolazione senza i diretti interessati?

Senza alcun dubbio due sono gli obiettivi reali di queste iniziative:

- DELEGITTIMARE i diritti utili alla popolazione romanì

- LEGITTIMARE stereotipi e pregiudizi

Circa un anno fa il Consiglio d'Europa approva la Dichiarazione di Strasburgo, un piano di azioni finalizzato a migliorare l’integrazione economica e sociale della popolazione romanì.

In questo piano di azioni "il Consiglio d'Europa indica in particolare quelle misure finalizzate alla partecipazione di rappresentanti rom in meccanismi decisionali che direttamente li riguardano."

Si tratta di una giusta risposta alle cause del fallimento delle politiche sbagliate del passato, ma "si predica bene e si razzola male".

E' possibile che il Consiglio d'Europa organizzi in Italia un corso di formazione per mediatori culturali rom/sinti, quando nel nostro paese ci sono circa 400 mediatori culturali rom senza una occupazione?

E' possibile che il Consiglio d'Europa avvii questa iniziativa di formazione in Italia senza coinvolgere le rappresentatività romanì Italiane, ed in particolare la Federazione romanì?

E' possibile ... lo ha fatto ...

senza un criterio di scelta dei corsisti, hanno "raccolto" per l'Italia alcuni rom (e non rom!), hanno composto la classe pur di avviare un corso di mediatori culturali.

Requisiti, prerequisiti, profilo professionale, ecc. dei corsisti sono questioni determinanti in un corso di formazione, ma diventano trascurabili quando si tratta di "zingari".

L'importante è spendere qualche milione di euro anche se non produrrà risultati utili né alla popolazione romanì, né alla collettività (in modo che si possa rafforzare il pregiudizio che "i rom non vogliono integrarsi"), ma che certamente pagherà compensi ai docenti del corso e rimborso delle spese ai corsisti.

Mi chiedo se ha senso promuovere un corso di formazione per mediatori culturali rom quando in Italia ci sono circa 400 mediatori culturali rom (formati nei decenni scorsi) in grandissima parte disoccupati e qualcuno impegnato come manovalanza nei "progettifici".

Non era forse il caso di utilizzare le risorse del corso di formazione per dare maggiore professionalità e lavoro ai mediatori culturali Rom già formati?

  • Nell'attuale contesto della società italiana la mediazione culturale è la risposta giusta ai bisogni della popolazione romani?
  • E' possibile mediare tra culture diverse?
  • Oppure si media il perseguimento del massimo interesse possibile per una cultura?
  • Allora quale modello di mediazione culturale romanì?
  • Quali conoscenze e competenze deve acquisire un mediatore culturale romanò?

Se i responsabili del Consiglio d'Europa avessero coinvolto attivamente la Federazione romanì (o altra rappresentatività italiana che conosce con professionalità la realtà romanì in Italia) NON avrebbe messo in atto una iniziativa inutile e dannosa alla causa romanì.

Se anche il consiglio d'Europa trasforma un tentativo di aiuto alla popolazione romani in iniziative senza alcuna utilità alla collettività, allora vuol dire che la questione è molto grave per la popolazione romanì.

CONCLUSIONI

Concludo questa riflessione nella speranza che possa essere uno stimolo al cambiamento rispetto al passato, la Federazione romanì è sempre disponibile al confronto chiaro, onesto e finalizzato a migliorare le condizioni della popolazione romanì.

E' fin troppo evidente che la popolazione romanì è "trattata" come un osso da spolpare con qualsiasi metodo e con qualsiasi mezzo.

Ho molti motivi per essere convinto che attorno alla "causa romanì" circolano troppi interessi e soldi per iniziative troppo spesso inutili e dannosi alla quotidianità delle famiglie rom e per una evoluzione della cultura romanì; INTERESSI e SOLDI che attirano "predatori" per nulla interessati al presente ed al futuro del popolo romanò.

Spero che amici del popolo rom e le persone rom siano consapevoli del danno e sappiano evitare le incomprensioni con risposte chiare e pubbliche, e non cadere nella trappola per un fico secco.

Spero che le istituzioni europee e Italiane si decidano a definire con chiarezza il ruolo attivo delle professionalità e delle organizzazioni rom/sinte e valutare la proposta di modifica delle modalità di accesso ai fondi destinati alla nostra popolazione.

Rivolgo un appello agli amici del nostro popolo per sostenere il progetto politico della Federazione romanì e la "causa romanì" con la promozione della partecipazione attiva a propositiva, credibile e professionale a tutti i livelli, ed aiutarci nella preparazione del secondo congresso delle comunità rom e sinte, in programma per il mese di Aprile 2012.

Dr. Nazzareno Guarnieri – Presidente Federazione romanì

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Di Fabrizio (del 07/10/2011 @ 09:21:27, in casa, visitato 1597 volte)

Dal blog di Rino Pruiti. Segnalazione precedente. Segue comunicazione di ApertaMente di Buccinasco.



Pur avendo molto da dire, ci sono momenti dove, chi come me ama il suo territorio e vuole trovare soluzioni ai problemi delle persone che vi abitano, senza demagogia e senza sterile ideologia, facendosi carico dei problemi senza aspettare che altri se ne occupino... ecco ci sono momenti come questo dove mi rendo conto che stare zitti è meglio, è la soluzione "possibile", il piccolo sacrificio intellettuale "necessario".

Per questo e per dovere d'informazione, mi limito ad incollare sotto la delibera del Commissario Prefettizio che dovrebbe chiudere la "questione" relativa alle casette di legno dei Sinti residenti nel nostro Q.re Terradeo.

[..] IL COMMISSARIO STRAORDINARIO

RICHIAMATE le ordinanze emesse dal Responsabile di Posizione Organizzativa del Settore Territorio e Ambiente di seguito indicate:

· Ordinanza n. 42/2011 del 21 giugno – Prot. Gen. 10806
· Ordinanza n. 43/2011 del 21 giugno – Prot. Gen. 10809
· Ordinanza n. 44/2011 del 21 giugno – Prot. Gen. 10832
· Ordinanza n. 45/2011 del 21 giugno – Prot. Gen. 10838
· Ordinanza n. 46/2011 del 21 giugno – Prot. Gen. 10843
· Ordinanza n. 47/2011 del 21 giugno – Prot. Gen. 10844

PRESO ATTO che con tali provvedimenti si ordinava a n. 6 nuclei residenti a Buccinasco in Via dei Lavoratori n. 2 (presso il Quartiere Terradeo) di rimuovere le opere realizzate abusivamente presso le piazzole da loro utilizzate e di ripristinare i luoghi allo stato originario, entro il termine di 30 giorni dalla data di notifica delle ordinanze medesime;

CONSIDERATO che le suddette ordinanze sono state prorogate di ulteriori 60 giorni e che i termini di proroga risultano attualmente scaduti;

DATO ATTO che i 6 nuclei famigliari destinatari delle ordinanze precitate appartengono alla comunità sinta residente presso il Quartiere Terradeo di Buccinasco;

VISTE le complesse problematiche socio-economiche che caratterizzano la comunità sinta, fra cui si individuano come particolarmente gravi:

· l'oggettiva difficoltà per i giovani capofamiglia ad inserirsi efficacemente nel mondo del lavoro
· la difficoltà per le donne di contribuire al reddito famigliare dovuta anche, ma non solo, a fattori culturali
· l'elevato rischio di esclusione sociale
· l'elevata presenza numerica di figli minori all'interno dei diversi nuclei
· la bassa scolarizzazione della popolazione adulta ed il rischio del perpetuarsi di tale abitudine culturale anche nella popolazione in età scolare;

CONSIDERATO, in particolare, che all'interno dei 6 nuclei famigliari in questione si rileva la presenza di n. 4 donne in stato di gravidanza e di diversi figli minori affetti da patologie gravi;

RITENUTO necessario, pertanto, garantire la permanenza presso il Quartiere Terradeo delle 6 famiglie in oggetto, dando contestualmente piena attuazione alle ordinanze sopracitate;

STABILITO, pertanto, che le opere abusive vengano sostituite da soluzioni abitative mobili a norma di legge;

CONSIDERATO che, alla luce delle considerazioni socio-economiche suesposte, le 6 famiglie destinatarie delle ordinanze non sono, attualmente, in grado di procedere con risorse finanziarie proprie all'acquisto delle case mobili;

RITENUTO di anticipare le somme occorrenti per tali acquisti, con onere di restituzione entro il giorno 30 di ogni mese, a carico delle famiglie, con diritto di riscatto all'atto del saldo della intera spesa sostenuta dall'Amministrazione a favore delle famiglie medesime;

STABILITO che ciascun nucleo famigliare dovrà impegnarsi preventivamente, sottoscrivendo un apposito accordo, al rimborso del debito maturato con l'Amministrazione Comunale;

RITENUTO, infine, di demandare ai Responsabili dei Settori coinvolti nell'attuazione dell'intervento oggetto del presente atto, gli adempimenti necessari per quanto di propria competenza, come di seguito indicato:

· l'organizzazione dell'intervento di rimozione delle opere realizzate abusivamente, a cura del Settore Lavori Pubblici;
· la predisposizione degli atti relativi all'acquisto delle 6 case mobili, a cura Settore Economico e Finanziario;
· la rilevazione delle misure delle 6 piazzole oggetto dell'intervento di cui sopra, a cura della Polizia Locale;

· l'assistenza ai 6 nuclei famigliari in questione, a cura del Settore Servizi alla Persona;
VISTI gli allegati pareri di regolarità tecnica e di regolarità contabile resi ai sensi dell'art. 49 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267;

DELIBERA

1. di predisporre un intervento a favore di 6 nuclei famigliari residenti presso il "Quartiere Terradeo" di Buccinasco, garantendo la permanenza dei nuclei medesimi presso il Quartiere e dando, contestualmente, piena attuazione alle ordinanze citate in premessa;
2. di demandare ai Responsabili dei Settori coinvolti nell'attuazione dell'intervento oggetto del presente atto, gli adempimenti necessari per quanto di propria competenza, come di seguito indicato:

· l'organizzazione dell'intervento di rimozione delle opere realizzate abusivamente, a cura del Settore Lavori Pubblici;
· la predisposizione degli atti relativi all'acquisto delle 6 case mobili, a cura Settore Economico e Finanziario;
· la rilevazione delle misure delle 6 piazzole oggetto dell'intervento di cui sopra, a cura della Polizia Locale;
· l'assistenza ai 6 nuclei famigliari in questione, a cura del Settore Servizi alla Persona;

3. di dare atto che ciascuno dei 6 nuclei famigliari dovrà impegnarsi preventivamente, sottoscrivendo un apposito accordo, al rimborso della spesa anticipata dall'Amministrazione Comunale, con diritto di riscatto all'atto del saldo del debito.


Oggi è stata pubblicata sull'albo pretorio, del Comune di Buccinasco, la delibera, che alleghiamo (vedi sopra ndr), del Commissario Straordinario n° 84/ 03.10.2011 che recepisce quanto fino ad ora concordato negli incontri avvenuti fra l'Associazione Apertamente e il Commissario Straordinario, presente il Sub Commissario.

Scongiurato l'intervento delle "ruspe", definito il quadro degli interventi da fare, assegnati gli incarichi si passa alla fase esecutiva.
Prima la scelta delle Case Mobili più idonee, poi lo smontaggio delle attuali Casette, l'allocazione delle nuove abitazioni nel rispetto delle leggi correnti, nei tempi concordati.

Contemporaneamente è stato aperto il confronto col Parco Agricolo Sud per finalmente normare tutto il Campo. Come stiamo chiedendo dal 2004.

In tutti questi passaggi vengono coinvolti giornalmente da parte di Apertamente la totalità degli abitanti del Q.re Terradeo.

Riteniamo comunque utile mantenere attiva la rete di sostegno alle nostre proposte sino al raggiungimento di una equa soluzione.

Per Apertamente

Ernesto Rossi- Augusto Luisi

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Di Fabrizio (del 07/10/2011 @ 09:58:45, in scuola, visitato 1730 volte)


Spot su Youtube
venerdì 14 ottobre dalle 16.00 alle 18.00
Auditorium UNICEF Via Palestro 68 - ROMA


Come è organizzata a Roma la scolarizzazione dei bambini rom ospiti nei villaggi attrezzati? Quali enti sono coinvolti? Quali i costi e quali i risultati raggiunti?

L'Associazione 21 luglio vi invita a partecipare alla presentazione ufficiale del report "Linea 40 - Lo scuolabus per soli bambini rom", realizzato da Adriana Arrighi, Carlo Stasolla e Andrea Anzaldi.
Il report, frutto del lavoro di ricerca, verrà presentato da Carlo Stasolla, presidente dell'Associazione 21 luglio, Stefano Batori, vice preside della Scuola Media Statale "Bramante" di Roma e Dimitris Argilopoulos, ricercatore pedagogista dell'Università di Bologna.
Durante l'evento sarà inoltre proiettato il video "Da Barbiana al campo nomadi" prodotto dall'associazione stessa e realizzato da Davide Falcioni, Andrea Cottini e Ermelinda Coccia.

La scuola deve tendere tutto nell’attesa di quel giorno glorioso in cui lo scolaro migliore le dice: "Povera vecchia, non ti intendi più di nulla" e la scuola risponde con la rinuncia a conoscere i segreti del suo figliolo, felice solo che il suo figliolo sia vivo e ribelle.
Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana


Vi aspettiamo.

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Di Fabrizio (del 08/10/2011 @ 09:04:33, in conflitti, visitato 1365 volte)

FRONTIEREnews.it Testo di Srdjan Jovkovic, fotografie di Ippolita Franciosi (segnalazione di Marco Brazzoduro)

Passeggiando per Obilic, una delle città più inquinate dei Balcani, si possono vedere alcune case rosse costruite in mezzo a un campo polveroso. Si trovano nella zona di Subotic, vicino a due centrali termoelettriche a carbonedalle cui ciminiere esce costantemente fumo grigio. Qui i bambini non giocano nei cortili e le donne non curano il giardino, come invece accade in qualsiasi città del Kosovo.
Sono le case costruite dall'Unchr per i profughi ashkali da poco rimpatriati dalla Macedonia, nelle terre da dove furono espulsi dalla maggioranza albanese, dopo la guerra del 1999. Rispetto agli altri rom del Kosovo gli ashkali hanno un'unica, fondamentale, differenza: al posto del romanes, hanno scelto l'albanese come lingua.

Il quartiere rom di Subotic, Obilic: la casa è bruciata ad agosto

Dopo aver tentato invano di trovare qualcuno con cui parlare, incontriamo fuori dalla prima casa rossa Hajriz Rizvani, un ragazzo ashkali di 25 anni. Vuole spiegarci cosa è successo così ci invita ad entrare in casa, aggiungendo che è troppo spaventato per parlare fuori. Hajriz è tornato in Kosovo insieme alla sua famiglia da due mesi e mezzo, dopo un esilio in Macedonia durato 12 anni.
Due settimane fa la casa a fianco alla sua, quella dello zio Halim, è stata bruciata nella notte, ultimo di una serie di atti provocatori, come il lancio di pietre contro l'abitazione e vari colpi di pistola. Fortunatamente la notte dell'incendio la famiglia Rizvani non era in casa: preoccupati, avevano deciso di dormire da parenti. Dopo l'incidente hanno fissato delle barre di metallo su ogni finestra della casa e hanno preparato i bagagli, pronti a partire in caso di una nuova minaccia.
Dopo ogni singolo attacco Hajriz ha chiamato la polizia, che si è presentata ogni volta, senza però risolvere niente: “Vengono, danno uno sguardo alla casa, osservano le finestre rotte, scrivono qualcosa, ci dicono che tutto andrà bene e se ne vanno”. Ma le minacce e le violenze continuano.



Hajriz ci racconta che in seguito all'incendio è impossibile dormire, i bambini hanno visto la casa in fiamme e tutte le notti sono terrorizzati. Di giorno non si sentono al sicuro: evitano di andare a giocare, anche nel bel mezzo di un'assolata giornata d'estate. La famiglia Rizvani ha ricevuto anche le visite di rappresentanti dell'UNHCR e dell'OSCE, che si sono limitati a esprimere compassione e ad augurarsi che qualcosa del genere non succeda mai più.
Nessuna misura effettiva è stata presa né tanto meno è stata avviata una qualsivoglia indagine. Per le organizzazioni internazionali questa è una violenza difficile da riconoscere e sulla quale lavorare, perché è in chiara contraddizione con la politica adottata dall'UNHCR, che incoraggia i rifugiati a tornare in Kosovo dalla Macedonia, tagliando i supporti in maniera graduale.
Hajriz è inevitabilmente triste: nella sua giovane vita ha sperimentato la guerra, è diventato un rifugiato e ora non riesce a vedere alcun futuro nel Kosovo odierno. Il suo ritorno ha provocato una forte reazione dalla maggioranza della popolazione albanese. E qualcuno si è spinto oltre la disapprovazione, rompendo tutte le finestre della sua casa, proprio ora che sta ricominciando una nuova vita.
Il desiderio di Hajriz è trovare un lavoro per sostenere la sua famiglia: in Macedonia, essendo rifugiato, per legge non poteva lavorare. Ha deciso di tornare in Kosovo con la speranza che la legge e le istituzioni garantissero un ambiente sicuro per lui e per la sua famiglia. Ma chiaramente non è così.
L'incendio delle case è esattamente lo stesso tipo di intimidazione e violenza che i rom hanno subito prima e durante la guerra del Kosovo, dodici anni fa, quando la retorica dell'indipendenza trionfava e la violenza tra compaesani portava molte famiglie (più di 60.000) a lasciare il Kosovo perdendo tutto. Il futuro assomiglia troppo al passato violento del Kosovo, perché alla fine ogni speranza del paese, come quella di Hajriz, sembra svanire nel fumo nero delle case bruciate, ancora una volta.

Tutte le fotografie sul Kosovo di Ippolita Franciosi (http://www.ippolitafranciosi.net, [...]) saranno in mostra fino al 10 ottobre al Cafè de la Paix, a Ferrara, in occasione del Festival di Internazionale al Cafè de la Paix.

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Di Fabrizio (del 08/10/2011 @ 09:38:33, in Italia, visitato 1361 volte)

ottobre 5th, 2011 | by rob Published in Articolo, smogville | 1 Comment

La storia è questa. A un certo punto del pomeriggio arriva un comunicato stampa dal Comune di Milano, assessorato alla Sicurezza, oggetto: "Rom. Famiglie lasciano campo abusivo sito in zona pericolosa al confine con Settimo Milanese". Toh! penso, fino a pochi mesi fa ci toccava il bollettino quotidiano degli sgomberi, ora il Comune ci informa che queste famiglie hanno lasciato il campo in cui vivevano perché si sentivano in pericolo. Leggo le prime righe del comunicato: "A causa della pericolosità del luogo questa mattina i cittadini rom, che dal mese di luglio vivevano in un campo abusivo in via Gaetano Airaghi, hanno lasciato le loro baracche". Eh si, il vento è cambiato. Continuo a leggere: "Le famiglie sono state convinte ad allontanarsi dal quel campo non autorizzato – ha spiegato l'assessore alla Sicurezza e Polizia locale Marco Granelli – perché si trovava a ridosso della tangenziale in una zona pericolosa". Ah. Sono state convinte. Da chi? "I vigili, accompagnati dal Comandante Tullio Mastrangelo, questa mattina si sono presentati insieme agli operatori sociali del Comune e hanno spiegato alle famiglie i motivi per i quali non potevano più continuare a stare lì". Ah ok, capito, sono state sgomberate. Almeno così si definivano fino a pochi mesi fa queste operazioni. E non di qualche famiglia, come sembrava dall'oggetto, ma 133 persone. Ancora il comunicato: "Il campo di via Airaghi, al confine con il Comune di Settimo milanese, era costituito da 52 baracche, dove vivevano 41 famiglie, per un totale di 133 persone, di cui 48 minori. La società Serravalle proprietaria dell'area, sta procedendo alla pulizia e messa in sicurezza dell'area". Alle persone sgomberate il Comune ha offerto più o meno le cose che offriva la Moioli quando era nei giorni di grazia: "sistemazione provvisoria nei centri di accoglienza" ma dividendo donne e uomini: i maschi da una parte, le femmine e i bimbi dall'altra. "Al momento però le famiglie hanno preferito abbandonare il campo senza accettare la nostra proposta" scrive ancora Granelli. E magari se ne sono andate senza neanche ringraziare.

Quell'area sicuramente era pericolosa e lo sgombero è stato pensato a "fin di bene". Ma il risultato è lo stesso del suo predecessore De Corato, che però almeno chiamava le cose col loro nome e non usava giri di parole finto buonisti per raccontarle. O forse nel favoloso mondo di Pisapie gli sgomberi sono "gentili" e le famiglie "lasciano" le loro baracche?


CONSULTA ROM E SINTI DI MILANO
COMUNICATO STAMPA

Lo sgombero dei rom dell’ex campo di via Triboniano non deve essere la ripetizione della politica di De Corato. La Consulta rom e sinti di Milano chiede un incontro all’assessore alle politiche sociali: costruiamo insieme una prospettiva positiva per la comunità rom e sinta

Stamattina la polizia locale ha sgomberato i rom accampati tra Quinto Romano e via Novara. Tutti provengono dal campo di via Triboniano, chiuso dalla giunta Moratti alla vigilia delle elezioni e dove queste famiglie abitavano. Di queste alcune sono state escluse nel 2007 quando il campo bruciò e la giunta lo sistemò riducendo però gli abitanti con il risultato che molti, pur regolari e senza problemi con la giustizia, rimasero per strada perdendo tutto quello che avevano; altre sono state espulse negli ultimi 5 anni in base al patto di legalità e al successivo regolamento prefettizio applicato anche per bollette o multe non pagate o per aver ospitato familiari nel container.

Quindi una situazione complicata che riguarda una comunità presente da anni nel nostro territorio che va affrontata in maniera meno “semplicistica” e soprattutto senza le conseguenze drammatiche che producono gli sgomberi sugli uomini, sulle donne, sui bambini.

Ci preoccupano due aspetti di questa scelta, anzi tre se vogliamo citare le prime parole del nuovo vicesindaco: a Milano è finita la paura. No, per i rom la paura non finisce mai.

Il primo aspetto riguarda la motivazione dello sgombero: non è stata presentata nessuna ordinanza di sgombero nei giorni precedenti e oggi all’atto dello sgombero è stata mostrata una denuncia contro ignoti della società Milano-Serravalle per sassi gettati sull’autostrada. Chi ha deciso che gli ignoti sono i rom? Questo criterio ci sembra veramente pericoloso per la sua illegalità: se valesse dovrebbero essere sgomberati tutti gli abitanti che vivono vicino all’autostrada!

Il secondo aspetto riguarda la preoccupazione che si riproduca la politica fallimentare della precedente amministrazione con le centinaia di sgomberi che hanno prodotto solo grandi costi pubblici e accanimento crudele contro famiglie che perdevano il poco che avevano.

La Consulta rom e sinti di Milano si è impegnata con la nuova amministrazione per contribuire alla soluzione del problema delle comunità rom dando voce alle comunità e costruendo proposte praticabili, per il Comune e per i cittadini di Milano. Noi intendiamo continuare su questa strada coltivando la speranza che la necessità di una politica diversa non naufraghi di fronte al perdurare del pregiudizio e della discriminazione e al suo uso mediatico.

Questo obiettivo la Consulta lo sta perseguendo con riunioni con le singole comunità e con altre iniziative tra le quali un confronto sulle politiche europee al quale è stato invitato il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa che in un suo sopralluogo nel maggio di quest’anno aveva segnalato i gravi problemi di discriminazione nei confronti della comunità rom e sinta di Milano.

La Consulta per tutte queste ragioni ritiene urgente incontrare l’assessore alle politiche sociali per un confronto di merito sulle prospettive delle nostre comunità.

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Di Sucar Drom (del 09/10/2011 @ 09:05:08, in Italia, visitato 1547 volte)


Sabato 15 ottobre alle ore 10.00
Mantova, Palazzo del Plenipotenziario - piazza Sordello 43

Invito:

  • alle associazioni aderenti alla Federazione Rom e Sinti Insieme,
  • alle associazioni rom e sinte,
  • ai gruppi costituiti di sinti e rom.

Ordine del giorno:

  1. Manifestazione del 9 novembre
  2. Situazione dei nuovi contratti ENEL (vedi QUI ndr)
  3. Varie ed eventuali.

Sono invitate a partecipare anche tutte le associazioni sinte e rom, ma anche i singoli sinti e rom simpatizzanti.

Il presidente: Radames Gabrielli
I vice presidenti: Davide Casadio e Dijana Pavlovic

Email: romsintiinsieme@libero.it - Web: http://comitatoromsinti.blogspot.com

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Di Fabrizio (del 10/10/2011 @ 09:12:33, in musica e parole, visitato 2074 volte)

EZrome - Scritto e Inviato da Donata Zocche 06 Ottobre, 2011

'Devo ammettere che faccio fatica a rendermi conto d'essere davvero a Roma. Non mi sarei mai aspettato di trovare questa baraccopoli dentro la mia città: buia, fredda, piena di pozzanghere'.
A parlare è Pietro, uno dei protagonisti di Oggi mi sa che muoio, di Jole Severi Silvestrini, pubblicato da Mondadori. Ma sono in molti a non aspettarselo, specialmente quando la visione della realtà viene offuscata dalla non-conoscenza, dal pregiudizio. Specialmente quando la realtà si chiama campo nomadi, un posto dove pochi vorrebbero andare, e ancora meno ci sono stati.
Jole Severi Silvestrini, invece, quella realtà la conosce bene, perché ha operato come medico volontario al campo rom di Casilino 900. Dalla sua incredibile esperienza è nato un libro prezioso e autentico, che pagina dopo pagina ci accompagna nel luogo-simbolo di tante nostre paure, restituendoci la visione nitida di chi ha visto le cose coi propri occhi.


Dottoressa Severi Silvestrini, 'Oggi mi sa che muoio' nasce dalla sua esperienza personale presso il servizio di Medicina Solidale di Tor Bella Monaca e di Casilino 900. Perché ha deciso di fare il medico in un campo rom?
Come molte altre persone, in un certo senso privilegiate, anche a me è successo di rendermi conto di essere una donna fortunata e di sentire il bisogno di donare parte del mio tempo e delle mie conoscenze a quelli che reputavo meno fortunati di me. Ero in un momento particolare della mia vita, non solo professionale, e non mi aspettavo minimamente che da questa esperienza sarei stata proprio io quella che, a conti fatti, avrebbe tratto il maggior guadagno. Infatti, ero convinta che fare volontariato significasse soprattutto dare e invece mi sono ritrovata a ricevere tantissimo. A Tor Bella Monaca non mi sono presa cura solo di donne Rom, ma di molte pazienti immigrate e provenienti da tutte le parti del mondo. Io sono ginecologa e per questo ho seguito soprattutto donne in gravidanza e mi sono subito accorta di quanto queste persone avessero bisogno di raccontare le loro storie e di come fosse bello starle a sentire. Il mio desiderio di scrivere è diventato addirittura un bisogno impellente e così è uscito "I Racconti Dell'Attesa" il primo libro nato dall'esperienza a "Torbella". E' una raccolta di favole, in tante lingue diverse, che mi hanno raccontato le mamme in attesa e che nel corso dei nove mesi abbiamo tradotto insieme. Da quel momento ho capito cosa significasse per me fare il medico: non solo il Policlinico, l'Università, i pazienti come "casi" da riportare ai congressi, ma il prendersi cura davvero delle persone con le loro storie cariche di sofferenza ma anche di vita e di speranza, di gioia e di voglia di raccontare. E sono andata avanti e ho scritto anche "Oggi mi sa che muoio", stavolta un romanzo, che mi ha permesso di dar voce a tanti personaggi diversi, insomma, a tutti quelli che hanno cambiato il mio lavoro in meglio.

Najo, uno dei protagonisti, ad un certo punto dice: 'Gagè! ma non dirmi che non sai ancora come vi chiamiamo?! sei proprio imbranato! i gagè sono la gente come te, quella che non è rom, insomma siete voi: i non zingari!'
Le è capitato di sentirsi in una situazione ribaltata, cioè ad essere lei la 'diversa', 'quella che appartiene ad un'altra realtà'?

Be', in un certo senso la sensazione di essere sempre un po' fuori contesto, non perfettamente integrata nell'ambiente in cui vivo e lavoro, mi ha sempre accompagnata, turbandomi anche un po'. Ho sempre pensato fosse un mio limite sentirmi spesso "fuori luogo" rispetto alla mia "casta", fino a quando non ho capito che in realtà essere un po' strana poteva essere una mia risorsa e infatti sentire di non appartenere completamente a quella che dovrebbe essere la mia realtà mi permette di immedesimarmi con le storie degli altri, di coloro che vengono da mondi lontani e molto diversi da quello in cui sono nata e cresciuta.
Ora mi succede ancor più di prima di sentirmi trattare dai miei colleghi come "quella un po' bizzarra", ma non mi preoccupa, va bene così: sono un po' "diversa".

Pietro è un giovane volontario, che offrendo il proprio aiuto contravviene alle regole della comunità rom. Scatenerà, involontariamente, effetti deleteri. Come giudica la conoscenza che i 'gagè' hanno generalmente del mondo rom?
Non si può mai parlare di vera conoscenza quando l'approccio a una realtà è offuscato dai pregiudizi, io credo che la maggior parte dei gagè nutrano solo diffidenza e paura nei confronti del mondo rom, ma anche i rom sono spesso profondamente sospettosi nei confronti dei gagè e per questo ci attribuiscono caratteristiche grottesche che derivano solo dai loro preconcetti. Pietro, come molti ragazzi della sua età, ha solo una conoscenza molto superficiale del mondo dei campi, però gli capita di innamorarsi di una zingara e l'amore sarà una molla potentissima che indurrà dei cambiamenti drammatici. L'amore ha il potere di trasformare le persone e di rendere possibile una conoscenza reale e concreta dell'altro, del diverso, che altrimenti non sarebbe mai stata possibile. Ma l'amore non è "attento" e a volte travolge le differenze, sì, insomma, l'amore non è quasi mai "politicamente corretto".

'Non mi sarei mai aspettato di trovare questa baraccopoli dentro la mia città: buia, fredda, piena di pozzanghere', si trova ad un certo punto a pensare Pietro.
Si può dire che da una parte l'attaccamento alle proprie tradizioni e dall'altra la difesa messa in atto verso certe realtà difficili, come i campi nomadi, finiscono col consolidare ancora di più queste realtà?

Certamente, è proprio così. Siamo tutti un po' responsabili dell'esistenza di realtà assurde come quella dei campi, che sono luoghi indecenti nei quali le condizioni di vita delle persone che ci abitano sono assolutamente inaccettabili.

Jasmina dice a Pietro: 'Devo proprio spiegarti un bel po' di cose su quello che da noi un ragazzo e una ragazza … se non sono sposati … bè, insomma, diciamo così: non possiamo stare mai da soli!'
Le regole tradizionali più rigide sono destinate ad allentarsi tra le generazioni più giovani, avvicinando mondi diversi?

Sì, anche questo è un aspetto che fa parte delle trasformazioni che i protagonisti di questa storia subiranno grazie all'innamoramento che è la molla capace di produrle. In questa storia non ci sono i buoni e i cattivi, né tra gli zingari né tra i gagè, non si propongono soluzioni facili e finali rassicuranti e nemmeno regole giuste contrapposte a regole sbagliate, però Pietro, Jasmina e i ragazzini del campo diventeranno amici e un sentimento d'affetto, di curiosità e fascino reciproco li unirà permettendogli di vincere le paure e quindi anche il bisogno di difendersi trincerandosi dietro a comportamenti rigidamente stereotipati. I giovani di questo romanzo sono gli unici che riescono a contravvenire alle regole dei loro rispettivi mondi. Non a caso questo libro è dedicato soprattutto a giovani adulti e ho scelto di pubblicarlo in una collana per ragazzi, infatti, credo che il messaggio vada indirizzato a loro perché sono loro che possono davvero recepirlo.

Dottoressa Severi Silvestrini, con quali pregiudizi è entrata al campo rom di Casilino 900, e con quali giudizi ne è uscita?
Sono entrata con i pregiudizi che credo abbiamo tutti come per esempio: gli zingari non hanno nessuna voglia di lavorare, sono ladri e bugiardi, trattano male le donne e i bambini, vengono da altri paesi più poveri e sfortunati del nostro, ma non vogliono integrarsi alle nostre leggi e alla nostra cultura, sono sporchi e pigri. In verità avevo in testa anche una serie di idee preconcette un po' ideologiche e romantiche del tipo: lo zingaro è libero perché si rifiuta di condividere le norme della nostra società, lo zingaro preferisce vivere in una baracca ed essere nomade piuttosto che sentirsi incatenato alle nostre regole borghesi, lo zingaro è orgoglioso d'esserlo e vuole rimanere tale e … via dicendo.
In realtà le cose non stanno affatto così. Per prima cosa ho scoperto che la maggior parte delle persone che vivono nei campi, almeno nella nostra città, è nata in Italia da genitori che a loro volta sono nati qui e, considerando il fatto che tra di loro ci si sposa molto presto e si diventa genitori già a quindici o sedici anni, talvolta anche i loro nonni sono nati in un campo rom in Italia. Insomma, sono italiani di seconda o addirittura di terza generazione . Alla luce di ciò suona piuttosto ridicola l'intenzione di alcuni di rispedire questa gente a casa loro visto che la loro casa è proprio qui, da noi. E nonostante questo, nessuno di loro, come sarebbe giusto, è cittadino italiano e per molti di loro è difficilissimo avere persino il permesso di soggiorno. In Italia qualsiasi straniero senza documenti in regola commette un reato e quindi qualsiasi zingaro è un fuorilegge fin dalla nascita. In queste condizioni anche se qualcuno di loro volesse davvero "integrarsi" e vivere una vita onesta, chi darebbe lavoro a uno zingaro senza documenti?
Un'altra importante scoperta che ho fatto è che nessuno tra le persone che ho conosciuto a Casilino 900, soprattutto i ragazzi e i bambini, è orgoglioso di essere costretto a rubare o a fare accattonaggio per campare, e nessuno, ma proprio nessuno, preferirebbe vivere in una baracca sporca, senza acqua, senza bagno, gelata d'inverno e bollente d'estate, piuttosto che in una vera casa se gliene fosse data la possibilità. Poi ho capito che nessun bambino preferisce andare a chiedere l'elemosina, o andare alla ricerca di cose da mangiare o vendere infilandosi nei cassonetti, oppure essere costretto a rubare portafogli sugli autobus, piuttosto che andare a scuola. Tutti quelli che ho conosciuto vorrebbero imparare a leggere e a scrivere e sognano di fare da grandi dei lavori rispettabili, ma sanno che questa è una possibilità a loro preclusa.
Ho scoperto che il nomadismo è scomparso tra i Rom, infatti sono morte tutte quelle occupazioni e quei mestieri che lo giustificavano. Quasi più nessuno aspetta la festa del paese e l'arrivo dei giostrai, dei musicanti, delle cartomanti, dei fabbricanti di pentole e di coltelli, gli arrotini, gli ombrellai, i domatori di cavalli e così via. Ora in tutte le città, e persino nei paesini, ci sono i grandi centri commerciali, i cinema multisale e i parchi di divertimento e gli zingari non servono più. Un tempo per la famiglia Rom era indispensabile spostarsi di paese in paese per portare durante le fiere le proprie mercanzie e i propri mestieri, ora che è scomparsa questa necessità il nomadismo non ha più ragion d'essere. Gli zingari sono diventati stanziali e la maggior parte di loro sogna un lavoro e una casa e una vita proprio come quella dei gagè.
Infine ho capito che nei campi non si nasconde solo la microcriminalità legata ai furtarelli, alle truffe e all'accattonaggio necessari alla sopravvivenza di tanti poveracci, ma che tra le baracche trovano rifugio criminali veri e propri, e che refurtive di migliaia e migliaia di euro sono state rinvenute in molti campi, nonché molte armi e chili di droga. I campi, infatti, sono posti dimenticati e abbandonati, spesso ai margini della città, praticamente fuori da ogni regola e legge e senza quasi alcun controllo, insomma, sono posti ideali per molti delinquenti, anche potenti e collegati alle mafie, che hanno tutti gli interessi affinché le cose non cambino mai.

Oggi mi sa che muoio
di Jole Severi Silvestrini
Edizioni Mondadori

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Di Sucar Drom (del 10/10/2011 @ 09:32:02, in blog, visitato 1418 volte)

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Di Fabrizio (del 11/10/2011 @ 09:35:12, in Europa, visitato 1609 volte)

Da Czech_Roma Non ci sono solo le manifestazioni violente in Repubblica Ceca (QUI e QUI le cronache più recenti), ma un atteggiamento generale che fa da corollario

Romea.cz Praga, 3.10.2011 21:07, David Tišer: un club praghese non ci fa entrare, lo boicotteremo David Tišer, translated by Gwendolyn Albert
Le opinioni pubblicate nella sezione Commenti non riflettono necessariamente il punto di vista o le opinioni dei giornalisti del server news Romea.cz o dell'associazione civica ROMEA

David Tišer: Rom ed attivista per i diritti dei gay

Sei di noi - due ragazzi e quattro ragazze - recentemente hanno tentato di entrare nel club "Retro", quartiere praghese di Vinohrady. Stavamo passando attraverso il ristorante, dove era seduto il proprietario, quando un buttafuori è corso sulle scale. Il buttafuori ha dato un occhio alla nostra identificazione, gli è occorso un attimo per accorgersi che eravamo in sei. Quando ebbe in mano la carta d'identità di una ragazza di Pilsen, cominciò a lamentarsi che le persone di quella città la settimana prima avevano creato confusione nel club. Gli abbiamo chiesto cosa centrassimo noi. Gli ho anche fatto capire che tutti gli altri erano praghesi.

Il buttafuori ha iniziato a fare commenti "discreti" sul nostro conto, ad esempio: "Ci sono stati molti ladri qui ultimamente", ecc. Ha rifiutato di farci entrare. Non ha detto direttamente che lo faceva perché eravamo Rom, ma era chiaro dalle sue giustificazioni che la nostra etnia ne era il motivo. Mentre era occupato con noi, la gente entrava ed usciva continuamente, nessuno di loro era Rom.

Sono andato a lamentarmi al bar, ma la barista mi ha detto che era tutto inutile e dovevamo andarcene. Volevo che chiamasse il proprietario, che era seduto al bar, ma lui ci ha fatto sapere di non avere tempo per noi.

Ho chiamato la polizia, l'ufficiale che è arrivato sin dall'inizio ha affermato che non c'era nulla da fare. Ci ha accompagnato per negoziare col buttafuori, che improvvisamente ha iniziato a sostenere che non poteva farci entrare, perché era in corso una festa privata di compleanno. Gli ho detto che se lo stava inventando, perché altri miei amici erano già dentro e non sapevano niente di questa festa. La sua risposta: "Bene, se hai degli amici lì, non lamentarti che non vi vogliamo perché siete Rom."

Ho risposto: "I miei amici non sono Rom - abbiamo molti amici che non lo sono."

Il buttafuori insisteva che non potevamo entrare. Il poliziotto ci diceva che non poteva fare nulla perché il club era privato.

Mentre il poliziotto era presente, il buttafuori non ha permesso a nessun cliente (tutti non-Rom) di entrare nel club, per attenersi alla sua storia di una festa privata di compleanno. Dopo chela polizia se n'è andata, ha lasciato passare nel club tutti i "bianchi". Ce ne siamo andati anche noi.

Sono arrabbiato perché ci sono stati diversi eventi che si sono tenuti al club "Retro", organizzati sia da associazioni rom che pro-rom. Ovviamente, il proprietario è stato pagato per l'uso dello spazio. E' chiaro che per lui i soldi odorino di buono - ma quando la gente rom vuole entrare nel suo club per divertirsi come chiunque altro, d'improvviso non andiamo più bene.

La prossima volta il Retro non ci andrà più bene. Singoli ed associazioni non devono più tenere lì i loro eventi. A Praga ci sono abbastanza imprese che sapranno apprezzare sia i soldi che le persone che li offrono, Rom inclusi.

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