Da
Coopofficina (forse il prof. Guarnieri sarà noioso e monotematico, ma
possiamo dargli torto?)
Tante persone ed organizzazioni tentano di "aiutare" la popolazione romanì a
superare disagi e difficoltà sociali, culturali ed economici. Ma se da troppo
tempo e troppo spesso questo "aiuto" si trasforma in un disastro una motivazione
deve pur esserci.
Le assenze di conoscenza e di partecipazione attiva e professionale dei rom sono
motivazioni concrete della grave condizione della popolazione romanì.
Ma i danni prodotti nel passato, ed ancora oggi, alle comunità romanì, portano a
pensare anche ad altre motivazioni e responsabilità che spesso sfuggono
all'attenzione senza un'analisi professionale ed onesta, senza una serena
autocritica.
Responsabilità delle numerose ricerche che hanno descritto e descrivono una
realtà romanì stereotipata e quindi falsa, e sulla base di queste ricerche sono
state attivate politiche NON coerenti alla realtà ed ai bisogni reali.
Responsabilità di una partecipazione come un mezzo degli stessi rom, che per un
pugno di mosche si sono prestati a realizzare il danno alla collettività romanì
e non.
Responsabilità della politica e delle istituzioni che non vogliono dialogare
direttamente con le professionalità e le organizzazioni rom, credibili e
documentati.
Certamente tutti riconoscono che le politiche attivate nel passato per la
popolazione romanì erano sbagliate e concordano che le principali motivazioni
del fallimento sono da attribuire:
- all'assenza di partecipazione attiva e propositiva, credibile e professionale
dei rom
- alla diffusione di una falsa conoscenza interpretativa del mondo romanò che ha
portato alla proposta ed alla realizzazione di politiche sbagliate, impedendo
l'evoluzione della cultura romanì
Quindi dovrebbe scattare l'applicazione della più elementare regola democratica
ed antidiscriminatoria: in qualsiasi iniziativa avviata per le comunità rom e
sinte la Federazione romanì, rappresentatività romanì credibile e professionale,
(o altra documentata rappresentatività romanì) deve essere co-protagonista
attiva e propositiva a tutti i livelli.
Ma cosi non è ...
forse perché le persone rom/sinte che possiedono conoscenze e competenze danno
fastidio, come danno fastidio le organizzazione rom credibili e professionali
con un chiaro progetto politico.
Deve pur esserci una motivazione che porta le persone e le organizzazioni a
trasformare un tentativo di aiuto alla popolazione romani in un disastro.
Potrei citare tante iniziative pubbliche, anche recenti, in cui la popolazione
romanì è stata ignorata oppure è stata considerata SOLO folclore e/o
arredamento, mentre è ignorata la partecipazione attiva e qualificata:
- La commissione diritti umani del Senato della Repubblica lo scorso anno ha
promosso, attraverso le audizioni e qualche visita "speciale", una iniziativa di
ricerca sulla realtà rom in Italia per stilare un rapporto. I diretti
interessati (le professionalità e le organizzazioni rom) non sono stati
ascoltati. Il rapporto viene presentato con orgoglio dalla Commissione del
senato, ma è lontana anni luce dalla realtà, dai bisogni della popolazione
romanì e dalle soluzioni politiche da avviare.
- Lo scorso 01 Ottobre un'associazione impegnata nel contrasto alla
discriminazione ha promosso a Roma un folcloristico "pride rom" senza
coinvolgere nessuna organizzazione rom italiana nella promozione
dell'iniziativa. Questo è il modello di contrasto alla discriminazione quando si
tratta di rom.
- Nei prossimi giorni a Roma presso il Senato della Repubblica e Comune di Roma le
Fondazioni europee organizzano un Forum sull'inclusione delle comunità rom, MA
tra i relatori non c'è traccia di professionalità ed organizzazioni rom
d'Italia. Parlano e sparlano di rom, senza i diretti interessati, senza
interlocutori rom credibili e professionali. Questo è il modello di inclusione
delle comunità rom.
- Viene promosso un incontro in Vaticano della popolazione romanì con il Santo
Padre Benedetto XVI° senza coinvolgere una rappresentatività romani nella
programmazione dell'iniziativa. I diretti interessati sono stati chiamati per
fare folclore, arredamento, e per confermare pregiudizi e stereotipi. Hanno
promosso questo incontro per dare visibilità ai bisogni della popolazione romanì
oppure per cercare autoreferenzialità sul mondo rom? Questo è il modello di
partecipazione quando si tratta di rom.
ecc. ecc.
E' possibile parlare e sparlare della popolazione senza i diretti interessati?
Senza alcun dubbio due sono gli obiettivi reali di queste iniziative:
- DELEGITTIMARE i diritti utili alla popolazione romanì
- LEGITTIMARE stereotipi e pregiudizi
Circa un anno fa il Consiglio d'Europa approva la Dichiarazione di Strasburgo,
un piano di azioni finalizzato a migliorare l’integrazione economica e sociale
della popolazione romanì.
In questo piano di azioni "il Consiglio d'Europa indica in particolare quelle
misure finalizzate alla partecipazione di rappresentanti rom in meccanismi
decisionali che direttamente li riguardano."
Si tratta di una giusta risposta alle cause del fallimento delle politiche
sbagliate del passato, ma "si predica bene e si razzola male".
E' possibile che il Consiglio d'Europa organizzi in Italia un corso di
formazione per mediatori culturali rom/sinti, quando nel nostro paese ci sono
circa 400 mediatori culturali rom senza una occupazione?
E' possibile che il Consiglio d'Europa avvii questa iniziativa di formazione in
Italia senza coinvolgere le rappresentatività romanì Italiane, ed in particolare
la Federazione romanì?
E' possibile ... lo ha fatto ...
senza un criterio di scelta dei corsisti, hanno "raccolto" per l'Italia alcuni
rom (e non rom!), hanno composto la classe pur di avviare un corso di mediatori
culturali.
Requisiti, prerequisiti, profilo professionale, ecc. dei corsisti sono questioni
determinanti in un corso di formazione, ma diventano trascurabili quando si
tratta di "zingari".
L'importante è spendere qualche milione di euro anche se non produrrà risultati
utili né alla popolazione romanì, né alla collettività (in modo che si possa
rafforzare il pregiudizio che "i rom non vogliono integrarsi"), ma che
certamente pagherà compensi ai docenti del corso e rimborso delle spese ai
corsisti.
Mi chiedo se ha senso promuovere un corso di formazione per mediatori culturali
rom quando in Italia ci sono circa 400 mediatori culturali rom (formati nei
decenni scorsi) in grandissima parte disoccupati e qualcuno impegnato come
manovalanza nei "progettifici".
Non era forse il caso di utilizzare le risorse del corso di formazione per dare
maggiore professionalità e lavoro ai mediatori culturali Rom già formati?
- Nell'attuale contesto della società italiana la mediazione culturale è la
risposta giusta ai bisogni della popolazione romani?
- E' possibile mediare tra culture diverse?
- Oppure si media il perseguimento del massimo interesse possibile per una
cultura?
- Allora quale modello di mediazione culturale romanì?
- Quali conoscenze e competenze deve acquisire un mediatore culturale romanò?
Se i responsabili del Consiglio d'Europa avessero coinvolto attivamente la
Federazione romanì (o altra rappresentatività italiana che conosce con
professionalità la realtà romanì in Italia) NON avrebbe messo in atto una
iniziativa inutile e dannosa alla causa romanì.
Se anche il consiglio d'Europa trasforma un tentativo di aiuto alla popolazione
romani in iniziative senza alcuna utilità alla collettività, allora vuol dire
che la questione è molto grave per la popolazione romanì.
CONCLUSIONI
Concludo questa riflessione nella speranza che possa essere uno stimolo al
cambiamento rispetto al passato, la Federazione romanì è sempre disponibile al
confronto chiaro, onesto e finalizzato a migliorare le condizioni della
popolazione romanì.
E' fin troppo evidente che la popolazione romanì è "trattata" come un osso da
spolpare con qualsiasi metodo e con qualsiasi mezzo.
Ho molti motivi per essere convinto che attorno alla "causa romanì" circolano
troppi interessi e soldi per iniziative troppo spesso inutili e dannosi alla
quotidianità delle famiglie rom e per una evoluzione della cultura romanì;
INTERESSI e SOLDI che attirano "predatori" per nulla interessati al presente ed
al futuro del popolo romanò.
Spero che amici del popolo rom e le persone rom siano consapevoli del danno e
sappiano evitare le incomprensioni con risposte chiare e pubbliche, e non cadere
nella trappola per un fico secco.
Spero che le istituzioni europee e Italiane si decidano a definire con chiarezza
il ruolo attivo delle professionalità e delle organizzazioni rom/sinte e
valutare la proposta di modifica delle modalità di accesso ai fondi destinati
alla nostra popolazione.
Rivolgo un appello agli amici del nostro popolo per sostenere il progetto
politico della Federazione romanì e la "causa romanì" con la promozione della
partecipazione attiva a propositiva, credibile e professionale a tutti i
livelli, ed aiutarci nella preparazione del secondo congresso delle comunità rom
e sinte, in programma per il mese di Aprile 2012.
Dr. Nazzareno Guarnieri – Presidente Federazione romanì