Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 01/07/2010 @ 09:19:44, in Europa, visitato 1317 volte)

Segnalazione di Veronica Mognoni

 Il link per chi legge da Facebook

C'e' davvero un'emergenza ROM in Europa? Un viaggio verso l'EST alla ricerca delle storie che nessuno racconta: dai bambini bruciati vivi agli esempi di integrazione.

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Di Fabrizio (del 01/07/2010 @ 09:42:11, in media, visitato 1727 volte)

Da Roma_Daily_News

RadioExpert.org

Domanda
Può un network di stazioni radio FM posseduto e gestito da comunità rom formare le basi di una nuova soluzione del problema rom in Europa? Se è così, come dovrebbe funzionare e quale forma prendere?

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La questione
La marginalizzazione delle minoranze romanì nell'Europa Centrale/Orientale rimane tra i problemi più difficili da affrontare per l'Europa di oggi. La ricerca di soluzioni deve includere la responsabilizzazione del popolo rom attraverso l'istruzione e l'accesso alle strutture di supporto. Video seguente in inglese:

Inoltre un parere di Ian Hancock QUI (sempre in inglese ndr)

1

Appello all'azione
Durante il Summit Rom UE, il Presidente della Commissione Europea Jose Manuel Barroso ha invitato l'Europa tutta: "Dobbiamo usare tutti i mezzi possibili per migliorare l'inclusione dei Rom. Se non ci saranno cambiamenti fondamentali, milioni di giovani rom non avranno alternativa ad una vita di esclusione sociale e marginalizzazione. Se la speranza non entrerà nei quartieri rom, prevarrà la disperazione. Le principali società devono offrire ai Rom una possibilità reale, pratica, di migliorare le loro prospettive." Ha poi continuato: "Dovremmo incoraggiare i Rom nel diventare soggetti attivi del loro destino e prendere le responsabilità delle loro vite. Ma dobbiamo offrire loro reali opportunità. Si diventa cittadini, solo se si ha l'opportunità di farlo."

La nostra soluzione
La Comunità di Radio possedute e gestite da gruppi rom possono fornire strumenti efficaci per l'alfabetizzazione mediatica, collaborazione, inclusione, accesso, sviluppo di capacità per l'impiego e coesione sociale. Il Progetto Radio Rom è un'iniziativa pluriennale (2009-2012) per stabilire e mantenere una rete sostenibile di radio FM gestite dalle minoranze rom in Europa. L'obiettivo è di creare un ambiente che consenta lo sviluppo di Radio Rom nelle società civili, e sviluppare organizzazioni sostenibili di Radio Rom. Il progetto si basa su un piano strategico sviluppato da Henry Loeser all'Università Masaryk che impiegherà consulenza e formazione.

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Come funziona?
Il piano è di lavorare in parallelo a macro e micro livello. Poiché gli ambienti della società civile sono resi più favorevolei per le radio comunitarie, così anche quelli radio dovrebbero essere sufficientemente sviluppati: prima come OnG solo per Internet, quindi la migrazione a FM per diventare organizzazioni comunitarie autosufficienti. In primo luogo, tutti i soggetti interessati dovranno essere coinvolti attraverso una serie di conferenze, laboratori, consulenze e sessioni di formazione per il settore e le organizzazioni per costruire le capacità necessarie. Poi, realizzata e misurata tramite il coordinamento costante, supporto, e consultazione progressiva. Si tratta di un esercizio di costruzione comunitaria con la radio al centro della collaborazione delle parti interessate.

L'attivazione degli ambienti
Comunità - Individuare e informare le comunità rom
Interessi organizzati - coordinare ed eseguire conferenze OnG
Fattibilità - ricerca di macro sociali, economiche e questioni tecniche
Politica - chiamare alla partecipazione di agenzie governative
Legislazione / Regolamenti - sviluppo e definizione della legislazione apposita
Supporto - sollecitare il sostegno finanziario per assicurare la sostenibilità

Organizzazioni sostenibili delle Radio
Comunità / Consiglio di Amministrazione - identificare e sviluppare i gruppi interessati
Fattibilità - micro ricerca sociale, economica e questioni tecnici
Strategia / Piano / Bilancio - sviluppare le basi da cui partire per costruire
Management - assumere, e costruire una squadra responsabile
Tecniche - acquisire e installare lo studio e le strutture della trasmissione
Programmazione - formare gli addetti radio rom per creare la loro presentazione in onda
Sviluppo - attuazione del piano, le persone, e sistemi per assicurare la sostenibilità

Il Progetto Radio Rom contribuirebbe ad accrescere la tolleranza e la mutua comprensione fornendo mezzi di comunicazione ai Rom per comprendere meglio il loro ruolo e responsabilità nella società UE, ed anche per chi non è Rom nell'apprendere sulla loro cultura, valori e richieste, riducendo quindi il razzismo e l'intolleranza attraverso la comprensione. Dovrebbe promuovere l'occupazione attraverso il trasferimento di know-how e capacità di costruire competenze. Le Radio Rom di successo saranno quindi un mezzo per lo sviluppo sostenibile dei gruppi associati, incoraggiando anche la coesione sociale definendo le Radio Rom stesse come efficaci organizzazioni della sociale civile.

Risultato
Per ottenere i desiderati risultati di sostenibili radio rom in FM, abbiamo bisogno della vostra partecipazione e appoggio. Contattate quindi da oggi radioexpert e continuiamo a costruire un futuro migliore per le comunità romanì e tutta la società europea.

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Di Fabrizio (del 02/07/2010 @ 09:06:55, in Italia, visitato 2032 volte)

Rho, 29 giugno 2010. Zoran è morto, morte cerebrale, non qui a Rho, dove per quindici anni aveva vissuto con la sua famiglia, ma lontano, in Germania, dove aveva, infine, cercato rifugio. Quasi cieco, da molto tempo era sottoposto a dialisi, in cura presso l'Ospedale di Bollate fino a che, all'inizio di questo anno, venne espulso dal campo di Rho, privato della casa e degli affetti più intimi. Per mesi Zoran ha vagato senza una meta, spaventato e sempre più indebolito nella salute. Qualche giorno fa, dopo aver appreso la notizia che sua nuora e i due nipotini, anch'essi abitanti nel campo di Rho, erano stati trasportati dai Servizi Sociali in una Comunità, anziché provvedere agli interventi che nel tempo si erano resi necessari per aiutare una famiglia in difficoltà, ha avuto un tracollo. L'ultimo.

Ma le politiche razziste della Giunta Zucchetti non si fermano, anzi, si intensificano. Nei giorni scorsi è stata recapitata al musicista Jovica Jovic e ad altre famiglie del campo comunale di via Sesia una lettera in cui li si invita ad abbandonare le proprie abitazioni entro 30 giorni, perché al posto delle loro case il Comune deve mettere una discarica. Non contenti di chiudere il campo, senza offrire alcuna alternativa alle famiglie che vi abitano, l'amministrazione comunale ha voluto sottolineare che i Rom di via Sesia valgono meno della spazzatura, calpestando la loro dignità. Come hanno ricordato anche Elio e le Storie Tese sabato sera dal palco del Rho Alive, invitati dalla stessa amministrazione rhodense, "siamo vicini alla pulizia etnica". Per queste ragioni questa sera abbiamo fatto irruzione in Consiglio Comunale, portando dei sacchi della spazzatura con i nomi dei Rom che vivono in via Sesia, considerati dal Sindaco Ciellino dei rifiuti sociali.

Ma il Consiglio Comunale non si è soffermato a riflettere sulla morte di un uomo che per loro non vale nulla perché Rom. Non si è fermato a riflettere sul fatto che la dignità di cittadini in carne ed ossa e di un popolo viene calpestata. Ha preferito discutere, dopo che abbiamo abbandonato l'aula, della violenza della nostra azione, in quanto entrando in Comune avremmo inavvertitamente danneggiato una porta e della necessità di sgomberare il Centro Sociale Fornace.

Contro la violenza di un'istituzione che sta sistematicamente commettendo violazioni dei diritti umani, nelle prossime settimane proseguiremo e intensificheremo la campagna per fermare lo sgombero del campo e perché siano riconosciuti i diritti di Jovica e di tutti gli altri abitanti di via Sesia.

SOS FORNACE
sosfornace@inventati.org
www.sosfornace.org
www.myspace.com/sosfornace

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Di Fabrizio (del 02/07/2010 @ 09:43:30, in media, visitato 1844 volte)

Sembra non aver tregua la campagna di distorsione della verità dei fatti che da tempo contraddistingue anche il quotidiano Il Tirreno di Pisa, non solo quando sono coinvolti direttamente dei Rom in episodi di criminalità o di cronaca locale... ma adesso il Tirreno li coinvolge esplicitamente anche quando i Rom (nomadi) non c'entrano per niente.
Ne è la prova l'episodio raccontato da Pierluigi Ara nella cronaca di Calci del 29 Giugno, relativo all'aggressione subita dal parroco Mons. Antonio Cecconi ad opera – secondo il quotidiano il
Tirreno- di un gruppetto Rom (nomadi).
"Nomadi si scatenano contro il parroco di Calci", così titolava l'articolo che raccontava il fatto in questione.
Lo stesso parroco ammette il fatto e l'aggressione verbale subita, ma dichiara anche che non si trattava di Rom, ma di cittadini immigrati! Una distinzione che sembra troppo difficile da cogliere per il giornalista autore della segnalazione, ed è una notizia troppo "ghiotta" per la redazione de Il Tirreno di Pisa da lasciar cadere, così senza un minino di verifica prima di pubblicarla ben in risalto..tanto diffamare i Rom fa sempre presa, è la logica che caratterizza anche Il Tirreno di Pisa, ciò che importa è continuare sbattere i Rom in faccia all'opinione pubblica presentandoli come arroganti e pericolosi..
"Nomadi scatenati o giornalisti scatenati?" non so proprio chi dobbiamo temere di più!
La mia vicinanza e solidarietà piena a don Antonio, ma senza dimenticare quei colpevoli-fantasmi Rom visti dall'occhio attento e indagatore del Tirreno.
Agostino Rota Martir


IL Tirreno – cronaca di Calci del 29 giugno 2010
Nomadi si scatenano contro il parroco di Calci di Pierluigi Ara

CALCI. Gazzarra inscenata da un gruppetto di nomadi all'indirizzo di monsignor Antonio Cecconi, parroco di Calci e vicario generale della diocesi di Pisa. Al centro del paese, mentre il sacerdote dalla pieve romanica si stava recando alla vicina canonica, è stato fatto bersaglio di parole pesanti.

Una aggressione verbale in piena regola. Alcuni individui, tra cui spiccavano due donne, hanno cominciato ad inveire nei confronti del sacerdote il quale, a loro dire, non li avrebbe aiutati abbastanza. Nella circostanza probabilmente non era nella condizione di dare i soldi che gli venivano richiesti. Da qui la protesta, scomposta e fuori luogo.

Si consideri che monsignor Cecconi quelle persone, come tante altre, le ha sempre aiutate anche a costo di sacrifici attingendo non di rado alle sue risorse personali. Non a caso, uomo di chiesa dalla parte degli ultimi della società, ha fatto della sua vita e dell'impegno di apostolato cristiano, la bussola di condotta quotidiana. Tutti conoscono e ricordano l'impulso dato alla Caritas della provincia di Pisa, di cui è stato massimo responsabile, e alla Caritas nazionale che lo ha visto vice direttore. Non c'è situazione di grave disagio sociale del singolo e della collettività, anche internazionale, nella quale lui non sia intervenuto o non si prodighi coinvolgendo gli altri con l'esempio di concreta generosità. Si pensi ai più poveri del mondo, ai terremotati, ai colpiti da calamità naturali, di recente anche a favore della popolazione di Haiti.

Il parroco calcesano si richiama a Lorenzo Milani, a Giorgio La Pira, ex sindaco di Firenze, a don Ciotti che proprio di recente ha invitato in Vallegraziosa.

Adesso questo episodio isolato e circoscritto di contestazione da parte di un esiguo numero di esagitati che comunque il sacerdote ha fronteggiato con estrema civiltà. Alcuni passanti sulla piazza e dal vicino circolo Acli "Giuseppe Fascetti" gli avventori, che avevano assistito alla scena, hanno subito preso le difese di monsignor Cecconi rivolgendo ai nomadi l'invito a smetterla e ad allontanarsi. Però solo la minaccia di chiamare i carabinieri ha posto fine alla gazzarra.

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Di Fabrizio (del 03/07/2010 @ 09:20:21, in musica e parole, visitato 1656 volte)


domenica 4 luglio 2010 alle ore 14.00
Circolo Arci Magnolia
- Circonvallazione Idroscalo 41, Segrate - Milano
Ingresso: gratuito

DOMENICA FINALMENTE
Lo strumento da portare sull’isola deserta: Il piano pesa troppo e con quell’umidità sarebbe sempre scordato. Meglio la fisarmonica, l’unico strumento che può raggiungerlo in completezza e malinconia. Già che ci siete, sull’isola portatevi pure Jovica Jovic, che la suona così bene da fare arrivare quelli delle isole deserte adiacenti.

CORPO DI MILLE BALERE

  • LOREDANA E FABIO (live)

dalle ore 21.30
DOMENICA FINALMENTE:

presentazione libro + dvd L'ISOLA DELLE ROSE con mostra fotografica a cura di Nda Press

  • BARBAGLABRO TRIO (live)
  • JOVICA JOVIC (live)

http://www.ndanet.it/

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Di Fabrizio (del 03/07/2010 @ 09:29:06, in Italia, visitato 1950 volte)

Ricevo da Federica Kent Fazi - Una scuolina per crescere -ARPJ Tetto onlus

La mattina del 30 giugno agenti della polizia municipale dell'VIII Gruppo guidati dal comandante Antonio Di Maggio si sono recati presso l'insediamento non autorizzato di viale Alessandro Marchetti, in zona Muratella, per dare inizio ad operazioni di bonifica propedeutiche alla chiusura del campo prevista dal Piano Nomadi entro la fine del 2010. La bonifica, o meglio lo sgombero, è avvenuto a 9 giorni dall'incontro del sindaco di Roma Alemanno con gli abitanti del quartiere Muratella, incontro che ha portato alla promessa di sgombero definitivo del campo e dell'istituzione di un presidio di polizia, e dopo le polemiche tra il presidente della Commissione Sicurezza Urbana del Comune Fabrizio Santori che spinge per uno sgombero celere e l'assessore Belviso secondo la quale l'unica possibilità rapida sarebbe uno sgombero senza destinazione, eventualità non prevista dal Piano Nomadi. A dispetto delle dichiarazioni dei politici, l'operazione non ha riguardato l'insediamento principale, dove da anni risiedono decine di nuclei familiari, fra cui recentemente alcuni fuoriusciti da Casilino 900, ma quasi esclusivamente l'area sovrastante il parcheggio dove sorge il campo. Da diversi mesi infatti alcune famiglie hanno costruito le loro abitazioni circa 50 m più su, sulla collinetta appena sopra il parcheggio che rappresenta il cuore del campo e dove si concentrano la maggior parte delle famiglie.

Al momento del sopralluogo, che secondo gli abitanti del campo non era stato preannunciato, non tutti i residenti erano presenti ma ciò non ha fermato la forza delle ruspe che hanno distrutto indiscriminatamente tutto quello che hanno trovato sul loro cammino. Una roulotte "non in regola" (di cui si scrive su http://www.romatoday.it del 30 giugno 2010) è stata completamente smantellata mentre i proprietari, di fatto se anche non di norma, non erano al campo per cui non è stato dato loro modo di raccogliere i beni custoditi all'interno; anche i documenti personali dei componenti della famiglia sono stati recuperati a demolizione già avvenuta. Lo stesso destino è toccato a molte delle altre famiglie: hanno perso la loro "casa" senza alcun preavviso o notifica, senza nemmeno poter conservare i propri beni personali,violando quindi tutte le convenzioni internazionali sul diritto all'abitare.

Il paradosso di quest'operazione può essere ben compreso considerando che il capofamiglia proprietario/occupante della roulotte è in affidamento ai servizi sociali locali e sta beneficiando delle misure alternative alla detenzione per cui il suo domicilio, oggi distrutto, risulta essere presso il campo di viale Marchetti. L'urgenza di portare a termine il Piano Nomadi e di rispondere alle richieste di sicurezza dei cittadini finisce così per travolgere non solo le storie personali, ma addirittura gli interventi messi in atto da altri settori dell'amministrazione pubblica.

Al di là del singolo caso, è significativo che durante la distruzione delle baracche non fossero presenti assistenti sociali: l'operazione è stata infatti gestita esclusivamente dal personale competente per le bonifiche, ovvero gli addetti alle ruspe e il personale della polizia municipale.

Così, alle 15 del pomeriggio la situazione era la seguente: una decina di baracche abbattute e due dozzine di persone abbandonate sotto il sole estivo di una giornata afosa di fine giugno, senza acqua né un riparo per l'attesa, nessun albero sotto cui ripararsi. A confortarli soltanto la vaga promessa fatta ad alcuni degli sgomberati che sarebbe stata loro consegnata una nuova roulotte. Quattro famiglie, invece, hanno seguito spontaneamente gli agenti della municipale fino al campo di Castel Romano dove, secondo quanto affermato dai vigili, sarebbe stato loro assegnato un container. Verso le ore 16 tutte le famiglie sono tornate sul luogo dello sgombero accompagnati da quattro agenti.

Dalle dichiarazioni contraddittorie dei vigili risulterebbe che le famiglie, arrivate all'ingresso del campo autorizzato, si siano rifiutate di entrare. Diversa la versione dei rom, secondo i quali al loro arrivo i residenti del campo di Castel Romano non li avrebbero lasciati entrare perché non c'erano container liberi da assegnare e non volevano un ulteriore sovraffollamento.

In conclusione le famiglie sbaraccate 50 m più su sono state accompagnate dagli stessi agenti della polizia municipale 50 m più sotto e lì sono stati invitati a risistemarsi nell'attesa della ricollocazione definitiva dell'intera popolazione del campo. Per risolvere il problema abitativo sono state effettivamente promesse tre roulotte per il giorno successivo, ovviamente insufficienti ad ospitare tutte le famiglie sgomberate, ma certo sempre meglio di niente. Peccato che l'indomani questa ennesima promessa non sia stata mantenuta. Si tratterà sicuramente soltanto di un ritardo nella consegna, intanto le famiglie hanno trascorso la notte sotto uno stellato cielo di fine giugno.

Ndr: Come al solito, interessante il confronto con la stampa nazionale. Questa la versione de IL TEMPO.

E chiudo con una segnalazione di Marco Brazzoduro da Mosaico di Pace:

Dalle pagine locali di Roma de La Repubblica vengo a sapere che è stato presentato il progetto per il Museo della Shoah che sarà pronto entro il 2013. Costerà 13,4 milioni di euro e sorgerà nei pressi di Villa Torlonia (storica abitazione di Mussolini) sviluppandosi su otto piani. Opera imponente ma importante perché quella del memoricidio è pratica diffusa che va disinnescata. Nelle stesse pagine di Roma viene data notizia scarna (11 righe) anche dello sgombero avvenuto ieri del campo Rom della Muratella. Un'azione infame che il giornale definisce "bonifica" (le virgolette le ho aggiunte io). Dice di 10 baracche abbattute. Non si dice che quelle baracche erano abitate, che in quel campo vivono molti bambini e che l'amministrazione non ha provveduto al ricollocamento delle famiglie che sono rimaste senza "casa" (anche qui le virgolette sono mie). A Torino come a Milano e a Roma lo chiamano "Piano nomadi" quasi a legittimare che quelle persone possano restare senza abitazione. Che tanto è nella loro indole. È bene ricordare che nei campi di concentramento nazisti c'erano anche loro. Ma intanto è possibile che non ci si renda conto dell'ipocrisia grande quanto un monumento per cui si celebrano le vittime del passato e si discriminano quelle di oggi?

Tonio Dell'Olio

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Di Fabrizio (del 04/07/2010 @ 09:47:19, in casa, visitato 2332 volte)

Da British_Roma

Roma Buzz Aggregator

30/06/2010 - I bulldozer sono al lavoro demolendo le case degli zingari anche se si avvicina il termine dato dall'ONU per la risposta che la Gran Bretagna deve fornire alla domanda fatta da Dale Farm (vedi QUI ndr) sullo sgombero di massa che allontanerebbe novanta famiglie dalla propria terra.

Ieri mattina sono entrati a Dale Farm una mezza dozzina di veicoli che portavano gli operai addetti alla demolizione, apparentemente per spaventare i residenti che saranno reindirizzati alla vicina Hovefields. Qui i Viaggianti hanno avuto un'ora per fare i bagagli prima dell'inizio della distruzione.

"Bambini piccoli giocavano attorno alla scavatrice," riporta Malcolm Tully, a membro della New Life Church. "Né gli ufficiali giudiziari, né la polizia hanno mostrato alcuna preoccupazione per la loro sicurezza. E' un chiaro infrangimento della legge."

Le denunce sono state immediatamente presentate all'UK Health and Safety Executive che ha iniziato un'indagine. Ma le demolizioni sono continuate ed alla fine della giornata diverse proprietà zingare, la maggior parte vacante, erano state rese inabitabili.

Ciononostante, gli avvocati hanno prevalso sul consiglio distrettuale di Basildon di sospendere la demolizione di Five Acres Farm, il cui proprietario è in un ospedale di Londra per cure cardiologiche. Sua moglie è tornato al sito, subito dopo l'arrivo degli ufficiali giudiziari, e ha trovato tagliate acqua ed elettricità.

Il giorno prima, la proprietaria romanì Sylvia Taylor aveva contattato Basildon e ricevuto assicurazione che non sarebbe stata presa nessuna azione senza un preavviso di 28 giorni. Nel caso ci fossero gravi e continuati danni nel vicinato, la sua proprietà verrebbe risparmiata dalla demolizione immediata grazie al ricorso del suo avvocato.

Un avvocato, che ha partecipato settimana scorsa ad un incontro ai massimi livelli con la polizia dell'Essex, ha espresso rammarico perché quanto ottenuto allora sembra ora messo in discussione. Ha dichiarato che qualsiasi richiesta motivata riguardo attività penali da parte di ufficiali giudiziari, in particolare le violazioni del diritto alla sicurezza dei bambini, deve dar luogo ad una denuncia formale.

Non vi è dubbio che questo sgombero stile cowboy sia il risultato di azioni pianificate da tempo. Questo si aggiunge al sospetto ventilato solo una settimana fa, che il consiglio distrettuale di Basildon, che ha assunto la compagnia privata Constant per allontanare i cosiddetti Zingari illegali dal distretto al costo di quattro milioni di euro, sia impegnato in quello che equivale ad una cospirazione criminale.

Nell'ambito della procedura di un'azione urgente, Anwar Kemal, presidente del Comitato ONU sull'Eliminazione della Discriminazione Razziale, ha richiesto alla Gran Bretagna di sospendere il previsto sgombero di Dale Farm ed invece di impegnarsi a dialogare con la comunità per arrivare a fornire adeguate sistemazioni alternative.

Aggiunge che secondo le informazioni ricevute, Constant & Co si è resa responsabile di sgomberi brutali di altre comunità romanì e viaggianti, durante i quali sono state distrutte proprietà private e sono avvenuti abusi razziali. La compagnia è stata criticata dall'Alta Corte.

"Se il  vostro governo decide comunque di procedere come previsto nello sgombero," scrive Kemal, "dev'essere effettuato d'accordo col diritto internazionale ed accompagnato da una rilocazione verso un sito destinato a sistemazione alternativa."

Il governo britannico ha tempo sino al 30 luglio per rispondere a questa richiesta.

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Di Fabrizio (del 05/07/2010 @ 09:02:52, in sport, visitato 3185 volte)

Da Roma_und_Sinti (Su Johann Trollman, leggete anche QUI)

Spiegel International By Siobhán Dowling

(Manuel Trollmann)
Johann Trollmann era una giovane stella della boxe, quando i nazisti andarono al potere. Il punto culminante della sua carriera avrebbe dovuto essere la vincita del titolo dei pesi massimi leggeri nel 1933. Ma Trollman era Sinto, e quel titolo gli fu tolto. Presto, sarebbe caduto vittima del genocidio nazista.

Sembra uno strano posto per un ring di pugilato - annidato sotto un baldacchino di alberi in un tranquillo angolo di Viktoria Park nel quartiere di Kreuzberg di Berlino. La struttura è di cemento, la base è fortemente inclinata in una direzione ed una dozzina di oggetti sferici di cemento che assomigliano a guantoni da boxe si aggrappano alle corde. Ma cosa ci fa qui?

Lì vicino, una targa con la fotografia di un giovane ben messo in guantoni da boxe, chiarisce ogni confusione. Il ring tra gli alberi è un memoriale temporaneo dedicato a Johann Trollman, un pugile che fu privato dai nazisti nel 1933 del suo titolo dei pesi massimi leggeri, dopo aver vinto un incontro ad un tiro di sasso da lì in Fidicin Strasse. Non c'era posto per un campione come Trollmann nel Terzo Reich - lui era Sinto. E come mezzo milione di Rom e Sinti, sarebbe caduto vittima della politica razziale nazista di annientamento, morendo in un campo di concentramento nel 1944.

La forte pendenza della scultura, dice Alekos Hofstetter, membro di Bewegung Nurr, il gruppo di artisti che ha progettato il monumento, rappresenta "l'abisso in cui fu trascinato Trollmann."

Lungi dall'essere solo un memoriale statico, il sito, inaugurato il 9 luglio - 77° anniversario del titolo vittorioso di Trollmann, è stato quest'estate il palcoscenico per una serie di discorsi e concerti. Laboratori per i giovani locali hanno sottolineato la vita di Trollmann e la persecuzione dei Sinti e dei Rom - definiti "zingari" dai nazisti - nel Terzo Reich. Il nome del monumento è semplicemente "9841", il numero di Trollman da prigioniero nel campo di concentramento.

Snobbato per il colore della pelle

Nato nel 1907 vicino ad Hannover, il nome ufficiale di Trollmann era Johann, ma in famiglia e tra gli amici era conosciuto come Rukeli, dalla parola "albero" in lingua romanés. Cominciò ad allenarsi alla tenera età di otto anni e presto gareggiò col club pugilistico Heros Hannover.

Già prima che i nazisti arrivassero al potere, fu vittima del razzismo quando il comitato selezionatore per i Giochi Olimpici nel 1928 gli preferirono un pugile che aveva battuto da poco. Per tutta risposta, Trollmann si trasferì a Berlino diventando professionista. La paga era buona e vincere, non il colore della pelle, era l'unica cosa che importava.

La sua fama crebbe rapidamente all'inizio degli anni '30, e divenne famoso per il suo stile "danzante"; il suo aspetto che fece di lui un rubacuori. Hofstetter sostiene che Trollmann fu "uno degli inventori della boxe moderna." Il suo stile agile e dinamico si sposava con la competenza tecnica e fece di lui un precursore di Mohamed Alì. Come i nazisti guadagnarono popolarità, venne sempre più attaccato dalla stampa fanatica di destra, che lo etichettò come "lo zingaro sul ring".

Una volta che nel 1933 si assicurarono il potere politico, i nazisti furono rapidi nel prendere il controllo di uno sport che era diventato molto popolare nella Repubblica di Weimar. L'introduzione dopo la I guerra mondiale di un orario lavorativo più corto aveva dato più tempo libero e creato un pubblico attento alle manifestazioni sportive di massa. Considerato come uno sport prettamente proletario, grandi star del pugilato come Max Schmelling attraevano fan borghesi e celebrità come Bertolt Brecht.

Bandito dallo sport

La presa di potere nazista ebbe un effetto immediato nel mondo pugilistico, con alti funzionari del partito che presero posizione ai vertici della federazione e gli Ebrei immediatamente banditi dallosport. Sarebbe seguita presto la proibizione per Rom e Sinti.

Hitler era grandemente entusiasta di questo sport, dice Roger Repplinger - autore di un racconto di semi-fiction sulla vita di Trollman "Leg dich, Zigeneur" (Sdraiati, Zingaro)."Solo due sport erano menzionati nel Mein Kampf, jujitsu e pugilato," ha detto a SPIEGEL ONLINE. "Hitler guardava allo sport come una dote e questo lo rendeva  importante per i nazisti." Le SS ed i soldati si addestravano al pugilato ed era insegnato nelle scuole, la parola Boxen di origine inglese venne sostituita da Faustkampf, o pugni. "Per una nazione che si stava preparando alla guerra," spiega Repplinger, "la boxe era vista come molto utile."

"Alla fine, fu perché i nazisti videro la boxe come nobile che Rukeli perse il titolo," afferma. Quel titolo del 9 giugno fu tanto il punto culminante della carriera di Trollman, che il suo punto di svolta.

Lui ed il suo avversario Adolf Witt combatterono 12 riprese alla Birreria Bock di Fidicin Strasse. Trollmann fu chiaramente il migliore ed avrebbe dovuto vincere ai punti. Ma gli ufficiali nazisti  presenti all'incontro fecero pressione sulla giuria per un pareggio. Il pubblico si rivoltò e gli avvenimenti stavano per prendere una brutta piega.

"Quello era un pubblico esperto di pugilato e che poteva vedere che l'incontro veniva manipolato per fini politici," spiega Sophia Schmitz, storica della boxe di quel periodo. "La folla non era assolutamente disposta a prendere parte a questo tipo di manipolazione basata sul razzismo." Temendo per la propria sicurezza, la giuria cedette e Trollmann, piangendo di frustrazione per avere avuto la vittoria quasi tra le sue mani, fu trionfalmente premiato con la cintura del titolo.

La sua vittoria ebbe vita breve. Pochi giorni dopo gli fu notificato il ritiro del titolo per la sua "performance insoddisfacente."

Combattere per la dignità

Ciò che seguì fu tanto una farsa che, in qualche maniera, una vittoria morale per Trollmann. Fu obbligato a combattere un altro grosso incontro il 21 luglio, contro Gustav Eder. Ma stavolta gli fu ordinato di combattere nello stile "tedesco", che significava stare fermi e scambiarsi pugni. Trollman sapeva di essere sicuro di perdere abbandonando il suo stile in movimento, così decise di lasciare il segno in un altro modo. Si ricoprì il corpo di farina e tinse i capelli di biondo - diventando la caricatura di un ariano. Quando salì sul ring quella sera non combatteva per vincere, ma per mantenere la sua dignità.

"Dopo aver perso il titolo di campione, gli fu assolutamente chiaro cosa lo aspettava come pugile sotto il nazismo," dice Schmitz. Vede la sua apparizione come una dichiarazione: "Non mi permetterò di essere discreditato come Sinto, farò una burla di questa descrizione razzista di zingaro danzante ed invece combatterò come un pugile ariano."

Cacciato dallo sport, Trollman lottò invece per far quadrare il bilancio negli anni '30 e spesso dovette nascondersi per evitare di essere mandato nei nuovi "campi zingari" dove i nazisti radunavano Rom e Sinti prima di trasportarli nei campi di concentramento. Divorziò da sua moglie, una non-Sinta, per proteggere lei e la loro figlia. Poi iniziò la guerra e Trollmann fu richiamato e combatté sino al 1942, quando tutti i Rom e Sinti vennero dimessi dalla Wehrmacht. Il pugile, una volta famoso, fu subito arrestato e inviato nel campo di concentramento di Neungamme, vicino ad Amburgo.

Tentò di mantenere un basso profilo, ma il comandante del campo prima della guerra era stato un funzionario della boxe e riconobbe Trollmann. Lo costrinse a battersi, terribilmente indebolito dai lavori punitivi e dalla mancanza di cibo, per allenare di notte le SS. Era in gioco la sua sopravvivenza.

La commissione prigionieri decise di agire. Simularono la sua morte e fecero in modo di trasferirlo nell'adiacente campo di Wittenberge sotto falsa identità. Ma anche lì, l'ex stella fu presto riconosciuta e i prigionieri organizzarono un combattimento con Emil Cornelius, ex criminale ed odiato Kapo - uno dei prigionieri che godeva di privilegi per le sue responsabilità nel campo. Inevitabilmente Trollmann vinse e Cornelius cercò vendetta per la sua umiliazione. Obbligò Trollmann a lavorare tutto il giorno finché non fu esausto. E poi lo colpì a morte con una pala. Trollman aveva appena 36 anni.

Qualcosa di cui essere fieri

Silvio Peritore del Centro Culturale di Documentazione a Heidelberg dei Rom e Sinti Tedeschi dice che il destino di Trollmann fu simile a quello di molta della sua gente sotto i nazisti. "Quando vedete come ha sofferto: bandito dalla sua professione, ostracizzato, privato dei suoi diritti ed infine mandato ed ucciso in un campo di concentramento. E' un esempio dell'olocausto globale dei Sinti e dei Rom," ha detto a SPIEGEL ONLINE.

Peritore spiega che i giovani sono particolarmente alla biografia di Trollmann, quando arrivano al centro di documentazione in visita scolastica. "Ha incarnato lo spirito sportivo ed era una persona coraggiosa." Rispettano il modo in cui si oppose ai nazisti e"possono identificarsi in lui".

Dato che il monumento a Trollmann è a Berlino solo temporaneamente prima di essere mandato in altre città, avrà un monumento permanente a Berlino questo giovedì nella forma di un Stolperstein, una "pietra d'inciampo". Questi mini-monumenti sono piccole piazze in bronzo che onorano i singoli vittime dei nazisti, e piazzate su vari marciapiedi nel paese. L'artista Gunter Demnig piazzerà lo Stolperstein di Trollmann all'esterno dell'ex birreria di Kreuzberg dove avvenne l'incontro per il titolo. Alla fine di quest'anno si dovrebbe costruire tra il Reichstag e la Porta di Brandeburgo un monumento permanente ai Sinti e Rom uccisi d'Europa, dopo quasi due decadi di ritardo.

Peritore dice che il monumento è vitale per la comunità, spiegando che il genocidio inflitto dai nazisti ha avuto un grande impatto sull'identità dei Rom e Sinti in Germania. "In ogni famiglia c'è stato qualcuno assassinato. Nella mia famiglia abbiamo perso molti parenti ad Auschwitz ed un riconoscimento dei nostri morti è molto importante per la nostra auto-immagine, per la nostra identità," dice. "Dobbiamo sensibilizzare la gente alle attuali forme di pregiudizio contro i Rom e i Sinti."

L'artista Hofstetter dice che il monumento a Trollmann è importante per stabilire la connessione con la discriminazione odierna e per creare un'immagine positiva dei Rom e dei Sinti. "Stiamo mostrando che sono una parte della cultura tedesca. Trollmann era un campione e i giovani Rom e Sinti possono esserne fieri."

Si può vedere il monumento a Trollman in Viktoria Park sino al 16 luglio. La cerimonia di inaugurazione dello Stolperstein per Johann Trollmann [è avvenuta] in Fidicin Strasse il 1 giugno alle 16.30. Per ulteriori informazioni (in tedesco): http://www.trollmann.info

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Di Fabrizio (del 06/07/2010 @ 09:56:11, in Europa, visitato 4244 volte)

by Paul Polansky

[continua] Venne immediatamente indetta un'indagine su dove i Rom e gli Askali del campo volessero vivere. Oltre il 90% dichiarò che intendeva rimanere a Mitrovica nord con i Serbi. Gli Zingari del campo avevano paura di tornare a vivere accanto ai vicini albanesi che li avevano cacciati nel 1999. Inoltre, tutti i loro bambini ora erano andati alle scuole serbe a Mitrovica nord per otto anni e non volevano imparare una nuova lingua prima di frequentare le scuole albanesi a sud. Però, dato che l'ambasciata USA a Pristina era riluttante a cooperare con i Serbi, un membro albanese di Mercy Corps fu inviato a Mitrovica nord per discutere la possibilità di acquisire un terreno per il progetto. Naturalmente, i Serbi e questo Albanese non si videro mai di persona e non venne offerto nessun terreno.

Dopo aver sentito ciò, contattai Mercy Corps (MC) e li invitai ad accompagnarmi a Belgrado, dove si determinavano la maggior parte delle decisioni riguardanti Mitrovica nord. Mercy Corps rifiutò, dicendo che l'unica soluzione era di costruire gli appartamenti nel vecchio quartiere zingaro di Mitrovica sud. Ciononostante, andai da solo a Belgrado e dopo incontri con gli incaricati del governo, mi fu assicurato che se gli Zingari del campo volevano rimanere a nord, si sarebbe trovato un terreno per loro. Mercy Corps rifiutò ancora di riconsiderare cosa volevano realmente gli Zingari dei campi, nonostante il progetto USAID che dichiarava che le case sarebbero state costruite dove gli Zingari intendevano stare in Kosovo.

Nel progetto USAID da 2,4 milioni di $ era anche stipulato che sarebbe stato fornito ai Rom e agli Askali il trattamento medico, una volta che si fossero spostati dai campi tossici. Però, in diverse interviste che ebbi con Mercy Corps ai massimi livelli in Kosovo, MC rifiutò di rivelare cosa richiedeva quella soluzione medica. I Rom che avevano già fatto ritorno al loro vecchio quartiere non vennero curati, nonostante mostrassero alti livelli di piombo un anno dopo aver lasciato i campi.

Nel contempo, l'UNHCR convinse il governo del Kosovo ad assumere l'amministrazione dei campi, togliendo all'ONU la responsabilità degli Zingari dei campi che continuavano a morire di complicazioni legate all'avvelenamento da piombo.

Nel 2009, l'Unione Europea decise di aiutare l'ONU in Kosovo ed inviò una "squadra di giustizia" chiamata EULEX per sovrintendere al sistema giudiziario che era nel caos. Nel loro mandato, i giudici UE dovevano consigliare e sorvegliare il sistema giudiziario kosovaro ed intervenire solo nei casi di "accadimento di serio crimine" che il governo del Kosovo rifiutava di perseguire.

Anche se avevo coinvolto diversi avvocati nei casi contro l'ONU a favore degli Zingari dei campi, non era sin qui trapelato niente perché l'ONU tentava di nascondere le proprie responsabilità sotto lo scudo dell'immunità. Fidandomi dunque negli standard europei di giustizia, scrissi al capo della missione EULEX, chiedendo un appuntamento per discutere questo "grave crimine di negligenza infantile di massa", che dava come risultato oltre 80 morti e danni cerebrali irreversibili a tutti i bambini zingari nei campi. Con mia grande sorpresa, il generale francese in pensione a capo della missione EULEX, Yves de Kermabon, rifiutò di ricevermi. Mi contestò che non era stato commesso nessun grave crimine.

Guardando indietro, vedo un forte continuum francese in questa tragedia senza senso che dura da 11 anni: truppe francesi rifiutarono di fermare gli Albanesi che cacciavano questi Zingari dalle loro case nel 1999; il dr. Bernard Kouchner, ex Ministro della Sanità nel governo francese, che sistemò i profughi zingari su di un terreno contaminato e quando i loro bambini ebbero i più alti livelli di piombo nella storia medica, rifiutò di evacuarli e curarli; la KFOR francese che spiana con i bulldozer le strutture delle case zingare che avrebbero potuto essere riparate e ricostruite; un generale francese in pensione a capo della squadra di giustizia europea che rifiuta persino di ascoltare le accuse di gravi e mortali negligenze verso i  bambini durate 11 anni. Naturalmente, con ogni probabilità voleva coprire il fatto che i bulldozer dell'esercito francese nella KFOR avevano distrutto tutte le case francesi che ancora resistevano nel loro vecchio quartiere, così facendo cancellando ogni prova della loro precedente presenza. Dopo tutto, una volta era un incaricato della KFOR in Kosovo.

Ma perché questi Francesi erano così anti-zigani? Forse la ragione è nella loro storia o nella loro tradizione. Durante la II guerra mondiale nella repubblica di Vichy (chiamata anche Francia Libera) i Francesi avevano più campi di concentramento solo per zingari (9) che qualsiasi altro paese d'Europa, Germania compresa.

C'erano almeno 40 altri campi come Camp Gurs (Pirenei Atlantici) dove altri piccoli gruppi di Zingari erano detenuti per i lavori forzati. Viene stimato dagli storici dell'Olocausto che la Francia Libera internò oltre 30.000 Zingari nella II guerra mondiale.

Considerando questi terribili fatti, non è difficile capire perché le truppe francesi rifiutarono di fermare gli Albanesi kosovari dalla pulizia etnica di 8.000 Zingari di Mitrovica, o perché il dr. Bernard Kouchner non volesse perdere il suo tempo cercando di salvare 4.000 bimbi zingari dall'avvelenamento da piombo. Dopo tutto, tradition is tradition.

Naturalmente, non sono solo i Francesi ad avere responsabilità in questa tragedia senza senso. Nelle pagine seguenti leggerete di quanti avrebbero potuto aiutare e non l'hanno fatto. Compiacimento? Incompetenza? Insensibilità? Tu, lettore, devi decidere se si meritano questi anti-premi... per la loro negligenza mortale.

Paul Polansky
Pristina, Kosovo
Febbraio 2010


I governatori ONU del Kosovo

Dal giugno 1999, il Kosovo è stato amministrato dalle Nazioni Unite in base alla Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza. L'Amministrazione ONU del Kosovo (UNMIK) è guidata da un Rappresentante Speciale del Segretario Generale (SRSG). L'SRSG ha pieni poteri nello sviluppare qualsiasi azione ritenuta necessaria per il bene pubblico in Kosovo. Per esempio, nel 2004 durante un sollevamento albanese contro le enclavi serbe, l'SRSG Holkeri ordinò l'evacuazione di diverse comunità, mentre la polizia ONU rimosse fisicamente migliaia di Serbi che rifiutavano di lasciare le loro dimore. Nel 2006, l'SRSG Jessen-Petersen appoggiò la suo vice Patricia Waring nell'impiego della polizia ONU per traslocare fisicamente centinaia di Albanesi che si riteneva fossero in pericolo di vita, dato che le loro case potevano collassare perché il loro villaggio era costruito sopra le gallerie delle miniere. In entrambe i casi, la maggior parte della gente rifiutava di andarsene e dovette essere evacuata a forza.

Nonostante questi e molti altri precedenti, tutti gli SRSG hanno rifiutato di evacuare i Rom e gli Askali che dal 1999 vivono nei campi ONU costruiti su terreno contaminato. Anche se molti dei loro bambini hanno i più alti livelli di piombo nella letteratura medica, e molti sono nati con danni irreversibili al cervello a causa dell'avvelenamento da piombo, l'UNHCR (incaricata dei campi sino al dicembre 2008) ha rifiutato di ottemperare alla richiesta della sua agenzia sorella ONU, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, di evacuare immediatamente i campi e fornire cure urgenti.

Di seguito ci sono gli anti-premi per questi SRSG che attraverso ignoranza, compiacimento, incompetenza e/o insensibilità (decidi tu) hanno rifiutato di salvare questa gente, specialmente i bambini e le donne incinte, i più vulnerabili ai 36 elementi tossici trovati nell'aria, nel suolo e nell'acqua nei ed attorno ai campi.

L'unico SRSG non considerato per i nostri anti-premi è il primo tra tutti, Sérgio Vieira de Mello, che fu un SRSG "in azione" non "a tempo pieno", dato che servì in Kosovo dal 13 giugno al 15 luglio 1999... anche se fu quello il periodo esatto in cui gli estremisti albanesi nelle uniformi nere dell'ALK visitarono le case degli Zingari a Mitrovica sud e dissero ai Rom e agli Askali di lasciarle entro 24 ore, se non volevano che fossero uccisi i loro figli.

Lista degli SRSG in Kosovo:

  • Sérgio Vieira de Mello (13 giugno - 15 luglio 1999) Brasile
  • Bernard Kouchner (15 luglio 1999 - 12 gennaio 2001) Francia
  • Michael Steiner (14 febbraio 2002 - 8 luglio 2003) Germania
  • Harri Holkeri (25 agosto 2003 - 11 luglio 2004) Finlandia
  • Søren Jessen Petersen (16 agosto 2004 - 30 giugno 2006) Danimarca
  • Joachim Rücker (1 settembre 2006 - 20 giugno 2008) Germania
  • Lamberto Zannier ( 20 giugno 2008 - a tutt'oggi) Italia

Tratta da Wikimedia Commons - (clicca sull'immagine per vedere la mappa a grandezza naturale)

Fine terza puntata

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Di Fabrizio (del 07/07/2010 @ 09:36:20, in casa, visitato 1532 volte)

Da Roma_Francais

Ci sono campi di fortuna, nascosti sotto un ponte, rannicchiati su un terreno abbandonato... improvvisati dietro una strada. L'anticamera dell'espulsione. E poi ci sono, tra i Rom, quelli che sopravvivono al vagare. A Lilla, alcuni vivono nel vecchio ospedale Saint-Antoine, a Moulins.

Altri nel villaggio d'inserimento di Fives, in un pugno di case mobili. Altri infine avrebbero potuto stabilirsi a Wazemmes. Nell'ex scuola privata di rue Gantois, Saint-Michel. "Sette pezzi potevano essere trasformati molto rapidamente, sarebbe bastato mettere due docce." Chi racconta è padre Arthur, uno dei pionieri della questione rom nella metropoli. Pensava di avere una soluzione d'emergenza per sette famiglie a Mons-en-Baroeul, alloggiati in tende da quando le ruspe hanno demolito i loro ripari di fortuna a fine maggio. Ma Rom in rue Gantois, il sindaco non ne vuole. "Non voglio aprire quella scuola, anche se provvisoriamente", taglia corto Marie-Christine Staniec-Wavrant.

"Come utilizzare"

A padre Arthur, che gli aveva telefonato in settimana, l'assistente del comune di Lilla alla solidarietà ha opposto un niet categorico. Secondo la socialista, Lilla non ha la vocazione per accogliere tutta la miseria del mondo e fa già la sua parte. "Abbiamo 1.200 posti letti ricovero, il 30% dell'agglomerato. E' sempre lo stesso, si porta la povertà dove c'è già. Padre Arthur può chiedere a Bondues, Marcq-en-Baroeul o Lambersart." Cero. Ma questi tre comuni non si sono autoproclamati "Città della solidarietà". Padre Arthur, non demorde. "A Mons-en-Baroeul, queste famiglie sono state cacciate dal loro bosco, sono finite con le loro poco cose nella metropolitana. Che ne sarà di loro? Quella scuola sarebbe meglio per loro." C'è un esempio. Un precedente. A gennaio, cinquanta Rom si stabilirono in una vecchia scuola privata a Ronchin. Una struttura in disuso, messa a disposizione dal suo proprietario, l'Associazione fondiaria di Lilla e periferia (AFLB). La stessa, braccio immobiliare delle istituzioni cattoliche, recentemente ha avvertito padre Arthur: Lilla ha una scuola privata vacante, Saint-Michel, chiusa a giugno 2009. Alleluia, ha detto l'uomo di chiesa, che ha visto la possibilità di duplicare l'esperienza di Ronchin.

Ma, l'AFLB non ne è più proprietaria. La sindaca ha fatto valere il suo diritto di prelazione. L'edificio è suo. "L'atto è firmato," afferma Mme Staniec. "Riguarda un programma di alloggi sociali." Padre Arthur propone un compromesso: "Noi ci impegniamo a partire da una data convenuta. In attesa che si facciano i lavori, si può utilizzarlo."

Ma Mme Staniec non vuole intendere. "Se ci incontreremo, non si potrà fare niente. E poi mettere delle persone in un edificio non idoneo, non è rispondere ai loro bisogni." Rinviando ancora le responsabilità alle città vicine. Morale, quando Lambersart virerà a sinistra e la presidente Aubry negozierà una soluzione europea a Bruxelles, allora i Rom saranno salvati. Padre Arthur avrà la pazienza di attendere questo dono dal cielo? • S. B.

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