Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 20/09/2009 @ 09:21:19, in Europa, visitato 1781 volte)
Da British_Roma (la mia traduzione non è sempre letterale, comunque ho trovato molto coinvolgente la storia di questa donna e dei cambiamenti avvenuti nel suo mondo)
The Guardian La mia infanzia zingara by Roxy Freeman - 7 settembre 2009
Roxy Freeman e suo fratello Rollin sperimentano il flamenco nel 1990. Photograph: Tam Carrigan Roxy Freeman non era mai andata a scuola. Ma a 22 anni, ha deciso di ottenere un'istruzione formale, si è forzata ad affrontare i pregiudizi che arrugginiscono la sua comunità zingara - e di incatenare il suo spirito vagabondo
La portiera mi guardava con sdegno mentre camminavo nel Suffolk College per iscrivermi. Non erano richiesti curriculum a noi studenti fuori corso, ma la portiera mi aveva ammonito che era un corso avanzato intensivo, e che sembrava esserci uno spazio vuoto nel mio modulo riguardo "l'istruzione precedente". Quando le ho spiegato che non ero un'emarginata, ma soltanto non ero andata a scuola, mi ha guardato ancora più sdegnosa.
Avevo 22 anni e non avevo mai passato un giorno della mia vita in un'aula scolastica, un concetto alieno per molti ma comune nelle famiglie Zingare e Viaggianti. In GB ci sono oltre 100.000 nomadi Viaggianti e Zingari, e 200.000 che vivono in alloggi permanenti. Molti, come me, non hanno mai frequentato la scuola, mentre altri sono illetterati perché l'istruzione formale non è una priorità nella nostra cultura.
La mia educazione è stata insolita, ma non unica. Sino agli otto anni ho vissuto per strada con la mia famiglia, girando l'Irlanda su di un carro a cavallo. Eravamo sei bambini e bambine, e la nostra famiglia era considerata piccola. Avere 12 o 13 bambini era comune tra Viaggianti e Zingari.
Sposarsi tra cugini è anche comune tra gli Zingari (ed è una potenziale bomba a tempo genetica), i miei genitori vengono da un retroterra davvero differente. Mi madre proviene da una famiglia americana dell'upper-class. Da giovane era letteralmente scappata con uno Zingaro - mio padre, che allevava cavalli. Entrambi sono persone estremamente intelligenti e dalla mente aperta che volevano crescerci in un ambiente stimolante e libero.
Al posto di andare a scuola, con i miei fratelli e sorelle, come molti bambini fummo introdotti alle arti, alla musica e al ballo. La nostra istruzione era imparare sulla vita selvaggia e la natura, come cucinare e sopravvivere. Non conoscevo le tabelline ma sapevo mungere una capra e cavalcare un cavallo. Potevo riconoscere i funghi e sapevo dove trovare il crescione e l'acetosa selvatici. A otto o nove anni sapevo accendere un fuoco, cucinare la cena ad una famiglia di 10 e fare il pane su un fuoco all'aperto.
Non era sempre così idilliaco: la vita sulla strada può essere molto dura. Come bambina con fratelli e sorelle più piccoli, dovevo lavorare duro: la mia routine giornaliera includeva prendere l'acqua, cucinare e cambiare i pannolini. Lottavamo anche per le finanze, la passione di mio padre è sempre stata allevare cavalli zingari. Qualche volta la vendita andava bene, ma il più delle volte eravamo senza un penny. Così la nostra famiglia lavorava alla raccolta della frutta. Un'estate, mi ricordo, praticamente siamo vissuti a funghi, perché lavoravamo in una fattoria di funghi. Raccoglievamo anche giunchiglie, dopo circa cinque stagioni sviluppai un'allergia al liquido dei gambi e al loro contatto la mia pelle si riempiva di bolle. Tutto il denaro andava dritto a mia madre e papà.
La nostra vita scorreva all'aperto; lavorare, giocare e socializzare, tutto avveniva attorno al fuoco, o nei boschi e nei campi. Il tempo piovoso era una maledizione e ci accalcavamo attorno ad una stufa in uno dei carri. Per molti anni non abbiamo avuto elettricità, televisione, radio, niente di elettrico. Avevamo bambole di porcellana e nessun altro giocattolo. E giocavamo a carte - grazie a Dio per le carte! Non fosse stato per loro, non avrei avuto nessuna abilità matematica.
A differenza dei miei fratelli e sorelle, ho imparato a leggere abbastanza giovane. Mia madre ed i nonni mi comprarono dei libri e, con l'aiuto di mamma, col tempo potei leggere. A 12 o 13 anni avevo divorato tutto F Scott Fitzgerald, EM Forster, Louisa May Alcott ed Emily Brontë. Li compravo alle vendite di beneficenza o li chiedevo come regali di compleanno; assieme, libri e carte da gioco, mi diedero una comprensione delle parole e dei numeri in assenza di ogni istruzione formale.
Ero, però completamente ignara del modo oltraggioso con cui i media ritraggono la popolazione zingara. Da bambini, avevamo davvero pochi contatti con la gente che viveva nelle case e dato che non andavamo a scuola o guardavamo la televisione, ne ero ignara. Mia madre non ci portava a fare spese, dato che eravamo in troppi. Mi ricordo una volta che eravamo accampati vicino a dei caseggiati periferici, dei bambini attraversarono il campo dove noi stavamo giocando tra gli alberi gridandoci contro e lanciandoci sassi. Ma quando chiesi a mio fratello perché erano arrabbiati, non mi sembrò troppo seccato, dicendo che forse fosse "perché non avevano capito e pensavano che fossimo pericolosi".
Se non fosse stato per la letteratura, sarei rimasta ignara di come eravamo descritti. Ma l'amore per i libri evolse nell'interesse per le riviste ed i quotidiani, e ciò mi fece scoprire un mondo di pregiudizio ed ignoranza. Da adolescente, capii per la prima volta che c'era un punto di vista comune per cui chiunque vivesse in una carovana o per strada sia uno sporco Zingaro ladro, che mai contribuirà alla società, vivendo gratis sulla terra che non gli appartiene.
Zingari e Viaggianti sono il solo gruppo sociale che è ancora possibile insultare. In parte, penso dipenda dai nostri livelli di analfabetismo e dalla mancanza di coinvolgimento sociale; se la gente non è cosciente di cosa è scritto su di lei, c'è poco da discutere. Se loro non discutono, si continua a farlo.
In Inghilterra, gli Zingari sono iscritti come un gruppo etnico distinto dal Race Relations Act del 1976. I Viaggianti irlandesi hanno questo status garantito dal 2000. Ma questo ha significato poco per l'opinione o l'attitudine pubblica, ed ancor meno per le vite dei Viaggianti stessi. Zingari e Viaggianti hanno tuttora la più bassa aspettativa di vita, il più alto tasso di mortalità infantile e sono il gruppo "a maggior rischio" sanitario in GB, e sono inoltre esclusi da molte delle strutture basiche sociali e legali.
Anche se io non sono andata a scuola, alcuni tra i miei fratelli e sorelle l'hanno fatto. E come molti altri bambini zingari, si sono trovati di fronte al bullismo. Spesso li trovavo in fiumi di lacrime ai cancelli dell'istituto perché gli altri bambini ce l'avevano con loro.
Può essere dura raggiungere il proprio pieno potenziale senza essere andati a scuola, ma a confronto delle altre famiglie tradizionali analfabete di Zingari e Viaggianti, avevamo buone opportunità e non ci si aspettava da noi che ci sposassimo presto, avessimo tanti bambini o seguissimo le impronte dei nostri genitori. Da bambina, la mia passione era stata il flamenco (la musica della comunità zingara in Spagna). Mia madre mi portò ad una scuola di danza dopo che ci stabilimmo a Norfolk quando avevo circa nove anni, e ne fui stregata.
Avevamo affittato un pezzo di terra per i nostri carri e ci erano stati garantiti dal consiglio i diritti speciali di residenza. Ci eravamo spostati nelle case mobili ed alla fine avevamo costruito una struttura in legno per ospitare bagno, cucina ed un'area comune. Tutto ciò significava che potevo avere lezioni regolari e diventare una ballerina professionista di flamenco. Ma a 17 anni, fui sopraffatta dal desiderio di lasciarmi alle spalle il caotico comfort del campo. Dopo aver messo da parte il denaro ottenuto con piccoli lavori, girai il mondo per anni, ballando il flamenco nei bar in Australia, nelle scuole in Spagna e sulle spiagge in India.
Ma anche quando ero in viaggio, non ho mai accennato alla mia istruzione o alla famiglia, per paura di risposte negative o ignoranti. Senza la scuola è difficile fare amicizie durevoli, e so che soltanto la mia famiglia capiva le mie paure, emozioni e retroterra. La mia famiglia era così vasta e vicina che non ho mai sentito di avere bisogno di amici. Ma quando ero lontana, crebbe dentro me un senso di insoddisfazione che sapevo non sarebbe andata via.
In passato avevo accarezzato l'idea di andare al collegio, ma poi non mi sembrava necessario, era difficile e qualcosa di inottenibile. Ora, all'età di 22 anni, ero pronta - ma non sembrava essere facile. Prima di essere ammessa, dovevo scrivere un pezzo di 3.000 parole sul perché volevo entrare così tardi nel sistema educativo - quasi una sfida per chi non aveva mai scritto prima una lettera. Ma ebbi quel posto e, per i novi mesi seguenti del corso, passai le notti nella casa mobile leggendo testi sul livello GCSE (vedi QUI ndr), cercando disperatamente di ottenere la conoscenza di base che ci si aspettava da me. Non sapevo nulla degli atroci crimini di cui Hitler era colpevole, né di quando fosse avvenuta la Battaglia di Hastings. Non avevo idea di cosa fosse il sistema respiratorio e non sapevo punteggiare una frase. Ma avevo un buon vocabolario, molta determinazione ed una famiglia che mi appoggiava in toto. Cercare di studiare con loro era un'altra questione.
Trovare pace e quiete era sempre stato impossibile. Quando ero piccola, sognavo di vivere in una casa con terrazzo in una strada acciottolata, perché nei carri e nelle case mobili non c'è mai pace. Si vive uno sull'altro, la privacy è inesistente e l'unico posto dove trovare la solitudine è nascondersi sotto un albero o camminare per un campo. Da piccola avrei voluto vagabondare da sola se avessi potuto, trovare un pezzo di muschio dove sedermi e passare il pomeriggio a guardare le coccinelle e cercare fiori da far schioccare.
Muoversi da una cultura all'altra è incredibilmente difficile, e rompere le barriere e le concezioni sbagliate è ancora più dura. Forse non avrei dovuto essere sorpresa - c'è stata una lunga storia di persecuzione degli Zingari in Europa: l'Egyptians Act del 1530 li bandiva dall'Inghilterra, mentre regolamenti posteriori li forzava ad abbandonare la loro esistenza nomade pena la morte. I nazisti li consideravano "non-persone", ed alcuni esperti ritengono che circa 600.000 Zingari europei furono sradicati, la maggior parte gassati ad Auschwitz.
Ci sono diversi gruppi differenti nella comunità nomade. I Rom, che hanno origine dal subcontinente indiano circa 1.000 anni fa ed ora diffusi in tutta Europa; i Viaggianti irlandesi, che hanno una lingua comune (Shelta) e si ritiene siano diventati nomadi nel XVI o nel XVII secolo, inoltre i viaggianti new age, gli hippy e i vagabondi. Alcuni hanno scelto una vita nomade perché volevano essere più a contatto con la natura, altri di vivere ai margini della società senza una polizza di assicurazione o un indirizzo fisso.
Tuttora, quando Zingari e Viaggianti vogliono stabilirsi, ci sono complicazioni extra. Oltre il 90% dei permessi di edificazione sottoposti dalle famiglie zingare vengono rifiutati, comparato al 20% di quelli di chi non è nomade. Così, gli Zingari possono comprare appezzamenti di terra sulla green belt ed hanno poca o nessuna conoscenza del sistema amministrativo. Una richiesta di permesso di edificazione di una famiglia zingara incontra sempre un numero estremo di obiezioni dai residenti locali (ne ho esperienza). Ed è un fatto che avere Zingari in un quartiere abbassa il prezzo delle proprietà.
I miei fratelli, le mie sorelle, io, siamo nati in questo stile di vita, ma non ci hanno insegnato a intagliare bambole e vendere erica fortunata. Siamo cresciuti con rigide morali e valori. Non sembriamo o agiamo in modo particolarmente differente da chiunque altro. Abbiamo avuto un percorso differente e non eravamo portati per vivere in una casa.
Dopo aver completato il mio corso d'accesso (grazie ad un tutor magnifico, ho avuto distinto in tutte le materie), ho ottenuto una laurea con l'Open University, che mi ha cambiato completamente la vita. Novembre scorso, a 30 anni compiuti, mi sono spostata a Brighton a vivere in un appartamento col mio uomo, che è completamente diverso da me. La mia famiglia, ormai, non è più nomade da tempo, e i miei genitori hanno appoggiato la mia decisione di trasformare la mia vita, ma non ho mai vissuto prima tra mattoni e cemento, e ora mi sento completamente allontanata dalla natura.
Non posso più vedere o sentire il cambio da una stagione all'altra, desidero il fogliame e lotto costantemente con l'emozione di sentirmi intrappolata. Passo metà del mio tempo ad aprire porte e finestre, tentando di uscire dalla claustrofobica sensazione di essere rinchiusa. Sono svegliata dal gas di scarico dei camion, dal traffico dell'ora di punta, dalle grida dei vicini, invece che dal canto degli uccelli e dal vento tra gli alberi. Non riesco più a sentire quando pioverà perché non annuso più l'aria, e quando piove non la sento cadere sul tetto.
Vivo vicino al mare perché mi da un senso di apertura e libertà, ma non penso che qui - o altrove - mi sentirò mai a casa. Il mio istinto è di viaggiare, e quando sei cresciuta svegliandoti ogni giorno con uno scenario differente, è facile sentirsi in trappola. Ma per raggiungere il mio sogno, devo mettere radici.
Di Fabrizio (del 21/09/2009 @ 09:11:54, in Italia, visitato 2735 volte)
Vi giro (col permesso della mittente) una lettera che mi è
arrivata. Il fatto è avvenuto a fine agosto. I soggetti della discriminazione
raccontata hanno acconsentito a far circolare la loro storia, ma non hanno
intenzione di denunciare il fatto, che avviene, lo ricordo, a cavallo di episodi
simili a
Roma e a
Silvi Marina sempre durante l'agosto scorso
Ciao,
ieri ho avuto la conferma di un atteggiamento discriminatorio costantemente
attuato presso il Centro Commerciale Vulcano, adiacente alle aree dismesse
delle ex Falk (Sesto San Giovanni - MI).
Mi chiedevo se potessi darmi una dritta sul come agire in questi frangenti.
Se hai un po' di tempo a disposizione, s'intende (la vicenda è un po' lunga
da raccontare)! Grazie
Mi era già stato raccontato in passato che le guardie giurate del centro
commerciale non consentivano l'accesso alla struttura alle persone di etnia
rom. Siccome però sono a conoscenza del fatto che alcuni membri del nucleo
familiare che mi ha riferito tale fatto sono stati in passato arrestati per
furto, avevo inizialmente pensato che non si trattasse di un divieto d'ingresso
su base etnica: pensavo che forse avessero tentato di rubacchiare qualcosa nel
supermercato e che successivamente fosse stato loro impedito l'ingresso per
questo motivo.
Ieri però mi trovavo a Sesto San Giovanni e prima di partire per il giro di
commissioni che dovevo svolgere con un'amica (rom), dato il caldo, decidiamo di
comperare qualcosa da bere: suggerisco di andare proprio al Vulcano, in quanto
ci trovavamo lì a due passi.
Sembrano non esserci problemi, ma a pochi passi dall' entrata la mia amica si
rifiuta di proseguire perché afferma che ai rom l'ingresso non è consentito:
decido di entrare solo io, ma prima le chiedo di mostrarmi il dente che le fa
male, così se trovo una farmacia all'interno del centro commerciale le compero
qualcosa per il dolore.
Ora succede qualcosa di totalmente imprevisto: non so se la guardia abbia letto
la cosa come gesto talmente "intimo" da significare necessariamente il fatto che
fossi parente della ragazza, oppure il fatto che indossassi una gonna l'ha
confuso, sta di fatto che pensa che anch'io sia una ragazza rom.
Guardia: Non puoi entrare.
Io: Perché?
G: Perché VOI non potete entrare.
I: Noi chi?
G: Voi.
Colta alla sprovvista, sorpresa del fatto che mi avesse scambiato per una
parente della mia amica (in effetti lei ha i capelli piuttosto chiari e mossi
come i miei) mi faccio prendere un po' dal panico e gli mostro il tesserino
dell'università, che è l'unico "documento" di cui dispongo. A quel punto entro.
Ripensandoci con calma, non mi sarei dovuta sentire in dovere di identificarmi,
in quanto la guardia non mi aveva chiesto alcun documento, ma al momento ero
molto indispettita.
Quando esco è ancora lì, mi guarda come se volesse dirmi qualcosa (o se volesse
capirci qualcosa), ma tanto io ho già intenzione di fermarmi per dirgli che c'è
una legge in Italia che vieta di non consentire l'ingresso ad esercizi
commerciali aperti al pubblico facendo discriminazione su base etnica. Perché se
prima di questo episodio potevo avere qualche dubbio, ora ne sono certa: se sei
zingaro lì non entri.
Scambiando qualche parola con la guardia, emerge che si tratta di una "linea
guida" data dalla direzione del centro, dalla quale le guardie non possono
discostarsi: gli è stato ordinato di non consentire l'ingresso ai rom. Boh.
A questo punto mi chiedo: che cosa fare in questi casi? Chiedo di parlare con la
direzione? Mi rivolgo subito alle forze dell'ordine?
E ora? Dovrei lamentarmi con la direzione?
chi volesse contattare la direzione del Centro Commerciale (Gruppo
Caltagirone) può cliccare sull'immagine
Comunque chi mi ha scritto si recherà nuovamente sul
posto con alcune ragazze per verificare se consentiranno o meno l'accesso: nel
caso in cui venisse negato, chiederà di parlare direttamente con la direzione
per conoscere le "motivazioni" di tale divieto (vorrei capire di chi è la
responsabilità di tale comportamento e se si tratta di casi isolati dettati dal
momento o di una prassi operativa delle guardie). Se ci saranno novità vi terrò
aggiornati
Di Fabrizio (del 22/09/2009 @ 09:38:36, in Europa, visitato 1930 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
BalkanInsight.com 17 settembre 2009 - Le famiglie rom espulse da Belgrado
trovano una gelida accoglienza al sud by Goran Antic and Nikola Lazic
Vranje (archive)
I Rom cacciati dalla capitale serba dopo che le autorità hanno spianato la
loro baraccopoli, sono andati ad arrangiarsi in remote città regionali.
In un prefabbricato di 15 m2, accanto ad una sudicia toilette, Fernando Kamberi,
di un anno, succhia allegro dal suo biberon.
Su fratello, Orlando, di quattro anni, è in piedi lì vicino, tutto preso
nell'ultimo morso ad una fetta di pane e paté. Il muco del suo naso condisce il
pasto, l'unico della giornata.
Gli altri tre bambini della famiglia osservano Fernando and Orlando con
invidia. Sono sicuramente delusi, perché non verrà lasciato del cibo per loro.
"Mangiamo, dormiamo e ci diamo il cambio nello stesso posto - sette di noi
condividono una sola coperta per dormire," dice Nevzadija Kamberi, madre della
scontenta nidiata.
"Non c'è bisogno di una toilette o di una tinozza, perché manca l'acqua
corrente. Aspettiamo che scoppi un'epidemia."
Questo è l'ironico destino di una famiglia rom, deportata dalla cosiddetta
"città di cartone" sotto il ponte Gazela a Belgrado, dopo che la città ha
ottenuto un prestito di 3 milioni di euro dalla Banca Europea per ricostruire il
ponte.
I Rom che vivevano sotto il ponte sono semplicemente stati impacchettati sui
bus il 31 agosto e spediti in altre città in tutto il paese.
I bulldozer hanno distrutto la baraccopoli illegale, che ospitava diverse
centinaia di famiglie rom, di fronte ai loro occhi.
Gli incaricati comunali di Vranje dicono di 13 famiglie, circa 69 persone in
totale, spedite 360 km. a sud della loro città, vicino al confine col Kosovo e
la Macedonia.
Sono soltanto alcuni del numero totale degli espulsi. Quanti erano registrati
al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, hanno ricevuto un compenso di
200.000 dinari, circa 2.200 euro.
In posizione peggiori quelli che non erano registrati, che non hanno ottenuto
alcun compenso riparatorio e nessun assistente sociale si prende cura di loro.
La disperazione contrassegna il volto di Kamberi mentre ricorda gli eventi
degli anni recenti. In cerca di una vita migliore, si era trasferita a Belgrado
10 anni fa. Lì aveva una famiglia, che da allora ha lottato per sopravvivere.
Dal 31 agosto, vivono su una collina sopra Vranje in una capanna senza acqua
o elettricità. Per gli occhi del Ministero del Lavoro sono cittadini che non
esistono.
Kamberi dice che lo staff del Centro Lavoro Sociale e la municipalità di
Vranje li hanno incontrati. "All'inizio, ci hanno dato un container assieme a
2.000 dinari per le necessità. Abbiamo passato lì una notte, ma poi ci hanno
lasciato da soli," dice.
"Cosa facciamo adesso? Viviamo sotto un tetto di metallo, nessuna strada qui
vicino, senza acqua, elettricità o cibo. Siamo qui da due settimane e non
abbiamo ancora fatto una doccia."
I bambini di Kamberi dovrebbero andare a scuola presto, ma Irinka esita nel
lasciarli andare in queste condizioni.
"Sarebbe vergognoso andare a scuola in questo stato - sporchi, con i
pidocchi, affamati, senza neanche una matita."
Nurija Zecirova è in parte più fortunata. Ha ricevuto un compenso di 200.000
dinari dallo stato, in quanto una delle 13 famiglie rom "registrate".
"Li abbiamo usati per pagarci subito un alloggio, ma i soldi sono finiti
subito e ora non abbiamo niente per vivere," dice.
"Mio marito ha problemi di cuore e mio figlio di 14 anni invece di andare a
scuola scava in cerca di patate."
Anche la sua famiglia vive in un cottage sulla collina sopra la città. Di
fronte alla casupola arde un fuoco dove viene bollita e risciacquata la
biancheria. La legna per il fuoco è presa dalla montagna.
Il suo vicino, Kenan Kamberi, spiega perché ha rifiutato di registrarsi con
le autorità di Belgrado.
"Quelli che si sono registrati a Belgrado hanno avuto 200.000 dinari per
famiglia. Ma noi non l'abbiamo fatto perché c'era gente a Belgrado che ne aveva
fatto un vero affare. Ti avrebbero registrato come residente al tuo indirizzo,
ed in cambio chiedevano dai 300 ai 500 euro."
Quasi tutti i Rom trasferiti a Vranje da Belgrado campavano della raccolta e
vendita di materiale di risulta.
"Praticamente, ripulivamo Belgrado che alla fine ci ha espulsi," dice
Kenan Kamberi. "Vorremmo fare la stessa cosa qui [a Vranje], ma non ci è
permesso."
Nessuno di loro ha trovato un lavoro. Nell'impoverita Vranje, dove il 10%
degli 80.000 abitanti sono senza lavoro, ci sono licenziamenti freschi ogni
giorno. La prospettiva per i marginali Rom del ponte Gazela a Belgrado sono
senza speranza.
La situazione è particolarmente pesante per gli anziani. Tra i Rom espulsi
c'è Zulifi Kamberi, 65 anni, la cui faccia porta le tracce di una vita
difficile. "Non ho istruzione, ma ciò non significa che sia stupido," dice in
piedi accanto alla stufa arrugginita di fronte alla sua baracca.
"Sono un vecchio, stanco, uomo malato, l'inverno si sta avvicinando e non ho
un ramo per accendere il fuoco," dice, "Ho fumato per 50 anni e non posso
permettermi un pacchetto di sigarette".
Branimir Stojancic, incaricato del governo locale di Vranje, responsabile per
le questioni sociali, dice che la municipalità sta facendo tutto il possibile
per aiutare questa gente, anche se non ha dati precisi su quanti siano realmente
arrivati da Belgrado.
"Alle 13 famiglie con i dati sociali completi, il Ministero ha dato circa
200.000 dinari a famiglia, ma non sono stai gli unici ad arrivare, perché da
Belgrado sono arrivati Rom per tutta la notte," dice.
Stojancic dice che le autorità locali aiuteranno tutte le famiglie di cui sia
provata l'origine nella città di Vranje.
"A quanti sono originari di Vranje e a chi ha i requisiti legali forniremo
sicurezza finanziaria," insiste. "Riceveranno 20.000 dinari al mese, a seconda
della loro situazione finanziaria e della loro integrazione nel sistema sociale
di assistenza."
Stojancic ha aggiunto che i governi locali sono ora responsabili del destino
dei Rom espulsi da Belgrado.
"Faremo ogni sforzo possibile, ma è un problema che durerà perché affonda nel
tempo," ha detto.
Goran Antic and Nikola Lazic are journalists with Vranjske Novine. Balkan
Insight is BIRN`s online publication.
NdR: Ne avevo già scritto
QUI e tutto sommato quello sgombero era descritto come più "umano" rispetto
a quanto accade in Italia. In realtà ogni sgombero, invece di risolvere i
problemi, ne porta di altri e questa cronaca è solo un esempio. Una curiosità:
leggendo i commenti all'articolo di BalkanInsight, si dice più o meno che un
paese che tratta così le proprie minoranze non dovrebbe far domanda di entrare
nell'Unione Europea. Secondo me, e le cronache che pubblico ne sono una prova,
purtroppo anche la Serbia si sta adeguando agli standard europei.
Di Fabrizio (del 23/09/2009 @ 09:18:38, in Italia, visitato 2954 volte)
Se ricordate il recente fatto qui denunciato riguardo al
Centro commerciale Vulcano (Milano), chi mi aveva scritto è ritornata sul
"luogo del delitto". Quella che segue è la sua testimonianza:
chi volesse contattare la direzione del Centro Commerciale (Gruppo
Caltagirone) può cliccare sull'immagine
Oggi sono stata al centro commerciale con una ragazza rom: anche questa volta
appena varcata la soglia ci è venuta incontro una guardia dicendoci che non
potevamo entrare. Ho chiesto spiegazioni ma ho ricevuto risposte evasive. Siamo
comunque entrate e abbiamo fatto acquisti presso il supermercato.
Sono tornata successivamente da sola e ho chiesto ad un'altra guardia di poter
parlare con la direzione (la prima che avevo incontrato non aveva dato risposta
alla mia richiesta): ho così potuto porre alcune domande al responsabile della
sicurezza del centro, il quale si è dimostrato molto più disponibile di quanto
pensassi.
La direzione è cosciente del fatto che non è legale non consentire l'ingresso a
chi vuole accedere al centro, in quanto si tratta di un luogo aperto al
pubblico: le guardie si devono limitare a far sapere, in questo caso ai rom, che
"non sono persone gradite". In realtà mi è parso di cogliere da parte delle
guardie poste all'ingresso un atteggiamento più deciso (le parole che sono state
rivolte alla ragazza che era con me sono state "tu non puoi entrare").
Le motivazioni addotte sono state: in passato si sono verificati dei furti, gli
abitanti del campo abusivo vicino al centro commerciale si presentano "vestiti
male e maleodoranti" e alcuni di loro ubriachi.
Il responsabile delle guardie mi ha sottolineato come non si tratti di un
comportamento razzista e di come non venga di fatto vietato l'accesso ai rom in
quanto "se qualcuno si impuntasse per entrare potrebbe benissimo farlo".
Se per alcuni versi la spiegazione che mi è stata fornita è convincente, ci sono
alcuni punti che mi lasciano perplessa.
Innanzitutto parlando con alcune ragazze rom, nonostante abbia cercato di
spiegare come sia loro diritto accedere al suddetto centro commerciale, ho
notato come quanto quasi ordinato dalle guardie non venga messo in discussione :
non so se sia dovuto allo status ("la guardia mi dice che non posso entrare, io
non entro"), alla vergogna di essere ripresi davanti agli altri clienti del
supermercato nel momento in cui si tenta di entrare ("la guardia mi dice di
andare via e ci sono tutti gli italiani che mi guardano male"), o magari non
sono stata io in grado di spiegare loro come stanno le cose (parlo solo
italiano).
Secondo me alle guardie questa cosa fa comodo: nel momento in cui dicono che "se
qualcuno si impuntasse per entrare potrebbe benissimo farlo", sanno che questo
non si verificherà.
In secondo luogo non mi sembra corretto generalizzare: se qualcuno ha commesso
dei furti non vedo per quale motivo debbano essere identificati tutti come
ladri, se qualcuno si è presentato ubriaco perché tutti non possano entrare.
Per quanto riguarda la questione del'igiene, il campo nel quale abita questo
gruppo di rom è abusivo, senza acqua corrente: non si può certo considerare il
massimo della pulizia, ma posso assicurare che l'aspetto di queste persone è
sempre decoroso. E comunque non penso possa essere considerata una motivazione
valida: per assurdo se tutti gli esercizi commerciali si comportassero a questa
maniera, quanti sarebbero le persone che vivono in stato di indigenza a morire
di fame a Milano? Veronica Mognoni
Ricevo da Tommaso Vitale
Curatori: Roberto Cherchi - Gianni Loy
Parole chiave: Unione europea - Sinti - Rom- nazismo - fascismo -
discriminazione razziale
Pubblicato nel: Settembre 2009
Pagine: 272
Editore: Ediesse
ISBN: 88-230-1365-0
Prezzo: 15.00 euro
Nell’ultimo anno è esplosa, in Italia, una vera e propria «questione Rom». Nel
passato ha riguardato prevalentemente aspetti socio-culturali, a volte causa di
conflitto con le popolazioni indigene che non gradiscono la vicinanza degli
insediamenti di Rom e Sinti. A partire dal 2008, il fenomeno ha assunto
particolari caratteri, per l’approvazione di una vera e propria legislazione
speciale per questa categoria di persone, spesso cittadini italiani, ai quali,
in luogo del diritto comune, si applicano norme del tutto peculiari in materia
di residenza e di controlli, con la possibilità di sottoporre anche i minori a
forme di identificazione mediante il rilascio delle impronte digitali. Diverse
amministrazioni, infine, negano ai Rom l’accesso ai servizi e ai benefici
previsti per tutti i cittadini. Il volume traccia un quadro d’insieme del
fenomeno, a partire dai presupposti culturali, e approfondisce, sul piano dei
diritti, la posizione di Rom e Sinti in riferimento alla Costituzione italiana e
alla copiosa normativa comunitaria volta a proteggere questa etnia. Gli autori
sono in prevalenza ricercatori che collaborano con università italiane, alcuni
di etnia rom, a dimostrazione che anche in Italia questo popolo incomincia a
riflettere sulla propria storia e sulle proprie condizioni di vita.
Il volume è curato da Gianni Loy, ordinario di Diritto del lavoro
nell’Università di Cagliari e autore di saggi in materia di diritto
antidiscriminatorio, e Roberto Cherchi, ricercatore di Diritto costituzionale
nella stessa università.
Di Fabrizio (del 24/09/2009 @ 09:45:34, in Regole, visitato 3080 volte)
Ricevo da Ernesto Rossi
Non c'e' riduzione in schiavitu' nel caso in cui il baby accattonaggio viene
praticato in "part-time", in tal caso si puo' solo configurare un'ipotesi meno
grave di reato: quella di maltrattamento in famiglia. E' quanto afferma la Corte
di Cassazione che ha fatto rilevare come
l'impiego di minori da parte degli adulti nella richiesta di elemosina se
ridotto ad uno spazio breve della giornata costituisce un'ipotesi di reato meno
grave. Nella motivazione della sentenza (n. 44516/2008) la quinta Sezione penale
spiega che l'adulto che sia dedito "alla mendicita' per le necessita' della sua
famiglia e si dedichi a tale attivita' per alcune ore del giorno portando con se
i figli" non puo' essere condannato per il reato di riduzione in schiavitu'
perche' giacche' "e' ben possibile che, dopo avere esercitato la mendicita'
nelle ore del mattino, nella restante parte della giornata" la madre che si
dedica all'accattonaggio "si prenda cura dei figli in modo adeguato cercando di
venire incontro alle loro necessita' e consentendo loro di giocare e frequentare
altri bambini". Sulla scorta di tale principio la Corte ha prosciolto una nomade
che era stata sorpresa due volte a mendicare con in grembo una
bambina e con un figlio di 4 anni che
elemosinava nei paraggi per poi consegnare i soldi a sua madre. La donna veniva
condannata dalla Corte d'Assise di Santa Maria Capua Vetere a ben 6 anni di
reclusione avendo ipotizzato sia il reato di riduzione in schiavitu' sia quello
di maltrattamenti in famiglia. I giudici di prime cure avevano sostenuto che la
donna avrebbe approfittato "di una situazione di inferiorita' psichica del
minore costretto all'accattonaggio con finalita' di sfruttamento economico".
Stessa decisione era stata adottata dalla Corte d'Assise d'Appello di Napoli che
pero' ridimensionava la pena a 5 anni di reclusione ritenendo non ravvisabile il
delitto di maltrattamenti. La donna contro una condanna cosi' pesante si e'
dunque rivolta agli ermellini che ribaltando le due precedenti decisioni ha
chiaramente affermato che non si puo' criminalizzare "il 'mangel' usualmente
praticato dagli zingari". La donna quindi, dovra' essere condannata solo per
maltrattamenti in famiglia e non per riduzione in servitu'. Deve escludersi -
spiega la Corte - che la donna "facesse parte di una organizzazione volta allo
sfruttamento dei minori perche' l'uomo arrestato insieme a lei, al quale la
donna avrebbe versato il denaro guadagnato dal figlio con l'attivita' di
accattonaggio, e' stato assolto per non avere commesso il fatto". Nella
decisione a quanto pare e' stata determinante la modalita' in cui si svolgeva
l'accattonaggio che veniva praticato dalle 9 del mattino fino alle 13. Proprio
per questo i supremi giudici hanno evidenziato come "dalla ricostruzione dei
fatti operata dai giudici del merito non emerge quella integrale negazione della
liberta' e dignita' umana del bambino che consente di ritenere che versi in
stato di completa servitu'".
(Data: 01/12/2008 10.01.00 - Autore: Roberto Cataldi)
Di Fabrizio (del 25/09/2009 @ 09:03:31, in lavoro, visitato 2207 volte)
Da
Romanian_Roma
Ruxandra Stanescu –
DIVERS.RO Ognuno ha la sua stella fortunata
La tradizione è importante per i Rom, dai calderash agli attori. La
nona edizione della tradizionale fiera artigianale ha avuto luogo a Sibiu.
21/09/2001 - Alin, 13 anni, è eccitato. Vuole andare alla Fiera dei Vasai nella
Piazza Centrale di Sibiu, ma sua madre vuole qualcos'altro, vuole andare alla
Fiera Artigianale Rom in Piazza Piccola. Quest'anno per la prima volta la
Fiera Artigianale Rom e la Fiera dei Vasai hanno avuto luogo lo stesso giorno.
Quest'anno gli organizzatori hanno deciso di invitare veri artigiani rom a
presentare e vendere i loro manufatti.
Un artigiano
"Di solito la Fiera Artigianale Rom è organizzata qualche settimana dopo
quella dei Vasai, ma sfortunatamente abbiamo meno partecipanti e visitatori,"
dice
Oana Burcea, uno degli organizzatori del Museo Astra di Sibiu. "E' per
questo che abbiamo deciso di organizzare entrambe le fiere lo stesso giorno
quest'anno e dare più visibilità alla Fiera Artigianale Rom."
Oana Burcea è soddisfatto dei risultati di questa fiera: "Per la prima volta
siamo riusciti a tenere lontani i visitatori kitsch e a portare artigiani rom da
tutto il paese. Hanno avuto l'opportunità di presentare i loro manufatti
tradizionali."
I gioiellieri dell'argento di Alexandria, i calderash di Brateiu
ed i fabbricanti di cucchiai di Babeni erano tutti ben rappresentati a
questa fiera.
Uno degli artigiani più famosi è Nicolae Caldarar, che vende pentole
di rame ed altri oggetti fabbricati da lui e dalla sua famiglia. "Ho imparato
questa arte dai miei antenati e poi l'ho insegnata anche ai miei figli."
Caldarar ride e indica un bambino di quattro anni che si nasconde dietro le
gonne delle donne. "Persino questo bambino sa come usare un martello e il mio
più grande è molto conosciuto e partecipa a molte fiere e festival."
"Se hai talento, impari l'arte in un anno, se non ne hai, non ti basta una
vita. La tradizione è molto importante e la continueremo."
Un'attrice
Anche la giovane attrice considera molto importante la tradizione. "Se recito
in un ruolo classico, rispetto completamente il contesto del pezzo, ma ho
recitato in due spettacoli con un tema molto vicino al mio cuore: i Rom. In un
pezzo agivo accanto a mio padre - un ritratto della mia famiglia con canzoni,
cose buone e cattive e vita vissuta." Oana Rusu viene da una famiglia rom
vicino a Iasi, ma suo padre ha lavorato per il Teatro Ebraico e voleva diventare
attore.
"L'ho scoperto quando ho detto a mio padre che volevo diventare attrice,"
dice Oana.
La giovane considera che anche se non hai potuto imparare dagli antenati a
diventare attore, la capacità ereditate giocano un ruolo importante. "Porto
molta empatia nei ruoli che recito e penso di avere molto coraggio quando mi
sono confrontata con le sfide. Anche se in famiglia non c'erano artisti famosi,
ogni componente canta e danza magnificamente. Sono per me i veri artisti!"
Oana Rusu ha provato a lavorare all'estero, perché gli attori non hanno vita
facile in Romania. "Assieme a due colleghe, ho lavorato a Napoli, ma non in
teatro. Anche se la mia vita era meglio che in Romania, abbiamo decisodi tornare
e di fare qui quel che ci piace di più."
Da artigiano o da attore, la strada per il successo non è mai facile,
soprattutto quando sei un Rom. "Ma ognuno ha la sua stella fortunata," come ha
detto Oana Rusu.
Ricevo da Veniero Granacci
Desideriamo invitarVi a partecipare alla serata "CARLO CUOMO, I ROM, I
SINTI E LE POLITICHE POSSIBILI" con la partecipazione di Tommaso Vitale,
Ernesto Rossi e Augusto Luisi, organizzata dall'Associazione La Conta
in collaborazione con il Circolo ARCI Martiri di Turro e l'Associazione
Aven Amentza - Unione di Rom e Sinti di Milano, che ci sarà, con ingresso
gratuito con tessera arci, lunedì 28 settembre 2009 alle ore 21,00 al Circolo
ARCI Martiri di Turro - Via Rovetta, 14 a Milano.
In particolare durante la serata, Tommaso Vitale, Ernesto Rossi e Augusto Luisi,
oltre a ricordare la figura e l'opera di Carlo Cuomo, nell'undicesimo
anniversario della sua scomparsa, presenteranno il libro "Politiche Possibili -
Abitare le città con i rom ed i sinti" curato di Tommaso Vitale, con scritti di
diversi studiosi tra i quali Ernesto Rossi, Maurizio Pagani e tanti altri
ancora, e ci parleranno, tra l'altro, dei Rom, dei Sinti e di altri gruppi di
zingari, della loro storia e della loro cultura, nonché delle politiche
abitative realizzate per loro nelle diverse realtà italiane.
CARLO CUOMO
"…..Nelle assemblee Carlo ci toglieva la pelle -- per i suoi gusti non
eravamo mai abbastanza di sinistra, mai abbastanza spregiudicati, ma ci
voleva bene. Faceva telefonate in punta dei piedi, per segnalare sulla
pagina milanese le iniziative dell'Opera Nomadi o della Filef. Agli zingari
e agli immigrati, alle minoranze che calamitano l'odio, l'esclusione, il
razzismo, Cuomo aveva dedicato questi ultimi anni. Era invidiabile la sua
capacità di tenere insieme le piccole azioni concrete e la voglia di pensare
in grande, di mescolare la fontanella per un campo nomadi con la rilettura
di Marx. Carlo era un meticcio per nascita, vita e cultura. Era nato 65 anni
fa ad Atene da madre greca. A 17 anni è a Parigi, dove si laurea in storia
alla Sorbona. A Milano arriva nel '55 un anno dopo entra nel Pci dove
affascina tutti e tutte cantando Brassens - e lì resta fino all'uscita dal
Pds degli ingraiani con cui dà vita alla Convenzione per l'alternativa.
Consigliere comunale e più volte assessore negli anni '60 e '70, conosceva
bene e da dentro Milano. L'ha vista cambiare, insieme alla politica, in modi
che non gli piacevano: non ha reagito con la rassegnazione o con l'accidia;
la politica per lui continuava ad essere indispensabile come l'aria. Era
disposto a fare riunioni politiche anche la vigilia di Natale, si teneva
libero solo quando arrivavano in anteprima a Milano i film da Venezia.
Quest'anno non c'è riuscito, è morto con il desiderio dell'ultimo Kusturica.
E di molte altre cose ancora.
di Manuela Cartosio (da Il Manifesto, 10 ottobre 1998)
Il libro “POLITICHE POSSIBILI - ABITARE LE CITTA' CON I ROM E I SINTI" a
cura di Tommaso Vitale - Carocci Editore - Milano - 2009
Da secoli sono parte integrante della storia urbana e rurale del nostro
Paese. Li chiamiamo con diversi nomi: zingari, nomadi, rom, sinti, caminanti,
yenish. Negli ultimi anni la loro presenza è diventata uno dei principali temi
di dibattito e mobilitazione nella vita politica, soprattutto a livello locale.
I Comuni sono chiamati a realizzare politiche sociali e abitative, e spesso non
sanno cosa fare. Tentate dalla demagogia, incalzate dai media, le
amministrazioni sovente non conoscono esperienze già attuate in altre città e di
cui è stata valutata l’efficacia. Nel volume vengono esaminati aspetti storici,
culturali e sociologici dei differenti gruppi zigani e vengono descritte le
linee di politica progettate dall’Unione Europea. Sono poi esposte nel dettaglio
le politiche sociali, sanitarie, educative, del lavoro e, in particolare,
abitative realizzate verso i nomadi in diverse realtà italiane. Dall’insieme
emerge come, se programmate e negoziate con i rom e i sinti, politiche locali
che affrontano i problemi e le contraddizioni e rispettano i diritti di tutte le
parti in gioco sono possibili
Tommaso Vitale, ricercatore di Sociologia, insegna sia Sviluppo locale
che Programmazione sociale all’Università degli Studi di Milano Bicocca ed è
membro della redazione di Partecipazione e conflitto - Rivista di studi politici
e sociali.
Ernesto Rossi, presidente delle Associazioni ApertaMente di Buccinasco e
Aven Amentza - Unione di Rom e Sinti d Milano, è da anni studioso di Sinti e Rom
a Milano ed ha collaborato per lungo tempo con Carlo Cuomo.
Augusto Luisi, ex consigliere del Comune di Buccinasco fa parte
dell'Associazione ApertaMente di detta città.
Vi saremo grati se vorrete dare diffusione elettronica all'iniziativa sopra
indicata e/o diffondere la stessa tra le persone che possono esservi
interessate. Vi ringraziamo in anticipo.
Ciao,
Associazione La Conta
Di Fabrizio (del 27/09/2009 @ 09:39:14, in scuola, visitato 2141 volte)
Da
Bulgarian_Roma
Con l'inizio dell'anno scolastico, il 15 settembre migliaia di bambini hanno
iniziato le scuole in tutta la Bulgaria. Per molti studenti a Veliko Turnovo
l'anno scolastico è iniziato grazie al lavoro del Centro Amalipe e del comune
cittadino col progetto "Introdurre l'educazione interculturale ed il pari
accesso nell'istruzione qualificata", finanziato dal Fondo Sociale Europeo
attraverso il Programma Operativo per lo Sviluppo delle Risorse Umane. Otto
bambini di Malki Chiflik (un villaggio situato a 5 km. da Veliko Turnovo) hanno
iniziato il nuovo anno scolastico nella scuola Vela Blagoeva di Veliko Turnovo.
Vestiti con abiti nuovi, con fiori nelle mani e sorrisi sui volti, accompagnati
dai loro genitori sono entrati timidamente a scuola. La paura che i bambini
bulgari non li accettassero non si è avverata. Gli insegnanti li hanno
rapidamente aiutati a sentirsi a loro agio. avevano preparato per ogni studente
una stella col suo nome e fatto in modo che ognuno dei nuovi trovasse degli
amici nella nuova classe. Si è sciolta presto la paura dei genitori che i loro
bambini fossero rifiutati "a causa della loro origine".
Distribuiti non più di due o tre bambini per classe, sono riusciti subito ad
adattarsi e trovare nuovi amici. Il direttore Angel Yanchev aveva preparato in
anticipo gli insegnanti nelle cui classi sarebbero andati i bambini rom. Gli
insegnanti l'hanno invece vista come una sfida che avrebbe reso migliori i
bambini, la scuola e loro stessi. [...] Il Centro Amalipe aveva organizzato
proprio per loro un seminario per lavorare in un ambiente multiculturale. Tutto
ciò non è stato facile da ottenere. Abbiamo lavorato col sindaco di Malki
Chiflik, con i leader informali della comunità locale, con i genitore come col
direttore della scuola Vela Blagoeva: altrimenti tutto ciò sarebbe stato
impossibile. Il direttore ha compreso chiaramente che l'istruzione di tutti i
bambini - Bulgari e Rom - è importante e anche se la sua scuola ha il 99% di
alunni bulgari, ha deciso non solo di accogliere i bambini rom, ma anche di
pagare col budget scolastico il loro trasporto a scuola con i bus. Durante i
numerosi incontri che abbiamo organizzato con i genitori, questi hanno compreso
che l'istruzione dei loro figli è importante, e come la scelta della miglior
scuola a Veliko Turnovo fosse la chiave per il successo dei loro bambini. E'
stato loro assicurato che i bambini sarebbero stati in un posto sicuro e che non
sarebbero stati discriminati in quanto "zingari". Una volta ottenuta la loro
confidenza sono diventati i più grandi sostenitori dell'istruzione per i loro
bambini.
Il primo giorno di scuola è stata anche una grande sfida per 19 bambini di
Vodoley. Ledenik e Balvan che hanno terminato a giugno le scuole primarie ed ora
continuano la loro istruzione nelle scuole superiori a Veliko Turnovo. Questo
risultato non è stato facile. L'istruzione secondaria è piuttosto un'eccezione
per le comunità rom in questi villaggi e nessun genitore intendeva spendersi.
Siamo passati attraverso numerosi incontri, visite e conversazioni con ogni
genitore ed alla fine abbiamo organizzato - assieme alla Direzione
dell'Istruzione di Veliko Turnovo, una visita a tutti i ginnasi professionali di
Veliko Turnovo.
Ma il merito più grande va ai ragazzi stessi. E' per questo che abbiamo
organizzato per loro una cerimonia alla scuola di Vodoley.
Abbiamo scelto Vodoley perché questi ragazzi sono stati i primi che (otto
anni fa) hanno iniziato a studiare il folklore rom all'interno del programma del
Centro Amalipe. Otto anni fa erano appena usciti dalle elementari, ma diedero
credito alla nostra idea di scoprire pagina dopo pagina la ricchezza del
folklore rom. Assieme a loro abbiamo sviluppato manuali e materiale scolastico
per creare un ambiente scolastico sensibile ai bisogni di tutti. Ora, 8 anni
dopo, tutti loro (con una eccezione) continueranno la loro istruzione nelle
scuole superiori di Veliko Turnovo, la più grande prova del nostro comune
successo.
Molti del villaggio di Vodoley hanno partecipato alla cerimonia: il direttore
della scuola ed il sindaco di Vodoley, il presidente della Direzione
dell'Istruzione di Veliko Turnovo, dozzine di genitori e molti altri amici che
hanno appoggiato durante questi 8 anni i nostri sforzi di introdurre il soggetto
del folklore rom. Lo spirito era davvero festivo e la festa sembrava un ballo di
laurea. Naturalmente nel nostro stile: con Djelem Djelem e Sa e Roma (Hederlezi),
con molti balli e canzoni bulgare e rom. La musica della banda rom "Dalas" di
Vodoley e la passione di tutti gli ospiti e partecipanti l'hanno resa
indimenticabile. Ho fiducia nel fatto che tutti gli studenti continueranno e
termineranno la loro istruzione secondaria.
Se volete vedere com'erano e come sono gli studenti del corso, ecco un
breve video.
Da
Czech_Roma
tre notizie pubblicate
recentemente dal portale Romea.cz
17-09-09 -
Natálka,
la bambina di due anni, quasi morta bruciata durante l'attacco incendiario alla
sua famiglia a Vítkov, sta nuovamente combattendo contro un'infezione. Il
portale informativo Aktuálně.cz ha intervistato sua madre, Anna Siváková, assieme
al portavoce dell'Ospedale di Ostrava dove Natálka è stata ricoverata da aprile
nel centro ustionati.
"Sono insorte complicazioni dopo l'ultima operazione, ma stiamo riuscendo a
mantenere la bambina in uno stato stabile," ha detto il portavoce Tomáš Oborný. Siváková
ha detto che sua figlia ha subito l'11a operazione il 10 settembre e
da allora ha una febbre costante, aggiungendo che è a rischio di infezione per
almeno due mesi. "Ogni volta che diventa più debole, accade dopo le operazioni,
ricorre l'infezione," ha detto Siváková al portale.
Anna Siváková ha passato diverse settimane in ospedale con Natálka ed
ora è tornata a casa a Vítkov. "Faccio il tragitto quasi ogni giorno per
vederla. Anche gli altri bambini hanno bisogno di me a casa. E' iniziata la
scuola," riporta Aktuálně.cz le parole di Siváková. La famiglia ha altri
tre bambini oltre a Natálka, che è la più giovane.
La polizia ha già accusato quattro persone di Opava e Horní Benešov in
connessione all'attacco incendiario di Vítkov. I piromani assaltarono la casa
della famiglia alle prime ore del mattino del 19 aprile, lanciando tre molotov
nell'edificio. L'incendio che scaturì distrusse completamente la casa. Tre dei
nove componenti della famiglia soffrirono di bruciature: Anna Siváková,
Petr Kudrik e la loro figlia Natálka di due anni, che ebbe bruciature sull'80%
del corpo. Tutti gli accusati sono membri dell'estrema destra. Ora hanno di
fronte dai 12 ai 15 anni di prigione, o forse persino una condanna
straordinaria.
24-09-09 - Il neonazista Ivo Müller ha scritto una lettera ad Anna Siváková, [...] in
cui si scusa per il suo orribile gesto e le chiede perdono. Dice la televisione
ceca, che sia la signora Siváková che il Procuratore di Stato Brigita Bilíková
vedono la lettera come un tentativo del Müller di fare in modo che la sua
prossima punizione venga ridotta.
"Prego mi creda che non intendevo ferire nessuno in quella maniera, e
sicuramente non una bambina piccola. Con tutto il mio cuore le chiedo perdono,
anche se probabilmente invano, non solo per quello che è successo a lei, ma
soprattutto alla piccola Natálka," scrive Ivo Müller nella lettera. Müller
partecipa[va] regolarmente agli eventi neonazisti organizzati dai Nazionalisti
Autonomi e dal Partito dei Lavoratori. "Ringrazio Dio che sia sopravissuta e che
stia combattendo con tanto coraggio, è una piccola bambina molto forte. Prego
che il suo ristabilimento si completi il prima possibile... Vorrei che
l'orologio tornasse indietro. Ancora una volta, chiedo il suo perdono," dice la
lettera del neonazista.
"Sono scioccata. Se vogliono il perdono, devono guardarla negli occhi. Non
posso dimenticare nessuno di loro," ha detto alla televisione ceca la madre.
Markéta Polišenská, avvocato difensore di Müller, ha detto che il suo cliente
non ha dato il permesso che le sue parole fossero diffuse ai media.
Alcuni degli avvocati dei quattro accusati avevano detto in precedenza che si
sarebbero adoperati perché l'attacco fosse riclassificato come un crimine
minore. "E' diritto della difesa e di quanti sono accusati di scegliere il
loro metodo di difesa," ha detto Bilíková alla televisione.
Parlando attraverso i loro avvocati, anche gli altri neonazisti stanno
lavorando per ricevere una punizione ridotta. "Per concludere, il mio cliente
aveva l'impressione che nessuno vivesse nella casa," ha detto alla televisione Ladislav Myšák,
avvocato difensore di Václav Cojocaru. "Non possono scusarsi l'un l'altro,
dicendo che uno di loro non sapeva. Sapevano che andavano ad appiccare il fuoco,
tutti dovevano sapere," ha detto Siváková.
Informazioni non ufficiali dal tribunale confermano che la difesa insisterà
sul fatto che i sospetti non erano a conoscenza dei dettagli dell'attacco. Il
capo, Jaromír Lukeš da Opava, che per anni è stato un neonazista, è stato [...]
l'unico a gettare una molotov attraverso la finestra della casa.
La polizia sta investigando sui collegamenti tra l'attacco di Vítkov e altri
nella regione. Se i collegamenti fossero provati, la polizia dovrebbe accusare
gli imputati anche per gli altri attacchi. "Abbiamo indicazioni concrete che
potrebbero aver partecipato a quegli attacchi. Portarli in causa dipende dalle
ulteriori indagini," ha confermato Bilíková al giornale online
TÝDEN.CZ.
Il livello della sentenza sarà anche influenzata da quando il processo si
svolgerà. A gennaio entrerà in vigore un nuovo codice criminale, che prevede
pene più severe per i crimini più violenti.
Natálka è ancora in ospedale e di fronte a sé ha ancora diverse operazioni da
affrontare. La sua famiglia sta ancora vivendo in una sistemazione temporanea
con gli altri tre bambini, dato che la casa acquistata con la raccolta pubblica
di fondi necessita di una parziale ricostruzione. La famiglia sta provvedendo
lei stessa ai lavori, usando quanto rimane della raccolta fondi per acquistare i
materiali. Settimana prossima la casa verrà registrata al catasto come proprietà
di Anna Siváková ed i lavori potranno iniziare a tempo pieno.
25-09-09 - La casa di una famiglia rom nella città di Mikulov (Moravia del
Sud) è stata attaccata; non ci sono feriti. La famiglia dice che gli assalitori
li hanno rincorsi ed insultati durante l'attacco. Secondo la stazione televisiva
Prima è stata lanciata una molotov, ma Deník.cz news riporta solo il lancio di
una boccale di birra.
La polizia sta indagando: "Gli investigatori della polizia stanno
considerando se si tratti di crimine a sfondo razziale," ha detto a Prima Kamila Haraštová,
portavoce della polizia di Břeclav.
Gli assalitori stavano bevendo in un pub lì vicino ed hanno chiarito alle
loro vittime che il recente attacco incendiario a Vítkov non è stato ne casuale
ne unico. "Uno di loro è partito verso la casa, si è issato alla finestra ed ha
detto: -Eccovi una sorpresa: Zingari a gas!- Poi ha lanciato una bottiglia," ha
raccontato la vittima Sandra Vajdíková.
Secondo Deník.cz l'oggetto lanciato non era una molotov ma un bicchiere.
"Tutto è iniziato con i giovani del luogo radunati di fronte al pub. Uno di loro
che non faceva segreto del fatto che non gli piacessero gli zingari si è fatto
avanti verso la casa e ha gettato un boccale contro la finestra. Fortunatamente,
l'intelaiatura della finestra ha smorzato l'impatto. Altrimenti non voglio
pensare cosa sarebbe potuto accadere. Ci sono due letti proprio sotto la
finestra ed in uno di quelli stava dormendo un bambino di 11 mesi," ha detto Marcela Krištofová,
sorella di Vajdíková, che vive nella stessa casa.
Non è la prima volta che la famiglia rom subisce attacchi. Prima riporta che
ignoti avevano vergato scritte minacciose diverse volte sui muri della casa.
"Abbiamo paura di continuare a vivere qui," ha detto Vajdíková.
"Ho visto tutto dalla mia finestra. Circa 10 o 15 giovani sono usciti dal bar
ed hanno iniziato a giocare agli skinhead. Gridavano slogan razzisti e dopo un
momento qualcuno ha gettato qualcosa direttamente contro la finestra," ha
confermato a Deník.cz Jan Strmiska, che vive la porta accanto. Strmiska è corso
fuori per aiutare le donne rom. "Non potevo più stare fermo a guardare. Cosa
aveva fatto mai? Non sono mai stato danneggiato da un Rom, solo dai bianchi," ha
detto Strmiska in difesa delle sue vicine.
Quando la polizia è arrivata sulla scena, il giovane coinvolto era già andato
via. Però, Marcela Krištofová era in grado di identificarlo, dato che frequenta
la stessa scuola di sua figlia. "Ho lavorato da quando avevo 15 anni. Non ho
problemi con nessuno e non ho mai fatto male a nessuno. Vivo qui decentemente e
pago le tasse. E vero che alcuni Rom gridano sempre al razzismo. Questo non mi
piace. Ma qui ci sono delle leggi, ed i colpevoli devono pagare per ciò che
hanno fatto," ha detto Krištofová. Deník.cz riporta che Krištofová sta pensando
di organizzare una petizione.
[...]
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