Cassazione: sentenza n. 44516/2008 - baby accattonaggio part-time? E' meno grave
Di Fabrizio (del 24/09/2009 @ 09:45:34, in Regole, visitato 3080 volte)
Ricevo da Ernesto Rossi
Non c'e' riduzione in schiavitu' nel caso in cui il baby accattonaggio viene
praticato in "part-time", in tal caso si puo' solo configurare un'ipotesi meno
grave di reato: quella di maltrattamento in famiglia. E' quanto afferma la Corte
di Cassazione che ha fatto rilevare come
l'impiego di minori da parte degli adulti nella richiesta di elemosina se
ridotto ad uno spazio breve della giornata costituisce un'ipotesi di reato meno
grave. Nella motivazione della sentenza (n. 44516/2008) la quinta Sezione penale
spiega che l'adulto che sia dedito "alla mendicita' per le necessita' della sua
famiglia e si dedichi a tale attivita' per alcune ore del giorno portando con se
i figli" non puo' essere condannato per il reato di riduzione in schiavitu'
perche' giacche' "e' ben possibile che, dopo avere esercitato la mendicita'
nelle ore del mattino, nella restante parte della giornata" la madre che si
dedica all'accattonaggio "si prenda cura dei figli in modo adeguato cercando di
venire incontro alle loro necessita' e consentendo loro di giocare e frequentare
altri bambini". Sulla scorta di tale principio la Corte ha prosciolto una nomade
che era stata sorpresa due volte a mendicare con in grembo una
bambina e con un figlio di 4 anni che
elemosinava nei paraggi per poi consegnare i soldi a sua madre. La donna veniva
condannata dalla Corte d'Assise di Santa Maria Capua Vetere a ben 6 anni di
reclusione avendo ipotizzato sia il reato di riduzione in schiavitu' sia quello
di maltrattamenti in famiglia. I giudici di prime cure avevano sostenuto che la
donna avrebbe approfittato "di una situazione di inferiorita' psichica del
minore costretto all'accattonaggio con finalita' di sfruttamento economico".
Stessa decisione era stata adottata dalla Corte d'Assise d'Appello di Napoli che
pero' ridimensionava la pena a 5 anni di reclusione ritenendo non ravvisabile il
delitto di maltrattamenti. La donna contro una condanna cosi' pesante si e'
dunque rivolta agli ermellini che ribaltando le due precedenti decisioni ha
chiaramente affermato che non si puo' criminalizzare "il 'mangel' usualmente
praticato dagli zingari". La donna quindi, dovra' essere condannata solo per
maltrattamenti in famiglia e non per riduzione in servitu'. Deve escludersi -
spiega la Corte - che la donna "facesse parte di una organizzazione volta allo
sfruttamento dei minori perche' l'uomo arrestato insieme a lei, al quale la
donna avrebbe versato il denaro guadagnato dal figlio con l'attivita' di
accattonaggio, e' stato assolto per non avere commesso il fatto". Nella
decisione a quanto pare e' stata determinante la modalita' in cui si svolgeva
l'accattonaggio che veniva praticato dalle 9 del mattino fino alle 13. Proprio
per questo i supremi giudici hanno evidenziato come "dalla ricostruzione dei
fatti operata dai giudici del merito non emerge quella integrale negazione della
liberta' e dignita' umana del bambino che consente di ritenere che versi in
stato di completa servitu'".
(Data: 01/12/2008 10.01.00 - Autore: Roberto Cataldi)
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