L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.
A più di otto anni dai fatti, è arrivata per il sindaco Flavio Tosi la
condanna definitiva a due mesi di carcere per propaganda di idee razziste contro
gli zingari. Non c'è più alcun appiglio giuridico neanche per gli altri cinque
leghisti finiti sotto processo nel 2004: l'onorevole Matteo Bragantini, il vice
presidente della Provincia Luca Coletto, il consigliere comunale e sorella del
sindaco Barbara Tosi, l'assessore comunale Enrico Corsi e l'iscritto
Maurizio Filippi da ieri hanno sul groppone una condanna definitiva per lo
stesso reato del primo cittadino. In realtà, gli imputati non dovranno scontare
neanche un giorno di carcere perché la pena è stata sospesa così come la pena
accessoria che prevedeva l'interdizione a partecipare a campagne elettorali per
tre anni.
Sono soddisfatte le parti civili, i sette sinti e l'Opera nazionali dei
nomadi, assistiti dal professore Lorenzo Picotti e gli avvocati Federica Panizzo,
Paola Malavolta ed Enrico Varali. Già nell'agosto di 2 anni fa, le parti offese
avevano incassato un risarcimento danni di 50mila euro, pagati dagli esponenti
del Carroccio. Alla luce di questa sentenza, non dovranno restituire neanche un
euro a Tosi e agli altri imputati.
Di più: tutti gli esponenti del Carroccio dovranno pagare le spese legali dei
difensori di parte civile. Ora bisognerà attendere alcune settimane per
conoscere le motivazioni della sentenza della corte di Cassazione che ha
confermato la condanna già inflitta da tre diversi organi giudicanti: prima il
tribunale di Verona nel dicembre 2004 per incitamento e propaganda di idee
razziste, poi la corte d'appello di Venezia in due diverse sentenze. La prima fu
decisa il 30 gennaio 2007 ma fu poi annullata con rinvio dalla Cassazione il 13
dicembre di quello stesso anno.
Il 20 ottobre del 2008, però, sempre i giudici di secondo grado confermarono
la condanna a due mesi solo per propaganda di idee razziste. Contro questa
decisione i difensori di Tosi e degli altri 5 imputati, gli avvocati Paolo
Tebaldi e Giovanni Maccagnani e il professore Piero Longo di Padova,
presentarono ricorso in Cassazione. E la Corte di ultima istanza, ha deciso ieri
sera con una sentenza di condanna che mette una pietra tombale su questo
processo, durato quasi cinque anni.
L'INCHIESTA. Il sindaco e gli altri cinque leghisti finirono sotto inchiesta
nel 2001 per aver avviato una campagna politica contro gli accampamenti abusivi
di zingari sul territorio del nostro Comune. A parere dei giudici nei vari gradi
di appello, però, quella campagna aveva tutte le caratteristiche per essere
fondata su ideali razzisti. I leghisti, in pratica, non si sono limitati a
chiedere la chiusura dei campi abusivi dei sinti tra la città e dintorni ma
hanno chiesto l'allontanamento indiscriminato di tutti gli zingari. E lo avevano
fatto con una massiccia campagna politica, disseminando non solo la città ma
anche la provincia di manifesti e volantini oltre a numerose dichiarazioni dello
stesso sindaco rilasciate ai giornali e mai smentite.
Tra gli slogan di quei poster, c'era quello di «mandare via gli zingari»,
«sgombero immediato dei campi dei nomadi». Tosi poi aveva dichiarato il 16
settembre che gli zingari «...mandano i figli a rubare... qui non ci devono
stare perché non si integrano...». I difensori, però, non hanno mai avuto dubbi
sulle liceità delle dichiarazioni di Tosi: «Manifesti e dichiarazioni andavano
valutate insieme alla petizione che era stata dichiarata legittima dai giudici
d'appello. Non capisco perché i giudici della Cassazione non hanno valutato
congiuntamente questi due elementi» ha dichiarato ieri sera l'avvocato Paolo
Tebaldi.
IL NODO DEL PROCESSO. I giudici di appello il 30 gennaio 2007 avevano
confermato solo in parte la condanna a sei mesi inflitta in primo grado,
riducendo la pena a due mesi. L'accusa d'incitamento all'odio razziale era
sparita dalla sentenza d'appello ed era rimasta solo la propaganda d'idee
discriminatorie.
La petizione con la richiesta di chiudere i campi abusivi dei Sinti da
inviare all'amministrazione comunale, quindi, era leggittima mentre non lo era
stata la propaganda politica. E la corte di Cassazione aveva notato nella sua
sentenza di rinvio un'incongruenza da sanare. Una questione subito risolta dalla
corte d'appello il 20 ottobre scorso. «La petizione era uno strumento legittimo»
ha spiegato il professore Lorenzo Picotti che tutela i sinti, «mentre nel mirino
dei giudici è finita la campagna politica che aveva un chiaro stampo razzista».
Di Fabrizio (del 12/07/2009 @ 09:28:36, in media, visitato 1560 volte)
C'è maretta sul prossimo
Meeting Antirazzista. Riprendo comunque una segnalazione di Nico Che dal
sito
Romadecade.org (se lo linkate vedete il trailer). Di Laura Halilovic se ne era parlato
QUI
Domenica 12 luglio, la diciannovenne regista romanì Laura Halilovic riceverà
il premio "Cinema Contro il Razzismo" durante il XV Meeting Internazionale
Antirazzista di Livorno, sostenuto dalla Regione Toscana assieme a diverse
amministrazioni locali ed associazioni. Halilovic ha ricevuto il riconoscimento
per il suo documentario "Io la Mia Famiglia Zingara e Woody Allen", che ha
giugno ha vinto il Premio UCCA 2009 al Film Festival di Bellaria. Il film ha
anche ricevuto una menzione speciale dalla giuria "per l'abilità di descrivere
in maniera leggera, a volte ironica, ma sempre in maniera diretta, la propria
storia, quella della sua famiglia e tramite ciò le difficili condizioni degli
Zingari in Italia". Il Premio UCCA viene riconosciuto ai primi due documentari
del Film Festival di Bellaria, ed i film premiati ricevono l'opportunità di
essere proiettati in almeno 20 città italiane.
Dopo aver ottenuto il Premio UCCA, l'ufficio regionale dell'Istruzione in
Piemonte ha fatto in modo di promuovere la proiezione di "Io la Mia Famiglia
Zingara e Woody Allen" in oltre 200 scuole superiori. Il film verrà presentato
agli insegnanti in ottobre, e dal 2010 il documentario sarà disponibile nel
catalogo di risorse per gli insegnanti. Le scuole avranno anche la possibilità
di organizzare proiezioni seguite da dibattiti tra Halilovic e gli studenti.
"Io la Mia Famiglia Zingara e Woody Allen" è stato prodotto da Zenit Arti Audiovisive
col supporto tra gli altri, del Fondo OSI di Corrispondenza del Decennio Rom, di
RAI 3, del Ministero per le Pari Opportunità e del Fondo Film Documentari del
Piemonte.
Il video (col racconto) della domenica è offerto da Ernesto Rossi
L’episodio è parte del bellissimo film musicale di Tony Gatlif (regista
francese di origine rom algerina) “Lacio drom” (buona strada, buon
viaggio-1993), l’unico episodio del film-documentario sul viaggio musicale dei
rom dall’India all’Europa, in cui compare una vera (famosa) attrice ungherese di
cinema, la madre del bambino (chiedo scusa, ma al momento non ne ricordo il
nome), che gratuitamente si è prestata all’interpretazione (guardate come
cambia la sua espressione nello sviluppo dell’episodio).
Un gruppo di rom arriva alla stazione di un paesello della grande pianura
ungherese (“puszta”, leggi: pusta), accendono un fuoco, fa un freddo boia
(notare le nuvolette del fiato); sull’altro lato della massicciata, una madre
aspetta il treno con il suo bambino, sonnecchiano nell’attesa e si stringono per
il freddo. Il bambino attraversa i binari e, come diciamo noi, ma probabilmente
anche loro, tira la giacchetta ad un rom, offrendogli alcune monetine. Tutti
ridono della modesta offerta infantile, ma i rom suonano lo stesso, per lui e
per se stessi, come sempre, finché non giunge il treno atteso.
Pochi minuti di poesia intensa e naturale: così sono e devono essere i rapporti
tra gli esseri umani. Come vorremmo che fossero con gli esseri umani rom, uguali
a tutti gli altri. I bambini sono messaggeri di pace.
E se lo inviassimo allo sceriffo de corato (iniziali volutamente minuscole)?
Ciao, Ernesto
P.S. Notare lo strumento musicale costituito da una brocca d’alluminio per il
latte, percosso all’imboccatura col palmo della mano: funziona come un basso (lo
utilizzano anche famosi complessi musicali rom); e i due cucchiai battuti, uno
sull’altro dalla parte convessa: funzionano come una batteria;
per chi mi legge su Facebook e non visualizza il video,
QUI
Per l’anno in corso è possibile fare il servizio Civile presso la Fondazione
Michelucci. Domande entro il 27 luglio
Entro il 27 luglio 2009 è possibile presentare domanda per partecipare alla
selezione di volontari per il servizio civile per i progetti di Arci Servizio
Civile Firenze, scegliendo come ambito di azione la Fondazione Giovanni
Michelucci di Fiesole. Il bando è uscito il 26 giugno. In particolare gli ambiti
di impegno presso la Fondazione Michelucci, riguarderanno:
la collaborazione ai lavori di: catalogazione, conservazione, integrazione e
valorizzazione dell’archivio progetti e degli altri fondi presenti nella sede di
Fiesole; riqualificazione funzionale per la consultazione anche via web;
riordino e catalogazione dei fondi librari presenti: il fondo librario “Giovanni
Michelucci”, il fondo librario della Fondazione, altri fondi donati.
integrazione alle ricerche in corso sui temi della cittadinanza attiva, con la
partecipazione ai cantieri di ricerca gestiti dalla Fondazione sui temi
emergenti della questione urbana: partecipazione dei cittadini, superamento
delle esclusioni, interazioni culturali e sociali, qualità dell’abitare urbano,
autopromozione abitativa (autocostruzione e autorecupero), l’abitare dei Rom e
dei Sinti.
La sede di svolgimento del progetto sarà la stessa della Fondazione Michelucci,
Villa “Il Roseto” sulle colline di Fiesole; oltre che a invitarvi a visitare il
nostro sito www.michelucci.it.
Ulteriori informazioni le potrete richiedere telefonando allo 055 597149
chiedendo di Massimo Colombo o tramite mail all’indirizzo
colombo@michelucci.it
Di Fabrizio (del 13/07/2009 @ 09:13:32, in blog, visitato 1982 volte)
Chiarimento non richiesto: continuo ad avere poco tempo a
disposizione per il blog. In attesa di periodi migliori, è doveroso segnalare
questo dibattito promosso da Eugenio Viceconte su
NO(b)LOGO
La RAI, nelle pieghe di una emittenza sempre più asservita al potere, che
quando non incensa o disinforma tace, continua ad assicurare dei buoni prodotti
di giornalismo d'inchiesta.
Due documentari usciti in tempi diversi danno lo spunto per alcune riflessioni
sulla situazione Rom in particolare a Roma; sull'efficacia degli interventi
delle passate amministrazioni, su quello che sta facendo l'amministrazione
Alemanno, e su quali programmi ci sono nell'agenda della ora opposizione.
più recente da "RAI Educational un mondo a colori" "Campi
rom: chi ci guadagna?" trasmesso anche questo su RAI 3.
Ho approfittato di questo secondo documentario per organizzare su
Facebook una sorta di "tavola rotonda virtuale" tra addetti ai lavori,
alcuni dei quali anche intervistati da "un mondo a colori".
Vi riporto qui, grazie alla disponibilità degli amici, alcuni passi
interessanti della discussione.
Sulle mie perplessità su: - una versione un po' di parte dei fatti da parte del documentario, che a mio
avviso, giustamente mette in evidenza gli errori delle precedenti giunte di
sinistra ma non analizza quello che sta facendo la giunta Alemanno - e su alcuni passaggi della conduttrice con delle scivolate antigitane:
Giorgio De Acutis, della
casa dei
diritti sociali, intervistato nel servizio:
purtroppo la sostanza del servizio è innegabilmente la verità, anche se
inevitabilmente semplifica (ma non troppo)
Fabrizio Casavola, di Mahalla:
Secondo me, non si tratta di antigitanismo o meno, qui si tratta di cifre,
soldi, aree pubbliche, grandi e piccole speculazioni.
Insomma, non si possono chiudere gli occhi in nome di chissà quale antirazzismo.
Darei un giudizio differente, se questi risultati garbassero ai Rom stessi, ma
non è così, visto che neanche a loro piacciono i moderni ghetti dei campi-sosta.
Megastrutture come i campi, isolate dal resto del mondo, hanno secondo me due
scopi:
1) concentrare fasce marginali di popolazione, impedendo loro di evolvere
e mantenendoli quindi sotto costante ricatto;
2) costruire un business dell'emergenza, a favore di comuni,
associazioni, volontariato (insomma, tutti tranne i Rom) e di quanti a parole
"aborrono" i campi, ma che senza di questi perderebbero una notevole fonte di
entrate.
Se è civile battersi per il loro superamento, dobbiamo noi prima di tutto
denunciare le poche trasparenze che la loro gestione comporta. Gestione,
ovviamente, bipartisan. [vedi su Mahalla :
la mangiatoia I;
la mangiatoia II articoli riguardanti la situazione di Milano] Quanto ai punti di vista, di destra o sinistra, vorrei aggiungere qualcosa.
Il PD romano, ammesso e non concesso che il PD sia di sinistra, ci sta provando
a fare le pulci alle promesse non mantenute da Alemanno. Giusto: spetta a loro
farlo, più che ad una trasmissione televisiva. E io dalla TV non mi aspetto
certi balletti, dove se intervisti uno della destra, devi per forza citare anche
la sinistra.
Ma torniamo alle critiche, appunto. Come è possibile criticare Alemanno se, a
parte le belle parole, il progetto "fattuale" di destra e sinistra è simile? Il
tutto si trasforma nel solito gioco sulla pelle degli altri.
Sul perché il progetto sia simile, dovrei ripetermi: è un business a cui
nessuno vuole rinunciare.
la discussione si è poi focalizzata sul tema scottante della scolarizzazione
Monica Rossi, antropologa, intervistata nel servizio:
Francamente sono d'accordo con Fabrizio.
Penso che sia ora di riflettere su progetti che non hanno portato affatto i
risultati attesi, e questo forse si sarebbe potuto fare prima.
L'antigitanismo non c'entra proprio niente, c'entra piuttosto il fatto che il
welfare delegato sempre di più al settore privato non funziona.
Il volontariato, anzi meglio, il privato sociale dovrebbe trarre un bilancio
spassionato e sincero di questi anni di scolarizzazione.
La situazione attuale è certo determinata dalle istituzioni, ma chi ha accettato
il controllo dei campi, le sbarre, i tesserini e quant'altro non credo si possa
chiamare fuori dal fare un bilancio spassionato di quanto fatto finora. E
soprattutto dal fare una severissima autocritica.
Le condizioni attuali dei campi, le regole per poterci rimanere non risalgono
certo a questa amministrazione, ma sono (erano) ben chiare già nella famigerata
ordinanza comunale n.80 di Rutelli; le amministrazioni che si sono succedute in
questi anni hanno agito in maniera pressochè identica, visto che la proposta
(comune ahimè) è quella di costruire mega campi al di fuori del raccordo
anulare.
Leggere bandi come quello della scolarizzazione 2005 - 2008 fa venire i brividi.
Si tratta di un progetto malfatto, mal scritto e mal concepito, nel quale viene
richiesto il raggiungimento di obiettivi mal formulati prima di tutto nella
lingua italiana, e poi proprio concettualmente.
Come si fa a misurare, a valutare, a verificare che sia "facilitata: la
responsabilizzazione degli adulti rispetto alla scolarizzazione dei figli", o
"favorire la strutturazione di un atteggiamento positivo nei confronti della
scuola nelle comunità dei nomadi" (citato dal bando stesso, punti C e D).
E poi chi dovrebbe fare questo? Operatori con quali qualifiche? MISTERO!
Obiettivi espressi in questo modo sono irrilevabili, dunque restano le
frequenze, le quali però essendo entità numeriche ci rendono conto solo della
quantità di questo fenomeno, e non ci dicono nulla sulla qualità. E non mi pare
che qualcuno abbia rilevato questo assurdo.
Ci ho giusto scritto un articolo recentissimamente su questo tema, se vi
interessa ve lo passo volentieri
Secondo me è ora di riflettere senza tabù e senza misteri fra di noi; qualche
errore è stato fatto, e la colpa non è certo di chi lo rileva, ma di chi lo
ripropone.
alla mia sollecitazione sulla
sentenza del TAR, che ha bloccato i meccanismi
d'appalto per la guardiania ai campi e sul ruolo della sinistra di proporre
proporre progetti nuovi alternativi a quelli delle giunte Rutelli, Veltroni, e
poi Alemanno risponde ancora:
Monica Rossi: Per quanto posso vedere qui a Roma mi pare che gli Assessori della giunta
Alemanno si stiano muovendo con una certa cautela, anche se l'impressione è che
si voglia in qualche modo spezzare il meccanismo degli appalti per la
scolarizzazione, gestiti qui a Roma da cooperative a associazioni forti e con
una presenza storica nel settore migranti e più recentemente anche rom.
A me pare chiaro che si stiano preparando per sostituire con altre lobby (le
loro) quelle già esistenti.
Il punto a cui mi riferivo non è l'appalto per la guardiania (che peraltro credo
sia stato bloccato dal TAR infatti), ma quello della sorveglianza h24.
Quello non bisognava accettarlo, bisognava sabotare questi bandi fatti da
incompetenti non partecipandoci.
E anzi! questo lavoro di critica doveva essere fatto mooolto prima! Fin dal 2005
cioè, data dell'ultimo bando triennale. Anzi dal 2003!!! E per far questo
sarebbe bastato analizzare il bando leggendolo con cura e chiedendosi per ogni
punto, come raggiungeremo questo obiettivo? Chiedendoselo col cervello e col
cuore, non con l'ansia di vincerlo riempiendo pagine e pagine di quella
terribile langue du bois nella quale sono scritti questi progetti, perché si ha
una struttura da mantenere etc. etc. e quindi andando avanti con inerzia, senza
ragionare, ma spinti solo da urgenze.
I compagni che come me sono molto critici verso l'associazionismo non lo sono
per motivi personali, ma squisitamente politici e diciamo pure epistemologici.
E' mai possibile che in anni di gestione della scolarizzazione non si produca un
rapporto, non si fornisca accesso ai dati (e anzi, ARCI sotto questo punto di
vista almeno è ordinatissima, ma prima con l'Opera nomadi santa miseria c'era da
diventare pazzi) o sia difficilissimo accederci.
Che non vi sia un criterio unico per le rilevazioni, che la valutazione avvenga
esclusivamente per mezzo di indicatori formali e quantitativi perché quelli
qualitativi sono espressi in maniera così vaga da renderli incommensurabili.. e
tante tante altre cose.
Da sola ho verificato i livelli di alfabetizzazione raggiunta dai ragazzi del
Casilino 700 con carta e penna e un pezzo di giornale: Mi leggi questo? Puoi
scrivere quello che ti detto?
Beh di 204 che risultavano essere iscritti solo 4 erano in grado di farlo
correttamente (considerata età e classe). Possibile che io abbia fatto questo da
sola in un campo enorme e le associazioni non possano fare questa semplice
verifica? O il comune? O chiunque?
FaceBook, se usato bene è uno strumento impagabile... infatti chiamato in causa
interviene:
Sergio Giovagnoli,
ARCIresponsabile welfare e diritti sociali
Carissime/i,
intanto grazie per avere avviato un dibattito estremamente necessario in una
fase tanto delicata.
lo dico sinceramente anche non condividendo alcune cose lette, ma nella
consapevolezza che è sempre preferibile chi ti critica in faccia di chi ti
offende con il pettegolezzo e le menzogne.
Abbiamo tanto bisogno di confronto serio, profondo, sereno, sincero. un
confronto a più voci perché nessuno basta a se stesso, nessuno, neppure gli
stessi rom, è in grado di rappresentare tutta la complessità della questione che
potremmo definire con il titolo " relazione e intregrazione tra Rom e Italiani".
vi prego non fatemi la lezioncina sulla parola integrazione, almeno tra noi
diamo per scontato il limite e il rischio di abuso del concetto.
Provo ad argomentare alcune cose che mi hanno colpito dei vostri ragionamenti.
Partiamo dall'attualità. c'è un bando fermato dal Tar di 14 milioni per la vigilanza armata nei campi.
Dopo tante polemiche sullo spreco dei soldi per gestioni e perfino per la
scolarizzazione è allucinante che non si levi un grido di allarme da parte di
tutte le forze democratiche e le organizzazioni sociali per denunciare questo si
come uno spreco di soldi pubblici che non migliorerà la vita dei rom e non darà
più sicurezza a romani.
La mancanza di questa reazione è il segno di una sconfitta di tutta l'area della
solidarietà che si divide tra chi è più puro e radicale e chi si "compromette"
con la gestione del sociale.
Perché non ripartire da qui, dalla ricerca di una condivisa gerarchia di
obbiettivi comuni?
A Fabrizio che parla di business, vorrei dire che anche su questo potrebbe
essere più efficace, utile e concreto entrare nel merito dei singoli interventi,
sviscerare contenuti e costi, risultati e prospettive, anziché parlare di un
generico calderone di speculazione.
Vorrei ricordare che 20 anni fa ci battevamo tutti per farli stanziare i fondi,
per migliorare la vita dei rom. Se ora ci accorgiamo che in qualche caso i soldi
sono stati spesi male dobbiamo capire dove e come, entrare nel merito e non
rigettare a priori la spesa sociale finendo per far passare per ladri operatori
e associazioni che hanno scelto la solidarietà sociale come area di intervento
lavorativo.
In un mondo dove è lecito fare i soldi facili lucrando su tutto, senza vincoli
morali, mi sembra allucinante che debbano sentirsi in colpa esperienze che ogni
giorno si misurano con i drammi umani di centinaia di famiglie rom, con il
diritto al futuro dei bambini, con le speranze di una vita più dignitosa per gli
adulti. Discutendo insieme, nel rispetto reciproco potremmo anche convenire che
alcuni interventi non hanno funzionato, che vanno corretti o cancellati, ma il
presupposto primo per arrivare a queste verifiche è superare quel grumo di
diffidenza che spesso ci divide solo perché facciamo mestieri diversi.
Visto che vi sto proponendo di approfondire in un prossimo incontro pubblico non
vorrei farla troppo lunga, ma vorrei dire a Monica che ha ragione quando critica
alcune parti dei bandi scuola. Io potrei farle notare alcune parti molto più
assurde di quelle da lei segnalate.
Su questo servirebbe veramente una azione corale. Io però ritengo che la lotta
alla dispersione scolastica dei bambini rom (questa dovrebbe essere la dizione
esatta) va sostenuta fino ad esaurimento, nel senso che dovrà estinguersi il
giorno stesso in cui la stragrande maggioranza delle famiglie rom sarà in grado
di provvedere autonomamente alla scolarizzazione dei figli.
Questo mi convince ancora di più della necessità di superare veramente i campi
come luogo di esclusione sociale e culturale.
Quando ci incontreremo avrei il piacere di raccontarvi la vicenda del nucleo
rimasto a Savini dopo il trasferimento della comunità a Castel Romano.
Sono d'accordo con Monica che la scolarizzazione non va intesa come forma di
"sequestro sociale" per togliere i bimbi rom dalla strada.
Ti dico solo che su questo noi abbiamo rotto nel 94 con Opera Nomadi.
Sui limiti di quanto realizzato fino ad oggi parliamone.
Ma nella trasmissione in oggetto sono state dette cose inesatte: l'evasione
dell'obbligo scolastico per esempio comporta semplicemente, quando viene
sanzionato, una multa di 14 euro;
i ragazzi che vanno alle superiori non sono una ventina come dice Converso ma
più del doppio e qualcuno comincia a fequentare i licei.
Nella prosecuzione degli studi pesa il fattore status giuridico. [nota mia
(Viceconte ndr): se
i ragazzi non hanno cittadinanza italiana, o peggio sono apolidi, il diploma
conseguito non da loro accesso al lavoro].
Infine vorrei ricordare a proposito del successo scolastico quanto contano
alcuni fattori "tecnici" uno fra tutti la disseminazione dei bambini rom in un
numero incredibile di plessi scolastici (Castel Romano 220 bambini in
48
plessi).
Questo comporta ritardi, fatica, spese superiori di trasporto e non ultima
amarezza di fronte a tanta ottusità.
Vi potremmo raccontare come funzionano le riammissioni scolastiche dopo le
assenze e molto altro, sempre per entrare nel merito ragionare e criticare nel
rispetto reciproco. ci proviamo?
un saluto a tutte e tutti e un arrivederci a presto. Sergio Giovagnoli
p.s. do per scontato il giudizio durissimo sulla tragedia e sulla vergogna di
Castel romano situazione in cui siamo stati coinvolti per facilitare il
trasferimento attraverso un percorso partecipato con i Rom e L'Università per
essere poi brutalmente estromessi nell'attuazione gestita dal Signor Odevaine.
Fabrizio Casavola:
Forse devo un chiarimento a Giovagnoli quando mi richiama a più concretezza.
In questo thread si è parlato soprattutto di politiche scolastiche, io me ne
sono occupato sino a 15 anni fa, è passato troppo tempo per parlarne con
conoscenza di causa.
I miei metri di giudizio sul "business" nei campi nomadi partono
dall'esperienza milanese, e si misurano sul costo di un rubinetto, di una
colonnina elettrica, di un container.
Vengo dal mondo dell'edilizia, ed i Rom che conosco sono carpentieri, manovali,
idraulici... non insegnanti.
Solo su questi dati CONCRETI si basavano i due articoli che ho citato.
Su queste basi parlo di costi gonfiati, e posso solo OSSERVARE che certi
meccanismi sono facilmente replicabili anche in altri settori. Senza stupirmene,
perché ormai mi son fatto una mia idea su come girino i "business" in Italia.
In maniera bipartisan, lo ripeto.
Da qui arrivo ad un altro punto solo accennato da Giovagnoli: l'INTEGRAZIONE.
Integrazione significa anche accettazione di un modello migliore in cui
identificarsi.
Se questo è il modello di società che sappiamo proporre (e lo è in effetti), chi
ha meno problema ad integrarsi sono i miei tanti amici rom che campano di
piccoli furti e che già da tempo condividono il LAVORO con gli italiani (senza
grossi problemi di INTEGRAZIONE, mi risulta).
Per tutti gli altri, i manovali che hanno studiato per imparare qualche lavoro e
anche dentro il loro campo si vedono sopravanzati da estranei nell'appalto dei
lavori più semplici, la vedo molto più dura.
Nazzareno Guarnieri, presidente della
Federazione Romanì,
RomSinti@Politica
carissimi
non ho visto la trasmissione, ma ho letto molto in merito ed in particolare la
vs. interessante discussione.
Non voglio entrare nel merito della questione Roma perché i risultati sono
evidenti a tutti e i benefici per i rom quasi nulla, ma voglio andare oltre
nella discussione, perché quello che accade a Roma, accade anche in quasi tutto
il territorio italiano.
Come sempre anche in questa discussione manca un prerequisito essenziale:
l'intervento dei rom.
E questo non rende facile la discussione.
Certamente è colpa nostra, di rom e sinti. Ma dovremmo tutti riflettere perché
manca la nostra partecipazione attiva e propositiva.
E' evidente che finora tutta la questione rom è stata gestita nell'ottica del
business.
Questo è accaduto perché manca una partecipazione qualificata e competente dei
Rom.
Si ha forse paura della presenza di Rom e Sinti preparati per fare meglio una
determinata attività per la popolazione romanì?
Se così fosse dovremmo tutti preoccuparci oltre che di un governo razzista
Come sono abituato a dire manca una partecipazione "Come un fine" di Rom e Sinti,
i quali sono sempre utilizzati " come un mezzo".
Sono tanti anni che personalmente critico l'assistenzialismo culturale dei Rom
realizzata dalla politica con la collaborazione di tante organizzazioni, alle
quali non ho mai risparmiato critiche anche dure ma rispettose, e troppo spesso
mi considerano un loro nemico.
Quando sarebbe utile attivare delle collaborazioni con i diretti interessati
prepararti e competenti?
Invertire la rotta è fondamentale per il futuro dei Rom, delle organizzazioni
che si occupano di rom, che dovrebbero investire nella partecipazione dei Rom,
avviare ciollaborazioni concrete con professionisti Rom e Sinti.
Perché non avviene la partecipazione attiva e propositiva di Rom e Sinti?
A chi non conviene la normalità per Rom e Sinti?
In queste domande c'è tutto e le risposte a queste domande possono essere utili
per un futuro nettamente migliore per la popolazione romanì.
sulla mia sollecitazione su ruolo della scuola italiana e sulla capacità di
insegnati e strutture, di aprirsi ed accogliere i bambini ed i ragazzi rom:
Monica Rossi:
non per dire, ma la scuola non accoglie nemmeno i proletari italiani, non certo
solamente i rom, solo che del nostro sottoproletariato non gliene frega davvero
niente a nessuno.
Va certamente più di moda l'intercultura che la lotta di classe -_-
A Torbella Monaca le percentuali di evasione dall'obbligo sono altissime, ma non
mi pare che si preveda per questi ragazzi un supporto di qualche genere.
Su quella che tu chiami "natura socioculturale della società maggioritaria"
avrei molto da dire ma preferirei farlo a voce magari in un incontro diretto.
Queste questioni non possono venire discusse in un post, ma non credo affatto
che si debba per forza essere interno al gruppo per scrivere o dire cose sensate
(per esempio terapeuta è, no, DEVE essere un estraneo..), le discriminanti
devono essere come per tutti le competenze, non l'appartenenza a questo o quel
gruppo, perché così facendo entriamo in contraddizione: critichiamo la legge
italiana basata sullo ius sanguinis e poi lo riproponiamo noi sotto altre forme?
Chi ha un po' di esperienza del comunitarismo spinto alle estreme conseguenze
come ad esempio nel Regno Unito sospetta di queste forme che per me sono solo
una forma molto raffinata ed elusiva di tardocolonialismo che proviene dritto
dritto dal dual mandate teorizzato da Lugard negli anni '20.
Preferisco la nostra costituzione, che senza guardare se si è Bantu, Rom o
Francesi prevede l'eguaglianza e eguale accesso alle risorse (di qualsiasi
risorsa si tratti). Su questo la mia posizione è assolutamente giacobina, e il
modello che ho in mente, è quello francese delle maisons de la jeunesse..
Per quanto riguarda il lavoro che fanno le scuole, dal 1992 non esistono più gli
insegnanti di sostegno, la Gelmini ha ulteriormente ridotto gli spazi per le
attività scolastiche. Poi qui in Italia si è sempre praticata un modello di
vulgata interculturale basata su affermazioni generiche del tipo "diverso è
bello", che sono certo condivisibili, ma che non aiutano a comprendere e a
lottare contro i fenomeni di antigitanismo o antiimmigrati. Bollarli tutti
indistintamente come vedo spesso fare sotto la voce "razzismo" non ci fa fare
passi avanti nell'analisi di questo fenomeno. (E' chiaro che parlo sempre della
situazione romana, ignoro cosa avvenga che ne so, a Treviso nella vita
quotidiana).
Ci sono certamente dei razzisti, e crescono sempre di più, ma ci sono anche solo
gruppi di cittadini abbandonati completamente, e anche di questo ci si dovrà
prima o poi occupare, anche se è un tema scomodo.
Quando con Roberto De Angelis facemmo una lunghissima ricerca sul quartiere
Centocelle (dove in quegli anni (1994) c'erano praticamente un terzo dei rom
romani), intervistammo le persone del quartiere e queste, sollecitate ad
esprimersi sulla presenza rom nel quartiere, non si espressero mai convinzioni
razziste, mentre tutti rilevarono più che altro la difficoltà di convivenza
relative a due questioni principali: le cose bruciate al campo, e l'immondizia
lasciata fuori dai secchioni dopo averci rovistato dentro.
Il razzismo vero e proprio, che è qualcosa di ben preciso, parla un'altra
lingua. Quando si usa un termine simile, il dialogo è già finito, perché non è
un termine medio, è la "credenza nella superiorità di un gruppo rispetto ad un
altro".
Quello che abbiamo potuto vedere e rilevare noi, in quella specifica occasione,
era disagio sociale, quello si.
Allora va detto forse questo, che se su "pezzi" di popolazione già svantaggiati
(Centocelle era un quartiere di baraccati italiani delle nostre migrazioni
interne, non dimentichiamolo) ci sono stati tirati sopra anche i campi, senza
che le istituzioni alzassero un dito per aiutare e sostenere questi due gruppi,
rom e non rom. Tutti democraticamente lasciati nello stesso abbandono.
A mio avviso, e come hanno già fatto alcuni ricercatori come De Angelis, vanno
create occasioni materiali di incontro nei quartieri in cui sorgono i campi,
incontri con tutti, parrocchie, i rom, le scuole, centri anziani, associazioni,
tutti (non la chiamo società civile ma intendo questo), organizzando focus group
tematici, parlando insieme in un contesto "protetto e amichevole", magari con
scadenza mensile, e conclusi da una bella festa. Cioè la ricerca azione. Io ho
sempre praticato questa metodologia e non ne sono mai stata delusa, certo una
ricercatrice da sola e per di più precaria può fare pochino, allora uso questo
spazio per lanciare un appello.
Chi ha la voglia e la pazienza di intraprendere questa grande operazione di
pedagogia autogestita dal basso?
La discussione su Facebook si è chiusa qui. Il blog è aperto a tutti per ulteriori commenti.
28 giugno 2009La sfida! Incontro con le
famiglie rumene che rifiutano di essere rimpatriateBy Peter Popham and
David McKittrick
Alla faccia dell'odio, una manciata di rumeni ha deciso di rimanere sopra in
Irlanda del Nord. "Dicono che non vogliono che lavoriamo o rimaniamo qui, ma non
c'è nessun posto dove vivere e nessun lavoro per noi in Romania, così non
abbiamo intenzione di tornare," ha detto un uomo, padre di cinque figli.
Oltre un centinaio di questi cittadini rumeni sono fuggiti da Belfast
settimana scorsa, le autorità locali hanno organizzato dei voli dopo gli
attacchi che sono stati pubblicizzati in tutto il mondo e condannati come
vergognosi.
Ma quest'uomo ha detto di voler rimanere, uno di un piccolo gruppo preparato
ad affrontare le proprie opportunità contro quello che è definito "un piccolo
gruppo di criminali razzisti" che hanno terrorizzato le famiglie rumene che
vivono in due strade a Belfast sud.
Solo in pochi hanno optato di rimanere in Irlanda del Nord nella sfida degli
attaccanti, che hanno intrapreso una campagna di intimidazione, lanciando
mattoni contro le finestre ed in un caso minacciando di tagliare la gola ad un
bambino.
Quasi tutti gli immigrati hanno deciso di tornare in Romania, nonostante i
tentativi delle autorità di persuaderli a rimanere. Ma quell'uomo che ha parlato
a The Independent on Sunday ha detto che non partirà, nonostante le
"pressioni" di alcune persone locali che gli rendono impossibile di lavorare.
Non è la sua prima esperienza con le intimidazioni: la sua casa, che è ad una
certa distanza da quelle dove vivono gli altri rumeni, ha avuto le finestre
rotte. La famiglia si era spostata lì tre mesi fa, perché anche nella casa
precedente gli erano state spaccate le finestre.
Lui e sua moglie - che vendono giornali in un mercato - vi vivono con i loro
figli, di undici, otto, tre, due anni e tre mesi, assieme al fratello e al padre
della moglie. Compresi gli altri parenti, nella casa vivono 13 persone.
Come la maggior parte dei Rumeni a Belfast, parla poco l'inglese. Neanche
conosce l'indirizzo della casa dove vive. La nostra intervista è stata condotta
in italiano, una lingua che ha imparato quando viveva in Italia - un altro
paese, dice, dove la sua famiglia ha provato le intimidazioni.
La violenza per le strade di Belfast sud ha allontanato la maggior parte dei
Rumeni -la maggioranza è partita venerdì. Ma affrontano un futuro incerto
dovunque vadano, hanno detto ai volontari prima di partire.
Denise Wright, membro del comitato di Embrace, un gruppo cristiano che
promuove un'attitudine positiva verso le minoranze etniche, ha lavorato a stretto
contatto con i Rumeni, che hanno passato la maggior parte della settimana in
ricoveri d'emergenza.
Ha detto: "Sono preoccupati sul trovare lavoro e per il tipo di condizioni di
dove stanno tornando. Qui sono stati traumatizzati, anche se non penso che siano
stati sorpresi in ogni modo da questo trattamento. Per i Rom questa è la
normalità, così non penso che siano stati particolarmente scioccati.
Provano soltanto che questo è ciò che sperimentano in patria e altrove nel
mondo. Hanno detto che dovranno spostarsi ancora per trovare di che vivere."
Ha aggiunto che, d'altra parte, i migranti sono stati incoraggiati dall'aiuto
e dalla simpatia ricevute a conseguenza degli attacchi. "La benevolenza della
gente di Belfast nell'appoggiarli è stata molto incoraggiante," ha aggiunto.
Le autorità locali e la Commissione Alloggi in particolare hanno visto
settimana scorsa premiati i loro sforzi, come la diocesi cittadina, un gruppo
informale che riunisce oltre un centinaio di persone. Il pastore Malcolm Morgan
ha detto:
"Alcuni volontari stavano pulendo fuori dalla chiesa, quando è arrivata la
telefonata. Ho detto loro solamente: Ragazzi, abbiamo un nuovo lavoro da
svolgere - ed hanno risposto magnificamente. Ho fatto un paio di telefonate ad
un'agenzia cristiana che aiuta la gente in difficoltà, ed entro un'ora sono
tornati col cibo. Sono arrivati il consiglio cittadino, il sindaco, la Croce
Rossa. Un proprietario locale è venuto, ha dato uno sguardo e dopo un'ora è
tornato con 15 materassi. E' stato magnifico vedere gli atti di generosità - si
è mostrato il meglio di Belfast."
Un altro incidente dai toni fortemente razzisti è avvenuto nel nord della
città, con bengala lanciati contro un centro comunitario dove da tempo si è
stabilità una comunità indiana. Un membro dello staff locale ha detto: "Ci
riteniamo parte integrale della società nord irlandese. Non crediamo che questa
sorta di incidente possa danneggiare le nostre buone relazioni con la comunità
che ci ospita."
Parlando dell'esodo rumeno, il Ministro degli Interni, Margaret Ritchie, ha
detto: "Lodo il lavoro che si è focalizzato, rapido e di assistenza fatto per
sostenere le famiglie. Ha mostrato il cuore caldo della vasta maggioranza della
gente."
Florin Fekete, che settimana scorsa è ritornato in Romania con sua moglie e
due figli, ha detto: "Qui non c'è lavoro. La vita a Belfast era buona, [...] ma
non potevo rischiare la vita della mia famiglia. Ho chiesto a qualcuno che ci
attaccava: Cosa avete contro di noi? La risposta è stata: Vi odiamo perché siete
zingari".
Un uomo di 21 anni ed un ragazzo di 15 sono stati accusati per gli attacchi,
iniziati oltre tre settimana fa.
ZAGABRIA (AFP)
- Il presidente croato Stipe Mesic ha parlato all'inizio della settimana contro
la crescita di "aggressioni" dei nostalgici del regime pro-nazista instauratosi
nel paese durante la II Guerra Mondiale.
Mesic ha anche criticato il fallimento dello stato croato nel confrontarsi
con la crescita dei simpatizzanti del nazismo.
"Dobbiamo essere pronti a reagire alle aggressioni dei revisionisti, che
stanno diventando sempre più brutali," ha sollecitato martedì per sottolineare
la giornata nazionale antifascista della Croazia.
"Dobbiamo difendere la verità storica. Se non lo facciamo oggi, domani sarà
troppo tardi," ha aggiunto.
L'ammonimento di Mesic è arrivato in una cerimonia nella centrale città di
Brezovica per ricordare la fondazione, il 22 giugno 1941, della prima unità di
partigiani croati che si opponevano allo stato Ustascia pro-nazista, che venne
sconfitto quattro anni dopo.
Il capo di stato ha anche denunciato un'atmosfera in Croazia che dice di
averlo obbligato a richiamare gli sforzi per difendere la lotta conto il
fascismo.
Mesic ha aggiunto che la lotta è stata "appannata" da quei nostalgici del
regime pro-nazista.
"Invidio il cancelliere tedesco, il primo ministro britannico ed il
presidente francese, che non hanno da lottare contro i revisionisti," ha detto.
"In quei paesi, la battaglia è guidata dallo stato che reagisce ad ogni
livello" contro gli incidenti neo-nazisti.
"A volte ho l'impressione di essere solo in questa lotta, e quel che manca è
il supporto dello stato," ha aggiunto Mesic.
Mesic si è spesso espresso contro i simpatizzanti nazisti in Croazia, ma si è
trovato in una situazione imbarazzante nel 2006 quando furono pubblicati suoi
commenti dove apparentemente approvava il regime pro-nazista.
Ancora chiese scusa a seguito della pubblicazione di alcune sue opinioni in
un discorso del 1992 in Australia.
Nel discorso, Mesic disse che i Croati avevano segnato due vittorie storiche
- una quando venne fondato lo stato Ustascia pro-nazista nel 1941 e l'altra
quando gli antifascisti vinsero alla fine della II guerra mondiale. Centinaia di
migliaia di Ebrei, Serbi, Rom ed antifascisti Croati perirono nei campi di
concentramento installati dal regime croato durante la II guerra mondiale.
Mentre i problemi della più grande minoranza europea sembrano non finire,
la UE vorrebbe offrire qualche speranza nonostante "molte chiacchiere e poca
azione". Testimonianze dai Rom europei
Verso la fine di maggio, un gruppo di famiglie rom, circa 90 persone, si
accamparono in un parco di Berlino per scappare alla miseria di cui soffrivano
nel loro paese, la Romania. Subito scattarono le polemiche - la polizia
tentò ripetutamente di sgomberarli e diverse associazioni riportarono la
mancanza di rispetto dei diritti umani di base di questi cittadini a pieno
titolo della UE.
(video in inglese: Europe's young Roma speak)
Situazioni simili sono comuni in Europa e colpiscono i membri della comunità
rom, che consiste in circa 9/12 milioni di persone. Mentre la UE continua la sua
espansione e cerca soluzioni (migliori o peggiori) alle questioni identitarie ed
ai problemi sociali che ne sono al cuore, la tematica rom è ancora aperta da
discutere. Questo è corroborato da rapporti come quelli di Amnesty International
e delle Nazioni Unite. Queste organizzazioni condannano il razzismo e la
violazione dei diritti umani che questo gruppo etnico continua a soffrire, e che
non sempre riceve una risposta politica convincente.
Incontro di Berlino
Tre settimane prima dell'arrivo a Berlino delle famiglie zingare rumene, un
altro gruppo di zingari da tutta Europa si è incontrato nella capitale tedesca,
anche se hanno ricevuto un'attenzione totalmente differente. Cinquanta giovani
rom ed operatori sociali che lavorano con le organizzazioni giovanili in
quattordici paesi europei, hanno partecipato ad un seminario organizzato
dall'associazione tedesca "Amaro Drom e Roma Active Albania", con l'appoggio
della commissione europea. L'incontro è servito a condividere le esperienze e
sottolineare i piani futuri. Parliamo con sei dei partecipanti sui punti di
vista generali della gioventù zigana europea, prospettive, paure e speranze.
Hamze Bytyci, 27 anni, tedesco kosovaro, lavora per Amaro Drom
Hamze si sente "metropolitano, europeo e zingaro". Per lui, il futuro della
comunità rom ha due uscite. "Ora stiamo facendo i primi passi per migliorare la
situazione. E' come la partenza di una rivoluzione pacifica. D'altra parte,
sappiamo tutti cosa sta succedendo alla minoranza rom in paesi come l'Italia e
la Repubblica Ceca.. Abbiamo bisogno di più fondi e più tempo".
Admir Biberovic, 25 anni, bosniaco laureato in legge
Admir è positivo sul futuro della sua comunità in Bosnia. "Il governo del mio
paese è membro del progetto Decennio dell'Inclusione Rom (2005-2015). Cerca
l'inclusione della comunità rom europea, dove ha già investito 3 milioni di
euro". Admir è ottimista perché ritiene che se qualcuno è persuaso di cambiare
qualcosa, è possibile farlo.
Ionut Stan, 24 anni, poliziotto dalla Romania
Ionut si sente Rom perché "non può essere niente altro". E' cosciente del
fatto che la sua comunità continua ad essere discriminata, anche se nota una
differenza: "Mentre è sicuro che in alcune regioni della Romania le comunità rom
sono molto povere, ci sono anche membri della mia comunità che sono molto ben
integrati sia nel lavoro che negli studi." Ionut ha ricevuto un'opportunità di
lavoro per sei mesi a Bruxelles, quindi apprezza gli sforzi UE. Ionut è
ottimista sul futuro: "La vita dei miei figli sarà migliore della mia".
Karolina Mirga, 26 anni, studentessa polacca
"La mia nazionalità ufficiale è polacca, ma nel mio cuore sono zingara - sono
una zingara polacca". Karolina ha qualche incertezza sul futuro, ma è
consapevole che la sfida "è già iniziata. Forse tra cinquant'anni ci sarà un
presidente zingaro negli USA," ride.
Kike Jiménez, 24 anni, operatore sociale spagnolo
Kike lavora nell'associazione Kale dor Kayiko, che ha sede nei Paesi Baschi.
Definire la propria identità non è un compito facile: "Uff, è un po' difficile
rispondere data la situazione politica nei Paesi Baschi. Se ha ciò aggiungiamo
la mia identità gitana, la questione sembra essere un po' complicata. Mi sento
ugualmente gitano, basco e spagnolo, e pure europeo." Kike dice che i Rom nel
nord della Spagna sono un po' indietro sui temi dell'istruzione, rispetto ai Rom
che vivono in altre regioni come la Catalogna, l'Andalusia o Madrid. "Negli
ultimi cinquant'anni la società rom è cambiata notevolmente," conclude. "Tra
cinquant'anni, penso che saremo dappertutto, dovunque vorremo essere."
Nesime Salioska, 27 anni, coordinatrice
dell'associazione rom per l'affermazione multiculturale di organizzazione - SOS
di Prilep, Macedonia
Nesime ha un punto di vista piuttosto pessimista: "Molti paesi UE fanno
soltanto chiacchiere sulla situazione della comunità Rom, ma non agiscono.
Germania e Spagna ne sono due buoni esempi. Parlano costantemente sulla
necessità di migliorare la situazione dei Rom negli altri paesi, come la
Macedonia. Invece, né la Germania né la Spagna hanno fatto alcun passo concreto
per trovare soluzioni ai problemi con le comunità rom nei loro paesi."
VINCOLI SONORI, il festival italiano dedicato alle sonorità klezmer,
gypsy e balcaniche, apre la quattordicesima edizione con la sorprendente entrata
in campo del grande palco della Certosa Reale di Collegno, grazie alla
collaborazione con Colonia Sonora.
La sera del 18 luglio, a Collegno doppio concerto inaugurale con i torinesi
Nigloswing e Svoboda Orchestra. A seguire, lunedi 20, un evento eccezionale, con
un altro doppio set dei Besh O Drom dall'Ungheria e di David Krakauer dagli
Stati Uniti, entrambi impegnati per animare uno scatenato dance-floor che, sotto
l’insegna BALKAN NIGHT, vedrà l’etno-folk sposare le più moderne sonorità
metropolitane.
Accanto ai Besh O Drom, star del Sziget Festival, assenti da ben dieci anni
dall’Italia e al newyorkese Krakauer, maestro del clarinetto klezmer, che sarà
accompagnato sul palco dalla sua band Klezmer Madness e dall’eclettico
compositore di musica elettronica Keepalive, VINCOLI SONORI porta poi a Pinerolo
altre due formazioni internazionali di grande spessore e sempre più acclamate
sui palchi dei maggiori festival world, rock, pop, jazz: Paprika Balkanicus, al
loro debutto assoluto in Italia, residenti nella Londra muticulturale e recente
scoperta dei Womad Festival di Peter Gabriel, e la giovanissima ungherese Erika
Serre, residente a Parigi, cantante rivelazione della musica Rom, che torna a
Vincoli Sonori con la sua nuova formazione Emigrante. Le band italiane dei
concerti pinerolesi saranno rappresentate da Giorgio Conte, accompagnato da
Atelier de Swing, alle prese con arrangiamenti jazz manouche dei suoi celebri
brani; La Chatte Noire, altra formazione manouche; i Taraf, giovane trio
abruzzese e, per concludere, i lombardi Dadaiko.
Ma non solo musica live.
La sezione Film del Festival presenterà tre interessanti e pluripremiati
documentari, tra cui spicca l’americano Gypsy Caravan di Jasmine Dellal, in una
delle sue rare proiezioni italiane. Il Teatro Sociale ospiterà infine la mostra
fotografica “In Viaggio nel Vento” degli artisti Michela Pautasso e Franco
Rabino, dedicata ai rom di Asti e “Click Sonori - Immagini dal Festival”, una
galleria fotografica di Rino Lo Turco, Sergio Ron e Davide Giglio, sulle ultime
edizioni di Vincoli Sonori.
CONCERTI
Sabato 18 luglio
ore 21.30 - Certosa Reale, Parco Dalla Chiesa - Collegno
SVOBODA ORCHESTRA + NIGLOSWING
Lunedì 20 luglio
ore 21.30 - Certosa Reale, Parco Dalla Chiesa - Collegno
DAVID KRAKAUER’S KLEZMER MADNESS
feat. KEEPALIVE + BESH O DROM
Martedi 21 luglio
ore 21.30 - Teatro Sociale - Pinerolo
DAVID KRAKAUER’S KLEZMER MADNESS feat. KEEPALIVE
Mercoledi 22 luglio
ore 21.30 - Teatro Sociale - Pinerolo
BESH O DROM
Giovedi 23 luglio
ore 18.00 - Piazza Facta - Pinerolo
TARAF
Giovedi 23 luglio
ore 21.30 - Teatro Sociale - Pinerolo
GIORGIO CONTE & ATELIER DE SWING
Venerdi 24 luglio
ore 18.00 - Piazza Facta - Pinerolo
LA CHATTE NOIRE
Venerdi 24 luglio
ore 21.30 - Teatro Sociale - Pinerolo
ERIKA & EMIGRANTE
Sabato 25 luglio
ore 18.00 - Piazza Facta - Pinerolo
DADAIKO
Sabato 25 luglio
ore 21.30 - Teatro Sociale - Pinerolo
PAPRIKA BALKANICUS
*****************************************
FILM > Circolo Stranamore, via Bignone 89 - Pinerolo
Martedì 21 luglio
ore 18.30
LA REPUBBLICA DELLE TROMBE
di Stefano Missio e Alessandro Gori - Italia - 48 min.
Mercoledì 22 luglio
ore 18.30
MIRACOLO ALLA SCALA
di Claudio Bernieri - Italia - 61 min.
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MOSTRE > Teatro Sociale – Pinerolo
Apertura dalle ore 20.00 alle 23.00
INAUGURAZIONI > Martedi 21 luglio, ore 18.00
In Viaggio nel Vento di Michela Pautasso e Franco Rabino
Click Sonori, Immagini dal Festival
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INGRESSI
Collegno - Certosa Reale, Parco Dalla Chiesa
18 luglio - euro 5
20 luglio - euro 12
apertura biglietteria ore 20.00
Pinerolo - Teatro Sociale, Piazza Vittorio Veneto 24
21 > 25 luglio - euro 8
ridotto under 26 e over 65 - euro 5
Abbonamento 5 concerti - euro 32 in vendita il 21 luglio direttamente alla
biglietteria
Apertura biglietteria ore 20.00
In collaborazione con Piemonte dal Vivo facilitazioni d’ingresso ai possessori
di Torino+Piemonte Card e Abbonamento Musei Torino Piemonte
Un gruppo paramilitare neonazista si rilancia sotto nuovo nome in un raduno
di massa a Budapest.
La Guardia Ungherese (Magyar
Gárdandr) si è anche rilanciata come Movimento Guardia Ungherese in
diversi incontri più piccoli presentati in più parti del paese.
Circa 3.000 aderenti si sono riuniti domenica a Budapest, mentre diverse
centinaia hanno manifestato a Bekescsaba, Szolnok e Mezotur. I
partecipanti alle manifestazioni sventolavano bandiere ed insegne che
ricordavano quelle famigerate delle Frecce Uncinate Ungheresi del periodo di
guerra. Una dimostrazione separata, sempre a Budapest, chiedeva il rilascio di
Gyorgy Budahazy, attivista radicale di destra trattenuto con l'accusa di
terrorismo.
Sempre domenica, circa 400 dimostranti, per lo più anziani, hanno manifestato
a favore del governo e contro la Guardia.
Recentemente i tribunali ungheresi avevano ordinato lo smantellamento della
Guardia con l'accusa di generare tensioni etniche e di minaccia all'ordine
pubblico. Tuttavia, l'ultima sentenza non interferisce sul diritto di adunarsi
pacificamente. Ora la Guardia rivendica di essere un movimento.
Gli esperti legali dicono che questo contravviene alla volontà ed agli scopi
dei tribunali.
I manifestanti a Budapest sono arrivati in abiti civili e solo dopo molti
hanno indossato le uniformi della Guardia. Tra di loro Gabor Vona, presidente
del neonazista
Jobbik, e Lajor Fur, ex ministro della difesa. Vona ha annunciato che se
dovesse ottenere un seggio alle prossime elezioni nazionali, come ci si aspetta,
entrerebbe in Parlamento indossando l'uniforme della Guardia.
Viktor Orban, leader del Fidezs, il partito dominante nell'opposizione e che
probabilmente formerà il governo l'anno prossimo, ha detto che il suo partito
non entrerà mai in coalizione con Jobbik.
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
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