Chiarimento non richiesto: continuo ad avere poco tempo a
disposizione per il blog. In attesa di periodi migliori, è doveroso segnalare
questo dibattito promosso da Eugenio Viceconte su
NO(b)LOGO
La RAI, nelle pieghe di una emittenza sempre più asservita al potere, che
quando non incensa o disinforma tace, continua ad assicurare dei buoni prodotti
di giornalismo d'inchiesta.
Due documentari usciti in tempi diversi danno lo spunto per alcune riflessioni
sulla situazione Rom in particolare a Roma; sull'efficacia degli interventi
delle passate amministrazioni, su quello che sta facendo l'amministrazione
Alemanno, e su quali programmi ci sono nell'agenda della ora opposizione.
I due documentari sono:
- lo splendido "Caccia
agli zingari" di Riccardo Iacona per PRESADIRETTA RAI 3. Nel
sito della RAI non è più online, per fortuna ci soccorre youtube, dove è
ancora
visionabile in questa playlist (suddiviso in 9 spezzoni ma
visionabili in sequenza) (se
ne parlò a suo tempo su U Velto)
- più recente da "RAI Educational un mondo a colori" "Campi
rom: chi ci guadagna?" trasmesso anche questo su RAI 3.
Ho approfittato di questo secondo documentario per organizzare su
Facebook una sorta di "tavola rotonda virtuale" tra addetti ai lavori,
alcuni dei quali anche intervistati da "un mondo a colori".
Vi riporto qui, grazie alla disponibilità degli amici, alcuni passi
interessanti della discussione.
Sulle mie perplessità su:
- una versione un po' di parte dei fatti da parte del documentario, che a mio
avviso, giustamente mette in evidenza gli errori delle precedenti giunte di
sinistra ma non analizza quello che sta facendo la giunta Alemanno
- e su alcuni passaggi della conduttrice con delle scivolate antigitane:
Giorgio De Acutis, della
casa dei
diritti sociali, intervistato nel servizio:
purtroppo la sostanza del servizio è innegabilmente la verità, anche se
inevitabilmente semplifica (ma non troppo)
Fabrizio Casavola, di Mahalla:
Secondo me, non si tratta di antigitanismo o meno, qui si tratta di cifre,
soldi, aree pubbliche, grandi e piccole speculazioni.
Insomma, non si possono chiudere gli occhi in nome di chissà quale antirazzismo.
Darei un giudizio differente, se questi risultati garbassero ai Rom stessi, ma
non è così, visto che neanche a loro piacciono i moderni ghetti dei campi-sosta.
Megastrutture come i campi, isolate dal resto del mondo, hanno secondo me due
scopi:
1) concentrare fasce marginali di popolazione, impedendo loro di evolvere
e mantenendoli quindi sotto costante ricatto;
2) costruire un business dell'emergenza, a favore di comuni,
associazioni, volontariato (insomma, tutti tranne i Rom) e di quanti a parole
"aborrono" i campi, ma che senza di questi perderebbero una notevole fonte di
entrate.
Se è civile battersi per il loro superamento, dobbiamo noi prima di tutto
denunciare le poche trasparenze che la loro gestione comporta. Gestione,
ovviamente, bipartisan.
[vedi su Mahalla :
la mangiatoia I;
la mangiatoia II articoli riguardanti la situazione di Milano]
Quanto ai punti di vista, di destra o sinistra, vorrei aggiungere qualcosa.
Il PD romano, ammesso e non concesso che il PD sia di sinistra, ci sta provando
a fare le pulci alle promesse non mantenute da Alemanno. Giusto: spetta a loro
farlo, più che ad una trasmissione televisiva. E io dalla TV non mi aspetto
certi balletti, dove se intervisti uno della destra, devi per forza citare anche
la sinistra.
Ma torniamo alle critiche, appunto. Come è possibile criticare Alemanno se, a
parte le belle parole, il progetto "fattuale" di destra e sinistra è simile? Il
tutto si trasforma nel solito gioco sulla pelle degli altri.
Sul perché il progetto sia simile, dovrei ripetermi: è un business a cui
nessuno vuole rinunciare.
la discussione si è poi focalizzata sul tema scottante della scolarizzazione
Monica Rossi, antropologa, intervistata nel servizio:
Francamente sono d'accordo con Fabrizio.
Penso che sia ora di riflettere su progetti che non hanno portato affatto i
risultati attesi, e questo forse si sarebbe potuto fare prima.
L'antigitanismo non c'entra proprio niente, c'entra piuttosto il fatto che il
welfare delegato sempre di più al settore privato non funziona.
Il volontariato, anzi meglio, il privato sociale dovrebbe trarre un bilancio
spassionato e sincero di questi anni di scolarizzazione.
La situazione attuale è certo determinata dalle istituzioni, ma chi ha accettato
il controllo dei campi, le sbarre, i tesserini e quant'altro non credo si possa
chiamare fuori dal fare un bilancio spassionato di quanto fatto finora. E
soprattutto dal fare una severissima autocritica.
Le condizioni attuali dei campi, le regole per poterci rimanere non risalgono
certo a questa amministrazione, ma sono (erano) ben chiare già nella famigerata
ordinanza comunale n.80 di Rutelli; le amministrazioni che si sono succedute in
questi anni hanno agito in maniera pressochè identica, visto che la proposta
(comune ahimè) è quella di costruire mega campi al di fuori del raccordo
anulare.
Leggere bandi come quello della scolarizzazione 2005 - 2008 fa venire i brividi.
Si tratta di un progetto malfatto, mal scritto e mal concepito, nel quale viene
richiesto il raggiungimento di obiettivi mal formulati prima di tutto nella
lingua italiana, e poi proprio concettualmente.
Come si fa a misurare, a valutare, a verificare che sia "facilitata: la
responsabilizzazione degli adulti rispetto alla scolarizzazione dei figli", o
"favorire la strutturazione di un atteggiamento positivo nei confronti della
scuola nelle comunità dei nomadi" (citato dal bando stesso, punti C e D).
E poi chi dovrebbe fare questo? Operatori con quali qualifiche? MISTERO!
Obiettivi espressi in questo modo sono irrilevabili, dunque restano le
frequenze, le quali però essendo entità numeriche ci rendono conto solo della
quantità di questo fenomeno, e non ci dicono nulla sulla qualità. E non mi pare
che qualcuno abbia rilevato questo assurdo.
Ci ho giusto scritto un articolo recentissimamente su questo tema, se vi
interessa ve lo passo volentieri
Secondo me è ora di riflettere senza tabù e senza misteri fra di noi; qualche
errore è stato fatto, e la colpa non è certo di chi lo rileva, ma di chi lo
ripropone.
alla mia sollecitazione sulla
sentenza del TAR, che ha bloccato i meccanismi
d'appalto per la guardiania ai campi e sul ruolo della sinistra di proporre
proporre progetti nuovi alternativi a quelli delle giunte Rutelli, Veltroni, e
poi Alemanno risponde ancora:
Monica Rossi:
Per quanto posso vedere qui a Roma mi pare che gli Assessori della giunta
Alemanno si stiano muovendo con una certa cautela, anche se l'impressione è che
si voglia in qualche modo spezzare il meccanismo degli appalti per la
scolarizzazione, gestiti qui a Roma da cooperative a associazioni forti e con
una presenza storica nel settore migranti e più recentemente anche rom.
A me pare chiaro che si stiano preparando per sostituire con altre lobby (le
loro) quelle già esistenti.
Il punto a cui mi riferivo non è l'appalto per la guardiania (che peraltro credo
sia stato bloccato dal TAR infatti), ma quello della sorveglianza h24.
Quello non bisognava accettarlo, bisognava sabotare questi bandi fatti da
incompetenti non partecipandoci.
E anzi! questo lavoro di critica doveva essere fatto mooolto prima! Fin dal 2005
cioè, data dell'ultimo bando triennale. Anzi dal 2003!!! E per far questo
sarebbe bastato analizzare il bando leggendolo con cura e chiedendosi per ogni
punto, come raggiungeremo questo obiettivo? Chiedendoselo col cervello e col
cuore, non con l'ansia di vincerlo riempiendo pagine e pagine di quella
terribile langue du bois nella quale sono scritti questi progetti, perché si ha
una struttura da mantenere etc. etc. e quindi andando avanti con inerzia, senza
ragionare, ma spinti solo da urgenze.
I compagni che come me sono molto critici verso l'associazionismo non lo sono
per motivi personali, ma squisitamente politici e diciamo pure epistemologici.
E' mai possibile che in anni di gestione della scolarizzazione non si produca un
rapporto, non si fornisca accesso ai dati (e anzi, ARCI sotto questo punto di
vista almeno è ordinatissima, ma prima con l'Opera nomadi santa miseria c'era da
diventare pazzi) o sia difficilissimo accederci.
Che non vi sia un criterio unico per le rilevazioni, che la valutazione avvenga
esclusivamente per mezzo di indicatori formali e quantitativi perché quelli
qualitativi sono espressi in maniera così vaga da renderli incommensurabili.. e
tante tante altre cose.
Da sola ho verificato i livelli di alfabetizzazione raggiunta dai ragazzi del
Casilino 700 con carta e penna e un pezzo di giornale: Mi leggi questo? Puoi
scrivere quello che ti detto?
Beh di 204 che risultavano essere iscritti solo 4 erano in grado di farlo
correttamente (considerata età e classe). Possibile che io abbia fatto questo da
sola in un campo enorme e le associazioni non possano fare questa semplice
verifica? O il comune? O chiunque?
FaceBook, se usato bene è uno strumento impagabile... infatti chiamato in causa
interviene:
Sergio Giovagnoli,
ARCI responsabile welfare e diritti sociali
Carissime/i,
intanto grazie per avere avviato un dibattito estremamente necessario in una
fase tanto delicata.
lo dico sinceramente anche non condividendo alcune cose lette, ma nella
consapevolezza che è sempre preferibile chi ti critica in faccia di chi ti
offende con il pettegolezzo e le menzogne.
Abbiamo tanto bisogno di confronto serio, profondo, sereno, sincero. un
confronto a più voci perché nessuno basta a se stesso, nessuno, neppure gli
stessi rom, è in grado di rappresentare tutta la complessità della questione che
potremmo definire con il titolo " relazione e intregrazione tra Rom e Italiani".
vi prego non fatemi la lezioncina sulla parola integrazione, almeno tra noi
diamo per scontato il limite e il rischio di abuso del concetto.
Provo ad argomentare alcune cose che mi hanno colpito dei vostri ragionamenti.
Partiamo dall'attualità. c'è un bando fermato dal Tar di 14 milioni per la vigilanza armata nei campi.
Dopo tante polemiche sullo spreco dei soldi per gestioni e perfino per la
scolarizzazione è allucinante che non si levi un grido di allarme da parte di
tutte le forze democratiche e le organizzazioni sociali per denunciare questo si
come uno spreco di soldi pubblici che non migliorerà la vita dei rom e non darà
più sicurezza a romani.
La mancanza di questa reazione è il segno di una sconfitta di tutta l'area della
solidarietà che si divide tra chi è più puro e radicale e chi si "compromette"
con la gestione del sociale.
Perché non ripartire da qui, dalla ricerca di una condivisa gerarchia di
obbiettivi comuni?
A Fabrizio che parla di business, vorrei dire che anche su questo potrebbe
essere più efficace, utile e concreto entrare nel merito dei singoli interventi,
sviscerare contenuti e costi, risultati e prospettive, anziché parlare di un
generico calderone di speculazione.
Vorrei ricordare che 20 anni fa ci battevamo tutti per farli stanziare i fondi,
per migliorare la vita dei rom. Se ora ci accorgiamo che in qualche caso i soldi
sono stati spesi male dobbiamo capire dove e come, entrare nel merito e non
rigettare a priori la spesa sociale finendo per far passare per ladri operatori
e associazioni che hanno scelto la solidarietà sociale come area di intervento
lavorativo.
In un mondo dove è lecito fare i soldi facili lucrando su tutto, senza vincoli
morali, mi sembra allucinante che debbano sentirsi in colpa esperienze che ogni
giorno si misurano con i drammi umani di centinaia di famiglie rom, con il
diritto al futuro dei bambini, con le speranze di una vita più dignitosa per gli
adulti. Discutendo insieme, nel rispetto reciproco potremmo anche convenire che
alcuni interventi non hanno funzionato, che vanno corretti o cancellati, ma il
presupposto primo per arrivare a queste verifiche è superare quel grumo di
diffidenza che spesso ci divide solo perché facciamo mestieri diversi.
Visto che vi sto proponendo di approfondire in un prossimo incontro pubblico non
vorrei farla troppo lunga, ma vorrei dire a Monica che ha ragione quando critica
alcune parti dei bandi scuola. Io potrei farle notare alcune parti molto più
assurde di quelle da lei segnalate.
Su questo servirebbe veramente una azione corale. Io però ritengo che la lotta
alla dispersione scolastica dei bambini rom (questa dovrebbe essere la dizione
esatta) va sostenuta fino ad esaurimento, nel senso che dovrà estinguersi il
giorno stesso in cui la stragrande maggioranza delle famiglie rom sarà in grado
di provvedere autonomamente alla scolarizzazione dei figli.
Questo mi convince ancora di più della necessità di superare veramente i campi
come luogo di esclusione sociale e culturale.
Quando ci incontreremo avrei il piacere di raccontarvi la vicenda del nucleo
rimasto a Savini dopo il trasferimento della comunità a Castel Romano.
Sono d'accordo con Monica che la scolarizzazione non va intesa come forma di
"sequestro sociale" per togliere i bimbi rom dalla strada.
Ti dico solo che su questo noi abbiamo rotto nel 94 con Opera Nomadi.
Sui limiti di quanto realizzato fino ad oggi parliamone.
Ma nella trasmissione in oggetto sono state dette cose inesatte: l'evasione
dell'obbligo scolastico per esempio comporta semplicemente, quando viene
sanzionato, una multa di 14 euro;
i ragazzi che vanno alle superiori non sono una ventina come dice Converso ma
più del doppio e qualcuno comincia a fequentare i licei.
Nella prosecuzione degli studi pesa il fattore status giuridico. [nota mia
(Viceconte ndr): se
i ragazzi non hanno cittadinanza italiana, o peggio sono apolidi, il diploma
conseguito non da loro accesso al lavoro].
Infine vorrei ricordare a proposito del successo scolastico quanto contano
alcuni fattori "tecnici" uno fra tutti la disseminazione dei bambini rom in un
numero incredibile di plessi scolastici (Castel Romano 220 bambini in
48
plessi).
Questo comporta ritardi, fatica, spese superiori di trasporto e non ultima
amarezza di fronte a tanta ottusità.
Vi potremmo raccontare come funzionano le riammissioni scolastiche dopo le
assenze e molto altro, sempre per entrare nel merito ragionare e criticare nel
rispetto reciproco. ci proviamo?
un saluto a tutte e tutti e un arrivederci a presto.
Sergio Giovagnoli
p.s. do per scontato il giudizio durissimo sulla tragedia e sulla vergogna di
Castel romano situazione in cui siamo stati coinvolti per facilitare il
trasferimento attraverso un percorso partecipato con i Rom e L'Università per
essere poi brutalmente estromessi nell'attuazione gestita dal Signor Odevaine.
Fabrizio Casavola:
Forse devo un chiarimento a Giovagnoli quando mi richiama a più concretezza.
In questo thread si è parlato soprattutto di politiche scolastiche, io me ne
sono occupato sino a 15 anni fa, è passato troppo tempo per parlarne con
conoscenza di causa.
I miei metri di giudizio sul "business" nei campi nomadi partono
dall'esperienza milanese, e si misurano sul costo di un rubinetto, di una
colonnina elettrica, di un container.
Vengo dal mondo dell'edilizia, ed i Rom che conosco sono carpentieri, manovali,
idraulici... non insegnanti.
Solo su questi dati CONCRETI si basavano i due articoli che ho citato.
Su queste basi parlo di costi gonfiati, e posso solo OSSERVARE che certi
meccanismi sono facilmente replicabili anche in altri settori. Senza stupirmene,
perché ormai mi son fatto una mia idea su come girino i "business" in Italia.
In maniera bipartisan, lo ripeto.
Da qui arrivo ad un altro punto solo accennato da Giovagnoli: l'INTEGRAZIONE.
Integrazione significa anche accettazione di un modello migliore in cui
identificarsi.
Se questo è il modello di società che sappiamo proporre (e lo è in effetti), chi
ha meno problema ad integrarsi sono i miei tanti amici rom che campano di
piccoli furti e che già da tempo condividono il LAVORO con gli italiani (senza
grossi problemi di INTEGRAZIONE, mi risulta).
Per tutti gli altri, i manovali che hanno studiato per imparare qualche lavoro e
anche dentro il loro campo si vedono sopravanzati da estranei nell'appalto dei
lavori più semplici, la vedo molto più dura.
Nazzareno Guarnieri, presidente della
Federazione Romanì,
RomSinti@Politica
carissimi
non ho visto la trasmissione, ma ho letto molto in merito ed in particolare la
vs. interessante discussione.
Non voglio entrare nel merito della questione Roma perché i risultati sono
evidenti a tutti e i benefici per i rom quasi nulla, ma voglio andare oltre
nella discussione, perché quello che accade a Roma, accade anche in quasi tutto
il territorio italiano.
Come sempre anche in questa discussione manca un prerequisito essenziale:
l'intervento dei rom.
E questo non rende facile la discussione.
Certamente è colpa nostra, di rom e sinti. Ma dovremmo tutti riflettere perché
manca la nostra partecipazione attiva e propositiva.
E' evidente che finora tutta la questione rom è stata gestita nell'ottica del
business.
Questo è accaduto perché manca una partecipazione qualificata e competente dei
Rom.
Si ha forse paura della presenza di Rom e Sinti preparati per fare meglio una
determinata attività per la popolazione romanì?
Se così fosse dovremmo tutti preoccuparci oltre che di un governo razzista
Come sono abituato a dire manca una partecipazione "Come un fine" di Rom e Sinti,
i quali sono sempre utilizzati " come un mezzo".
Sono tanti anni che personalmente critico l'assistenzialismo culturale dei Rom
realizzata dalla politica con la collaborazione di tante organizzazioni, alle
quali non ho mai risparmiato critiche anche dure ma rispettose, e troppo spesso
mi considerano un loro nemico.
Quando sarebbe utile attivare delle collaborazioni con i diretti interessati
prepararti e competenti?
Invertire la rotta è fondamentale per il futuro dei Rom, delle organizzazioni
che si occupano di rom, che dovrebbero investire nella partecipazione dei Rom,
avviare ciollaborazioni concrete con professionisti Rom e Sinti.
Perché non avviene la partecipazione attiva e propositiva di Rom e Sinti?
A chi non conviene la normalità per Rom e Sinti?
In queste domande c'è tutto e le risposte a queste domande possono essere utili
per un futuro nettamente migliore per la popolazione romanì.
sulla mia sollecitazione su ruolo della scuola italiana e sulla capacità di
insegnati e strutture, di aprirsi ed accogliere i bambini ed i ragazzi rom:
Monica Rossi:
non per dire, ma la scuola non accoglie nemmeno i proletari italiani, non certo
solamente i rom, solo che del nostro sottoproletariato non gliene frega davvero
niente a nessuno.
Va certamente più di moda l'intercultura che la lotta di classe -_-
A Torbella Monaca le percentuali di evasione dall'obbligo sono altissime, ma non
mi pare che si preveda per questi ragazzi un supporto di qualche genere.
Su quella che tu chiami "natura socioculturale della società maggioritaria"
avrei molto da dire ma preferirei farlo a voce magari in un incontro diretto.
Queste questioni non possono venire discusse in un post, ma non credo affatto
che si debba per forza essere interno al gruppo per scrivere o dire cose sensate
(per esempio terapeuta è, no, DEVE essere un estraneo..), le discriminanti
devono essere come per tutti le competenze, non l'appartenenza a questo o quel
gruppo, perché così facendo entriamo in contraddizione: critichiamo la legge
italiana basata sullo ius sanguinis e poi lo riproponiamo noi sotto altre forme?
Chi ha un po' di esperienza del comunitarismo spinto alle estreme conseguenze
come ad esempio nel Regno Unito sospetta di queste forme che per me sono solo
una forma molto raffinata ed elusiva di tardocolonialismo che proviene dritto
dritto dal dual mandate teorizzato da Lugard negli anni '20.
Preferisco la nostra costituzione, che senza guardare se si è Bantu, Rom o
Francesi prevede l'eguaglianza e eguale accesso alle risorse (di qualsiasi
risorsa si tratti). Su questo la mia posizione è assolutamente giacobina, e il
modello che ho in mente, è quello francese delle maisons de la jeunesse..
Per quanto riguarda il lavoro che fanno le scuole, dal 1992 non esistono più gli
insegnanti di sostegno, la Gelmini ha ulteriormente ridotto gli spazi per le
attività scolastiche. Poi qui in Italia si è sempre praticata un modello di
vulgata interculturale basata su affermazioni generiche del tipo "diverso è
bello", che sono certo condivisibili, ma che non aiutano a comprendere e a
lottare contro i fenomeni di antigitanismo o antiimmigrati. Bollarli tutti
indistintamente come vedo spesso fare sotto la voce "razzismo" non ci fa fare
passi avanti nell'analisi di questo fenomeno. (E' chiaro che parlo sempre della
situazione romana, ignoro cosa avvenga che ne so, a Treviso nella vita
quotidiana).
Ci sono certamente dei razzisti, e crescono sempre di più, ma ci sono anche solo
gruppi di cittadini abbandonati completamente, e anche di questo ci si dovrà
prima o poi occupare, anche se è un tema scomodo.
Quando con Roberto De Angelis facemmo una lunghissima ricerca sul quartiere
Centocelle (dove in quegli anni (1994) c'erano praticamente un terzo dei rom
romani), intervistammo le persone del quartiere e queste, sollecitate ad
esprimersi sulla presenza rom nel quartiere, non si espressero mai convinzioni
razziste, mentre tutti rilevarono più che altro la difficoltà di convivenza
relative a due questioni principali: le cose bruciate al campo, e l'immondizia
lasciata fuori dai secchioni dopo averci rovistato dentro.
Il razzismo vero e proprio, che è qualcosa di ben preciso, parla un'altra
lingua. Quando si usa un termine simile, il dialogo è già finito, perché non è
un termine medio, è la "credenza nella superiorità di un gruppo rispetto ad un
altro".
Quello che abbiamo potuto vedere e rilevare noi, in quella specifica occasione,
era disagio sociale, quello si.
Allora va detto forse questo, che se su "pezzi" di popolazione già svantaggiati
(Centocelle era un quartiere di baraccati italiani delle nostre migrazioni
interne, non dimentichiamolo) ci sono stati tirati sopra anche i campi, senza
che le istituzioni alzassero un dito per aiutare e sostenere questi due gruppi,
rom e non rom. Tutti democraticamente lasciati nello stesso abbandono.
A mio avviso, e come hanno già fatto alcuni ricercatori come De Angelis, vanno
create occasioni materiali di incontro nei quartieri in cui sorgono i campi,
incontri con tutti, parrocchie, i rom, le scuole, centri anziani, associazioni,
tutti (non la chiamo società civile ma intendo questo), organizzando focus group
tematici, parlando insieme in un contesto "protetto e amichevole", magari con
scadenza mensile, e conclusi da una bella festa. Cioè la ricerca azione. Io ho
sempre praticato questa metodologia e non ne sono mai stata delusa, certo una
ricercatrice da sola e per di più precaria può fare pochino, allora uso questo
spazio per lanciare un appello.
Chi ha la voglia e la pazienza di intraprendere questa grande operazione di
pedagogia autogestita dal basso?
La discussione su Facebook si è chiusa qui.
Il blog è aperto a tutti per ulteriori commenti.