Dopo l'assoluzione di del sindaco Fusco di Opera, per il
rogo delle tende dei Rom, una sentenza di segno diverso
L'Arena.it 11/07/2009 Verona.
A più di otto anni dai fatti, è arrivata per il sindaco Flavio Tosi la
condanna definitiva a due mesi di carcere per propaganda di idee razziste contro
gli zingari. Non c'è più alcun appiglio giuridico neanche per gli altri cinque
leghisti finiti sotto processo nel 2004: l'onorevole Matteo Bragantini, il vice
presidente della Provincia Luca Coletto, il consigliere comunale e sorella del
sindaco Barbara Tosi, l'assessore comunale Enrico Corsi e l'iscritto
Maurizio Filippi da ieri hanno sul groppone una condanna definitiva per lo
stesso reato del primo cittadino. In realtà, gli imputati non dovranno scontare
neanche un giorno di carcere perché la pena è stata sospesa così come la pena
accessoria che prevedeva l'interdizione a partecipare a campagne elettorali per
tre anni.
Sono soddisfatte le parti civili, i sette sinti e l'Opera nazionali dei
nomadi, assistiti dal professore Lorenzo Picotti e gli avvocati Federica Panizzo,
Paola Malavolta ed Enrico Varali. Già nell'agosto di 2 anni fa, le parti offese
avevano incassato un risarcimento danni di 50mila euro, pagati dagli esponenti
del Carroccio. Alla luce di questa sentenza, non dovranno restituire neanche un
euro a Tosi e agli altri imputati.
Di più: tutti gli esponenti del Carroccio dovranno pagare le spese legali dei
difensori di parte civile. Ora bisognerà attendere alcune settimane per
conoscere le motivazioni della sentenza della corte di Cassazione che ha
confermato la condanna già inflitta da tre diversi organi giudicanti: prima il
tribunale di Verona nel dicembre 2004 per incitamento e propaganda di idee
razziste, poi la corte d'appello di Venezia in due diverse sentenze. La prima fu
decisa il 30 gennaio 2007 ma fu poi annullata con rinvio dalla Cassazione il 13
dicembre di quello stesso anno.
Il 20 ottobre del 2008, però, sempre i giudici di secondo grado confermarono
la condanna a due mesi solo per propaganda di idee razziste. Contro questa
decisione i difensori di Tosi e degli altri 5 imputati, gli avvocati Paolo
Tebaldi e Giovanni Maccagnani e il professore Piero Longo di Padova,
presentarono ricorso in Cassazione. E la Corte di ultima istanza, ha deciso ieri
sera con una sentenza di condanna che mette una pietra tombale su questo
processo, durato quasi cinque anni.
L'INCHIESTA. Il sindaco e gli altri cinque leghisti finirono sotto inchiesta
nel 2001 per aver avviato una campagna politica contro gli accampamenti abusivi
di zingari sul territorio del nostro Comune. A parere dei giudici nei vari gradi
di appello, però, quella campagna aveva tutte le caratteristiche per essere
fondata su ideali razzisti. I leghisti, in pratica, non si sono limitati a
chiedere la chiusura dei campi abusivi dei sinti tra la città e dintorni ma
hanno chiesto l'allontanamento indiscriminato di tutti gli zingari. E lo avevano
fatto con una massiccia campagna politica, disseminando non solo la città ma
anche la provincia di manifesti e volantini oltre a numerose dichiarazioni dello
stesso sindaco rilasciate ai giornali e mai smentite.
Tra gli slogan di quei poster, c'era quello di «mandare via gli zingari»,
«sgombero immediato dei campi dei nomadi». Tosi poi aveva dichiarato il 16
settembre che gli zingari «...mandano i figli a rubare... qui non ci devono
stare perché non si integrano...». I difensori, però, non hanno mai avuto dubbi
sulle liceità delle dichiarazioni di Tosi: «Manifesti e dichiarazioni andavano
valutate insieme alla petizione che era stata dichiarata legittima dai giudici
d'appello. Non capisco perché i giudici della Cassazione non hanno valutato
congiuntamente questi due elementi» ha dichiarato ieri sera l'avvocato Paolo
Tebaldi.
IL NODO DEL PROCESSO. I giudici di appello il 30 gennaio 2007 avevano
confermato solo in parte la condanna a sei mesi inflitta in primo grado,
riducendo la pena a due mesi. L'accusa d'incitamento all'odio razziale era
sparita dalla sentenza d'appello ed era rimasta solo la propaganda d'idee
discriminatorie.
La petizione con la richiesta di chiudere i campi abusivi dei Sinti da
inviare all'amministrazione comunale, quindi, era leggittima mentre non lo era
stata la propaganda politica. E la corte di Cassazione aveva notato nella sua
sentenza di rinvio un'incongruenza da sanare. Una questione subito risolta dalla
corte d'appello il 20 ottobre scorso. «La petizione era uno strumento legittimo»
ha spiegato il professore Lorenzo Picotti che tutela i sinti, «mentre nel mirino
dei giudici è finita la campagna politica che aveva un chiaro stampo razzista».
Giampaolo Chavan