L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.
In Catalogna ci sono rinomati spettacoli di danza conosciuti come "i Gitani",
danze Zingare. Dovevano avere il compito di celebrare l'arrivo della primavera
danzando con vestiti molto colorati. A causa dell'obbligo cattolico di tenere 40
giorni di penitenza dopo il Carnevale, gli spettacoli possono essersi spostati
indietro nel periodo di Carnevale. Si sa che i Rom arrivarono in Spagna nel
1425. Chi rappresenta oggi questo tipo di danze sono gruppo folcloristici
chiamati "Esbart" in catalano. A quanto ne so, i Rom non sono soliti a far parte
di questi gruppi.
(il resto del messaggio è in catalano, spero di averlo tradotto
giusto... o quasi, ndr)
Proprio come indica il proprio nome, qualche tribù di vagabondi gitani
dovrebbe aver introdotto questa danza nella nostra terra, nella regione del Vallès.
Nel ballo antico, quello tradizionale, tutto dimostra la sua origine: il
vestiario, le forme d'interpretazione, la celebrazione delle ballate ed il
carattere allegro e fantasioso che li circonda, ben differente dalla seriosa
solennità che presiede la maggior parte delle danze catalane. Anche se è
palpabile al discendenza gitana, la nostra gente accettò di ballarlo,
convertendolo in folklore e, come sempre, è il popolo che decide cosa
incorporare nel proprio repertorio perché segua ad essere popolare. Nel corso
del tempo, sarà lo stesso popolo a dargli forme ben differenti fino a riformarlo
notevolmente, sino ad arrivare a "i Gitani" che conosciamo attualmente.
"I Gitani" non è considerato propriamente come un ballo, ma come uno
spettacolo tradizionale che si celebra annualmente nel periodo di Carnevale, in
differenti posti del
Vallès.
Secondo quanto ha detto l'8 marzo Ivica Dacic, Ministro degli Interni, il
governo serbo intende passare entro la fine di aprile una legge
anti-discriminazione a lungo discussa. Il decreto della legge è una delle
condizione per l'ingresso della Serbia nella cosiddetta lista bianca di
Schengen, che permetterà ai cittadini serbi di viaggiare senza visto nei paesi
membri UE.
Il giornale Blic ha riportato il 10 marzo che, escludendo qualsiasi "cambio
sostanziale" al testo, il comitato Per una Serbia Europea era pronto ad
appoggiare la legge. Tuttavia, ha anche riportato che il governo non la
manderà al Parlamento prima che la Chiesa Ortodossa abbia dibattuto le parti
controverse della legge nel suo Sinodo del 10 marzo.
Il governo ha adottato la bozza di legge alla fine del mese scorso, ma i
rappresentanti delle "tradizionali" Ortodossa, Romana Cattolica, Islamica,
Evangelica e altre fedi hanno obiettato sull'articolo 18, che garantisce libertà
di conversione religiosa, e sull'articolo 21, che proibisce la discriminazione
basata sull'orientamento sessuale. Il governo ha quindi portato la legge
all'esame del Parlamento.
Le OnG hanno definito antidemocratico l'intervento religioso nella
legislazione.
"Mi chiedo se dovrò chiedere ad ogni differente chiesa la loro opinione, ogni
volta che una legge sta per essere adottata," ha protestato Rasim Ljajic,
Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. Ha anche notato che nessuno gli
ha notificato di una teleconferenza governativa in cui si è deciso di porre la
legge alla considerazione del parlamento.
Secondo il suo ministero, il gruppo che soffre maggiormente la
discriminazione in Serbia sono i Rom, con l'ineguaglianza che riguarda anche
donne e disabili.
La discriminazione contro i Rom è la più frequente dato che una gran porzione
di quella popolazione manca di documenti d'identità. I Rom non possono
esercitare il loro diritto all'istruzione e non hanno accesso all'assicurazione
sanitaria o agli assegni previdenziali.
La bozza di legge definisce i casi generali e speciali di discriminazione ed
immagina la creazione di una rappresentanza per la protezione dell'uguaglianza,
i cui membri potranno essere contattati nel caso si sperimentassero
discriminazioni. La rappresentanza potrebbe anche inviare un ammonimento o
lanciare procedimenti giudiziari contro i presunti colpevoli.
A causa del momento critico economico, la rappresentanza non inizierà i
lavori prima dell'inizio del 2010. Sino ad allora, se la legge entrerà in
vigore, i membri pubblici potranno lanciare da sé i procedimenti giudiziari.
La legge dovrebbe diffidare dalla discriminazione sulle basi della
nazionalità, religione ed età, come pure sulle basi delle differenze sessuali.
Le multe per gli atti di discriminazione, a seconda che il colpevole sia
recidivo, varieranno dai 53 ai 1.056 euro. La Serbia è l'unico paese in Europa
ancora senza una legge sull'eguaglianza di genere.
Milano 14 marzo 2009: una gradita segnalazione di Ivana K
Roman
Dijana Pavlovic - Rom Cabaret, frammenti serata "Rom e Sinti: suoni e parole
in movimento" - per cambiare musica! - Auditorio San Fedele, via Hoepli 3,
Milano alla fisarmonica il maestro Jovica Jovic
Di Fabrizio (del 16/03/2009 @ 09:26:37, in Italia, visitato 2700 volte)
Ricevo da Tommaso Vitale
INAUGURAZIONE UFFICIALE PROGETTO DADO auto-recupero e inclusione
sociale
Lunedì 23 marzo Settimo Torinese - Sala consigliare in Piazza Vittorio Veneto n.4
Affrontare il problema abitativo con la popolazione rom, soprattutto in questo
momento politico-sociale è di estrema delicatezza. Lo status medio delle
famiglie italiane si sta abbassando e spinge sempre più nuclei a scegliere di
vivere in periferia, quindi ai margini delle città, laddove si incontrano quelle
storie di storica emarginazione e dove si collocano gli insediamenti rom, in
particolare quelli spontanei/abusivi.
La straordinarietà del progetto Dado è racchiusa in una considerazione
fondamentale che potremmo chiamare “welfare alternativo”, nel senso che oggi, in
un momento in cui la disoccupazione è una delle maggiori preoccupazioni per
milioni di famiglie e la casa popolare un miraggio per tantissime altre, non è
pensabile innescare meccanismi di conflitto tra gli ultimi e i penultimi della
nostra società, scatenando sempre più odio.
In questo senso l’auto-recupero permette di non intaccare le già scarse risorse
esistenti per le persone in difficoltà, ma apre canali nuovi per ottimizzare
risorse che altrimenti verrebbero sprecate, come, in questo caso, uno stabile da
ristrutturare, in cui vivevano precedentemente alcuni soggetti fuori dal
controllo delle forze giudiziarie. Il progetto, che riceve un finanziamento
relativamente basso, rimette così a nuovo degli spazi che ritorneranno anche
alla cittadinanza, ma soprattutto permette un bassissimo impatto nei confronti
delle fasce deboli, evitando l’acuirsi dei conflitti.
PROGRAMMA DEL SEMINARIO
ore 8.45 registrazione partecipanti
ore 9.00 inizio lavori
ore 11.15- 11.30 coffee break
ore 13.00 termine dei lavori
ore 13.30 visita della struttura il Dado e pranzo a buffet
“SOCIAL HOUSING, INCLUSIONE SOCIALE, LOTTA AL PREGIUDIZIO” “il DADO: una soluzione possibile” in differita su canale satellitare RAI
News 24
Conduce il dibattito: Corradino Minneo giornalista Rai Tre
Interverranno:
Michele Curto Presidente Terra del Fuoco Fredo Olivero Ufficio Pastorale Migranti Aldo Corgiat Sindaco di Settimo T.se Don Luigi Ciotti Presidente di Libera e Gruppo Abele Salvatore Rao Assessore alle politiche sociali della Provincia di Torino Matteo Manzonetto Rappresentante ERIO (European Roma Information Office) Ostalinda Maya Ovalle Rappresentante ERRC, European Roma Rights Centre di
Budapest.
Teverola è un piccolo centro al margine dell'interland Napoletano.
E' il primo comune della provincia di Caserta ma gravità su Aversa(NA), quasi un
quartiere di questa città antica e nobile, ed oggi disastrata.
Teverola era un centro agricolo diventato negli anni 60/70 un polo industriale,
la Texas, l'Indesit.
Ora resta ben poco dell'industria e della stessa agricoltura.
A Teverola sono arrivati alla fine degli anni 70, in case popolari, i napoletani
dopo il terremoto e i puteolani dopo il bradisismo.
Teverola è la frontiera di quell'interland divorato fatto di case, villette,
centri commerciali, residui di frutteti, discariche, un tessuto ormai urbano
degradato e difficile.
Non lontana dai poli camorristici di San Cipriano e Casal di Principe. A
Teverola passa l'alta velocità deviata da Caserta sul percorso Mondragone/Aversa.
Bene tra le tante cose a Teverola c'è un campo Rom, che la mia amica Nadia
Marino, presidente dell'Opera Nomadi di Caserta descrive così:
L’Opera Nomadi dopo un recente censimento ha potuto constatare che ..
... sono 200 rom circa (il doppio di quelli censiti ad
ottobre) a permanere nella zona e non 500-600 come paventato. Una metà in fitto (non abusivi) su terreno privato, molti con
permesso di soggiorno e in Italia da una ventina di anni.
Per queste persone, con molti bambini si profila uno sgombero senza una
prospettiva di una nuova localizzazione, l'Opera Nomadi cerca di salvaguardare
quanto meno le esigenze dei bambini.
Al link trovate la lettera aperta indirizzata al prefetto ed al vicario ... mi
associo ... ben sapendo che non sono certo le 200 persone in emergenza ....
l'emergenza per Teverola e per l'Aversano, e che al contrario iniziare senza un
progetto il solito gioco degli sgomberi può essere solo un fattore di ulteriore
disaggio oltre che una crudeltà per i bambini e gli adulti della piccola
comunità.
Di Fabrizio (del 16/03/2009 @ 09:51:54, in Italia, visitato 1665 volte)
18 marzo 2009, ore 9.30 Università Roma Tre, Facoltà di Scienze della formazione, Aula Conferenze (ex Aula "I. Ambrogio"), IV piano, via del Castro Pretorio 20
Intervengono:
Francesco Susi, Preside della Facoltà di Scienze della
Formazione;
Francesco Pompeo, Coordinatore Osservatorio "M. G. Favara", I
territori della trasformazione tra accoglienza e rifiuto;
Nunzia Marciano, Dirigente scolastico Istituto Carlo Pisacane,
Un'esperienza scolastica di frontiera;
Presentazione rapporti di ricerca:
Ginevra De Maio, Capo redattore Osservatorio romano sulle
migrazioni, V Rapporto dell'Osservatorio romano sulle migrazioni;
Ulderico Daniele, Osservatorio "M. G. Favara", Dossier
Emergenza "zingari" e censimenti dei "nomadi";
Nazzareno Guarnieri, Presidente Federazione Rom e Sinti Insieme;
Andrea Priori, Osservatorio "M. G. Favara", Monitoraggio delle
aggressioni ai danni di cittadini del Bangladesh nella città di Roma;
Mukul Liaquat Ali Khan, Presidente Associazione "Mymensingh" -
Bangladesh;
Vittorio Cotesta, Direttore del Centro Interdipartimentale di
Ricerca Educativa e Sociale, Riflessioni conclusive.
Nel corso della mattinata sarà inoltre presentato e distribuito il report
della ricerca realizzata dall'Osservatorio sul razzismo e le diversità "M. G.
Favara" nel Municipio VI del Comune di Roma: "Territorio, diritti,
partecipazione".
Info: oss.razzismo@uniroma3.it
E' davvero singolare che chi s'indigna per la messa a nudo dei politici
attraverso le intercettazioni, e addirittura parla di complicità dei giornali in
turpi linciaggi, non trovi le parole per protestare contro l'uso che viene fatto
dei volti di due romeni, Alexandru Isztoika Loyos e Karol Racz, arrestati il 17
febbraio per lo stupro di una minorenne nel parco della Caffarella. Quei volti
ci si accampano davanti a ogni telegiornale, e hanno qualcosa di cocciuto,
invasivo, conturbante: da ormai un mese ci fissano incessanti, nonostante il
Tribunale del Riesame abbia invalidato l'accusa dal 10 marzo, e le analisi del
Dna abbiano scagionato i loro proprietari già il 5 marzo. Se ne son viste tante,
di gogne: questa è gogna di due scagionati.
Parliamo di proprietari di due volti perché la faccia ci appartiene, è parte del
nostro corpo inalienabile. Così come esiste dal Medioevo un habeas corpus, che è
il divieto di sequestrare il corpo in assenza di imputazioni chiare, esiste
in molti codici quello che potremmo chiamare l'habeas vultus, l'habeas facies:
il diritto alla tua immagine anche se sei indagato (articolo 10, codice civile).
L'abuso in genere non avviene per gli italiani sospetti di violenza sessuale.
Per i romeni è diventata norma, anche se non ce ne accorgiamo più.
Il loro viso è sequestrato, strappato con violenza inaudita, e consegnato senza
pudore ai circhi che amano le messe a morte del reietto.
Habeas facies è un diritto che non ha statuto ma è in fondo anteriore all'habeas
corpus. In alcune religioni (ebraismo, islam) il volto è sacro al punto da non
dover essere ritratto. Vale per esso, ancor più, quello che Giorgio Agamben
scrisse anni fa sulle impronte digitali: "Ciò che qui è in questione è la nuova
relazione biopolitica "normale" fra i cittadini e lo Stato. Questa non riguarda
più la partecipazione libera e attiva alla dimensione pubblica, ma l'iscrizione
e la schedatura dell'elemento più privato e incomunicabile: la vita biologica
dei corpi. Ai dispositivi mediatici che controllano e manipolano la parola
pubblica, corrispondono i dispositivi tecnologici che iscrivono e identificano
la nuda vita: tra questi due estremi - una parola senza corpo e un corpo senza
parola - lo spazio di quella che un tempo si chiamava politica è sempre più
esiguo e ristretto" (Repubblica, 8 gennaio 2004). Agamben aggiunge:
"L'esperienza insegna che pratiche riservate inizialmente agli stranieri vengono
poi estese a tutti".
Il pericolo dunque riguarda tutti. Quando si comincia a denudare lo straniero,
ricorrendo al verbo o all'occhio del video, è il cruento rito del linciaggio che
s'installa, si banalizza, e l'abitudine inevitabilmente colpirà ciascuno di noi.
Lo ha scritto Riccardo Barenghi il 3 marzo su questo giornale ("Alla fine,
quanti di noi italiani finiranno nella stessa situazione?") quasi parafrasando
le parole del pastore antinazista Martin Niemöller: "Prima di tutto vennero a
prendere gli zingari - e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a
prendere gli ebrei e stetti zitto, perché mi stavano antipatici \. Poi un giorno
vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare".
Il linciaggio ha inizio con una svolta linguistica, cui ci si abbandona non
senza voluttà perché il linciaggio presuppone la muta ardente e la muta non
parla ma scaraventa slogan, non dà nomi all'uomo ma lo copre con sopra-nomi,
epiteti che per sempre inchiodano l'individuo a quel che esso ha presumibilmente
compiuto di mirabile o criminoso. Racz diventa "faccia da pugile". Isztoika
riceve un diminutivo - "biondino" - che s'accosta, feroce, al diminutivo che
assillante evoca le vittime (i "Fidanzatini"). Sono predati non solo i volti e i
nomi ma quel che i sospetti, ignorando telecamere, dicono in commissariato.
Bruno Vespa sostiene che le intercettazioni "sono una schifezza" e rovinano la
persona, ma non esita a esibire una, due, tre volte il video dell'interrogatorio
in cui il romeno confessa quel che ritratterà, trasformando la stanza del
commissariato in sacrificale teatro circense come per inoculare nello spettatore
la domanda: possibile mai che Isztoika sia innocente? Lo stesso fa l'Ansa, che
più di altri dovrebbe dominarsi e tuttavia magnifica gli investigatori perché
hanno condotto "un'indagine all'antica: decine di interrogatori di persone che
corrispondevano alle caratteristiche fisiche delle belve" (il corsivo è mio).
Avvenuta la svolta linguistica il danno è fatto, quale che sia il risultato
delle indagini, e i sospettati girano con quel bagaglio di nomignoli, slogan.
Rita Bernardini, deputato radicale del Pd, evoca il bieco caso di Gino
Girolimoni, il fotografo che negli Anni 20 fu accusato di omicidi di bambine e
poi scagionato ("Il fascismo dell'epoca trovò il capro espiatorio per
rasserenare la cittadinanza di allora e dimostrare che lo Stato era più che
efficiente e presente"). Ancor oggi, c'è chi associa Girolimoni all'epiteto di
mostro. Damiano Damiani nel '72 ne fece un film, Girolimoni - Il mostro di Roma,
con Nino Manfredi nella parte della belva. Non riuscendo più trovare un posto,
Girolimoni perse il patrimonio che aveva e cercò di sopravvivere aggiustando
scarpe e biciclette a San Lorenzo e al Testaccio. Morì nel '61, poverissimo. Ai
funerali, nella chiesa di San Lorenzo fuori le mura, vennero rari amici. Tra
questi il commissario Giuseppe Dosi, che aveva smontato le prove contro
l'accusato: azione avversata da tutti i colleghi, e che Dosi pagò con la
reclusione a Regina Coeli e l'internamento per 17 mesi in manicomio criminale.
Fu reintegrato nella polizia solo dopo la caduta del fascismo.
Anche se scagionata, infatti, la belva resta tale: più che mai impura, impaura.
La sua vita è spezzata. Così come spezzati sono tanti romeni immigrati che
l'evento contamina. Guido Ruotolo, su questo quotidiano, fa parlare la
giornalista Alina Harhya, che lavora per Realitatea Tv: "Ma da voi non vale la
presunzione d'innocenza? Le forze di polizia non dovrebbero garantire il
diritto? E invece viene organizzata una conferenza stampa in questura e si
distribuiscono le foto, i dati personali, dei presunti colpevoli. Non ce l'ho
con la stampa italiana, sia chiaro. Però questo è un fatto. Qui da voi si fa la
rivoluzione se un politico viene ripreso in manette e invece nessuno protesta
quando si sbatte il mostro romeno in prima pagina" (La Stampa, 3 marzo). Ancora
non sappiamo di cosa siano responsabili Isztoika e Racz, ma i motivi per cui
restano in carcere appaiono oggi insussistenti e, se i romeni saranno scagionati
del tutto, le loro sciagure s'estenderanno ulteriormente: proprio come accadde a
Girolimoni, mai risarcito dallo Stato che l'aveva devastato.
La polizia di Stato può sbagliare: è umano. Ma se sbagliando demolisce una vita
e un volto, non bastano le parole. Se la comunità intera s'assiepa affamata
attorno al capro espiatorio, occorre risarcire molto concretamente. Iniziative
cittadine dovrebbero reclamare che i falsi colpevoli non siano scaricati come
spazzatura per strada. Nessun privato darà loro un lavoro: solo
l'amministrazione pubblica può. Occorre che sia lei a riparare il danno che gli
organi dello Stato hanno arrecato.
Se non si fa qualcosa per riparare avrà ragione Niemöller: non avendo difeso
romeni e zingari, verrà il nostro turno. Tutti ci tramuteremo in ronde -
politici, giornalisti, cittadini comuni - per infine soccombere noi stessi. Le
trasmissioni di Vespa sono già una prova di ronda. Le parole di Alessandra
Mussolini (deputato Pdl) già nobilitano e banalizzano slogan razzisti ("Certo,
non è che possono andare in galera se non sono stati loro, ma non cambia niente:
i veri colpevoli sono sempre romeni"). Saremo stati falsamente vigili sulla
sicurezza: perché vigilare è il contrario dell'indifferenza, del sospetto, e dei
pogrom.
Di Fabrizio (del 17/03/2009 @ 08:30:54, in Italia, visitato 2253 volte)
Ivana K Roman su Facebook mi ha rimproverato per questo
articolo sulla
Serbia, scrivendomi che l'Italia ha molto da imparare da quel paese sulla
tutela dei Rom... Probabilmente ha ragione, ecco che proprio la Milano dell'Expo
è finita sotto le critiche di
Amnesty International (file PDF). Per il momento sta circolando in inglese,
provo a tradurlo
Le autorità di Milano stanno preparandosi a sgomberare di forza una comunità
di circa 150 Rom che vivono sotto un cavalcavia a nord nella città. Secondo i
giornali locali, hanno annunciato che lo sgombero avverrà tra il 13 e il 30
marzo.
Per la legge italiana, le autorità pertinenti dovrebbero notificare ad ogni
individuo, o pubblicare nei modi previsti dalla legge un ordine o un avviso ma,
secondo le informazioni disponibili ad Amnesty International, non l'hanno fatto.
Dato che l'ordine non è stato formalizzato, la comunità non può ricorrere
attraverso i tribunali e fermare o posporre lo sgombero.
Non ci sono state consultazioni con la comunità sul minacciato sgombero, o
alcun tentativo di identificare assieme qualsiasi alternativa attuabile. Appare
che le autorità non hanno preparato nessun piano per un'adeguata sistemazione
alternativa o ne hanno discusso con i diretti interessati. L'atteggiamento della
municipalità nelle occasioni precedenti è stato di offrire qualche forma di
riparo nel breve termine (settimane o pochi mesi), e soltanto per le donne e i
bambini piccoli, nei dormitori per senzatetto. In alcuni casi sembra che
neanche questa offerta sia stata fatta. Attualmente la comunità sta vivendo in
tende e baracche autoprodotte sotto il ponte di Bacula, senza acqua corrente,
fognature o elettricità. Senza una sistemazione alternativa, le famiglie
dovranno spostarsi in un altro accampamento improvvisato o restare senza riparo.
La maggior parte dei Rom che vivono nel campo di Bacula hanno precedentemente
sperimentato almeno uno sgombero forzato. Si ritiene che circa 110 di loro siano
stati sgomberati nell'aprile 2008 da un altro campo non autorizzato, in via
Bovisasca. Di questi 110, almeno 100 sono stati sgomberati nell'ottobre 2007,
dallo stesso campo Bacula dove stanno vivendo adesso. Diversi degli sgomberi
precedenti sono degenerati in distruzioni di proprietà, inclusi i ripari,
vestiti, materassi ed, in qualche caso, medicine e documenti. Si ritiene che
tutti questi sgomberi siano stati portati avanti senza le procedure di
salvaguardia richieste dagli standard dei diritti umani regionali ed
internazionali, incluso un tempo di preavviso adeguato e ragionevole,
un'opportunità di un'autentica consultazione, fornitura di rimedi legali incluso
se necessario l'aiuto legale, soluzioni abitative alternative adeguate e
compensazione per tutte le perdite. L'Italia è anche sotto l'obbligo di
assicurare che gli sgomberi non rendano gli individui senza riparo o vulnerabili
alla violazione degli altri diritti umani.
Almeno in 35 a rischio di sgombero hanno meno di 18 anni, e 15 meno di 5.
Dieci bambini frequentano la scuola vicino al campo Bacula, nonostante le
condizioni di vita davvero difficili; le minacce di sgombero di interrompere la
loro scolarizzazione e disturbare seriamente la loro istruzione.
Se la comunità di Bacula fosse sgomberata a forza, sarebbero a rischio di
vivere in condizioni considerevolmente peggiori di quelle che affrontano oggi,
che sono già estremamente difficili, senza un semplice riparo vivrebbero
all'aperto esposti alle intemperie. L'interruzione renderebbe difficile per gli
adulti, di cui almeno 14 si ritiene abbiano un impiego regolare, di andare a
lavoro.
Per la legge internazionale gli sgomberi forzati - cioè sgomberi portati
avanti senza appropriate garanzie procedurali, inclusa la possibilità di
indennizzo giudiziario e senza assicurazione di sistemazione alternativa
adeguata - sono una grande violazione di diversi diritti umani, incluso il
diritto ad un alloggio adeguato. Lo sgombero può avvenire soltanto come ultima
possibilità, una volta che tutte le possibili alternative siano state esplorate
e soltanto con tutte le adeguate protezioni procedurali, in accordo con gli
standard internazionali e regionali dei diritti umani. L'Italia è stata
sottoposta a severe critiche dalle associazioni dei diritti umani internazionali
e locali, incluso il Comitato Europeo per i Diritti Sociali, che hanno trovato
l'Italia in violazione della Carta Sociale Europea. Tuttavia l'Italia ha mancato
di implementare queste raccomandazioni ed al contrario ha continuato ed in
determinati casi aumentato gli sgomberi forzati di comunità rom.
INFORMAZIONI DI SFONDO
Per almeno gli ultimi10 anni, sono stati compiuti in Italia numerosi sgomberi
forzati di comunità rom. Gli sgomberi sono diventati più frequenti dopo che il
18 maggio 2007 sono stati firmati accordi speciali (i Patti per la Sicurezza)
tra il governo nazionale e le autorità locali, inclusa quella di Milano. Con
questi accordi alcuni poteri sono stati trasferiti dal Ministero degli Interni
alle autorità locali, allo scopo di indirizzare le minacce percepite alla
sicurezza, incluse quelle che si suppone siano poste dalla presenza di comunità
rom in queste città. Nel maggio 2008, un decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri (DCPM 21 maggio 2008) ha conferito poteri emergenziali ai Prefetti
(i rappresentanti permanenti del governo nazionale sul territorio) per un anno,
perché risolvessero "l'emergenza nomade" adoperando una legge del 1992 emanata
per fornire poteri d'emergenza in caso di disastri naturali. Il decreto da
potere ai Prefetti di derogare da un numero di leggi, compreso quelli che
conferiscono diritti a tutta la gente rispetto ai poteri delle autorità. Il
potere può essere esercitato contro chi di qualsiasi nazionalità sia ritenuto
"nomade". Sembra riguarda sproporzionatamente i Rom.
AZIONI RACCOMANDATE(questa è la parte più importante ndr): Vi
preghiamo di inviare appelli che arrivino il prima possibile, in italiano,
inglese o nella vostra lingua:
per far pressione alle autorità che non sgomberino forzatamente le
famiglie rom che vivono sotto il cavalcavia Bacula;
che ricordino alle autorità che gli sgomberi forzati, portati avanti
senza protezioni legali, sono proibiti dalla legge internazionale e una
grande violazione di diversi diritti umani; in particolare quello ad una
sistemazione adeguata;
per fare pressione che gli sgomberi avvengano solo come ultima
possibilità, e soltanto in piena conformità con le garanzie richieste dagli
standard locali ed internazionali dei diritti umani, incluso attraverso una
reale consultazione coi residenti interessati dell'area e per esplorare le
possibili alternative; fornire loro una notifica adeguata e ragionevole;
garantire il diritto al risarcimento legale, inclusa la possibilità di
ricorrere in tribunale e di avere aiuto legale, fornire una sistemazione
alternativa adeguata e una compensazione per tutte le perdite ed assicurare
nessun maltrattamento ai Rom.
APPELLI DA INVIARE A:
Prefetto di Milano: Dott. Valerio Lombardi, Prefetto di Milano, Palazzo Diotti - Corso Monforte, 31
- 20122 Milano, ITALY Email
prefettura.milano@interno.it Fax: +39 02775 84170 Saluto: Egregio sig. Prefetto
Sindaco di Milano: Sindaco Letizia Moratti, Comune di Milano, Palazzo Marino, Piazza della Scala 2,
20121 Milano, ITALY Saluto: Egregio Sindaco
INVIATELE IMMEDIATAMENTE. Controllate con il Segretariato
Internazionale, o l'ufficio della vostra sezione, se inviare gli appelli dopo il
1 aprile 2009.
Un'associazione romanì di Didim ha lanciato una nuova campagna per reclutare
membri tra la sua comunità forte di 1.000 componenti, e promuovere la propria
cultura al più vasto pubblico.
L'Associazione, lanciata lo scorso settembre, ha già reclutato 60 membri, ma
alcuni all'interno della stessa comunità sono contrari a dichiarare
pubblicamente la loro identità, a causa delle ingiustizie percepite da parte del
pubblico più vasto.
Il presidente dell'associazione, Metin Çakir, ha detto di comprendere la loro
reazione, dato che molti hanno incontrato difficoltà nel lavoro, nella
scuola e per strada dichiarando la propria appartenenza romanì.
Come parte delle iniziative dell'associazione, per richiamare Rom e pubblico,
i suoi componenti hanno tenuto uno spettacolo di balli popolari il 28 febbraio.
Si stimano 1.000 zingari che vivono a Didim e dintorni, ci sono 221
associazioni zingare in Turchia - con circa 167 nella Regione Egea. La sola
Smirne ha 18 associazioni e due federazioni.
Çakir ha detto che stanno provando a spiegare l'importanza di essere
organizzati alla comunità di Didim, ma ancora esistono difficoltà all'interno.
Mentre la maggior parte dei membri è giovane, inclusi i non-zingari, alcuni
degli anziani della comunità romanì si sono espressi contro l'associazione.
Ha detto Çakir: "Sfortunatamente alcuni sono timidi nel dichiarare la loro
identità. Tuttavia, una volta che hanno assistito alla riunione della
federazione a Smirne, hanno avuto testimonianza dell'interesse delle autorità
dell'Unione Europea.
Sono interessati nel perpetuare la loro identità culturale in Turchia, nella
loro istruzione e negli standard di vita. La UE offre borse di studio ad alcuni
degli zingari che studiano all'università.
"Ora stiamo provando ad avere studenti delle superiori per beneficiare anche
della loro preparazione. Se possiamo unirci a Didim, allora possiamo beneficiare
di questi diritti."
Di Fabrizio (del 17/03/2009 @ 09:11:27, in Italia, visitato 1505 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Il Manifesto, 14 marzo 2009 - Politica e società di Cinzia Gubbini
Sta bene, sta imparando a leggere e scrivere e ormai parla un buon italiano.
Angelica V. compirà 17 anni a novembre, e da più di un anno ormai è rinchiusa
nel carcere minorile di Nisida, Napoli: è lei la prima rom ad essere stata
condannata in Italia per aver tentato di rapire un bambino, il pregiudizio che
da sempre insegue i rom in tutto il mondo. E' dal suo caso - che secondo il suo
avvocato difensore, secondo le associazioni che hanno seguito il processo di
primo grado, è ancora tutto da chiarire - che partirono i pogrom di Ponticelli,
capaci di far sparire in un paio di giorni i rom da quell'area, come da anni i
comitati cittadini tentavano di fare.
Angelica è rimasta sullo sfondo di una storia molto più grande e complicata,
che mette insieme razzismo, camorra, politica. A lei sono rimasti tre anni e
otto mesi di carcere da scontare, secondo la sentenza del Tribunale dei minori
del 13 gennaio scorso. Ieri è andata a trovarla un'attivista dell'associazione
Everyone, Giancarlo Ranaldi: "Angelica è tranquilla, e finalmente è riuscita a
tornare in contatto con un membro della sua famiglia, così può informarsi sulla
sua bambina". Perché anche Angelica è mamma. Sua figlia ha un anno e mezzo e
vive in Romania con i nonni, in una cittadina vicino Bistrita, nel nord-ovest
del paese. Anche Angelica viveva lì fino ad aprile, quando è venuta in Italia
con il marito e altri due parenti e si è stabilita a Ponticelli. Viveva di
elemosina, ma anche di furti. Giusto due giorni prima del presunto tentativo di
rapimento aveva già rischiato di essere linciata da un gruppo di abitanti,
perché era stata sorpresa in un appartamento. L'aveva salvata una pattuglia
della polizia. "Possibile che dopo due giorni da quell'episodio si sia andata a
ficcare in una situazione tanto pericolosa come il tentativo di rapire un
bambino?", si chiede Giancarlo. Lui che ci ha parlato ha avuto l'impressione che
sia una ragazzina come tante, allegra ieri perché era venerdì, il giorno della
telefonata. "Mi ha detto che vive aspettando il venerdì, quando può chiamare a
casa. Ma è ancora molto spaventata e mi ha detto di soffrire molto per la
lontananza di sua figlia e di suo marito". Giancarlo le ha anche chiesto se le
servissero soldi "ma mi ha risposto di no - racconta - perché in carcere le
hanno dato un lavoro e riceve una piccola paga. Me lo ha detto con orgoglio".
Il 7 maggio l'appello. L'avvocato Chirsitian Valle aveva denunciato la
parzialità del processo di primo grado. "Stiamo seguendo da vicino il caso -
dice Roberto Malini di Everyone - e anche il presidente dell'Union Romanì, Juan
De Dios Ramirez Heredia, che è avvocato, e potrebbe indossare di nuovo la toga
per difenderla".
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