Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 18/08/2007 @ 09:40:54, in Regole, visitato 1771 volte)
http://www.yle.fi/news/id66822.html
Una nuova guida è appena uscita in stampa per ripulire dalle credenze
stereotipate che esistono tra Rom e polizia. La guida intende facilitare la
comunicazione tra i due gruppi nei loro incontri.
Il volumetto spiega i diritti e doveri dei cittadini, il mandato delle autorità e
sottolinea aspetti della cultura Rom.
La guida è il prodotto della collaborazione tra il Ministro degli Interni, il
Tavolo Nazionale sull'Educazione e membri della comunità Rom. Il volumetto
intende anche preparare i cittadini ai cambi introdotti dalla nuova legislazione
sulle parità.
La costituzione finlandese garantisce ai 10.000 Rom lo status di minoranza
nazionale. D'altra parte, molti Rom sentono di non avere un pari trattamento,
per esempio nei raid di polizia.
[...]
Di Fabrizio (del 19/08/2007 @ 08:51:09, in Italia, visitato 1898 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir:
Cari amici,
tutti voi sapete quello che è successo a Livorno una settimana fa: quattro
bambine rom rumene sono morte bruciate vive sotto un cavalcavia della
superstrada. Da allora le indagini per individuare le responsabilità
dell'accaduto si sono mosse in molte direzioni. Inizialmente era stato detto che
le fiamme si erano sviluppate per negligenza dei Rom, ma le testimonianze
successive e coerenti dei Rom stessi, e alcuni indizi rimasti sul luogo hanno
fatto emergere l'ipotesi di un attentato razzista. Si tratta, ovviamente di
un'ipotesi sconvolgente. Se venisse confermata si tratterebbe di uno dei più
gravi e feroci attacchi razzisti verificatisi in Europa dal dopoguerra, ed è
perciò comprensibile che, prima di raggiungere tale conclusione, la magistratura
livornese vagli con la massima attenzione ogni indizio, ogni testimonianza.
Contemporaneamente, però, proprio di fronte alla gravità del caso ed alla pena
per le vittime ed i parenti, è necessario che tutti coloro che hanno a cuore la
giustizia facciano sentire la loro preoccupazione e la loro partecipazione. Non
vorremmo mai che forze politiche o singole personalita’, comprensive nei
confronti degli eventuali attentatori o anche soltanto preoccupate per questione
di immagine, svolgessero azioni di disturbo o di pressione per deviare le
indagini. E' urgente perciò far sentire la nostra presenza e il nostro appoggio
alla magistratura inquirente, manifestando tutti la nostra pena e le nostre
preoccupazioni. Vi invitiamo a scrivere lettere ai giornali che più si sono
occupati del caso affinché essi trasmettano il nostro pensiero a tutti, a
cominciare dai magistrati.
Volendo concentrare le lettere ad un indirizzo possiamo scrivere a Franca
Selvatici, che ha seguito il caso per la Repubblica (e che e' una giornalista
seria e attenta), sia presso
firenze@repubblica.it oppure, su carta, a: Cronaca de la Repubblica, Via A.
La Marmora 45, 50121 Firenze.
Ciao a tutti
Sergio Bontempelli, Africa Insieme di Pisa
Di Fabrizio (del 19/08/2007 @ 09:00:53, in Italia, visitato 1752 volte)
Ricevo sempre da Agostino Rota Martir
Se fosse avvenuta una tragedia simile ad una famiglia Livornese, mettiamo il
caso dei genitori assenti perché occupati a lavorare fuori casa, o perché usciti
per fare una veloce spesa al negozio più vicino, o per parlare con dei vicini…i
loro bambini lasciati soli in casa davanti alla TV, e durante la loro assenza
scoppia un incendio per una qualsiasi fatalità che provoca la morte di qualche
bambino, ebbene come avremmo reagito se un P.M. decidesse di arrestare quei
genitori con l’accusa di abbandono, condotti in carcere, messi in isolamento per
una intera settimana, perché: “I bambini erano stati lasciati soli e con molta
probabilità con il forno della cucina acceso…che per cause ancora da chiarire ha
provocato l’incendio, quindi sui genitori pesano delle gravi responsabilità,
perché al momento del rogo questi non sono intervenuti per tentare di mettere in
salvo la vita dei loro figli, perché assenti.”
Quale sarebbe stata la nostra reazione?
Immagino che si sarebbe levata una ondata di sdegno contro quel Giudici
disumani, accusandoli di insensibilità, l’assurdità della Legge che non solo
ignora la causa principale della tragedia, ma addirittura impedisce ai genitori
di poter piangere la morte dei loro figli… non ci apparirebbe tutto questo come
un accanimento da condannare?
Ma è ovvio che questo non succederà mai se in questione c’è una “nostra
famiglia”.
La cittadinanza senza alcuna eccezione, si stringerebbe attorno ad essa per
piangere insieme la morte dei loro piccoli, mostrando la necessaria compassione
e umanità come è giusto e doveroso in questi casi.
E’ una cosa normale.
Mi chiedo, allora perché la cittadinanza Livornese (ma non solo lei), eccetto
qualche persona, non è stata capace di manifestare quegli stessi sentimenti di
compassione cristiana e di umanità con la famiglia Rom coinvolta in questo
dramma.
Perché in questi giorni non siamo stati capaci di piangere insieme ai famigliari
Rom, che con pazienza ancora attendono invano di poter entrare nel carcere delle
Sughere, per abbracciare e consolare gli affranti genitori?
Perché arriviamo ad impedire che il dolore di queste famiglie Rom potesse
manifestarsi liberamente, anzi ci appare normale che questo dolore resti
addirittura recluso dietro le sbarre di un carcere, volendo tenerlo a distanza
in una specie di “fuori luogo”, forse per timore di contagiare le nostre
coscienze?
Insieme ai campi Rom, ai loro accampamenti sempre provvisori e precari, insieme
alle loro stesse vite, anche il dolore è condannato ad essere un ulteriore
“fuori luogo”, che imbarazza se messo in prima pagina, meglio censurarlo e
consegnarlo alla giustizia.
E’ forse normale questo?
Come se il loro dolore fosse diverso dal mio, come se il nostro fosse più vero
di quello di una madre e di un padre Rom.
Lo dobbiamo ammettere: siamo arrivati tranquillamente a credere in questa
assurdità!
Quali i motivi che ci fanno toccare così alti livelli di disumanizzazione?
Una tragedia del genere che doveva richiamare il silenzio, invece si è scatenato
addosso ogni sorta di pregiudizio, di condanna, di indice puntato, di
rancore…perché è ormai diffusa la convinzione che verso il popolo Rom in genere,
tutto questo è lecito, doveroso, è normale, appunto!
Ma come può essere ritenuta normale la disumanizzazione?
Perché le Istituzioni laiche e religiose, le Chiese e noi semplici cittadini non
arriviamo a sdegnarci di fronte a questa “normalità”, invece ci adeguiamo e non
ci accorgiamo invece, che pian piano ci stiamo avvelenando dentro.
Ogni volta che permettiamo ad ogni essere umano di vivere ghettizzato, anche se
nascosto sotto i cavalcavia alle porte delle nostre città, ben lontano dalla
nostra vista noi accettiamo e contribuiamo al degrado intero della nostra
società, quello stesso degrado che arma la mano non solo dei piromani che
bruciano i nostri boschi, ma anche la vita dei più indifesi, che nella nostra
società subiscono la sorte di essere di essere abbandonati sotto i cavalcavia
prima, ma poi abbandonati anche attraverso i poteri giudiziari per non turbare i
nostri pregiudizi.
p.Agostino Rota Martir
campo Rom di Coltano (PI) - 17 Agosto 2007
Di Fabrizio (del 19/08/2007 @ 09:05:53, in media, visitato 1849 volte)
Parla molto di noi la questione "zingara"
Alberto Burgio
Ciclicamente, come le polemiche sui morti della strada o i roghi estivi (esempio
non casuale), riesplode la questione dei campi nomadi. Che ci sia di mezzo il
morto (i morti, come i bimbi arsi vivi a Livorno in quello che pare un ennesimo
atto criminale) o le gesta squadriste dei padani (come l'anno scorso a Opera),
cambia poco. Sta di fatto che di questa questione è impossibile liberarsi. Per
nostra fortuna.
Perché? Perché la questione degli «zingari» parla di noi. Qualche giorno fa sul
manifesto Enzo Mazzi diceva degli intrecci tra la loro e la nostra cultura.
Si potrebbe scavare ancora e scoprire che c'è un legame profondo tra
l'esperienza (e il disagio) della stanzialità e l'esperienza (lo stereotipo) del
nomadismo. Che diventa un'icona del rimosso e catalizza (qui c'è una convergenza
con l'antisemitismo) i furori razzisti della civitas christiana.
Ma non parla di noi solo per questo, la questione «zingara». È parte integrante
della nostra storia politica. Di noi italiani (italiani come e non più delle
decine di migliaia di rom e sinti cittadini di questa Repubblica), di noi
europei (come altre decine di migliaia di rom e sinti e camminanti che vivono
nelle nostre città). Faremmo bene a ricordarcene, e invece ce ne dimentichiamo.
Perché si tratta di pagine cupe e pesanti come pietre.
La prima riguarda le guerre «umanitarie» nei Balcani. I rom di origine jugoslava
(bosniaca e kosovara) sono profughi di quelle guerre di cui l'Italia fu
sciagurata protagonista. Sono sfuggiti a vendette e «pulizie etniche» che hanno
via via assunto le proporzioni di un pogrom. Si imporrebbe quindi, per
cominciare, un bilancio serio dei conflitti che insanguinarono la Jugoslavia
lungo gli anni Novanta. Un bilancio che non rimuova la destabilizzazione che li
preparò con l'intervento di formazioni terroristiche sotto copertura
occidentale.
La seconda pagina del nostro album riguarda le sistematiche persecuzioni
inflitte a sinti e rom dopo l'89 in tutte le loro terre d'origine, dalla
Slovacchia alla Boemia, dalla Moldavia alla Cechia, all'Ungheria, alla Romania.
Nell'indifferenza generale della civile Europa.
La terza (sfondo alle altre) concerne lo sterminio nazista, cui il nostro paese
partecipò con leggi e deportazioni. Si diceva delle convergenze con
l'antisemitismo. Nel 1936 il Reich equiparò gli «zingari» - emblema di
«asocialità» - agli ebrei. Lo sfondamento della Wehrmacht a est fu l'inizio di
un calvario che mise capo allo sterminio di mezzo milione di sinti e rom. Ma
anche l'Italia fece la sua parte. La persecuzione dei rom prese avvio qui, nei
primi anni del fascismo. E le leggi del '38 riguardarono anche gli «zingari»,
non solo gli israeliti.
Storia? Non soltanto. Alla base di queste nefandezze operarono stereotipi che
ancora impregnano le nostre discussioni. Di questo popolo si dipinge un ritratto
che non è il suo. I rom jugoslavi avevano le loro case prima che esse venissero
sottratte loro a forza. E all'est vivevano sì in condizioni disagiate, ma con un
grado di integrazione che noi neppure immaginiamo.
Ma a chi interessa capire se urge giudicare? Si dice del degrado dei campi nelle
nostre periferie. Quei campi che tanto spiacciono al cattolico onorevole Casini,
ansioso per il decoro delle nostre «grandi città». Quei campi per i quali il
democratico sindaco di Torino (come tanti altri dell'Unione, da Roma a Pavia)
invoca «poteri straordinari» per i prefetti e interventi «anche oltre le regole
pubbliche», pur di «ridurre il numero di rom». Allora bisogna dirlo chiaro: i
campi come li conosciamo in Italia non si trovano in altri paesi europei perché
altrove i rom vivono in comuni abitazioni grazie a un efficace sistema di
sostegno, nel pieno rispetto delle regole.
Dopodiché siamo d'accordo: le prediche non bastano e nemmeno basta la memoria
(che pure è un dovere politico, oltre che morale). Dunque che fare? Non si può
scantonare da alcuni punti fermi. I rom rumeni non sono extracomunitari, sono
europei come tutti gli altri. I rom italiani (70 mila) sono cittadini italiani,
come tutti gli altri. A qualcuno potrà spiacere, ma è così. Quindi nessun
diritto speciale, nessun trattamento ad hoc. Quanto agli apolidi, essi sono
profughi, protetti dalla Costituzione, che riconosce loro (ancora) il diritto
d'asilo. Piuttosto chiediamoci: quale risarcimento pensiamo si debba ai rom
immigrati nel nostro paese l'Italia, oggi accusata dalla Ue di non applicare la
direttiva «contro la discriminazione basata sulla razza e le origini etniche»,
ieri in prima linea nelle guerre balcaniche?
Veniamo al Kosovo. In questi anni, pur controllando militarmente parte del
territorio, l'Italia non è stata in grado (per responsabilità bipartisan) di
tutelare la presenza dei rom nella regione. Nel Kosovo di oggi, protettorato
militare e luogo di loschi incontrastati traffici, le minoranze (i rom, ma anche
la piccola comunità ebraica) non hanno possibilità di sopravvivenza e sono
costrette a esodi di massa, che riversano centinaia di migliaia di persone nel
resto dell'Europa e in particolare in Italia. Domanda: dopo aver bombardato
case, ospedali e infrastrutture civili, dopo aver consegnato il territorio alla
mafia kosovara (per tacere dello scandalo degli aiuti umanitari, delle
tonnellate di beni di vario genere destinati alle popolazioni balcaniche e
rimasti a Bari, dei legami con la malavita meridionale), quali programmi sociali
ci impegniamo a sostenere? Quale tutela dei tesori storici e artistici, quale
difesa delle minoranze, della vita e della cultura di ognuno?
Le forze di occupazione in Kosovo (di questo ormai si tratta) preferiscono
assecondare l'irredentismo schipetaro-albanese e gli appetiti degli americani
(che intanto hanno installato, in funzione antirussa, la più grande base
militare della regione). In questo quadro si gioca la partita dell'indipendenza
formale del Kosovo albanesizzato, per la quale anche il nostro governo pare
propendere.
Non si finga di non sapere che, ove venisse concessa, l'«indipendenza»
cancellerebbe qualsiasi possibilità di convivenza democratica e paritaria tra le
popolazioni della regione. E negherebbe ai rom ogni speranza di fare ritorno
nella propria terra.
Non si faccia il solito doppio gioco di causare disastri e poi lanciare accuse
per le loro conseguenze.
Di Fabrizio (del 20/08/2007 @ 09:12:14, in Europa, visitato 3403 volte)
08/12/07 - By Nicole Itano WeNews correspondent
I Rom in Albania hanno sempre affrontato la povertà e la discriminazione,
ma dopo la caduta del comunismo nel 1991, la situazione delle donne Rom è
peggiorata. Si è abbassata l'età dei matrimoni e un numero crescente di ragazze
non ha mai frequentato la scuola.
TIRANA, Albania (WOMENSENEWS) I caffé trendy di questa città colorata e
risorgente sono lontani da Breju Lumi, una baraccopoli di fango, strade
distrutte e baracche di metallo, dove vive Nexhmije Daljani.
Una volta il paese più povero ed isolato d'Europa, oggi l'economia
dell'Albania sta crescendo rapidamente e il paese sta compiendo la transizione
dal comunismo alla democrazia e al capitalismo del libero mercato.
Ma a Breju Lumi - il cui nome significa "sponda del fiume" anche se l'unica
acqua è il letto asciutto riempito di immondizie - la maggior parte delle case
non ha acqua corrente, fognature od elettricità, ed i bambini corrono per le
strade a mezzogiorno mentre dovrebbero essere a scuola.
Qui le famiglie più povere, come quella di Daljani, appartengono ai Rom,
termine che i membri della comunità preferiscono al derogatorio "Zingari".
"Io e i due figli più piccoli andiamo a mendicare," dice Daljani, che ha 22
anni e tre figli piccoli, senza marito o lavoro. "E' l'unico modo per mangiare."
Daljani ebbe il suo primo figlio a 17 anni. A 21, suo marito lo lasciò con
tre figli. Ora vive in una baracca di metallo e come per molti Rom, la sua unica
fonte di reddito è l'accattonaggio.
Il figlio più grande, disabile mentale, va in un centro diurno guidato da una
OnG chiamata Children of the World.
La vita è più dura
Per molti Rom, soprattutto donne, la vita si è fatta più dura con la fine del
comunismo. Le ragazze si sposano ed hanno figli prima, povertà e disoccupazioni
sono rampanti, mentre l'accesso ai servizi sanitari e scolastici è declinato
drammaticamente.
Al tempo del comunismo, ai Rom - come a tutti i cittadini - venivano dati
lavoro e casa e obbligati ad andare a scuola. A quei tempi, tutti gli Albanesi
erano poveri, ma i Rom non erano più poveri di ogni altro gruppo.
Con il collasso dei servizi sociali, le disparità tra Rom ed altri Albanesi
sono cresciute nella sanità e negli standards di vita. Un recente studio del
Fondo Sviluppo delle Nazioni Unite ha trovato che le entrate medie dei Rom sono
meno della metà dei non-Rom che vivono nelle medesime comunità.
"La qualità dei servizi è diminuita," dice Arlinda Ymeraj, incaricato delle
politiche sociali dell'UNICEF, nel Fondo per l'Infanzia delle Nazioni Unite in
Albania. "Rispetto al passato c'è più disparità nell'accesso ai servizi e
determinati gruppi ne soffrono."
Oggi il 57% delle donne Rom - paragonato al 48% degli uomini - non è mai
andata a scuola, un declino rispetto all'era comunista, secondo i dati della
Banca Mondiale.
Da allora la media dell'età matrimoniale è scesa a livelli che preoccupano
gli esperti dello sviluppo.
Età del matrimonio, tassi di nascita
In Albania la media dei matrimoni tra le Romnià è di circa 15 anni, comparata
alla media nazionale (23) e quella dei Rom maschi (18). Anche l'età della prima
gravidanza è scesa: prima del 1990 era di circa 19 anni, oggi è di 17. Per gli
uomini Rom è di 21.
La giovane età dei matrimoni e delle gravidanze tra i Rom li mette ad alto
rischio dall'abuso e dal traffico di persone, limita l'accesso alla
scolarizzazione e può portare ad alti tassi di mortalità per le donne ed
infantile, dicono le Nazioni Unite.
Nell'Europa Centrale ed Orientale vivono tra i 7 e i 9 milioni di Rom, in
Albania sarebbero circa 95.000. Come gruppo, rimangono tra i più poveri e
discriminati nel continente e spesso vivono ai margini della società. Oltre il
70% delle famiglie Rom nel paese sono considerate molto povere e molte, come
quella di Daljani, vivono in condizioni estreme.
Le cause di questa esclusione sociale sono dibattute. Molti Rom lamentano
discriminazioni, ma altri dicono che rifiutano di integrarsi nella società
maggioritaria. I Rom - tradizionalmente nomadici, ma ora largamente stanziali o
semi-nomadici - sono un gruppo etnico distinto con la loro propria lingua e
sistema di credenze.
"Le famiglie Rom hanno una cultura molto differente," dice Marinela Cani,
assistente sociale che lavora con le famiglie di Breju Lumi. "Non pensano
al domani."
Jalldyz Ymeri, nonna di 42 anni che vive in due stanze con otto familiari e
mendica per vivere, dice che la vita è diventata molto più dura dalla caduta del
comunismo.
Meno anni a scuola
Lei è andata alle superiori, sua figlia no. Secondo la Banca Mondiale, prima
della fine del comunismo le donne Rom avevano una media di 6,2 anni di
scolarità. Oggi la media è meno di 4.
Le donne Rom in Albania dicono che anche l'accesso ai servizi sanitari è
deteriorata. Dicono che molti bambini nascono in casa e che molte donne non
hanno educazione prenatale. L'Albania non ha statistiche attendibili su
mortalità infantile e delle puerpere, ma molti esperti ritengono che i tassi tra
i Rom siano più alti della media nazionale.
La sanità pubblica in Albania dovrebbe essere gratuita, ma molti dottori
chiedono soldi.
"Ci trattano così perché siamo Rom. Se non possiamo pagare, ci mandano via,"
dice Ymeri, il cui nipotino di 3 anni è morto perché lei non aveva abbastanza
denaro.
Le condizioni sono talmente cattive che molti Rom hanno lasciato il paese per
andare nella confinante
Grecia, che è parte dell'Unione Europea. Benché siano discriminati - con in
più il rischio di deportazione - molti dicono che la vita lì è migliore perché è
più facile trovare lavoro, o fare soldi mendicando o suonando per i turisti. Ymeri
e la sua famiglia hanno passato diversi anni in Grecia e dice che le è
dispiaciuto dover tornare in Albania.
Ma anche in Grecia - una terra promessa per i Rom albanesi - la vita è dura.
In un insediamento rom chiamato Grthaios, in un'area industriale di Atene, le
famiglie vivono in baracche di legno circondate da pile di immondizia. La casa
di una stanza di Elena Zerollari, 39 anni e madre di 5 figli, è pulita e
ordinata. [...] Zerollari, che è originaria dell'Albania, dice che molte cose
sono migliori in Grecia: i dottori li trattano meglio ed è più facile trovare
lavoro. I bambini che ha avito da quando è arrivata in Grecia sono nati tutti in
ospedale.
Ma Zerollari dice che le piacerebbe una casa con acqua corrente e che i suoi
figli andassero a scuola. La scuola accetta i bambini rom, dice, ma molti
abbandonano perché sono molestati per i loro vestiti o perché senza scarpe.
"I Rom non dovrebbero vivere così per sempre," aggiunge. "Vogliamo essere
come voi."
Nicole Itano is a freelance reporter based in Athens, Greece. Before moving to
Greece in 2006, she spent five years reporting from across the African continent.
Her book, "No Place Left to Bury the Dead," about AIDS in Africa will be
published in November by Atria Books.
Da
La Voix des Rroms
Domenica scorsa, quattro giovani rroms di Sofia (Bulgaria) sono stati
attaccati da skinheads. Uno di loro si è trovato all'ospedale con una mandibola
rotta. Il giorno dopo, una sommossa è cominciata nella zona di Fakulteta, un
ghetto dove vivono i giovani rroms. La polizia ha fermato quattro Rroms
sospettati di avere incitato questa sommossa dove circa 300 Rroms avrebbero
cercato la rivalsa. Le autorità poliziesche, ministro dell'interno in testa,
garantiscono che metteranno fine immediatamente a qualsiasi velleità di
conflitto.
La zona di Fakultèta è conosciuta per la povertà estrema dei suoi abitanti rroms,
vittime di una eesclusione e di una ghettizzazione totale. Secondo l'agenzia di
stampa a Focus, Rroms, armati di bastoni e di coltelli, avrebbe gridato "morte
ai bulgari", di fronte alle forze di polizia che hanno loro impedito di partire
verso la zona dove aveva avuto luogo il litigio all'origine della sommossa.
Con elezioni locali previste per l'autunno, è difficile fare la selezione delle
informazioni secondo la loro veridicità. La Bulgaria passa per lo stesso
fenomeno della Francia in 2002.
Volen Siderov, il capo di Ataka, movimento di destra estrema, è
arrivato al secondo turno. Fra gli slogan gridati nelle sue riunioni, c'era
anche: "Trasformiamo i zingari in sapone!"
Di Sucar Drom (del 22/08/2007 @ 09:13:54, in blog, visitato 2704 volte)
Diciamo basta a sgomberi e espulsioni... a chiare lettere
Tre organizzazioni non governative indipendenti hanno inviato oggi lettere al
Primo Ministro italiano Romano Prodi ed al Primo Ministro romeno Calin Popescu
Tariceanu per chieder loro di intervenire urgentemente per fermare le espulsioni
forzate di rom romeni dai loro alloggi a Roma.
Le espulsioni,...
Il Consiglio d'Europa accusa l'Italia
“Quando un bambino rom muore a causa di condizioni di vita deplorabili, la responsabilità
è dell'intera società, non solo dei genitori”, ha dichiarato la Vice Segretario
g...
Livorno, inquietante lettera a "Il Tirreno"
Livorno, 18 ago. - (Adnkronos) - Con un'inquietante lettera al quotidiano 'Il
Tirreno' un sedicente 'Gruppo armato pulizia etnica' ha rivendicato stamattina
l'incendio al campo rom di Livorno della not...
Di Fabrizio (del 23/08/2007 @ 09:39:11, in media, visitato 2413 volte)
Nuovi media Rom stanno prendendo le misure per educare il pubblico alle
tematiche Rom
Uno dei ruoli dei media è educare la popolazione. La gente ottiene una gran
mole di informazioni attraverso i media. Si possono imparare lingue, le ricette
dei grandi cuochi, fitness dalle celebrità. Si può imparare tanto sugli altri
popoli - come si comportano, come vivono. Il pericolo nel maneggiare così tante
informazioni è di essere presi nelle rappresentazioni stereotipati su alcuni
gruppi di persone.
I componenti delle OnG Rom sono coscienti del ruolo che i media possono
avere. Per contrastare i pregiudizi prevalenti provano a spingere informazioni
sulla cultura rom, nei programmi radio e TV e sui giornali. [...]
"I media dovrebbero trasferire informazioni complete. Ma per i media è più
attraente scrivere di ciò che è negativo. Cosa scriveranno i media? Di una
ragazza Rom che ha vinto il Campionato Mondiale di Taekwondo o dei Rom a Vsetín
che hanno danneggiato una casa? Secondo la mia opinione dovrebbero scrivere di
entrambe," dice Zdenk Horváth, direttore esecutivo di Athinganoi, una OnG
rom che tenta di aiutare il suo popolo negli studi.
Io penso che il 90% dei Cechi si crea la propria opinione sul mondo, secondo
come i media coprono gli eventi. Così mi chiedo se il mio lavoro è davvero
importante. Potrò realizzare quattro buoni programmi che aiuteranno 100 persone,
ma poi torno a casa e vedo i Rom presentati come cattiva gente," aggiunge
Horváth.
Tutte le fonti Rom come Romano voďi o Romea TV pongono enfasi sul loro ruolo
educazionale. Informano il pubblico sui Rom famosi, sia storici che
contemporanei. Introducono i lettori alla cultura rom e lo fanno anche i romanes
per favorire il suo uso.
E' importante avere giornalisti Rom nei media nazionali, e devo essere ben
professionalizzati. E' per questo che OnG come Dženo o Eomea organizzano corsi
speciali per giovani Rom che vogliono diventare giornalisti. "Il prodotto" di
questo è Richard Samko, il secondo Rom che è diventato presentatore alla TV ceca
e anche giornalista del settimanale "O Roma Vakeren" che è trasmesso su Radio 1.
By Alice Tejkalová - University of Montana School of Journalism
Di Fabrizio (del 24/08/2007 @ 09:41:17, in Europa, visitato 2155 volte)
Ricevo e porto a conoscenza:
http://www.idebate.org/roma/profiles.php
Carissimi!
Come ideatore della pagina web
http://www.idebate.org/roma/ vi sarei grato se voleste assistermi con
informazioni su individui Rom, ben integrati nella società civile, e che nel
contempo non abbiano perso la loro identità etnica. Questi profili sono
richiesti per combattere i forti stereotipi negativi contro i Rom diffusi in
Europa.
Il profilo può essere composto in questo formato (in lingua inglese):
Name
Year of birth
Country of residence
Profession
Biography in brief
Photo (if available)
Potete inviarmi informazioni a
romale@zahav.net.il
Baxt, sastipe!
Kind regards,
Valery Novoselsky.
Editor of Roma Virtual Network.
http://www.valery-novoselsky.org/romavirtualnetwork.html
Di Fabrizio (del 25/08/2007 @ 09:19:03, in Italia, visitato 2554 volte)
Ricevo da padre Agostino Rota Martir e porto a conoscenza
Porto le condoglianze ai genitori e famigliari dei 4 bimbi Rom bruciati in
fiamme.
Dopo la strage che ha visto questi 4 bimbi Rom bruciare nella loro baracca sono
tanti che dimostrano la loro bontà verso questi bambini e le loro famiglie Rom:
associazioni, Consigli stranieri di Livorno (dicono di collaborare con
rappresentanti Rom), Sindaco, Assessori, sacerdoti….ma i genitori continuano ad
essere accusati di abbandono e sono tutt’ora in carcere.
Ma ai miei occhi io penso che tutti, io compreso abbiamo le nostre
responsabilità per questa tragedia.
Tutti noi in questi ultimi mesi vedevamo e continuiamo a vedere scene di gruppi
di Rom Rumeni (cittadini Europei!) che stanno sotto i nostri ponti e cavalcavia
delle nostre belle città.
Questa è una realtà che sta sotto gli occhi di tutti, anche quelli che dicono
che Livorno è una città accogliente, ma occorre mostrare questa accoglienza
soprattutto a quelle famiglie Rom che erano presenti sotto quel cavalcavia, dove
hanno trovato la morte quei 4 bimbi Rom.
Anche l’intervento del Papa Benedetto XVI sottolinea la necessità di più
accoglienza, attraverso azioni concrete di solidarietà verso costoro, vittime
della nostra cecità e indifferenza.
A che serve celebrare i funerali nella cattedrale di Livorno?
Forse è perché vogliamo mostrare la nostra “faccia buona”?
Perché allora permettiamo che i loro genitori stiano ancora in carcere (sono già
2 settimane) anche con l’accusa dubbia di abbandono, o che gli altri famigliari
continuino a vivere sotto un ponte?
Le Autorità devono continuare ad indagare anche sulla pista dell’aggressione
perché ci sono dei segnali chiari, innanzitutto le dichiarazioni dei famigliari
stessi, anche se sono in pochi che vogliono crederci. Perché?
“Perché sono zingari!”
Se una tragedia simile fosse successa ad una famiglia Francese, Belga, o Tedesca
…
di sicuro ci sarebbe stata una reazione forte e chiara, che avrebbe provocato un
caso diplomatico tra Stati.
La Romania, purtroppo non piange in grande la morte dei bimbi Rom, si è limitata
ad inviare una loro TV per filmare il luogo della tragedia.
Noi Rom abbiamo la nostra bandiera, ma non abbiamo una nostra “Madre Terra” che
piange per noi.
Infine, faccio alcuni appelli.
Il primo è quello di liberare i genitori dal carcere per poter piangere i loro
figli: è un loro diritto, perché scritto nel cuore di ogni essere umano!
Secondo, e mi rivolgo in primo luogo alle Istituzioni (Stato, Regioni, Comuni….)
quando volete cercare delle soluzioni ai nostri problemi non ripetete gli sbagli
passati, esempio quello dei campi nomadi, che a suo tempo sono stati decisi
dagli “esperti Rom-Gagè” (i Gagè sono tutti quelli che non sono Rom).
Noi come Comitato “Rom e Sinti Insieme” abbiamo chiesto al Governo e ad alcuni
Ministri di partecipare attivamente come consulenti o referenti ai Tavoli dove
si decide il nostro futuro.
La mia esperienza decennale in Italia mi dice che volendo è possibile
collaborare insieme tra consulta di stranieri e Istituzioni.
Noi Rom vogliamo e dobbiamo integrarci con il popolo Italiano ed Europeo, solo
chiediamo di darci una possibilità, ad esempio per noi Rom di Ex Yugoslavia
presenti in Italia da diverse generazioni di avere un Permesso di Soggiorno per
motivi Umanitari e di Lavoro per poter vivere e lavorare legalmente.
Etem Dzevat, Presidente Associazione Comunità Europea Rom di Pisa
Membro della Consulta Stranieri Provincia di Pisa
Membro del Comitato Rom e Sinti Insieme.
Pisa, 24 Agosto 2007
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